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Scuola Interateneo di Specializzazione per la formazione degli insegnanti della scuola secondaria SIS Corso per il conseguimento della specializzazione per il sostegno all’integrazione scolastica degli allievi in situazione di handicap a. a. 2007/2008 La finalità formativa dell’orientamento Specializzando: Rizzuto Daniela Paola Supervisore: prof.ssa Platano Donatella

La finalità formativa dell’orientamento · MODELLO TEORICO DI RIFERIMENTO E COLLEGAMENTO ALL’ATTIVITÀ ... Allora si fa avanti l’altra ipotesi che ho avanzato: lavorare sugli

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Scuola Interateneo di Specializzazione

per la formazione degli insegnanti della scuola secondaria SIS

Corso per il conseguimento della specializzazione per il sostegno all’integrazione scolastica

degli allievi in situazione di handicap

a. a. 2007/2008

La finalità formativa dell’orientamento

Specializzando: Rizzuto Daniela Paola Supervisore: prof.ssa Platano Donatella

INDICE GENERALE MAPPA CONCETTUALE pag. 1 DIARIO DI BORDO pag. 2 INDICE RAGIONATO pag. 12 MODELLO TEORICO DI RIFERIMENTO E COLLEGAMENTO ALL’ATTIVITÀ PROGETTATA pag. 21 DOSSIER DI DOCUMENTAZIONE pag. 28 Unità didattica “ ORIENTARE PER ORIENTARSI” pag. 28

Schema unità didattiche pag. 30

Materiali prodotti pag. 33

SCHEDE BIBLIOGRAFICHE pag. 52

MAPPA CONCETTUALE

- 1 -

la formazione personale

un processo di formazione

continua attraverso

famiglia

associazioni/enti/servizi

insegnanti

auto-ri orientamento

potenziamento della autonomia

fondato su

potenziamento delle capacità

cognitive e metacognitive

sviluppo delle abilità sociali

a realizzare il progetto di vita

scelte consapevoli

attraverso

la socializzazione

la professionalizzazione

conoscenza di sé e del contesto

orientamento

riguarda

diretto

DIARIO DI BORDO

Questo viaggio nella costruzione del portfolio parte da lontano, dall’inizio del corso SIS,

nel febbraio 2008, quando per la prima volta ne ho sentito parlare e ho saputo della sua

esistenza.

L’ho comunque rimosso, pensando di dovermene occupare al momento giusto, a

settembre, con l’inizio della seconda parte del corso.

04/09/08

Questo è il giorno in cui il termine portfolio è ricomparso nel nostro corso e questa volta

non come qualcosa di astratto, ma come una minaccia incombente. Se ne è parlato durante

il primo incontro con il supervisore del tirocinio, prof.ssa Platano, che ci ha illustrato il

percorso da seguire per la sua costruzione, cercando allo stesso tempo di farci capire di

che cosa si tratta.

Il lavoro dovrà dare un senso alle teorie e metodologie che abbiamo appreso nel corso

delle lezioni e dei laboratori, dovrà rendere esplicite le competenze acquisite, dovrà

stimolare la nostra riflessione.

Scopi ed obiettivi così indicati mi sono sembrati abbastanza chiari, almeno in aula, ma non

sono poi tanto sicura di saperli tradurre ed esplicitare in un portfolio. Devo riuscire a

dimostrare tutto questo costruendo qualcosa che non so bene se è una tesi come quella

fatta per la laurea, perché so che devo fare ricerca, ma forse non è proprio una tesi, è

qualcosa in più, qualcosa di nuovo, ed è questo che mi spaventa. Qui c’è un “indice

ragionato”, qui devo spiegare tutto quello che intendo fare e perché l’ho fatto, non è solo

un dimostrare di conoscere delle teorie. Devo saperle applicare al caso e al contesto giusto.

Mi sembra un vero “banco di prova”.

01/10/08

Incontro tra i corridoi dell’Istituto Levi con i supervisori.

Dalle nostre facce trapela la grande paura che ci aspetta per il lavoro del portfolio, dai

nostri sguardi emerge la confusione. Io non ho ancora idea di quale argomento scegliere.

Ho quasi paura di cercare su internet, di leggere documenti e appunti, perché mi rendo

conto che devo restringere il campo, prima di tutto nella mia testa.

- 2 -

- 3 -

Mi scorrono davanti una serie di lezioni ( nell’aula magna e nei laboratori del Levi), tante

parole, tanti concetti, tanti messaggi, tanti spunti, ma in questo momento non sono in

grado di scegliere.

È come se scorressero velocemente le scene e i titoli di coda di un film (la SIS) e io

cercassi di ricostruire questo puzzle dovendo dare un titolo al mio film. Mi manca ancora

la chiave di lettura.

08/10/08

L’incontro con l’allieva che seguirò nel tirocinio mi carica di ottimismo, forse è lei la mia

chiave di lettura. Sono sorpresa perché riesce a seguirmi bene, riesco subito a lavorare con

lei inserendomi nel percorso con la sua professoressa, la mia tutor.

Teresa è una alunna positiva che mi trasmette subito la voglia di fare, di osservarla un po’

sorpresa nel rapporto con i compagni, di ascoltare i suoi interventi. Le prime due ore in

classe passano velocemente. Comincia a nascere in me la certezza che sarà proprio

l’allieva a “suggerirmi” l’argomento del mio portfolio, perché è una ragazza con la quale

posso fare e dalla quale posso ottenere. Il mio ottimismo pedagogico è alle stelle.

Il percorso dell’allieva che mi illustra la tutor dimostra la di lei crescita personale,

didattica ed educativa, fatta di piccoli passi ma significativi.

Cerco di individuare qualche caratteristica su cui lavorare per elaborare un progetto.

L’incontro con Teresa mi infonde speranza non solo per la costruzione del portfolio, ma

per il mio futuro lavorativo insieme alle persone disabili.

Penso di aver trovato un senso profondo per quello che sto facendo e per quello che andrò

a fare.

21/10/08

Ho partecipato ad un incontro tra insegnanti, famiglie e formatori di un ente di formazione

professionale ed orientamento che sta facendo un corso nella scuola, al quale partecipa

anche Teresa. Sono curiosa di capire di che cosa tratta e alla ricerca di una qualche

ispirazione per concretizzare il mio intervento.

Il corso mira alla conoscenza di sé e delle proprie capacità, alla scoperta del mondo del

lavoro e delle sue regole, alla conoscenza dei settori professionali.

I ragazzi fanno anche delle esperienze di laboratorio nella sede dell’ente, svolgendo

ognuno una fase del processo produttivo nell’assemblaggio di componenti meccaniche.

- 4 -

Non so se lavorare sulla creazione di un curriculum oppure sullo sviluppo di interessi e

abilità di Teresa, cercando di capire quello che le piace fare adesso, per arrivare a scoprire

cosa vorrebbe fare da grande.

Potrei partire da qui per sviluppare il mio intervento attivo.

03/11/08

Il mio supervisore ritiene che un’unità didattica sulla creazione di un curriculum sia poco

spendibile per il futuro e lo sviluppo delle autonomie. Allora si fa avanti l’altra ipotesi che

ho avanzato: lavorare sugli interessi e lo sviluppo di abilità.

Sottopongo a Teresa e agli altri compagni, d’accordo con l’insegnante di classe, un foglio

con alcune domande da compilare su “La mia fotografia: come sarò a 25 anni. Aspetto

fisico, luogo, famiglia, lavoro, relazioni amicali, relazioni intime, scuola, hobby”.

Le risposte vengono poi lette in classe e si apre un confronto.

Teresa risponde entusiasta, sembra avere tante cose da dire. Emerge una certa sicurezza: a

quella età vorrebbe vivere con il suo ragazzo e non più con la famiglia, vorrebbe lavorare

in fabbrica a “smontare” macchine come la mamma oppure fare la maestra, occuparsi dei

più piccoli, vorrebbe frequentare amici allegri e continuare a coltivare tanti hobby.

La tutor mi fa leggere una recente valutazione logopedica e psicologica che riguarda le

abilità di apprendimento scolastico di Teresa. Sono state somministrate prove di III

elementare e si è constatato che la prestazione, anche autonoma, di Teresa migliora

quando si utilizzano delle specifiche strategie metacognitive. Si ritiene quindi utile l’uso di

tali strategie ai fini del potenziamento delle abilità di comprensione del testo in modo che

l’allieva possa essere guidata a riconoscere, selezionare e organizzare le informazioni più

importanti. Si suggerisce a tal fine l’uso di “uno schema standard , l’analisi del titolo con

relativa formulazione di ipotesi e previsioni rispetto al contenuto, la costruzione di uno

schema visivo del testo”.

In ambito logico-matematico si consiglia il metodo analogico-intuitivo per sviluppare oltre

alle abilità di calcolo anche le abilità di problem solving. Attraverso questo metodo si

tende a creare una struttura che funziona come una carta geografica e che permette

all’allievo di riconoscere quantità elevate in modo istantaneo, senza contare.

La tutor mi ha riferito che l’equipe, durante un colloquio informale, ha affermato che

Teresa ha buone possibilità di arrivare ad un livello di V elementare alla fine del percorso

scolastico.

- 5 -

19/11/08

Oggi ho partecipato ad un incontro molto significativo ai fini del tirocinio, della stesura

del portfolio e, soprattutto, della mia crescita professionale. Una riunione alla quale hanno

preso parte le insegnanti di sostegno di Teresa, la psicologa e la logopedista che la

seguono e una rappresentante dell’associazione down che l’allieva frequenta due volte a

settimana.

La psicologa ha evidenziato che la ragazza ha raggiunto obiettivi superiori alle aspettative

iniziali. Ha riferito che all’inizio Teresa si presentava agli incontri con un piano di

argomenti, sempre gli stessi ( festa di compleanno, lista invitati), che riportava in maniera

ripetitiva. Aveva l’esigenza di controllare l’ora per concludere l’incontro al più presto.

Adesso, ha riferito la psicologa, Teresa porta negli incontri più argomenti di condivisione:

i rapporti con la famiglia, con il papà ( io ho anche scoperto che il padre di Teresa ha

lasciato la famiglia poco tempo dopo la sua nascita). La ragazza fa molte domande sul

gruppo dei pari normodotati. Teresa, ha riferito la psicologa, prima aveva grosse difficoltà

legate al gruppo di appartenenza, adesso tende a sentirsi parte di coloro che hanno

difficoltà. Parla spesso dell’aula di sostegno della scuola, sostenendo che le piace

frequentarla e dice anche perché. Non è più spaventata di poterne fare parte.

Parla anche dei ragazzi dell’associazione down. La psicologa ha sostenuto che la ragazza

dice più cose che presuppongono delle abilità metacognitive. Spontaneamente parla del

padre, di tristezza, di disagi, di difficoltà quando si ritrova da sola senza il fratello, che in

genere la aiuta a programmare le attività. “È importante che parli, che si arrabbi e che non

faccia più muro di fronte a nuovi argomenti”, ha affermato la psicologa.

L’insegnante di sostegno ha parlato dello stage in un centro estivo fatto da Teresa come di

un’esperienza molto positiva. I bambini chiamavano Teresa maestra. Lei li accudiva: li

seguiva a tavola e li sgridava quando mangiavano con la bocca aperta, aspettava che

fossero seduti prima di sedersi, riusciva a distinguere i piatti dei bimbi da quelli dei grandi,

accompagnava i bambini più piccoli a lavarsi i denti passando loro lo spazzolino.

