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1
Siamo
siamo
IL NOSTRO CORPO, TEMPIO DELLO SPIRITO:
dentro la nostra opportunità
O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non
appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo.
Glorificate, dunque, Dio nel vostro corpo!
(1 Cor 6,19-20)
Itinerario tematico
Campo scuola
NOCERA UMBRA
Le quattro tappe del percorso
2
1 REGOLA O REGALO?
Noi siamo molto di più del solo corpo: non siamo solo quello che si vede
“esteriormente” di noi. Eppure… senza il nostro corpo semplicemente non esistiamo.
Dovunque siamo, ovunque andiamo, lì c’è anche il nostro corpo: è un dono che ci è stato
fatto con la vita, è un dono da cui mai ci potremmo separare. Possiamo immaginare o
desiderare di stare in più posti contemporaneamente o di vivere in un tempo diverso da
quello in cui ci troviamo ma il nostro corpo, da cui mai ci separiamo, non ce lo permette.
Possiamo pensare di non trovarci insieme ad altre persone, di non trovarci di fronte a
qualcuno che non abbiamo il piacere di vedere ma il nostro corpo non ci permette di essere
“invisibili”. Il nostro corpo ci impone di entrare in relazione con altre persone, di vivere in un
tempo e in uno spazio precisi, ma proprio per questo ci dà unità e unicità.
Abbiamo un dono e riconosciamo di avere, grazie a questo dono, dei limiti.
Ma il limite è sempre qualcosa di negativo? Cosa stabilisce il limite? Se metto insieme i miei
limiti non vengono fuori i “confini” dentro i quali si può realizzare l’opportunità che mi è data
con il dono della vita? Esistono doni che non hanno confini? Esistono cose che non hanno
confini/limiti?
Potremmo dire, semplicemente, “io sono qui”: anziché essere dentro casa a studiare potrei
essere con i miei amici, potrei farmi un giro… ma sono qui! Anziché discutere sempre con i
miei genitori, impuntarmi con mio fratello o mia sorella, potrei andare a vivere da un’altra
parte… ma sono qui, è ancora troppo presto, e poi dove vado? Potrei vivere al le Hawaii su
una sdraia, con una bella bibita fresca, tutti i giorni senza far niente… ma ora sono qui!
Il mio corpo mi riporta, sempre, alla realtà: dura o non dura, faticosa o spensierata…
Per quanto cerchi di fantasticare, per quanto cerchi di evadere da ciò che mi fa sentire
imprigionato, per quanto abbia voglia di volere subito qualcosa, volere subito un
cambiamento… il mio corpo mi riporta “a casa”, dove sono: non posso fuggire dalla realtà!
Questo non è un condizionamento atroce e frustrante e neanche una condanna: è anzi il
punto di partenza più importante, è la nostra opportunità da cogliere. Posso iniziare a
camminare, posso iniziare qualsiasi mio progetto, posso realizzare e valutare qualsiasi mio
sogno e desiderio solo da un punto di partenza “vero e reale”. Posso partire solo da dove mi
trovo, qui e adesso, e insieme alle persone con cui mi trovo a vivere delle relazioni.
Il corpo mi ricorda dunque che ho ricevuto un dono che ha dei limiti.
3
DAL LIBRO DELLA GENESI 2,15-17
15Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo
custodisse. 16Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: "Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del
giardino, 17ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché,
nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire".
DAL LIBRO DELLA GENESI 3,1-13
1Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna:
"È vero che Dio ha detto: "Non dovete mangiare di alcun albero del giardino"?". 2Rispose la
donna al serpente: "Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, 3ma del frutto
dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: "Non dovete mangiarne e non lo dovete
toccare, altrimenti morirete"". 4Ma il serpente disse alla donna: "Non morirete
affatto! 5Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e
sareste come Dio, conoscendo il bene e il male". 6Allora la donna vide che l'albero era buono
da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo
frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò. 7Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di
fico e se ne fecero cinture.
8Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del
giorno, e l'uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli
alberi del giardino. 9Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: "Dove sei?". 10Rispose: "Ho udito la tua voce
nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto". 11Riprese: "Chi ti ha
fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non
mangiare?". 12Rispose l'uomo: "La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell'albero
e io ne ho mangiato". 13Il Signore Dio disse alla donna: "Che hai fatto?". Rispose la donna:
"Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato".
4
-------------------------------------- PER COMPRENDERE DI PIÙ IL BRANO
Puoi mangiare di tutto, sei completamente libero. Quello che ho fatto – dice il Signore – l’ho
fatto per te. È tuo……. «Ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne
mangerai». In italiano è stato tradotto un verbo dovere, che in ebraico non esiste; sarebbe
meglio toglierlo. C’è un futuro: non mangerai. Perché se ne mangi, certo muori. Non è di
nuovo un divieto, ma è un avviso, come dire: puoi mangiare di tutto. Tutto quello che ho
fatto è tuo, ma attento: quello è velenoso, mangiandone si muore. Un po’ come sui pali
dell’alta tensione: «Chi tocca, muore». Non sono cattivi quelli dell’Enel, o invidiosi, dicono
semplicemente: Gente, se toccate i fili, ci restate secchi. Se volete toccarli, potete!!!
Un’altra cosa simpatica legata al testo è quella di domandarsi se qualcuno si sia mai messo
a studiare o a ricercare dove fosse quel giardino. Quando trovate articoli in cui si fa cenno al
possibile ritrovamento del sito del Paradiso
Terrestre, abbiate la certezza che quelli non sono competenti sull’argomento di cui stanno
trattando. Qualunque paese fertile, antica oasi, si possa trovare, quello non era il Paradiso
terrestre, potete esserne sicuri: perché il giardino non è geograficamente delimitabile. Il
giardino è il rapporto con Dio, è un buon rapporto con Dio. Quindi la geografia non lo
spiegherà mai!
Poi entra in gioco il serpente … «Egli disse alla donna: È vero che Dio ha detto: ‘Non dovete
mangiare di nessun albero del giardino?» (3,1b).
Questa è l’immagine abituale che ci si fa della «legge» data da Dio all’uomo: Dio ha proibito
di mangiare … E invece dice: «Di tutti gli alberi del giardino potete mangiare» … «Rispose la
donna al serpente: Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto
dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete
mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete» (3,2–3) …. Il serpente a questo
punto, dopo aver sollevato il dubbio, pone l’affermazione di tentazione più forte: «Ma il
serpente disse alla donna: Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste,
si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male» (3,4-5).
Il serpente capovolge l’affermazione di Dio: «se mangiate morirete». Dio aveva messo in
guardia l’uomo, difendendolo dalla morte. Il serpente invece dice alla donna: Quello che vi
ha detto Dio non è vero, Dio vi ha ingannato! … Non fidatevi di Dio, Dio non vi vuole bene.
Vi ha detto una cosa, ma è vera un’altra.
Dopo che la donna ha concepito questo pensiero, il passaggio alla trasgressione è cosa
elementare. «Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e
desiderabile per acquistare saggezza» (3,6a).
Tre elementi molto significativi.
- «Vede che l’albero è buono da mangiare»: è il contrario di quello che aveva detto Dio:
«Non ne mangerai perché qualora tu ne mangiassi, certamente moriresti». L’albero
5
non è buono da mangiare, è un albero che produce morte. E, invece, appena la
creatura umana dubita della bontà di Dio, vede le cose nel modo opposto: «Vide che
era buono».
- Ma non si vede che un frutto è buono!!! Può essere bellissimo dall’esterno, ma
velenoso all’interno «Gradito agli occhi» e qui si fa riferimento all’aspetto estetico!
- «desiderabile» l’oggetto proibito diventa l’oggetto del desiderio!!!
-------------------------------------- PER LA RIFLESSIONE COI RAGAZZI
LA GRANDEZZA DEL DONO RICEVUTO
Per la comprensione del brano è necessario fare una premessa …………….
In Gen2,16–17 è scritto «Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare
di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi
mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti»
Il primo comando che Dio da all’uomo riguarda due aspetti:
- quello del dono (puoi mangiare tutto)
- e quello del limite (ma dell’albero... non devi mangiare)
Il limite in questione è quello fondamentale della corporeità, ovvero la morte … se non mangi
muori… se mangi ciò che è vietato muori… la vita è all’intero di un limite, di un equilibrio che
va compreso e rispettato.
Ci pare opportuno ed importante partire da questo brano come premessa perché ci
permette di parlare prima che della caduta dell’uomo, della GRANDEZZA DEL DONO
RICEVUTO
- cosa è per te un dono?
- quali sono le caratteristiche di un dono?
- perché fare un dono?
- cosa implica fare un dono?
- cosa implica ricevere un dono?
- perché accettare o rifiutare un dono?
- quali sono i tuoi doni, quelli che riconosci …
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considerazioni:
un dono è gratuito
un dono instaura una relazione: tra chi dona e chi riceve
chi dona intuisce il bisogno dell’altro e lo soccorre
non si dona solo per un bisogno dell’altro: si dona anche per il piacere di farlo, per
fare del bene a una persona a cui si vuole bene
il dono non impone una restituzione ma suscita una risposta
un dono può essere rifiutato… rende il donatore fragile poiché chi dona si espone al
rischio di essere rifiutato
LA REALTÀ DEL LIMITE
Accanto al dono dunque emerge la realtà del limite
Il limite vero è connaturale al dono, nel donarci un corpo Dio gli ha dato dei limiti perché
senza un limite nulla può esistere … come in un disegno, senza linee che delimitino lo spazio
e diano definizione non è possibile rappresentare nulla … limite è anche forma, definizione
… conoscere i propri limiti vuol dire conoscere se stessi.
L’esperienza del limite nel corpo apre possibili piste di riflessione… l’accettazione o meno
della propria corporeità. Esperienze del corpo (il piacere, il brivido, l’estasi, il no limit e le
problematiche connesse a tutto ciò … disturbi alimentazione, dipendenze, esperienze
trasgressiva).
- Cosa vuol dire “limite”? Quali caratteristiche ha il limite?
- Il contrario di “limite”?
- Ho dei limiti?
- Quali sono i miei limiti? Perché sono limiti?
- Ci sono dei limiti che appartengono a tutti?
- Posso superare i miei limiti? Quali sì e quali no?
- Se non accetto di avere limiti come posso sentirmi?
- Sarei così lontano dalla paura e dalla voglia di nascondersi di Adamo e di Eva?
//////////////////
Quanto è grande il giardino di Eden? Ha dei confini? Ha un recinto? Ha delle mura di cinta?
Nel nostro brano chi viene tentato? L’uomo e la donna insieme? Si è più vulnerabili da soli o
quando si è in compagnia? Perché secondo te?
Nel libro della Genesi non si parla di confini: l’uomo e la donna si possono muovere
liberamente nel giardino e il confine, sempre superabile, è il punto dove decideranno di
spingersi i nostri amici. Dio dunque non ha dato confini al giardino.
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È meglio accontentarsi, muoversi sempre dentro il territorio che ormai conosci oppure
spingersi oltre, esplorare qualcosa di nuovo?
Accontentarsi cosa vuol dire? “Rendermi felice”… la cosa che dovrei chiedermi non è allora
“mi dovrei accontentare”… ma… cosa mi rende veramente felice?
Cosa ti dovrebbe portare ad accontentarti di quello che hai scoperto?
Cosa ti dovrebbe portare a cercare qualcosa di nuovo?
Dovrei essere contento di che cosa? Quando posso dire che basta così?
Fin quando dovrei cercare? Fino a dove dovrei spingermi? Fino a dove posso spingermi? Dio
mi ha dato limiti in questo?
C’è un intreccio continuo tra dono e limite
Quante cose si possono fare nel giardino?
L’albero ricorda all’uomo e alla donna la grandezza di un dono (puoi mangiare di tutti gli
alberi del giardino) e la presenza di un limite (dei frutti di questo albero non ne mangerai
altrimenti morirai).
Perché Dio ha posto un albero così particolare in mezzo al giardino? Doveva essere visto, ci
si poteva passare vicino, si poteva anche toccare. Non c’è bisogno di andare a cercare
l’albero perché è sempre a portata di mano ed è sempre sotto gli occhi dell’uomo e della
donna. L’albero non è nascosto, non è posto in cima a una montagna o dentro ad un dirupo:
l’albero è in mezzo al giardino… perché proprio questo posto? Se è un albero di cui non
mangiare i frutti perché metterlo proprio in mezzo al giardino? È un caso che sia lì oppure è
una cosa voluta? Se Dio non è un sadico perché vuole questo?
È anche vero che l’albero è posto in mezzo al giardino e questo giardino non ha confini: quale
è il vero limite? E se, paradossalmente, l’albero fosse il punto di partenza? E se,
paradossalmente, l’albero volutamente posto al centro del giardino fosse l’unico e vero
punto di partenza?
Se l’uomo e la donna non si spostano dall’albero? Cosa si perdono? Il dono che hanno
ricevuto è utilizzato se rimangono a piangere sotto all’albero?
