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La crisi dello Stato liberale La crisi dello Stato liberale

La crisi dello Stato liberale - UniBG Mosca, Teorica dei governi e governo parlamentare, Torino 1884, capitolo VI, par. IV La Camera dei Deputati va così sempre più diventando una

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La crisi dello Stato liberaleLa crisi dello Stato liberale

Limiti della strategia giolittiana

Secondo Martucci la tattica giolittiana per la formazione della maggioranza, utilizza la CRISI PARLAMENTARE guidata:

quando si profila la crisi, cioè quando la mediazione non riesce, Giolitti si dimette da presidente del Consiglio, magari indicando al re l’alternativa, o in un proprio collaboratore, che gestisca il passaggio e prepari il terreno per ritorno di Giolitti, oppure un avversario, che si guasterà la reputazione, inducendo l’opinione pubblica a chiedere il richiamo di Giolitti, formandogli una Camera adeguata magari, se il re richiamo di Giolitti, formandogli una Camera adeguata magari, se il re ha proceduto allo scioglimento.

Questa strategia fa sì che G sia sempre assente nelle fase di maggior tensione. Inoltre mantiene brevi e instabili i Governi. Nemmeno nell’età giolittiana si arriva infatti a un governo di legislatura.

Infine questa tattica è pericolosa, perché lascia campo ad altri. In questi spazi a fine secolo si inserisce la componente antiparlamentare, prima impersonata dalla destra reazionaria, guidata da Antonio Salandra, poi dalle forze congiunte dell’interventismo, appoggiate dal re, infine, nella crisi del dopoguerra, da Mussolini.

Problemi aperti alla fine dell’età giolittiana

- Il progresso politico dei socialisti [v. elezioni 1809], che allarma tutte le forze politiche;

- la collocazione dei cattolici nel sistema politico (parte del mondo cattolico resta “teocratico” e corporativo)

- la gestione dell’allargamento del suffragio parlamentare;

- gli scioperi [il padronato chiede il pugno di ferro; gli agrari emiliani iniziano ad utilizzare squadre di armati contro i contadini in sciopero];iniziano ad utilizzare squadre di armati contro i contadini in sciopero];

- l’inserimento dell’Italia nel consesso delle potenze imperialiste europee;

- l’ostilità dei liberali al protezionismo doganale e all’intervento dello Stato nell’economia, praticato dai governi Giolitti;

- gli orientamenti divergenti della corte e dell’esercito, favorevoli a iniziative di politica estera aggressive e a eventuali imprese militari;

- le prime spinte del movimento nazionalista.

Tendenze anti-parlamentari verso la fine del secolo

Gaetano Mosca, Teorica dei governi e governo parlamentare, Torino 1884, capitolo VI, par. IV

La Camera dei Deputati va così sempre più diventando una parziale e fittizia rappresentanza del paese: giacché, di giorno in giorno, una quantità sempre maggiore di forze vive, di elementi atti al comando ne resta esclusa. I membri di essa non rappresentano che una quantità d’interessi essenzialmente privati, la cui somma è lungi dal formare l’interesse pubblico […]

E, ciò che è peggio ancora, tutti questi sintomi allarmantissimi di una grave malattia sociale provengono da una unica causa, si riattaccano ad un solo ed malattia sociale provengono da una unica causa, si riattaccano ad un solo ed unico principio di dissoluzione. E questo è la potenza grandissima, che un manipolo di persone collegate ad unico intento acquista sopra tutti i pubblici poteri, l’agevolezza con cui possono turbarne il regolare andamento, l’impunità, che fino ad un certo segno possono conseguire tutto perché possono disporre di un deputato, il quale alla sua volta dispone, fino ad un certo punto, di tutti i Ministri. Da ciò una tendenza generale alla creazione di un nuvolo di camerille e combriccole, illegali ma potentissime, una forza occulta, ma letale, che toglie ogni vigore a tutti i pubblici poteri, e porta anzi alla scomposizione dell’unità e della compattezza dello Stato

(in Fernanda Mazzanti Pepe, Profilo istituzionale dello Stato italiano, Roma, Carocci, p. 244)

Tendenze anti-parlamentari(Martucci, Storia costituzionale, p. 82)

Sidney Sonnino, Torniamo allo Statuto

pubblicato in “Nuova Antologia”, 1 gennaio 1897

Il testo in PDF, in versione abbreviata, si può scaricare dal sitoIl testo in PDF, in versione abbreviata, si può scaricare dal sito

http://www.liceograssi.it/storia%20del%20novecento/didattic

a/2008-

2009%20costituzione/Torniamo%20allo%20Statuto%20Sidn

ey%20Sonnino.pdf

Tendenze anti-parlamentari verso la fine del secolo

Santi Romano, Lo Stato moderno e la sua crisi, prolusione all’anno accademico 1909-1910, Università di Pisa, pubblicata in “Rivista di diritto pubblico”, 1910, pp. 87 ss.