La rappresentante dell’associazione down ha detto che Teresa, all’interno della loro

organizzazione, è stata inserita in un gruppo di livello cognitivo superiore, al fine di poter

trarre stimolo dagli altri ragazzi e affinché, con la sua presenza, possa smussare gli

atteggiamenti di una ragazzina del gruppo dai modi esagerati. Pare che questo inserimento

funzioni, sia a livello cognitivo sia a livello di gruppo. All’interno dell’associazione la

ragazza sta seguendo anche il P.A.S. standard ( Programma di Arricchimento Strumentale)

con un’esperta di metodi cognitivi, una volta a settimana. Si tratta di un sistema

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applicativo del Metodo Feuerstein, basato sulla teoria della modificabilità cognitiva e

sull’esperienza dell’apprendimento mediato, formato da 14 strumenti in ambiti e situazioni

diversificate che mirano a sviluppare le funzioni cognitive. Teresa riesca a stare sullo

stesso piano degli altri perché entra in competizione, collabora, è attenta alla situazione e

partecipa. La ragazza ha fatto anche altri stages con l’associazione, partecipando a dei

campi estivi. Fa spesso anche delle uscite con gli adulti e, durante una di queste uscite, ha

riferito la rappresentante dell’associazione, si è comprata da sola, con i suoi soldi, un

coprispalle.

Oggi sono riuscita a conoscere davvero molto riguardo Teresa, la sua famiglia, i suoi

progressi. Mi ha colpito soprattutto l’aver visto dal vivo la “rete di sostegno” che sta

intorno all’allieva. Ho avuto la certezza che tanti percorsi, apparentemente diversi e

separati, fatti da persone diverse e in diversi contesti, siano diretti verso un unico fine: Il

progetto di vita di Teresa.

Ho chiesto alla rappresentante dell’associazione di poterla incontrare nella loro sede, in

modo da poter arricchire la mia conoscenza e ampliare la mia ricerca rispetto alla

Sindrome di Down e ai diversi e possibili percorsi formativi di integrazione sociale e

lavorativa che passano attraverso l’orientamento.

Stasera ho proseguito la ricerca su internet tra siti che riguardano la Sindrome di Down,

l’orientamento, l’alternanza scuola-lavoro. Ho cercato subito la legislazione per avere un

quadro normativo sull’argomento. Probabilmente a causa della mia formazione, mi sembra

che partire da una prospettiva giuridica sia importante anche al fine di poter riflettere sui

risultati ottenuti ad oggi riguardo alla formazione in situazione e sui possibili traguardi

ancora da raggiungere.

26/11/08

Ho fatto una scoperta interessante leggendo il POF della scuola che frequenta Teresa.

Nella parte relativa al Progetto sull’handicap “Autonomia verso….” , che raggruppa

diversi progetti sugli allievi disabili, uno mi ha colpito in modo particolare: PENSAMI

ADULTO / SCUOLA VITA ATTIVA. Che coincidenza! proprio ieri il supervisore mi ha

dato il libro “Pensami adulto” di N. Cuomo, dicendomi che avrei potuto trovare degli

spunti interessanti per il tema del mio portfolio.

Il progetto della scuola realizza, per ciascuno degli studenti coinvolti, un percorso

individualizzato di apprendimento delle competenze di base, delle regole, delle

responsabilità e delle dinamiche fondamentali del mondo del lavoro (con un insegnante

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esperto di un ente di formazione e tutto il gruppo dei docenti di sostegno). A seconda dei

casi, gli studenti saranno avviati alla frequenza di corsi prelavorativi, di stages aziendali,

di corsi professionali per studenti diversamente abili tra i 18 e i 25 anni, in collaborazione

con il Centro per l’Impiego, il Servizio d’Inserimento Lavorativo e la Provincia. Il fine è

quello di migliorare le capacità relazionali, di conoscere e prendere contatto gradualmente

con il mondo del lavoro, di acquisire gli strumenti utili all’integrazione nel mondo del

lavoro.

Il pomeriggio sono stata al Centro di documentazione e biblioteca pedagogica.

Le impiegate hanno cercato di aiutarmi nella ricerca, ma ho subito intuito che non era uno

degli argomenti più usuali tra le richieste. Ho ripetuto più volte “formazione in itinere,

stages, tirocini”, ma continuavano a portarmi libri sull’orientamento in uscita e sulla

ricerca del lavoro dei disabili.

Allora ho cercato da sola. Con grande sorpresa ho trovato pochi libri e quasi tutti

abbastanza datati. Niente sotto la parola stage, tutto troppo generico. Ho pensato che

potevo trovare qualcosa di recente in qualche rivista, ma non avevo neanche un titolo.

Prima di andare a fare ricerca, magari un po’ più documentata, mi ero fatta prendere

dall’ansia del “oggi devo andare in biblioteca a tutti i costi”.

Stasera mi ritrovo con tre libri e con la sensazione che non ho proprio quello che cercavo.

Mi rendo conto che devo limitare il campo della ricerca perché l’argomento è vasto e

potrebbe essere dispersivo.

Prossima tappa saranno il Ce.se.di. e l’associazione down, ove confido di trovare quello

che cerco.

04/12/08

Pomeriggio ho partecipato al tirocinio con il supervisore. Io ho fatto diverse domande sul

portfolio. Ieri sera avevo preso degli appunti su un foglio per paura di dimenticare alcuni

chiarimenti su passaggi che ancora mi sfuggivano. Ad ogni risposta ricevuta mi sono

sentita più tranquilla, anche se mi rendo conto che la mia ansia è dovuta anche agli aspetti

che riguardano la vera e propria “costruzione” del portfolio al computer. Appena il

computer mi dà qualche segnale strano mi agito, perché penso che il suo aiuto è davvero

indispensabile.

Anche stasera ho fatto una ricerca su internet. Ho trovato degli atti di un convegno e una

serie di altri atti relativi all’alternanza scuola-lavoro molto interessanti. In particolare, mi

ha colpito una parte che descrive un concetto di “alternanza” che esula da quella specifica

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prevista nella l. 53/03 e nel d.lgs. 76/05 e da intendersi come “realizzazione di un percorso

caratterizzato da più setting formativi in luoghi e situazioni diverse che producono un

effetto moltiplicatore dell’apprendimento”. Ho letto ancora dell’importanza della

“personalizzazione” dell’intervento di orientamento, che dovrebbe partire dalla ricerca

degli interessi e delle abilità proprie del soggetto, per poter indirizzare verso un lavoro il

più vicino possibile alle reali capacità dell’allievo, in particolare di quello disabile.

10/12/08

È mercoledì e mi assale il solito dubbio: lavorare per il portfolio o passare un pomeriggio

di relax. Sono andata al Ce.se.di. Anche in questa biblioteca ho trovato molti testi relativi

ad altri argomenti e ho fatto fatica a trovare dei testi e delle riviste interessanti per il mio

portfolio. I libri sono sempre datati, quindi mi rendo conto che per avere riferimenti più

recenti, anche alla luce degli ultimi interventi normativi, devo cercare su riviste e tra atti di

convegni.

Ho trovato però una monografia interessante scritta dalla prof.ssa M. Pavone sulla rivista

“L’integrazione scolastica e sociale” sul “Progetto di vita per lo studente disabile” e un

articolo di L. D’Alonzo su “ La scuola e la preparazione alla vita della persona con

disabilità”.

Dovrò comunque ritornare per consultare altre riviste. Il tempo è sempre troppo poco

quando ci si perde tra gli scaffali e tra le pile di libri che, spesso, solo dopo averli

consultati, risultano poco attinenti all’argomento da trattare.

15/12/08

Sono ritornata al Ce.se.di. per consultare altri testi e alcune riviste. La ricerca è un po’

difficile perché c’è qualche testo sull’alternanza scuola- lavoro e sull’orientamento in

generale, ma niente con riferimento agli allievi con ritardo mentale. In molti casi il

riferimento non emerge direttamente dal titolo e quindi bisogna consultare i libri in modo

approfondito.

Ho chiesto un incontro con il mio supervisore per capire se sto procedendo bene nella

costruzione del mio portfolio, ho predisposto una scaletta per orientarmi nel lavoro e da

sottoporre a lei per indicarle il percorso che ho pensato di seguire.

- 9 -

18/12/08

Sono andata a parlare con il supervisore e ho fatto bene. Stasera mi sento un po’ più

sollevata. Mi ha indicato altri siti interessanti che si occupano di orientamento e ha sciolto

alcuni dubbi che avevo riguardo all’intervento attivo che sto facendo con l’allieva.

Sto lavorando sullo sviluppo delle abilità sociali, in particolare dell’autonomia relazionale,

ho cercato di rendere esplicita e di formalizzare un’attività prendendo spunto dalla

naturale predisposizione di Teresa ad occuparsi e a guidare gli altri. “Orientare per

orientarsi”, utilizzare il lavoro svolto con gli altri ragazzi come uno strumento per

accrescere la sua autonomia e sviluppare le sue capacità di relazione e di comunicazione.

Sono anche andata in una libreria, specializzata in testi di psicologia, dove ho trovato un

libro interessante “Cercare e cercarsi” a cura di Andrea Varani, che avevo un po’ sfogliato

su internet e che potrebbe essere il testo base da cui partire per sviluppare la teoria di

riferimento.

02/01/09

Ho impostato l’indice generale del portfolio e le pagine relative alle singole sezioni, ho

bisogno di avere uno schema e di iniziare a vedere le parti “costruite” e quelle ancora da

realizzare per dare un taglio organico al lavoro. Ho cercato di rendere più comprensibile

l’unità didattica e ho iniziato a leggere in modo più approfondito qualche testo e alcuni

articoli pubblicati su riviste. Più leggo e più sono confusa perché ho la sensazione che

tutto può fare parte della teoria che andrò a sviluppare. Ho deciso di cominciare a scrivere

per fissare alcuni concetti senza dover riprendere ogni volta i libri in mano. Per adesso,

quindi, la teoria di riferimento è un insieme di concetti e citazioni da riordinare e,

sicuramente, integrare, considerato che devo ancora leggere altri testi.

In contemporanea sto scrivendo le schede bibliografiche, mi sono resa conto che è

importante farlo di seguito alla lettura del testo, perché il materiale è tanto ed è essenziale

fissare subito i concetti, così come è importante scrivere sempre appunti e note per non

dimenticare i passaggi chiave.

12/01/09

“Centro di formazione permanente”, così è scritto sulla porta dell’associazione down dove

sono stata oggi.

Ho avuto subito la sensazione di un luogo che rappresenta un vero punto di riferimento,

per i ragazzi che lo frequentano e per le loro famiglie. Nell’attesa del tecnico con il quale

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avevo appuntamento, mi sono passati davanti tanti ragazzi dall’aria felice, che sembrava

avessero tante cose da raccontare su quello che avevano appena fatto, al genitore o al

nonno che li attendeva.

All’associazione è un susseguirsi di laboratori, dalla danza alla musica, a quelli precipui

per sviluppare capacità cognitive o relazionali.

Ho saputo che hanno fatto un laboratorio, al quale ha partecipato anche Teresa, proprio

sul riconoscimento delle emozioni, sul loro controllo, sulla capacità di contestualizzare le

proprie emozioni e di contestualizzare quelle altrui, sulla capacità di ritrovarle nelle

proprie esperienze e, soprattutto, sulla capacità di riuscire a generalizzarle.

Il richiamo alla mia ricerca sull’orientamento, fondata su un approccio “costruttivista”,

che esalta soprattutto la sfera emozionale, è stato immediato. Con il tecnico abbiamo

convenuto che lo sviluppo di tali abilità è propedeutico a qualsiasi inserimento lavorativo.