Quanti “tipi” di confini hai? Uno è nel corpo… uno è grazie al corpo…
È vero o non è vero che mangiando dell’albero l’uomo e la donna moriranno? È proprio
quello che succede? Cosa succede allora? Dio inganna l’uomo e la donna? Ha paura che
diventino come lui? Aveva ragione il serpente?
Se non muoiono realmente, fanno un esperienza di “morte”? Dopo aver mangiato fanno
un’esperienza positiva? Sono soddisfatti di aver provato a superare il limite?
È sbagliato il fatto che abbiano aperto gli occhi dopo aver mangiato? Su cosa hanno aperto
gli occhi? Vedono la loro nudità e si coprono: perché si coprono? Si vergognano l’uno
dell’altra o hanno paura di qualcos’altro?
Perché l’uomo è portato sempre a scaricare la colpa?
8
Perché la donna vuole mangiare il frutto dell’albero proibito? Cosa pensa di raggiungere?
Dove vuole arrivare? Il serpente dicendo che mangiando sarebbero diventati come Dio cosa
vuol far credere alla donna? Non voler avere limiti è una cosa positiva? E se dei limiti ci sono,
se effettivamente non posso fare qualcosa? Dopo aver mangiato del frutto dell’albero come
si sentono? Non si sono voluti accontentare e hanno deciso di mangiare… di superare un
limite… perché si nascondono? Perché hanno paura? L’uomo e la donna sono felici ora? Sono
soddisfatti adesso?
-------------------------------------- UN PERSONAGGIO PER RIFLETTERE
9
-------------------------------------- GIOCO APERITIVO
Facciamo una supposizione numerica poi l’educatore dovrà rifare le proporzioni se i ragazzi
sono di più o di meno nel gruppo:
12 persone in un gruppo vengono prima divise in 4 categorie di difetti (limiti), ad esempio:
- occhiali
- non troppo alti
- non troppo magri
- timidi
- chiacchieroni…
la divisione potrà essere anche sommaria e riadattata sul momento, ciò che conta è infine
ottenere 4 gruppi … i ragazzi dovranno quindi, alternando le varie categorie, formare un
cerchio mani sulle spalle e quindi l’educatore dovrà leggere un racconto (gioco d’attenzione)
di tanto in tanto nel racconto vengono nominate le categorie del limite, al che le persone di
quel gruppo alzano i piedi da terra restando appese sulle spalle degli altri, fino a che non
sentono la parola “dono” … la storia nomina prima un difetto alla volta e poi segue subito la
parola dono … poi dirà due difetti insieme … e forse riusciranno ancora nell’impresa …
quando ci saranno tre difetti insieme faranno un bel capitombolo e il gioco
aperitivo è finito … la storia è da scrivere. Scopo del gioco comprendere che i limiti sono
un’occasione per sostenersi reciprocamente …
-------------------------------------- STRUMENTI
DAL FILM FORREST GUMP
La vita ci insegna che bisogna fare il meglio che si può con quello che Dio ti ha concesso
-------------- Chi non vede i limiti delle cose, è matto; chi li esagera, idiota.
Niccolò Tommaseo, Aforismi della scienza prima, 1837
Essere felici significa vedere il mondo come noi lo desideriamo, conoscere i nostri limiti,
accettarli come un dono e non come una sconfitta.
Un po' di umiltà avrebbe più valore di mille onori, ma è soltanto una prerogativa di coloro
che conoscono i propri limiti e, purtroppo, si contano sulla punta delle dita.
Romano Battaglia, Silenzio, 2005
10
IL MONDO INSIEME A TE
Max Pezzali
Forse non sarei
come sono adesso
forse non avrei
questa forza addosso
forse non saprei
neanche fare un passo
forse crollerei
scivolando in basso
invece tu sei qui
e mi hai dato tutto questo
e invece tu sei qui
mi hai rimesso al proprio posto
i più piccoli
pezzi della mia esistenza
componendoli
dando loro una coerenza
Come è bello il mondo insieme a te
mi sembra impossibile
che tutto ciò che vedo c'è
da sempre solo che
io non sapevo come fare
per guardare ciò che tu
mi fai vedere
come è grande il mondo insieme a te
è come rinascere
e vedere finalmente che
rischiavo di perdere
mille miliardi e più di cose
se tu non mi avessi fatto
il dono di dividerle con me
Forse non avrei
mai trovato un posto
forse non potrei
regalarti un gesto
forse non saprei
neanche cosa è giusto
forse non sarei
neanche più rimasto
invece tu sei qui
sei arrivata per restare
invece tu sei qui
non per prendere o lasciare
ma per rendermi
ogni giorno un po' migliore
insegnandomi
la semplicità di amare
Come è bello il mondo insieme a te
mi sembra impossibile
che tutto ciò che vedo c'è
da sempre solo che
io non sapevo come fare
per guardare ciò che tu
mi fai vedere
come è grande il mondo insieme a te
è come rinascere
e vedere finalmente che
rischiavo di perdere
mille miliardi e più di cose
se tu non mi avessi fatto
il dono di dividerle con me
Come è grande il mondo insieme a te
è come rinascere
e vedere finalmente che
rischiavo di perdere
mille miliardi e più di cose
se tu non mi avessi fatto
il dono di dividerle con me
11
MERAVIGLIOSO
Negramaro
E' vero
credetemi è accaduto
di notte su di un ponte
guardando l'acqua scura
con la dannata voglia
di fare un tuffo giù uh
D'un tratto
qualcuno alle mie spalle
forse un angelo
vestito da passante
mi portò via dicendomi
Così ih:
Meraviglioso
ma come non ti accorgi
di quanto il mondo sia
meraviglioso
Meraviglioso
perfino il tuo dolore
potrà apparire poi
meraviglioso
Ma guarda intorno a te
che doni ti hanno fatto:
ti hanno inventato
il mare eh!
Tu dici non ho niente
Ti sembra niente il sole!
La vita
l'amore
Meraviglioso
il bene di una donna
che ama solo te
meraviglioso
La luce di un mattino
l'abbraccio di un amico
il viso di un bambino
meraviglioso
meraviglioso…
meraviglioso
meraviglioso
meraviglioso
Ma guarda intorno a te
che doni ti hanno fatto:
ti hanno inventato
il mare eh!
Tu dici non ho niente
Ti sembra niente il sole!
La vita
l'amore
Meraviglioso
il bene di una donna
che ama solo te
meraviglioso
La notte era finita
e ti sentivo ancora
Sapore della vita
Meraviglioso
Meraviglioso....
meraviglioso
meraviglioso
meraviglioso
PROPOSTE DI FILM BIG FISH … un figlio rivaluta il rapporto che ha avuto con suo padre e ne capisce doni e
limiti
GIOVENTÙ BRUCIATA (james Dean) …
I RAGAZZI DELLO ZOO DI BERLINO …
CUORE DI CICCIA …
FORREST GUMP …
il piccolo video in spagnolo che gira su FB e che si conclude con la frase hola jo sii maria
… voglia di vincere)
12
-------------- LONDRA 2012
Campioni nello sport, coppia nella vita
«Accettare i propri limiti? È forza» Francesco Cusati e Florinda Trombetta, ciechi, si preparano per le
Paralimpiadi: lei gareggia nel canottaggio
MILANO - Francesco Cusati e Florinda Trombetta non sono famosi come la coppia
Schwazer-Kostner, ma come loro sono atleti - Florinda è in partenza per Londra dove
gareggerà nell’adapitive rowing ovvero il canottaggio -, sono una coppia nella vita.
Diventati ciechi a vent’anni, hanno imparato ad accettare e a convivere con i propri
limiti. Un modo di vivere che hanno portato anche nella pratica sportiva.
DOPING - Si cede al doping quando non si riesce ad accettare i propri limiti. Loro hanno dovuto imparare a
convivere con un limite, la cecità, quando erano ricchi di progetti di vita, oltre che di sport. «La cecità ci ha abituati
ad affrontare i limiti. Ogni giorno troviamo ostacoli e li dobbiamo superare. Io e Francesco usiamo creatività,
inventiva, forza fisica, chiediamo aiuto agli altri. Abbiamo portato questo modo di pensare e agire anche nella
pratica sportiva», considera Florinda. Non tutti. Anche nello sport paralimpico esiste il fenomeno doping: alcuni
sono riusciti a superare molte barriere, ma poi cedono alla tentazione della scorciatoia.
SCONFITTE - «Lo sport è un campo di allenamento continuo per diventare più forti di carattere – dice Florinda -.
Ti poni degli obiettivi che devi raggiungere, ma non è mai subito, non è mai facile. Sulla tua strada incontri
sconfitte. Essere uno sportivo, un atleta significa anche avere imparato a capire, quando non si vince, quando si
funziona, cosa sta succedendo non solo dal punto di vista tecnico, ma dentro di noi». «La tecnologia - aggiunge
Francesco - aiuta molto la vita quotidiana del cieco, nello sport sei tu da solo con te stesso, con il tuo corpo, con
la tua mente».
EQUIPAGGIO MISTO A dirigere la squadra il ct Paola Grizzetti, che segue anche il doppio composto da Daniele
Stefanoni e Silvia De Maria. Il canottaggio è uno degli sport che nasce già integrato. L’equipaggio è infatti misto:
le disabilità sono diverse e ci può essere anche un normodotato e ai remi ci sono maschi e femmine. Per rendere
possibile la pratica di questo sport a chi ha ridotta mobilità agli arti inferiori, l’equipaggiamento è adattato alle
esigenze dell’atleta con sedili speciali e con galleggianti per migliorare la stabilità dello scafo. Ai Giochi di Pechino
nel 2008 il canottaggio fece il suo esordio come disciplina paralimpica e gli azzurri del 4con conquistarono la
medaglia d’oro.
Carmen Morrone
9 agosto 2012
(Corriere della sera)
13
-------------------------------------- PER LA PREGHIERA
AMA LA VITA COSÌ COM'È
Ama la vita così com'è
amala pienamente, senza pretese.
Amala quando ti amano o quando ti odiano.
Amala quando nessuno ti capisce,
o quando tutti ti comprendono.
Amala quando tutti ti abbandonano,
o quando ti esaltano come un re.
Amala quando ti rubano tutto,
o quando te lo regalano.
Amala quando ha senso
o quando sembra non averlo nemmeno un po'.
Amala nella piena felicità,
o nella solitudine assoluta.
Amala quando sei forte,
o quando ti senti debole.
Amala quando hai paura,
o quando hai una montagna di coraggio.
Amala non soltanto per i grandi piaceri
e le enormi soddisfazioni;
amala anche per le piccolissime gioie.
Amala seppure non ti dà ciò che potrebbe,
amala anche se non è come la vorresti.
Amala ogni volta che nasci
ed ogni volta che stai per morire.
Ma non amare mai senza amore.
Non vivere mai senza vita!
Madre Teresa di Calcutta
CON TUTTO CIÒ CHE SONO
Signore, benedici le mie mani,
perché le possa aprire
per scoprire i talenti che mi hai donato
e perché sappiano stringere altre mani
e dare senza calcolo.
Signore, rafforza i miei piedi,
così che sappia vincere la noia e l'apatia
e sappia affrontare tutte le paure,
così da poter serenamente camminare
con gli altri sul sentiero della vita.
Signore, tocca la mia bocca,
perché non dica niente
che possa ferire o distruggere,
perché sappia infondere ottimismo
col sorriso e pronunci solo parole sincere.
Signore, purifica i miei occhi,
perché possa scorgere i miei difetti
per affrontarli,
vedere con chiarezza tutte le mie capacità
per valorizzarle
e guardare gli altri al di là delle apparenze.
Signore, pulisci le mie orecchie,
perché diventino sorde ai messaggi inutili
ma siano attente ai consigli di chi mi vuole bene,
sappiano ascoltare le parole degli amici
e, soprattutto, udire la Tua voce
che sempre mi parla.
Fa' o Signore, che io possa disporre di me,
con tutto ciò che ho e che sono;
che Tu possa disporre di me,
con tutto ciò che ho e che sono!
E così sia
14
2 “TIRARE IL CUORE OLTRE L’OSTACOLO”
Il nostro corpo è una macchina complessa e meravigliosa ma delicatissima, fragile e a
tempo. Un corpo può ricevere ferite e menomazioni, si può stancare, si può ammalare; un
corpo non può non invecchiare e non morire.
Il corpo dà e promette: la gioia del sentirsi bene, il vigore della giovinezza, il desiderio e la
gioia di muoversi, vedere, toccare, gustare, scoprire… Ma il corpo può anche togliere e
negare: fatica, dolore, sofferenza, senso d’impotenza che sembrano destituire tutto di senso
e di valore, sembrano dirci che siamo in trappola e non c’è via di uscita.
