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198 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L.353/2003 - art. 1, comma 1 - n. 8 anno XXV - Editore Regione Piemonte - p.zza Castello 165 - Torino - ISSN 1124-044 X Agosto/Settembre 2010 MONDI VICINI SGUARDI LONTANI IN COPERTINA Siamo tutti biodiversi FLORA Le peonie del Monte San Giorgio MOSTRE La biodiversità al Museo regionale di Scienze

ISSN 1124-044 X emonte - p.zza Castello 165 - Torino · Monti Pelati e Torre Cives, Sacro Monte di Belmonte, Vauda Corso Massimo d’Azeglio, 216 - 10081 Castellamonte TO tel. 0124

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Agosto/Settembre 2010

M O N D I V I C I N I S G U A R D I L O N T A N I

IN COPERTINASiamo tutti biodiversi

FLORALe peonie del Monte San Giorgio

MOSTRELa biodiversità al Museo regionale di Scienze

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Molti altri “anni internazionali” sonopassati invano, senza mutare i compor-tamenti pubblici e privati, e invece, con-tro ogni aspettativa, l’Anno dellaBiodiversità sembra lasciare il segno,perlomeno perché stiamo imparando ilsignificato di una parola difficile e in cre-scita di popolarità. Una parola necessa-ria, evidentemente, non soltanto per lescienze naturali ma per l’intera comuni-tà umana, uno di quei termini che si con-quistano uno spazio perché definisconoun bisogno e colmano una lacuna.Dal punto di vista sociale il concetto dibiodiversità sembra contrapporsi allaparola forte dell’ultimo decennio – laglobalizzazione –, come se le ragioni deisingoli “portatori d’interesse” (la vita, inquesto caso) si ribellassero all’omolo-gante strapotere di un ordine superio-re, inafferrabile, indiscutibile.Dal punto di vista storico la parola “bio-diversità” richiama il valore della dise-guaglianza (nessun essere sarà mai iden-tico a un altro), sostituendo o perfezio-nando la parola d’ordine del secolo bre-ve: l’uguaglianza. Paradossalmente laconquista dell’“uguaglianza” da parte

degli esseri umani si è accompagnata al-l’eliminazione degli altri esseri, come senon vivessimo sullo stesso pianeta.Dal punto di vista etico la biodiversitàintroduce una riflessione sulla capacitàcreativa e rigenerativa della vita terre-stre, e sulle responsabilità dell’unicaspecie capace di annientarla: l’uomo.Scrive Claudia Bordese che «dovrebbeessere sotto gli occhi di tutti l’incredi-bile varietà di specie viventi che popo-lano o hanno popolato la Terra sin dal-le origini della vita, anche se l’inurba-mento e il crescente distacco dal mon-do naturale ci portano a considerarlecon sempre minore interesse, ignaridel loro fondamentale ruolo per la no-stra sopravvivenza. Ne sono state de-scritte nel mondo circa due milioni, masi stima che il numero complessivo dispecie differenti sia prossimo ai ventimilioni».Se si pensa che ogni specie, anche la piùpiccola e apparentemente insignificante,ha un posto preciso e una sua funzionenel mondo, c’è di che stordirsi di mera-viglia: per la fantasia della natura e per lanostra supponenza.

La parola necessaria

LE NAZIONI UNITE HANNO DICHIARATO IL 2010“ANNO INTERNAZIONALE DELLA BIODIVERSITÀ”. UNA SCELTA PRECISA, CHE INTENDE RIBADIRE IL RUOLO INSOSTITUIBILE DI OGNI SPECIE VIVENTE,NONCHÉ LE RESPONSABILITÀ DI OMOLOGAZIONE E IMPOVERIMENTO CHE LA CIVILTÀ INDUSTRIALE SI ASSUME NEI CONFRONTI DEGLI ECOSISTEMI

Editoriale di Enrico Camanni

Aree protette in PiemonteTORINOBosco del Vaj, Collina di Superga Via Alessandria, 2 - 10090 Castagneto Po TO tel. e fax 011 912462 La Mandria, Collina di Rivoli, Madonna della Neve sul Monte Lera, Ponte del Diavolo,Stura di Lanzo Viale Carlo Emanuele II, 256 - 10078 Venaria Reale TO tel. 011 4993311 fax 011 4594352 Gran Bosco di Salbertrand Via Fransuà Fontan, 1 - 10050 Salbertrand TO tel. 0122 854720 fax 0122 854421 Laghi di Avigliana Via Monte Pirchiriano, 54 - 10051 Avigliana TO tel. 011 9313000 fax 011 9328055 Monti Pelati e Torre Cives, Sacro Montedi Belmonte, Vauda Corso Massimo d’Azeglio, 216 - 10081 Castellamonte TO tel. 0124 510605 fax 0124 514463 Orsiera Rocciavrè, Orrido di Chianocco, Orrido di Foresto Via S. Rocco, 2 - Fraz. Foresto - 10053 Bussoleno TO tel. 0122 47064 fax 0122 48383 Po (tratto torinese) Corso Trieste, 98 - 10024 Moncalieri TO tel. 011 64880 fax 011 643218 StupinigiVia Magellano 1 - 10128 Torinotel. e fax 011 5681650 Val Troncea Via della Pineta - La Rua - 10060 Pragelato TO tel. e fax 0122 78849

VERBANO-CUSIO-OSSOLAAlpe Veglia e Alpe Devero, Alta Valle Antrona Viale Pieri, 27 - 28868 Varzo VB tel. 0324 72572 fax 0324 72790 Sacro Monte Calvario di Domodossola Borgata S. Monte Calvario, 5 - 28845 Domodossola VBtel. 0324 241976 fax 0324 247749 Sacro Monte della SS. Trinità di Ghiffa Via SS. Trinità, 48 - 28823 Ghiffa VB tel. 0323 59870 fax 0323 590800

VERCELLIAlta Valsesia Corso Roma, 35 - 13019 Varallo VC tel. e fax 0163 54680 Bosco delle Sorti della Partecipanza Corso Vercelli, 3 - 13039 Trino VC tel. 0161 828642 fax 0161 805515 Garzaia di Carisio, Garzaia di Villarboit,Isolone di Oldenico, Lame del Sesia, Palude di Casalbeltrame Via XX Settembre, 12 - 13030 Albano Vercellese VC tel. 0161 73112 fax 0161 73311 Monte Fenera Fraz. Fenera Annunziata - 13011 Borgosesia VC tel. e fax 0163 209356 Sacro Monte di Varallo Loc. Sacro Monte Piazza Basilica - 13019 Varallo VC tel. 0163 53938 fax 0163 54047