“… Mediante una lunga serie di avvenimenti … venne consolidandosi eimponendosi il principio, che doveva … culminare poi nella figura dello Statomoderno. Il principio cioè che lo Stato, rispetto agli individui che locompongono e alle comunità che vi si comprendono, è un ente a sé cheriduce ad unità gli svariati elementi di cui consta, ma non si confonde concompongono e alle comunità che vi si comprendono, è un ente a sé cheriduce ad unità gli svariati elementi di cui consta, ma non si confonde connessuno di essi, di fronte ai quali si erge con una personalità propria, dotatodi un potere, che non ripete se non dalla sua stessa natura e dalla sua forza,che è la forza del diritto … L’impersonalità del potere pubblico, o meglio, lapersonificazione del potere per mezzo dello Stato, concepito esso stessocome persona: ecco il principio fondamentale del diritto pubblico moderno.Stupenda creazione del diritto … Si deve ad essa se gli individui e i collegiche di fatto esercitano la sovranità, si comportano in quest’esercizio, noncome titolari di un diritto proprio, ma come organi dello Stato, di cuiesplicano ed attuano la volontà suprema, come uffici impersonali …

(in Mazzanti Pepe, Profilo istituzionale dello Stato italiano, p. 348)

Analisi della crisi dello Stato

(Santi Romano, Lo Stato moderno e la sua crisi)

“… Senonché questa luminosa concezione dello Stato, della quale qui non ci èconsentito di seguire gli sviluppi e mostrare le applicazioni, sembra che da qualchetempo in qua subisca un’eclissi, che di giorno in giorno diviene più intensa, in modoche potrebbe essere non del tutto superstizioso il trarne non lieti presagi … Intanto èprecisamente da questi contrasti [sociali] … che riceve la sua maggior forza ilmovimento che determina una specie di crisi dello Stato moderno. In seno ad esso, esovente, come vedremo, contro di esso, si moltiplicano e fioriscono con vita rigogliosaed effettiva potenza, una serie di organizzazioni e associazioni che, alla loro volta,tendono ad unirsi e collegarsi fra loro. Esse si propongono gli scopi speciali piùdisparati, ma tutte hanno un carattere comune: quello di raggruppare gl’individui colcriterio della loro professione, o meglio, del loro interesse economico. Sonofederazioni o sindacati di operai, sindacati patronali, industriali, mercantili, di agrari, difederazioni o sindacati di operai, sindacati patronali, industriali, mercantili, di agrari, difunzionari, sono società cooperative, istituzioni di mutualità, camere di lavoro, leghe diresistenza o di previdenza, tutte costituite sul principio indicato, dal quale ricavano laloro collettiva fisionomia. Giustamente in questo risorgere di tendenze corporative abase professionale, che furono già così fiorenti prima che col sorgere dello Statomoderno venissero quasi del tutto meno, si è visto il maggior fatto dell’etàcontemporanea …. Nella sua affermazione [di questo fenomeno] è implicito pernecessità logica un presupposto: l’odierna organizzazione statuale, pel fatto che sisente il bisogno di organizzazioni nuove, complementari ad essa, se pure noncontrarie, si dimostra per ciò stesso insufficiente … Si capisce che la vita sociale, chenon è mai dominata dalle regole giuridiche, ha continuato ad evolversi per suo conto esi è posta in contraddizione con un sistema non consono ad essa, magari accentuandooltre il necessario, come suole avvenire, la contraddizione e la lotta che ne è laconseguenza ….”. [ivi]

Questione dell’intervento nel conflitto mondiale

Neutralisti:

- Giolitti

- maggioranza della Camera

Interventisti:

- Il re- Il re

- L’esercito

- parte della Pubblica Amministrazione

- la destra guidata da Antonio Salandra

- gli industriali del settore metallurgico e meccanico

- parte dell’opinione pubblica, che si riconosce nel Corriere della sera

- il movimento sindacalista rivoluzionario, cui appartiene Mussolini

La gestione politica dell’intervento nel conflitto

Il governo ottiene dalla Camera pieni poteri per dare esecuzione alla neutralità italiana nelle relazioni con il consesso internazionale.

