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La protezione delle donne dalla violenza Raccomandazione Rec(2002)5 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulla protezione delle donne dalla violenza adottata il 30 aprile 2002 e esposizione dei motivi Traduzione a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per le Pari Opportunità

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La protezione delle donne dalla violenza

Raccomandazione Rec(2002)5

del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulla protezione delle donne dalla violenza

adottata il 30 aprile 2002 e esposizione dei motivi

Traduzione a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per le Pari Opportunità

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Il Consiglio d’Europa Il Consiglio d'Europa è un'organismo politico che è stato creato il 5 maggio 1949 da dieci Stati europei al fine di realizzare un'unione politica più stretta fra i suoi membri. Esso conta oggi quarantaquattro Stati membri1. I principali obiettivi dell’Organizzazione sono di promuovere la democrazia, i diritti dell'uomo e la preminenza del diritto, così come il ricercare soluzioni comuni ai problemi politici, sociali, culturali e giuridici dei suoi Stati membri. Dal 1989, esso ha integrato la gran parte dei paesi dell’Europa centrale e orientale e li sostiene nei loro sforzi per mettere in atto e consolidare le loro riforme politiche, legislative e amministrative. La sede permanente del Consiglio d’Europa è a Strasburgo (Francia). Lo statuto dell’Organizzazione prevede due organi costitutivi: il Comitato dei Ministri, composto dai ministri degli Affari esteri dei quarantaquattro Stati membri e l’Assemblea parlamentare, formata dalle delegazioni dei quarantaquattro parlamenti nazionali. Il Congresso dei poteri locali e regionali d’Europa rappresenta le collettività territoriali all’interno degli Stati membri. La Corte europea dei Diritti dell’Uomo è l'organo giudiziario competente per decidere sulle richieste rivolte contro uno Stato da privati, da associazioni o da altri Stati contraenti per violazioni della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo.

Il Consiglio d’Europa e la parità fra donne e uomini Le questioni riguardanti la parità fra le donne e gli uomini, essendo considerate come un diritto fondamentale della persona umana, ricadono sotto la responsabilità del Comitato direttivo per la parità fra donne e uomini (CDEG). Gli esperti che lo compongono (un rappresentante di ogni Stato membro) hanno il compito di incentivare le azioni da portare avanti, sia a livello nazionale che a livello del Consiglio d’Europa, in vista della realizzazione della parità fra uomini e donne . A tal fine il CDEG compie analisi, studi e valutazioni, definisce le strategie e le misure politiche concordate finalizzate alla parità e, se necessario, elabora strumenti giuridici appropriati. Per maggiori informazioni riguardanti le attività nell'ambito della parità fra le donne e gli uomini, conttattare: Divisione Parità fra le donne e gli uomini Direzione Generale dei Diritti dell'Uomo Consiglio d'Europa 67075 STRASBOURG CEDEX Tél : +33 3 88 41 23 39 Fax : +33 3 88 41 27 05

1 Albania, Andorra, Armenia, Austria, Azerbadjan, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Cipro,

Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Geirgia, Germania, Grecia, Ungheria, Islanda, Irlanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta, Moldavia, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, Federazione della Russia, San Marino, Repubblica Slovacca, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, “Ex-Repubblica yugoslava di Macedonia”, Turchia, Ucraina, Regno-Unito.

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CONSIGLIO D’EUROPA COMITATO DEI MINISTRI

Raccomandazione Rec (2002)5

del Comitato dei Ministri agli Stati membri

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sulla protezione delle donne dalla violenza2

2 Conformemente all'articolo 10.2c del Regolamento interno dei Delegati dei Ministri, la Svezia si riserva il diritto di conformarsi o meno alle disposizioni delì¥Á� � �9 � � �ø ¿� � � � � � � � � � � � � � � �à. �

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(adottata dal Comitato dei Ministri il 30 aprile 2002,

nell'ambito della 794a riunione dei Delegati dei Ministri) Il Comitato dei Ministri, in virtù dell'articolo 15.b dello Statuto del Consiglio d’Europa, Ribadendo che la violenza nei confronti delle donne deriva da rapporti di forza impari fra uomini e donne e che porta a una grave discriminazione nei confronti del sesso femminile sia all'interno della società che all'interno della famiglia; Affermando che la violenza nei confronti delle donne costituisce un attacco ai loro diritti di persone umane e alle loro libertà fondamentali e impedisce loro, in parte o totalmente, di esercitarli; Constatando che la violenza esercitata nei confronti delle donne costituisce un attacco alla loro integrità fisica, psichica e/o sessuale; Constatando con preoccupazione che le donne sono spesso soggette a molteplici discriminazioni in ragione del loro sesso così come della loro origine e che esse sono parimenti vittime di pratiche tradizionali o costumi incompatibili con i loro diritti di persone umane e con le loro libertà fondamentali; Ritenendo che la violenza nei confronti delle donne va contro l'instaurazione dell'uguaglianza e della pace e che costituisce un grande ostacolo per la sicurezza dei cittadini e per la democrazia in Europa; Constatando con preoccupazione l'ampiezza del fenomeno della violenza nei confronti delle donne all'interno della famiglia, di qualsiasi forma essa sia, ed a tutti i livelli della società Ritenendo che è urgente combattere questo fenomeno che colpisce le società europee nel loro insieme e che riguarda tutti i loro membri; Ricordando la Dichiarazione finale adottata durante il 2° Vertice del Consiglio d’Europa (Strasburgo, 1997) con la quale i capi di Stato e di governo degli Stati membri hanno affermato la loro determinazione a combattere la violenza contro le donne e qualsiasi forma di sfruttamento sessuale delle donne; Tenendo presenti le disposizioni della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo (1950) e la giurisprudenza dei suoi organi che garantiscono in particolare il diritto alla vita ed il diritto di non dover essere sottoposti a tortura, né a pene o trattamenti disumani o degradanti, il diritto alla libertà ed alla sicurezza così come il diritto a processi equi; Considerando la Carta sociale europea (1961) e la Carta sociale europea rivista (1996), e in particolare le loro disposizioni riguardanti la parità fra le donne e gli uomini in materia di impiego, così come il Protocollo addizionale alla Carta sociale europea che prevede un sistema di ricorsi collettivi; Ricordando le seguenti raccomandazioni del Comitato dei Ministri agli Stati membri del Consiglio d’Europa: Raccomandazione n° R (79) 17 sulla salvaguardia dei bambini contro i

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maltrattamenti, Raccomandazione n° R (85) 4 sulla violenza all'interno della famiglia, Raccomandazione n° R (85) 11 sulla posizione delle vittime nel quadro del diritto penale e della procedura penale, Raccomandazione n° R (87) 21 sull’assistenza alle vittime e la prevenzione della vittimizzazione, Raccomandazione n° R (90) 2 sulle misure sociali concernenti la violenza all'interno della famiglia, Raccomandazione n° R (91) 11 sullo sfruttamento sessuale, la pornografia, la prostituzione, il commercio di bambini e di giovani adulti, Raccomandazione n° R (93) 2 sugli aspeti medico-sociali del maltrattamento dei bambini, Raccomandazione n° R (2000) 11 sulla lotta contro la tratta di esseri umani al fine di sfruttamento sessuale e Raccomandazione Rec (2001)16 sulla difesa dei bambini dallo sfruttamento sessuale; Ricordando anche le dichiarazioni e le risoluzioni adottate dalla III Conferenza ministeriale europea sulla parità fra le donne e gli uomini organizzata dal Consiglio d’Europa (Roma, 1993); Tenendo presente la Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza nei confronti delle donne (1993), la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di qualsiasi forma di discriminazione nei confronti delle donne (1979) la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organizzata ed il suo Protocollo finalizzato a prevenire, sopprimere e sanzionare la tratta di esseri umani, in particolare di donne e di bambini (2000), il Programma di azione adottato dalla IV Conferenza mondiale delle donne (Pechino, 1995) e la Risoluzione sulle nuove misure ed iniziative per la messa in atto della Dichiarazione e del Programma d’azione di Pechino adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite (23a sessione straordinaria, New York, 5-9 giugno 2000); Tenendo presente la Convenzione delle Nazioni Unite relativa ai diritti dell'infanzia (1989), così come il suo Protocollo facoltativo concernente la vendita di bambini, la prostituzione di bambini e la pornografia che coinvolga bambini (2000); Tenendo presente anche la Convenzione n. 182 dell’Organizzazione internazionale del lavoro concernente la proibizione delle peggiori forme di lavoro dei bambini e l'azione immediata in vista della loro eliminazione (1999) così come la Raccomandazione (R 190) sulle peggiori forme di lavoro dei bambini (1999); Ricordando anche i principi di base del diritto umanitario internazionale e in particolare la IV Convenzione di Ginevra relativa alla protezione dei civili in tempo di guerra (1949) ed i suoi 1° e 2° Protocollo addizionali; Ricordando ugualmente l'inclusione di crimini legati all'appartenenza sessuale alle violenze sessuali nello Statuto della Corte penale internazionale (Roma, 17 luglio 1998), Raccomanda ai governi degli Stati membri: I. Di rivedere la loro legislazione e le loro politiche in vista: 1. di garantire alle donne il riconoscimento, il godimento, l'esercizio e la protezione dei loro diritti di persone umane e delle loro libertà fondamentali; 2. di prendere, ove necessario, le misure necessarie al fine di permettere alle donne l'effettivo e libero esercizio dei loro diritti economici e sociali;

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3. di vigilare affinché tutte le misure che prendano siano coordinate a livello nazionale e centrate sui bisogni delle vittime, e associare gli organismi pubblici e le organizzazioni non governative (ONG) competenti in materia all'elaborazione ed alla messa in atto delle misure necessarie, in particolare di quelle menzionate nella presente raccomandazione; 4. di incoraggiare a tutti i livelli le azioni delle ONG che lottano contro la violenza nei confronti delle donne e instaurare inoltre una cooperazione attiva con queste ONG che comprenda un’assistenza economica e logistica appropriata; II. Di riconoscere che gli Stati sono tenuti a dare prova di essere in grado di vigilare per prevenire, istruire e reprimere gli atti di violenza, che siano perpetrati dallo Stato o da privati, e di fornire protezione alle vittime; III. Di riconoscere che la violenza maschile contro le donne costituisce un importante problema strutturale della società, fondato su impari rapporti di potere fra le donne e gli uomini, e, quindi, di promuovere la partecipazione attiva degli uomini in azione finalizzate a combattere la violenza nei confronti delle donne; IV. Di esortare tutte le istituzioni che si occupano della violenza contro le donne (polizia, operatori sanitari e sociali) ad elaborare piani di azione coordinati a medio e a lungo termine prevedendo attività per la prevenzione della violenza e la difesa delle vittime; V. Di promuovere la ricerca, la raccolta di dati e la creazione di reti a livello nazionale ed internazionale; VI. Di promuovere l'istituzione di programmi di educazione superiore e di centri di ricerca, compresi quelli universitari, che si occupino della parità fra le donne e gli uomini ed in particolare della violenza nei confronti delle donne; VII. Di migliorare le interazioni fra la comunità scientifica, le ONG che lavorano in questo campo, i legislatori e gli organi competenti in materia di sanità, di educazione, di politica sociale e di polizia, al fine di concepire azioni coordinate contro la violenza; VIII. Di adottare ed applicare le misure descritte nell'allegato alla presente raccomandazione nel modo che riterranno più appropriato alla luce delle circostanze e delle priorità nazionali e di intraprendere a tal fine l'elaborazione di un piano nazionale per lottare contro la violenza nei confronti delle donne; IX. Di informare il Consiglio d'Europa del seguito dato a livello nazionale alle disposizioni della presente raccomandazione.

Allegato alla Raccomandazione Rec(2002)5 Definizione 1. Ai fini della presente raccomandazione, il termine “violenza contro le donne” designa qualsiasi azione di violenza fondata sull'appartenenza sessuale che comporta o potrebbe comportare per le donne che ne sono bersaglio danni o sofferenze di natura fisica, sessuale o

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psicologica, ivi compresa la minaccia di mettere in atto simili azioni, la costrizione, la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che in quella privata. Questa definizione si applica, ma non è circoscritta, alle azioni seguenti: a. la violenza perpetrata all'interno della famiglia o delle mura domestiche ed in particolare le aggressioni di natura fisica o psichica, gli abusi di tipo emotivo o psicologico, lo stupro e l'abuso sessuale, l'incesto, lo stupro fra coniugi, partner abituali, partner occasionali o conviventi, i crimini commessi in nome dell'onore, la mutilazione degli organi genitali o sessuali femminili, così come le altre pratiche tradizionali dannose per le donne, quali i matrimoni forzati; b. la violenza perpetrata nella comunità in generale ed in particolare lo stupro, gli abusi, le molestie sessuali e le intimidazioni sul luogo di lavoro, nelle istituzioni o in altri luoghi, la tratta delle donne al fine di sfruttamento sessuale; c. la violenza perpetrata o tollerata dallo Stato o dagli agenti della forza pubblica; d. la violazione dei diritti fondamentali delle donne in situazione di conflitto armato, in particolare la presa di ostaggi, la deportazione, lo stupro sistematico, la schiavitù sessuale, la gravidanza forzata e la tratta ai fini di sfruttamento sessuale ed economico. Misure generali concernenti la violenza contro le donne 2. E' responsabilità ed interesse degli Stati, che dovranno farne una priorità delle loro politiche nazionali, garantire alle donne il diritto di non subire alcuna violenza, di qualsiasi natura e chiunque ne sia l’autore. A tal fine, gli Stati non potranno invocare i costumi, la religione o la tradizione per sottrarsi a quest'obbligo. 3. Gli Stati dovranno introdurre, sviluppare e/o migliorare, ove necessario, politiche nazionali di lotta contro la violenza fondate su: a. la massima sicurezza e la protezione delle vittime; b. il rafforzamento della capacità di azione delle donne vittime di violenza attraverso la messa in opera di strutture di sostegno e di assistenza che evitino una vittimizzazione secondaria; c. l’adeguamento del diritto penale e civile ivi comprese le procedure giudiziarie; d. la sensibilizzazione dell'opinione pubblica e l'educazione dei bambini e dei giovani; e. la formazione specifica di professionisti per far fronte alla violenza nei confronti delle donne; f. la prevenzione in tutti gli ambiti pertinenti. 4. In questo quadro si tratterà di istituire a livello nazionale, ovunque ciò sia possibile e in cooperazione, se necessario, con le autorità regionali e/o locali, strutture od organi governativi incaricati della messa in atto di misure contro la violenza sulle donne così come del seguito e della valutazione regolare di qualsiasi riforma giuridica o di nuove forme d'intervento

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nell'ambito della lotta contro la violenza, in consultazione con le ONG, le istituzioni accademiche ed altre. 5. La ricerca, la raccolta di dati e la creazione di reti a livello nazionale e internazionale dovranno essere sviluppati in particolare nei seguenti campi: a. la compilazione di statistiche ventilate per sesso, di statistiche integrate e di criteri comuni, al fine di valutare meglio le dimensioni della violenza sulle donne; b. le conseguenze della violenza sulle vittime a medio e a lungo termine; c. le conseguenze della violenza sui testimoni di essa, in particolar modo all'interno della famiglia; d. i costi sanitari, sociali ed economici della violenza sulle donne; e. la valutazione dell'efficacia dei meccanismi giudiziari e giuridici nella lotta contro la violenza sulle donne; f. le cause della violenza nei confronti delle donne, ovvero le ragioni che spingono gli uomini ad essere violenti e le ragioni che fanno sì che la società ammetta tale violenza; g. l’elaborazione di criteri di rilevazione in materia di violenza. Informazione, sensibilizzazione, educazione e formazione Gli Stati membri dovrebbero: 6. raccogliere in modo adeguato le informazioni sulle diverse forme di violenza e sulle loro conseguenze per le vittime, ivi compresi i dati statistici integrati, e diffonderli presso il grande pubblico utilizzando tutti i mezzi di comunicazione disponibili (stampa, radio, televisione, ecc.); 7. mobilitare l'opinione pubblica organizzando o sostenendo conferenze e campagne di informazione affinché la società prenda coscienza del problema e dei suoi effetti devastanti sulle vittime e sulla società in generale e far sì che la tematica della violenza sulle donne possa essere affrontata apertamente senza pregiudizi né idee preconcette; 8. includere nel quadro della formazione di base dei funzionari di polizia, del personale giudiziario, del personale medico e degli operatori sociali elementi importanti sul trattamento della violenza domestica così come su tutte le altre forme di violenza riguardanti le donne; 9. includere nei programmi di formazione professionale di questo personale elementi di informazione e di formazione al fine di fornire loro i mezzi necessari per scoprire e gestire le situazioni di crisi e migliorare l'accoglienza, l'ascolto e il consiglio alle vittime; 10. incoraggiare la partecipazione di questo personale a programmi di formazione specializzati integrando questi ultimi in un sistema di promozione professionale;