Nel nostro corpo, dunque, si annida un’affascinante, misteriosa e insuperabile
contraddizione: da un lato l’apertura all’infinito, ai grandi desideri, alle grande aspirazioni,
alla gioia di poter vivere delle cose, alla bellezza di fare certe esperienze, alla pienezza della
vita; dall’altro lato, nel nostro corpo viviamo il limite scandaloso di un’umanità goffa e
pesante, inadeguata alle imprese che vorrebbe compiere, mai abbastanza soddisfatta di sé
(troppo debole, o troppo brutta), sempre troppo esposta ai rischi e ai pericoli della vita e
incapace di porvi rimedio stabilmente ed efficacemente.
Ci sono ottime ragioni per fidarsi e altrettante per diffidare, per “gettarsi in avanti e
spendersi” oppure per “proteggersi e conservarsi”.
Il corpo rappresenta in modo concreto, tangibile, letteralmente in carne ed ossa, lo stesso
dramma che l’uomo vive nello spirito, nella propria interiorità: sempre a metà strada tra
un’apertura verso la vita che gli è stata donata, verso cui si sente terribilmente attratto, a
cui sente di volere (e persino di dovere!) dare compimento e una sfiducia radicale, cosmica,
che nasce dalle delusioni, dai tradimenti, dalla paura, dalla mediocrità propria e altrui,
dall’apparente impossibilità di un vero cambiamento proprio e altrui, dalla crudeltà e
incontrollabilità degli eventi, dallo scandalo dilagante del male e dell’ingiustizia.
Ci sono ottime ragioni per fidarsi e altrettante per diffidare, per “gettarsi in avanti e
spendersi” oppure per “proteggersi e conservarsi”.
Dentro questa forbice, quella che si crea tra i nostri desideri e bisogni da una parte e i nostri
limiti e difficoltà dall’altra parte, sta la nostra opportunità. Il nostro corpo e il nostro spirito
ci dicono che, se si vuole camminare realmente, dobbiamo farlo dentro i limiti e le fatiche, a
partire da essi, in un cammino che non è mai in “solitaria”. Diversamente o decidiamo di non
partire o di partire nell’illusione che le cose belle si realizzano solo se va sempre tutto liscio,
se non ci sono difficoltà (mie e degli altri), se non ci sono limiti (miei e degli altri). È un
confronto eterno, un duello che apre la strada ed è l’unica strada della realizzazione dei
nostri bisogni e delle nostre aspirazioni più profonde: realizzare letteralmente vuol dire
renderli “reali”, attualizzati, concreti.
15
DAL VANGELO DI LUCA 19,1-10
1Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand'ecco un uomo, di nome Zaccheo,
capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della
folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un
sicomòro, perché doveva passare di là.
5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché
oggi devo fermarmi a casa tua". 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò,
tutti mormoravano: "È entrato in casa di un peccatore!". 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al
Signore: "Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno,
restituisco quattro volte tanto". 9Gesù gli rispose: "Oggi per questa casa è venuta la salvezza,
perché anch'egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare
ciò che era perduto".
-------------------------------------- PER COMPRENDERE DI PIÙ IL BRANO
Zaccheo (il nome vuol dire “uomo giusto”) è un peccatore pubblico ma non uno tra i tanti
perché è il capo dei pubblicani. Si occupa probabilmente di dazi, tasse, imposte: è
intermediario tra il potere romano che impone le tasse e gli ebrei che le devono pagare. Lui
in mezzo, tutelato e al sicuro perché protetto dai romani ed odiato, dall’altra parte, dal
popolo ebreo costretto a pagare. Zaccheo, nel pretendere il pagamento delle tasse, poteva
chiedere molto di più di quanto chiedevano i romani, ai quali importava di avere quanto
chiesto: quello che Zaccheo chiedeva in più era per se.
Risultato?
Zaccheo è un uomo solo perché isolato e allontanato da tutti, odiato perché sfruttatore,
disprezzato perché ebreo passato dalla parte del nemico romano. La casa di Zaccheo non
poteva riempirsi di ebrei rispettosi della legge ma soltanto di pubblicani: tra i peccatori
pubblici c’è, naturalmente, di tutto e di più…
Il passaggio di Gesù a Gerico non lascia il nostro amico indifferente. Sente parlare di questo
uomo, il paese è in fermento. Tutti sono in prima fila: ci sono gli ebrei doc, figli di Abramo,
rispettosi della legge e delle tradizioni ebraiche.
Zaccheo vorrebbe, anzi vuole, vedere Gesù. Cerca di farsi largo tra la folla che, ovviamente,
fa di tutto per respingerlo e magari si toglie pure qualche soddisfazione: “almeno qui non
hai la meglio su di noi!”… chissà quanti calci avrà preso… il desiderio di vedere chi era Gesù
è però forte: tra lui e Gesù c’è però la folla che lo odia e, tra l’altro, è anche basso di statura.
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Perché non tornare a casa? Non basterebbe dire “almeno ci ho provato”? Cosa vuole in più
Zaccheo? Perché non gli basterebbe tornare a casa? Vuole ottenere quello che vuole, i limiti
e le difficoltà sono ostacoli che cerca, goffamente, di superare: non servirebbe a nulla
tornare a casa, alla solita situazione… vuole portare i suoi desideri e la sua voglia di riscatto
oltre gli ostacoli, oltre i limiti suoi e quelli imposti dalla gente: vuole tirare il cuore oltre
l’ostacolo!
Altre volte si sarebbe arreso ma perché questa volta non si ferma di fronte alle difficoltà?
Cosa lo spinge ad andare oltre?
L’atteggiamento della folla non sembra turbarlo più di tanto: immediatamente trova la
soluzione salendo su di un sicomoro, senza pensare di apparire ridicolo per questo gesto…
ridicolo per chi poi? Per la gente che non lo ha fatto passare e che sarebbe pronta a sparargli
se potesse?
Se si deve guardare al desiderio, Zaccheo supera la folla 10 a 1. La folla anonima è in fila per
vedere Gesù, magari attirata dalle voci dei miracoli, forse speranzosa di vedere qualche cosa
di sensazionale; Zaccheo vuole vedere “chi” era Gesù… c’è un di più. Il desiderio non è vago:
Zaccheo vuole qualcosa di più da Gesù, forse il riscatto da una vita vuota, piena di
risentimenti e di odio ricevuto. Quando il desiderio è forte, quando la sete è forte, le
difficoltà diventano ostacoli da superare che forse riescono a scoraggiare un po’ ma non a
fermare chi vuole ottenere quello che desidera.
Ottiene chi cerca di più, ottiene chi, consapevole dei propri limiti, ha il coraggio e il desiderio
di andare oltre le difficoltà fisiche ed interiori: tra i tanti presenti, Gesù si ferma e sceglie di
fermarsi a casa di Zaccheo e non a casa degli altri. Gesù sceglie chi ha desiderato di più di
vederlo, di più di incontrarlo. Gli altri pensano che meriterebbero di più di Zaccheo che Gesù
si fermasse a casa loro perché loro non sono dei pubblicani, perché loro sono osservanti
della legge e delle tradizioni, perché Dio secondo loro sceglie a chi dare grazie e a chi no…
loro in prima fila ad attendere un riconoscimento, ad attendere un gesto per loro perché si
ritengono migliori di Zaccheo.
La sorpresa della scelta di Gesù li spiazza… è entrato in casa di un peccatore…
Il limite rappresentato dalla folla non è soltanto l’odio provato nei confronti di Zaccheo: c’è
anche quello che pensano di lui, il giudizio che hanno nei suoi confronti. Vogliono mostrare
a Gesù che si sta sbagliando, non può entrare a casa di un poco di buono come Zaccheo.
Zaccheo deve e vuole superare anche questa difficoltà, non vuole assolutamente rinunciare
alla presenza di Gesù: confessa indirettamente a Gesù le sue colpe impegnandosi con gesti
di effettiva conversione, restituendo quello che aveva ottenuto con le sue losche attività.
Quasi come chiedesse ed implorasse Gesù di non andarsene dalla sua casa, ora che
finalmente qualcuno vi è voluto entrare perché effettivamente interessato a lui.
Forse Zaccheo è anche abituato che gli altri parlino male di lui (il giudizio e il comportamento
della folla non lo taccano più di tanto) ma non vuole che parlino male di Gesù.
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Nel caso di Zaccheo il limite (rappresentato dalla sua statura, dalla sua condizione di
pubblicano e dal giudizio della folla) non solo va superato ma non dice la verità di questo
uomo: “non sono quello che gli altri pensano di me, non sono il risultato dei loro giudizi e
dei loro comportamenti, non sono la persona che merita di essere allontanata, emarginata,
accusata, odiata” e se qualcuno riesce a non trattarmi così ma mi accoglie per quello che
sono veramente… io non lo lascio più andare via… sentirmi accolto ed accettato da Gesù mi
fa venire voglia di cambiare atteggiamento, modo di fare e di vivere… voglio essere quello
che Gesù mi ha fatto sentire di essere.
Zaccheo non è né migliore né peggiore della gente di Gerico, anche lui è figlio di Abramo
come loro: in più, rispetto agli altri, ha sicuramente il grande desiderio di riscatto che lo porta
a cercare Gesù a tutti i costi… per cambiare… per smetterla di vivere così… per tornare ad
essere trattato ed accolto come una persona vera… per dare uno strappo alle sue tante
meschinità: le molle pronte a scattare dentro di lui sono tante e potenti!
Questa volta non si può non gettare il cuore oltre l’ostacolo!
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Il brano sottolinea alcune contraddizioni
Zaccheo: il nome vuol dire giusto ma è temuto dalla gente
Grande per il ruolo che ricopre e per il giudizio della gente (ricco e un capo dei
pubblicani) ma è piccolo di statura (fisica e morale)
Desiderio di realizzarsi e di emergere dalle sue meschinità piuttosto che dal
rimprovero, dal giudizio e dall’ammonimento della gente
L’odio dei suoi concittadini non lo ha cambiato di una virgola ma la disponibilità e la
mano tesa di Gesù che lo accoglie e non giudica fa scattare in lui la molla e il desiderio
del riscatto
Desiderio del riscatto: quali sono le molle pronte a scattare dentro di noi?
Uno tutto contratto dentro di sé e se uno è pronto a toccare il tasto giusto si apre “il
mondo”…
Zaccheo è abituato alle parole e alle mormorazioni: la sua cattiva fama intacca Gesù
e vuole difendere Gesù. Abituato a che parlino male di lui non vuole che parlino male
di Gesù.
Zaccheo non vuole andare in mezzo alla folla e fa un po’ lo schifignoso ma brucia dal
desiderio di vedere Gesù tanto che sale sul sicomoro.
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-------------------------------------- PER LA RIFLESSIONE COI RAGAZZI
- Paura di essere non accolto, paura di non essere accettato, paura di non essere capito,
fatica, prove, delusioni: per cosa saresti pronto a superare queste difficoltà? Per cosa
saresti pronto a tirare il cuore oltre l’ostacolo?
- Hai mai rinunciato a qualcosa che desideri tanto, che pensi possa essere bella per te solo
perché credi di non essere in grado di viverla o perché pensi sia troppo difficile?
- A volte si creano situazioni che ci portano a non tentare, a non provarci, a non rischiare…
magari preferiamo nasconderci, lasciar stare… pensi di essere l’unico a provare queste
cose? Hai mai pensato di aiutare un tuo amico che prova queste cose, pensando a cosa
piacerebbe che gli altri facciano a te in queste situazioni?
- Quali sono le molle pronte a scattare dentro di noi?
- Le tensioni che accumuliamo?
- Ciò che non accettiamo pienamente?
- I giudizi che ci sentiamo addosso?
- Le contraddizioni che ci sembra di incarnare?
- Mettersi o meno in gioco … tirare il cuore oltre l’ostacolo …
- Le paure, le delusioni… possono bloccarci, fermarci: la paura ci spinge a non uscire, a
non provare amicizie nuove, a non continuare a inseguire nostri sogni… se ti fermi cosa
ti perdi?
- Quanti “tipi” di confini hai? Uno è nel corpo… uno è grazie al corpo….
- Puoi fidarti di qualcuno che ti aiuti a superare queste prove, qualcuno con cui ti puoi
confidare e consigliare?
- Qual è la paura più grande che ti porti dentro? A cosa porta la paura?
- Ti è mai capitato di voler essere amico/a di qualcuno e di non volerti neanche avvicinare
per la paura di non essere accettato o giudicato male?
- Per realizzare nostri desideri e sogni a volte incontriamo delle difficoltà, ci scontriamo
con i nostri limiti. Hai mai pensato che qualcuno possa aiutarti a realizzare quello che
desideri? Se qualcuno ti aiuta hai paura che quello che riesci ad ottenere sia meno tuo?
Conquistare da soli la mèta a tutti i costi oppure insieme ad altri? Cosa vuol dire
condividere un sogno? È così bello realizzare un sogno e non avere la gioia di
comunicarlo, di condividerlo, di raccontarlo a nessuno?