«Orientamento è però “accompagnare” e non sostituire, come spesso avviene» ha ribadito

il tecnico e mi ha raccontato di tante esperienze, anche scolastiche, nelle quali non si aiuta

veramente il disabile a capire la ragione di certi comportamenti e di varie situazioni,

lasciando che tragga conclusioni sbagliate. Il ragazzo deve essere guidato a capire la

ragione vera ed elaborare. Questa sua “formazione”, questo suo essere “orientato”

rappresenta una base essenziale per divenire adulto e per essere capace di svolgere

un’attività lavorativa.

Anche qui il richiamo al “ruolo attivo e centrale” del soggetto, come colui che deve essere

guidato a scoprire e capire la realtà esterna è immediato.

Prima di congedarci, il tecnico mi ha consegnato «Le linee guida per l’inserimento

lavorativo», tracciate dal gruppo di lavoro ”Inserimento lavorativo” del Coordinamento

Nazionale Down. Tali linee offrono dei validi elementi di aiuto a famiglie e associazioni

per orientarsi tra le proposte lavorative esistenti e per progettare i propri percorsi e le

proprie soluzioni. Sono divise in tre parti: l’aspetto pedagogico, che suggerisce percorsi

educativi familiari finalizzati a comportamenti adeguati ad una realtà lavorativa; l’aspetto

tecnico, che illustra la metodologia per l’acquisizione di abilità sociali utili per

l’inserimento lavorativo; l’aspetto politico-normativo, che dà informazioni su

adempimenti burocratici e su come muoversi per l’inserimento lavorativo.

Ho avuto la sensazione di avere trovato tante conferme al lavoro che sto facendo, che in

questo momento mi appare come un insieme di linee tracciate, parti di un disegno, che via

via sta prendendo forma.

- 11 -

08/02/09

La scorsa settimana ho concluso l’indice ragionato e le schede bibliografiche. Sono

rimasta sorpresa dalla velocità acquisita nel leggere dei testi o parte di essi, probabilmente

anche spinta dal fatto che devo ottimizzare i tempi.

Oggi ho fatto la mappa concettuale, sulla quale mi sono soffermata a lungo, perchè ritengo

una parte importante del portfolio, direi rappresenta il “bigliettino da visita” del lavoro

svolto.

Spero di essere riuscita a chiarire i concetti relativi alla tematica prescelta.

Ho inviato al Supervisore il titolo del portfolio, che sono riuscita a focalizzare meglio

proprio facendo la mappa.

Il titolo è: “La finalità formativa dell’orientamento”.

Oggi si conclude questo percorso interessante ma impegnativo.

- 12 -

INDICE RAGIONATO L’indice è suddiviso in tre sezioni che ripercorrono il percorso seguito nell’elaborazione

della teoria di riferimento.

La prima sezione è composta da testi di carattere generale, riferiti sia ai soggetti

normodotati sia ai soggetti disabili; la seconda è costituita da argomenti che richiamano le

buone prassi e le esperienze in contesti lavorativi, con riferimento alle persone disabili; la

terza è formata dalle Linee guida per l’inserimento delle persone con sindrome di Down

nel mondo del lavoro a cura del Coordinamento Nazionale Associazione Down e da un

Progetto, che rappresenta un “modello” di inserimento dell’alunno disabile in azienda.

Entrambi i documenti possono rappresentare validi punti di riferimento per quanti si

occupano di formazione e di orientamento fuori e dentro la scuola.

In questa ultima parte ho cercato di dare una prospettiva più ampia sulle varie attività di

orientamento, realizzate anche in contesti diversi dalla scuola, quali le associazioni, o ,

come nel caso del Progetto, ho voluto sottolineare l’importanza di realizzare percorsi che

coinvolgano in modo attivo tutte le risorse che stanno intorno all’allievo disabile: famiglie,

insegnanti, servizi, enti.

I suggerimenti ivi contenuti possono comunque rappresentare un valido aiuto per noi

insegnanti che, direttamente o indirettamente, svolgiamo anche il ruolo di orientatori.

- 13 -

PRIMA SEZIONE - PARTE GENERALE

DOC. 1 RIF. N. 1.1

Testo:

VARANI A. (a cura di) (2006), Cercare e cercarsi, Erickson, Gardolo-Trento

Ho consultato questo testo su internet, sul sito della casa editrice, sfogliando alcune

pagine e poi l’ho comprato in una libreria specializzata in testi di psicologia, ritenendolo

un valido punto di partenza e di “orientamento” per elaborare la teoria di riferimento.

Partendo da una visione dell’orientamento come specchio di una società in continua

evoluzione, attraverso un excursus delle teorie che si sono succedute, si arriva al concetto

di “orientamento costruttivista”, secondo cui il soggetto è elemento attivo e centrale del

proprio percorso e la sua dimensione emotiva prevale su quella logico-razionale.

Mi ha colpito l’approccio, che si inserisce nel tema più generale della didattica

costruttivista, caratterizzata da processi di costruzione e non di riproduzione della

conoscenza.

È emblematica l’immagine del docente visto come “costruttore di ambienti di

apprendimento” in cui l’allievo può autodeterminare, attraverso la molteplicità di strade

percorribili, il suo percorso. È significativa l’idea dei percorsi di orientamento come

possibili “esperimenti d’identità”.

DOC. 2 RIF. N. 1.2

Testo:

FRISO G., TASSAN SOLET L. (1994), Orientamento scolastico professionale.

Percorso formativo per gli alunni in difficoltà, Erickson, Gardolo-Trento

Ho consultato questo testo al Centro di Documentazione e Biblioteca pedagogica di

Torino e, nonostante non fosse di recente pubblicazione, ho deciso di inserirlo tra i testi di

riferimento nella parte generale, perché ho trovato comunque descritto un quadro molto

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completo degli aspetti che ruotano intorno all’orientamento e inserite delle tematiche che

risultano ancora oggi di grande attualità.

L’orientamento come sviluppo di abilità decisionali che fa parte del progetto di vita, è un

processo che inizia in famiglia, continua a scuola per andare oltre, fino all’inserimento

lavorativo.

È interessante il valore che si dà al lavoro nella sua dimensione reale, al fine di far

superare al disabile quel senso di impotenza di cui spesso è pervaso, oltre che esperienza

necessaria al fine dello sviluppo di abilità interpersonali.

DOC. 3 RIF. N. 1.3

Relazione:

Nota L., “Abilità sociali e ritardo mentale”, in

http://www.cdcmacerata.it/public/files/relazioneNota.pps

Ho inserito a questo punto la relazione di Nota, parte degli atti di un convegno, perchè

introduce il tema della carenza di abilità nelle persone con ritardo mentale, soffermandosi

in particolare sull’importanza di potenziare le abilità relazionali, che è uno degli aspetti

sviluppati nel mio intervento di tirocinio attivo. Si sottolinea l’utilità di tale potenziamento

sia al fine di un buon inserimento lavorativo sia al fine di incrementare la soddisfazione in

ambito lavorativo.

DOC. 4 RIF. N. 1.4 Articolo:

PAVONE M. (2008), “ Il progetto di vita per lo studente disabile”, in L’integrazione scolastica e sociale, 7/2 aprile, Erickson, Gardolo-Trento Ho ritenuto importante inserire questo articolo, consultato al Ce.se.di. di Torino e che fa

parte di una monografia, per richiamare l’attenzione verso i “bisogni” delle persone

disabili, prima di parlare, come dice l’autrice, dei loro problemi.

- 15 -

Questo articolo introduce, inoltre, nel tema da me affrontato, una nota di speranza quando

fa riferimento all’ “adultità possibile” e alla “normalità”, anche se con un forte richiamo

alla qualità degli interventi e ad una progettualità non settoriale ma sinergica.

DOC. 5 RIF. N. 1.5

Articolo:

D’ALONZO L. (2008), “ La scuola e la preparazione alla vita della persona con disabilità”, in L’integrazione scolastica e sociale, 7/2 aprile, Erickson, Gardolo –Trento “L’efficacia pedagogica dell’operare” mi riporta, a questo punto del mio lavoro, al

discorso sullo sviluppo delle abilità, che secondo l’autore deve procedere attraverso il

«fare».

Si vuole ricordare, nell’articolo e in parallelo nella tematica affrontata, il limite evidente

della scuola, cioè la preparazione alla vita.

Si vuole sottolineare che per il disabile è necessario sollecitare continuamente le sue

abilità e che molte abilità possono essere comprese e sviluppate solo conoscendo le

dinamiche lavorative, quindi operando in contesti reali.

- 16 -

SECONDA SEZIONE – BUONE PRASSI

DOC. 6 RIF. N. 2.1

Articolo:

PAVONE M. (2004), “L’integrazione scolastica e sociale delle persone con deficit “in situazione di gravità””, in APPUNTI sulle politiche sociali n. 1 http://www.edscuola.it/archivio/handicap/integrazione_scolasticahtm In apertura della sezione dedicata alle buone prassi e alle esperienze di percorsi formativi e

lavorativi richiamo un articolo che ho consultato sul sito di Educazione&scuola, che

rappresenta, secondo me, una premessa per introdurre i testi riferiti ad alcune realtà che

vedono i soggetti disabili protagonisti di buone prassi di integrazione lavorativa.

L’articolo, inoltre, rappresenta un riscontro positivo all’impegno profuso da coloro che si

occupano di formazione dentro e fuori la scuola.

L’autrice, nel soffermarsi sulla valenza multidimensionale del concetto di “gravità” nelle

persone disabili e nell’asserire la relatività di tale attributo, ribadisce che la “gravità” non

risiede solo nell’ individuo, ma spesso si origina dall’interazione tra individuo e ambiente,

provocata da carenze, disservizi, pregiudizi culturali.

Per dimostrare tale assunto si richiama la pluridecennale evoluzione del processo di

integrazione scolastica e sociale dei ragazzi Down, che dimostra come proprio questi

soggetti, se opportunamente seguiti con interventi qualificati, raggiungono buoni livelli di

maturazione, di integrazione sociale, di inserimento lavorativo.

La “situazione di gravità” dei Down è stata introdotta da una legge finanziaria (2003)

solo, secondo l’autrice, per ragioni di carattere amministrativo/organizzativo, in modo che

anche le persone con sindrome di Down avessero delle priorità nella erogazione di servizi,

ai sensi della Legge quadro sull’handicap ex art. 3 Legge 5 febbraio 1992, n.104.

DOC. 7 RIF. N. 2.2

Testo:

MAAG G., OLIVA V. (2007), 21 Una parte di mondo, S.Gagliotta Editore, Napoli Questo libro mi è stato suggerito dal docente accogliente della scuola dove ho svolto il

tirocinio.

- 17 -

Ho citato tra i 21 racconti quello che si riferisce alle difficoltà incontrate da Giuliana, una

ragazza con sindrome di Down, ad inserirsi in un contesto lavorativo.

La sua storia di formazione passa da uno stage organizzato dal comune che si è rivelato

fallimentare.

Ho voluto citare tale storia per mettere in evidenza che, ai fini di una efficace percorso di

formazione e orientamento, non è sufficiente cercare una “qualsiasi occupazione”, mentre

è necessario tenere conto che possono essere previsti tempi più lunghi, che bisogna partire

dalle capacità e che solo allora si può lavorare, attraverso la sperimentazione in contesti

reali, sul potenziamento delle abilità.

Bisogna consentire a qualsiasi persona e ai soggetti con ritardo mentale in particolare, di

“imparare a lavorare” per poi eseguire un lavoro specifico.

Trovare un lavoro qualsiasi, non sentirsi veramente utili in quello che si sta facendo è

negativo e demotivante per tutti, per persone con ritardo mentale può essere devastante,

considerata la loro difficoltà a cogliere la molteplicità degli aspetti di una determinata

situazione.