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11. incoraggiare l’inclusione di questioni concernenti la violenza sulle donne nella formazione dei magistrati; 12. incoraggiare le professioni in regime di autoregolamento, come i terapisti, a sviluppare strategie che tendano a combattere gli abusi sessuali che potrebbero essere commessi da persone che detengano l'autorità; 13. organizzare campagne di sensibilizzazione sulla violenza maschile nei confronti delle donne, sottolineando che gli uomini devono assumersi la responsabilità delle proprie azioni e incoraggiando questi ultimi ad analizzare ed a circoscrivere i meccanismi di violenza e ad adottare altri comportamenti; 14. introdurre o rafforzare la prospettiva di parità fra le donne e gli uomini in tutti i programmi di informazione sui diritti della persona umana e rafforzare i programmi di educazione sessuale concedendo particolare importanza alla parità fra i sessi e al rispetto reciproco; 15. vigilare affinché ragazzi e ragazze ricevano una formazione di base che eviti gli schemi ed i pregiudizi sociali e culturali, le immagini stereotipate del ruolo di ciascun sesso, e comporti una formazione che permetta lo sviluppo della personalità, concedendo un'attenzione particolare ai giovani che iniziano il corso di studi; preparare gli insegnanti ad inserire il concetto di parità fra i sessi nella formazione che essi forniscono; 16. includere nei programmi scolastici una informazione specifica sui diritti dei bambini, sui numeri telefonici d'urgenza, sugli istituti di accoglienza e sulle persone cui possono rivolgersi in piena fiducia. Media Gli Stati membri dovrebbero: 17. esortare i media a promuovere un'immagine non stereotipata della donna e dell'uomo, fondata sul rispetto della persona umana e della sua dignità e ad evitare le produzioni che associano violenza e sesso; nella misura del possibile, tener conto di questi elementi anche nel campo delle nuove tecnologie dell'informazione; 18. esortare i media a partecipare alle campagne d’informazione e di sensibilizzazione del grande pubblico sulle violenze nei confronti delle donne; 19. promuovere l'organizzazione di corsi di formazione destinati ai professionisti dei media al fine di informarli e di sensibilizzarli alle conseguenze che possono causare le produzioni che associano violenza e sesso; 20. promuovere l'elaborazione di codici di comportamento per i professionisti dei media, tenendo conto della problematica della violenza nei confronti delle donne e incoraggiare, nel mandato delle organizzazioni autonome di sorveglianza dei media, esistenti o da costituirsi, l'inclusione di obiettivi relativi alla violenza sulle donne e al sessismo. Gestione del territorio e urbanismo

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Gli Stati membri dovrebbero: 21. promuovere la presa in considerazione, nel quadro delle politiche di gestione del territorio e di urbanistiche, della necessità di rafforzare la sicurezza delle donne e di prevenire le azioni violente che potrebbero essere eserciate in luoghi pubblici; 22. prendere, nella misura del possibile, tutte le misure necessarie al riguardo, in particolare per quanto concerne l'illuminazione pubblica, l'organizzazione dei trasporti pubblici, i servizi di taxi, la gestione dei parcheggi e delle aree di sosta così come degli immobili destinati ad abitazione. Assistenza e protezione delle vittime (accoglienza, presa in carico e consigli) Gli Stati membri dovrebbero: 23. far sì che le vittime possano godere, senza alcuna discriminazione, che ne facciano richiesta o meno, d'una assistenza immediata e globale fornita in modo coordinato, multidisciplinare e professionale, comprendente esami clinici fatti da medici o medici legali e terapie, così come di un sostegno psicologico e sociale post-traumatico e di assistenza legale; quest'ultima dovrà essere fornita in modo riservato e gratuito ed essere disponibile in modo permanente; 24. in particolare, far sì che tutti i servizi e i mezzi legali previsti per le vittime della violenza domestica siano forniti alle donne immigrate qualora lo richiedano; 25. prendere tutte le misure necessarie al fine di garantire che gli elementi di prova medico- legali e le informazioni siano raccolte secondo un protocollo e con l'utilizzazione di formulari standard; 26. diffondere documenti destinati in modo più particolare alle vittime al fine di informarle in modo chiaro e comprensibile dei loro diritti, dei servizi di cui hanno beneficiato e delle azioni che possono affrontare o intraprendere, sia che si rivolgano o non si rivolgano all’autorità giudiziaria, così come delle possibilità di continuare a beneficiare del sostegno psicologico, medico e sociale e dell’ assistenza legale; 27. promuovere la cooperazione fra i servizi di polizia, sanitari e sociali ed il sistema giudiziario affinché agiscano in coordinamento; incoraggiare e sostenere la creazione di una rete di organizzazioni non governative che partecipino ad azioni coordinate; 28. promuovere l'istituzione di servizi di urgenza quali linee telefoniche di pronto soccorso anonime e gratuite per le vittime di violenza e/o le persone coinvolte o minacciate da situazioni di violenza; garantire un seguito regolare alle chiamate, così come la valutazione dei dati ottenuti e dell'assistenza fornita nel rispetto delle regole relative alla riservatezza dei dati; 29. garantire all'interno dei servizi di polizia,così come in altri servizi investigativi, l'accoglienza la presa in carico ed il consiglio alle vittime, fondati sul rispetto della persona umana e della sua dignità, così come un trattamento riservato; le vittime dovranno essere ascoltate tempestivamente, da persone che abbiano una formazione specializzata ed in luoghi adeguati, che permettano che s'instauri un rapporto di fiducia fra la vittima e l'agente di polizia

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e si dovrà anche garantire che le vittime di violenza possano essere ascoltate, qualora lo richiedano e ciò sia possibile, da personale di polizia femminile; 30. a tal fine, aumentare il numero di donne funzionarie di polizia a tutti i livelli di responsabilità; 31. garantire un trattamento globale ed adeguato ai bambini da parte di personale specializzato a tutti i livelli (prima accoglienza, polizia, pubblico ministero, magistrati) e far sì che l'assistenza fornita risponda alle esigenze dei bambini; 32. prevedere le misure necessarie al sostegno psicologico e morale dei bambini vittime di violenza, attraverso la creazione di strutture adeguate, la messa a disposizione di personale specializzato che garantisca il perdurare dell'assistenza e del trattamento, a partire dall'accoglienza e fino alla guarigione; tali servizi dovranno essere garantiti gratuitamente; 33. prendere le misure necessarie per evitare che tutte le vittime di violenza subiscano una vittimizzazione secondaria e per evitare qualsiasi trattamento che non tenga conto delle specificità del loro sesso da parte del personale di polizia, del personale medico e sociale incaricato di assistere le vittime, così come del personale giudiziario. Diritto penale, diritto civile e procedure giudiziarie Diritto penale Gli Stati membri dovrebbero: 34. far sì che la legislazione penale preveda che qualsiasi atto di violenza, in particolare fisica o sessuale, nei confronti d’una persona costituisca un attentato alla libertà e all’integrità fisica, psicologica e/o sessuale di tale persona, e non venga considerato solamente una trasgressione alla morale, all'onore o alla decenza; 35. prevedere nella legislazione nazionale misure e sanzioni adeguate che permettano di agire in modo rapido ed efficace contro gli autori di violenze così come di riparare i torti causati alle donne vittime di violenza. In particolare, le legislazioni nazionali dovrebbero: - considerare reato gli atti di violenza sessuale e lo stupro fra coniugi, partner abituali od occasionali, o conviventi; - considerare reato ogni atto di tipo sessuale commesso contro una persona non consenziente, anche se questa non dà segni di resistenza; - considerare reato ogni atto di penetrazione sessuale, di qualsiasi natura esso sia e quali che siano i mezzi utilizzati, commesso contro una persona non consenziente; - considerare reato tutti gli abusi di uno stato di particolare vulnerabilità, quali gravidanza, incapacità di difendersi, malattia, infermità, deficienza fisica o mentale o stato di dipendenza;

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- considerare reato tutti gli abusi di autorità da parte di personale responsabile, in particolare quando si tratta di un adulto che approfitta della propria posizione nei confronti di un bambino. Diritto civile Gli Stati membri dovrebbero: 36. garantire alle vittime, con riserva che i fatti di violenza siano confermati in giudizio, un equo risarcimento per i danni materiali, fisici, psicologici, morali e sociale subiti, in funzione della gravità della violenza, così come un indennizzo per le spese sostenute per l'azione giudiziaria; 37. progettare l'istituzione di strumenti finanziari tendenti a risarcire le vittime. Procedure giudiziarie Gli Stati membri dovrebbero: 38. garantire la possibilità di stare in giudizio a tutte le vittime di violenza così come, ove necessario, alle organizzazioni pubbliche o private di difesa delle vittime, dotate di personalità giuridica, sia congiuntamente alle vittime, sia in loro vece; 39. prevedere che possa essere intrapresa un'azione penale su richiesta del pubblico ministero; 40. esortare il pubblico ministero a considerare la violenza nei confronti delle donne e dei bambini come un fattore aggravante o decisivo al momento dell’avvio d’ufficio di una procedura nel pubblico interesse; 41. prevedere tutte le misure necessarie affinché si tenga conto, in tutte le fasi del procedimento, dello stato fisico e psicologico delle vittime, che devono poter beneficiare di assistenza medica e psicologica; 42. progettare di istituire condizioni particolari di ascolto delle vittime, o dei testimoni di violenze, al fine di evitare che le testimonianze debbano essere ripetute e di ridurre gli effeti traumatici delle procedure; 43. far sì che le norme procedurali permettano di evitare gli interrogatori fuori sede e/o umilianti per le vittime o per i testimoni di violenze, tenendo conto dei traumi che hanno subìto ed al fine di evitare che ne subiscano altri; 44. ove necessario, prevedere misure per garantire un'efficace difesa delle vittime dalle minacce e dai rischi di vendette; 45. vigilare, con misure specifiche, sulla protezione dei diritti dei bambini nel corso dei procedimenti;

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46. far sì che i minori siano accompagnati, ogni volta che devono testimoniare, dal loro rappresentante legale, o, ove necessario, da una persona maggiorenne scelta da loro, salvo decisione contraria motivata nei confronti di tale persona presa dal tribunale; 47. garantire ai bambini la possibilità di stare in giudizio con l'intermediazione del loro rappresentante legale, di organizzazioni pubbliche o private o di una persona maggiorenne da loro scelta, approvata dalla autorità giudiziaria, e di beneficiare, ove necessario, di assistenza legale gratuita; 48. prevedere, per i crimini ed i delitti di natura sessuale, che qualsiasi termine di prescrizione decorra solo a partire dal giorno in cui la vittima ha raggiunto la maggiore età; 49. prevedere, a titolo eccezionale, l'esenzione dal segreto professionale per le persone che, nell'esercizio delle loro funzioni, siano portate a conoscere, in seguito ad esami clinici o in via confidenziale, casi di violenza sessuale sui bambini; Programmi d’intervento per gli autori delle violenze Gli Stati membri dovrebbero: 50. organizzare programmi d’intervento finalizzati ad incoraggiare gli autori di violenze ad assumere atteggiamenti privi di violenza permettendo loro di prendere coscienza delle loro azioni e di riconoscere le loro responsabilità; 51. proporre agli autori di violenze la possibilità di seguire un programmma d'intervento, non solo a titolo di pena sostitutiva, ma di misura supplementare destinata a prevenire la violenza; la partecipazione a questo programma d'intervento dovrà essere volontaria; 52. progettare la creazione di centri approvati dallo Stato specializzati in programmi d’intervento per gli uomini violenti e centri di sostegno creati su richiesta di ONG e di associazioni nel quadro delle risorse disponibili; 53. garantire la cooperazione ed il coordinamento fra i programmi d’intervento destinati agli uomini e quelli finalizzati alla protezione delle donne. Misure addizionali concernenti la violenza sessuale Banca di dati genetici Gli Stati membri dovrebbero: 54. progettare la creazione di banche dati nazionali ed europee contenenti il profilo genetico di tutti gli autori di violenze sessuali identificati o meno, al fine di mettere in atto una politica efficace di persecuzione dei rei, di prevenzione dei recidivi, nel rispetto delle norme stabilite in materia dalle legislazioni nazionali e dal Consiglio d'Europa. Misure addizionali concernenti le violenze perpetrate all'interno della famiglia Gli Stati membri dovrebbero:

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55. qualificare come reato qualsiasi violenza perpetrata all'interno della famiglia; 56. rivedere e/o aumentare, se necessario, le pene previste per percosse e lesioni volontarie quando queste siano perpetrate all'interno della famiglia quale che sia il membro della famiglia coinvolto; 57. escludere che l'adulterio possa essere ritenuto una giustificazione ammissibile alle violenze fisiche perpetrate in seno alla famiglia; 58. considerare la possibilità di adottare misure al fine di: a. permettere alle forze di polizia di entrare nell'abitazione ove si trova la persona in pericolo per fermare l'autore delle violenze e far sì che questi venga presentata/ato a un giudice; b. permettere all’autorità giudiziarie di adottare misure temporanee al fine di proteggere le vittime, tendenti ad impedire all'autore delle violenze di entrare in contatto con la vittima, di comunicare con lei o di avvicinarvisi, di risiedere in determinati luoghi o di frequentarli; c. stabilire un protocollo obbligatorio d’intervento affinché la polizia ed i servizi sanitari e sociali seguano le stesse procedure d’intervento ; d. promuovere l'attivazione di servizi operativi di protezione delle vittime che prendano l'iniziativa di contattare le vittime appena la denuncia viene trasmessa ai servizi di polizia; e. garantire una buona cooperazione di tutte le istituzioni coinvolte, quali la polizia, i tribunali ed i servizi di protezione delle vittime, affinché la vittime possa prendere tutte le misure giuridiche e pratiche necessarie per ottenere aiuto ed intentare un'azione contro l'aggressore nei termini stabiliti e senza dover entrare in contatto con il proprio aggressore; f. considerare reato qualsiasi infrazione alle misure che le autorità hanno imposto all'aggressore; 59. prevedere, ove necessario, di concedere alle donne emigrate che sono state/sono vittime di violenze perpetrate all'interno della famiglia, un proprio diritto alla residenza al fine di permetter loro di allontanarsi dai loro congiunti senza dovere lasciare il paese di accoglienza in cui si trovano. Misure addizionali concernenti le molestie sessuali Gli Stati membri dovrebbero: 60. adottare misure per proibire qualsiasi comportamento di tipo sessuale o qualsiasi altro comportamento fondato sul sesso, che colpisca la dignità delle donne sul luogo di lavoro, ivi compresi l'atteggiamento di un superiore gerarchico o di un collega: qualsiasi comportamento di tipo sessuale, compreso l'impiego di una posizione che conferisca autorità, deve essere preso in considerazione (comprese le situazioni quali rapporti di vicinanza, rapporti fra studenti e docenti, le situazioni di molestie telefoniche, etc.) Tali situazioni costituiscono una violazione della dignità delle persone;

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61. promuovere la sensibilizzazione, l’informazione e la prevenzione in materia di molestie sessuali nei luoghi di lavoro o in rapporto con il lavoro od in qualsiasi altro luogo ed adottare le misure adeguate per proteggere le donne e gli uomini contro tali comportamenti. Misure addizionali concernenti le mutilazioni genitali Gli Stati membri dovrebbero: 62. considerare reato tutte le mutilazioni degli organi genitali di persone di sesso femminile con o senza il consenso di queste ultime; per mutilazione degli organi genitali s'intendono la cucitura del clitoride, l’escissione, la clitoridectomia, l’infibulazione; 63. condannare chiunque abbia volontariamente praticato, facilitato o favorito qualsiasi forma di mutilazione degli organi genitali di persone di sesso femminile con o senza il suo consenso; qualsiasi inizio di esecuzione degli atti in questione è condannabile; 64. organizzare campagne d’informazione e di prevenzione presso la popolazione coinvolta, in particolare gli emigranti ed i rifugiati, sui rischi per la salute delle vittime e le conseguenze penali per i responsabili di tali atti; 65. sensibilizzare il personale medico e in particolare i medici incaricati di effettuare le visite mediche pre e post-natali così come le visite dei bambini; 66. pianificare di concludere o di rafforzare gli accordi bilaterali concernenti la prevenzione e il divieto di mutilazioni degli organi genitali di persone di sesso femminile e la persecuzione dei responsabili; 67. prendere in esame la possibilità di concedere a queste donne una protezione speciale in qualità di gruppo a rischio in ragione del proprio sesso;