- Sei solo tu ad avere bisogno degli altri o anche gli altri potrebbero aver bisogno di te?
Come ti sentiresti se riuscissi ad aiutare un tuo amico a realizzare un suo desiderio, un
suo sogno? È più facile aiutare o essere aiutati?
- Hai mai rinunciato a dire quello che pensi, a fare qualcosa per la paura di quello che gli
altri avrebbero potuto dire di te, per la paura di essere preso in giro?
- Bello, desiderabile è il contrario di faticoso? Faticoso significa impossibile?
Molte volte iniziamo a fare delle cose che ci piacciono, che abbiamo desiderato da lungo
tempo ma quando arriva la fatica e delle difficoltà arriva anche tanta voglia di tornare
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indietro. A partire dai corsi in palestra ai rapporti con le persone, da un’escursione in
montagna alla realizzazione di un progetto sul quale avevamo puntato tanto, da un
passatempo o un hobby a una bella relazione di amicizia: c’è uno slancio iniziale, una
voglia matta all’inizio di tante strade che percorriamo da soli o insieme ad altre persone
ma al sopraggiungere di difficoltà, di fatica, di sudore… alcune situazioni corrono il
rischio di essere messe in discussione. Faticoso sembra voglia dire che è impossibile
raggiungere un traguardo: la fatica ha il potere (non sempre e menomale!) di farci
perdere il desiderio di cose grandi e no. Rinunceresti a qualcosa di bello solo perché
costa fatica? Rinunceresti a un’esperienza importante, sulla quale avevi puntato tanto,
che avevi tanto desiderato… solo perché diventa difficile realizzarla? Ti è mai successo?
Quando? Te ne sei pentito? Perché?
E se a camminare non eri solo, se a vivere un’esperienza importante eri insieme ad altri,
magari a degli amici… se ti accorgi che a vivere la fatica è un tuo amico, che un tuo amico
è tentato di fermarsi, di tornare indietro¸ di rinunciare? Andresti avanti per la tua strada?
Il tuo sogno è più importante dell’amicizia che hai? Saresti disposto a rallentare, a
prenderti più tempo?
- Prova a pensare a due grandi delusioni che hai avuto. Perché sei rimasto molto deluso?
Cosa riguardava e chi riguardava? Cosa hai provato? Hai provato scoraggiamento?
La tematica porta a mettersi in gioco. Io vorrei fare ma temo quello che pensano gli altri: la
gente mormora… il terrorismo delle mormorazioni che uccide il nascere delle buone volontà
Quando uno si decide di mettersi in gioco non è abbandonato a se stesso: sulla strada di
Zaccheo c’era un sicomoro. Gesù “doveva” passare di lì, quando decidi di metterti in gioco
Dio è pronto ad offrirti delle opportunità.
L’adolescenza è un cambiamento fisico ma stimola ad un cambiamento interiore.
Gesù avvicina un uomo che è chiamato peccatore ma è un uomo che desidera un
cambiamento nel comportamento e nel cuore perché stufo di una certa vita interiore.
-------------------------------------- UN PERSONAGGIO PER RIFLETTERE
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-------------------------------------- GIOCO APERITIVO
la squadra (supponiamo sempre 12 persone) viene divisa in 2 sottosquadre a ciascuna è
consegnata una busta con del materiale: qualche
elastico, stecchini da spiedino, scotch un cuore di polistirolo , qualche ataches qualche
puntina o fermacampioni e del cartoncino … dovranno
quindi costruire una catapulta funzionante entro un tempo di 10 minuti … vince chi lancia il
cuore più lontano … morale della favola … la
catapulta sfrutta il principio di una tensione accumulata per raggiungere un obiettivo …
Zaccheo è uno che aveva accumulato il peso del giudizio
altrui … erta carico come una molla … Gesù tocca il tasto giusto nel suo cuore e sblocca certe
tensioni che si tramutano in generosità e
disponibilità
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-------------------------------------- STRUMENTI
MI FIDO DI TE
Jovanotti
Case di pane, riunioni di rane
vecchie che ballano nelle cadillac
muscoli d'oro, corone d'alloro
canzoni d'amore per bimbi col frack
musica seria, luce che varia
pioggia che cade, vita che scorre
cani randagi, cammelli e re magi
forse fa male eppure mi va
Di stare collegato
di vivere di un fiato
di stendermi sopra al burrone
di guardare giù
la vertigine non è
paura di cadere
ma voglia di volare
Mi fido di te mi fido di te
mi fido di te mi fido di te
io mi fido di te
ehi mi fido di te
cosa sei disposto a perdere
Lampi di luce, al collo una croce
la dea dell'amore si muove nei jeans
culi e catene, assassini per bene
la radio si accende su un pezzo funky
teste fasciate, ferite curate
l'affitto del sole si paga in anticipo prego
arcobaleno, più per meno meno
forse fa male eppure mi va
Di stare collegato
di vivere di un fiato
di stendermi sopra al burrone
di guardare giù
la vertigine non è
paura di cadere
ma voglia di volare
Mi fido di te mi fido di te
mi fido di te
cosa sei disposto a perdere
mi fido di te mi fido di te
io mi fido di te
cosa sei disposto a perdere
Rabbia stupore la parte l'attore
dottore che sintomi ha la felicità
evoluzione il cielo in prigione
questa non è un'esercitazione
forza e coraggio
la sete il miraggio
la luna nell'altra metà
lupi in agguato il peggio è passato
forse fa male eppure mi va
Di stare collegato
di vivere di un fiato
di stendermi sopra al burrone
di guardare giù
la vertigine non è
paura di cadere
ma voglia di volare
Mi fido di te mi fido di te
mi fido di te
cosa sei disposto a perdere
eh mi fido di te mi fido di te
mi fido di te
cosa sei disposto a perdere
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SIAMO CHI SIAMO
Ligabue
Conosco una ragazza di Torino
che ha un occhio mezzo vuoto
e un occhio pieno
e parla sempre di partire
senza posti in cui andare
prendere soltanto il primo volo
siamo chi siamo
siamo arrivati qui come eravamo
abbiamo parcheggiato fuori mano
si sente una canzone da lontano
nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai a non aver capito
ma poi ci fu una distrazione
o forse fu un’insolazione
a dirmi non c’è niente da capire
di tutte quelle strade
averne presa una
per tutti quegli incroci
nessuna indicazione
di tutte quelle strade
trovarsi a farne una
qualcuno ci avrà messi lì
siamo chi siamo
un giorno c’era un doppio arcobaleno
un giorno c’hanno attaccati al seno
un giorno c’hanno rovesciato il vino
siamo chi siamo
siamo arrivati qui come eravamo
abbiamo parcheggiato fuori mano
tu non chiamare più che ti richiamo
conosco una ragazza di Salerno
che non ha mai tirato giù lo sguardo
non sa che cosa sia la pace
non dorme senza un po’ di luce
ancora un altro segno della croce
di tutte quelle strade
saperne solo una
nessuno l’ha già fatta
non la farà nessuno
per tutti quegli incroci
tirare a testa o croce
qualcuno ci avrà messi lì
siamo chi siamo
il prezzo di una mela per Adamo
il tempo dell’ennesimo respiro
e gli anticorpi fatti col veleno
siamo chi siamo
la nebbia agli irti colli forse sale
non ci si bagna nello stesso fiume
non si finisce mai di avere fame
conosco le certezze dello specchio
e il fatto che da quelle non si scappa
e ogni giorno mi è più chiaro
che quelle rughe sono solo
i tentativi che non ho mai fatto
siamo chi siamo
siamo arrivati qui come eravamo
si sente una canzone da lontano
potresti fare solo un po’ più piano?
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VIVERE LA VITA
Alessandro Mannarino
Vivere la vita è una cosa veramente grossa
C’è tutto il mondo tra la culla e la fossa
Sei partito da un piccolo porto
Dove la sete era tanta e il fiasco era corto
E adesso vivi….
Perché non avrei niente di meglio da fare finché non sarai morto
La vita è la più grande ubriacatura
Mentre stai bevendo intorno a te tutto gira
E incontri un sacco di gente
Ma quando passerà non ti ricorderai più niente
Ma non avere paura, qualcun’ altro si ricorderà di te
Ma la questione è…Perché???
Perché ha qualcosa che gli hai regalato oppure avevi un debito…e non l’hai pagato???
Non c’è cosa peggiore del talento sprecato
Non c’è cosa più triste di una padre che non ha amato…
Vivere la vita è come fare un grosso girotondo
C’è il momento di stare su e quello di cadere giù nel fondo
E allora avrai paura perché a quella notte non eri pronto
Al mattino ti rialzerai sulle tue gambe e sarai l’uomo più forte del mondo
Lei si truccava forte per nascondere un dolore
Lui si infilava le dita in gola….per vedere se veramente aveva un cuore
Poi quello che non aveva fatto la società l’ha fatto l’amore…
Guardali adesso come camminano leggeri senza un cognome….
Puoi cambiare camicia se ne hai voglia
E se hai fiducia puoi cambiare scarpe…
Se hai scarpe nuove puoi cambiare strada
E cambiando strada puoi cambiare idee
E con le idee puoi cambiare il mondo…
Ma il mondo non cambia spesso
Allora la tua vera Rivoluzione sarà cambiare tè stesso
Eccoti sulla tua barchetta di giornale che sfidi le onde della radiotelevisione
Eccoti lungo la statale…che dai un bel pugno a uno sfruttatore
Eccoti nel tuo monolocale… che scrivi una canzone
Eccoti in guerra nel deserto che stai per disertare
E ora…eccoti sul letto che non ti vuoi più alzare…
E ti lamenti dei Governi e della crisi generale…
Posso dirti una cosa da bambino???
Esci di casa! Sorridi!! Respira forte!!!
Sei vivo!!!…cretino….
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Le possibilità dell'uomo sono infinite. Come infiniti sono i suoi limiti.
Roberto Gervaso, La volpe e l'uva, 1989
ALEX ZANARDI
DAL LIBRO "VA' DOVE TI PORTA IL CUORE" - SUSANNA TAMARO
Quando la strada alle tue spalle è più lunga di quella che hai davanti, vedi una cosa
che non avevi mai visto prima: la via che hai percorso non era dritta ma piena di bivi, ad ogni
passo c'era una freccia che indicava una direzione diversa; da lì si dipartiva un viottolo, da là
una stradina erbosa che si perdeva nei boschi. Qualcuna di queste deviazioni l'hai imboccata
senza accorgertene, qualcun'altra non l'avevi neanche vista; quelle che hai trascurato non
sai dove ti avrebbero condotto, se in un posto migliore o peggiore; non lo sai ma ugualmente
provi rimpianto. Potevi fare una cosa e non l'hai fatta, sei tornato indietro invece di andare
avanti. Il gioco dell'oca, te lo ricordi? La vita procede pressappoco allo stesso modo. Lungo i
bivi della tua strada incontri le altre vite, conoscerle o non conoscerle, viverle o non viverle
a fondo o lasciarle perdere dipende soltanto dalla scelta che fai in un attimo; anche se non
lo sai, tra proseguire dritto o deviare spesso si gioca la tua esistenza, quella di chi ti sta vicino.
Superare un limite, un confine stabilito, prima che coraggio, è disciplina, esperienza,
aiuto della scienza, della medicina, della fisiologia, della psicologia. Solo concentrando
nel corpo e nella mente queste cose si può diventare padroni dell'estremo.
L'estremo è ricerca. Del limite da superare, della meta più lontana che un uomo può
proporsi di raggiungere. E, una volta che l'ha raggiunta, l'estremo diventa un ulteriore
limite, una meta ancor più lontana.
Patrick De Gayardon
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PROPOSTE DI FILM Levity
Settantadue ore
-------------------------------------- PER LA PREGHIERA
Ascoltavo la storia della tua vita, Signore Gesù,
e sognavo d’incontrarti, magari nel bel mezzo di una difficoltà o di una fatica.
Volevo che mi regalassi il tuo affetto e la tua pace, la fede e la speranza.
Poi ho capito che ora ti servi dei corpi e delle anime
di chi ha voluto seguire i tuoi passi,
per far rivivere, umilmente, le tue qualità.
E ho capito che lo posso fare anch’io, diventando un tuo discepolo.
La strada sarà lunga, ma il bello è che tu mi aiuterai,
ispirando i miei gesti e i miei pensieri.
E quando finalmente riuscirò a guardare il mondo con i tuoi occhi,
a custodirlo con le tue mani, a spronarlo con le tue parole,
ad amarlo con il tuo cuore, non sarà più lo stesso.
E sarò esattamente quello che avevi immaginato, creando me…
UN PAIO DI SCARPE (1886) Vincent Van Gogh
“Gettarsi in avanti e spendersi”
oppure “proteggersi e conservarsi”?
Che tipo di scarpe sono?
Cosa noti nel dipinto?
Come sono fatte queste scarpe?
