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KYOSS - MENSILE N. 150 gennaio 2013 - POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, NE/PD - EURO 7,00 S P A Z I la rivista specializzata per i geometri, gli architetti gli ingegneri, i costruttori e per tutti i professionisti dell’abitare gennaio 2013 nuovi modi di abitare interviste materiali tecnologie ambiente portfolio innovazioni domotica bioedilizia energie tecniche esposizioni libri news Progetti tecniche materiali energie impianti tecnologie bioedilizia domotica strumenti ver S P A Z I

Kyoss Spazi Gennaio 2013

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La rivista professionale specializzata per i geometri, gli ingegneri, i progettisti, i costruttori. Un punto di riferimento innovativo per tutti i professionisti del costruire. Uno strumento di settore per comunicare e far conoscere materiali, strumenti e tecnologie per il mondo dell’edilizia.

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gennaio 2013anno 3 numero 150

Editore, Art Director eDirettore Responsabile:Simone [email protected]

Direttore di Redazione: Elisabetta [email protected]

Progetto Grafico:Simone Pavan - Anna FanchinVanessa Fere - Lorenzo [email protected]

Redazione: Michele Amadio - Wilder BiralChiara Brighenti - Benedetta Dall’Agnola - Serena LeonardiGelindo Pretto - Giorgia RicondaManuel Righele

Edito da: KYOSS CONCEPTAgenzia di Pubblicità e MarketingVia Bellini 636078 Valdagno (Vi)Tel. 0445 [email protected]

Iscrizione al Tribunaledi Vicenza n° 1002 - 28/05/01numero del Repertorio del ROC 19214.

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L’anno nuovo si apre con un percorso insolito. Non grandi architetture, costruzioni che affascinano per la loro complessità e per la capacità che hanno di raccontare. Non architetti di fama con le loro opere straordinarie. Gennaio si apre con soluzioni abitative decisamente low cost ma curiose. Un viaggio attraverso dimore nate con la principale funzione di fornire un rifugio, un riparo dal mondo esterno. Una scelta che talvolta prende a pretesto bioedilizia e compatibilità ma più semplicemente rappresenta una scelta filosofica •

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7 • Vivere sugli alberi

10 • Al caldo di un igloo

12 • Abitare secondo Tolkien

16 • innovazioni e tecnologienuovi prodotti

sommario

portfolio

24 • domoticaRubinetteria tecnologica

28 • tecnicheil micelio come polistirene

30 • energieCentrale biogas Udine

32 • ricercaCostruire col bambù

26 • bioediliziaBeleaf, un nuovo legno

34 • ultime novitàda Burxelles

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abitare | LA CASA SuLL’ALBErO

Una casa vista frondeVivere a sette metri da terra di Elisabetta Badiello

treehouse

Avete mai sognato di vivere sull’al-bero? Magari spinti dal timore an-cestrale di essere preda, oppure affascinati dal poter guardare il mon-do dall’alto, nascosti dalle fronde. Un posto che ha il sapore di un rifugio. Abitare sull’albero è vivere in armo-nia con la natura. Ma se da bambini lo abbiamo magari soltanto sognato, da adulti possiamo toglierci la soddi-

pertura del tetto e le congiunzioni del legno. I suoi componenti sono quegli elementi tipici delle costruzioni tradizionali come travi, pilastri e solai con la differenza però che sono di di-mensioni contenute.Anche se apparentemente sospe-sa, i criteri costruttivi sono gli stessi di qualsiasi altro edificio. A partire dalle fondamenta che devono essere ro-

sfazione di soggiornare per qualche notte in un rifugio tra i rami o addirit-tura andarci a vivere. Una casa sull’albero può infatti na-scere come una vera e propria abi-tazione e come tale soddisfare i più esigenti parametri di confort. Viene realizzata completamente in legno, a esclusione di alcuni elementi com-plementari come le finestre, la co-