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Misure addizionali concernenti le violenze in situazioni di guerra e dopo-guerra Gli Stati membri dovrebbero: 68. considerare reato ogni forma di violenza sulle donne ed i bambini perpetrata in situazione di guerra, conformemente alle disposizioni dei diritti umanitari internazionali, sia che si tratti di umiliazioni, sia di torture, di schiavitù sessuale o di morte conseguente a tali atti; 69. considerare reato lo stupro, la schiavitù sessuale, la gravidanza o la sterilizzazione forzate o qualsiasi altra forma di violenza sessuale di gravità equivalente in quanto violazione intollerabile dei diritti della persona umana, crimine contro l'umanità e, quando vengano commessi in situazione di conflitto armato, in quanto crimini di guerra; 70. garantire la protezione delle vittime chiamate a testimoniare dinnanzi ai tribunali nazionali e i tribunali penali internazionali nei processi per genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra, concedendo loro un permesso di soggiorno, almeno per la durata del processo; 71. fornire assistenza sociale e giuridica a tutti i testimoni citati da tribunali nazionali e da tribunali penali internazionali nei processi per genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra; 72. prevedere di concedere lo status di rifugiata/ato o una protezione aggiuntiva in ragione di persecuzioni fondate sull'appartenenza sessuale e/o di concedere lo status di residente per motivi umanitari alle donne vittime di violenze durante una guerra; 73. sostenere e finanziare le ONG che consigliano e aiutano le vittime di violenza in situazioni di guerra e dopo-guerra; 74. in situazioni post-belliche, incoraggiare la considerazione di problemi specifici delle donne nei processi di ricostruzione e di rinnovamento politico delle zone coinvolte; 75. a livello nazionale e internazionale, far sì che tutti gli interventi svolti in zone coinvolte in una guerra siano condotti da personale preparato sulle questioni relative alla parità fra le donne e gli uomini; 76. sostenere e finanziare programmi finalizzati a portare assistenza alle vittime di guerra ed a contribuire agli sforzi di ricostruzione e di rimpatrio in seguito a guerre in una prospettiva di parità fra le donne e gli uomini. Misure addizionali concernente le violenze in ambienti istituzionali Gli Stati membri dovrebbero: 77. considerare reato qualsiasi forma di violenza fisica, sessuale e psicologica perpetrata o tollerata dallo Stato o dagli agenti di forza pubblica, quale che sia il luogo ove essa viene esercitata e in particolare nei luoghi di reclusione o di detenzione, nei centri di internamento psichiatrico o altri;

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78. considerare reato qualsiasi forma di violenza fisica, sessuale e psicologica perpetrata o tollerata in contesti ove la responsabilità dello Stato o di un terzo possa essere invocata, per esempio nei pensionati, negli internati, nelle case di riposo e in altri istituti. Misure addizionali concernenti il non-rispetto del diritto alla libera scelta in materia di procreazione Gli Stati membri dovrebbero: 79. Proibire la sterilizzazione o l'aborto forzati, la contraccezione imposta con la violenza o la forza e la selezione prenatale in funzione del sesso e prendere tutte le misure necessarie a tal fine. Misure addizionali concernenti il delitto d'onore Gli Stati membri dovrebbero: 80. considerare reato tutte le violenze nei confronti delle donne e dei bambini commesse in virtù dell'usanza detta “delitto d'onore”; 81. prendere tutte le misure necessarie per prevenire il “delitto d'onor” ed in particolare condurre campagne d'informazione indirizzate ai settori di popolazione e professionali coinvolti, in particolare ai giudici ed al personale giudiziario; 82. incriminare chiunque abbia volontariamente partecipato a, facilitato o favorito un “delitto d’onore”; 83. sostenere le ONG e altri gruppi che combattono tali pratiche. Misure addizionali concernenti i matrimoni precoci Gli Stati membri dovrebbero: 84. vietare i matrimoni forzati contratti senza il consenso delle persone coinvolte; 85. adottare le misure necessarie per prevenire ed impedire le pratiche relative alla vendita dei bambini.

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ESPOSIZIONE DEI MOTIVI I. Note introduttive A. Il contesto 1. La violenza nei confronti delle donne è argomento rimasto a lungo inesplorato, ovvero nascosto o tabù. Seppur è certo che l'affermazione e l'istituzione di meccanismi tendenti a difendere i diritti della persona umana sono serviti di base per intraprendere la lotta contro la violenza, occorre necessariamente constatare che la violenza nei confronti delle donne, diversamente da altri aspetti dell'uguaglianza fra i sessi, è divenuta visibile in Europa solo a partire dagli anni '70-'80. Il progressivo emergere di questo fenomeno e della sua portata coincide con il riconoscimento de jure del principio di parità fra donne e uomini3.

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2. Sotto la spinta di gruppi femministi e di organizzazioni non governative4 il fenomeno è apparso più chiaro all'opinione pubblica: tali organizzazioni, attive allo stesso tempo nel

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campo dell'assistenza pratica e di campagne di sensibilizzazione, hanno contribuito a far sì che la lotta contro la violenza nei confronti delle donne venisse inserita nei programmi delle pubbliche amministrazioni. 3. Le azioni intraprese a loro volta dagli Stati e le organizzazioni internazionali hanno sottolineato l’universalità del problema. L’Organizzazione delle Nazioni Unite, il Consiglio d'Europa, l’Unione europea, così come, di recente, altre organizzazioni quali l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europee hanno messo in atto politiche e strategie generali. 4. Dopo lunghe consultazioni, coalizioni di organizzazioni di donne di ogni continente hanno fatto pressione sulla Conferenza mondiale delle Nazioni Unite per i Diritti dell'Uomo (Vienna, giugno 1993) al fine di ottenere che la violenza legata al sesso (gender violence) venisse formalmente riconosciuta come una violazione dei diritti fondamentali della donna. Tale posizione è stata rafforzata nel Programma d'Azione adottato dalla IV Conferenza delle Nazioni Unite sulle donne (Pechino, 4-15 settembre 1995), che si è rivolta ai governi affinché prendessero delle misure integrate per prevenire ed eliminare la violenza nei confronti delle donne (si veda il Capitolo VI.D del Programma d'Azione). 5. Nel 1994, le Nazioni Unite hanno nominato una Relatrice speciale sulla violenza contro le donne, le sue cause ed i suoi effetti, incaricata di raccogliere documentazione sull'argomento e di analizzarla a livello mondiale. In alcune regioni sono già state introdotte convenzioni internazionali sulla violenza contro le donne, ad esempio la Convenzione inter-americana del 1984 sulla prevenzione, la repressione e lo sradicamento della violenza contro le donne. 6. La violenza nei confronti delle donne rappresenta un fenomeno recentemente messo in luce, il cui studio e la ricerca di soluzioni restano temi d' attualità nella gran parte degli Stati membri del Consiglio d'Europa.

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B. Le principali caratteristiche: un fenomeno universale e multiforme 7. La violenza nei confronti delle donne resta un fenomeno non sufficientemente noto. Inoltre, la conoscenza di tali questioni e le loro risposte sociali non sono omogenee negli Stati membri del Consiglio d'Europa. Alcuni paesi sono appena all'inizio del processo, mentre altri vantano oltre un ventennio di esperienza e di tentativi per sviluppare nuovi approcci di lotta contro la violenza. Vi sono anche differenze fra gli Stati derivanti dal fatto che alcune forme particolari di violenza sono state oggetto di riforme giuridiche, d' assistenza e di interesse da parte dei media. 8. Sussiste quindi un “volto nascosto” della violenza, nella misura in cui emerge dalle ricerche fatte nei diversi Paesi che, per tutti i tipi di violenza, il numero dei casi denunciati e registrati è sensibilmente inferiore alla realtà. 9. Sulla base degli studi compiuti e dei dati raccolti, si delineano molteplici caratteristiche generali. La prima è l’universalità del fenomeno: la violenza contro le donne riguarda tutti i paesi e tutte le classi sociali. Essa può colpire persone di qualsiasi età, etnia, religione quale che sia la loro situazione professionale o personale o ancora la loro appartenenza ad una minoranza nazionale. 10. La violenza può assumere diverse forme: verbale, fisica, sessuale, psicologica, economica morale. Essa può essere perpetrata all'interno della famiglia o delle mura domestiche, nella comunità in generale. Alcune situazioni economiche difficili (che causano disoccupazione e povertà), le crisi politiche ed i conflitti armati (causa di notevoli flussi migratori) funzionano da fattori aggravanti, nella misure in cui le donne, trovandosi spesso in situazioni di precarietà, divengono il bersaglio privilegiato del sistema5. C. Le differenze legislative negli Stati membri del Consiglio d'Europa

11. Vi sono differenze notevoli fra le legislazioni degli Stati membri del Consiglio d'Europa. Due di queste hanno una ripercussione più netta nel campo della violenza

12. e cioè la natura accusatoria o inquisitoria del sistema e l'esistenza o l'assenza di costituzioni che garantiscano la difesa dei diritti della persona umana. La risposta alla prima di tali questioni influisce più sulla procedura giudiziaria che sulla forma ed il contenuto della legislazione. L’esistenza di una costituzione, o di obblighi internazionali che possano essere o meno integrati nella legislazione nazionale, possono aiutare a determinare se gli atti di violenza contro le donne sono o non sono una violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

12. L’altra differenza notevole è che alcuni paesi hanno introdotto leggi e regolamenti e/o procedimenti giudiziari specifici, manifestando così esplicitamente la volontà di non voler più accettare le violenze nei confronti delle donne. 13. Se è ancora difficile parlare di tendenze legislative, dati recenti indicano la mobilitazione degli Stati membri in materia di lotta contro la violenza, alcuni non esitano ad introdurre nel loro sistema giuridico misure innovative (ad esempio, ingiunzioni che vietano al

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responsabile di violenze di avvicinarsi al luogo ove risiede la vittima e/o altri luoghi “restraining orders”)6 . D. Le origini della Raccomandazione: i lavori del Consiglio d'Europa 7

14. A partire dalla fine degli anni '70, il Consiglio d'Europa, e in particolare il suo primo Comitato incaricato di promuovere la parità fra donne e gli uomini, ha dato il via a diverse azioni al fine di promuovere la difesa delle donne dalla violenza. 15. Sono state formulate alcune raccomandazioni sul diritto all'assistenza da parte delle vittime di violenza, i mezzi giuridici a loro disposizione ed il trattamento di cui possono beneficiare per tutta la durata della procedura giudiziaria. La necessità di prevenzione e di formazione è stata ugualmente messa in evidenza. Sono state in seguito portate avanti altre ricerche e sono state formulate8 altre proposizioni che sono sfociate nella III Conferenza ministeriale europea per la parità fra le donne e gli uomini (Roma, 21-22 ottobre 1993) sul tema: “Strategie per l'eliminazione della violenza contro le donne nella società: i media e gli altri mezzi”. Le Dichiarazioni e le Risoluzioni9 adottate dai Ministri in quell'occasione contenevano un abbozzo del Piano d’Azione che doveva essere ulteriormente sviluppato. 16. Il lavoro è stato portato avanti e, nel 1997, un gruppo di specialisti che lavorava sotto l'egida del Comitato direttivo per la parità fra donne e uomini (CDEG) a concluso la preparazione di un Piano d’azione per la lotta contro la violenza sulle donne10. 17. Sulla base di questo Piano di azione sono state organizzate diverse attività Si tratta in particolare di conferenze e di seminari di ricerca:

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- Seminario “Promuovere l’uguaglianza: una sfida comune agli uomini e alle donne” (Strasburgo, 17-18 giugno 1997); - Forum d’informazione “Eliminare la violenza in famiglia: quali azioni, quali misure?” (Bucarest, 26-28 novembre 1998); - Seminario “Gli uomini e la violenza nei confronti delle donne” (Strasburgo, 7-8 ottobre 1999)11. Occorre inoltre segnalare la pubblicazione di documenti di riferimento: - “La violenza contro le donne. Raccolta dei principali testi del Consiglio d'Europa dal 1995” (documento EG (99) 14); - “La legislazione negli Stati membri del Consiglio d'Europa in materia di violenza contro le donne” (documento EG (2001)3). 18. La Commissione per le pari opportunità fra donne e uomini dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha inoltre organizzato un Seminario su “La violenza sulle donne: dagli abusi domestici alla schiavitù” (Bari, Italia, 4-6 novembre 1999). Due testi sono stati recentemente adottati dall’Assemblea: - Raccomandazione 1450 (2000) sulla violenza sulle donne in Europa; - Risoluzione 1212 (2000) sullo stupro nei conflitti armati; E. I redattori della Raccomandazione ed il loro approccio 19. Questi lavori hanno dimostrato che la violenza continua a costituire un problema importante in tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa e un ostacolo persistente per la promozione ed il progredire dei diritti delle donne. Malgrado i recenti progressi, i testi giuridici internazionali e nazionali continuano ad essere efficaci in modo insufficiente e la violenza contro le donne rimane una delle maggiori preoccupazioni riguardante tutti i gruppi socio-economici. 20. Il Comitato dei Ministri ed il suo Comitato direttivo per la parità fra donne e uomini (CDEG) del Consiglio d'Europa hanno quindi ritenuto che occorresse dare seguito alle azioni già iniziate prendendo l'iniziativa di elaborare delle linee direttive per la messa in atto di un dispositivo globale di lotta contro la violenza. A tal fine, un Gruppo di specialisti sulla difesa delle donne e delle bambine dalla violenza (EG-S-FV) è stato creato sotto l’autorità del CDEG12. Il EG-S-FV era composto da 9 esperte/i di diversi Stati membri del Consiglio

11 Gli Atti di questi seminari sono disponibili presso il Consiglio d'Europa, Divisione Parità tra le donne e gli uomini- DG II, F-67075 Strasbourg Cedex, tel (00) (33) 3 41 29 66, fax (00) (33) 88 41 27 05, http://www.humanrights.coe.int/equality/DefaultFrench.htm. 12 Il mandato del EG-S-FV era il seguente: Basandosi sui lavori già intrapresi dal CDEG sull'argomento e in particolare su quelli del Gruppo di specialisti per la lotta contro la violenza sulle donne (EG-S-VL), tenendo conto anche dei lavori svolti da altre istanze internazionali, in particolare quelli del Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne così come il Programma d'azione adottato durante la IV Conferenza mondiale sulle donne (Pechino, 4-15 settembre 1995) e dei testi giuridici già esistenti, il Gruppo è incaricato di: elaborare, basandosi soprattutto sul Piano d'azione preparato dal Gruppo EG-S-VL, così come su uno studio preparatorio, tenendo conto dell'articolo 3 della Convenzione europea per la difesa dei Diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, un progetto di raccomandazione contenente norme per sviluppare le legislazioni nazionali finalizzate a lottare contro la violenza nei confronti delle donne in particolare definendo le

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d'Europe13; ha aperto i propri lavori nel giugno del 1998 e li ha conclusi nel giugno del 2000, durante questo lasso di tempo ha tenuto cinque riunioni di lavoro. 21. L’obiettivo del Gruppo di Specialisti era di preparare uno strumento giuridico di riferimenti affinché i governi potessero ispirarvisi per completare, modificare, adattare o creare, a seconda dei casi, i testi legislativi nazionali finalizzandoli efficacemente alla lotta contro la violenza sulle donne di ogni Stato membro. Al fine di realizzare tale lavoro, i redattori hanno analizzato i precedenti lavori del Consiglio d'Europa, l’articolo 3 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo e la legislazione ad essa inerente, i testi internazionali pertinenti e in particolare quelli delle Nazioni Unite, così come le legislazioni nazionali esistenti. Il Gruppo si è impegnato a raccogliere una documentazione più completa possibile compresi gli esempi migliori di legislazioni e di sistemi nazionali e, se possibile, che erano stati oggetto di valutazione. Questo esame ha permesso di fissare, in ogni ambito, una serie di modelli ottimali, una lista delle “migliori norme e pratiche” che sono servite come base di lavoro. La Raccomandazione suggerisce agli Stati membri una serie di misure che possono contribuire a tutelare concretamente gli interessi delle vittime, a garantire la protezione dei loro diritti e a garantire la prevenzione di qualsiasi tipo di violenza contro le donne. 22. Tali misure costituiscono linee direttive che gli Stati decideranno di applicare in funzione della loro situazione nazionale. II. Commenti sulle disposizioni della Raccomandazione A. Campi di applicazione personale: definizione degli attori 23. Sin dall'inizio dei lavori, i redattori hanno esaminato il campo di applicazione della Raccomandazione. La questione delle vittime di violenza di sesso maschile è stata analizzata sulla base di studi condotti in alcuni Stati su casi di uomini vittime di violenze compiute da donne14. Consapevoli di questa realtà, che rimane statisticamente minoritaria per il momento,

diverse forme di violenza, le misure da adottare, le risorse di cui dovranno disporre le vittime - così come ogni altra disposizione che il Gruppo riterrà pertinente. 13 Il Gruppo era composto da 9 specialisti di diversi Stati membri del Consiglio d'Europa designati dal CDEG in modo da garantire una ripartizione geografica equa fra gli Stati membri del Consiglio d'Europa e garantire una rappresentanza equilibrata dei diversi sistemi giuridici. Gli specialisti dovevano essere persone che avessero acquisito a livello nazionale un'esperienza di elaborazione delle leggi e che possedessero una conoscenza approfondita degli ambiti giuridici (civile, penale, ecc.) concernenti la lotta contro la violenza sulle donne o che avessero partecipato a comitati nazionali incaricati di esaminare le leggi in quest'ambito. I membri del EG-S-FV provenivano dai seguenti Stati: Austria, Belgio, Francia, Islanda, Italia, Romania, Federazione Russa, Spagna, Turchia. 14 I redattori hanno analizzato in particolare i rapporti secondo i quali la presentazione della questione della violenza all'interno della famiglia, nel corso degli ultimi trent'anni, facendo degli uomini gli aggressori e delle donne le vittime ha emarginato, nel Regno Unito, le vittime maschili sia nelle politiche che nell'opinione pubblica. Secondo questi rapporti, vi sarebbero in Inghilterra e nel Galles, più di quarantacinque rifugi per le donne maltrattate e per i loro bambini, ma neanche uno finanziato con fondi pubblici per gli uomini, che non sanno a chi rivolgersi, neanche solo per documentarsi. Per la stragrande maggioranza, gli uomini vittime di violenza ritengono che la polizia e gli organi sociali sono nell'insieme indifferenti alla loro sorte, e addirittura, in certi casi, apertamente ostili. Il 7 gennaio 1999, una emittente televisiva di Channel 4 (“Dispatches”) mandando in onda un reportage su cento uomini vittime di violenza intra-familiare ha mostrato che il 25 % di essi - e non dei loro aggressori donne - erano stati arrestati dalla polizia cui avevano chiesto aiuto. Solamente sette delle donne autrici di aggressioni erano state arrestate e nessuna era stata condannata. Cfr. “Home Office Research Study”, 191, su La Violenza familiare: Conclusioni di una nouva inchiesta con questionari sulla