Quanto sono state indossate?
Potrebbero essere indossate ancora?
Perché dipingere qualcosa che forse
merita solo di essere buttato in un
cassonetto?
È solo un paio di scarpe?
Chi ha indossato queste scarpe? Una
persona che per tutta la vita è stata
seduta su una panchina?
C’è “bellezza” in questo quadro?
Se sì, dove?
Cosa ti piace e cosa non ti piace in questo
quadro?
26
INNO ALLA VITA La vita è un'opportunità, coglila.
La vita è bellezza, ammirala.
La vita è beatitudine, assaporala.
La vita è un sogno, fanne realtà.
La vita è una sfida, affrontala.
La vita è un dovere, compilo.
La vita è un gioco, giocalo.
La vita è preziosa, abbine cura.
La vita è ricchezza, valorizzala.
La vita è amore, vivilo.
La vita è un mistero, scoprilo.
La vita è promessa, adempila.
La vita è tristezza, superala.
La via è un inno, cantalo.
La vita è una lotta, accettala.
La vita è un'avventura, rischiala.
La vita è la vita, difendila.
Madre Teresa di Calcutta
CHIESI A DIO…
Chiesi a Dio di essere forte
per eseguire progetti grandiosi:
Egli mi rese debole per conservarmi nell'umiltà.
Domandai a Dio che mi desse la salute
per realizzare grandi imprese:
Egli mi ha dato il dolore
per comprenderla meglio.
Gli domandai la ricchezza per possedere tutto:
Mi ha fatto povero per non essere egoista.
Gli domandai il potere
perché gli uomini avessero bisogno di me:
Egli mi ha dato l'umiliazione
perché io avessi bisogno di loro.
Domandai a Dio tutto per godere la vita:
mi ha lasciato la vita
perché potessi apprezzare tutto.
Signore, non ho ricevuto niente
di quello che chiedevo,
ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno
e quasi contro la mia volontà.
Le preghiere che non feci furono esaudite.
Sii lodato; o mio Signore,
fra tutti gli uomini
nessuno possiede
quello che ho io!
Scritta da Kirk Kilgour, famoso pallavolista
rimasto paralizzato nel '76 a seguito di un
incidente durante un allenamento. La preghiera
è stata letta da lui in persona di fronte al Papa
durante il Giubileo dei malati a Roma
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3 DI CHE STOFFA SEI?
Chiunque comunichi con un altro lo fa necessariamente attraverso il corpo, mediante
la voce, i gesti, le espressioni, le strette di mano, gli abbracci, gli sguardi... Il corpo “media”
le nostre relazioni con gli altri e con il mondo; a volte questa mediazione può esserci
d’impaccio, perché ci sentiamo limitati nella nostra capacità di espressione e di
comprensione, perché lo scambio di idee, emozioni e sentimenti non è uguale per tutti né
istantaneo. Eppure, che lo vogliamo o no, il nostro stesso corpo ci mette in relazione con gli
altri: è praticamente impossibile evitarlo.
Quante sfumature ha un gesto, o uno sguardo, o una parola detta con un certo tono rispetto
a un concetto che si travasasse da mente a mente, come fosse un file trasferito da un
computer all’altro?
Il nostro corpo, così come è fatto, da solo dice che è stato pensato apposta per comunicare,
per entrare in relazione: occhi per guardare, per commuoversi, per comunicare emozioni e
sentimenti; mani e braccia per abbracciare, accarezzare, difendersi; orecchi per ascoltare
quello che altri hanno da dire; una bocca, una voce per parlare a qualcuno… siamo esseri in
relazione, persone che si realizzano, si costruiscono, si comprendono, crescono aiutate,
stimolate (o anche osteggiate) dal rapporto che abbiamo con gli altri. Non è possibile evitare
questa dimensione: il fatto stesso di esistere ci mette in relazione, ci inserisce dentro a una
comunità. A partire dalla famiglia, dal nostro rapporto con i genitori: non sono proprio loro
che ci aprono, nella relazione, al mondo? Non sono proprio loro che ci aprono alla vita
insegnandoci a parlare parlando, ad amare amandoci, ad osservare, a toccare, ecc.? Se non
ci avessero insegnato questo? Se non potessimo fare questo come sarebbe la nostra vita?
Come possiamo pensare la nostra vita se non incontrassimo mai nessuno, o forse peggio
ancora, se incontrassimo delle persone e non riuscissimo a comunicare benché la minima
cosa, la minima emozione, il nostro stato d’animo, quello che pensiamo?
Il nostro corpo, insomma, ci dice che non possiamo esistere da soli, che non possiamo
comunicare, realizzarci, crescere, realizzare sogni e progetti da soli, come fossimo isole
sperdute in mezzo a un oceano… se devo parlare ho bisogno di qualcuno che mi ascolti, se
devo abbracciare ho bisogno di qualcuno che accolga il mio gesto. Il solo fatto di esistere mi
mette in relazione con qualcuno.
E se tutto questo fosse impedito? Se non riuscissi a comunicare? E se gli altri non volessero
comunicare con me?
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DAL VANGELO DI MARCO 5,1-20
1Giunsero all'altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. 2Sceso dalla barca, subito dai
sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro. 3Costui aveva la sua
dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, 4perché più
volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e
nessuno riusciva più a domarlo. 5Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti,
gridava e si percuoteva con pietre.
6Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi 7e, urlando a gran voce, disse: "Che vuoi
da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!". 8Gli
diceva infatti: "Esci, spirito impuro, da quest'uomo!". 9E gli domandò: "Qual è il tuo nome?".
"Il mio nome è Legione - gli rispose - perché siamo in molti". 10E lo scongiurava con insistenza
perché non li cacciasse fuori dal paese. 11C'era là, sul monte, una numerosa mandria di porci
al pascolo. 12E lo scongiurarono: "Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi". 13Glielo
permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò
giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare.
14I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la
gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. 15Giunsero da Gesù, videro l'indemoniato
seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero
paura. 16Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all'indemoniato e
il fatto dei porci. 17Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.
18Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare
con lui. 19Non glielo permise, ma gli disse: "Va' nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che
il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te". 20Egli se ne andò e si mise a
proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.
-------------------------------------- PER COMPRENDERE DI PIÙ IL BRANO
Il corpo mi mette in relazione con gli altri: è inevitabile.
Il corpo dell’indemoniato del Vangelo come te lo immagini? Un uomo che continuamente,
notte e giorno, urla e si percuote il corpo con delle pietre… cosa vuole comunicare? Credi
solo sia il gesto di un folle, di un pazzo che si sta auto-massacrando?
Qualcuno (in quanti?) ha deciso di allontanare dalla comunità un uomo che costituiva un
problema: ma un luogo non vale l’altro…
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Viene portato in un cimitero, tra le tombe. Viene legato con catene come fosse una bestia:
l’intenzione? Provare a domarlo come fosse un animale selvatico da addomesticare…
Il corpo di un uomo viene legato con delle catene e le catene vengono spezzate: solo perché
è indemoniato? Forse potrebbe trattarsi della ribellione di un uomo che non ci sta ad essere
trattato da bestia?
Un indemoniato che ha la forza di spezzare delle catene e dei ceppi non potrebbe avere la
forza di tornare in paese? Chi lo fermerebbe se non sono riusciti a bloccarlo così?
Il pensiero ci spinge a ritenere che alla fine, la decisione di rimanere ad abitare in mezzo alle
tombe sia proprio sua: perché? Quali alternative avrebbe? Tu torneresti da chi ti ha voluto
trattare così? Questo uomo ha un problema e non è colpa sua: una comunità intera decide
che deve essere allontanato. Nessuno riesce a risolvere la sua difficoltà o forse la sua
difficoltà non interessa neanche più di tanto… la vita di questo uomo viene giudicata
meritevole di essere vissuta solo in mezzo alle tombe, in un luogo di morte.
L’indemoniato avrebbe la possibilità di tornare in paese ma perché ci dovrebbe tornare?
Il corpo comunica, non può non comunicare… cosa comunica secondo te il corpo di questo
uomo che si percuote “continuamente, notte e giorno”? Perché urla se nessuno vuole
ascoltarlo?
L’arrivo di Gesù è l’arrivo di una persona straniera, uno che non è del posto e che non fa
parte della comunità dell’indemoniato.
Per il nostro “amico” rappresenta un’occasione da cogliere immediatamente: corre, si
precipita ai piedi di Gesù e gli chiede “che cosa vuoi da me”? Sembra normale questa
domanda? Se qualcuno che non conosci corresse verso di te e ti dicesse “che cosa vuoi da
me?” cosa risponderesti? Perché si precipita e poi se ne esce fuori con una domanda del
genere?
Ti scongiuro in nome di Dio non tormentarmi: lo stato di una malattia che a volte ti porta ad
una abitudine al male… il cambiamento ti spaventa e preferisci non cambiare: tanto chi mi
ascolterebbe? Tanto ormai ci sono abituato, ormai va bene così, che c’è di male, tanto è lo
stesso.
Il comportamento schizofrenico di questo indemoniato sembra evidenziare il
combattimento di una persona che vive tra la voglia di essere salvato e la voglia di essere
lasciato in pace
Gesù domanda subito il suo nome perché è a partire dalla sua identità che si può
ricominciare a camminare. A rispondere è Legione, a venir fuori è il nome di ciò che sta
creando problema al nostro amico.
Nessuno era stato capace di capire il nostro amico, per tutti è un indemoniato che va
allontanato e che merita solo di “vivere nella morte”. Nonostante tutto, attraverso il corpo
e il suo modo di comportarsi, l’uomo che era stato buttato in un cimitero non ha mai smesso
di manifestare la sua sofferenza, la sua insoddisfazione, la sua disperazione… nessuno lo ha
capito, nessuno lo ha ascoltato più. Gesù arriva dove altri non sono riusciti ad arrivare,
comprende e vede quello che altri non avevano compreso e visto.
30
Non siamo di fronte ad un indemoniato e basta, siamo di fronte a una persona che sta
chiedendo aiuto.
Il comportamento della gente continua ad essere disarmante: ora che il “problema” è risolto
hanno paura. Hanno paura del gesto di Gesù, hanno paura di vedere l’indemoniato (lo
chiamano ancora così benché ormai non lo sia più!) seduto, vestito e sano di mente…
Ti stupisce il comportamento di questa gente? Cosa ci vedi?
Il corpo di questo uomo “seduto, vestito e sano di mente” cosa comunica adesso? Cosa ha
da dire a noi? Quest’uomo è un indemoniato oppure è…?
Dall’inizio del brano del Vangelo, in fin dei conti, a comunicare tutte queste cose che cosa è
stato? Solo il corpo? Non era forse lo spirito che chiedeva al corpo di ribellarsi? Non era forse
il cuore di questo uomo a chiedere il conto di quello che stava succedendo attraverso il
corpo?
Ti stupisce la richiesta dell’uomo che chiede a Gesù di rimanere con lui?
Ti stupisce la richiesta di Gesù che invece gli chiede tornare a casa? Tra chi lo ha allontanato
e lo ha portato in mezzo alle tombe non ci sono forse anche i familiari? Tornare a casa
perché? Cosa c’è bisogno di ricostruire? Cosa c’è bisogno di far capire ai familiari? Si poteva
evitare tutta questa sofferenza da parte di questo uomo?
Siamo destinati a vivere come isole, o siamo portati a vivere in una comunità? Il nostro cuore
“respira” allo stesso modo se viviamo sempre da soli o se, viceversa, viviamo della relazione
con gli altri? Possiamo dire di non aver bisogno delle altre persone?
Dopo aver letto tutto il brano, pensi che il problema vero sia il fatto che quest’uomo è
indemoniato o forse il problema vero è un altro? Si deve essere per forza indemoniati per
essere trattati così o per trattare gli altri così? A volte non basta di meno? Purtroppo…
-------------------------------------- PER LA RIFLESSIONE COI RAGAZZI
- Abbiamo sempre voglia di comunicare? Quando è più semplice comunicare e con chi?
Ci sono cose che non diresti mai a nessuno? Perché?
- Ti capita di non riuscire a comunicare, far capire, quello che hai dentro? Cosa provi?
- Tanto più le cose non ti riguardano, tanto più è più facile parlarne… Cosa è più facile
comunicare per te?
- Cosa avresti pudore/vergogna di comunicare?
- Quando è più facile rimanere da soli e quando più difficile? Quando hai voglia di
rimanere da solo?
- Quando è che vuoi assolutamente qualcuno accanto a te? Perché? Di cosa senti più
bisogno?
31
- Siamo davvero così capaci di comunicare anche attraverso il nostro corpo? Eppure
spesso sembra ci piaccia farne a meno: quante volte ci piace comunicare sentimenti,
esternare commenti su facebook e non essere capaci di farlo di persona? Forse perché
nessuno riesce a vederci negli occhi, a cogliere il tono della nostra voce… forse perché
non saremmo capaci di dire le stesse cose di persona… cosa ci frena? Ti piacerebbe se
chi ti vuole più bene non avesse mai il coraggio o la voglia o la capacità di dirtelo e di
dimostrartelo di persona? È proprio più semplice usare una “macchina” per tirare fuori
davvero quello che pensi o quello che senti?