La Camera è prorogata.

Il re affida il governo a Antonio Salandra e rafforza la destra, con Sidney Sonnino agli Esteri e Vittorio Emanuele Orlando alla giustizia.giustizia.

La pressione del re sul governo per l’intervento in guerra è molto forte.

Il 26 aprile 1915 viene stipulato un trattato segreto con l’Intesa [Patto di Londra], in violazione della Triplice Alleanza, ancora vigente (l’Italia si impegna a intervenire, sulla promessa di ottenere Trento e Trieste).

La Camera viene informata alla apertura della sessione successiva, durante la quale una nuova maggioranza si è coagulata a favore dell’intervento.

Prime campagne di intimidazione

Mentre il governo si prepara all’intervento e la Camera è

prorogata gli interventisti più accesi organizzano una

campagna intimidatoria nei confronti dei deputati

neutralisti.

Sono le cosiddette RADIOSE GIORNATE DI MAGGIO (1915)Sono le cosiddette RADIOSE GIORNATE DI MAGGIO (1915)

Giolitti si ritira in Piemonte. Rientrato a Roma è minacciato

di aggressione.

L’invito è venuto da Gabriele D’Annunzio, che in un comizio

ha detto:

«col bastone, col ceffone, con la pedata e col pugno si

misurano i manutengoli, i mezzani, i leccapiatti».

Prime campagne di intimidazione

Le squadre irrompono nell’aula di Montecitorio, durante la proroga della Camera.

Il diplomatico e ex prefetto Alessandro Guiccioli si esprime così:così:

“se domani l’autorità suprema dello Stato sgombrasse a calci l’immonda stalla di Montecitorio, la Nazione intera applaudirebbe”[Guiccioli, Diario di un conservatore, cit. in Martucci, p. 139]

Benito Mussolini partecipa alla campagna attraverso il giornale che dirige, “Il Popolo d’Italia”.

Gli anni di guerra (1915-1918)

Primi ministri: Salandra, Boselli, Orlando

Esteri: Sonnino

- grandissima opportunità per l’industria pesante;

- la Corona si avvantaggia della popolarità di Vittorio Emanuele III come re-soldato;

- il governo ottiene dalla Camera pieni poteri (20/05/1915), a causa delloSTATO DI EMERGENZA [407 voti / 74; questa votazione è sanzione aSTATO DI EMERGENZA [407 voti / 74; questa votazione è sanzione aposteriori da parte della Camera all’intervento, già di fatto deciso con gliimpegni assunti segretamente dal governo]; i pieni poteri al governo sonogià stati votati dalla camera in altre contingenze belliche: nel 1848, nel1859, nel 1866, nel 1911; inoltre nel 1896;

- si intensifica la normazione tramite decreto, in forza della delega di poteri;

- la Camera ha una sessione unica dal 27 novembre 1913 al 29 settembre1919 (XXIV legislatura), con 393 sedute totali.

Problemi del dopoguerra

a. Problema dei reduci e del reinserimento dei quadri e deidirigenti militari - 5.000.000 di combattenti smobilitati;

b. Problema della riconversione dell’apparato produttivo;

c. Caro-vita e disoccupazione;

d. Nuova violentissima ondata di scioperi nel 1919-1920 (bienniorosso);rosso);

e. Paura del padronato e anche della piccola borghesia, aggravatadal fatto che intanto, ottobre 1917, c’è stata la Rivoluzione deisoviet in Russia; spinte repressive;

f. Ridimensionamento ruolo italiano sulla scena internazionale;problema politico dell’Adriatico (Fiume e Dalmazia); impresa diFiume [12/9/1919 – 01/1920]; nazionalismo violento eantiparlamentare.

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

Primi ministri: Nitti (3 governi), Giolitti (2), Bonomi, Facta (2)

Nitti è giudicato troppo legalista, Giolitti non raccoglie più sufficiente consenso alla sua strategia di mediazione.