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e tenendo conto del preciso mandato che era stato loro affidato i redattori hanno definito, nel quadro della Raccomandazione, le persone colpite da violenze nel modo seguente. 24. Le donne: conformemente al loro compito i redattori hanno deciso di occuparsi essenzialmente di violenze fatte alle donne. La Raccomandazione è dedicata alla questione della violenza che si esercita contro le donne nel corso di tutta la loro vita, dalla nascita alla morte, includendo quindi le bambine. Tale scelta è stata motivata da diverse ragioni: - le particolari caratteristiche della violenza contro le donne che la distinguono da altri tipi di violenza; in effetti, esse costituisce l'espressione di un rapporto di dominanza di un sesso sull'altro ed è spesso maggiormente tollerata dalla società; la violenza sulle bambine sono spesso l'espressione di tradizioni culturali o religiose; che riprendono lo stesso schema; - il mandato e le competenze del CDEG concernenti le questioni relative ai diritti delle donne e alla parità fra le donne e gli uomini. 25. Questo insieme di motivazioni ha spinto i redattori a trattare essenzialmente la violenza contro le donne, non escludendo, tuttavia, del tutto la minoranza di sesso maschile, in special modo nel campo delle violenze perpetrate all'interno della famiglia o delle mura domestiche. Inoltre, diverse disposizioni del testo si riferiscono a misure concernenti i bambini vittime di violenza15. 26. Le bambine/i: la Raccomandazione si basa sulla definizione data dalla Convenzione delle Nazioni Unite relativa ai diritti del bambino16 : “con bambino si intende ogni essere umano di età inferiore ai 18 anni, a meno che la maggiore età venga raggiunta prima in virtù della legislazione ad esso applicabile”. 27. Le bambine sono colpite da tutte le forme di violenza esercitate contro le donne. Ai nostri giorni esse sembrano rese più fragili poiché sono sottomesse a pressioni costanti, anche di tipo sessuale, per farle divenire adulte precocemente. Alcune forme di violenza le toccano più da vicino. Si tratta di: matrimoni forzati e matrimoni di ragazze giovanissime; incesto, mutilazioni sessuali; violenze perpetrate da altri giovani (stupri collettivi). Per quanto concerne l’incesto, i redattori hanno incluso atti commessi da tutti i membri della famiglia al pari di quelli commessi da persone che vi convivono occasionalmente: basta che si tratti di un adulto che abusi del proprio status di adulto. 28. Tutte le violenze perpetrate sulle bambine hanno gravissime conseguenze sulla loro vita da adulte e molto spesso impediscono loro di condurre una vita soddisfacente. Una terapia di lunga durata dovrebbe essere prevista per aiutare le bambine a comprendere la violenza che hanno subito. La società dovrebbe accollarsi l'onere di tale terapia. 29. Nel corso del loro lavoro, i redattori hanno constatato che la violenza colpisce anche i ragazzi che, come le ragazze, sono vittime dirette sia di violenze domestiche - oppure ne

delinquenza a cura di Catriona Mirrles-Black e L'agressività fisica delle donne e degli uomini contro i loro partner: sintesi quantitativa di John Archer, University of Central Lancashire, England. 15 Si tratta di misure previste nell'Allegato in materia, in particolare di diritto civile e penale e procedure giudiziarie: in questo caso, i testo estende la protezione a tutti i bambini vittime di violenza, quale che sia il loro sesso. 16 Adottate dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con la sua Risoluzione 44/25 del 20/11/89.

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subiscono le conseguenze - sia di violenze perpetrate all’esterno della famiglia (violenza nelle scuole, pedofilia, sfruttamento sessuale, etc.). 30. Le vittime: seppur non esista un ritratto-tipo delle vittime di violenza, alcune inchieste17 hanno mostrato che le donne, appartenenti a qualsiasi classe sociale, sono colpite da tutti i tipi di violenza18. Per le vittime, tutte le violenze subite hanno conseguenze sull'equilibrio fisico e/o psichico che a volte durano per lunghi periodi o per tutta la vita. Lo stato delle vittime, a livello di esperienza individuale, è spesso il risultato della combinazione di diverse forme di violenza e di maltrattamenti. Inoltre, seppur nulla rende una persona predestinata a divenire vittima, quelle che hanno subito, durante l'infanzia, sevizie o percosse, subiscono più spesso violenze nell'età adulta19. 31. Gli autori: nella grande maggioranza dei casi, le violenze subite da donne e bambini sono commesse da uomini. Succede a volte che vie di fatto e violenze vengano commesse da donne e il problema è stato considerato, tuttavia i redattori hanno sottolineato che tale minoranza di casi non deve distogliere l'attenzione dalla questione fondamentale e cioè che la violenza sulle donne commessa da uomini è endemica nella maggioranza delle società. Le ricerche condotte su scala internazionale hanno anche permesso di stabilire che le donne rischiano maggiormente di subire violenze da parte di uomini che esse conoscono bene e, specialmente, da parte di parenti vicini o di compagno. In alcuni casi, tuttavia, gli uomini in questione sono conoscenti o sconosciuti20. 32. I tipi di relazioni ed i luoghi in cui si manifesta la violenza contro le donne sono numerosi. Le sevizie vengono commesse da membri della famiglia, da compagni attuali o di vecchia data, da parenti prossimi ed amici, da conoscenti (compresi colleghi e clienti), da persone che occupano una posizione di autorità, a questo o a quel titolo (compreso il datore di lavoro e i superiori gerarchici, i medici, i terapisti, il personale sanitario, i ministri di culto ed i capi religiosi, gli insegnanti, i membri delle forze di polizia, i militari, il personale delle istituzioni) e da estranei. La gran parte delle aggressioni viene compiuta da una sola persona, ma anche i casi di reati commessi da più persone insieme sono molto frequenti. 33. Lo Stato: i redattori hanno stimato che lo Stato costituiva un agente essenziale nella lotta contro la violenza e che spetta ai governi creare un clima di rifiuto della violenza prendendo le misure desiderate ed instaurando un sistema di difesa e di prevenzione. Al fine di raggiungere tale obiettivo e sulla base di esempi europei21, il testo della Raccomandazione definisce una serie di 17 Si veda in particolare l'inchiesta Enveff condotta nel 2000 in Francia su richiesta del Servizio dei Diritti delle donne ed il Segretariato di Stato per i Diritti delle donne (“Bulletin mensuel d’information de l’Institut national d’études démographiques”, n. 364, Janvier 2001). 18 L’inchiesta Enveff ha dimostrato che la violenza, e in particolare la violenza fra coniugi, è strettamente legate all'età: le donne più giovani (20-24 anni) sono quasi due volte più colpite di quelle anziane. 19 Cinque volte più frequenti le violenze fisiche (l'11% contro il 2% di quelle che non hanno subito maltrattamenti) e un numero quattro volte maggiore di violenze sessuali da parte di parenti (il 4% contro l'1%). Fonte: inchiesta Enveff. 20 Può essere il caso specifico di donne che non vivono con uomini, per esempio lesbiche, disabili o donne più anziane che vivono da sole. 21 Si possono citare, fra gli altri, i due documenti orientativi pubblicati dai Paesi-Bassi nel 1982 e nel 1990, che si inserivano nell'ambito dei diritti della persona umana e erano relativi alla legislazione, all'entrata in vigore di leggi, alle misure di prevenzioni, alla ricerca ed alla assistenza alle vittime . Alcuni programmi d'azione sono stati lanciati in Norvegia nel 1983 per combattere la violenza contro le donne, poi, nel 1986, sul problema specifico della violenza coniugale, nel 1992-1993, sulle violenze sessuali sui bambini. Un Comitato indipendente è stato creato dal Ministero irlandese di giustizia per esaminare il quadro giuridico e giudiziario offerto alle donne ed alle bambine intenzionate a denunciare i reati di violenza commessi contro di loro. Nel 1997, la Svizzera ha lanciato la sua prima campagna nazionale di sensibilizzazione sulla violenza contro le donne. Nel 2000, la Francia ha svolto un'inchiesta

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misure e suggerisce iniziative che i governi degli Stati membri possono progettare di prendere e mettere in atto. B. Premessa 34. La premessa traccia brevemente l'evoluzione che ha portato alla condanna di tutte le forme di violenza contro le donne ed i bambini e che si traduce nei diversi testi internazionali citati. Paragrafi 1 a 5 35. La premessa esprime i principi essenziali su cui si fonda tutto il testo della Raccomandazione. Essa riflette lo spirito stesso del testo: questi Paragrafi precisano che il Comitato dei Ministri considera che la violenza sulle donne costituisce uno dei fattori importanti che impediscono il godimento dei diritti della persona umana. Si tratta di un principio ormai ammesso dalla comunità internazionale. 36. Per quanto concerne l’universalità del fenomeno e le diverse forme che può assumere la violenza, si vedano anche le note citate sopra (“note introduttive”). Paragrafi 6 - 7 37. Al di là dei principi fondamentali la premessa sottolinea che la violenza esercitata contro le donne coinvolge la società nel suo insieme. Essa colpisce la cellula familiare di base e minaccia, specialmente nelle sue forme estreme, quali la tratta di esseri umani, persino l'equilibrio democratico nel suo insieme. 38. Tale affermazione si fonda in parte sul peso del costo della violenza contro le donne, che solo alcuni Stati cominciano a riconoscere. Tale costo è in gran parte sostenuto dalle donne, ma ricade anche gravemente sullo Stato. Esso comprende i costi delle inchieste e della persecuzione civile e penale, le spese per la salute fisica e mentale, i giorni di lavoro perduti, l'ospitalità temporanea o l'alloggio permanente, la scolarità disturbata dei bambini le cui vite sono state sconvolte dalla violenza familiare. Si cominciano ad approntare metodi che permettano di calcolare il costo della violenza22 in termini economici. Tuttavia, le cifre ottenute hanno valore puramente indicativo. 39. Sul piano dei principi, i redattori hanno sottolineato che è impossibile calcolare le dimensioni della perdita che rappresenta per la società l'assenza di libertà, di uguaglianza e di sicurezza delle donne; a maggior ragione non è possibile valutare tutte le implicazioni d'una vita trascorsa sotto la minaccia o con la realtà d'una violenza legata al sesso.

approfondita (vedi note precedenti) ed ha organizzato nel gennaio 2001 la seconda Assise nazionale contro la violenza sulle donne... 22 Stime fatte in Australia danno un'idea delle cifre in questione: l'importo annuale delle spese legate alla violenza familiare è di 1.5 milliardi di dollari nel Nuovo Galles del Sud; nel Queensland, il costo annuale della violenza familiare ammonta a 557 millioni di dollari e quello per gli stupri e le aggressioni sessuali a 63 millioni di dollari. Si veda inoltre lo studio “Il prezzo della violenza – Il costo della violenza contro le donne in Finlandia”, Statistiche della Finlandia e del Consiglio per la parità, Helsinki, 2001. Tale studio stima ad oltre 50 millioni di Euro il costo della violenza contro le donne nel 1998 in Finlandia.

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Paragrafi 9 - 18 40. Dopo aver ricordato brevemente il contesto in cui si colloca la violenza contro le donne in Europa, la premessa ricorda i testi internazionali di riferimento. 41. In primo luogo, occorre ricordare i Capi di Stato e di Governo del Consiglio d'Europa hanno affermato nella Dichiarazione finale del 2 Vertice (Strasburgo, ottobre 1997), la loro determinazione a combattere la violenza contro le donne e qualsiasi forma di sfruttamento sessuale delle donne. 42. Nel corso dei lavori i redattori hanno fatto costante riferimento ai principi sanciti dalla Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo (1950) e alla giurisprudenza dei suoi organi, a quelli della Carta sociale europea (1961) e della Carta sociale rivista (1996), a quelli del Protocollo addizionale alla Carta sociale europea che prevede un sistema di ricorsi collettivi (1995), a quelli della Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei bambini (1996) che sono fondamentali per le attività del Consiglio d'Europa. Essi hanno anche tenuto conto dei principi che risultano dai documenti elaborati dalle Nazioni Unite e in particolare della Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’eliminazione della violenza contro le donne (1993) come pure del Programma d’azione adottate dalla IV Conferenza mondiale sulle donne (Pechino, 1995), e il seguito che vi è stato dato (si vedano le misure adottate durante la sessione speciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite al fine di completare la messa in atto del Programma d’azione)23.. 43. Il testo della premessa elenca anche una serie di Raccomandazioni adottate dal Comitato dei Ministri dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa cui si è fatto riferimento nel quadro della preparazione del testo . C. Dispositivo 44. La Raccomandazione si rivolge agli Stati membri e li esorta ad introdurrei principi da essa enunciati nelle legislazioni nazionali pertinenti, se necessario modificando queste ultime. Nello spirito del testo, le disposizioni che seguono dovranno costituire i principi di base dell’azione dei governi in materia di lotta contro la violenza. Punto I Paragrafo 1 45. Il testo si fonda allo stesso tempo sull’articolo 3 della Dichiarazione delle Nazioni Unite per l’eliminazione della violenza contro le donne e sugli articoli 2, 3, 5, 6 e 14 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo. In effetti, i diritti di cui gli Stati devono garantire il rispetto figurano a titolo obbligatorio nella Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo, strumento obbligatorio a cui tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa hanno aderito. Si tratta qui di un richiamo al principio che si fonda su testi giuridici.

23 XXIII sessione straordinaria, New York, 5-9 giugno 2000.

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Paragrafo 2 46. I redattori hanno voluto sottolineare l’importanza dei diritti economici e sociali in materia di lotta contro la violenza e in particolare la maggiore difficoltà per le donne non autonome economicamente di poter porre fine ad una situazione di violenza, specialmente con la rottura della vita in comune con l’autore delle violenze. In via generale, dagli studi condotti sull'argomento emerge che una migliore tutela dei diritti economici e sociali delle donne costituisce un elemento indispensabile per la prevenzione delle violenze24. Con "diritti economici e sociali" il testo si riferisce ai diritti elencati negli strumenti giuridici internazionali pertinenti, quali il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali (1966), la Carta sociale europea (1961) e la Carta sociale europea rivista (1996). Paragrafi 3 e 4 47. Con le misure che adotteranno, gli Stati coinvolgeranno diverse fasce della popolazione e le autorità competenti. Così la riforma delle leggi penali, il riconoscimento del diritto di risarcimento delle vittime e la punizione dei responsabili dipenderanno dal ministero della giustizia ; le campagne di informazione, di sensibilizzazione e formazione dei servizi di polizia da una parte e dall'altra la formazione dei servizi medici e sociali dipenderanno da altri tre ministeri; le azioni a livello internazionale dipenderanno dal ministero degli affari esteri, le misure a livello di pari opportunità, di lavoro, di insegnamento da altri ministeri ancora. Occorrerà aggiungere a questi ministeri i partener sociali e le organizzazioni non governative. Ciò comporta un impegno importante di coordinamento fra le autorità, gli organismi pubblici e le ONG, poiché queste ultime svolgono un ruolo molto importante sul territorio. Si tratterà di consentire la concertazione ed il coordinamento fra tutti i partener. Il sostegno alle ONG dovrebbe permettere loro di portare avanti un'azione continuativa il che comporta finanziamenti costanti. Punto II 48. Questo breve paragrafo concerne una questione complessa, che necessita di essere ulteriormente sviluppata: si tratta della responsabilità degli Stati per ciò che concerne la violenza. 49. I redattori hanno affrontato la seria questione di casi di violenza perpetrati dallo Stato o dai suoi agenti (ad esempio poliziotti o agenti della sicurezza o militari), che costituiscono violazioni particolarmente gravi dei diritti della persona umana, ormai riconosciute come atti di tortura o addirittura crimini contro l’umanità (in caso di ripetizione sistematica: vedi più avanti “Misure addizionali concernenti le violenze in situazioni de guerra e dopo-guerra”). La Corte europea dei Diritti dell'Uomo ha considerato, nella causa Aydin contro Turchia25, che lo stupro ed i maltrattamenti di una detenuta da parte di un agente dello Stato costituiscono torture vietate dall'Articolo 3 della Convenzione.