PARCHI NAZIONALIGran Paradiso Via della Rocca, 47 - 10123 Torino tel. 011 8606211 fax 011 8121305 Val Grande Villa Biraghi, piazza Pretorio, 6 - 28805 Vogogna VB tel. 0324 87540 fax 0324 878573

AREE PROTETTE D’INTERESSE PROVINCIALELago di Candia, Monte Tre-Denti e Freidour,Monte San Giorgio, Conca Cialancia, Stagno di Oulx, Colle del Lys c/soProvincia di Torino - c.so Inghilterra 7/9 - 10138 Torinotel. 011 8616254 / Fax 011 8616477

REGIONE PIEMONTEASSESSORATO COMMERCIO E FIERE,PARCHI E AREE PROTETTE Assessore William Casoni DIREZIONE AMBIENTE Direttore Salvatore De GiorgioVia Principe Amedeo, 17 - 10123 TorinoSETTORE PARCHIResponsabile Giovanni Assandrivia Nizza 18 – 10125 Torinotel. 011 4323524 fax 011 4324759/5397

AREE PROTETTE REGIONALIALESSANDRIABosco delle Sorti La Communa c/o Comune, Piazza Vitt. Veneto - 15016 Cassine AL tel. e fax 0144 715151 Capanne di Marcarolo Via Umberto I, 32 A - 15060 Bosio AL tel. e fax 0143 684777 Po (tratto vercellese-alessandrino)Fontana Gigante, Palude S. Genuario, Torrente OrbaPiazza Giovanni XXIII, 6 - 15048 Valenza AL tel. 0131 927555 fax 0131 927721 Sacro Monte di Crea Cascina Valperone, 1 - 15020 Ponzano Monferrato AL tel. 0141 927120 fax 0141 927800

ASTIRocchetta Tanaro, Valle Andona, Valle Botto e Val Grande, Val Sarmassa Via S. Martino, 5 - 14100 AT tel. 0141 592091 fax 0141 593777

BIELLA Baragge, Bessa, Brich di Zumagliae Mont Prevé Via Crosa, 1 - 13882 Cerrione BI tel. 015 677276 fax 015 2587904 Burcina Cascina Emilia - 13814 Pollone BI tel. 015 2563007 fax 015 2563 914 Sacro Monte di Oropa c/o Santuario, Via Santuario di Oropa, 480 -13900 BI tel. 015 25551203 fax 015 25551209

CUNEO Alpi Marittime, Juniperus Phoenicea di Rocca,S. Giovanni-Saben Piazza Regina Elena, 30 - 12010 Valdieri CN tel. 0171 97397 fax 0171 97542 Alta Valle Pesio e Tanaro, AugustaBagiennorum, Ciciu del Villar, Oasi di CravaMorozzo, Sorgenti del Belbo Via S. Anna, 34 - 12013 Chiusa Pesio CN tel. 0171 734021 fax 0171 735166 Boschi e Rocche del Roero c/o Comune, Piazza Marconi 8 - 12040 SommarivaPerno CN tel. 0172 46021 fax 0172 46658 Gesso e Stura c/o Comune Piazza Torino, 1 - 12100 Cuneo tel. 0171 444501 fax 0171 602669 Po (tratto cuneese), Rocca di Cavour Via Griselda, 8 - 12037 Saluzzo CN tel. 0175 46505 fax 0175 43710

NOVARABosco Solivo, Canneti di Dormelletto, FondoToce, Lagoni di Mercurago Via Gattico, 6 - 28040 Mercurago di Arona NO tel. 0322 240239 fax 0322 237916 Colle della Torre di Buccione, Monte Mesma,Sacro Monte di Orta Via Sacro Monte - 28016 Orta S. Giulio NO tel. 0322 911960 fax 0322 905654 Valle del Ticino Villa Picchetta - 28062 Cameri NO tel. 0321 517706 fax 0321 517707

PIEMONTE PARCHI Anno XXV - N° 8

Editore Regione Piemonte – p.zza Castello 165 – Torino

Direzione e Redazione via Nizza 18 – 10125 Torinotel. 011 432 3566/5761 fax 011 432 5919e-mail: [email protected]

DIRETTORE RESPONSABILERoberto Moisio DIRETTORE EDITORIALEEnrico CamanniVICE DIRETTOREEnrico Massone CAPOREDATTOREEmanuela Celona Redazione Gianni Boscolo, Toni Farina, Aldo Molino, Loredana Matonti, Mauro PiantaCollaboratori Claudia Bordese, Stefano Camanni, Giulio Caresio, Bruno Gambarotta, E. Giacobino/MRSNT, Susanna Pia, Laura Ruffinatto, Mariano Salvatore, Chiara Spadetti, Ilaria TestaPromozione e iniziative specialiSimonetta AvigdorSegreteria amministrativaGigliola Di Tonno Arretrati e copie omaggioAngela Eugenia, tel. 011 4323273 fax 011 [email protected] Parchi WebElisa Rollino – www.piemonteparchiweb.itPiemonte Parchi Web JuniorLoredana Matonti www.piemonteparchiweb.it/juniorBiblioteca Aree ProtetteMauro Beltramone, Paola Sartori - tel. 011 4323185 Hanno collaborato a questo numero:A. Amparore, M. Cecere, S. Forneris, C. Gromis di Trana, V. Guasco, M. Marasco, R. Ferraris, C. Insalaco, F. TomasinelliFotografiA. Amparore, A. Bee, Campora-Cottalasso/CeDRAP, G. Carrara/CeDRAP, F. Chironi, N. Destefano, A. Falco/CeDRAP, R. Ferraris,Forneris-Balestro-Charbonnier, G. Masserano/CeDRAP, TipsImages,G. Sordini/CeDRAP, F. Tomasinelli, M. Boscolo-Torello/CeDRAP,R. ValterzaDisegni M. Battaglia, F. Cecchin, C. Girard, A. SartorisMappe e Grafici S. ChiantoreL’editore è disponibile per eventuali aventi diritto per fonti iconografiche nonindividuate. Riproduzione anche parziale di testi, immagini e disegni è vietatasalvo autorizzazione dell’editore. Testi e fotografie non richiesti non sirestituiscono e per gli stessi non è dovuto alcun compenso.Registrazione tribunale di Torino n. 3624 del 10.2.1986Stampa: stampato su carta FSCGrafica, impaginazione, stampa e distribuzione Satiz Srl – Torino

In copertina: Salamandra pezzata - Salamandrasalamandra, stadio larvale (foto Nicola Destefano)

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ABBONAMENTO ANNUALE CARTACEO 16 €su c.c.p. 20530200 intestato a Staff Srlvia Bodoni 24, 20090 Buccinasco (MI)ABBONAMENTO ANNUALE ONLINE - 10 €Pagamento su Internet (possibile anche per il cartaceo)www.piemonteparchi.it

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«…QUESTO MONDO È INEFFETTI UN ESSERE VIVENTEDOTATO DI ANIMA E DIINTELLIGENZA… UNASINGOLA ENTITÀ VIVENTECONTENENTE TUTTE LE ALTRE ENTITÀ VIVENTI,CHE CON ESSA SONO IN RELAZIONE IN VIRTÙDELLA LORO STESSANATURA».