La storia si conclude, comunque, con Giuliana all’età di trenta anni al lavoro in una grande

multinazionale che si occupa di ristorazione, soddisfatta per aver trovato finalmente il

”suo” lavoro e che, nei momenti in cui si accorge di avere fatto bene una certa operazione,

esprime con orgoglio la sua gioia.

DOC. 8 RIF. N. 2.3

Testo:

CUOMO N. (1995), Pensami adulto. Esperienze e riflessioni pedagogiche per

l’integrazione degli handicappati nella scuola media superiore, Utet, Torino

“Pensami adulto” vede il progetto educativo in una dinamica proiettiva, in una prospettiva

caratterizzata da proposte didattiche in visione del futuro.

Il libro, come dice lo stesso autore, può essere una fonte di stimoli e suggerimenti per tutti

coloro che operano in ambito scolastico.

Il testo mi è stato consigliato dal supervisore del corso di sostegno con l’intento di

aiutarmi a trovare degli spunti per elaborare la tematica da me scelta sui percorsi di

orientamento e si è rivelato utile anche per il mio lavoro di insegnante.

- 18 -

Vengono proposti dei percorsi didattici innovativi, anche utilizzando strumenti

multimediali, che consentono di sviluppare le capacità di persone disabili in vista di un

futuro inserimento lavorativo.

L’analisi dell’autore parte dall’”interrogare l’esperienza” ed è permeata dal continuo

rimettersi in discussione nella sperimentazione e nella verifica sul campo.

Vengono riportate storie di successi, ma anche le difficoltà e gli errori commessi durante i

percorsi, perché, come dice l’autore, non si sono voluti “ripulire” gli interventi educativo-

didattici: ciò per consentire al lettore una ricostruzione significativa e quindi utile

dell’esperienza.

Questo è l’aspetto che ho trovato interessante: le buone prassi nascono dall’esperienza, ma

davanti ad ogni caso si possono aprire molteplici scenari e allora il formatore/orientatore

deve sì osservare, ma anche svolgere un continuo lavoro di ricerca, che alla fine si rivela

utile anche per le persone “normali”.

- 19 -

TERZA SEZIONE - LINEE GUIDA SULL’ORIENTAMENTO E PROGETTO DI

INSERIMENTO ALUNNO DISABILE IN AZIENDA

DOC. 9 RIF. N. 3.1

Gruppo di lavoro “Inserimento lavorativo” (a cura del) del Coordinamento Nazionale

Associazioni delle Persone con Sindrome di Down, “Le persone con sindrome di Down e

il mondo del lavoro” (linee guida per una riflessione), in

http://www.coordinamentodown.it

Ho letto con molto interesse le «Linee guida per l’inserimento lavorativo», tracciate dal

gruppo di lavoro ”Inserimento lavorativo” del Coordinamento Nazionale Down e

indicatemi in occasione della mia visita all’Associazione down. Dal testo si evince

immediatamente che è un lavoro nato dall’esperienza e dal confronto tra i vari soggetti

coinvolti: famiglie, associazioni, operatori e persone con sindrome di Down che lavorano

o che cercano un’occupazione.

Ritengo tale documento uno strumento utile per orientare le famiglie e i soggetti coinvolti

tra le proposte esistenti e per aiutarle a progettare i propri percorsi e le proprie soluzioni.

Mi sembra inoltre un testo completo perchè:

• si rivolge alle famiglie, suggerendo loro un modello educativo propedeutico ad

un’attività lavorativa futura, tacciando l’iperprotezionismo e partendo dall’assunto

che “l’educazione è un processo che inizia dalla culla” e che in ambito familiare si

sviluppano quei prerequisiti indispensabili per le abilità funzionali di vita;

• indica metodi per l’acquisizione di abilità sociali utili per l’inserimento lavorativo,

insistendo sulla necessità dei percorsi di orientamento e accompagnamento, ma

anche sulla necessità di creare modalità di collaborazione tra servizi e aziende, utili

anche per accompagnare queste ultime nelle diverse fasi dell’inserimento

lavorativo;

• non tralascia l’aspetto politico-normativo, indiscutibile bagaglio culturale per

muoversi in modo consapevole nella ricerca di un’ attività lavorativa.

- 20 -

DOC. 10 RIF. N. 3.2

Progetto:

Caldin R., Cavalluzzo M.R., “PROGETTO M.I.D.A. Modello per l’Inserimento

dell’alunno Disabile in azienda”, in http://www.outcome-

evaluation.org/eusarf2008/presentations/

Durante la ricerca di documenti e atti su internet ho trovato questo progetto e mi è

sembrato originale e innovativo, perché si rivolge, non solo agli allievi disabili,

prevedendo uno stage in azienda, ma anche alle loro famiglie e agli insegnanti, che

diventano quindi co-destinatari degli interventi di orientamento e formazione.

Si parla infatti di una “presa in carico” preventiva e promozionale dei genitori degli

studenti, che si traduce in incontri con facilitatori esperti, allo scopo di rafforzare la loro

autonomia e le loro competenze, di renderli capaci di gestire autonomamente i problemi,

di coinvolgerli attivamente nella futura collocazione dei loro figli.

Si chiede ai genitori di compilare, alla fine del percorso, dei questionari di gradimento, per

indicare i punti di forza e i punti di debolezza incontrati nel percorso di formazione e si

chiede anche di portare le loro eventuali richieste davanti alle istituzioni.

Si fa riferimento ad una “presa in carico” degli insegnanti con l’obiettivo di consolidare la

loro azione.

- 21 -

MODELLO TEORICO DI RIFERIMENTO E COLLEGAMENTO ALL’ATTIVITÀ PROGETTATA

Il concetto di orientamento è profondamente mutato nel corso degli ultimi anni,

probabilmente condizionato dai notevoli e veloci cambiamenti dei contesti economici e

sociali.

La dimensione prevalentemente autorientativa tipica degli anni Novanta è stata sostituita

dalla finalità essenzialmente formativa dell’orientamento, rivolta a potenziare le capacità

degli studenti, a guidarli e stimolarli, a fare in modo che conoscano non solo loro stessi,

ma anche il contesto ambientale e culturale in cui vivono, al fine di metterli “in grado di

fare scelte responsabili e di vivere coerentemente con esse1” .

Scelta consapevole significa non lasciarsi condizionare da fattori esterni, quali il mondo

culturale di provenienza, le attese della famiglia, ma “prestare ascolto” alle proprie

capacità, ai propri interessi e alle proprie attitudini.

Nel 1998 C. Castelli e L. Venini2 hanno classificato cronologicamente gli

approcci sull’orientamento in cinque fasi fondamentali:

1. Diagnostico-attitudinale, si cerca di far coincidere le attitudini individuali con le

richieste di una certa posizione lavorativa;

2. Caratteriologico-affettiva, si pone l’accento sull’interesse professionale, non basta

“saper fare” ma bisogna “avere il piacere di fare”;

3. Clinico-diagnostica, si fanno emergere le motivazioni profonde di una persona per

trovare la professione più adatta, trascurando però il contesto in cui l’individuo si trova.

Nell’ottica di queste teorie è evidente il ruolo passivo dell’individuo e quello preminente

dell’orientatore.

Proprio per superare questi limiti sono stati individuati approcci più recenti:

4. Maturativo-personale, l’auto-orientamento, nel quale si aiuta il soggetto a “saper fare

una scelta”, fornendogli gli strumenti per capire il mondo che lo circonda;

5. Globalistico-interdisciplinare, modello in cui confluiscono i precedenti principi teorici e

che considera l’orientamento come una sintesi di bisogni, interessi, attitudini e conoscenza

della realtà esterna.

1 VIGLIETTI M. (1989), L’orientamento: modalità educativa permanente, SEI,Torino 2 CASTELLI C., VENINI L. (1998), Psicologia dell’orientamento scolastico e professionale, Franco Angeli, Milano

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Il concetto di orientamento, secondo l’approccio costruttivista3, deve andare ancora oltre

tali dimensioni, soprattutto ponendo al centro l’individuo e il suo progetto di vita in una

prospettiva di longlife learning. L’orientamento è un processo di formazione continua, che

investe il processo di maturazione del soggetto e che si snoda in un costante percorso di

auto-ri-orientamento, nel quale, secondo Evangelista4 (2003), orientando e orientatore

operano una “validazione consensuale” delle alternative possibili. In questa nuova

prospettiva emerge l’importanza di far ricoprire al soggetto un ruolo centrale e attivo, che

significa non adattarsi semplicemente alla realtà, ma prendere coscienza in modo critico di

quello che essa offre. Emerge, inoltre, la rilevanza di creare, ma, soprattutto, di

“mantenere” un’identità personale di fronte ai grandi e veloci cambiamenti del contesto

attuale.

Secondo Friso e Tassan Solet5 la funzione orientativa deve investire il processo educativo

nella sua globalità, anche se una finalità generale dell’orientamento è quella di fornire

strumenti cognitivi, metacognitivi ed emotivi per arrivare ad una scelta professionale.

Quindi l’orientamento non può che collocarsi nell’ambito dell’educazione ed ha come

focus il processo decisionale. Parlare di orientamento da un punto di vista educativo

significa infatti sviluppare le abilità necessarie all’attivazione di processi decisionali. Friso

e Tassan Solet sostengono, inoltre, che l’insegnante deve individuare obiettivi

“socialmente spendibili” e lo studente deve far suo ciò che ritiene importante e utile per la

sua crescita.

Una buona programmazione didattico-educativa della scuola si interseca, quindi,

inevitabilmente, con il progetto di ogni alunno.

Sostiene ancora Friso che, nel contesto scolastico, tutte le discipline concorrono

all’autorientamento se utilizzate per aiutare l’alunno a conoscersi, autovalutarsi e acquisire

abilità sociali e che di conseguenza tutti gli insegnanti dovrebbero possedere capacità di

ascolto, di tutoring e di counseling.

Secondo la teoria costruttivista seguita da Varani non è però sufficiente agire solo sul

piano cognitivo-razionale, ma è necessario agire anche sulla dimensione emotiva. Si parla

3 VARANI A. ( a cura di) (2006), Cercare e cercarsi, Erickson, Gardolo-Trento 4 EVANGELISTA L. (2003), http://www.orientamento.it, 5 FRISO G., TASSAN SOLET L. (1994), Orientamento scolastico professionale, Erickson, Gardolo-Trento�

- 23 -

di “intelligenza emotiva”( Salovey 1997)6 come sintesi dell’intelligenza intrapersonale e

di quella interpersonale ( Gardner)7, che racchiude in sé:

� la conoscenza delle proprie emozioni

� il controllo delle emozioni

� la motivazione di se stessi

� il riconoscimento delle emozioni altrui

� la gestione delle relazioni

Gestire positivamente le proprie emozioni, tanto interiormente quanto nelle relazioni

sociali, secondo questo approccio, sembra determinare la riuscita sociale di un soggetto

più della sue capacità intellettive. Si parla di QE “quoziente emozionale” al posto del QI

“quoziente intellettivo”, di cui si mette in evidenza la parzialità, per l’alto grado di

imperfezione, e la scarsa predittività. Il QI può prevedere la prestazione scolastica di una

persona , ma non va oltre.

Greenspan8 nel 1999, riferendosi ad una della principali caratteristiche delle persone con

disabilità intellettiva, definisce scarsa “intelligenza sociale” la scarsa capacità e/o

l’inefficacia nella gestione della situazioni interpersonali.

