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bianc himenti sulla pittura, difficilmente removibili); altri infine adottano la resina vinilica o acrilica emulsionata, debita mente diluita in acqua. Ora, la presenza dell'acqua, tanto nel latte quant o nella resina emulsionata, fa rigonfiare la colla delrintelaggio e le fa perdere quindi l'impronta della superficie pittorica quale aveva fino adesso man tenu to fedelmente. A tale al- terazione ne farà seguito un'altra dello stesso genere allor- quan do si vorrà far aderire l'affresco all a definitiva tela di suppo rto e sarà prodotta ancora dall'umidità della mest ica impiegata come collante. Anche se non si abbia modo di sp iare esattamente il mome nto preciso in cui avviene l'alterazione e la piega che essa prende, non è difficile immagin are come si produca. La colla, condizionata da un lato dalla misura quasi fissa della tela (la quale semmai con l'umidità si restringe), si di- lata e rigonfia in piccole creste o in grumoli, scompigliando le particelle del colore a seconda della maggiore o minore resistenza che questo oppone. E il colore non tornerà mai più sulle posizioni originarie; avverrà anzi che la mesti ca, asciuga ndo prima della co ll a, fisserà indelebilment e la nuova disposizione confusa e casuale prodotta dalla colla. Quando tutto questo sia accaduto non rimarrà altro da fare al restauratore, sia pure accorto e coscienzioso, che constatare, al momento della rimozione della prima tela, quanto è accaduto, e di tentare, secondo le sue possi- bilità, di evitarlo in avvenire. Una superficie che prima era levigatissima può essere dive nuta come lievitata o vaiolosa, il tocco della pennellata corposa può aver perduto ogni efficacia, quella che era una tipica superficie di muro può avere acquistato l'aspetto di una qualunque torbida materia senza carattere. Per diminuire le possibilità di questo pericolo si dovreb- be fare attenzione particolare alla stesura del collante acquoso di consolidamento sul tergo del colore, stendendo- lo cioè in più mani, a poco per volta, e lasciandolo bene asciugare fra una mano e l'altra: ma - cosa anche mi- gliore - si dovrebbe escludere l'impiego di materie che contengono acqua, sia per il consolidamento che per for- mare la mestica, almeno quando si tratti di opere di no- tevole importanza e particolarmente delicate. Le resine sintetiche in soluzione offrono qualità adatte e appaiono degne di serio affidamento. In ultimo dovremmo acce nnare anche al problema dei suppo rti e dei telai definitivi. Più che su altri aspetti del comp lesso lavoro del trasporto di un affresco si è avuto su questo argomento il maggior numero di discussioni. Due sono i metodi comunemente adottati e fondamen- talmente diversi fra loro : quello di affidare l'affresco distaccato a diversi strati di tele, tese poi su telai lignei o metallici; e l'altro che prevede l'applicazione della tela di sup porto del colore a un piano rigido. È bene tener presente per il f uturo comportamento dell'affresco affidato soltanto alla tela (primo caso contem- plato) il contrasto esistente, e che sempre si accrescerà col tempo, tra la fibra della tela e il caseato di calcio di cui è formata la mestica, tendenti per loro natura a contrars i, l'una con l'umidità (cui è refrattario invece il caseato) e l 'a ltro con il caldo (quando la tela s'allenta). Da questo urto di forze nasceranno inevitabilmente scre- polature e indebolimenti già osservati in molti casi di vec- chi e recenti restauri. La tensione automatica, poi, ricercata con molle di acciaio è da ritenere che aumenti il contrasto e al posto dell'afflosciamento delle vecchie tele possiamo prevedere un inasprimento delle desquamazion i. Al soste- gno rigido d'altra parte viene sovente mossa l' ob biezione di formare intralcio per un'eventu ale ulteriore manipolazione della superficie dipinta. Rit enere invece più difficile demo- lire un piano di masonite che una tela di canapa intrisa di caseato, quando questo risultasse necessario, è un errore, in quanto la durezza della tela è assai più irriducibile di quella della masonit e che si taglia e si sfoglia facilmente . Ma non è questa la sede adatta per sollevare discussioni e sostenere precisazioni su questo punto. Ci vogliamo limi- tare alla proposizione che abbiamo fatta di alcuni problemi fondamentali, rimandando al luogo e al momento idoneo gli ulteriori chiarimenti indispensabili. L. TINTORI LA GALLERIA DI PALAZZO ROSSO RINNOVATA L 'ANNO 1961 segnava per Genova un avvenimento artistico di eccezionale portata: la riapertura al pub- blico di Palazzo Rosso che concludeva nel migliore dei modi la lunga vicenda dei restauri della dimora dei FIG . I - GENOVA, PALAZZO ROSSO - CORTILE 9 I ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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bianchimenti sulla pittura, difficilmente removibili); altri infine adottano la resina vinilica o acrilica emulsionata, debitamente diluita in acqua.