PLATONE, TIMEO, 29/30; IV SECOLO A.C.

EDITORIALELA PAROLA NECESSARIA 1di Enrico Camanni

BIODIVERSITÀLA NOSTRA ASSICURAZIONE SULLA VITA 6di Claudia Bordese

OLTRE IL PASCOLO… LA VITA 10di Stefano Forneris

BIODIVERSITÀ QUA E LÀ… 13di Caterina Gromis di Trana

I SEMI DELLA SPERANZA: LE BANCHE DEI GERMOPLASMA 16di Loredana Matonti

“UN MONDO DIVERSO” AL MUSEO REGIONALE DI SCIENZE NATURALI 19di Stefano Camanni

PARCHI ALTROVENELLE TERRE SELVAGGE: LO YELLOWSTONE NATIONAL PARK 22di Andrea Amparore

NATURA PROTETTALA VALLE DEI DUE PARCHI 25di Aldo Molino

FLORAPEONIA OFFICINALE, IL FIORE DELL’OLIMPO 28di Loredana Matonti

LA STORIAALI COME VELE 30di Mauro Pianta

TERRITORIOMONS FORTIS - SULLE TRACCE DEI ‘PURI’ 33di Matteo Marasco

RUBRICHE 38

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PARIGI

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GIARDINI VERTICALI

Stanno facendo comparsa in moltedelle maggiori città del mondo. Sonoi muri verdi. Pareti completamentericoperte di vegetazione, così ampieda rivestire intere facciate di edifici. Li ha portati al successo PatrickBlac, un eccentrico botanico france-se di grande esperienza, che ha cu-rato queste installazioni dappertut-to, Italia compresa. Le piante, di dif-ferenti specie e in gran parte esoti-che, sono inserite a mosaico su unastruttura portante che alloggia pan-nelli di feltro irrigati e fertilizzati. Unprogetto complesso, dunque, che hapoco a che fare con il rivestimentod’edera e vite americana sugli edificiche si osservano nei centri rurali.Ma attenzione: il verde verticale nonè un giardino. Ha bisogno di conti-nue cure e interventi per rimanerein salute per essere ammirato. Perora, infatti, strutture come queste,costose da installare e mantenere,sono limitate a edifici istituzionali, ea grandi magazzini o club lussuosi,localizzati nel centro città, dove laloro visibilità è massima. In questeimmagini, infatti, possiamo ammira-re il Musèe du quai Brainly: un nuo-vo e bellissimo spazio dedicato all’an-tropologia nel cuore di Parigi.L’aspetto di questi muri è gradevole:decorativi e di gran moda, ma la lorofunzione nella rete ecologica urbanaè trascurabile. Ma, nonostante tutto,richiamano l’attenzione su un aspettoimportante: il verde nelle nostre cit-tà. E possono essere considerati unpasso nella giusta direzione.

(Francesco Tomasinelli)

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BIODIVERSITÀ

CI FORNISCE OSSIGENO, CIBO, MEDICINE. PULISCE L’ARIA, DEPURA L’ACQUA, RICICLAI RIFIUTI. PROTEGGE I RACCOLTI E CI DIFENDE DAI DISASTRI AMBIENTALI. È LA BIODIVERSITÀ, TANTO CITATA MA POCO CONOSCIUTA

La nostra assicurazionesulla vita

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Claudia Bordese

CCi sono parole che entrano nell’usocorrente e diventano moda, finendocon l’essere usate e abusate senza ne-anche conoscerne il significato.Appartengono a questa lista di terminiinflazionati “ecologia” e “globalizza-zione”, ma anche, recente new entry,‘“biodiversità”. Proprio per accrescer-ne conoscenza e consapevolezza, leNazioni Unite hanno dedicato a que-st’ultima il 2010, dichiarandolo Annointernazionale della biodiversità.La parola biodiversità abbina due con-cetti, essere vivi ed essere differenti, erappresenta la vita in tutte le sue ma-nifestazioni. Tre sono gli aspetti in cuisi manifesta: la grande ricchezza inspecie differenti, la variabilità geneticaall’interno di una medesima specie ela molteplicità degli ecosistemi, ovve-ro degli ambienti uniti alle specie chein essi vivono.Dovrebbe essere sotto gli occhi di tut-ti l’incredibile varietà di specie viventiche popolano o hanno popolato laTerra sin dalle origini della vita, anchese l’inurbamento e il crescente distac-co dal mondo naturale ci portano aconsiderarle con sempre minore inte-resse, ignari del loro fondamentaleruolo per la nostra sopravvivenza. Nesono state descritte nel mondo circadue milioni, ma si stima che il nume-ro complessivo di specie differenti siaprossimo ai venti. Sono il risultato del-l’evoluzione, un processo sempre incorso che agisce grazie ai meccanismistudiati e resi noti da Darwin, variabi-lità, selezione, adattamento, che a par-tire dalle prime rudimentali cellule hapermesso alla vita di accumulare unpatrimonio enorme, che spazia daibatteri alle balenottere.Indubbiamente un ottimo investimen-to. Per biodiversità intendiamo pro-prio questo: l’enorme ventaglio dispecie differenti che popolano il pia-neta fin negli angoli più remoti e ne-gli ambienti più estremi.Ma per biodiversità si intende anchela variabilità genetica tra individui del-la medesima specie. Siamo tutti diver-si, e tale diversità offre da una parte lapossibilità di colonizzare ambienti dif-ferenti, dall’altra la garanzia di riuscirea far fronte a imprevisti mutamentiambientali, poiché permette alla spe-