24 Ad esempio, l'inchiesta Enveff svolta in Francia nel 2000 ha dimostrato che le violenze coniugali sono più frequenti fra le disoccupate e le donne che percepiscono il salario minimo (RMI) (14%) che tra quelle che svolgono un'attività professionale o le casalinghe (9%). 25 57/1996/676/866

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50. Una logica analoga può essere applicata in materia di violenze commesse o tentate in ambienti istituzionali ed in particolare nelle carceri. 51. D'altronde, si profilano questioni problematiche nel momento in cui si affronta la responsabilità dello Stato per atti commessi da privati cittadini. 52. La tendenza a ritenere gli Stati responsabili nei casi di atti commessi da alcuni attori privati si fonda sulla disuguale protezione garantita de facto dalle disposizioni giudiziarie alle donne vittime di violenza. L’articolo 2 della Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne dispone che gli Stati sono tenuti a “prendere tutte le misure adeguate per eliminare la discriminazione praticata nei confronti delle donne da qualsiasi persona, organizzazione o azienda” L’articolo 16 del suddetto strumento si riferisce esplicitamente alla discriminazione all'interno della famiglia, mentre la Raccomandazione Generale n° 19 del Comitato per l’eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW) include la violenza fra le mura domestiche. La Raccomandazione n° 19 insiste sul fatto che “Gli Stati possono essere ugualmente responsabili di atti privati se essi non agiscono con la diligenza voluta per prevenire la violazione dei diritti o per indagare su atti violenza, punirli e fare giustizia”. 53. I partecipanti alla III Conferenza europea sulla parità fra le donne e gli uomini (Roma, 21-22 ottobre 1993) organizzata dal Consiglio d'Europa, hanno adottato una Dichiarazione in cui hanno rilevato che “la responsabilità degli Stati è impegnata qualora si tratti di atti di violenza privati, nel caso in cui lo Stato non prenda tempestivi provvedimenti per prevenire la violazione dei diritti, indagare su tali atti, punirli e prestare aiuto alle vittime”. Sette anni dopo, questo stesso principio è stato ripreso nella Risoluzione con nuove misure ed iniziative per la messa in atto della Dichiarazione e del Programma d’azione di Pechino, adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (XXIII sessione straordinaria, New York, 5-9 giugno 2000). Punto III 54. Il testo sottolinea le motivazioni strutturali della violenza sulle donne. I redattori hanno ritenuto che la violenza contro le donne deve essere collocata in un contesto sociale e non considerata come una serie di eventi che coinvolgono individui non collegati fra loro. Essa è il prodotto della costruzione sociale d'una forma particolare di mascolinità (la mascolinità aggressiva) - formata da una serie di tradizioni, di abitudini e di credenze - che permettono agli autori (essenzialmente uomini) di pensare di avere il diritto di usare la violenza per esercitare il loro dominio ed il loro controllo. Ciò non significa tuttavia che gli uomini non siano individualmente responsabili delle loro azioni. I membri di ogni comunità hanno in proposito una responsabilità collettiva: condannare l'uso della violenza nei confronti delle donne e dare fondamentale importanza alla sicurezza delle vittime di violenza. Sta a ciascuno ed a ciascuna, in ogni luogo, non tollerare più la violenza contro le donne ed affermare la propria convinzione che nessuna donna merita di subire violenze e che l'uso della violenza è un reato26.

26 Si vedano in particolare le conclusioni del Seminario organizzato dal Consiglio d'Europa a Strasburgo nel 1999 su “Gli uomini e la violenza contro le donne”, e quelle del Forum organizzato in Romania nel 1998 “Eliminare la violenza in famiglia : quali azioni, quali misure?”.

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Punto IV 55. Due elementi sono sembrati particolarmente importanti ai redattori: la preparazione di piani di azione contenenti misure concrete destinate ad essere messe in atto tanto a livello nazionale che regionale e locale; la partecipazione in tali piani di azione di tutte le istituzioni e le professioni coinvolte, al fine di renderli operativi. Nel processo di preparazione dei piani sarà tenuto conto delle informazioni e dei dati acquisiti con lo scambio di esperienze e di pratiche degli Stati e delle ONG, in particolare di quelli che hanno dato il via ad alcuni programmi europei (come il programma DAPHNE). Punti V, VI e VII 56. I redattori hanno voluto lanciare un appello ai governi affinché sostengano la ricerca in materia di lotta contro la violenza, elemento essenziale per conoscere meglio ed in modo più approfondito il fenomeno e per la messa in atto della prevenzione e di azioni più efficaci. L’obiettivo è che le ricerche costituiscano la base per azioni concrete. Perciò occorre che i collegamenti fra la ricerca e gli altri settori siano ben definiti e coordinati: constatando che la violenza contro le donne rimane un argomento esplorato solo in parte, i redattori hanno voluto sottolineare che l'interazione fra la ricerca ed i poteri decisionali sono fondamentali per poter portare avanti azioni efficaci. Punto VIII 57. Tenuto conto delle notevoli differenze fra le legislazioni degli Stati membri del Consiglio d'Europa, ogni singolo Stato potrà non essere interessato a tutte le misure elencate nella Raccomandazione. Sarà compito di ciascuno Stato selezionare le misure necessarie per completare o modificare la propria politica per quanto concerne le donne vittime di violenza.

III. Allegato alla Raccomandazione Definizioni Paragrafo 1 58. La definizione di violenza contro le donne è un argomento delicato poichè non si tratta di una nozione univoca. I diversi strumenti internazionali ed i testi nazionali che affrontano la questione definiscono in modo più o meno ampio la violenza contro le donne. Una sempre maggiore attenzione sembra essere prestata, a livello di politica internazionale, alla violenza all'interno della famiglia ed alle sue ripercussioni su tutti i membri della famiglia, compresi i bambini. Includendo quest'ultimo tipo di violenze nel loro campo d'indagine, i redattori hanno voluto seguire l'approccio ampio e globale delle Nazioni Unite, che non esclude alcuna forma di violenza27.. 59. La definizione prescelta comprende tutte le forme di violenza fondate sull’appartenenza sessuale, ovunque esse siano perpetrate, da chiunque siano perpetrate ed in

27 Si veda la Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’eliminazione delle violenze nei confronti delle donne (1993) così come il Programma di azione adottato alla Conferenza di Pechino (capitolo IV.D).

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qualsiasi circostanza. La lista degli atti elencati ai punti a), b), c) e d) non è esaustiva28. Nel II Allegato alla presente relazione si trovano gli estratti del piano di azione contro la violenza nei confronti delle donne su cui i redattori si sono basati per la stesura della Raccomandazione. Misure Generali concernenti le violenze sulle donne Paragrafo 2 60. E' compito degli Stati far sì che non siano violati i diritti fondamentali cui si fa riferimento nel paragrafo 1 del dispositivo. Tenendo presenti le motivazioni talvolta addotte per giustificare alcune pratiche quali le mutilazioni genitali, il delitto d'onore, i matrimoni precoci o le “violenze ritualizzate29”, i redattori hanno voluto escludere definitivamente qualsiasi eccezione a tale principio, che non può in alcun caso essere infranto per motivi legati ai costumi, alla religione, alle tradizioni o di altro tipo. Si potrà far riferimento in proposito al Programma di azione adottato dalla IV Conferenza mondiale sulla donna, obiettivo strategico D.1, paragrafo 124 a. Paragrafi 3 - 5 61. I redattori hanno voluto riprendere ed esplicitare i principi generali enunciati nel dispositivo della Raccomandazione (si vedano in part. i punti I, IV, V, VI e VII). Sono qui ripresi nel dettaglio gli elementi che dovrebbero costituire le politiche nazionali di lotta contro la violenza (paragrafo 3), le modalità necessarie al coordinamento delle misure adottate contro la violenza (paragrafo 4) ed i principali campi in cui la ricerca dovrà essere sviluppata (paragrafo 5). Informazione, sensibilizzazione, educazione e formazione Paragrafi 6-13 62. L’informazione e la sensibilizzazione costituiscono i due principali strumenti di prevenzione. La raccolta di informazioni (se possibile attraverso l'istituzione di banche dati) è indispensabile per la messa in atto di una politica di sensibilizzazione efficace. A livello europeo, è importante stabilire criteri che permettano di raccogliere dati comparabili, al fine di poter sensibilizzare non solo l'opinione pubblica nazionale ma anche quella europea. Le campagne d’informazione dovrebbero avere l'obiettivo di informare e di sensibilizzare l'opinione pubblica in generale e le vittime in particolare30.

28 Misure specifiche sono state previste nel testo della Raccomandazione concernenti forme particolari di violenza. 29 Nella Relazione del gruppo di studio canadese (Canadian Panel on Violence against Women, Changing the Landscape: Ending Violence – Achieving Equality, 1993, Ministry of Supplies, Ottawa) le violenze ritualizzate vengono definite come “una combinazione di violenze fisiche, sessuali, psicologiche e morali gravi, utilizzate sistematicamente ed associate a simboli, cerimonie e/o attività di gruppo che hanno una connotazione religiosa, magica o soprannaturale. Le vittime terrorizzate sono ridotte al silenzio con ripetute violenze in un periodo determinato di tempo e indottrinate in modo da farle aderire alle credenze ed alle pratiche della setta o del gruppo” (p. 45). 30 Il “Piano di azione contro la violenza verso le donne” (documento EG-S-VL (97)1) contiene esempi di campagne di informazione che hanno avuto buon esito, come quella condotta a Edimburgo, in Scozia, (Inghilterra) chiamata “Zero Tolerance” (capitolo VII e Allegato I).

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63. In modo complementare il test prevede l'avvio o lo sviluppo di iniziative nazionali su richiesta dei membri e di tutto il personale interessato. Il concetto di personale interessato o di istituzioni che trattano la violenza nei confronti delle donne deve essere inteso in senso lato. Si intendono qui: i giudici, i procuratori, gli operatori sociali dei tribunali, i membri delle forze di polizia, le guardie carcerarie, gli assistenti sociali, gli psicologi, gli psichiatri, i medici ed in particolare i pediatri, gli infermieri, le ostetriche, il personale del pronto soccorso, gli insegnanti, gli osservatori di movimenti giovanili, i consulenti, gli interpreti, il personale dei centri di urgenza compresi quelli che lavorano nei rifugi, i responsabili degli alloggi popolari,il personale della sicurezza sociale, il personale che si occupa dei rifugiati, i funzionari del servizio d'immigrazione, i ministri del culto, i lavoratori specializzati che si occupano di disabili, i funzionari e quanti abbiano potere decisionale. 64. I corsi di formazione dovrebbero avere una parte comune dedicata alla definizione, alla tipologia alle dimensioni della violenza nei confronti delle donne,sulle sue ripercussioni sulla vittima, ai tentativi di negare o di scaricare su altri la propria responsabilità da parte degli autori di violenza ed il costo economico e sociale di quest'ultima. Dovrebbero inoltre essere incluse le necessità e le esperienze di particolari gruppi di donne. Agli elementi comuni se ne dovrebbero aggiungere altri specifici incentrati sul particolare ruolo che ogni gruppo può svolgere nell'impegno collettivo affinché la violenza non sia più tollerata. 65. Tali programmi dovrebbero essere una componente obbligatoria dei corsi che portano a diplomi professionali e dei corsi di formazione e prevedere sessioni regolari di aggiornamento sulle nuove ricerche ed i nuovi orientamenti. La comprensione della violenza nei confronti delle donne e dei suoi collegamenti con i problemi della parità dovrebbero essere uno degli elementi presi in considerazione da parte dei membri di qualsiasi tipo di personale. Paragrafi 14-16 66. L'istruzione ha ugualmente un ruolo da svolgere nella lotta contro la violenza nei confronti delle donne, sia che si tratti a breve termine di sensibilizzare sia, a lungo termine, di rimettere in discussione i postulati e le attitudini che sostengono e mantengono l'inuguaglianza strutturale. E' chiaramente compito degli educatori, in tutti i contesti e ad ogni livello, svolgere il ruolo che compete loro in tale lotta e spetta ai governi stabilire il quadro generale in cui l'insegnamento deve essere fornito ed in quali strutture. Media Paragrafi 17-20 67. I media costituiscono un settore importante nella società contemporanea: supporti di diverso tipo (stampa, radio e televisione, pubblicità, cinema, internet, telefono, libri e conferenze) che trasmettono le informazioni. Alcuni media hanno un'influenza complessa nel campo della violenza nei confronti delle donne: in senso negativo allorché incoraggiano la violenza riproducendone gli stereotipi e in senso positivo quando informano e sensibilizzano il grande pubblico. Pur rispettando la libertà di stampa, i governi potrebbero intraprendere azioni al fine di mettere in evidenza il ruolo dei media nell'uno e nell'altro caso e al fine di ottenere la loro collaborazione.

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68. In proposito il testo sottolinea che l’autoregolamentazione dei media potrebbe permettere di sensibilizzare maggiormente i professionisti dei media sulla problematica della violenza nei confronti delle donne. Gestione del territorio e urbanismo Paragrafi 21 e 22 69. Secondo studi effettuati dai criminologi, la gestione dell’urbanismo e del territorio potrebbe contribuire a migliorare la sicurezza nelle città o almeno a diminuire il sentimento di insicurezza. La Raccomandazione fa riferimento ad una serie di misure che, pur dipendendo dalla gestione del territorio e/u dall'urbanismo, costituiscono nondimeno elementi che contribuiscono a garantire una maggiore sicurezza ai cittadini in generale ed in particolare alle donne. Occorre citare a titolo di esempio: la diminuzione o l'eliminazione delle zone a rischio (zone male illuminate e mal sorvegliate); evitare la concentrazione di uffici in un unico quartiere, deserto dopo le cinque del pomeriggio; mettere le fermate dei trasporti pubblici(autobus, metropolitana, stazioni) in zone tranquille; aumentare la sorveglianza; aumentare la polizia di quartiere; istituire centri e punti in ogni quartiere ove ci si possa rivolgere se si hanno dei problemi; creare comitati di quartiere; tentare di trattenere gli abitanti nelle città ed evitare quindi le periferie dormitorio o lo svuotarsi del centro della città a fine giornata; dare una dimensione più umana alle città31. Assistenza e protezione delle vittime (accoglienza, presa in carico e orientamento) Paragrafi 23-33 70. Le disposizioni della Raccomandazione s’ispirano direttamente alle migliori pratiche utilizzate in Europa in materia. Esse descrivono un protocollo che deve essere seguito dai professionisti che entrano in contatto con le vittime di violenza (in particolare di quella sessuale). Si tratta di procedure precise finalizzate innanzitutto a far sì che le vittime vengano accolte e curate che emergano le prove dei maltrattamenti in vista di un eventuale procedimento giudiziario, evitando il più possibile ulteriori traumi (la cosiddetta vittimizzazione secondaria). 71. I redattori hanno fatto riferimento specialmente alla procedura di funzionamento del Centro anti-stupro (Rape Trauma Center) di Reykjavik (Islanda). Si può citare anche l'esempio del Set d’agression sexuelle (SAS) attivo in Belgio32.. I redattori hanno voluto