Nota, citando vari autori, afferma che, per facilitare i processi di integrazione, sembra

ormai superato il costrutto dell’adattamento a favore di costrutti come quello delle abilità

sociali, che consentono di vedere l’interdipendenza tra individuo e ambiente e quindi di

suggerire ambiti di intervento. La presenza di competenza sociale, oltre che garantire

maggiore autonomia di vita, facilita la ricerca e il mantenimento del posto di lavoro.

I deficit della abilità sociali riguardano la mancanza di conoscenze e abilità, la mancanza

di “pratica “ ed esercizio, la povertà di stimoli negli ambienti frequentati, la mancanza o l’

esigua presenza di rinforzi.

Tra le abilità sociali troviamo anche quelle per l’avvio di relazioni sociali con coetanei in

un contesto scolastico e con i colleghi e i datori di lavoro.

Le abilità sociali vengono definite da Nota come quella ampia gamma di comportamenti

che consentono agli individui di interagire efficacemente con gli altri, di riconoscere e di

rispondere agli stimoli sociali, di avere prestazioni adeguate in una data situazione, di

rispondere alle richieste dei contesti.

6 SALOVEY P. et al. (1997), Emotional development and emotional intelligence: educational implications, Basic Books, New York 7 GARDNER H. (1993), Intelligenze multiple, Anabasi, Milano

8 NOTA L. , Relazione Abilità sociali e ritardo mentale, in “Social ability evaluation in Aduls with mental Retardation”, in http://www.cdhmacerata.it/public/files/relazioneNota.pps

- 24 -

Pavone9, riferendosi alle persone disabili, ritiene che comunque bisogna partire prima di

tutto dai loro bisogni per poi arrivare a risolvere i problemi, altrimenti si rischia di trattarli

come “non-persone”. Richiama la loro “adultità possibile”, il “progetto di vita”, la

“normalità”, intesa come diritto e possibilità effettivi di accedere ai ruoli c.d. normali,

quello di studente che apprende, di lavoratore che contribuisce alla produzione, quello di

persona che partecipa alla vita sociale. Soddisfare questi bisogni implica conoscere la

specificità di ogni persona e realizzare il progetto di vita.

L’autrice sottolinea l’importanza di curare la qualità delle azioni educative, didattiche,

riabilitative, assistenziali, per non cadere nell’immobilismo e nell’iperprotezionismo, che

spesso producono i loro effetti proprio alla fine del percorso scolastico, quando l’allievo

dovrebbe inserirsi in un contesto lavorativo e sociale. È allora che si verifica, spesso, una

regressione e una caduta improvvisa della progettualità. Da qui la necessità di un progetto

di vita adulta più concreto, di programmazioni ben orientate, che prendano in

considerazione tutte le dimensioni che riguardano la persona.

Nel corso della vita di una persona disabile, aggiunge Pavone, è importante mantenere una

visione progettuale aperta, per favorire la creazione di prospettive di adultità e opportunità.

D’Alonzo10 sottolinea l’importanza di un corretto indirizzo formativo per la persona

disabile, affinché possa sviluppare le abilità necessarie a raggiungere la libertà personale e

l’autonomia. Egli sostiene che lo sviluppo delle abilità funzionali ad un’autonomia di vita

concreta deve passare dalla sperimentazione. L’allievo deve poter sperimentare il

“sapere” facendo.

Anche per Friso e Tassan Solet va valorizzata la dimensione della progettualità. L’alunno

deve giungere gradatamente a ipotizzare e perseguire lo sviluppo di un progetto personale

di vita, quale soggetto attivo che esprime delle potenzialità.

La persona disabile, che, secondo Friso, trova anche nel lavoro un motivo di

soddisfazione, deve comunque poter sperimentare una serie di attività in situazioni

reali, per essere guidato meglio verso attività che si conciliano con la sua disabilità e per

riuscire a superare le innegabili difficoltà nella scelta lavorativa.

Secondo questo autore la dimensione concreta del lavoro contribuisce inoltre a migliorare

l’immagine di sé, spesso svalutata dalla famiglia o dalla scuola, che in molte occasioni

tendono a sostituirsi al soggetto.

9 PAVONE M. (a cura di) (7/2 aprile 2008), “Il progetto di vita per lo studente disabile”, in L’integrazione scolastica e sociale, Erickson, Gardolo-Trento 10 D’ALONZO L. (7/2 aprile 2008), “La scuola e la preparazione alla vita della persona con disabilità”, in L’integrazione scolastica e sociale, Erickson, Gardolo-Trento

- 25 -

D’alonzo afferma che un limite della nostra scuola è proprio la preparazione alla vita. Si

conclude la scuola senza aver imparato le abilità necessarie per agire con successo nel

mondo che ci circonda. Per questo motivo bisogna “mettere al centro l’operare” e

sviluppare le abilità del «fare». Egli insiste sull’ ”efficacia pedagogica dell’operare”, che

comunque contiene in sé il processo intellettivo, il quale precede l’azione concreta. Molte

abilità possono essere comprese solo operando in contesti reali.

Friso aggiunge che sentirsi una persona capace, percepirsi come soggetto che esercita

efficacemente le proprie abilità accresce la motivazione e l’autoefficacia.

Laureen Resnick11 ( 1987), studiosa statunitense, già molti anni fa metteva in luce le

drastiche differenze tra scuola e contesto lavorativo. A scuola si mira ad un’attività

fortemente decontestualizzata e caratterizzata da simboli astratti, si mira a sviluppare

ragionamenti formali e generali, a valutare la capacità di lavorare da soli. In ambito

lavorativo si valuta positivamente la capacità di lavorare con altri, di sapersi relazionare e

collegare al lavoro degli altri, si valuta negativamente chi dà soluzioni astratte.

D’Alonzo ritiene che un’educazione corretta nei confronti dei disabili debba essere

orientata verso due direzioni: una diretta a farlo sentire «cittadino» a pieno titolo, l’altra

volta a fargli acquisire le abilità sufficienti per diventare un «lavoratore». Solamente in

questo modo, aggiunge, si può arrivare all’obiettivo libertà anche per il soggetto disabile

ed agire nel rispetto della dignità umana. Affermare questo in concreto significa

riconoscere la funzione altamente formativa del lavoro.

Il lavoro, afferma Bandura12 (1996), è “una delle principali fonti dell’identità personale” e

anche il disabile ha bisogno di diventare “più uomo” tramite il lavoro.

Per i disabili più gravi, D’Alonzo evidenzia il ruolo importante che ricopre la formazione

professionale, che non è solo addestramento, ma un arricchimento attraverso un’occasione

educativa irripetibile, che sollecita globalmente le abilità motorie, cognitive, affettive e

sociali.

D’Alonzo richiama John Dewey13, il quale asseriva

…Educare, tenendo occupati, è il metodo più ricco di spunti educativi. Esso richiama

in gioco istinti e abitudini; è nemico della ricettività passiva. Ha uno scopo in vista,

bisogna giungere a dei risultati. Perciò fa appello al pensiero; richiede che l’idea di un

11 RESNICK L. (1987), “Learning in School and Out” in Educational Researcher, 6 (9): 13-20 http://www.edr.sagepub.com 12 BANDURA A. (1996), Il senso di autoefficacia. Aspettative su di sé e azione, Erickson, Gardolo-Trento 13 DEWEY J. (1965), Democrazia e educazione, La Nuova Italia, Firenze, p.397

- 26 -

fine sia fermamente mantenuta, in modo che l’attività non possa essere né abitudinaria

né capricciosa.

Nell’allievo disabile bisogna sollecitare continuamente le abilità funzionali ad un

inserimento lavorativo: si richiede manualità, coordinamento fine e motorio, resistenza

fisica e mentale, responsabilità, resistenza alle influenze esterne dell’ambiente.

A questo proposito c’è un interessante intervento della prof.ssa Pavone14 con riferimento

ai soggetti con sindrome di Down.

Nel corso di una pluridecennale evoluzione del processo di integrazione scolastica e

sociale dei ragazzi Down, si è potuto constatare e dimostrare che proprio questi soggetti,

se opportunamente seguiti con interventi qualificati, raggiungono buoni livelli di

maturazione, di integrazione sociale, di inserimento lavorativo.

Oggi, si ribadisce nelle Linee guida per l’inserimento lavorativo15 a cura del

Coordinamento Nazionale Associazioni delle persone con Sindrome di Down, le persone

con sindrome di Down possono avere una vita che si avvicina agli standard normali e

questo grazie ad un lungo processo che ha portato molte persone a prendere coscienza

della disabilità e a superare tanti pregiudizi. Al contempo, molte persone disabili hanno

lavorato, sostenute dalla famiglia e da altri contesti, per migliorare sé stesse. Esiste il

bisogno dei disabili di esprimere le loro capacità nel lavoro in maniera produttiva ed è

negativo considerare che siano lì solo per passare il tempo o avere un’occupazione. Essere

consapevoli di questo, orienta in modo positivo l’atteggiamento della famiglia, della

scuola e dei colleghi di lavoro.

Nel loro libro “ 21 una parte di mondo”, Maag e Oliva16, in uno dei 21 racconti, parlano

di un’esperienza di stage organizzata dal comune, nella quale Giuliana, una ragazza

Down, va insieme ad altri ragazzi Down a fare la cuoca stagista. “Per tre giorni hanno

fatto preparare loro tavoli per gli ospiti pensando di farglieli preparare poi per gli ospiti

paganti”. Quando si sono resi conto che c’era bisogno di più tempo affinché imparassero

tutto quanto necessario per imbandire una tavola, hanno relegato i ragazzi in una sala

appartata a fare quasi niente. Giuliana, racconta il fratello nel libro, quando parla di quella

esperienza si arrabbia ancora a distanza di tanti anni.

14 PAVONE M. (2004), “L’integrazione scolastica e sociale delle persone con deficit “in situazione di gravità””, in Appunti sulle politiche sociali n. 1 http://www.edscuola.it/archivio/handicap/integrazione_scolasticahtm

15 Gruppo di lavoro “Inserimento lavorativo”( a cura del) Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down, Le persone con sindrome di Down e il mondo del lavoro (Linee guida per una riflessione), in http://www.coordinamentodown.it 16 MAAG G., OLIVA V. (2007), 21 una parte di mondo, Gagliotta Editore, Napoli

- 27 -

Non si può parlare di inserimento lavorativo dei disabili solo in termini di apprendimento

di mansioni. Bisogna aiutarli a riconoscersi adulti e a comportarsi come tali, ad imparare a

lavorare e poi ad imparare ad eseguire un lavoro specifico.

Nelle Linee guida dell’associazione si afferma che bisogna passare ad un collocamento

mirato, che, attraverso la collaborazione servizi-azienda, si fondi su progetti e porti a

scegliere la persona adatta per il posto disponibile.

COLLEGAMENTO ALL’ATTIVITÀ PROGETTATA:

Nella costruzione di questo itinerario mi è stata utile, oltre che l’osservazione dell’allieva e

la lettura della documentazione relativa, anche l’analisi delle potenzialità e delle difficoltà

di Teresa, fatta insieme al docente accogliente, emerse in situazioni verificatesi nel

passato, descrittemi dai docenti della classe, o verificatesi nel corso del tirocinio attivo.

Teresa ha una certa ritrosìa verso persone o situazioni nuove e alterna momenti in cui non

riesce a controllare la propria emotività, esplodendo improvvisamente in crisi di pianto o

allontanandosi dal luogo in cui si trova, per chiudersi in sé, a momenti di estrema apertura

e disponibilità.