cie di sopravvivere grazie ai suoi indi-vidui geneticamente adatti alle nuovecondizioni. Un passero dotato di mag-giore resistenza ai rigori invernali, su-pererà un’ondata di freddo intensomeglio dei suoi cospecifici, e potràtraghettare la specie fino ai tepori pri-maverili.Terzo aspetto della biodiversità èquello rappresentato dalla molteplici-tà degli ecosistemi. Un ecosistema ècostituito da un habitat fisico –lo stagno, la spiaggia, lagrotta, gli abissi ocea-nici, ecc. - e dallespecie viventi chein esso abitano.Si mantiene inequilibrio gra-zie a una fittarete di inter-conness ion i ,costituite dallerelazioni che sivengono a crearetra specie differentie tra queste e l’am-biente, e che permettonoil continuo riciclo di energia emateria. Maggiore il numero di speciedifferenti, più strette le maglie dellarete, più difficile rompere l’equilibrio.La biodiversità è anche questo. Unaspecie vivente non è un’entità fine ase stessa. Vive e prospera solo graziealle sue interazioni con le altre specie.Un leone non può sopravvivere senzauna gazzella da cacciare, senza l’erbache deve sfamare la sua preda, senzal’albero che offre ombra ai suoi cuc-cioli. Ciò dovrebbe aiutarci a com-prendere che non è sufficiente con-servare una specie in un parco zoolo-gico per salvarla. Ciò che serve è pre-servare gli ecosistemi, e con essi lafruttuosa sinergia tra organismi viven-ti e ambiente. Infatti, in un mirabilecircolo virtuoso, all’interno di un eco-sistema le interazioni tra prede e pre-datori, ospiti e parassiti, costituisconola principale fonte di biodiversità,giacché l’incessante necessità di pre-valere e sopravvivere porta alla conti-nua evoluzione di nuove specie.Stabilito cosa si intende quando siparla di biodiversità, scopriamonel’importanza attraverso le sue funzio-

In apertura un airone guardabuoi sul dorso di unelefante - Parco nazionale di Amboseli - Kenya (fotoA. Bee); sopra: una mantide religiosa (foto Campora-Cottalasso/arc. CeDRAP); una fanfara (foto G.Masserano/arc. CeDRAP); un bombo su un boragoofficinalis (foto G. Carrara/arc. CeDRAP)

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corso d’acqua con rive cementificate,contribuendo inoltre alla filtrazione edepurazione delle acque. La biodi-versità garantisce maggiore adattabi-lità complessiva ai cambiamenti cli-matici, grazie alla variabilità geneticaall’interno di ogni singola specie.Assicura inoltre un vasto patrimoniodi rimedi naturali cui attingere, cometestimoniano le migliaia di proteinenuove individuate in organismi mari-ni di recente scoperta. Inoltre, unafauna più vasta e diversificata offre lapossibilità di diluire tra più specie ilrischio di essere attaccate da un orga-nismo predatore o comunque noci-vo. Non è infine da sottovalutarel’impatto estetico e quindi turistico epertanto economico di un paesaggiomultiforme e diversificato, variopintacartolina del rispetto ambientale.La biodiversità assicura dunque la so-pravvivenza della nostra giovanespecie, fornendoci ossigeno, cibo emedicine, ripulendo l’aria, depuran-do l’acqua e riciclando i rifiuti, pro-teggendo i nostri raccolti e salvaguar-dandoci dai disastri ambientali.Ciononostante, incuranti del suo in-sostituibile valore, non esitiamo a de-vastarla e in tal modo – come nellabarzelletta più scontata – seghiamo ilramo su cui siamo seduti. La biodi-versità muta nel tempo, poiché èfrutto dell’evoluzione e soggettaquindi a continui cambiamenti. Mal’impatto dell’uomo, soprattutto negliultimi 50 anni, sta portando a una di-minuzione di biodiversità. Questaperdita deriva dai nostri bisogni cre-scenti, che soddisfiamo con miopia eignoranza senza considerare le rica-dute. Le minacce alla biodiversità ar-rivano dalla continua distruzione dihabitat, dall’inquinamento di aria,suolo e corsi d’acqua, dal sovrasfrut-tamento delle risorse. I bisogni ener-getici, crescenti in maniera esponen-ziale, sono soddisfatti senza alcun ri-guardo per l’ambiente, per cui, senzascomodare i drammi provocati dacarbone e petrolio, vengono costrui-te dighe e centrali idroelettriche cherappresentano insormontabili barrie-re ecologiche per molte specie itti-che, vengono messi in funzione im-pianti eolici incuranti dei flussi mi-

da virus e parassiti, essendo garantitaalmeno in parte l’impollinazione gra-zie a svariate specie di insetti impol-linatori selvatici. La biodiversità assi-cura protezione contro disastri am-bientali quali frane, valanghe, inon-dazioni. Piante differenti cresciutespalla a spalla, grazie a radici diver-samente strutturate e quindi più stret-tamente intrecciate, godono di unmiglior ancoraggio al suolo, e rap-presentano così una valida barrieraper valanghe e slavine, mentre il ter-reno più compatto è meno soggettoa frane. Le rive di fiumi e canali ric-che di piante sono per il medesimomotivo meno soggette all’erosione, ela presenza di rami, arbusti e radicitrattiene le piene molto meglio di un

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Qui sopra, una murena - Muraena helena e un gamberetto (foto F. Chironi)

BIODIVERSITÀ

ni. La biodiversità delle piante verdi,dalle alghe alle sequoie, garantisce laproduzione di ossigeno e la catturadi anidride carbonica su tutta la su-perficie del pianeta, mentre le com-plesse reti ecologiche degli ecosiste-mi assicurano il funzionamento deicicli della materia, e quindi la degra-dazione dei rifiuti organici e la pro-duzione di prezioso humus. La biodi-versità riempie le nostre tavole e cigarantisce il mantenimento delle spe-cie coltivate: la presenza infatti in na-tura di parenti stretti delle piante diinteresse agricolo garantisce un ser-batoio a cui attingere per migliorarleo ripristinarle. Grazie alla biodiversi-tà possiamo attenuare il dramma del-le api domestiche gravemente colpite

verso ad esempio lo status di benepubblico, con leggi e norme che neregolino la salvaguardia, e incentiviper chi la sostiene e la promuove.Ciò renderebbe anche possibile mo-netizzarla, prendendo in considera-zione il costo della sua distruzione ei benefici derivanti dal suo manteni-mento. Questo permetterebbe di farcomprendere con maggior facilitàche anche da come si fa la spesa, sigestisce il balcone o il giardino, ci sisposta o ci si comporta all’aria aper-ta, dipende la biodiversità e quindi lasopravvivenza della nostra specie.Tutto questo renderebbe più facil-mente comprensibili gli obiettivi suc-

cessivi, di salvaguardare l’ambiente epromuovere la diversità delle speciecon adeguate misure di conservazio-ne, perseguendo uno sviluppo soste-nibile che riduca lo sconsideratosfruttamento delle risorse naturali. La biodiversità è la nostra assicura-zione sulla vita. Se continuiamo amettere mano al capitale, forse riu-sciremo a vivere alla grande fino allafine dei nostri giorni, ma non avremonulla da lasciare in eredità ai nostrifigli, e soprattutto non avremo inse-gnato loro a vivere.