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abitare | LA CASA SuLL’ALBErO

buste e in grado di sostenere la ca-sa: l’albero in questo caso funge da pilastro naturale che affonda le sue radici nel sottosuolo, distribuendo il carico a terra. Ovviamente dovrà essere sano e robusto. Riguardo alla tipologia sono da preferire fras-sini, olmi, castagni, tigli, querce ma anche conifere come abeti, pini e cedri, purchè siano grandi. Non ne-cessariamente si deve optare per un

solo albero. Possono essere create strutture più complesse collegando interi agglomerati. Il solaio è realizzato con dei veri e propri appendimenti, dei tiranti di acciaio che legano la struttura all’al-bero in modo da distribuire il carico portante della struttura sul fusto. Se questi non dovessero bastare, la base viene integrata con dei pali in legno che vengono inseriti a terra,

realizzati in funzione del tipo di terre-no su cui poggiano.La situazione sarà poi diversa per una casa da usufruire nell’intero periodo dell’anno. In tal caso è necessaria la coibentazione delle pareti, come del tetto e del pavimento. Trattandosi però di una struttura che già nasce con un’anima verde, il materiale uti-lizzato per il riempimento sarà su-ghero, fibra di legno, canapa, cocco,

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lana di pecora. Completano la dota-zione gli impianti elettrici, idraulici e di riscaldamento, in linea con le moder-ne tecnologie ecosostenibili che nei confronti dell’ambiente sono certifi-cate a impatto zero. In Piemonte, tra i boschi dei Monti Pelati, sorge un villaggio di “arbori-coli”, così si chiamano gli abitanti de-gli alberi. Una piccola comunità che ospita sette case abbarbicate su

castagni e carpini dove vivono, a sei/sette metri da terra, dodici persone adulte e una bambina. Una scelta che mai come in questo caso è so-spesa tra bioedilizia e filosofia natu-rale. Se invece la curiosità prevale, è possibile provare l’emozione di una camera con vista fronde anche in Italia. Al Parco Tematico TreeVillage di Claud in Friuli Venezia Giulia, o vi-

cino a Tuscania nel Lazio. All’estero le possibilità sono veramente molte. Dalla Francia le splendide Cabanes Les Ecotagnes, vicino ad Annecy, costituiscono un piccolo mondo fa-tato. Poi i villaggi treehouse di Ke-nia, Tanzania e Giamaica, immersi nell’ambiente tropicale, fanno rivive-re il fascino di Avatar •

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igloo

abitare | IL FASCINO DEI GhIACCI

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Vivere sottozero Un modo diverso di intendere la casadi Elisabetta Badiello

Ci sono molti modi di abitare e una dimora può essere tale anche se costruita di ghiaccio. Una scelta che spesso è imposta da ciò che riserva l’ambiente. Per le popolazioni dell’Ar-tico dover fare i conti con una natu-ra priva di alberi, dove la sola fonte di sostentamento in passato erano la caccia e la pesca, gli igloo rappre-sentavano l’unico modo di addome-sticare l’esterno e sopravvivere ai rigori del clima.Nelle zone polari queste srutture hanno rappresentato il modus abita-tivo. Costruite come rifugio stabile e resistente dove potersi riparare, per secoli sono state la tipica abitazione delle popolazioni nell’estremo nord del pianeta. Igloo significa casa e per costruirla sono richieste tecniche ben precise. Si utilizza neve pressata per formare dei mattoni sagomati diversamente in modo da assecondare la forma a cupola della costruzione. I blocchi, dai bordi arrotondati, sono disposti

in modo circolare e sovrapposti l’uno all’altro seguendo una spirale oppu-re più semplicemente in cerchi sem-pre più stretti, inclinati verso l’interno. Sono mattoni leggeri, la neve è un materiale facile da plasmare.Finita la cupola, si scava nella parete il foro d’entrata, generalmente pro-tetto da una piccola volta che serve a ostacolare l’entrata di raffiche di vento. Nel freddo artico tutto ha una sua funzione. Come l’accesso che basso e a L serve a impedire la di-spersione termica. Se all’esterno si raggiungono anche i -50°, all’interno con due persone e una piccola stufa si ottengono velocemente i 17°. Un piccolo foro, in alto, serve da comi-gnolo quando si accende il fuoco. Alcune volte, nei villaggi, venivano scavati cunicoli sotterranei comuni-canti tra i vari igloo, per motivi di sicu-rezza o per muoversi di casa in casa in condizioni atmosferiche avverse. Queste abitazioni di ghiaccio costi-tuivano un rifugio temporaneo, per