Ora, la presenza dell'acqua, tanto nel latte quanto nella resina emulsionata, fa rigonfiare la colla delrintelaggio e le fa perdere quindi l'impronta della superficie pittorica quale aveva fino adesso man tenuto fedelmente. A tale al­terazione ne farà seguito un'altra dello stesso genere allor­quando si vorrà far aderire l'affresco alla definitiva tela di supporto e sarà prodotta ancora dall'umidità della mestica impiegata come collante.

Anche se non si abbia modo di spiare esattamente il momento preciso in cui avviene l'alterazione e la piega che essa prende, non è difficile immaginare come si produca. La colla, condizionata da un lato dalla misura quasi fissa della te la (la quale semmai con l'umidità si restringe), si di­lata e rigonfia in piccole creste o in grumoli, scompigliando le particelle del colore a seconda della maggiore o minore resistenza che questo oppone. E il colore non tornerà mai più sulle posizioni originarie; avverrà anzi che la mesti ca, asciugando prima della colla, fisserà indelebilmente la nuova disposizione confusa e casuale prodotta dalla colla.

Quando tutto questo sia accaduto non rimarrà altro da fare al restauratore, sia pure accorto e coscienzioso, che constatare, al momento della rimozione della prima tela, quanto è accaduto, e di tentare, secondo le sue possi­bilità, di evitarlo in avvenire.

Una superficie che prima era levigatissima può essere divenuta come lievitata o vaiolosa, il tocco della pennellata corposa può aver perduto ogni efficacia, quella che era una tipica superficie di muro può avere acquistato l'aspetto di una qualunque torbida materia senza carattere.

Per diminuire le possibilità di questo pericolo si dovreb­be fare attenzione particolare alla stesura del collante acquoso di consolidamento sul tergo del colore, stendendo­lo cioè in più mani, a poco per volta, e lasciandolo bene asciugare fra una mano e l'altra: ma - cosa anche mi­gliore - si dovrebbe escludere l'impiego di materie che contengono acqua, sia per il consolidamento che per for­mare la mestica, almeno quando si tratti di opere di no­tevole importanza e particolarmente delicate. Le resine sintetiche in soluzione offrono qualità adatte e appaiono degne di serio affidamento.

In ultimo dovremmo accennare anche al problema dei supporti e dei telai definitivi. Più che su altri aspetti del complesso lavoro del trasporto di un affresco si è avuto su questo argomento il maggior numero di discussioni.

Due sono i metodi comunemente adottati e fondamen­talmente diversi fra loro : quello di affidare l'affresco distaccato a diversi strati di tele, tese poi su telai lignei o metallici; e l'altro che prevede l'applicazione della tela di supporto del colore a un piano rigido.

È bene tener presente per il futuro comportamento dell'affresco affidato soltanto alla tela (primo caso contem­plato) il contrasto esistente, e che sempre si accrescerà col tempo, tra la fibra della tela e il caseato di calcio di cui è formata la mestica, tendenti per loro natura a contrarsi, l'una con l'umidità (cui è refrattario invece il caseato) e l'altro con il caldo (quando la tela s'allenta).

Da questo urto di forze nasceranno inevitabilmente scre­polature e indebolimenti già osservati in molti casi di vec­chi e recenti restauri. La tensione automatica, poi, ricercata con molle di acciaio è da ritenere che aumenti il contrasto e al posto dell'afflosciamento delle vecchie tele possiamo prevedere un inasprimento delle desquamazioni. Al soste­gno rigido d'altra parte viene sovente mossa l'obbiezione di formare intralcio per un'eventuale ulteriore manipolazione della superficie dipinta. Ritenere invece più difficile demo­lire un piano di masonite che una tela di canapa intrisa di caseato, quando questo risultasse necessario, è un errore, in quanto la durezza della tela è assai più irriducibile di quella della masonite che si taglia e si sfoglia fa cilmente.