- Quando una amico ti dà una pacca sulla spalla o ti dà il “cinque”… chi è in gioco?
- la spalla e la mano;
- le due mani;
- i due corpi;
- le due persone intere?
- Cosa non diresti mai solo per SMS o Whatsap o FB? Ti è mai capitato di farlo? Cosa non
ti piacerebbe mai sentirti dire solo su SMS o Whatsap o FB? Perché? Ti è mai successo?
- “Gli occhi sono lo specchi dell’anima”: hai mai sentito questa frase? Cosa significa per
te? Hai mai capito quello che prova una persona solo guardandola negli occhi? Quanto
è importante? Nel nostro Vangelo un uomo ha cercato di comunicare con molto di più
dei soli occhi… eppure in pochi (uno solo in realtà) lo hanno capito: era così difficile?
- Hai mai capito lo stato d’animo di una persona dal suo comportamento esteriore, dai
suoi gesti, dal suo modo di camminare? Ti piacerebbe che questo possa accadere anche
verso di te? Ci sono cose che non riusciresti mai a dire a parole? Ti piacerebbe essere
capito anche senza dire nulla? Sempre?
- Si può dire tutto solo a parole, senza comunicare stati d’animo, emozioni, sentimenti?
Forse no… perché?
- Non puoi vivere senza gli altri: è proprio vero per te? Come ti fa sentire questa cosa? È
un limite per te? È una cosa che ti dà fastidio sapere che hai bisogno degli altri? Se ti dà
fastidio, perché? Pensando soprattutto a che cosa? Dove, invece, provi più consolazione
pensando che non sei mai da solo e che hai bisogno di qualcuno?
-------------------------------------- UN PERSONAGGIO PER RIFLETTERE
32
Edvard Munch – L’URLO (1885)
Questo è senz’altro il quadro più celebre di Munch. In esso è condensato tutto il rapporto angoscioso
che l’artista avverte nei confronti della vita. Lo spunto del quadro lo troviamo descritto nel suo diario:
Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue…
mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto sul fiordo nerazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco i miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.
Lo spunto è quindi decisamente autobiografico ma ha una indubbia capacità di trasmettere sensazioni universali.
Il quadro presenta, in primo piano, l’uomo che urla (l’artista stesso). Lo taglia in diagonale il parapetto del ponte visto
in fuga verso sinistra. Sulla destra vi è invece un innaturale paesaggio, desolato e poco accogliente. In alto il cielo è striato di un rosso molto drammatico. L’uomo è rappresentato in maniera molto visionaria. Più che ad un corpo, fa pensare ad uno spirito. La testa è completamente calva come un teschio ricoperto da una pelle mummificata. Gli occhi hanno uno sguardo allucinato e
terrorizzato. Il naso è quasi assente, mentre la bocca si apre in uno spasmo innaturale. L’ovale della bocca è il vero
centro compositivo del quadro. Da esso le onde sonore del grido mettono in movimento tutto il quadro: agitano sia il corpo dell’uomo sia le onde che definiscono il paesaggio e il cielo. Restano diritti solo il ponte e le sagome dei due uomini sullo sfondo, sordi ed impassibili all’urlo che proviene dall’anima dell’uomo. Sono gli amici del pittore, incuranti della sua angoscia.
L’urlo di questo quadro fa emergere tutta l’angoscia racchiusa in uno spirito tormentato che vuole esplodere in un grido liberatorio. Ma nel quadro non c’è alcun elemento che induca a credere alla liberazione consolatoria. L’urlo rimane solo
un grido sordo che non può essere avvertito dagli altri ma rappresenta tutto il dolore che vorrebbe uscire da noi.
-------------------------------------- GIOCO APERITIVO
C’è un uomo (l’educatore) che deve andare ad un colloquio di lavoro, ma è sprovvisto di un
abito adatto, ed è convinto che presentandosi solo col misero abito che ha non sarà assunto,
aiutiamolo confezionando con forbici e spillatrice e carta di giornale e scotch di carta un
bellissimo smoking inclusa la tuba… scopo del gioco creare un legame tra “abito” e “dignità”
della persona… elemento che emergerà nella lettura e comprensione del brano
dell’indemoniato geraseno
-------------------------------------- STRUMENTI
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VITA SPERICOLATA – Vasco Rossi
Voglio una vita maleducata
di quelle vite fatte fatte cosi'
voglio una vita che se ne frega
che se ne frega di tutto si'
voglio una vita che non e' mai tardi
di quelle che non dormo mai
voglio una vita di quelle che non si sa mai
e poi ci troveremo come le star
a bere del whisky al roxy bar
o forse non c'incontreremo mai
ognuno a rincorrere i suoi guai
ognuno col suo viaggio
ognuno diverso
e ognuno in fondo perso
dentro i cazzi suoi
voglio una vita spericolata
voglio una vita come quelle dei film
voglio una vita esagerata
voglio una vita come steve mcqueen
voglio una vita che non e' mai tardi
di quelle che non dormi mai
voglio una vita, la voglio piena di guai
e poi ci troveremo come le star
a bere del whisky al roxy bar
oppure non c'incontreremo mai
ognuno a rincorrere i suoi guai
ognuno col suo viaggio
ognuno diverso
e ognuno in fondo perso
dentro i cazzi suoi
voglio una vita maleducata
di quelle vite fatte fatte cosi'
voglio una vita che se ne frega
che se ne frega di tutto si'
voglio una vita che non e' mai tardi
di quelle che non dormi mai
voglio una vita
vedrai che vita vedrai
e poi ci troveremo come le star
a bere del whisky al roxy bar
oppure non c'incontreremo mai
ognuno a rincorrere i suoi guai...
SIAMO FATTI PER AMARE - Nek
Abbiamo gambe per fare passi
trovarci persi avvicinarci e poi
Abbiamo bocche per dare baci
o meglio dire per assaggiarci
Se un pianto ci fa nascere
un senso a tutto il male forse c'è
io sono pronto a vivere
ti guardo e so perché
Siamo fatti per amare nonostante noi
Siamo due braccia con un cuore
solo questo avrai da me
Fatti avanti amore! Fatti avanti amore!
Abbiamo mani per afferrarci
girare insieme come ingranaggi e poi
Abbiamo occhi con cui vediamo
ma se li chiudi ci riconosciamo
Perfetti come macchine
miracolo di nervi ed anime
io non ti chiederò perché ti stringo e credo a te
Siamo fatti per amare nonostante noi
Siamo due braccia con un cuore
solo questo avrai da me
Fatti avanti amore! Fatti avanti amore!
Senti quanto rumore il cuore fa da solo
dividiamolo in due
io la tengo per te la sua parte migliore
Fatti avanti amore!
mmm
E fatti avanti amore!
Oohh! Uuuhhh!
Siamo fatti per amare!
Nonostante noi
siamo due braccia con un cuore
solo questo avrai da me
Fatti avanti amore!
Tu fatti avanti amore!
Fatti avanti amore! Fatti avanti amore!
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DAL FILM PATCH ADAMS
Se cominciassimo a parlare di solitudine sapremmo per certo che non ci sono farmaci.
Non c'è industria medica che tenga, basta l'amore umano. E la cosa meravigliosa è
che non serve una scuola di formazione per essere amanti. Tuttavia c'è sempre uno
squilibrio tra quanti continuano ad "ammalarsi" di questa malattia e coloro i quali
cercano, ognun per sé, di arginarla.
L'umorismo mi ha salvato la vita.
L'essere clown è solo un espediente per avvicinare gli altri,
perché sono convinto che se non cambiamo l'attuale potere
del denaro e della prevaricazione sugli altri,
non ci sono speranze di sopravvivenza per la nostra specie.
Per noi guarire non è solo prescrivere medicine e terapie, ma lavorare insieme
condividendo tutto in uno spirito di gioia e cooperazione.
DAL FILM I 100 PASSI
- Per farti ascoltare certe volte devi fare la voce grossa.
- E invece no. Perché se fai la voce grossa fai capire che stai male.
Non ti fai ascoltare. Non ti fai sentire.
"Sai cosa penso? Che questo aereoporto in fondo non è brutto, anzi, visto
così dall'alto. Uno sale qua sopra e potrebbe anche pensare che la natura
vince sempre, che è ancora più forte dell'uomo, e invece non è così. In fondo tutte le cose
anche le peggiori una volta fatte poi si trovano una logica una giustificazione per il solo fatto
di esistere. Fanno ste case schifose con le finestre in alluminio i muri di mattoni, i balconcini,
la gente ci va ad abitare e ci mette le tendine i geranei la televisione... dopo un po' tutto fa
parte del paesaggio. Cioè esiste, nessuno si ricorda più di com'era prima. Non ci vuole niente
a distruggere la bellezza." Ho capito e allora? " " e allora invece della lotta politica, la
coscienza di classe, tutte le manifestazioni e ste fesserie bisognerebbe ricordare alla gente
cos'è la bellezza, aiutare a riconoscerla a difenderla.
Hunter Doherty "Patch" Adams (Washington, 28 maggio 1945)
è un medico, attivista e scrittore statunitense.
Ha fondato il Gesundheit! Institute nel 1971. Ogni anno organizza gruppi di volontari,
provenienti da tutto il mondo, per recarsi presso vari ospedali di diversi Paesi del mondo,
travestiti da clown, con l'obiettivo di far riscoprire l'umorismo agli orfani e agli ammalati. È
generalmente riconosciuto come l'ideatore di una terapia olistica molto particolare: quella del
sorriso, anche nota come clownterapia.
35
DAL FILM ALLA LUCE DEL SOLE
- Don Puglisi: Eminenza, senta, i grandi cercare di cambiarli è pura illusione,
ma i piccoli... Lei dovrebbe vedere i loro occhi. Sono lì che non aspettano
altro di giocare. Ed invece all'età di andare a scuola fanno da corrieri alla
mafia. E poi, sembrerebbe una bestemmia, ma per molti di loro la strada è
mille volte meglio della casa. Ecco: sottrarli alla violenza, dargli l'opportunità
di studiare, di imparare l'italiano, di crescere liberi; questo è il progetto.
- Cardinale: Allora di un sogno sei venuto a parlarmi?
- Don Puglisi: No, no eminenza, anche se i sogni colorano il mondo.
-------------------------------------- PER LA PREGHIERA
Voglio ringraziarti, Signore, per il dono della vita.
Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un'ala soltanto:
possono volare solo rimanendo abbracciati.
A volte nei momenti di confidenza oso pensare, Signore,
che anche Tu abbia un'ala soltanto, l'altra la tieni nascosta...
forse per farmi capire che Tu non vuoi volare senza me.
Per questo mi hai dato la vita, perché io fossi tuo compagno di volo.
Insegnami allora a librarmi con Te
perché vivere non è trascinare la vita,
non è strapparla, non è rosicchiarla:
vivere è abbandonarsi come un gabbiano all'ebbrezza del vento;
vivere è assaporare l'avventura della libertà,
vivere è stendere l'ala, l'unica ala con la fiducia di chi sa
di avere nel volo un partner grande come Te.
Ma non basta saper volare con Te, Signore:
Tu mi hai dato il compito di abbracciare anche il fratello,
e aiutarlo a volare.
Ti chiedo perdono, perciò, per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi:
non farmi più passare indifferente
davanti al fratello che è rimasto con l'ala, l'unica ala,
inesorabilmente impigliata nella rete della miseria e della solitudine
e si è ormai convinto di non essere più degno di volare con Te:
soprattutto per questo fratello sfortunato
dammi, o Signore, un'ala di riserva.
Don Tonino Bello
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LA CARITÀ È COLLABORAZIONE
Un volto è bello solo quando ogni singola parte è in armonia con tutte le altre.
Allora la sua visione vi colpisce.
Guarda la pietra come pesa e rotola: essa è collaborazione di tutti i granelli di polvere
di cui è impastata e che tendono tutti verso una stessa mèta.
Costruire una comunità significa costruire un ovile abbastanza grande
affinché l’intero gregge vi si addormenti.
Significa costruire un palazzo abbastanza vasto
affinché tutti gli uomini vi si possano sistemare
senza abbandonare nulla dei loro bagagli:
non si tratta di amputarli per farli stare tutti dentro.
Costruire una comunità significa
ottenere in prestito da Dio la sua mantellina da pastore
per poter accogliere gli uomini in tutta la vastità dei loro desideri.
Così avviene per la madre che ami i figli:
uno è timido e affettuoso, l’altro pieno di vita, l’altro ancora forse è gracile e sofferente.
Però tutti, nella loro diversità, commuovono il suo cuore…
e tutti, nella diversità del loro amore, sono al servizio della sua gioia.