il tempo della caccia o della pesca, ma potevano anche essere abitati come case permanenti. In tal caso la costruzione prevedeva più stanze, con ambienti collegati tra loro.Se gli Inuit, abitanti dell’Artico, hanno però cominciato da qualche tempo a trasferirsi in abitazioni più tradizio-nali di gusto occidentale, il fascino di una residenza di ghiaccio ha tuttavia contaminato anche chi non ha mai attraversato il confine di Alaska, Si-beria o Groenlandia. La tendenza ad alloggiare in villaggi-vacanza dotati di Igloo si sta diffondendo negli ulti-mi decenni e le offerte sono molte. Iglu-Dorf propone l’opportunità di pernottare in igloo a scelta in Fran-cia, Svizzera, Germania, Austria o Andorra. Dei veri e propri villaggi do-ve si trovano bar, igloo standard o romantici, nonché una grande varie-tà di offerte per vivere e sognare per una volta come un vero eschimese •

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hobbit

abitare | VIVErE SECONDO TOLKIEN

Non c’è limite alla fantasia dell’abitareQuattro mesi sono bastati a Dale per concretizzare il suo sognodi Elisabetta Badiello

Una vera Hobbit mania. Chi non ha subito il fascino di quei piccoli esseri, scaturiti dalla fantasia di Tolkien, abi-tatori della Terra di Mezzo? Uomini dalle proporzioni minute e dai piedi pelosi e resistenti?Affascinato forse da questo univer-so immaginario Simon Dale, ha co-struito, con le proprie mani, una casa per sé e la sua famiglia, nel bosco del Galles in Gran Bretagna, lontano da inquinamento e frenetica vita di cit-tà. A dimostrazione che l’abitare non ha confini, e spesso varca anche gli

pietre, coibentando pavimenti, muri e soffitto solo con balle di fieno.Una storia nata e cresciuta comple-tamente in famiglia. Dale ha ottenuto il permesso di costruire la sua casa dai proprietari del terreno con l’im-pegno di prendersi cura dello spazio circostante. Grazie all’aiuto del suo-cero e di alcuni amici è stato fatto lo scavo per le fondazioni e tutti hanno contribuito alla costruzione. Un telaio di legno regge la struttura mentre il tetto è stato rivestito da una guaina di plastica ricoperta da uno strato di

orizzonti della fantasia. Dale ha 32 anni, moglie e due figli. Fotografo freelance con una predilezione per il soggetto natura.L’abitazione si è già guadagnata il nome di casa dell’Hobbit perché a vederla ricorda quelle descritte nel libro “Il signore degli anelli”. Quat-tro mesi di lavoro, con una spesa di circa 3.500 euro, così dichiara Mr. Dale, è una casa super ecologica, autosufficiente e auto costruita. Una struttura totalmente a impatto zero che utilizza legno di quercia, fango e

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paglia. Questo per evitare infiltrazioni d’acqua. Fin qui nulla di straordinario ma Dale ha ricoperto poi il tetto con terra seminata a prato. In tal modo garantisce isolamento termico e in-tegra l’abitazione con la natura cir-costante. All’interno, pareti di paglia fissata ai muri con listelli di legno di nocciolo. Il tutto in ossequio ad un gusto piuttosto bucolico.Riscaldata da una stufa a legna in in-verno, d’estate l’abitazione gode di un sistema di ventilazione naturale e dell’utilizzo intuitivo della geotermia

che ne garantisce il raffrescamen-to. Anche il frigorifero è alimentato dall’aria fredda proveniente dalle fondamenta. I pannelli solari produ-cono l’energia per luce e computer mentre l’acqua è assicurata da una sorgente naturale. Tutti i materiali impiegati per la costruzione sono a kilometro zero, in parte di origine na-turale in parte frutto di riutilizzo. Pavi-mento con listelli di legno di scarto e le macerie di altre costruzioni hanno contribuito al riempimento dei mu-ri costruiti a secco. Gli utensili usa-

ti sono sega, martello, scalpello “e davvero poco altro”. Una casa de-cisamente alla portata di tutti. In un periodo di austerità, con l’incubo di dover sostenere mensilmente le ra-te del mutuo, Dale ha messo a frut-to l’ingegno nel concretizzare una struttura che per gli altri vive solo nel mondo della fantasia •