31 Si veda in proposito il progetto pilota portato avanti in Italia in 9 città diverse: “Rete dei centri anti-violenza delle città URBAN Italia”, finanziato dal Fondo Europeo per lo Sviluppo regionale sotto l'egida della Commissione europea. 32 “Il SAS è uno strumento finalizzato a garantire il buono svolgimento dell’inchiesta giudiziaria nel caso di reato sessuale. Con il SAS si vuole che la vittima non venga vittimizzata una seconda volta garantendo una buona accoglienza da parte della polizia, del medico legale e del pubblico ministero. Oltre ad un insieme di Raccomandazioni e di direttive per le autorità già indicate, il SAS è una sorta di contenitore di materiale sanitario scelto con cura e concepito espressamente per rilevare tutti gli indizi di violenza sessuale. Questi indizi permettono di provare scientificamente il reato e la colpevolezza o l’innocenza del sospettato. Le vittime dispongono quindi di uno strumento di prova efficace, che rafforza molto la loro posizione. Inoltre l’inchiesta si svolge in maniera standardizzata in modo che non possa essere messa in dubbio e che la vittima non debba subire un secondo esame. Un altro vantaggio è che la vittima deve essere interrogata un minor numero di volte in quanto testimone al processo. I risultati del verbale, dell’esame medico e l’analisi delle tracce costituiscono nel loro insieme informazioni sufficienti. I servizi di polizia ed il medico legale ricevono direttive uniformi per

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sottolineare che le vittime devono poter beneficiare delle misure elencate nella Raccomandazione senza alcuna discriminazione (paragrafo 23). E' stata stabilita una lista indicativa (e non esaustiva) dei motivi di discriminazione: si tratta dell'età, del sesso, dell'orientamento sessuale, del grado di istruzione, della lingua, della religione, delle capacità fisiche e mentali, dell’origine culturale ed etnica delle vittime. Altri motivi di discriminazione potranno ugualmente essere vietati secondo i singoli casi. Diritto civile e penale, comprese le procedure giudiziarie 72. Questa parte della Raccomandazione è stata oggetto di ampi dibattiti all'interno del gruppo dei redattori. Confrontandosi con legislazioni molto diverse, questi ultimi hanno scelto come obiettivo quello di dare la priorità alla protezione delle vittime: a tal fine si sono basati sulle legislazioni più recenti e più innovative adottate negli Stati membri del Consiglio d'Europa33. Diritto penale Paragrafi 34 e 35 73. «Lo studio di alcune categorie di reati permette di individuare i fatti che sono considerati dalla leggi contrari alle norme sociali in una data epoca e di determinare attraverso la sanzione prevista, l'importanza data dalla società ai valori da difendere»34. Secondo questa logica penale, i redattori si sono innanzitutto preoccupati di che le disposizioni relative alla violenza dovevano trovare la loro giustificazione negli attacchi all'integrità fisica o sessuale delle persone. Si tratta innanzitutto di garantire la tutela dell'integrità fisica e sessuale dell' individuo e non più solamente quella di ordine morale. Ciò deve essere alla base delle misure di diritto penale. 74. In effetti i redattori hanno rimesso in discussione la tesi secondo la quale le infrazioni in materia di costume erano innanzitutto considerate come attentati al buon ordine sociale, alla morale comune. Pur non potendo sempre considerare che tali infrazioni vanno contro la morale comune, si deve affermare in modo che non lasci spazio ad equivoci che la violenza, specialmente quella sessuale, danneggia soprattutto la persona che la subisce; la legge deve quindi tutelare innanzitutto quest'ultima. 75. Partendo da questo principio, i redattori hanno studiato un certo numero di nozioni il cui significato ha subito una netta evoluzione nel tempo ed in funzione dei diversi contesti nazionali. Il testo della Raccomandazione non è limitante e lascia ogni Stato padrone di definire i reati all'interno del quadro giuridico nazionale: esso indica linee direttive o principi di base che sarà compito di ogni Stato membro di adattare in funzione del contesto nazionale.

trattare le vittime di violenza sessuale con rispetto e comprensione e ciò costituisce una traguardo importante”. Fonte : Bilancio di dieci anni di lotta contro la violenza fisica e sessuale verso le donne e i bambini, Mie Smet, Ministro belga dell’Occupazione e del lavoro, incaricato della politica di parità fra gli uomini e le donne, 1996. 33 Si veda in particolare la legislazione applicabile in Austria, in Belgio, in Spagna, in Islanda, in Svezia; il Codice penale entrato in vigore in Francia nel 1994. Si veda in proposito la raccolta Legislazioni degli Stati membri del Consiglio d'Europa in materia di violenza contro le donne, documento EG (2001) 3, volumi I e II. 34 Fonte : “ Dagli oltraggi ai costumi e al pudore alle aggressioni sessuali ”, di Luc-Michel NIVOSE, Consigliere referendario della Corte di Cassazione, Cronache di Diritto Penale, maggio1995, pp. 1- 3.

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76. Al di là delle peculiarità di ciascun diritto nazionale si forniscono qui di seguito le spiegazioni concernenti una serie di punti che i redattori hanno voluto mettere in evidenza. Stupro 77. Se la definizione di stupro e di violenza sessuale è totalmente pertinente alle legislazioni nazionali, occorre notare che la Raccomandazione prevede chiaramente l’incriminazione dello stupro fra coniugi o fra partner. Consenso 78. La maggior parte delle legislazioni nazionali prevede che l'atto sia punibile solo se compiuto senza il consenso della persona contro cui è compiuto. Tale valutazione è in linea di principio di competenza del giudice. Tuttavia i redattori hanno voluto sottolineare che il fatto che una persona non opponga resistenza fisica non significa necessariamente che essa sia consenziente: la paura o la minaccia possono annientare qualsiasi velleità di resistenza fisica senza tuttavia che si possa parlare di un valido consenso. L’uso della forza non deve essere valutato solo in base al grado di resistenza opposta dalla vittima. 79. I redattori hanno ricordato casi in cui il consenso potrebbe essere reso impossibile e per i quali si potrebbe contemplare una presunta assenza di consenso. Si potrebbe trattare dei casi seguenti: - atto imposto con la violenza, le minacce, la costrizione o l’inganno; - Atto reso possibile a causa di uno stato di vulnerabilità, malattia o deficienza fisica o mentale della vittima; (vi rientrerebbero solo gli atti che sono stati resi possibili a causa di malattia o deficienza fisica o mentale della vittima; bisogna categoricamente costatare che è a causa dell'esistenza di tale malattia che l'aggressore ha potuto ledere l’integrità sessuale della vittima). L’infermità o la carenza della vittime deve essere stata la via attraverso cui l'autore ha potuto raggiungere il suo scopo. Non si tratta assolutamente di negare alle persone che soffrono di infermità la capacità di intrattenere rapporti affettivi consensuali ma di proteggerle dagli eventuali abusi di cui potrebbero essere vittime a causa della loro particolare situazione; - Situazione di autorità, di fiducia o di dipendenza fra l'autore e la vittima; si tratta di casi particolarmente gravi e ne sono stati registrati alcuni che vedono coinvolti medici, psicologi, funzionari dello Stato, ecc.; - I minori, che siano o meno sposati, devono essere difesi da tutte le aggressioni commesse da membri della famiglia in senso lato. Il rapporto di autorità, di fiducia e di affetto fra un minore e sua madre o suo padre è, di norma, tale che questo/questa minore è in una situazione di inferiorità, in tal caso il consenso non può mai essere stato emesso in modo valido. - Situazione in cui l’autore (maggiorenne o minorenne) è il genitore, l'adottante, il fratello o la sorella della vittima minorenne e coabita o meno con essa; - Situazione in cui l’autore è una qualunque persona maggiorenne che coabita abitualmente od occasionalmente con la vittime minorenne ed abbia autorità su di lei; - L’adottante è posto sullo stesso piano dell’ascendente biologico;

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- Gli ascendenti o gli adottanti sono i genitori, i nonni, ovvero i bisnonni biologici o adottivi; - Tenuto conto del numero di situazioni familiari che corrispondono maggiormente alle categorie tradizionali, ci si occupa anche dei genitori adottivi, dei fratellastri, delle sorellastre, dei padrini e delle madrine così come dei compagni dei genitori o di qualsiasi altra persona che conviva abitualmente o occasionalmente con il/la minore e abbia autorità su di lui. La convivenza abituale è una nozione di fatto. Per la convivenza abituale bisogna tener conto del luogo principale di effettiva residenza, del luogo ove si svolge la vita quotidiana. Questo luogo non deve necessariamente essere quello in cui il/la minore o il membro della famiglia è domiciliato. La convivenza occasionale è anch'essa una nozione di fatto e contempla35 in particolare l'ipotesi che il/la minore trascorra dei brevi soggiorni presso uno dei suoi genitori. La convivenza ed il rapporto di autorità creano un rapporto di forza per il minore. Definizione del raggiungimento della maggiore età in ciascun Stato 80. Ciò solleva questioni relative al ruolo dello Stato in materia di tutela dei minori, all’autorità dei genitori, al rispetto della vita privata e familiare, così come all'interesse e alla tutela dei minori. L'età del consenso legale ad atti sessuali non corrisponde sempre a quella della maggiore età penale, così i redattori parlano di minorenni e di maggiorenni in relazione a tale maggiore età penale e lasciano agli Stati la libertà di fissare un età al di sotto della quale vi è un innegabile assenza di consenso. Al di sotto di tale età il consenso non è valido. L’onere della prova 81. Nell'indagare su una persona sospetta di avere commesso delle violenze, occorre prendere tutte le misure necessarie disponibili secondo la Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo, in particolare l'art. 6, paragrafo 2, che sancisce che “chiunque sia accusato di un reato è presunto innocente fino a quando non ne venga legalmente determinata la colpevolezza” I redattori sono consapevoli che in materia di diritto civile e di diritto del lavoro (ad esempio le molestie sessuali sul luogo di lavoro) l’onere della prova può ricadere tanto sul datore di lavoro che sull'aggressore. Il diritto penale non autorizza tuttavia ad una simile inversione/condivisione dell’onere della prova36. Diritto civile Paragrafi 36 e 37 82. I redattori hanno utilizzato in questo caso l'esempio dell’Islanda ove un fondo creato dallo Stato ha il compito di risarcire la vittima dai danni subiti. Lo Stato intraprende in seguito un azione contro il responsabile delle violenze per farsi risarcire a sua volta. Senza preconizzare un sistema altrettanto elaborato i redattori hanno tuttavia suggerito che gli Stati

35 Fonte: “La modernizzazione del Codice penale nei casi di violenze fisiche e sessuali in famiglia”, Prof. Hutsebaut, Università di Lovanio, Scuola di criminologia, Belgio, 1996. 36 Tale questione è stata oggetto di studio in alcuni Stati membri del Consiglio d'Europa, come l’Islanda e la Svezia.

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prevedano la messa in atto di meccanismi finanziari (di qualsiasi tipo) aventi l'obiettivo di risarcire le vittime . Procedure giudiziarie Paragrafi 38-49 83. Le norme di procedura descritte in questo paragrafo hanno un obiettivo essenziale: proteggere le vittime, specialmente quando si tratta di minori. Tali disposizioni tengono conto della Convenzione delle Nazioni Unite relativa ai diritti dei bambini che prevede la loro capacità di agire in giudizio, all'occorrenza attraverso la mediazione di un mandatario. 84. Il paragrafo 38 fa riferimento all'articolo 6 della Convenzione europea per la difesa dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, e in particolare dei seguenti diritti: - il diritto ad un trattamento giusto ed equo, in particolare il diritto ad un esame obiettivo del caso; - il diritto al rispetto della vita privata, della dignità, della riservatezza e in particolare il diritto ad un processo a porte chiuse; - il diritto ad essere ascoltate/i nelle migliori condizioni possibili affinché il danno subito possa essere determinato in modo esatto; - il diritto ad avere accesso al proprio fascicolo ed il diritto ad essere informata/o sull'andamento del processo, il seguito della questione per quanto concerne le decisioni della magistratura, l’esecuzione della pena e la data del termine della pena; - il diritto all'assistenza legale. Programmi d’intervento per gli autori di violenze Paragrafi 50-53 85. I programmi d’intervento proposti sono ancora spesso dei progetti-pilota con l’obiettivo di prevenire le recidive degli autori di violenze facendo comprendere il senso dei loro atti, insegnando a controllare il proprio comportamento deviante, a sfuggire a certe situazioni critiche, infine trasmettendo le tecniche di comunicazione sociale che permetteranno loro di esprimersi senza ricorrere alla violenza. 86. I programmi possono svolgersi in centri aperti specializzati e riconosciuti dallo Stato, lavorando con specialisti in materia, operanti presso ONG che lavorano con donne vittime di violenze e ONG che si occupano di uomini violenti. Infatti è importante per una buona comprensione reciproca, che questi due tipi di ONG lavorino in coordinamento. Gli autori di violenze dovranno recarsi in questi centri di loro spontanea volontà, su loro richiesta e dopo aver scontato la propria pena; essi dovranno essere seguiti da un équipe al fine di evitare qualsiasi recidiva37.

37 Programmi di questo genere vengono realizzati in Irlanda, in Islanda, e in Norvegia. Si veda in proposito l’intervento di M. Per ISDAL nell’ambito del Forum organizzato dal Consiglio d'Europa “ Eliminare la

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Misure addizionali concernenti le violenze sessuali Banca di dati genetici Paragrafo 54 87. L'istituzione di banche dati che traccino il profilo genetico di tutti gli autori di violenze sessuali condannati ma anche di tutti quelli sconosciuti (violentatori non identificati) di cui si possiede un campione di materiale biologico prelevato dalle loro vittime permetterebbe con tali indizi di definire il profilo dell'aggressore e ne faciliterebbe l'arresto. 88. Pur presentando innegabili vantaggi in materia di persecuzione degli autori da parte della polizia, questo genere di misura dovrà essere applicata tenendo conto delle legislazioni nazionali, nel rispetto delle norme stabilite in materia dal Consiglio d'Europa e cioè: la Convenzione per la tutela delle persone circa il trattamento automatizzato dei dati personali38, la Convenzione per la tutela dei diritti dell'Uomo e della dignità dell'essere umano circa le applicazioni della biologia e della medicina: Convenzione sui diritti dell'Uomo e della bio-medicina39, e la Raccomandazione n. R (92) 1 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sull'impiego delle analisi dell'acido desossiribonucleico (ADN) nel quadro del sistema di giustizia penale. Misure addizionali concernenti le violenze perpetrate all'interno della famiglia Paragrafi 55-59 89. Tutti gli studi condotti negli Stati membri indicano che è nella sfera familiare che sono più perpetrate violenze di ogni genere sulle donne ed i bambini. Costatando l’importanza della questione, i redattori hanno voluto prevedere misure specifiche. Paragrafo 55 90. Un certo numero di pratiche e/o di sistemi giudiziari considerano ancora le violenze commesse all'interno della famiglia, in particolare quelle fra coniugi, come questioni di ordine privato non prevedendo altre forme di trattamento giudiziario. E' per questo motivo che i redattori hanno voluto sottolineare la necessità, per gli Stati membri, di classificare come reati penali, di diversa gravità secondo la loro natura, gli episodi di violenza che si verificano all'interno della famiglia40.

violenza in famiglia: quali azioni, quali misure ? ”, Bucarest, Romania, 26-28 novembre 1998 (documento EG/BUC (99)1). Un altro esempio è quello delle carceri danesi che offrono una formazione di autoconoscenza ai loro detenuti per atti di violenza, al fine di offrire loro l’opportunità di cambiare il proprio comportamento. Si vedano anche i programmi realizzati dall’organizzazione MOVE in Irlanda. 38 STE n° 108 39 STE n° 164 40 Il governo britannico è pienamente impegnato in tutte le azioni volte ad accrescere la tutela per le donne ed i bambini contro ogni forma di violenza e ritiene di soddisfare quanto richiesto dal paragrafo 55. Tuttavia, il governo britannico ritiene che questo paragrafo non si applichi alle punizioni corporali ragionevoli e proporzionate inflitte ad un bambino dai suoi genitori. La legge britannica autorizza i genitori ad utilizzare le punizioni corporali per educare i loro figli purchè contenute nei limiti “ di un castigo ragionevole”. Se un genitore è accusato di aver maltrattato il proprio figlio, ma dichiara di aver applicato “ un castigo ragionevole”,

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Paragrafi 56-58 91. I redattori hanno considerato quali potenziali autori di violenze tutti i maggiorenni che coabitano occasionalmente o abitualmente con la vittima. Il fatto di coabitare, anche in modo occasionale ed in assenza di un particolare rapporto di autorità, crea tuttavia una situazione di intimità che giustifica il fatto che la protezione venga rinforzata. 92. In questo genere di situazioni, l’azione delle forze di polizia resta un elemento essenziale. Le forze di polizia dovrebbero poter far sì che, nel caso in cui una persona è in pericolo, l’autore delle violenze familiari sia obbligato ad abbandonare immediatamente il domicilio, quali che siano i rapporti con il proprietario dell'alloggio e nonostante le eventuali obiezioni delle altre persone che vi risiedano. Le disposizioni della Raccomandazione prevedono ingiunzioni che vietano all'autore di violenze di avvicinarsi al luogo di residenza della vittima e/o altri luoghi o restraining orders (mentre alle legislazioni di tipo classico correva alla vittima l'obbligo di abbandonare il proprio domicilio). Questo tipo di dispositivo, fondato sulla volontà di proteggere la vittime e di evitarle traumi legati al fatto di dover lasciare il proprio domicilio è in atto in Austria e in Finlandia41. A titolo informativo, nella legislazione austriaca, l’allontanamento da parte delle forze di polizia costituisce una misura di ordine amministrativo che deve essere in seguito confermata da una decisione del magistrato. Paragrafo 59 93. La situazione delle donne emigrate è particolare: esse possono essere vittime di violenze prima o dopo la loro migrazione. Il rischio di violenza è anche legato alla loro limitata conoscenza della lingua, della cultura e delle disposizioni in vigore che limita la loro capacità di accesso ai servizi di assistenza . La Raccomandazione concerne le donne il cui diritto a risiedere in un determinato luogo dipende dal rimanere sposate con un uomo violento. Si tratta di porre rimedio al fatto che per le donne che si trovano in tale situazione, tentare di porre fine alla violenza equivale a correre il rischio di espulsione. Misure addizionali concernenti le molestie sessuali Paragrafi 60 e 61 94. In questo campo ci si riferirà direttamente ai testi adottati nel quadro dell'Unione europea (la Risoluzione del Consiglio delle comunità europee del 25 maggio 1990 sulla tutela della dignità delle donne e degli uomini sul lavoro esorta gli Stati membri a mettere in atto, nel settore pubblico, misure positive appropriate, conformi alle legislazioni nazionali, che possono servire d'esempio nel settore privato; la Raccomandazione del 27 novembre 1991 della

il tribunale deve prendere in considerazione alcuni fattori per stabilire se la punizione è effettivamente rimasta entro i limiti di un castigo ragionevole. I fattori sono i seguenti: - la nature e il contesto della punizione; - la durata ; - gli effetti fisici e psicologici; e talvolta - il sesso, l’età e lo stato di salute della vittima. 41 Legge federale sulla protezione dalla violenza in famiglia, entrata in vigore in Austria nel maggio 1997. Nel 1999, 2076 decisioni di questo tipo sono state pronunciate in Austria. Legge sui “ restraining orders ” entrata in vigore in Finlandia il 1 gennaio 1999.