I governi del periodo non riescono a fronteggiare le emergenze (scioperi nelle fabbriche e nelle campagne da un lato; istanze repressive del padronato agrario e industriale dall’altro; aspirazioni revanchiste dei nazionalisti e della piccola borghesia).nazionalisti e della piccola borghesia).

Il partito liberale è travolto dal suffragio universale maschile e dalla proporzionale, introdotti con la legge elettorale del 1919.

E’ il momento dei “partiti di massa”.

Elezioni 1919:

156/509 seggi ai socialisti

100/509 seggi ai popolari [Partito popolare è presente per la prima volta]

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

Il partito socialista si divide due volte nel 1921:

- escono Gramsci, Togliatti e il gruppo raccolto attorno a

“Ordine nuovo” → fondazione del PCI“Ordine nuovo” → fondazione del PCI

- i massimalisti (Serrati) espellono i riformisti (Turati, Matteotti,

Treves) → nascita del PSU

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

Partito Popolare. Programma:

- Libertà di azione per le organizzazioni religiose del laicato;

- Difesa della piccola proprietà contadina;

- Riforma del sistema fiscale e riduzione della pressione sulle

classi lavoratrici;classi lavoratrici;

- Riforma elettorale secondo sistema proporzionale;

- Voto alle donne;

- Abolizione della coscrizione obbligatoria;

- Decentrament

- o amministrativo e espansione delle autonomie locali;

- Sindacalismo corporativo.

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

Fasci di combattimento – fondati da Benito Mussolini nel marzo

1919, a Milano; con sostegno di settori industria

pesante;

Programma: difesa della guerra e dell’intervento;

tutela e valorizzazione dell’esperienza dei reduci;

sostegno a ceti popolari; repressione del sindacalismo sostegno a ceti popolari; repressione del sindacalismo

rosso; attacco alla classe dirigente liberale, accusata di

incapacità; richiesta di una costituente

Organizzazione: territoriale, localizzata;

Attività: organizzazione dei reduci in forme militari;

propaganda; allestimento di squadre armate che

compiono atti intimidatori o violenti.

Fasci di combattimento:

il fascio di Lissone

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

Elezioni maggio 1921:

Per contrastare l’avanzamento dei partiti popolari, si forma un

blocco conservatore guidato dai liberali e

sostenuto dagli industriali;

In questa lista sono inseriti anche i candidati In questa lista sono inseriti anche i candidati

fascisti e nazionalisti.

Esiti: Socialisti: 122

Popolari: 107

blocco conservatore: 275

(di cui: 35 fascisti; 10 nazionalisti)

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

Roma, 9 novembre 1921

NASCITA DEL PARTITO NAZIONALE FASCISTA (PNF)

I Fasci vengono trasformati in una organizzazione paramilitare a base I Fasci vengono trasformati in una organizzazione paramilitare a base

territoriale, diretta da un “quadrumvirato” composto da Italo Balbo,

Cesare Maria De Vecchi, Emilio De Bono, Michele Bianchi)

1923

PNF ingloba il Partito nazionalista

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

24 ottobre 1922 a Napoli Mussolini dichiara pubblicamente l’intenzione delle “milizie” fasciste concentrate nella città di occupare la capitale; la minaccia del colpo di Stato intende smuovere il re; Mussolini lascia poi agire i suoi luogotenenti, che si installano a Perugia per dirigere l’insurrezione;

Contemporaneamente Mussolini aveva preso contatti con i maggiori esponenti del partito liberale (Giolitti, Facta, Orlando) per formare una coalizione di governo; utilizza la mediazione del prefetto di Milano Alfredo Lusignoli;formare una coalizione di governo; utilizza la mediazione del prefetto di Milano Alfredo Lusignoli;

27 ottobre 1922 le milizie fasciste inscenano la “MARCIA SU ROMA”; in realtà non raggiungono la capitale, che è presidiata da un reparto militare;

Facta presenta le dimissioni; il re le rifiuta;

28 ottobre 1922 Facta prepara un decreto di stato di assedio;

29 ottobre 1922 il re non firma il decreto; decide di adottare una linea di cooperazione con Mussolini; accetta le dimissioni di Facta e affida l’incarico di formare il governo a Mussolini stesso.