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Anche la lampadina diventa un di-spositivo di rete, ed è una rivoluzio-ne. La luce ora la controlli in remoto direttamente dallo smartphone o dal tablet, iOS e Android.Lo starter kit, con tre lampadine led e una piccola centralina di controllo da collegare al router via Ethernet, è in vendita in esclusiva negli Apple Store. Il sistema è semplice da confi-gurare e l’attacco delle lampadine è quello standard: quindi puoi montarle dove vuoi. Scarichi l’app gratuita (per iPhone e iPad ma anche per dispo-sitivi Android) e in punta di dito puoi accendere e spegnere la luce ovun-que tu sia, anche dall’altra parte del mondo. Oppure puoi programmare dissolvenze che ricreano l’atmosfe-ra dell’alba e del tramonto, e perfino virare il colore della luce utilizzando una fotografia come tavolozza co-lore •

prOdOtti | A CurA DI KYOSS

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iHouse

dOMOtiCa | IL BAGNO INTELLIGENTE

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Le aziende si fanno interpreti di una nuova filosofia della stanza da bagno, completamente aperta al controllo wireless e digitale. La rivo-luzione digitale non ha risparmiato la rubinetteria: i nuovi miscelatori digita-li, grazie anche alla domotica, offro-no prestazioni di altissimo livello.Questi moderni miscelatori, caratte-rizzati da un design semplice ma al contempo ricercato, sono alla porta-ta di tutti e, grazie alla loro tecnolo-gia, presentano un grande comfort d’impiego. Infatti si può dire addio alle tradizionali manopole: questi mi-scelatori digitali le sostituiscono con appositi pulsanti, che regolano auto-maticamente la temperatura dell’ac-qua con grandissima precisione. Il sistema, grazie ad una tecnologia human-friendly, permette di perso-nalizzare elettronicamente non solo la temperatura, ma anche il flusso e la durata del getto d’acqua per le varie funzioni. Con un solo e sempli-

novità: il colore. Stanchi della solita acqua trasparente sono stati cre-ati anche i miscelatori con illumina-zione a led, dotati di un adattatore che dona un colore di tonalità diver-sa all’acqua, a seconda del livello di temperatura raggiunta. L’ideale per delle vere e proprie sedute di cro-moterapia casalinghe.L’avanguardia raggiunta da queste diverse soluzioni permette di con-trollare l’acqua, anche per evitare spiacevoli sorprese a causa di tem-perature sbagliate, ed allo stesso tempo di personalizzare il bagno. La rubinetteria tecnologica, accanto a questi miscelatori, contempla an-che i soffioni con illuminazione a led, a parete e a soffitto, dal diametro maxi e soffioncini multi getto, tutte soluzioni progettate per rendere il tempo dedicato all’igiene un mo-mento insostituibile di benessere •

Da casa-domotica.com

ce tocco ci si può interfacciare con l’acqua e svolgere anche più piace-volmente attività quotidiane come lavarsi le mani, i denti, il viso, farsi la doccia o il bagno.Attraverso la funzione smart memo-ry si può poi richiamare l’impostazio-ne memorizzata quando si desidera. è possibile impostare fino a tre con-figurazioni diverse, in modo che i vari componenti della famiglia possano avere tutti il loro programma perso-nalizzato. Tutto questo concorre a creare una totale forma di benes-sere che non trascura però la tutela dell’ambiente, in quanto si sviluppa nel pieno rispetto della compatibili-tà ambientale. Infatti la possibilità di impostare preventivamente sia la temperatura che la durata di un get-to d’acqua, contribuisce al risparmio delle risorse energetiche ed idriche.L’estetica, sempre in primo piano, propone delle forme accattivanti, un’eleganza estrema e anche una