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Claudia Bordese, biologa e scrittrice torine-se, si occupa di comunicazione e divulgazio-ne scientifica.

In questa pagina: un bruco di eligmodonta (foto A. Falco/arc.CeDRAP) e dei pennacchi – Eriophorum Cyperaceae(foto M. Torello/ arc. CeDRAP)

gratori degli uccelli, vengono esage-ratamente illuminate le nostre cittàprivando centinaia di specie dellabenefica protezione del buio. La bio-diversità è minacciata ogni qualvoltail nostro comportamento porta unaspecie sull’orlo dell’estinzione.Commuove tutti la lenta agonia di ti-gri e rinoceronti, sacrificati sull’altaredi ridicole superstizioni, ma altrettan-to grave – pur se meno evidente esoprattutto tenuta in minor conto – èla scomparsa di varietà e sottospecie,ovvero della diversità genetica intra-specifica, un problema che sta com-promettendo l’agricoltura mondiale.L’impossibilità di attingere a gruppiaffini per migliorare o sostituire unavarietà coltivata colpita da un organi-smo dannoso, rischia di cavare il pa-ne di bocca a centinaia di milioni dipersone, soprattutto oggi che le prin-cipali risorse alimentari sono limitatea un numero irrisorio di specie.Diminuire la biodiversità significamuoversi verso un’inquietante omo-logazione, un pericoloso appiatti-mento che rende tutti più vulnerabili. L’uomo non può sopravvivere senzala variabilità della natura. Qualiobiettivi è dunque necessario porsiper salvaguardare la biodiversità? Indubbiamente tra i principali ci de-ve essere quello di riconoscerne lefunzioni e l’importanza, nonché diassegnarle un valore concreto attra-

RUPI, PARETI ROCCIOSE, GHIAIONI: AMBIENTI ESTREMI CHE PER LA LOROINACCESSIBILITÀ DIVENTANO VERE E PROPRIE ISOLE PER ANIMALI E PIANTE

Stefano Forneris

Oltre il pascolo… la vitaALTA QUOTA

Pulsatilla alpina - nome comune Anemone alpina - è una pianta erbacea perenne e si trova neipascoli alpini tra i 1200 e i 2500 metri. La sua massima fioritura avviene tra giugno-luglio (foto Forneris, Balestro)

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ATrovandosi inoltre spesso e fortunata-mente in un contesto distante dai centriantropizzati (città, zone agricole, alleva-menti), hanno garantito e garantisconotuttora un rifugio sicuro e protetto permolti animali, uccelli rapaci soprattutto.Lo stesso gheppio, comune in pianura,sfrutta sovente questi ambienti rocciosiper nidificare e in condizioni favorevolinon è raro trovare più coppie anche po-co distanti le une dalle altre. Ne fannole spese arvicole e nidiacei di spioncellie culbianchi.La risposta degli organismi a questo ha-bitat, comprendente un buon numerodi microambienti, inospitale e di diffici-le colonizzazione è stata la specializza-zione. Spesso rupi e ghiaioni si trovanoisolati gli uni dagli altri e separati da am-bienti completamente differenti con unasuccessione parete roccio sa-bosco-

A tutti sarà capitato durante un’escur-sione in montagna, superato il limitedel bosco, di avere la sensazione dicamminare in zone quasi prive di vita;rupi e relativi ghiaioni della fascia mon-tana e submontana sono infatti ambien-ti aspri, all'apparenza quasi sterili e dif-ficili da colonizzare, sia per gli animalisia per le piante. Ambienti quasi inaccessibili a causadella morfologia, spesso con pendenzeelevate quasi verticali, non permettonoil formarsi di substrati stabili e quindi disuoli ricchi e produttivi. Alla compattez-za delle pareti rocciose si contrapponel'elevata instabilità dei ghiaioni e questonon aiuta certo animali e vegetali a sce-glierli come ambienti ideali. Soventecrolli e frane modificano improvvisa-mente le superfici trascinando a valleintere comunità vegetali e animali.Insieme a questi caratteri morfologici,già di per sé impegnativi, altri hanno in-fluito e influiscono con forza sui ritmi vi-tali e sulle strategie di adattamento del-le specie viventi. L’escursione termicagiornaliera e stagionale è elevata, cosicome l'esposizione alla radiazione sola-re, l'apporto di acqua è spesso variabilee improvviso e nonostante la buona ri-serva che potrebbe garantire il mantonevoso, le pendenze elevate e i substra-ti in larga parte rocciosi non ne permet-tono un accumulo stabile e continuo. Questi caratteri così estremi però sonostati e sono tuttora uno scudo natura-le per svariate forme di vita. Lo sonostate sin dal tardo Terziario, durante tut-ti i picchi glaciali che avvenivano perio-dicamente durante i cicli glaciali-inter-glaciali. Isole xerotermiche, dove hannopotuto sopravvivere, evolversi, specia-lizzarsi e conservarsi moltissime specie.La pernice bianca può essere considera-ta il miglior esempio di adattamento aquesti ambienti estremi: grazie al suomimetismo, bianca d’inverno e dellostesso colore delle rocce d’estate, risultapraticamente invisibile ai visitatori dellealte quote. Pareti rocciose e ghiaioni ri-sultano ancora fondamentali per la so-pravvivenza di intere comunità, grazieall'“effetto siepe”. Essendo infatti dellebarriere fisiche, costituiscono zone diaccumulo per comunità vegetali e ani-mali (soprattutto insetti e uccelli) prove-nienti o scacciate da altre aree.

prato alpino-parete roc ciosa. Quindi peruna specie adattata a muoversi e viveresu un substrato roccioso o ghiaioso,non sarà affatto facile attraversare areeboschive o erbose. E poiché tutte le pa-reti rocciose, le rupi, i ghiaioni, le golehanno caratteri esclusivi o quasi, ognicomunità animale o vegetale tenderà adadattarsi a parametri molto variabili. Adesempio la quantità di radiazione solarecatturata è estremamente influenzatadall'esposizione del versante e i substra-ti variano in base alla composizione chi-mica delle rocce. L'influenza combinatadi questi due fattori, isolamento e spe-cializzazione, ha reso possibile la so-pravvivenza di un grande numero diendemismi. A maggior ragione ora pos-siamo paragonare queste zone rocciosea delle “isole”. Isole ecologiche in cui lecomunità vegetali ed animali presenta-