Ma non è questa la sede adatta per sollevare discussioni e sostenere precisazioni su questo punto. Ci vogliamo limi­tare alla proposizione che abbiamo fatta di alcuni problemi fondamentali, rimandando al luogo e al momento idoneo gli ulteriori chiarimenti indispensabili. L. TINTORI

LA GALLERIA DI PALAZZO ROSSO RINNOVATA

L'ANNO 1961 segnava per Genova un avvenimento artistico di eccezionale portata: la riapertura al pub­

blico di Palazzo Rosso che concludeva nel migliore dei modi la lunga vicenda dei restauri della dimora dei

FIG. I - GENOVA, PALAZZO ROSSO - CORTILE

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FIG. 2 - GENOVA, PALAZZO ROSSO - ATRIO

FIG . 3 - GENOVA, PALAZZO ROSSO - SALONE (PRIMO PIANO)

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Brignole Sale, dal 12 giugno 1874 dive­nuta pubblico Museo per volontà della sua ultima munifica proprietaria, Maria Brignole Sale, Duchessa di Galliera. Si riapriva così una nuova confortante pa­gina della storia dell' importantissimo complesso, i cui lavori di ripristino, fra i più grandiosi di questo dopoguerra, de­liberati dopo lunghe trattative dall' Am­ministrazione Comunale di Genova nel luglio del 1953, si erano protratti inten­sissimi fino a tutto il 1960.

Tali lavori avevano interessato tanto le strutture murarie del Palazzo, le sue decorazioni ad affresco e a stucco, quanto le opere mobili in esso conte­n ute (ammontanti oggi a circa 44.000 tra quadri, sculture, disegni, stampe, mobili, stoffe, ceramiche, marmi, mo­nete) delle quali, come c'informa la Direzione del Museo, ben 2920 furono sottoposte in questa occasione a opera­zioni di restauro.

L 'attuale Palazzo Rosso, per merito soprattutto dell' intelligente, coraggiosa opera della D ott. Caterina Marcenaro, che ne ha ideato e diretto tutti gli im­mani lavori, coadiuvata da validi colla­boratori (fra i primi, l'architetto Franco Albini, al quale si devono i progetti), è ritornato quasi prodigiosamente al suo aspetto originario. Le sue forme ar­chitettoniche costituiscono un esempio tra i più completi dell 'edilizia barocca genovese, di quella edilizia che ha un posto a sè nella storia dell 'architettura nazionale. Gli elementi che ne costi­tuiscono il motivo determinante, dal­l'atrio al cortile alle ampie porte aperte sulle logge, alle frequenti alte finestre, attraverso cui circola aria e luce, sta­

FIG. 4 - GENOVA, PALAZZO ROSSO - GREGORIO DE' FERRARI : IL MITO DELL'ESTATE (AFFRESCO)

biliscono quel carattere particolare, esclusivo appunto del­l'edilizia genovese del cinque e seicento, imperniato su l'ininterrotto rapporto tra le strutture architettoniche e lo spazio esterno che le circonda, in pari tempo penetrandole.

Il Palazzo, sorto nel corpo nobile e in gran parte del fianco minore tra il 1671 e il 1677 sotto la guida del mae­stro comacino Matteo Lagomaggiore, Il veniva eletto a dimora privata dai proprietari Ridolfo e Giovan Fran­cesco Brignole Sale che vi si trasferivano dall'antica casa di Piazza Embriaci.

In che cosa consistano gli effettuati lavori di ripristi­no della ,. casa rossa" diremo brevemente, ricordando come fosse necessario rimediare, oltre ai danni bellici del 1942 (che fra l'altro avevano provocato lo sfonda­mento del tetto), alle antiche mano missioni, iniziatesi sin dal 1691. Da allora numerosi erano stati gli sposta­menti anche murari (1717), gravi le conseguenze del­l'incendio del 1719 e perturbatori dell'ordine originario i lavori interni condotti per un quarantennio, a partire

dal 1746, sotto la guida di Francesco Maria Cantone (al quale, fino ai recenti chiarimenti della Marcenaro, veniva erroneamente attribuita la paternità della prima costruzione) e dal successivo" maestro d'opera" Gaetano Cantone.