Rubinetteria tecnologicaL’ultima generazione

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Beleaf

biOediLizia | MATErIALE VEGETALE

Un “nuovo legno” che trae origine dai residui di lavorazioneDagli scarti derivanti dalla coltivazione delle banane arriva un materiale in grado di sostituire il legno di pannelli e impiallacciature riducendo l’impatto ambientale del 90%

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è stato messo sul mercato dall’azienda con un processo inno-vativo, analizzato dal Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici (CMCC), in collaborazione con WWF Italia, seguendo i criteri del “Life Cycle Assessment”(LCA- valu-tazione del ciclo di vita).L’impiego di sola biomassa vegetale, estratta dagli scarti di coltivazione di banano presenti nelle aree tropicali, sostituisce l’uso di legno provenien-te da piantagioni forestali con impor-tanti benefici ambientali. Evita l’uso di risorse primarie boschive, di feno-meni di deforestazione, e dell’occu-pazione di suolo nel caso di impianti fortemente inquinanti. Porta alla qua-si totale riduzione dell’uso di colle e sostanze chimiche nocive grazie alla presenza delle resine naturali del ba-nano. Azzera l’impiego di risorse idri-che nella catena produttiva perché nel banano l’elevata percentuale di acqua presente nella fibra fa rispar-miare l’uso di questa risorsa.

Inoltre, nella realizzazione dei prodot-ti principali quali pannelli e piallacci, vengono rispettivamente risparmiati il 32% e il 58% di emissioni di gas ser-ra, rispetto al processo convenzio-nale di produzione di impiallacciature di legno.I vantaggi non sono solo di tipo am-bientale ma anche sociale. Infatti, per la raccolta della materia prima (scarti del banano), l’azienda ha escluso i terreni gestiti da multinazionali, pri-vilegiando i piccoli proprietari terrieri a conduzione agricola familiare, cre-ando così non solo posti di lavoro in aree del Sud del mondo fra le più svantaggiate, ma anche formando i nuovi lavoratori con corsi gratuiti di lingua inglese.“Con un minimo sforzo la catena produttiva promossa da Beleaf, che usa materiali di scarto, ha coniugato in questo suo prodotto innovazione di mercato e rispetto dell’ambiente, sviluppando un modello replicabile a tutti i Paesi attivi in questa produ-

zione” dichiara Massimiliano Rocco, Responsabile Foreste WWF Italia. “Oggi più che mai bisogna diminuire la pressione dall’uso massiccio e il-legale del legname proveniente dalle foreste tropicali e fare del riciclo un imperativo di vita” prosegue Rocco “questo nuovo prodotto raggiunge entrambi gli obiettivi, contribuendo alla sfida che tutti dobbiamo cogliere di rendere la nostra presenza soste-nibile per questo pianeta, che è l’uni-co che abbiamo”.L’esperienza nell’utilizzo dei residui per la produzione del “nuovo legno” pone molti presupposti per poter essere trasferita e ampliata in tutti i Paesi ad alta produzione di banane poiché si tratta di un processo pro-duttivo facilmente replicabile, per la semplicità della catena di trasforma-zione sviluppata e per il limitato biso-gno di input energetici •

Da gogreen.virgilio.it

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il micelio

teCNiCHe | uN FuNGO COME COLLANTE

Un materiale biologico nuovo che sostituisce il polistireneComposto organico di sottoprodotti agricoli si aggrega naturalmente

Talvolta è attraverso l’osservazione della natura che nascono soluzioni tecnologiche. Ma c’è un nuovo prodotto, un ma-teriale assolutamente ecologico, molto simile nella consistenza, nelle proprietà e nell’aspetto al comune polistirolo, che possiede però una caratteristica assai diversa dalle altre invenzioni. In questo caso infatti il ri-sultato del processo non deriva dalla mimesi della natura ma, al contrario, è la natura stessa che sembra imita-re la tecnologia, facendo quasi tutto da sola e lasciando all’uomo solo il compito di controllare e facilitare un processo spontaneo.