Nelle foto di questa pagina: un gheppio con lapreda e flora rupicola (foto Forneris, Balestro)

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Gli invertebrati (molluschi ter-restri, coleotteri, lepidotteri, ditte-

ri imenotteri e insetti fitofagi) sonoil gruppo meglio rappresentato especializzato, avendo masse molto

ridotte e quindi richieste energeti-che minori e maggiore facilità di

adesione al substrato. Non èraro trovare colonie di mol-luschi terrestri al riparo infessure della roccia o neimuschi. Anche per questeclassi però gli aspetti am-bientali limitanti, influi-

scono sulla distribuzione esulla stabilità. Se le zoocenosi sono ri-dotte e instabili, lo saranno di conse-guenza le biocenosi fitofaghe. E quindianche i predatori maggiori, aracnidi, in-setti, lucertole, marassi e piccoli mam-miferi carnivori, si trovano in condizio-ni difficili. Scarsezza di risorse, maggioridifficoltà di movimento, minor tolleran-za agli sbalzi temici, mimetismo difficol-toso fanno sí che ghiaioni montani e ru-pi vengano più che altro scelti come ter-ritori di caccia o come rifugio tempora-neo. La scarsità d'acqua, o per lo menoil suo mancato accumulo, preclude lapresenza di anfibi e solo la salamandraalpina, che ha modificato il ciclo ripro-duttivo con una fase larvale intrauterinaper ovviare alla mancanza dell'ambien-te acquatico, trascorrendo ibernata nelsuolo i mesi freddi, è diffusa stabilmen-te nelle Alpi.Camosci e stambecchi sono i mammi-feri più grandi tra i frequentatori dellefalde detritiche montane e nei periodicaldi non è difficile osservare interibranchi di passaggio sulle pietraie.Cosi come è probabile sentire i fi-schi d'allarme delle mar-motte, che al soprag-giungere di un pe-ricolo svicola-

no caratteri peculiari, con pochi ele-menti ma altamente specializzati.Ovviamente il numero di specie legatea questi ambienti non è alto se parago-nato ad altri, basti pensare a un boscoalpino con il suo sottobosco, ma note-vole è la variabilità specifica e interspe-cifica. Isolamento e specializzazionehanno agito maggiormente sulle comu-nità vegetali: molte piante, che sono lamemoria paleoclimatica e genetica delterritorio, hanno un areale di distribu-zione assai limitato e caratteristico, di-ventando così elementi estremamentepreziosi e significativi dell'intera floraitaliana. Infatti la maggior parte degli en-demismi del nostro paese è strettamen-te legata alle catene montuose e in par-ticolar modo a territori dove la presen-za di rupi e ghiaioni prevale. Le pareti rocciose, pur avendo penden-ze decisamente maggiori rispetto aighiaioni o agli accumuli in genere, ga-rantiscono tuttavia un substrato stabileseppur molto compatto. Alghe, licheni emuschi, felci e angiosperme, con diver-se strategie adattative, riescono a fissarele radici nelle rocce colonizzando anchele pareti verticali o sfruttare i microdetri-ti come substrato. Altre invece hannosviluppato strategie che hanno permes-so la conquista quasi esclusiva dei sub-strati incoerenti dei ghiaioni montani,riuscendo così a ricoprire rocce e massicon manti simili a croste o ciuffi colora-ti. L'inaccessibilità e la bassa competizio-ne interspecifica ne fanno l'habitat pre-ferenziale per molti uccelli. Pernicibianche, aquile, coturnici, sordoni, cul-bianchi, spioncelli e rari picchimuraioli trovano quiil loro ambiented’elezione.

ALTA QUOTA

no velocemente tra massi e pietre perrifugiarsi nei loro cunicoli, o vedere icunicoli scavati dalle arvicole, predeprincipali degli ermellini. Benché l'elemento dominante sia quin-di la dura roccia e nonostante la loroscarsa accessibilità, questi ambienti e iloro abitanti sono estremamente delica-ti e suscettibili alle variazioni esterne.L'impatto antropico è spesso devastan-te; ambienti così specializzati difficil-mente sopportano improvvisi muta-menti. Sfruttarli come cave per recupe-rare materiale da trasformare in ghiaia,sbancarne intere porzioni per farvi pas-sare strade, o meno drasticamente eleg-gerli a palestre naturali per l'arrampica-ta, potrebbero sembrare azioni poco in-vasive e prive di conseguenze, in un in-sieme all'apparenza privo di vita. In re-altà un minimo disturbo farebbe abban-donare a un rapace il suo nido e “spo-stare qualche masso” priverebbe di unintero mondo molti microinvertebrati. E di questo dobbiamo tener contoquando distrattamente passeggiamo inquota. E forse con un po’ più di atten-zione riusciremo a scoprire un mondonascosto e inimmaginabile, in ambientiche a prima vista sembrano un deserto.

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Stefano Forneris è naturalista e ha seguitoprogetti di divulgazione scientifica collaboran-do con enti pubblici e privati. Appassionato difotografia e sport montani, attualmente segueprogetti di monitoraggio dei corsi d'acqua pie-montesi.

Nelle foto di questa pagina: un fringuelloalpino in volo e un ermellino in abito estivo(foto Forneris, Balestro)

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Schi in testa. Il Piemonte dal 2005 a og-gi ha investito 2,5 milioni di euro inprogetti realizzati dai Parchi regionalia tutela degli habitat e della varietàdella vita. Sembrano tanti soldi, ma lanostra regione ha anche tanti ambien-ti. Montagne, colline, pianure, boschi,laghi e fiumi significano un bel patri-monio, fatto di 3500 specie di piante,400 di uccelli, 80 di mammiferi, 40 dianfibi e rettili, 60 di pesci. All’internodei Parchi naturali sono state possibili

reintroduzioni che hanno avuto suc-cesso, di specie che poi hanno ripo-polato le zone oltre i confini dellearee protette: dal gipeto nel Parco del-le Capanne di Marcarolo e in quellodelle Alpi Marittime, allo stambecconel Parco della Val Troncea. Il lavorodedicato all’educazione ambientaleche i parchi sviluppano nelle scuole èimportante, ma il vero nocciolo dellaquestione biodiversità sta nei censi-menti, nelle catalogazioni, nella certo-