Non puoi fare nulla senza l’amore.
Antoine de Sainte-Exupéry
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4 ASCOLTA LA TUA SETE!
Insomma, il corpo parla sempre dello spirito: vive la stessa avventura dello spirito, ne
condivide gli entusiasmi, gli slanci, ma anche i drammi, le lacerazioni e i tormenti.
Ma è anche vero che il corpo parla sempre con lo spirito. Lo spirito, infatti, non può vivere
senza il corpo e continuamente gli rappresenta i suoi bisogni, tutt’altro che immateriali e
intangibili. Lo spirito ha bisogno del corpo per realizzare i suoi desideri e i suoi sogni: il
desiderio di bellezza (hai mai provato a stare per tanto tempo in un posto brutto, chiuso,
sporco, caotico?) , il desiderio di un contatto vero con gli altri (il dialogo, il bacio, l’abbraccio,
lo stare insieme), il desiderio di un contatto profondo con se stessi (l’esigenza di un po’ di
quiete e di silenzio, di un po’ di tempo per pensare e per meditare), il desiderio di
“distensione” (intesa sia come rilassamento dopo lunghi periodi di concentrazione o di lotta
interiore), etc.
Naturalmente, anche il corpo ha bisogno dello spirito e chiede insistentemente che i suoi
bisogni siano soddisfatti con qualità e puntualità: il bisogno alternato di attività e di riposo
dell’intelletto, il bisogno di gioia e di allegria (cioè l’esperienza concreta del piacere), il
bisogno di un riscontro concreto a quel che si dice, si spera, si pensa, si crede, si comprende
(cioè la necessità di fare esperienze visive, tattili emotive, affettive che diano forma e
sostanza alle scoperte intellettuali e spirituali), etc.
Lo spirito si esprime attraverso il corpo: non si può amare il corpo senza amare lo spirito.
Dall’altra parte, il corpo non è semplicemente un involucro di carne ed ossa preso in prestito
dall’anima (la sola componente immortale dell’uomo) per “navigare” nello spazio-tempo. Il
corpo non è la prigione dello spirito, ma (dice San Paolo) il tempio dello Spirito che Dio ha
donato all’uomo.
Non esiste un doppio binario, quello del corpo e quello dello spirito. Esiste un unico grande
mistero chiamato uomo, che è collegato ad un altro grande mistero chiamato Dio: se provi
a separare ciò che è indissolubilmente unito, fin dalle fondamenta, rischi di frantumare
l’identità di ciò che cerchi, il suo volto vero, e di trattenere tra le dita solo caricature o brutte
copie di un originale ormai perduto.
Corpo e spirito hanno una loro bellezza della quale prendersi cura. Proprio perché siamo uno
e non siamo la semplice somma di corpo e spirito, non possiamo trascurare l’uno vantaggio
dell’altro: se non mi prendo cura del mio corpo non potrò realizzare appieno i desideri dello
spirito, così come se non mi prendo cura dello spirito non potrò mai realizzare appieno di
bisogni del corpo: il corpo chiederà il “conto” allo spirito e viceversa nel caso contrario.
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DAL VANGELO DI GIOVANNI 4,5-30
5Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva
dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il
viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad
attingere acqua. Le dice Gesù: "Dammi da bere". 8I suoi discepoli erano andati in città a fare
provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: "Come mai tu, che sei giudeo, chiedi
da bere a me, che sono una donna samaritana?". I Giudei infatti non hanno rapporti con i
Samaritani. 10Gesù le risponde: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice:
"Dammi da bere!", tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva". 11Gli dice la
donna: "Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque
quest'acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo
e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?". 13Gesù le risponde: "Chiunque beve di
quest'acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete
in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per
la vita eterna". 15"Signore - gli dice la donna -, dammi quest'acqua, perché io non abbia più
sete e non continui a venire qui ad attingere acqua".
16Le dice: "Va' a chiamare tuo marito e ritorna qui". 17Gli risponde la donna: "Io non ho
marito". Le dice Gesù: "Hai detto bene: "Io non ho marito". 18Infatti hai avuto cinque mariti
e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero".19Gli replica la donna:
"Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi
invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare". 21Gesù le dice: "Credimi,
donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi
adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene
dai Giudei. 23Ma viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito
e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che
lo adorano devono adorare in spirito e verità". 25Gli rispose la donna: "So che deve venire il
Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa". 26Le dice Gesù: "Sono
io, che parlo con te".
27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna.
Nessuno tuttavia disse: "Che cosa cerchi?", o: "Di che cosa parli con lei?". 28La donna intanto
lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29"Venite a vedere un uomo che mi ha
detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?". 30Uscirono dalla città e andavano da
lui.
39
-------------------------------------- PER COMPRENDERE DI PIÙ IL BRANO
Individuare i propri bisogni non è questione scontata.
Non stiamo parlando di bisogni immediati ma di quelli più profondi: sono questi ad essere
fondamentali!
Col brano di Vangelo di questa tappa, siamo di fronte alla storia “frammentata” di una donna
che non riesce ad ascoltarsi e a comprendersi e per questo non sa che pesci pigliare…
Come se ad un certo punto, qualcuno di noi provasse il bisogno della sete e non sapesse che
per soddisfare questo bisogno basterebbe bere un bicchiere d’acqua: per quanto potrebbe
resistere? E se non sapesse neanche dare il nome al bisogno? Col passare del tempo il
bisogno come diventerebbe? E chi vorrebbe soddisfarlo ma non sa come fare? Proverebbe
magari a trovare delle soluzioni, dei “tappabuchi” che però non lo accontentano… intanto il
desiderio rimane, cresce e si rischia (nel caso della sete) di morire di sete.
Se il bisogno non è la sete o la fame o il dormire… se si tratta di qualcosa di più profondo?
Forse non si muore fisicamente ma certamente ci si sentirebbe insoddisfatti, tristi e frustrati.
Ci sono dei bisogni che ci spingono verso dei valori profondi che ci attraggono, dei quali
sentiamo la necessità perché senza di essi ci sentiamo menomati, incompleti, insoddisfatti:
amare ed essere amati, essere accolti, essere ascoltati e compresi, donarsi, essere accettati
per quello che siamo, realizzarsi, potersi esprimere per quello che sentiamo…
Stiamo parlando di qualcosa di profondo che ha bisogno di essere “dissetato”: se non
riuscissi a capire come fare? Se non riuscissi neanche a dare il nome alla tua sete?
È questo il problema angosciante della nostra amica samaritana che pensa di dissetare la
sete di amare e di essere amata cambiando continuamente marito… come se la soluzione
fosse quella… forse lo sa che non è quella ma come fare diversamente? Se non lo so? Se
nessuno mi ha mai aiutato a capirlo?
L’incontro presso il pozzo di Giacobbe è l’incontro di Gesù con una donna che mostra la sua
strafottenza di fronte ai primi tentativi di approccio di Gesù.
Non appena il discorso è portato sul tema della sete e dell’acqua, stranamente la donna
sembra sentirsi a suo agio, sembra percorrere un ideale sentiero dentro il quale si ritrova:
parlare di sete, di fonte, di acqua, di dissetarsi… non è in fin dei conti “ricostruire”, parlando
di altro, il puzzle frammentato del cuore di una donna che non ha capito ancora che al posto
della sete di acqua c’è la sua sete profonda di essere amata e di amare?
Gesù sta parlando di bisogni essenziali, della necessità di soddisfarli ricercando quello che è
giusto per acquietarli, altrimenti si continuerà ad avere sete in eterno…
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La donna samaritana forse non riesce neanche a dare il nome al suo bisogno: dovrebbe
imparare innanzitutto ad “ascoltare la sua sete” e a capire cosa deve cercare poi per
acquietarla. Potrebbe smetterla di bere inutilmente appresso a delle fonti che non la
porterebbero da nessuna parte, che non la porterebbero a dissetare proprio niente!
Da cosa capiamo che Gesù ha fatto “bingo” comportandosi così e portando il ragionamento
su questo tema dell’acqua? Di punto in bianco cambia discorso: apparentemente se ne esce
con qualcosa che non c’entra nulla. È la richiesta di andare a chiamare suo marito: Gesù sa
da dove partire, sa dove arrivare, sa dove vuole portare la donna per aiutarla a capire la
fonte della sua insoddisfazione.
Gesù le svela che conosce la sua situazione familiare e, appena toccato il tasto dolente, la
donna immediatamente cambia discorso… proprio come quando a noi capita di essere
smascherati in qualcosa che ci mette in imbarazzo… Bingo!
Se la donna si comporta così vuol dire che Gesù ha fallito, che si è sbagliato?
Bisognava parlare di altro e comportarsi diversamente?
La donna era venuta al pozzo, nell’ora di mezzogiorno, per non farsi vedere da nessuno:
probabilmente sentiva su di se la vergogna di essere giudicata dalla gente del posto come
“una poco di buono”. Nell’ora della calura chi sarebbe andato al pozzo? Gesù era lì… lei con
una brocca in mano perché aveva bisogno di prendere dell’acqua: aveva bisogno di bere lei
e il “marito” che è a casa…
Dopo aver incontrato Gesù, dopo aver parlato con lui, dopo essere riuscita a capire da dove
partire, da chi farsi aiutare, verso dove andare per smetterla di continuare a cercare invano
qualcosa che potesse soddisfare per sempre la sua sete di essere amata e di amare… dopo
tutto questo, lascia la brocca per terra, lascia una cosa che diventa il segno di un bisogno più
grande che ormai ha un nome, un bisogno più grande di quello di bere dell’acqua ad un
pozzo. C’è qualcosa di più importante del bere dell’acqua contenuta in una brocca!
Lo spirito chiede al corpo e il corpo, finalmente, ora risponde
Il corpo chiede allo spirito e lo spirito, finalmente, ora risponde
Dove sta il corpo e dove sta lo spirito nel nostro testo? Non è possibile rispondere dicendo
“qui o là”: non siamo fatti di “scatole” con sopra scritto il nome della scatola. Siamo un
“unico”, non siamo la somma delle parti e questo brano lo mette molto in evidenza.
Anche la samaritana è nata per vivere “in grande” ed ora, finalmente, può farlo… non le è
risparmiata la fatica di cercare ancora ma non può più fare a meno di ascoltare la “dritta”
che le ha offerto Gesù. Può continuare a vivere come ha fatto fino adesso ma, a questo
punto, sarebbe da stupidi continuare ad essere infelici se hai potuto scoprire come dissetare
la tua sete di felicità e di vita piena. Non serve più continuare a cercare di soddisfare bisogni
profondi in modo ingannevole.
In che senso Gesù è stato la salvezza per questa donna? Come l’ha salvata? Da che cosa?
41
-------------------------------------- PER LA RIFLESSIONE COI RAGAZZI
- Puoi sempre fare quello che desideri?
- E quando si desidero cose che non è possibile soddisfare immediatamente? Se non è
possibile fare “tutto e subito”?
- Se provi ad ascoltare cosa c’è nel profondo di te… quali sono i desideri più grandi che
hai? Di cosa senti di avere più bisogno?
- I tuoi desideri più grandi: pensi sia semplice soddisfarli? Lo puoi fare davvero senza
pensarci troppo su?
- Senti che questi tuoi bisogni sono capiti da chi ti è più vicino?
- Hai mai parlato di questi tuoi bisogni con qualcuno?
- Ti è mai successo di avere difficoltà a far capire agli altri di cosa hai veramente bisogno?
- Senti che chi ti è vicino riesce a comprenderti?
- È solo lo spirito ad avere desideri, a volere felicità, a desiderare di piacere, a sognare? Il
corpo ha dei desideri? Se sì, quali? Si può fare a meno di tenerne conto? Si può fare a
meno di considerare i bisogni, le necessità del corpo?
- Si può dire che il corpo ha “bisogni” e lo spirito ha “desideri”: che differenza c’è? È
importante questa differenza? Sono più importanti i bisogni o i desideri? O forse… sono
importanti tutti e due?
- Puoi trascurare il corpo, non tener conto dei suoi bisogni, dei suoi tempi, delle sue
esigenze e continuare imperterrito a realizzare i tuoi desideri dello spirito? Il corpo può
chiedere “il conto” allo spirito? In che senso?
- Puoi trascurare lo spirito, non tener conto dei suoi desideri, dei suoi tempi, delle sue
esigenze e continuare, come nulla fosse, come se non fosse importante, a realizzare i
bisogni del corpo? Lo spirito può chiedere “il conto” al corpo? In che modo? In che
senso?
- Cosa vuol dire per te “prendersi cura”? Come prendersi cura dello spirito? Come
prendersi cura del corpo? Se non mi prendo cura del mio corpo come posso realizzare i
desideri dello spirito? Se non mi prendo cura dello spirito, il corpo ne risente? Se non mi
prendo cura del corpo, lo spirito ne risente?