IL MATERIALE INNOVATIVO CHE SOSTITUISCE IL POLISTIRENEQuesto materiale, al momento bre-vettato, prodotto e distribuito negli Stati Uniti, è un composto organico di sottoprodotti agricoli, quali steli di piante e bucce di semi che, una vol-ta attaccati da un fungo, generano in meno di una settimana un composto auto-assemblato senza la necessita di additivi quali acqua, luce o materiali petrolchimici. Il fungo in questione è il micelio che agisce come un collante naturale nell’arco di una settimana, e rende possibile la sua gestione in ambienti interni controllabili.La forma finale del prodotto è de-

terminata dalla forma dei contenito-ri in cui viene dato inizio il processo chimico di trasformazione, ed è per questo che la destinazione d’uso deve essere stabilita a priori, all’inizio del ciclo produttivo.è importante sottolineare che in questa fattoria verticale si manipo-la solo il tessuto del fungo, le spore non vengono mai coinvolte: quando si ottiene la forma voluta, un proces-so di riscaldamento e disidratazione arresta la crescita naturale ed elimina ogni problema allergeno legato alle spore.

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GLI UTILIZZI PRATICIBiologico al 100%, questo materiale può quindi essere impiegato negli imballaggi, negli isolamenti, nei calchi preformati, ecc... Si tratta di una nuo-va generazione di biocomposti che presentano una ulteriore innovazione rispetto alle altre materie prime bio-plastiche: mentre queste richiedono vaste colture e sottraggono spazio alle industrie alimentari, nel nostro caso si fa upcycle di prodotti di scar-to che si producono costantemente e spontaneamente. Non c’è più bi-sogno di collanti cancerogeni conte-nenti il formaldeide: il nuovo prodotto viene quasi “coltivato” ed il brevetto

riguarda soltanto la giusta calibratu-ra di materie prime per garantire di-verse qualità tecniche come densità, forza, consistenza e aspetto del ma-teriale. Il tal modo questo risponde a diverse richieste prestazionali di una lunga lista di prodotti, quali gli isolanti acustici, le protezioni contro il fuoco, i moduli strutturali, gli imballaggi e i casseformi.è molto apprezzabile lo spirito colla-borativo che pervade il team di pro-duzione: non si teme la concorrenza ma, al contrario, c’è apertura per nuove collaborazioni e sperimen-tazioni esterne. Ultimamente è sta-to messo in commercio un kit che

permette di osservare da vicino il fenomeno e sperimentare la nuova tecnologia autonomamente. Chiun-que può creare a casa propria il pro-dotto nella forma che più desidera, e magari suggerire e brevettare una nuova utile applicazione •

Da architetturaecosostenibile.it

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eNerGia | FILIErA A KM ZErO

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Greenway Bertiolo

Produrrà oltre 8.500 MWh l’anno e lo farà con il biogas ricavato dalla fermentazione delle colture erba-cee. La centrale Greenway Bertiolo di Udine, inaugurata il 1° dicembre nella nuova zona industriale in locali-tà Braide Matte, è uno dei più grandi impianti a biogas del Medio Friuli, ol-tre che un esempio unico della ca-pacità del sistema locale di fare rete. Il progetto, concepito nel 2009 da Greenway, Società agricola costitui-ta da tre famiglie di imprenditori con la partecipazione al capitale sociale di FriulAdria, del Gruppo Cariparma - Crédit Agricole e con lo studio Ca-tullo & Partners di Treviso nel ruolo di advisor, è stato realizzato insieme con altri attori economici locali, Cari-fvg in qualità di banca mutuataria e NEB per la fase di avvio. “La centrale Greenway Bertiolo è un’idea che è nata sul territorio e per il territorio - spiega Marco Tam, pre-sidente Greenway e coordinatore del progetto - Abbiamo fatto rete va-lorizzando le competenze di ognuno