Biodiversità qua e là…

Sullo Zingarelli minore, tra “biodina-mico” e “biofisica” ci si aspetterebbedi trovare il termine “biodiversità”, einvece non c’è. Però se si scrive la pa-rola al computer il controllo informa-tico non la segnala come errore, dun-que la riconosce. Allora esiste ed è uf-ficiale, anche se per trovarne la defini-zione non è su un vocabolario che bi-sogna cercare. In un saggio intitolato“Il pasto gratis” (Ivonne Baskin, InStarlibri 2005) la biodiversità è «una fittarete di esseri viventi che operano diconcerto per rendere abitabile la ter-ra». Definizione azzeccata, anche pri-ma della catastrofe di dimensioni in-calcolabili nel golfo del Messico che,inquinando come mai prima il mare,sta funestando proprio quello che, ne-anche fosse una beffa, si chiama“Anno della biodiversità”. Oggi si abu-sa di questa parola come di tutte quel-le che hanno “bio” per prefisso, e for-se sarebbe più corretto parlare di “va-rietà della vita”: è molto più facilepensare alla “varietà” come sinonimodi “vita”, che alla “diversità” come si-nonimo di “bio”. Si tratta di un sempli-ce concetto di sopravvivenza, e datoche l’idea della vita come quella dellamorte è di immediata comprensioneper tutti gli uomini, non è necessariousare parole complicate per intender-si, almeno su questo. Comunque innome dell’abusato termine si lavora, ese ci si dedica alla biodiversità perchéè di moda la parola, tanto meglio: silavora per questioni di vita o di mor-te, e tra l’una e l’altra scegliere la vitaè un nobile scopo.Chiunque si occupi di ambiente que-st’anno porta avanti qualche progettoa salvaguardia della biodiversità, par-

MONTAGNE, COLLINE, PIANURE, BOSCHI, LAGHI E FIUMI PIEMONTESI OSPITANO UN PATRIMONIO DI BIODIVERSITÀ: 3500 SPECIE DI PIANTE, 400 DI UCCELLI, 80 DI MAMMIFERI, 40 DI ANFIBI E RETTILI, 60 DI PESCI. IL RUOLO DEI PARCHI È FONDAMENTALE, PER CONOSCERE E CONSERVARE

Caterina Gromis di Trana

Una libellula nelle mani di un ricercatore. Il nome Libelluladeriva dal latino “libra”, ovvero bilancia, così detta perchénel volo tiene le ali orizzontali (foto F. Tomasinelli)

PROGETTI DELLE AREE PROTETTE

ne altri tre cd rom, dal 2003 a oggi,uno sui coleotteri buprestidi d’Italia,uno sui cerambicidi e uno sui tenebrio-

nidi, reperibili pressol’Associazione Natura -listica Piemontese.Quello sugli insettidel Parco della ValTroncea, non dedi-cato a un singolo or-dine ma a tutti gli in-setti di un angoloscelto d’Italia, ha ri-chiesto tre anni diimpegno degli en-

tomologi responsabili,che lavorano in nome di una frase diE. O Wilson, stampata anche sulla co-pertina del dischetto: «Se l’intera uma-nità dovesse di colpo scomparire, ilmondo si rigenererebbe al livello delricco equilibrio che esisteva 10.000anni fa: ma se gli insetti venissero di-strutti, tutto l’ambiente precipiterebbenel caos!». Un altro progetto-atlante riguarda lecolline del Basso Monferrato, dovegrazie alla collaborazione tra Regione

Piemonte e Parco Naturale del SacroMonte di Crea, esiste una banca datiinformatica sulla biodiversità della zo-na. Strutturata come un atlante, ha di-verse chiavi di lettura e di ricerca, pos-sibili per gruppi tassonomici o perambiti territoriali: è uno strumentoscientifico e tecnico di grande utilitànello studio di strategie per la conser-vazione e la gestione dei vari ecosiste-mi e delle singole specie animali e ve-getali presenti. Una pubblicazione cartacea, “Nasciturin collibus Montis ferrati – biodiversitàdel Basso Monfer rato”, stampata nelmarzo del 2010 dal Parco di Crea, ce-lebra l’anno della biodiversità offrendoal lettore un commento ai dati raccolti,per distinguersi dalla sua versione in-formatica che è banca dati nuda e cru-da. Un volume a cura dell’AssociazioneNaturalistica Piemontese, intitolato “Labiodiversità della Provincia di Asti”,completa l’analisi del territorio con ilpatrocinio del WWf. Nel mondo scientifico sta prendendoforma un progetto ambizioso che facapo all’European Distri buted Institute

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sina pazienza dei sistematici che ordi-nano per genere e specie piante e ani-mali, e così facendo li portano alloscoperto come beni preziosi. I natura-listi di questo generefanno un lavoro divalore pari a quellodello storico dell’arteche scopre un anticoaffresco, o dell’ar-cheologo che riportaall’onor del mondouna necropoli: racco-gliendo dati e organiz-zandoli in una struttu-ra apparentemente daguida del telefono, mantengono unlegame con la storia del territorio e nerivelano vizi e virtù.Esempi qua e là: un cd-rom a cura delParco naturale della Val Troncea, sugliinsetti del suo territorio. Il lavoro rien-tra in un progetto che è un gioiellodelle scienze naturali: le piccole fauned’Italia studiate e rese agibili attraver-so un’operazione informatica divulga-tiva adatta a tutti i curiosi e non soloagli specialisti. Sono già in circolazio-

La flora piemontese soggetta a protezione assoluta

Un nuovo strumento perconoscere ma soprattuttoriconoscere le specie flori-stiche sottoposte al regimedi protezione assoluta sulterritorio piemontese è ilvolume Le specie botani-che del Piemonte a prote-zione assoluta prodottodal Settore Sostenibilità,Salvaguardia edEducazione Ambientaledella Regione Piemonte,con la supervisione scienti-

fica del Dipartimento di Biologia Vegetale dell’Universitàdegli Studi di Torino. Il testo è una versione aggiornatadella pubblicazione Fiori del Piemonte (Dal Vesco,Mondino, Peyronel, Gulino) - la cui ultima edizione risaleal 1999 - integrata di nuove informazioni per rendere piùconsapevoli i fruitori del territorio sulle norme di tutelafloristica vigenti e prevenire quei danni dovuti a un prelie-vo indiscriminato della flora protetta. Il volume è scaricabile su Internet: http://www.regione.piemonte.it/ambiente/tutela_amb/dwd/spec_bot.pdf

Nelle foto, da sinistra: un ragno del genere Pardosa trasporta la suafutura prole; una pianta infestata dagli Aphidi; un Arion rufus, molluscogasteropode volgarmente conosciuto come lumaca; un ricercatore sulcampo in missione notturna; funghi Laetiporus sulphureus; una Cepaeanemoralis, chiocciola molto comune in Piemonte (foto F. Tomasinelli)