Il percorso sviluppato nell’unità didattica è partito proprio dal “ punto di forza”

dell’allieva, la sua capacità e voglia di accudire e di occuparsi degli altri, utilizzato come

spinta motivazionale, per lavorare sul suo “punto di debolezza”, il non sapere gestire

alcune situazioni, soprattutto di fronte a persone appena conosciute.

Il mio obiettivo è stato quello di lavorare sullo sviluppo di alcune abilità sociali, in

particolare di quelle relazionali e comunicative, considerando il potenziamento di tali

abilità come indispensabile al fine di un futuro inserimento lavorativo.

L’unità didattica rappresenta un breve percorso di autorientamento, rivolto ad accrescere

l’autostima e l’autoefficacia di Teresa attraverso la sua attitudine ad occuparsi degli altri,

ma ponendola “in situazione” di fronte a ragazzi appena conosciuti, col fine di guidarla e

accompagnarla a gestire le relazioni, a controllare la sua emotività e a rendersi conto di

alcune piccole ma significative dinamiche relazionali.

- 28 -

DOSSIER DI DOCUMENTAZIONE

UNITÀ DIDATTICA: “ ORIENTARE PER ORIENTARSI “

L’intervento attivo sull’orientamento si compone di tre unità didattiche e utilizza come

strumento una mappa della scuola creata da me, in collaborazione con il docente di

Disegno e Storia dell’arte della classe, in occasione di un lavoro fatto dalla classe sullo

studio di alcuni monumenti attraverso le mappe e le planimetrie.

Teresa ha partecipato alla realizzazione della parte relativa alla legenda della mappa e ha

cercato su internet le immagini che richiamano i diversi luoghi inseriti nella mappa.

L’uso di uno strumento visivo, quale una mappa, è stato previsto al fine di facilitare

l’allieva nella sua attività di accoglienza e orientamento di allievi delle classi prime. Tale

attività è stata inserita tra le attività di accoglienza svolte da alcuni allievi tutor della

scuola.

Aree disciplinari: Disegno e Storia dell’arte,

Lettere

Ed. fisica

Laboratorio di informatica

Classe: 3^ C Liceo Scientifico

Dalla lettura della documentazione e dall’osservazione svolta risulta che Teresa ha

raggiunto determinati

Prerequisiti:

- Saper spostarsi nell’ambiente scolastico autonomamente

- Comprendere e adeguarsi alle regole comunitarie

- Avere una corretta lateralizzazione

- Saper leggere e comprendere semplici messaggi

Finalità: Potenziare l’autonomia sociale attraverso l’attività di orientamento

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Favorire le relazioni sociali e interpersonali

Obiettivo a lungo termine: Saper leggere una mappa per trarre delle informazioni

Saper utilizzare una legenda

Obiettivo a breve termine: Saper leggere la mappa della scuola orientando gli allievi

delle prime classi (accoglienza)

Contenuti: Mappa d’Istituto con relativa legenda, orario della

Segreteria Studenti, della Biblioteca, del Laboratorio linguistico,

del Laboratorio di informatica e del Bar

Tempi di lavoro: 6 ore complessive nelle tre unità didattiche

Mezzi e strumenti: Mappa della scuola, fotocopie, matita, gomma, personal

computer

Metodo: Tutoring, strategie metacognitive, rinforzo della lettura e della

memoria

Modalità di verifica: orale, scritta e pratica

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SCHEMA UNITA’ DIDATTICHE

Valutazione diagnostica: Conoscenza degli interessi e delle

aspettative dell’allieva, disponibilità ai

rapporti interpersonali

U. D. 1

Obiettivo: Leggere la mappa della scuola utilizzando la legenda

Contenuto: Mappa della scuola

Legenda

Strumenti: Mappa della scuola, fotocopia mappa, matita, gomma

Metodo: Lettura ad alta voce e comprensione della legenda attraverso

l’indicazione dei luoghi

Tempo: 60 minuti

Seconda fase di lavoro della U. D.1

Obiettivo: Leggere la mappa della scuola tracciando il percorso e individuare

l’orario di apertura della Biblioteca, del Bar, della Segreteria Studenti,

del Laboratorio linguistico e del Laboratorio di informatica.

Contenuto: Mappa della scuola

Legenda

Orario

Strumenti: Mappa della scuola, fotocopie mappa, matita, gomma

Metodo: Tecnica della ripetizione dello stimolo

Tempo: 60 minuti

Valutazione formativa: indicazione dei luoghi sulla mappa, indicazione del percorso,

domande sugli orari di apertura

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U. D. 2

Prima fase

Obiettivo: Orientare un gruppo di allievi delle classi prime all’interno della scuola

Contenuto: Mappa della scuola

Legenda

Orario

Strumenti: Fotocopie della mappa d’Istituto

Metodo: Orientamento pratico fuori dall’aula e visita della Portineria, della

Biblioteca, della Segreteria studenti con indicazione dei relativi orari di

apertura, con la guida della tirocinante e del docente accogliente e

insieme ad altri allievi dell’Istituto che si occupano di accoglienza

Tempo: 60 minuti

Seconda fase

Obiettivo: Orientare un gruppo di allievi delle classi prime all’interno della scuola

Contenuto: Mappa d’Istituto

Legenda

Orario

Strumenti: Fotocopie della mappa d’Istituto

Metodo: Orientamento pratico fuori dall’aula e visita della Palestra, del

Laboratorio linguistico e di informatica, del Bar con indicazione dei

relativi orari di apertura, con la guida della tirocinante e del D.A. e

insieme ad altri allievi dell’Istituto che si occupano di accoglienza

Tempo: 60 minuti

Valutazione formativa: la ragazza guida correttamente gli allievi nei luoghi indicati

dalla mappa interagendo positivamente con il gruppo

U. D. 3 Prima fase

Obiettivo: Orientare autonomamente un gruppo di allievi delle classi prime

all’interno della scuola

Contenuto: Mappa d’Istituto

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Legenda

Orario

Strumenti: Fotocopie della mappa d’Istituto

Metodo: Orientamento pratico all’interno dell’Istituto e visita della Portineria,

della Biblioteca e della Segreteria studenti con indicazione dei relativi

orari di apertura

Tempo: 60 minuti

Seconda fase

Obiettivo: Orientare autonomamente lo stesso gruppo di allievi all’interno della

scuola

Contenuto: Mappa d’Istituto

Legenda

Orario

Strumenti: Fotocopie della mappa d’Istituto

Metodo: Orientamento pratico all’interno dell’Istituto e visita della Palestra, del

Laboratorio linguistico e di informatica e del Bar con indicazione dei

relativi orari di apertura

Tempo: 60 minuti

Valutazione sommativa: Essere in grado di accogliere ed orientare in modo autonomo gli

allievi, relazionandosI positivamente

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MATERIALI PRODOTTI

ALLEGATI all’unità didattica

All. 1 Legenda e Mappa della scuola

All. 2 Scheda di autovalutazione

All. 3 Scheda La mia fotografia: come sarò a 25 anni ( relativa alla conoscenza degli

interessi e ai prerequisiti)

All. 4 Percorso orientativo fatto dall’allieva a scuola con un ente di formazione (relativo

agli interessi e ai prerequisiti)

All. 5 Relazione logopedica e psicologica ( relativa all’accertamento dei prerequisiti)

All. 6 Convenzione di tirocinio scuola – centro sportivo (relativa ai prerequisiti)

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Allegato n. 1

LEGENDA

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Laboratorio Linguistico

Laboratorio informatico

Palestra

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SCHEDE BIBLIOGRAFICHE

PRIMA SEZIONE Rif. N. 1.1 Rif. N. 1.2 Rif. 1.3 Rif. 1.4 Rif. 1.5 SECONDA SEZIONE Rif. 2.1 Rif. 2.2 Rif. 2.3

TERZA SEZIONE Rif. 3.1 Rif. 3.2

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PRIMA SEZIONE

SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif. 1.1 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

AAAuuutttooorrreee///iii ::: Varani Andrea ( a cura di) TTTiiitttooolllooo dddeeelll llliiibbbrrrooo///dddeeellllll’’’aaarrrtttiiicccooolllooo::: Cercare e cercarsi

� RRRiiivvviii sss tttaaa: _______________________________________________|__________|__________|_________________

TITOLO NUMERO ANNO Pagg. inizio fine articolo X LLLiiibbbrrrooo : ______________ Erickson________________________ | Gardolo - Trento____ | _2006________

CASA EDITRICE CITTA' ANNO

CCCooonnnccceeettttttooo:::

Il soggetto viene visto come un elemento attivo e centrale del proprio percorso di orientamento, l’orientatore come un ascoltatore attivo che aiuta la persona a mettere a fuoco la propria storia per rielaborarla, fino a giungere ad una presa di coscienza critica e non ad un semplice adattamento alla realtà. Prevale la dimensione emotiva sugli aspetti cognitivi e logico-razionali, nella convinzione che la riuscita sociale di una persona è determinata più dalla sua capacità di comunicare, di valutare le situazioni emozionali e sociali, di controllare le proprie emozioni che dalle qualità intellettive. DDDeeefffiiinnniiizzziiiooonnniii eee ccciiitttaaazzziiiooonnniii:::

- Ho cercato per tutta la vita. - E ha trovato? - Ho la sensazione di aver trovato solo se continuo a cercare. - Se cerca sempre, vuol dire che non ha ancora trovato. - Appena non si cerca più, si perde ciò che si era trovato. Invece, più si trova e più si cerca. Pag. 13

La strada non esiste; essa si fa camminando. Pag.14 EEEvvveeennntttuuuaaallliii rrriiimmmaaannndddiii aaaddd aaallltttrrriii ttteeessstttiii ooo aaauuutttooorrriii:::

- EVANGELISTA 2003 in http://www.orientamento.it - BANDURA A.(1996), Il senso di autoefficacia. Aspettative su di sé e azione - CASTELLI C., VENINI L. (1998), Psicologia dell’orientamento scolastico e professionale EEEvvveeennntttuuuaaallliii nnnooottteee ooo cccooommmmmmeeennntttiii:::

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif. 1.2 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

AAAuuutttooorrreee///iii ::: Friso Gianna, Tassan Solet Lia TTTiiitttooolllooo dddeeelll llliiibbbrrrooo///dddeeellllll’’’aaarrrtttiiicccooolllooo::: Orientamento scolastico professionale. Percorso formativo per gli alunni in difficoltà

� RRRiiivvviii sss tttaaa: _______________________________________________|__________|__________|_________________

TITOLO NUMERO ANNO Pagg. inizio fine articolo x LLLiiibbbrrrooo : ____________ Erickson _____________________________ | ___Trento________ | ___1994_______

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CCCooonnnccceeettttttooo:::

L’orientamento è un aspetto dell’educazione il cui focus è il processo decisionale, quindi orientare significa incrementare le abilità necessarie all’attività dei processi decisionali. Nel processo di graduale maturazione della capacità di autorientamento va valorizzata la dimensione della progettualità. L’alunno deve giungere gradatamente a ipotizzare e perseguire lo sviluppo di un progetto personale di vita, quale soggetto attivo che esprime delle potenzialità. Per quanto riguarda la persona disabile, partendo dalla considerazione che la stessa può trovare anche nel lavoro un motivo di soddisfazione, si sottolinea l’importanza di farle sperimentare una serie di attività in situazioni reali per portarla a superare le innegabili difficoltà nella scelta lavorativa e in modo che le capacità produttive del disabile vengano opportunatamente incanalate. La dimensione concreta del lavoro contribuisce inoltre a migliorare l’immagine di sé, spesso svalutata dalla famiglia o dalla scuola, che in molte occasioni tendono a sostituirsi al soggetto. Obiettivi principali dell’orientamento a scuola: modificare il senso di impotenza e fornire le abilità interpersonali necessarie per esser ben integrati in un contesto lavorativo. Si sottolinea anche il ruolo rilevante della famiglia nel processo di orientamento. Si critica l’iperprotezione o la proiezione delle proprie aspirazioni sul figlio. Nel caso del figlio disabile si mette in evidenza come sia presente una difficoltà a modificare le funzioni parentali legate all’accudimento del figlio. DDDeeefffiiinnniiizzziiiooonnniii eee ccciiitttaaazzziiiooonnniii:::