Nell'attuale occasione furono demolite tutte le aggiunte posteriori all 'edificio primitivo, dai soppalchi ai tramezzi che dividevano le sale, alle murature che fino al 1953 chiu­devano gli intercolumni, alla copertura in vetro del cor­tile. Nella ricostruzione, tanto rigoroso è stato il rispetto all'antica fabbrica da lasciar adito a pochissime conces­sioni arbitrarie, limitate alla conservazione della sette­centesca camera con l'alcova all'ultimo piano e alla nuova costruzione sia della scala est, sia del terrazzo a falde so­prastante il soffitto affrescato da Paolo Gerolamo Piola, onde meglio proteggerlo dall'umidità. Inoltre non tutte le finestre già chiuse vennero riaperte.

L 'austera facciata principale sulla via Garibaldi non lascia immaginare il giuoco di colonne, la prospettiva

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di loggiati, gli spazi aperti offerti all 'occhio del visitatore non appena varcata la soglia dell'ampio atrio (fig. 2), da cui si accede immediatamente al cortile (fig. l) e al giar­dino. La scala primitiva conduce ai due piani nobili del corpo centrale, nei riguardi dei quali era indispensabile orientare ogni restauro non solo secondo l'intento di rimetterne in luce i valori architettonici e decorativi, ma anche al fine di renderli il più possibile idonei ad accogliere la collezione (formata, nel nucleo essenziale, dalla dona­zione Galliera, da poche opere provenienti da Villa Cam­biaso e dal Legato Samengo, e da alcuni acquisti e doni recenti). È così che tutto l'interno, nonostante vi si tro­vino raccolti preziosi mobili, lampadari, candelabri, marmi ed affreschi, rispondendo appunto nell'allestimento alla principale funzione di porre dipinti ed oggetti nelle mi­gliori condizioni di leggibilità, costituisce una galleria museograficamente moderna.

Al primo piano nobile troviamo i dipinti. Dal salone (fig. 3) che contiene parte di quelli di scuola veneta (nella riproduzione si nota l" Adorazione dei Magi ' attribuita a Bonifacio Veronese) e il bellissimo' Ritratto' del Pisa­nello (col' Ritratto' del Durer una fra le opere più rare della Raccolta), si passa agli ambienti dedicati al Guer­cino, al Reni e ai numerosi genovesi, Cambiaso, Tavarone, Strozzi, Fiasella, Assereto, Grechetto, Guidobono, ai quali sono complessivamente dedicate quattro stanze. Per l'occasione, tutti i dipinti, molti dei quali avevano subìto riduzioni o aggiunte nel corso delle precedenti sistemazioni delle sale, sono stati restaurati.

AI secondo piano, dove un largo posto è riservato al Van Dyck con gli imponenti ritratti di patrizi genovesi, è particolarmente interessante la presenza sia di preziosi mobili e lampadari, sia di sculture in marmo, legno e ter­racotta che doçumentano un aspetto non del tutto margi­nale dell'arte locale, la ricchissima produzione degli Schiaf­fino, dei Parodi, del Maragliano.

Le decorazioni murarie contribuiscono ad accrescere bellezza e varietà agli ambienti, dilatandone per così di­re il respiro. Alle pareti troviamo gli affreschi di Barto­lomeo Guidobono, le prospettive di Antonio Hafner (sala 12) e di Nicolò Viviano (sale 16 e 17), i paesaggi di Antonio Fiasella (sala 19). Nelle volte, il ' Mito della Pri­mavera (sala 13) e dell'Estate' (sala 14, fig. 4), di Gregorio de' Ferrari, l" Autunno' e l" Inverno' di Domenico Piola (sala 15 e 16), la 'Vita dell'Uomo' e le 'Arti liberali' di Giovanni Andrea Carloni (sala 18 e 19), il' Tempio di Dia­na ' di Paolo Gerolamo Piola (Loggia 17), la ' Gioventù in cimento' di Domenico Parodi, dipinta nel 1736 a sostitu­zione del rovinato' Fiume di Vulcano' di Bartolomeo Guidobono, del 1691. Il complesso degli affreschi era ori­ginariamente assai più ricco. Peccato dover annoverare fra i perduti anche il ' Ratto delle Sa bine ' di Valerio Castello.