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Commissione europea per la tutela della dignità delle donne e degli uomini sul lavoro chiede agli Stati membri di prendere misure, nel settore pubblico, al fine di istituire Codici di buone pratiche per la prevenzione delle molestie) e alla Convenzione n. 111 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, Convenzione concernente la discriminazione in materia di impiego e di professione. 95. Le situazioni di molestie sessuali divengono intollerabili quando: a) il comportamento è inopportuno, prevaricante e nocivo per la persona che ne è oggetto; b) sul luogo di lavoro, il fatto che una persona rifiuti o accetti un simile comportamento da parte di un impiegato o di un lavoratore giustifica esplicitamente o implicitamente le decisioni relative al lavoro di tale persona; c) tale comportamento crea un clima intimidatorio, ostile o umiliante per la persona che ne è oggetto. Misure addizionali concernenti le mutilazioni genitali Paragrafi 62-67 96. Molti testi internazionali hanno condannato le mutilazioni genitali (Risoluzione 48/104 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite relativa alla Dichiarazione sull’eliminazione della violenza nei confronti delle donne, Risoluzione dell’Organizzazione mondiale della sanità del 10/05/94 vertente sulla salute materna e infantile e la pianificazione familiare: pratiche tradizionali nocive per la salute delle donne e dei bambini, Convenzione internazionale sui diritti del bambino / articolo 24.3). 97. La Bulgaria, la Norvegia, la Svezia, la Svizzera e il Regno-Unito hanno adottato testi penali specifici al fine di reprimere mutilazioni degli organi sessuali. Questi testi pongono l'attenzione generalmente, ad eccezione di quelli bulgari, sulle mutilazioni degli organi genitali femminili. 98. La Raccomandazione esorta gli Stati membri ad adottare legislazioni nazionali che riaffermino i principi previsti dai testi internazionali. 99. Con mutilazione si designa l'ablazione totale o parziale di un organo. Ci si riferisce in particolare alle pratiche della circoncisione femminile, dell'escissione o dell’infibulazione42.

42 Un rapporto dell’Assemblea parlementare del Consiglio d'Europa, Commissione per le pari opportunità tra le donne e gli uomini, descrive precisamente tali pratiche (documento AS/EQ (2000)20 del 18 ottobre 2000 : - I due tipi di mutilazione più diffusi sono l'escissione (80%) e l'infibulazione (15%). - L'escissione e l’ablazione di una parte più o meno grande del clitoride o delle piccole labbra. Tale mutilazione è propria delle etnie dell’Africa occidentale. La si può paragonare alla circoncisione del pene per i maschi. - L'infibulazione consiste nell’escissione del clitoride e delle piccole labbra e nel taglio delle grandi labbra di cui due residui vengono avvicinati in modo tale che rimanga solo una minuscola apertura per far fluire le urine e la mestruazione. La vulva è scomparsa ed è stata rimpiazzata da una cicatrice molto dura che verrà tagliata al momento del matrimonio e della nascita di un figlio. L'infibulazione è soprattutto praticata nell’Africa orientale. - Un tipo particolare di infibulazione può essere osservata nell’Africa occidentale : le grandi labbra tagliate vengono avvicinate l’una all’altra per chiudere quasi completamente la vagina. - Ma esistono ancora altre forme di escissione, come il taglio della vagina, l’introduzione di sostanze corrosive o di piante nella vagina per provocare perdita di sangue o restrizioni della vagina, le punture o perforazioni del clitoride, la cauterizzazione con bruciature del clitoride.

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Misure addizionali concernenti le violenze in situazioni di conflitto e post-conflitto Paragrafi 68 - 76 100. Conviene riferirsi qui allo Statuto della Corte Penale Internazionale adottato a Roma nel luglio 1998. L’articolo 7 dello Statuto definisce lo stupro, la schiavitù sessuale, la prostituzione forzata, la gravidanza forzata, la sterilizzazione o qualsiasi altra forma di violenza sessuale di gravità comparabile, come crimini contro l'umanità. D'altronde, lo stupro, la schiavitù sessuale, la prostituzione forzata, la gravidanza forzata, la sterilizzazione o qualsiasi altra forma di violenza sessuale sono definiti in essa come costituenti una grave infrazione alle Convenzioni di Ginevra in quanto crimini di guerra come definiti dall'art. 8 del suddetto Statuto. 101. Durante la preparazione della Raccomandazione, i redattori si sono occupati della scoperta degli stupri in un contesto di guerra, delle gravidanze forzate e delle azioni di "pulizia etnica" che erano in corso nell'ex-Yugoslavia. Essi si sono posti la questione della violenza organizzata esercitata contro le donne da membri delle forze armate e della polizia. La questione della frequenza di questa forma di violenza non è stato ancora dovutamente studiata. In questo quadro, tuttavia, rientrano i casi di persone che fanno uso del potere che gli deriva dalle funzioni conferitegli dallo Stato come mezzo per esercitare alcune forme di violenza contro le donne43. Misure addizionali concernenti la violenza in ambiti istituzionali Paragrafi 77 e 78 102. Le caratteristiche di reclusione o d’isolamento e i rapporti di autorità del personale della struttura su persone che si trovano in ambienti istituzionali possono condurre ad una maggiore vulnerabilità di queste ultime rispetto a situazioni di violenza. Se queste particolarità rendono questi tipi di violenza più difficilmente individuabili, esse devono essere oggetto di politiche attive di prevenzione e di persecuzione giudiziaria. Misure addizionali concernenti il non-rispetto del diritto alla libera scelta in materia di procreazione Paragrafo 79 103. Si tratta di attacchi alla libertà di scelta e all'integrità fisica delle donne che si possono verificare in una serie di situazioni diverse (per esempio, le pratiche di selezione prenatali per - Queste pratiche, che durano tra i 15 e i 20 minuti, sono generalmente eseguite da praticoni tradizionali, in linea di principio dalla anziana della comunità, con strumenti primitivi e senza anestesia. Negli strati più elevati della società, sono talvolta praticati in istituti di cura da personale competente. - L’età in cui queste mutilazioni sono praticate varia secondo i gruppi etnici e i luoghi : bambine di pochi giorni, bimbetti tra i quattro ed i dieci anni, talvolta nell’adolescenza in altri casi al momento del matrimonio o in gravidanza. - Tutte queste mutilazioni sono irreversibili, dannose per la salute ed hanno conseguenze per tutta la vita. 43 Si vedano gli Atti del Seminario “ Rape is a war crime. How to support the survivors. Lessons from Bosnia-Strategies for Kosovo”, organizzato dalla Commissione europea (Vienna, 18 – 20 giugno 1999), così come gli Atti del Seminario “ Gli uomini e la violenza contro le donne” organizzato dal Consiglio d'Europa, Strasburgo 1999 – EG/SEM/VIO(99)11 (rapporto sulla violenza maschile contro le donne ed i bambini in tempo di guerra di Dubrovka Kocijan Hercigonja).

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sesso). In Europa, questi attacchi sono stati particolarmente brutali in situazioni di conflitto dichiarate o latenti44. Misure addizionali concernenti i delitti d'onore Paragrafi 80-83 104. Delitti destinati a lavare l'onta della famiglia vengono ancora commessi in alcune parti d'Europa. Questa forma di violenza consiste nella brutale uccisione di giovani donne da parte di membri della loro famiglia – abitualmente da parte di giovani che non hanno ancora l'età della responsabilità penale – per apparenti trasgressioni ai codici di comportamento seguiti dalle donne e che sono considerati come “disonorevoli”. I redattori hanno studiato un certo numero di casi di delitti di questo tipo in Turchia, e testimonianze anedottiche su altri casi in altre regioni45. Anche se il fenomeno non è molto diffuso, è parso molto importante che la Raccomandazione faccia menzione di tali pratiche e preveda misure per vietarle.

44 I casi più recenti in Europa sono stati registrati durante la guerra nell’ex-Yugoslavia. 45 Gli esempi qui richiamati illustrano queste pratiche. Rabia (25 anni-agosto 1995). si era innamorata di un giovane che voleva sposare, ma la ì¥Á� � �9 � � �ø ¿� � � � � � � � � � � � � � � �à. �� bjbjýÏýÏ� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � †� � � Ÿ¥� � Ÿ¥� � �aÕ � eU� � � � � � � � � � � � � � �� � � � � � � � � � � �ÿÿ � � � � � � � � � �ÿÿ � � � � � � � � � �ÿÿ � � � � � � � � � � � � � � � � � l� � � �� �t � � � � � � �t � � �t � � �< � � �° � � Ø� � � �( � � � � � � �( � � � � � � �( � � 4� � � � � � � � � � � ü � � � � � � ¶`� � � � � � ¶`� � � � � � ¶`� � h� � � -a� � t� eva seguito l’uomo spontaneamente, quindi non aveva niente contro di lui ed autorizzava i giovani a sposarsi. Rabia fu dunque rimandata a casa. Ma i suoi fratelli e suo padre erano furibondi e non smettevano di dire che non avrebbero potuto più guardare i loro vicini negli occhi. La vergogna si era abbattuta sulla famiglia. L’indomani Rabia fu condotta in macchina con sua madre, che fu lasciata lungo la via. Supponendo che l’avrebbero uccisa, la ragazza si gettò dalla macchina e si rifugiò in un negozio. Suo fratello la inseguì, la costrinse ad uscire tirandola per i capelli e la gettò sotto un trattore. Egli dichiarò in seguito che si era trattato di un incidente. Il tribunale giudicò che si era trattato di un omicidio, per gli stessi motivi precedentemente esposti: secondo gli usi locali, la famiglia di una ragazza che è fuggita con un uomo viene rifiutata dalla società, a meno che la colpevole non venga uccisa. La famiglia era quindi sottoposta ad una forte pressione sociale. Ogni accusato fu condannato a dodici anni e sei mesi di

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Misure addizionali concernenti i matrimoni precoci Paragrafi 84 e 85 105. I redattori hanno stabilito che l’età del consenso (specialmente per quanto concerne il matrimonio) venga determinata dalla legislazione nazionale.

prigione. Fra il 1994 e il 1998, cinque ragazze sono state uccise per motivi di onore a Sanli Urfa, città del sud-est della Turchia. Tali delitti sono usuali in questa regione e tra gli abitanti delle grandi città che ne sono originari.

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Allegato I Cronologia Il fenomeno della violenza nei confronti delle donne ha subito una continua evoluzione nel tempo ma rimane più che mai attuale in tutte le nostre società. A partire dal XVIII secolo,le diverse rivoluzioni industriali hanno permesso ad un certo numero di donne di accedere alla vita lavorative all'istruzione senza tuttavia concedere loro diritti inerenti al loro ruolo ed alla loro funzione in misura equivalente a quelli degli uomini. Si è dovuto attendere il XX secolo affinché potessero pretendere la parità dei loro diritti e la fine di quel secolo perché venisse ottenuta, almeno de jure. All'atto pratico, le donne sono ancora oggetto di discriminazione sia dal punto di vista sociale, scolastico, professionale che familiare; sono le prime ad essere colpite dalle crisi economiche, politiche, bersagli privilegiati, ostaggi e principali vittime delle guerre in qualsiasi parte del mondo. 1945: il principio della parità dei diritti fra uomini e donne è scritto nella Carta delle Nazioni Unite; questa coinvolge 50 paesi e costituisce uno degli eventi giuridici del dopo-guerra: “…le nazioni sia grandi che piccole confermano la loro fede nei diritti fondamentali dell'Uomo, nel rispetto e nel valore di ogni essere umano e nella parità dei diritti fra uomini e donne”. Così la Carta attribuisce alle donne il diritto alla piena realizzazione dei loro diritti fondamentali e impone agli Stati membri delle Nazioni Unite l'obbligo legale di operare per l’eliminazione di qualsiasi forma di discriminazione nei confronti delle donne. 1946: creazione della Commissione per la condizione femminile. 1975: al fine di proteggere lo statuto della donna troppo spesso calpestato nel mondo, l’ONU ha proclamato il “1975, anno della donna” e organizzato la prima Conferenza mondiale dedicata alla donna in Messico: la “Conferenza mondiale dell'anno internazionale della donna”. 1976-1985: Risoluzione 3250 (XXX) dell’Assemblea generale dell’ONU: il decennio 1976-1985 è proclamato “Decennio della donna: azione per la parità, lo sviluppo e la pace”. 1979: In seguito a tale proclamazione, il Consiglio d'Europa ha creato un “ Comitato per la condizione femminile” la cui missione principale è l’elaborazione per il Consiglio di un Programma finalizzato a promuovere la parità fra i sessi. Al termine del suo mandato, ritenendo che il Consiglio d'Europa dovesse disporre di un organo permanete che studiasse tutti gli aspetti della questione, il Comitato ha proposto la creazione di un “Comitato per la parità fra le donne e gli uomini” (CAHFM), organo intergovernativo di coordinamento e di consultazione a carattere pluridisciplinare e intersettoriale. 1980: Seconda Conferenza mondiale dedicata alla donna a Copenaghen. 1982-86 : Il Comitato per la parità fra le donne e gli uomini (CAHFM) del Consiglio d'Europa ha avuto essenzialmente la funzione di valutare e stimolare l’azione dell’Organizzazione in favore della parità tra le donne e gli uomini e di promuovere misure tali da essere adottate non solo dal Consiglio d’Europa ma anche dagli Stati membri.

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1985: Tredicesima Conferenza mondiale incaricata di esaminare e di valutare i risultati del “Decennio delle Nazioni Unite per la donna: parità, sviluppo e pace”, Nairobi (15-26 luglio 1985). 1987: Al termine del mandato del CAHFM, è stato creato un nuovo comitato, il Comitato europeo per la parità fra le donne e gli uomini. I suoi compiti sono aumentati ed è stato incaricato di promuovere la cooperazione europea al fine di giungere ad una autentica uguaglianza fra le donne gli uomini e di promuovere misure che possano essere adottate non solo dal Consiglio d'Europa ma anche da quello degli Stati membri. 1988: La Dichiarazione del Comitato dei Ministri del 16 novembre 1988 ha costituito una pietra miliare nella politica dell’Organizzazione nel campo della parità fra donne e uomini. Essa afferma che il principio della parità fra i sessi fa parte integrante dei diritti della persona umana e che qualsiasi discriminazione legata al sesso costituisce un ostacolo all'esercizio delle libertà fondamentali. L’eliminazione delle discriminazioni in ragione del sesso è una condizione necessaria per la democrazia ed un imperativo di giustizia sociale. 1989: In applicazione di tale politica, il Comitato europeo è stato trasferito dal campo degli affari sociali economici a quello dei Diritti dell'Uomo che è uno dei principali campi di attività del Consiglio d'Europa. 1992: La creazione dell'attuale Comitato direttivo per la parità fra le donne e gli uomini (CDEG) è stata una tappa supplementare nelle misure prese dal Consiglio d'Europa per promuovere la parità. Il suo innalzamento a livello di Comitato direttivo ha dimostrato, accrescendo la sua importanza e le sue competenze (che includono il diritto di creare organi sussidiari), che la parità fra le donne e gli uomini costituiva una parte importante del lavoro del Consiglio d'Europa. 1995: Quarta Conferenza mondiale sulle donne a Pechino, 4-15settembre 1995. Il Programma d’azione adottato da questa Conferenza contiene diversi capitoli riguardanti del tutto o in parte la problematica della violenza sulle donne (IV.C Le donne e la sanità; IV.E Le donne e i conflitti armati). 2000: La Sessione straordinaria dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (New York, 5-9 giugno 2000) su “Le donne nell'anno 2000: parità fra i sessi, sviluppo e pace per il XXI secolo”, celebrando il quinto anniversario della Conferenza di Pechino, ha adottato una serie di “Nuove misure e iniziative per la messa in atto della Dichiarazione e del Programma d’azione di Pechino (vedi documento A/S-23/10/Rev. 1 – Assemblea generale, XXIII sessione straordinaria, Supplemento n. 3). Questo testo contiene disposizioni innovative sulla violenza poiché classifica il delitto d'onore e lo stupro fra coniugi come reati.