L’orientamento è un percorso che inizia nella scuola per andare oltre la scuola e non solo un momento statico di osservazione finale. Pag. 16 “La diversità del contesto arricchisce il processo di autorientamento dell’adolescente aiutandolo a vedersi attraverso specchi differenti che riflettono la molteplicità delle esperienze sociali nelle quali è inserito” Pag. 17 EEEvvveeennntttuuuaaallliii rrriiimmmaaannndddiii aaaddd aaallltttrrriii ttteeessstttiii ooo aaauuutttooorrriii:::

EBERHARD (1988), VIGLIETTI (1989), POMBENI e D’ANGELO (1994), Mannari (1994) Eventuali note o commenti:

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif. 1.3 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

AAAuuutttooorrreee///iii ::: Nota Laura TTTiiitttooolllooo dddeeelll llliiibbbrrrooo///dddeeellllll’’’aaarrrtttiiicccooolllooo::: Relazione “Abilità sociali e ritardo mentale”

� RRRiiivvviii sss tttaaa: Convegno

Social ability evaluation in Adults with mental Retardation

(http://www.cdhmacerata.it/public/files/relazioneNota.pps)__________|__________|__________|_________________

TITOLO NUMERO ANNO Pagg. inizio fine articolo � LLLiiibbbrrrooo : __________________________________________________ | _______________ | ________________

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CCCooonnnccceeettttttooo:::

Il testo sviluppa il concetto di “intelligenza sociale” e sottolinea la carenza di abilità nelle persone con ritardo mentale, non solo delle abilità centrate sul compito, ma anche di quelle non centrate sul compito, quali lo scherzare con i colleghi, il conversare su argomenti condivisi e gli altri atteggiamenti utili alla creazione di un supporto sociale e all’incremento della soddisfazione lavorativa. Queste ultime abilità facilitano l’inserimento, ma soprattutto lo svolgimento e quindi il mantenimento dell’attività lavorativa. DDDeeefffiiinnniiizzziiiooonnniii eee ccciiitttaaazzziiiooonnniii:::

� I programmi dovrebbero avere una durata consistente, superiore alle 30 ore � I programmi dovrebbero considerare le difficoltà � I programmi dovrebbero aderire ai principi e alle raccomandazioni dei manuali d’uso e dei

protocolli di trattamento oggetto di sperimentazione � I programmi dovrebbero presentare una solida validità sociale � Si dovrebbe dare particolare attenzione al mantenimento e alla generalizzazione dei risultati

Pag.21 EEEvvveeennntttuuuaaallliii rrriiimmmaaannndddiii aaaddd aaallltttrrriii ttteeessstttiii ooo aaauuutttooorrriii:::

WILLIAMS,WALKER,HOLMES ,TODIs e FABRÈ (1989); MATSON e SWIZY (1994); SORESI e TRIONFI (1995); CRISTIANO (1998); CHADSEY RUSCH (1990); GRESHAM ( 1999); Dsm-IV(APA 2000); DE BILDT, SERRA, LUTŸN, KRAŸER, SŸTEMA e MINIERA (2005). EEEvvveeennntttuuuaaalll iii nnnooottteee ooo cccooommmmmmeeennnttt iii :::

“Stare con gli altri: no problem” è il titolo significativo di un’unità didattica contenuta in questa relazione

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif. 1.4 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

AAAuuutttooorrreee///iii ::: Pavone Marisa TTTiiitttooolllooo dddeeelll llliiibbbrrrooo///dddeeellllll’’’aaarrrtttiiicccooolllooo::: “Il progetto di vita per lo studente disabile”

x RRRiiivvviii sss tttaaa: L’integrazione scolastica e sociale ___________|__7/2_____|___2008____|__120 - 125___________

TITOLO NUMERO ANNO Pagg. inizio fine articolo � LLLiiibbbrrrooo : __________________________________________________ | _______________ | ________________

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CCCooonnnccceeettttttooo:::

Partire dai bisogni delle persone disabili per risolvere i problemi. L’importanza di curare la qualità delle azioni educative, didattiche, riabilitative, assistenziali per non cadere nell’immobilismo o nell’iperprotezionismo. “Adultità possibile”, “normalità” come diritto di accedere e ricoprire dei ruoli nella società. Bisogna mantenere una visione progettuale aperta, ma sinergica, per contrastare una progettualità settoriale e autoreferenziata. DDDeeefffiiinnniiizzziiiooonnniii eee ccciiitttaaazzziiiooonnniii:::

« Mi dici per favore che strada devo prendere?» chiese Alice. « Dipende più che altro da dove vuoi andare» disse il Gatto ( L. Carroll, Alice nel paese delle meraviglie)

EEEvvveeennntttuuuaaallliii rrriiimmmaaannndddiii aaaddd aaallltttrrriii ttteeessstttiii ooo aaauuutttooorrriii:::

- MORETTI G. (2006), Riabilitazione e integrazione del disabile, Armando, Roma - FRANCHINI R. (2007), Disabilità, cura educativa e progetto di vita, Erickson, Trento - COTTINI L., ” Il progetto di vita per la persona in situazione di disabilità mentale”. In A. Canevaro (a cura di), (2007), L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, Erickson, Trento EEEvvveeennntttuuuaaalll iii nnnooottteee ooo cccooommmmmmeeennnttt iii :::

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif. 1.5 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

AAAuuutttooorrreee///iii ::: D’Alonzo Luigi TTTiiitttooolllooo dddeeelll llliiibbbrrrooo///dddeeellllll’’’aaarrrtttiiicccooolllooo::: “La scuola e la preparazione alla vita della persona con disabilità”

x RRRiiivvviii sss tttaaa: L’integrazione scolastica e sociale__________|_____7/2_____|__2008____|__125_- 132__________

TITOLO NUMERO ANNO Pagg. inizio fine articolo � LLLiiibbbrrrooo : __________________________________________________ | _______________ | ________________

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CCCooonnnccceeettttttooo:::

La libertà personale e lo sviluppo dell’autonomia della persona diversamente abile si raggiungono attraverso il potenziamento di determinate abilità. Questo è possibile se l’allievo sperimenta il sapere « facendo». La scuola può preparare alla vita se mette al centro dell’impostazione educativo-didattica l’operare, le abilità del «fare». Si afferma quindi l’efficacia fortemente pedagogica dell’operare, da cui dipende anche lo sviluppo intellettivo del soggetto. Bisogna pensare al disabile in una prospettiva futura concreta. La sua condizione non gli deve precludere di diventare un «cittadino» autonomo e un « lavoratore», cioè una persona che produce e che, attraverso il lavoro, « diventa più uomo». Tutto questo investe la dignità della persona disabile. DDDeeefffiiinnniiizzziiiooonnniii eee ccciiitttaaazzziiiooonnniii:::

Il lavoro è un bene dell’uomo - è un bene della sua umanità -, perché mediante il lavoro l’uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma realizza anche se stesso come uomo e anzi, in un certo senso, « diventa più uomo» - Giovanni Paolo II. Pag. 130 Non esiste un contrasto tra azione intellettuale e azione manuale, tra apprendere e agire. Pag. 129 EEEvvveeennntttuuuaaallliii rrriiimmmaaannndddiii aaaddd aaallltttrrriii ttteeessstttiii ooo aaauuutttooorrriii:::

- DEWEY J. (1965), Democrazia e educazione - GIOVANNI PAOLO II (1981), “Laborem exercenses” - D’ALONZO L. (1997), Handicap:obiettivo libertà EEEvvveeennntttuuuaaalll iii nnnooottteee ooo cccooommmmmmeeennnttt iii :::

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SECONDA SEZIONE

SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif.2.1 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

AAAuuutttooorrreee///iii ::: Pavone Marisa TTTiiitttooolllooo dddeeelll llliiibbbrrrooo///dddeeellllll’’’aaarrrtttiiicccooolllooo::: “L’integrazione scolastica e sociale delle persone con deficit”in situazione di gravità””

x RRRiiivvviii sss tttaaa: ___ APPUNTI sulle politiche sociali __________|____1______|__2004____|

in www.edscuola.it/archivio/handicap/integrazione_scolasticahtm

TITOLO NUMERO ANNO Pagg. inizio fine articolo � LLLiiibbbrrrooo : __________________________________________________ | _______________ | ________________

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CCCooonnnccceeettttttooo:::

La situazione di gravità è un concetto sistemico che dipende dall’incontro tra una molteplicità di fattori personali, relazionali e contestuali. Nessuno può essere considerato come un puro caso clinico, perché anche nei casi limite esiste l’originale sviluppo individuale che consente di agire su quelle parti competenti e sane. Infatti la diagnosi funzionale dovrebbe essere il risultato di elementi clinici e psicosociali e anche il nuovo sistema di Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) mette al centro la “condizione di salute”, che è, come afferma Pavone, « un ”ombrello” che accomuna ogni cittadino». La disabilità, secondo la nuova visione dell’ICF, costituisce un sottosistema della “salute”, dunque un prodotto dell’interazione tra caratteristiche di salute e fattori contestuali fisici e sociali; quindi può riguardare ogni persona in un determinato momento della sua vita. L’apprendimento, visto secondo una visione meno tradizionale e più ampia, può quindi essere alla portata di tutti, in quanto ogni persona ha una sua capacità di sviluppo. Proprio tra i principi guida delle riforme di politica sociale si parla di “normalizzazione”, che è il diritto di ogni persona, al di là dei suoi limiti, ad avere condizioni di vita il più possibili vicine alla “linea di normalità”.