L’impianto ha una potenza di 1 MW elettrico, sufficiente a coprire il fabbi-sogno elettrico di oltre 2000 famiglie. La centrale occupa una superficie di 18.000 metri quadrati e può conta-re sulla disponibilità di 300 ettari di terreno. Detraendo gli autoconsumi dalla produzione annua prevista di 8500 MWh, si stima di cedere alla rete circa 8.000 MWh, con la possi-bilità di valorizzare energia termica a costi contenuti per l’area industriale limitrofa. Il biogas si produce in un processo anaerobico in mesofilia (temperatu-ra intorno ai 40-45°) che interessa le masse vegetali all’interno di fermen-tatori; questo gas alimenta un mo-tore (il cogeneratore) che produce l’energia elettrica da immettere nella rete. I residui del processo, fertiliz-zante liquido di alta qualità e concime naturale, sono poi conferiti ai terreni gestiti dalla stessa Greenway •

Da infobuildenergia.it

(tecniche, agronomiche, gestionali e finanziarie) dando vita a un team di lavoro di trenta persone. Il nostro intento era dare impulso all’econo-mia locale e per questo sono state aziende friulane a costruire l’impian-to. Soltanto la tecnologia è tedesca, quella della Schmack Biogas Srl. La progettazione è però italiana come anche il personale che ha seguito i lavori”. Greenway Bertiolo rappresenta un tipico caso di filiera a km zero, sia in entrata sia in uscita: infatti i ter-reni limitrofi alla centrale (tutti nelle disponibilità della società agricola Greenway) forniscono la materia pri-ma, mentre il fertilizzante organico naturale che risulterà dal processo tornerà su questi stessi terreni so-stituendo, in buona parte, il concime chimico.Costata complessivamente circa cinque milioni di euro, la centrale, realizzata fra il 2009 e il 2011 e col-laudata nel 2012, funzionerà conti-nuativamente per 365 giorni l’anno.

Centrale a biogasInaugurato a Udine un impianto che copre il fabbisogno elettrico di oltre 2000 famiglie e valorizza energia termica a costi contenuti per l’area industriale limitrofa

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riCerCa | VEGETALI pEr COSTruIrE

Bambù, salice e canna utilizzati come materiali da costruzioneElastici e resistenti sono apprezzati da un’architettura sempre più sostenibile

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bambù

Nell’ambito della ricerca e della spe-rimentazione di materiali vegetali per l’architettura, il bambù gode oggi di una posizione sicuramente privile-giata, dovuta all’interesse che ha suscitato nel mondo occidentale negli ultimi decenni. Questa pianta, della famiglia delle graminacee, ser-viva come materiale da costruzione, fin da tempi antichissimi, soprattut-to nell’area asiatica e in quella latino americana, in cui è da considera-re materiale tipico, impiegato nelle tecniche tradizionali e praticamente per qualsiasi tipo di scopo, dal rive-stimento degli interni abitativi fino alle parti strutturali degli edifici. La pian-ta del bambù in queste aree geo-grafiche è così diffusa che in alcune culture essa è diventata anche un simbolo di forza e duttilità, in sinto-nia con le filosofie orientali: è elastica ma resistente, rappresenta integrità morale e al tempo stesso apertura mentale.In Europa e nel mondo occidentale più in generale, questo materiale (ini-zialmente impiegato per rivestimenti di interni come pareti e pavimenti) comincia a essere conosciuto grazie alle opere di alcuni architetti “pionieri” nella riscoperta delle sue grandi pro-

prietà meccaniche ed ecologiche. Oltre all’intrinseca bellezza, l’elevata resistenza meccanica, questa pianta cresce a una rapidità notevole, arri-vando fino al 30% all’anno (rispetto al 2-3% degli alberi); questa sua ca-ratteristica è forse la principale spinta che ha indotto il mondo del costruire sostenibile a sperimentarne sempre di più le potenzialità. Recentemente si sono incentivate le realizzazioni di bambuseti, o coltivazioni di bambù, nell’area europea, Italia compresa, luoghi in cui questa pianta non è pre-sente in origine. Poiché il bambù è fortemente adattabile ad una mol-teplicità di condizioni climatiche, non è difficile creare queste coltivazioni, per contro il problema è riuscire a controllare la crescita e l’espansione di questo arbusto entro i confini defi-niti, per favorire la coesistenza anche con le foreste pre-esistenti, in ma-niera bilanciata e senza danneggiare la biodiversità della zona nella quale si va a piantare il bambù.In Europa invece, sempre della fa-miglia delle graminacee è presente la Arundo Donax, nota come can-na comune, che cresce spontanea soprattutto lungo i fiumi e i laghi; ha caratteristiche simili al bambù ma è