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Allegato II Definizione della violenza nei confronti delle donne Estratti del Piano d’azione contro la violenza nei confronti delle donne (documento EG-S-VL (97)1). Le informazioni menzionate sopra sono state ottenute attraverso l'invio di una serie di questionari ad organizzazioni non governative, ONG e altre. Si forniscono qui di seguito alcune descrizioni delle tipologie di comportamento che i redattori includono nell'espressione « violenza nei confronti delle donne ». Violenza fisica Spingere, strattonare, tirare i capelli, colpire, picchiare, prendere a calci, bruciare, mordere, strangolare, pugnalare, mutilare gli organi genitali, torturare, uccidere. La gravità delle ferite varia partendo da abrasioni e graffi, passando da denti ed ossa rotte, fino alle lesioni permanenti ed alla morte. Violenza sessuale Qualsiasi atto sessuale non consensuale, compreso gli scherzi ed i giochi sessuali, gli sguardi fissi o concupiscenti, le osservazioni importune, l'esibizionismo, le telefonate offensive, le proposte sessuali sgradite, l'obbligo di guardare pornografia o di parteciparvi, i palpeggiamenti non desiderati, i rapporti sessuali forzati, lo stupro, l'incesto, commettere atti sessuali dolorosi o umilianti per la donna , la gravidanza forzata, la tratta delle donne ed il loro sfruttamento per l'industria del sesso. Violenza psicologica Sarcasmo, scherno, osservazioni maliziose o umilianti, minacce, isolamento, disprezzo, brutalità, insulti in pubblico; Questo tipo di comportamenti è generalmente avvertito come un attacco all'identità ed alla fiducia in se stessi, in particolare se è persistente. Violenza economica L'esercizio di un controllo ingiusto sui redditi comuni, sia che si tratti di controllare l'accesso al denaro della coppia, sia di impedire al partner di accettare un impiego o di perfezionare la propria istruzione, sia di negare i diritti della donna sulle proprietà. Violenza di carattere strutturale Questo tipo di violenza è strettamente legato alla violenza economica e comprende gli ostacoli invisibili e intangibili che si oppongono alla realizzazione di scelte che si offrono alle donne e all’esercizio dei loro diritti fondamentali. Questi ostacoli fanno parte del tessuto stesso della società e si verificano quotidianamente, poiché si tratta di differenze, di inuguaglianze e di strutture di potere che generano e legittimano l'inuguaglianza.

Violenza morale Si tratta di atteggiamenti che distruggono il credo culturale o religioso delle donne ridicolizzandolo, penalizzandolo o costrigendo le donne ad aderire ad un sistema differente.

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La maggior parte dei casi di violenza contro le donne si presenta come una combinazione di violenza fisica, sessuale e psicologica, sottesa ad una violenza di origine strutturale che include talvolta una violenza economica e morale.

Stupro e aggressione sessuale Questo paragrafo tratta dei casi di stupro e di aggressione sessuale che sono stati oggetto di denuncia. Si è rivelato impossibile fare delle comparazioni dirette poiché i dati di cui si dispone comprendono combinazioni di diversi casi di stupro denunciati, che sono oggetto di persecuzione e/o condanna per stupro e delitti connessi. Dall'esame di queste informazioni derivano diverse osservazioni di carattere generale: - il numero di denunce, relativamente elevato in certi casi e relativamente basso in altri, varia notevolmente da un paese all'altro in Europa. Se è vero che i tassi possono effettivamente variare, questo scarto è in parte dovuto alle differenze esistenti in quanto alla potenza dei tabù, alla consapevolezza del fenomeno ed alla fiducia delle donne nella polizia ed in altri organi; - in molti paesi è stato registrato un aumento del numero delle denunce per stupro nel corso dell'ultimo decennio e le cifre sono sempre più elevate di anno in anno. Ciò riflette probabilmente la scomparsa dei tabù ed una maggiore fiducia nel sistema giudiziario penale; - in alcuni paesi la maggiore fiducia nella giustizia non è stata confermata dai fatti, poiché nonostante l'aumento delle denunce, la percentuale delle azioni giudiziarie che hanno portato a condanne è diminuito.46

Solo due studi specifici sullo stupro sono stati portati a conoscenza dei redattori. Si tratta di inchieste che, chiedendo alle donne di parlare delle loro esperienze, permettono di valutare la misura in cui le cifre ufficiali sono inferiori alla realtà. In entrambi i casi dal 20 al 25% delle donne hanno dichiarato stupri o tentativi di stupro. I loro mariti ed i loro partner erano la maggior parte delle volte autori degli stupri e, quando si trattava di un rapporto di tipo stabile, l'esperienza aveva grandi possibilità di ripetersi a più riprese. Tale percentuale solleva un certo numero di problemi, e cioè: il grande scarto fra il numero dei casi di stupro segnalati da un paese all'altro e anche probabilmente all'interno di uno stesso paese; il tasso di "calo" del numero di denunce per stupro nella misura in cui i fascicoli passano da un servizio all'altro del sistema di giustizia penale; l'insufficienza dei dati provenienti dalle ricerche sullo stupro in Europa.

Violenza coniugale Le informazioni fornite ai redattori mostrano chiaramente che il numero di casi di violenza coniugale dichiarati e registrati è aumentato nel corso dell'ultimo decennio. Sembra anche che più ricerche sono state effettuate su questo argomento che su numerose altre questioni di cui tratta il presente rapporto. L'aumento del numero di denunce è stato particolarmente rilevante nel corso degli anni '90, come 46 La percentuale di denunce per stupro che si sono tradotte in condanna nel Regno Unito è passata dal 34% nel 1977 a meno del 10% nel 1994 (dati del Home Office). Occorre paragonare questi dati con quelli del Ministero di Giustizia polacco che mostrano che l’accusato è stato riconosciuto colpevole in due terzi dei casi di stupro segnalati nel 1994. L’Home Office ha comunicato alla fine del 1996 che sarebbe stata svolta un’inchiesta sulla base del numero delle condanne nei processi per stupro.

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mostrano le cifre provenienti da diversi paesi e da diversi tipi di organizzazioni. In altri termini, un maggior numero di donne si è rivolto alla polizia, si è indirizzato verso rifugi o case protette e ha preso contatto con organizzazioni femminili. Il delitto coniugale, e cioè l'uccisione da parte di uomini delle loro compagne o ex-compagne femminili e l'uccisione da parte di donne di uomini che le brutalizzano, costituisce un utile indicatore del livello della gravità della violenza coniugale, e queste cifre dovrebbero essere raccolte sistematicamente. Le cifre pubblicate dalla Russia, ovvero 5.300 donne decedute nel 1991 e 14.000 nel 1993, hanno particolarmente allarmato il Gruppo. Se le cifre del Ministero dell'interno sono esatte, si tratterebbe di una percentuale 20 volte superiore a quella degli Stati Uniti.47 Il presente rapporto verte solo sui casi di violenza coniugale che sono stati denunciati. In molti paesi, la violenza coniugale rappresenta una percentuale notevole delle aggresioni alla persona che si colloca in una forchetta dal 66% al 10%. Alcuni paesi hanno ugualmente fornito informazioni provenienti da ospedali ove la percentuale di lesioni dovute all'aggressione da parte del partner era sorprendentemente alto. Un'altra indicazione sulla frequenza del fenomeno è la percentuale di donne che riportano la violenza o la crudeltà nelle istanze di divorzio, le cifre più elevate in proposito erano del 70%. I redattori sono stati informati sui sei studi di specifici condotti sulla violenza ed hanno raccolto dati su altri quattro studi. Essi hanno osservato con sorpresa fino a che punto i risultati di questi studi concordino nel constatare che il 25 % delle donne subiscono violenze da parte di un congiunto e che fra il 6 e il 10 % delle donne subiscono violenze nel corso un determinato anno. Nonostante il numero di denunce di violenza fra coniugi vari, sembra che la percentuale sia più consistente di quella dei casi di stupro e che il risultato delle inchieste dedicate concordano sufficientemente perché si possa dire che almeno una donna su quattro in Europa è vittima di una qualsiasi forma di violenza da parte del partner o di ex partner di sesso maschile.

47 Fonte: "The Economist" 12-8-95.

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Violenza sessuale sui bambini, in particolare sulle bambine Le informazioni raccolte provano che le violenze sessuali sui bambini e le bambini sono divenute un argomento di crescente preoccupazione nel corso dell'ultimo decennio. Le violenze commesse contro tutti i bambini meritano seria considerazione, nel presente rapporto si è tuttavia posto l'accento in particolare sulle bambine poiché esse rischiano più dei maschi di essere oggetto di sevizie sessuali, specialmente da parte di un membro della famiglia. I rischi di vedere le bambine divenire vittime costanti del fenomeno sono ben più grandi quando alle esperienze dell'infanzia si aggiungono le molestie e le aggressioni nell'età adulta. Questo paragrafo esamina i casi di violenze sessuali sui bambini che sono stati denunciati alle autorità. Anche in questo caso si constata un aumento del numero di denuncie nel corso degli anni, ma le cifre globali sono più basse rispetto a quelle degli stupri o della violenza fra coniugi. E' chiaramente più difficile per i bambini ed i giovani rispetto alle donne adulte sporgere denuncia agli organi ufficiali. Nonostante i redattori abbiano ricevuto solo informazioni limitate alle procedure in corso, i fatti che sono venuti alla luce inducono a pensare che ben pochi dei casi arrivano a questo stadio e, quindi, che ben pochi dei responsabili di tali sevizie vengano condannati per la loro condotta. Quelle poche informazioni in più che si sono potuto ottenere sui tassi relativi alle violenze sessuali hanno rivelato la misura in cui i dati ufficiali erano inferiore alla realtà. Le conclusioni di questi studi variani sensibilmente e si collocano fra una cifra bassa dell'8 % e una cifra alta del 59 % per quanto concerne le bambine che dichiarano di aver subito una qualsiasi forma di violenza sessuale durante la loro infanzia. Lo scarto è in buona parte dovuto ai differenti metodi utilizzati dai ricercatori, ad esempio: il momento in cui lo studio è stato effettuato (prima o dopo la fine dei tabù); la definizione di infanzia (secondo se comprenda fino a 14, 15, 16 o 17 anni) e le definizioni di violenza sessuale (secondo se includa o meno le forme di violenza in cui non v'è contatto e le aggressioni da parte di giovani della stessa fascia di età e non solamente di adulti). Tali differenze sostanziali di metodo fanno sì che sia impossibile valutare gli eventuali scarti percentuali fra i paesi. Se è vero che una gran parte delle violenze sessuali coinvolge membri della famiglia (padre, suocero, fratello, nonno, zio) e una parte più piccola estranei, occorre ugualmente interessarsi al gruppo intermedio costituito dagli adulti che fanno parte della cerchia di conoscenze e del gruppo degli "assimilati". Questo gruppo comprende in particolare gli amici di famiglia, gli amici maschi, i professori gli istruttori sportivi, i vicini, i dirigenti religiosi ed il personale delle istituzioni sociali.

Molestie sessuali I redattori hanno ricevuto molte meno informazioni sui casi di molestie sessuali denunciati o su studi dedicati all'argomento.

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Alcuni paesi hanno registrato un aumento del numero di denunce, mentre altri hanno dichiarato di non aver elaborato rapporti ufficiali. Le informazioni raccolte non indicavano chiaramente se vi erano vie ufficiali distinte per la raccolta dei dati. Poiché in molti paesi le molestie sessuali non sono considerate reato, i redattori non disponevano che di dati molto limitati sui casi perseguibili e non si sono potuti pronunciare sulla questione del conoscere se la ragione fosse il numero estremamente ridotto di casi o l'assenza di meccanismi per la raccolta di dati. Dalle stime fatte da sei studi europei, la percentuale di donne che sono state oggetto di molestie sessuali sul luogo di lavoro si collocherebbe fra il 45% e l'81% e quello delle donne che sporgono denuncia fra il 5% e il 22%. Gli studi dedicati alle molestie sessuali tendono a privilegiare il luogo di lavoro. Le molestie che le donne devono affrontare nei luoghi pubblici sono raramente oggetto di studio. Alcuni casi celebri avvenuti di recente in Gran Bretagna ove alcune donne sono state letteralmente "perseguitate" (con ciò si intende che sono state a più riprese importunate, seguite per strada, assillate da telefonate e da lettere o che entrate in contatto diretto con uomini che conoscevano appena) hanno rivelato l'ampiezza del problema ed il fatto che le vittime non disponevano che di risorse legali e di mezzi di difesa limitati. Altri dati tratti da ricerche compiute nel Regno Unito evidenziano l'importanza di forme "trascurate" di violenza contro le donne: il 63 % delle donne hanno vissuto almeno un episodio di "esibizionismo"48

2 donne su 3 hanno ricevuto telefonate offensive o oscene 49

1 donna su 10 riceve almeno una telefonata di questo genere all'anno50

Una parte rilevante delle donne interrogate in proposito nell'ambito di una inchiesta nel Merseyside (fra il 50% e l'80% secondo l'attività considerata) hanno dichiarato di astenersi da certi comportamenti51 (ad esempio camminare da sole la notte, uscire di notte, partecipare a corsi o ad attività ricreative di sera, andare in vacanza da sole) poiché temono per la propria sicurezza. Mutilazioni genitali femminili Un numero molto ridotto di paesi europei ha raccolto dati su tale questione. Ad eccezione del Regno Unito, non esiste in nessun luogo uno studio dedicato che abbia incluso o studiato direttamente tale questione. Infatti (si veda lo studio giuridico comparativo), molti paesi hanno affermato, fondandosi su qualche elemento senza prove, che il problema non li riguardava. L'organizzazione britannica FOWARD, che si dedica allo studio della questione delle mutilazioni genitali femminili, stima che solamente nel Regno Unito si contano almeno 10.000 adolescenti e giovani donne che rischiano di subirle.

La tratta e l'industria del sesso

48 Fonte: Sandra McNeill (1988), "Flashing - its effect on women" in Women, Violence and Social Control, Londres. 49 Fonte: Glasgow Women's Support Project (1990). 50 Fonte: Obscene, threatening and other troublesome telephone calls to women in England and Wales: 1982-1992 (1995) Research and Planning Unit Paper 92, Londres, Home Office (Ministère de l'Intérieur). 51 M. Foley and K. Cook (1995) Women's Safety Survey, inedito.

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Molti paesi hanno rilevato un aumento del fenomeno all'interno dell'Europa e verso l'Europa a partire da altri paesi del mondo. Tale crescita rivela l'espansione dello sfruttamento sessuale in Europa, ove stanno emergendo nuove tipologie comprese quelle che impiegano tecniche quali il tele-sesso, il sesso virtuale e la pornografia informatica. L'aumento della tratta fra paesi europei sembra avere come origine i paesi dell'Europa dell'Est e per destinazione quelli dell'Europa dell'Ovest. Essa assume diverse forme, dal rapimento fino agli uffici di matrimonio fittizi e alla fornitura alle donne di false informazioni circa la loro destinazione ed il loro futuro impiego. Conviene riferirsi qui alla Raccomandazione n. (2000)11 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulla lotta contro la tratta degli esseri umani al fine di sfruttamento sessuale ed alla sua esposizione dei motivi così come ad altre pubblicazioni, del Consiglio d’Europa sull'argomento.52

52 Raccomandazione n° R (2000) 11 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulla lotta contro la tratta degli esseri umani al fine di sfruttamento sessuale, adottata il 19 maggio 2000. http://www.humanrights.coe.int/equality/DefaultFrench.htm.