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DDDeeefffiiinnniiizzziiiooonnniii eee ccciiitttaaazzziiiooonnniii:::

“Nel nodo dell’incontro col limite troviamo contemporaneamente i sentimenti del coraggio e del rischio ma anche quelli della rassegnazione e della rinuncia”, dell’assenza di speranza e dell’illusione negata: messaggi dissonanti, a doppia banda. La disponibilità a riconoscere ed accettare il limite, a incontrare la pena mantenendo la speranza, a intrattenere solidaristiche relazioni di aiuto, a chiedere e offrire sostegni concreti a chi ci sta accanto, a concretizzare questi atteggiamenti in un realistico progetto di vita da condividere con gli altri è cosa che, in varia misura, riguarda la generalità delle persone. Come per il re Mida tutto ciò che toccava si tramutava in oro, per il soggetto in difficoltà qualsivoglia esperienza - perfino quelle che normalmente consideriamo svago - assume i caratteri della “terapia” (ippo-terapia, musico-terapia, teatro-terapia, pet-therapy, ecc.). EEEvvveeennntttuuuaaallliii rrriiimmmaaannndddiii aaaddd aaallltttrrriii ttteeessstttiii ooo aaauuutttooorrriii:::

COTTONI G. (1996), La scolarizzazione e l’apprendimento degli alunni in situazione di gravità, Centro Provinciale di Documentazione per l’Integrazione scolastica, lavorativa, sociale, n.8, Parma

Organizzazione Mondiale della Sanità (2002), ICF. Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, Erickson, Trento

Organizzazione Mondiale della Sanità, ICF

MONTOBBIO E., Lepri C. (2000), Chi sarei se potessi essere, Edizioni del Cerro, Pisa

PAVONE M., “La rete”, in Pavone M., Tortello M. (1999), Pedagogia dei genitori, Paravia Scriptorium, Torino

Legge n. 289 del 27 dicembre 2002 (finanziaria 2003), in G.U. n. 305, supplemento ordinario n. 240 del 31-12- 2002. http://www.edscuola.it/archivio/handicap/integrazione_scolastica.htm EEEvvveeennntttuuuaaalll iii nnnooottteee ooo cccooommmmmmeeennnttt iii :::

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif. 2.2 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

AAAuuutttooorrreee///iii ::: Maag Georg, Oliva Valentina TTTiiitttooolllooo dddeeelll llliiibbbrrrooo///dddeeellllll’’’aaarrrtttiiicccooolllooo::: 21 una parte di mondo

� RRRiiivvviii sss tttaaa: _______________________________________________|__________|__________|_________________

TITOLO NUMERO ANNO Pagg. inizio fine articolo x LLLiiibbbrrrooo : ______________S. Gagliotta__________________________ | ____Napoli_________ | __2007___________

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CCCooonnnccceeettttttooo:::

All’interno di 21 racconti, che narrano di vite difficili e di persone speciali, si parla di odio e amore, egoismo e solidarietà, pregiudizio e accettazione. Le sensazioni che trapelano dai racconti sono rese ancora più eloquenti da alcuni disegni, che mettono in evidenza la sensibilità e la dolcezza di chi vive in “una parte di mondo”, definita sindrome di Down. Sono 21 storie che raccontano di grandi vittorie e di grandi sconfitte, ma che cercano di avvicinare il lettore a quella parte di mondo che per molti di noi è ancora così sconosciuta. DDDeeefffiiinnniiizzziiiooonnniii eee ccciiitttaaazzziiiooonnniii:::

L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Così è scritto nella Costituzione. Tutti i cittadini hanno il diritto di lavorare. Bella frase. Bel diritto. Parole. Aria fritta. Diventa ancora più dura sentirla quando hai una sorella Down. Lì proprio non ci siamo. Giuliana è l’unica persona al mondo che quando sorride mi fa venire le lacrime per la commozione. Pag. 95 È stata una maestra più che una sorellina. Quante cose ho capito solo misurandomi con lei. Pag. 98 Se una persona Down vive a lungo, per logica vuol dire che sopravvive ai genitori. Dunque sarebbe molto importante fare di tutto per inserirli in comunità, aiutarli a trovare un lavoro, per piccolo e umile che sia. Pensate come ci si deve sentire a essere Down e non avere nemmeno un’utilità. Pag.100 Ora mia sorella ha un posto di lavoro. Il lavoro le serve, le fa bene, la fa sentire importante per se stessa e per gli altri. Oggi sono andato a prenderla a lavoro, l’ho osservata, ogni tanto annuiva a se stessa, quando sentiva di aver fatto particolarmente bene una certa operazione, come per farsi forza. Pag.102 EEEvvveeennntttuuuaaallliii rrriiimmmaaannndddiii aaaddd aaallltttrrriii ttteeessstttiii ooo aaauuutttooorrriii:::

The Beatles, Lennon/McCartney, The word

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif.2.3 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

AAAuuutttooorrreee///iii ::: Cuomo Nicola TTTiiitttooolllooo dddeeelll llliiibbbrrrooo///dddeeellllll’’’aaarrrtttiiicccooolllooo::: Pensami adulto. Esperienze e riflessioni pedagogiche per l’integrazione degli handicappati nella scuola media superiore

� RRRiiivvviii sss tttaaa: _______________________________________________|__________|__________|_________________

TITOLO NUMERO ANNO Pagg. inizio fine articolo xLLLiiibbbrrrooo : ______________ Utet_______________________________ | ____Torino________ | __1995_________

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CCCooonnnccceeettttttooo:::

Vengono presentate ipotesi di lavoro, piste operative. L’ analisi dell’autore si basa su itinerari concretamente sperimentati, verificati e verificabili allo scopo di confrontare i dati ottenuti. La validità dell’intervento pedagogico e formativo non ha, in questo caso, come spesso accade, come parametro l’inserimento del disabile nel mondo del lavoro, ma anche l’acquisizione di competenze sul piano cognitivo, sul piano delle autonomie, su quello della socializzazione, con lo scopo di arrivare all’identità di ogni persona e di riscoprire nella relazione anche la dimensione affettiva o anche solo il promuovere il desiderio e il piacere di conoscere. DDDeeefffiiinnniiizzziiiooonnniii eee ccciiitttaaazzziiiooonnniii:::

La trasferibilità dell’esperienza non è da considerarsi nel suo poter essere ripetuta tale e quale, ma nel suo essere riferimento indicatore di potenzialità rigorosamente valutate e adattabili a diversi contesti formativi. Pag.50 EEEvvveeennntttuuuaaallliii rrriiimmmaaannndddiii aaaddd aaallltttrrriii ttteeessstttiii ooo aaauuutttooorrriii:::

- ALBERTINI G., BIONDI G., CUOMO N. (1992), Lo sviluppo e l’educazione del bambino con sindrome di Down, Omega, Torino - CANEVARO A.(a cura di) (1983), Handicap e scuola. Manuale per l’integrazione, Nis, Firenze - CUOMO N. (1991), “L’emozione di conoscere”, Askesis, anno III, n.8-9, settembre-dicembre, pp.3-20 - PAVONE M., TORTELLO M. (1992), Handicap e scuola media superiore, Utet, Torino EEEvvveeennntttuuuaaalll iii nnnooottteee ooo cccooommmmmmeeennnttt iii :::

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TERZA SEZIONE �

SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif.3.1 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

AAAuuutttooorrreee///iii ::: Gruppo di lavoro”Inserimento lavorativo” del Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down (a cura del) TTTiiitttooolllooo dddeeelll llliiibbbrrrooo///dddeeellllll’’’aaarrrtttiiicccooolllooo::: “Le persone con Sindrome di Down e il mondo del lavoro” (linee guida per una riflessione)

� Linee guida per l’inserimento lavorativo, in http://www.coordinamentodown.it

TITOLO NUMERO ANNO Pagg. inizio fine articolo

� LLLiiibbbrrrooo : __________________________________________________ | _______________ | ________________

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CCCooonnnccceeettttttooo:::

L’autonomia è un processo di apprendimento che inizia in famiglia e presuppone la capacità genitoriale di saper vedere il bambino e non la disabilità. È in tale contesto che il disabile deve iniziare ad avere dei ruoli e delle responsabilità. I genitori necessitano, spesso, di un sostegno per arrivare a riconoscere il proprio figlio come adulto o come lavoratore. Molte aziende esprimono il bisogno di un collocamento produttivo e non assistenziale, da qui la necessità di “buoni progetti”. Per i disabili è importante, più che la tipologia di lavoro, l’organizzazione dello stesso: mansioni semplici e ben organizzate, chiarezza dei ruoli e delle gerarchie, essere considerati come lavoratori. DDDeeefffiiinnniiizzziiiooonnniii eee ccciiitttaaazzziiiooonnniii:::

I genitori devono, allora, con molta generosità, operare per il bene del loro bambino e non per garantire a se stessi una relativa tranquillità, legata alla quotidianità e non proiettata verso una prospettiva futura. Pag. 6 “…dotiamoci della capacità di sognare sui soggetti disabili” (C. Lepri). Pag. 7

La capacità di avere un ruolo e delle responsabilità “può essere raggiunta solo attraverso una progressione di esperienze sempre più vaste di socializzazione nel macrosociale”(Montobbio). Pag. 7

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EEEvvveeennntttuuuaaallliii rrriiimmmaaannndddiii aaaddd aaallltttrrriii ttteeessstttiii ooo aaauuutttooorrriii:::

� CANEVARO A., GAUDREAU J. (1989), L’educazione degli handicappati, NIS, Roma � CANNAO M.(a cura di) (2002), Ripensare la disabilità, scritti di Giorgio Moretti, Ghedimedia,

Milano � HOBART ZAMBON A. (1996), La persona con Sindrome di Down. Una introduzione per la sua

famiglia, Il Pensiero scientifico, Roma � LEPRI C. (2003), “L’inserimento lavorativo di persone con disabilità intellettiva: aspetti

metodologici e condizioni psicologiche”, in Maura Gelati, Maria Teresa Malignano (a cura di), Progetti di vita per le persone con Sindrome di Down, Del Cerro, Tirrenia-Pisa

� MANNUCCI A. (1997), Anch’io voglio crescere. Un percorso educativo per l’autonomia dei disabili, Del Cerro, Tirrenia-Pisa � MONTOBBIO E , LEPRI C. (2000), Chi sarei se potessi essere. La condizione

adulta del disabile mentale, Del Cerro, Tirrenia-Pisa EEEvvveeennntttuuuaaalll iii nnnooottteee ooo cccooommmmmmeeennnttt iii :::

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif. 3.2 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

AAAuuutttooorrreee///iii ::: Caldin Roberta, Cavalluzzo Maria Rosa TTTiiitttooolllooo dddeeelll llliiibbbrrrooo///dddeeellllll’’’aaarrrtttiiicccooolllooo::: “PROGETTO M.I.D.A. – Modello per l’ Inserimento dell’alunno Disabile in azienda”

� RRRiiivvviii sss tttaaa: Progetto in http://www.outcome-evaluation.org/eusarf2008/presentations/

TITOLO NUMERO ANNO Pagg. inizio fine articolo � LLLiiibbbrrrooo : __________________________________________________ | _______________ | ________________

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CCCooonnnccceeettttttooo:::

Obiettivi del Progetto:

- individuare il percorso formativo/professionale più rispondente alle aspettative dell’alunno - sviluppare competenze e abilità socio-cognitive - assumere la propria responsabilità nel raggiungimento degli obiettivi legati al ruolo ricoperto - incentivare l’acquisizione di competenze trasversali al lavoro

I processi educativi di integrazione lavorativa sono visti come processi verso l’adultità, che sollecitano negli adolescenti e nei loro genitori il processo di ri-strutturazione dell’io negli aspetti cognitivi e affettivi e permettono il cambiamento, passando dal dolore della perdita al piacere dell’acquisizione. DDDeeefffiiinnniiizzziiiooonnniii eee ccciiitttaaazzziiiooonnniii:::

La limitazione alle sollecitazioni emancipative rischia di cominciare proprio all’interno della famiglia. Pag. 3

Il bambino con disabilità necessita di essere pensato “grande” dai suoi genitori e dagli adulti che lo circondano. Pag. 4

I processi di apprendimento/insegnamento sono collegati a compiti operativi legati alla vita reale, che impegnano sinergicamente capacità intellettive e manipolative. (E. Montobbio,2000) Pag. 22 EEEvvveeennntttuuuaaallliii rrriiimmmaaannndddiii aaaddd aaallltttrrriii ttteeessstttiii ooo aaauuutttooorrriii:::

- CALDIN R, SUCCU F. (a cura di, 2004), Lintegrazione possibile. Riflessioni sulla disabilità nell’infanzia, nell’adolescenza e nella vita adulta, Pensamultimedia, Lecce - CANEVARO A.(2006), Le logiche del confine e del sentiero, Erickson, Trento - SEDC (Southern Europe Disability Commettee), CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità) (2003), Mainstreaming in education: the Italian model and opportunities in the Countries of southern Europe, Del Cerro, Tirrenia-Pisa EEEvvveeennntttuuuaaalll iii nnnooottteee ooo cccooommmmmmeeennnttt iii :::