Ad un'ampia sezione di arti minori sono dedicati i tre piani del corpo sud del Palazzo, collegato a quello centrale dalla nuova scala. Ceramica di manifattura ligure, sculture minori, monete, pesi e misure trovano posto rispettiva­mente nei tre piani, entro eleganti vetrine a centro vano. Le stanze del grande ammezzato sono occupate da una sezione piuttosto vasta di Disegni e di Stampe, i primi quasi tutti di scuola genovese, le seconde di varie scuole,

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anche straniere, comprese tra il XVI e il XX secolo. No­tevolissima la Raccolta Cartografica e particolarmente importante per la storia di Genova quella Topografica, con le numerose' Vedute ' della città dal Rinascimento al secolo XIX. La medesima cura attenta, direi raffinatissima, che nulla ha trascurato nel corso del ripristino della se­zione principale, si estende anche ai settori secondari dell'articolato complesso, compresi i Depositi, gli Uffici, le sale destinate alle Mostre didattiche, agli schedari, ali' Archivio fotografico. L. MORTARI

I) Cfr. C. MARCE NARO, Un a fOnl e barocca Der l'archileteura orga nica: 1/ Palazzo Rosso di Geno va, in Paragone, 196 1, n. 139, pp. 24-49 e inoltre : La Galleria di Palazzo Rosso, Catalogo provvisorio a cura dell a Direzione Bell e Arti (con prefazione di C. Marcenaro). G enova, lu glio [961.

ATTIVITÀ DIDATTICA DELLA GALLERIA BORGHESE

N ELL' INTENTO di aprire ad un pubblico più vasto e meno preparato la conoscenza del Museo e dei suoi

problemi artlsttcl nel nostro tempo, ho iniziato nell'anno 1961 un'attività che solo per indicazione di massima posso chiamare didattica, perchè si è svolta in forma del tutto di volontariato, senza mezzi di alcun genere e col solo ausilio di una spontanea e calda adesione di alcune persone che vi hanno dedicato la loro opera e il loro tempo nel modo più disinteressato. Mi è stato primo efficace collaboratore il sig. Francesco Vincitorio, impiegato al Credito Italiano, ma che già nell' Associazione Storia e Arte aveva impegnato il suo entusiasmo di cultore d'arte.

Il sig. Vincitorio ed io abbiamo preparato con un corso durato tre mesi alcuni studenti liceali e universitari offer­tisi volontari, perchè potessero essere in grado, a loro volta, di guidare gruppi di lavoro nella Galleria Borghese. Questa preparazione ha subito avuto un effetto positivo sugli studenti stessi i quali si sono rivelati pieni di entu­siasmo e desiderosi di approfondire la conoscenza del­l'arte nei suoi molteplici aspetti, e si è formato così un gruppo molto vivo e pieno di interessi che non solo ha imparato a conoscere la Galleria Borghese, la sua storia e i suoi tesori, ma ha compiuto sotto la guida del sig. Vin­citorio e mia numerose visite ai Musei di Roma (ai Musei Capitolini, alla Galleria Doria Pamphili, alla Galleria Colonna, alla Galleria d'Arte Moderna), agli Scavi di Ostia Antica e alle Mostre romane (Rassegna delle Arti Figu­rative di Roma e del Lazio; Mostra della Bauhaus; Auto­strada del Sole). Questo gruppo di studenti, fino ad un massimo di 20 per volta, ha inoltre spontaneamente pro­vocato l'inizio d 'una specie di Seminario che si è svolto il giovedì sera, in concomitanza con l'apertura serale, e si è prolungato oltre l'apertura estiva con molto successo. Elenco qui sotto le conversazioni che sono state tenute in questo ultimo periodo da persone amiche, che volen­tieri hanno portato le loro esperienze artistiche a questo gruppo di giovani entusiasti:

1961 - 12 ottobre: Paola Della Pergola, "Gian-Lo­renzo Bernini" . - 19 ottobre : Francesco Vincitorio, " La Mostra del Mantegna " . - Federico Zeri, " Come

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