meno versatile, poiché impiegabile solo per rivestimenti e strutture leg-gere. La canna comune riesce a soprav-vivere bene in condizioni di siccità, come in Puglia, dove lo studio LAN, laboratorio architettura naturale, fon-dato dall’architetto Francesco Poli, ne sperimenta da diversi anni le ap-plicazioni, a metà tra architettura e arte del paesaggio. Il gruppo di Stoccarda Sanfte Stru-kturen di Marcel Kalberer, da circa 25 anni crea delle strutture in salice che, germogliando dalle proprie ta-lee legnose, con il tempo si trasfor-mano in veri e propri “edifici verdi” creando delle vere e proprie “archi-tetture viventi”. Il salice richiede più acqua della canna comune, il che lo rende meno idoneo a zone secche. Bambù, canna comune e salice: so-no tre materiali vegetali le cui carat-teristiche ecologiche e di resistenza, di crescita rapida e per lo più sponta-nea, affascinano gli architetti e li spin-gono a esplorarne le potenzialità, ne fanno materiali da scoprire, o forse da riscoprire •

Da architetturaecosostenibile.it

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vetrina da museo

da brUXeLLeS | NEWS DAL MONDO

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La sede della Folkwang University, accademia di musica e arte nella re-gione della Renania Settentrionale-Vestfalia, è stata ricavata all’interno del vecchio monastero benedettino di St. Ludgerus a Essen-Werden, divenuto prigione, nel 1811, con l’oc-cupazione francese. Nel corso del XVIII secolo il complesso è stato trasformato in residenza principe-sca, disposta attorno ad una corte, la Cour d’Honneur. La nuova biblio-teca universitaria di Max Dudler, che si aggiudica il concorso nel 2006, si posiziona sul fronte sud della corte, in sostituzione di un ex ospedale mili-tare d’epoca prussiana, demolito nel 1969.La nuova realizzazione racchiude un lato della corte con un’imponen-te struttura cristallina, la cui tessitura

l’esterno con affaccio sulla corte.La facciata in vetro è agganciata alla struttura portante dell’edificio in ce-mento armato mediante un sistema a montanti verticali. I pilastri in calce-struzzo sono stati dimensionati e po-sizionati in funzione delle proporzioni delle scaffalature interne per i volumi.Per il rivestimento dei pilastri è stato utilizzato il medesimo legno di cilie-gio impiegato per scaffali e arredi, non tutti però sono stati pensati co-me elementi portanti: all’interno delle cavità di alcuni passano le tubazioni degli impianti di condizionamento dell’aria •

Da archiportale.com

intende rappresentare una citazio-ne della facciata dell’antica prigione francese. Dudler concepisce l’edi-ficio sull’idea di base di una “vetrina da museo”, ma al tempo stesso pro-getta un edificio monumentale dal volume monolitico.Il disegno della facciata è stato pro-dotto in collaborazione con il foto-grafo Stefan Müller: ogni singolo pannello di vetro, che compone il rivestimento, riproduce l’illusione di essere di fronte a un materiale lapi-deo, grazie all’impiego di una parti-colare tecnica fotografica applicata al vetro.In questo modo possono intrave-dersi le ombre di chi si trova oltre la facciata e la luce naturale viene fil-trata all’interno della biblioteca. Di notte, invece, l’edificio illumina anche

Essen: la nuova Folkwang Library disegnata da Max DudlerIl vetro “imita” il materiale lapideo grazie alle tecniche della fotografia

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