- A volte si comprano delle cose con l’imballaggio a rendere: bottiglie, scatole,
confezioni… a guardarle da fuori non si direbbe, a volte, che sono vuote… eppure lo
sono. Imballaggi “belli fuori ma vuoti dentro”
- “L’insostenibile leggerezza dell’essere” è il titolo affascinante di un romanzo dei primi
anni ’80. Un titolo con parole poi riprese da molti perché “affascinanti”: ma sono parole
dure come la pietra! L’inconsistenza, la leggerezza delle persone è insostenibile: è
questa leggerezza ad abitare le persone, i loro corpi, le loro decisioni. Se lo spirito è
l’abitante del corpo, se è lo spirito a presentare i sogni e i desideri più grandi, come
prendersene cura perché sia il più bello possibile? Da dove partire? Se lo ascolti, non è
lo stesso spirito a parlarti e a dire quello di cui hai più bisogno?
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- La bellezza dello spirito: da cosa si capisce che uno spirito è bello se non si vede?
- Da cosa dovrebbe essere fatto, necessariamente, lo spirito di una persona?
- Spirito o cuore o anima… quanti “tipi” di cuore hai? Uno è piccolo… uno non ha pareti…
- Da cosa viene limitato lo spirito di una persona? Da cosa viene aiutato ad esprimersi?
- Dove può esprimersi lo spirito di una persona?
- Il “luogo” dove si esprime lo spirito è indifferente? Lo spirito di una persona si esprime
nel corpo di quella persona: in che modo il corpo può aiutare lo spirito a compiere le sue
aspirazioni più grandi? E se il mio corpo non mi piace? Quanto conta la bellezza esteriore
del corpo in questo discorso? C’è qualcosa che conta di più? Se sì, cosa conta di più?
- Quanti “tipi” di sete hai? Una non passa mai… una ricomincia sempre…
- Quando hai tanta fame, o tanta sete, o tanto freddo o tanto caldo, o quando sei
ammalato, è coinvolto solo il tuo corpo? In che senso?
- Quando sei innamorato o quando hai un grande desiderio, è coinvolta solo la tua anima?
Di quanti pezzi sei fatto?
- Il corpo cresce, matura, diventa adulto così come lo spirito di una persona ha bisogno di
cresce, di maturare, di diventare adulto? È come se anche lo spirito fosse un bambino
che ha bisogno di essere aiutato a crescere: puoi crescere da solo? Puoi diventare
“grande” da solo? Può un bambino nel corpo e nello spirito sapere di cosa ha bisogno
per crescere nel corpo e nello spirito? Perché farsi aiutare da chi è “grande”, adulto nel
corpo e nello spirito? Perché è saggio fare questo? Un istruttore, un maestro, un
allenatore… cosa hanno in più rispetto ai loro allievi? Se adesso di venisse chiesto di fare
da maestro, da istruttore… accetteresti? Gli allievi di cosa hanno bisogno? Tu sei pronto
a dare qualcosa che aiuti a crescere? È solo di “qualcosa” che gli alunni hanno bisogno?
-------------------------------------- UN PERSONAGGIO PER RIFLETTERE
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-------------------------------------- GIOCO APERITIVO
Divisi in due sotto-squadre e armati di bicchieri di plastica (quella dura, tipo quelli trasparenti
e lisci per la birra) e cordino (almeno 15 mt a squadra) costruiranno un interfono a filo e si
dovranno scambiare dei messaggio … ogni postazione (4 … 2 per squadra) avrà un foglio con
messaggi da inviare e un foglio per trascrivere quelli che arrivano … vince la squadra che
trascrive meglio i messaggi … scopo del gioco saper prestare l’orecchio a delle voci che
giungono da lontano e che hanno cose importanti da dire … le frasi da trascrivere saranno
quindi frasi dei salmi
-------------------------------------- STRUMENTI
ESSERI UMANI
Marco Mengoni
Oggi la gente ti giudica, per quale immagine hai.
Vede soltanto le maschere, non sa nemmeno chi sei.
Devi mostrarti invincibile, collezionare trofei.
Ma quando piangi in silenzio, scopri davvero chi sei.
Credo negli esseri umani. Credo negli esseri umani.
Credo negli esseri umani che hanno coraggio,
coraggio di essere umani
Credo negli esseri umani. Credo negli esseri umani.
credo negli esseri umani che hanno coraggio,
coraggio di essere umani.
Prendi la mano e rialzati, tu puoi fidarti di me.
Io sono uno qualunque, uno dei tanti, uguale a te.
Ma che splendore che sei, nella tua fragilità.
E ti ricordo che non siamo soli
a combattere questa realtà.
Credo negli esseri umani. Credo negli esseri umani.
Credo negli esseri umani che hanno coraggio,
coraggio di essere umani.
Credo negli esseri umani. Credo negli esseri umani.
Credo negli esseri umani che hanno coraggio…
HO UN PENSIERO CHE PARLA DI TE
Vasco Rossi
E... vuoi da bere Vieni qui tu per me
Te lo dico sottovoce… Amo te
Come non ho fatto in fondo
con nessuna resta qui un secondo
E... se hai bisogno e non mi trovi
cercami in un sogno
Amo te quella che non chiede mai
non se la prende se poi non l'ascolto
E... uo... e.... sei un piccolo fiore per me
e l'odore che hai mi ricorda qualcosa va bè...
non sono fedele mai forse lo so
E... quando sento il tuo piacere che si muove lento
ho un brivido tutte le volte che il tuo cuore
batte con il mio poi nasce il sole...
E... uo... e.... ho un pensiero che parla di te
tutto muore ma tu sei la cosa più cara che ho
e se mordo una fragola mordo anche te
uo... e... sei un piccolo fiore per me
e l'odore che hai mi ricorda qualcosa
va bè... non sono fedele mai ora lo so
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IL PICCOLO PRINCIPE E IL MERCANTE DI PILLOLE Il rischio dell’estinzione dei desideri profondi a favore di quelli ingannevoli.
"Buon giorno", disse il piccolo principe.
"Buon giorno", disse il mercante.
Era un mercante di pillole perfezionate che calmavano la sete.
Se ne inghiottiva una alla settimana e non si sentiva piu' il bisogno di bere.
"Perche' vendi questa roba?" disse il piccolo principe.
"E' una grossa economia di tempo", disse il mercante.
"Gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantatre' minuti la settimana".
"E che cosa se ne fa di questi cinquantatre' minuti?"
"Se ne fa quel che si vuole..."
"Io", disse il piccolo principe, "se avessi cinquantatre' minuti da spendere, camminerei
adagio adagio verso una fontana..."
MESSAGGIO PER UN’AQUILA CHE SI CREDEVA UN POLLO – Anthony De Mello
Un uomo trovò un uovo d'aquila e lo mise nel nido di una chioccia.
L'uovo si schiuse contemporaneamente a quelli della covata e
l'aquilotto crebbe insieme ai pulcini.
Per tutta la vita l'aquilotto fece quel che facevano i polli nel cortile,
pensando di essere uno di loro. Frugava il terreno in cerca di vermi e
insetti, chiocciava e schiamazzava, scuoteva le ali alzandosi da terra di
qualche decimetro.
Trascorsero gli anni e l'aquila divenne molto vecchia.
Un giorno vide sopra di sé, nel cielo sgombro di nubi, uno splendido
uccello che planava, maestoso ed elegante, in mezzo alle forti correnti
d'aria, muovendo appena le robuste ali dorate.
La vecchia aquila alzò lo sguardo, stupita. "Chi è quello?", chiese. "E'
l'aquila, il re degli uccelli", rispose il suo vicino. "Appartiene al cielo.
Noi invece apparteniamo alla terra, perché siamo polli".
E così l'aquila visse e morì come un pollo, perché pensava di essere tale.
Anthony De Mello ricorda che spesso "la vita è quella cosa che ci accade mentre siamo
impegnati a fare altri progetti", mentre ce ne stiamo addormentati aspettando che qualcosa
succeda. Il suo non è solo un invito, è un grido: "Svegliatevi!". Con grande umorismo e tanta
semplicità, tra parabole indiane, battute, storielle divertenti, ci porta ad aprire gli occhi, a
sbarazzarci delle tante etichette che gli altri ci affibbiano e dietro le quali noi stessi talvolta
ci nascondiamo, e a prendere in mano ogni aspetto della nostra vita.
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DAL FILM IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON
“Per quello che vale, non è mai troppo tardi, o nel mio caso troppo presto,
per essere quello che vuoi essere.
Non c’è limite di tempo, comincia quando vuoi.
Puoi cambiare o rimanere come sei, non esiste una regola in questo.
Possiamo vivere ogni cosa al meglio o al peggio.
Spero che tu viva tutto al meglio.
Spero che tu possa vedere cose sorprendenti.
Spero che tu possa avere emozioni sempre nuove.
Spero che tu possa incontrare gente con punti di vista diversi.
Spero che tu possa essere orgogliosa della tua vita.
E se ti accorgi di non esserlo, spero che tu trovi la forza di ricominciare da zero.”
UN TEST PARTICOLARE
Cosa voglio fare nella vita?
Ricorda: non esistono risposte giuste o sbagliate, esistono solo le tue risposte. Alcune delle
risposte che troverai non saranno una novità per te, ma altre potrebbero davvero accendere
una lampadina. Let’s start!
1. Per cosa sei disposto a soffrire oggi?
2. Come ti immagini la tua vita tra 5 anni?
3. Cosa faresti se non avessi paura?
4. Cosa faresti se fossi sicuro di non poter fallire?
5. Quali sono i tuoi 3 più grandi talenti?
6. Se ti rimanesse un’ora di vita, come la spenderesti?
7. Quando è stata l’ultima volta che ti sei sentito vivo?
8. Quali sono le 5 cose per te più importanti?
9. Quale lavoro saresti disposto a fare anche gratis?
10. Chi è la persona che ammiri di più al mondo?
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------------------------------------- PER LA PREGHIERA
SALMO 120
Alzo gli occhi verso i monti:
chi mi potrà aiutare?
L'aiuto mi viene dal Signore
che ha fatto cielo e terra.
Il Signore non ti lascerà cadere,
veglia su di te, senza dormire.
Certo non dorme né riposa,
lui, che veglia su Israele.
Su di te veglia il Signore,
ti protegge con la sua ombra,
sta sempre al tuo fianco.
Il sole non ti colpirà di giorno,
né la luna di notte.
Il Signore proteggerà la tua vita,
ti proteggerà da ogni male.
Il Signore ti proteggerà
quando parti e quando arrivi,
da ora e per sempre!
SALMO 139
Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
mi scruti quando cammino
e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie;
la mia parola non è ancora sulla lingua e tu,
Signore, già la conosci tutta.
Dove andare lontano dal tuo spirito,
dove fuggire dalla tua presenza?
Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.
Ti lodo, perché mi hai fatto
come un prodigio;
sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.
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CONCLUSIONE
Fatta questa premessa diventa, forse, più comprensibile perché Gesù Cristo, figlio di Dio, per
salvarci si sia fatto uomo, in carne ed ossa: Gesù aveva un corpo come il nostro, nel quale è
vissuto su questa terra, nel quale è morto e nel quale è risorto. Così come il nostro corpo è
pura relazione, perché ci mette in contatto con tutto e con tutti, perché fa da ponte tra ciò
che sta dentro e ciò che sta fuori di noi, allo stesso modo il corpo di Gesù è il punto di
congiunzione tra il Padre e l’umanità, tra il Cielo e la Terra, tra l’Eterno e la finitezza, la
mortalità che è propria della nostra carne. Il corpo di Gesù è garanzia che questo “ponte di
passaggio” tra Dio e noi non è un’elucubrazione, un’astrazione, un parto della mente o della
fantasia, ma è carne e sangue: si può vedere, si può toccare, si può sentire. È attraverso una
relazione intima, viscerale, persino sanguinolenta che avviene la redenzione dell’uomo (cioè,
letteralmente, il riscatto pagato per liberarci dalla schiavitù della morte: “siete stati comprati
a caro prezzo”, dice San Paolo): pur di salvare la mia carne (sì, proprio la mia carne, cioè la
mia parte irrimediabilmente fragile, la parte perdente e sofferente, la parte sconfitta in
partenza), Gesù ha donato la sua. Se avesse voluto salvare solo il mio spirito, Egli avrebbe
potuto fare un’operazione puramente “spirituale”, senza spargimento di carne e di sangue
(tanto meno il suo).
Ora posso dire di trovarmi in una relazione molto intima e molto carnale con Gesù: posso
ancora dire, accettando la provocazione di San Paolo, di appartenere solo a me stesso?
Se sono in una relazione vera con qualcuno, cadono le barriere e gli steccati che separano
ciò che è mio da ciò che è dell’altro; soprattutto, non mi è più lecito dire “sono mio,
appartengo solo a me stesso”.
LE LETTURE DELLA DOMENICA (2 AGOSTO) cadono a pennello su questo!