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Caterina Gromis di Trana è biologa e collabo-ra con varie testate di divulgazione naturalistica.

gli esemplari delle collezioni mondia-li di storia naturale che costituisconole basi della ricerca tassonomica ap-partiene agli istituti membri di EDIT:questo fa sperare che un tale centrovirtuale di eccellenza permetta un ac-cesso all’informazione sull’attività diricerca sempre migliore. L’Italia è en-trata a far parte di questo programma

attraverso il suo parco di confi-ne, quello delle AlpiMarittime, grazie algemellaggio con ilparco francese delMercantour. La Francia è partnerdel progetto EDIT gra -zie alla collaborazionedel parco del Mercan -tour con il Mu seo diStoria Naturale di Pa -rigi. Anche il museodi scienze naturali diTorino è coinvoltonell’ATBI+M (inventa-

rio e monitoraggio) delle Marittime,con le competenze del suo personalescientifico, e diversi enti di ricerca,

giardini botanici, università, parchi na-turali, musei, collaborano al progettopur senza farne ufficialmente parte.Sono il trampolino di lancio per unanuova maniera di lavorare: renderedisponibile il materiale conservatonelle collezioni serve a permetterne ilcontrollo da parte di un buon numerodi esperti e a ottimizzarne la gestione,oltre che a trovare spunti per nuovericerche.I lavori sulla biodiversità dunque sonoimpegnativi e poco pomposi, alla fac-cia dei paroloni che iniziano per“bio”. Riguardano piccole faune, ani-malini insignificanti, erbe selvatiche,fiori di campo… La fonte dei dati par-te da rappresentanti di poco scalporenel mondo naturale, ma sono questecreature quasi indistinte a darci la ve-ra misura del vivere: se mancano lorospariscono anche i pesci e gli uccelli,gli anfibi e i mammiferi… E poil’Homo sapiens da solo che fa, sul suopianeta deserto?

of Taxonomy (EDIT), un consorzioistituito nel 2006 per incentivare lacollaborazione scientifica tra istituti diricerca, con l’obiettivo di arginare ildeclino della biodiversità. EDIT riuni-sce 27 enti di ricerca in Europa, NordAmerica e Russia. Propositi, per i cin-que anni di durata del progetto: in-centrare le ricerche tassonomiche nel-l’area di ricerca europeae creare una rete dicompetenze scientifi-che ad alto livello nelmondo.L’obiettivo è riunire imaggiori istituti di tas-sonomia in Europa,che per ragioni stori-che si sono sviluppatiindipendentemente, econvogliarne le ener-gie sulla via del con-fronto e della collabo-razione. Il piano di la-voro prevede pro-grammi di ricerca comuni, protocollistandardizzati e dati immediatamentedisponibili in rete. Più della metà de-

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MONDO VEGETALE

SALVATE IL SEME...! POTREBBE SUONARE COME UNO SLOGAN O UN ACCORATOAPPELLO, PER PRESERVARE LA CULLA DELLA VITA: IL SEME, APPUNTO

Loredana [email protected]

I semi della speranza: le banche del germoplasma

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Anello di congiunzione tra tutto ciòche è stato e ciò che sarà, simbolo dirinascita e di crescita, emblema dellasperanza di continuità e di perpetua-zione della vita stessa su questo piane-ta, i semi sono alla base della catenaalimentare e da essi dipende la so-pravvivenza di tutti gli altri organismi. Per l’uomo sono fonte di nutrimento,di medicinali, di energia, di materialiper l’edilizia, di fibre tessili, di utensili,di prodotti per la bellezza. Custodi viventi di un patrimonio gene-tico che si è adattato nel corso deltempo ai mutamenti climatici, selezio-nandosi e sopravvivendo alle avversità

degli elementi naturali, rendono unimportante servizio all’ambiente.Germinando, danno origine a pianteche difendono il suolo dall’erosionedelle acque meteoriche e superficiali,dal moto ondoso del mare, consolida-no gli argini dei corsi d’acqua, rallen-tano il processo di avanzamento delladesertificazione, tamponano la salinitàdelle acque, mitigano il clima, filtranole impurità presenti nel suolo, stabiliz-zano i versanti delle montagne. Le piante oggi esistenti e quelle con-servate sono il risultato di 3000 milio-ni di anni di evoluzione e di 12 milaanni di coltivazione e selezione, di cui

tre quarti hanno un’importanza econo-mica, ma negli ultimi anni purtroppo ilregresso della flora spontanea ha rag-giunto ritmi preoccupanti sulla Terra.La conservazione dei semi, quindi, èfondamentale per frenare l’emorragiarappresentata dalla perdita di biodiver-sità, almeno di quella vegetale, ali-mentando la speranza di conservarel’impronta della ricchezza floristica diquesto pianeta. A salvarli materialmente, ci stannopensando le banche dei semi o delgermoplasma, modalità preziose perfar fronte all’erosione genetica e allasfida della probabile crisi alimentare

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In questa pagina, un girasole –Helianthus annuus (foto G. Sordini/CeDRAP). Nelle immagini del box, semi in germinazione dell’endemicaliguro-provenzale Fritillariatubiformis subspecie moggrideie un bacello con semi di Astragaluspenduliflorus, specie eurasiatica rarasulle nostre Alpi (arc. ParcoValle Pesio)

MONDO VEGETALE

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del terzo millennio. Come novelle ar-che di Noè, raccolgono al loro internocampioni rappresentativi di più specievegetali possibili, sia alimentari chespontanee, a seconda della loro spe-cializzazione. A livello mondiale, esistono circa 250banche, organizzate in molti casi innetwork nazionali, mentre nella nostrapenisola sono operativi più di ventiistituti, per lo più legati alle Università,agli Orti Botanici e al CNR. Nel nordItalia ad esempio, quelle operative dadiversi anni sono afferenti al Museotridentino di Scienze Naturali diTrento, alle Università di Pavia,Padova, Genova e all’Ente di GestioneParchi e Riserve Naturali cuneesi. Il loro obiettivo principale è la conser-vazione delle risorse genetiche dellespecie vegetali arboree, arbustive ederbacee minacciate di estinzione, ope-rando sia in-situ (protezione dell’am-biente nel quale le piante vivono)che ex-situ (raccolta e conservazio-ne nella Banca di collezioni rappre-sentative della variabilità genetica).A monte di tutto ciò, la Convenzione

sulla diversità biologica (Rio deJaneiro, 1992), ratificata da 175 paesi,che sancì la possibilità di quest’ultimamodalità di conservazione. Le tecniche di conservazione consisto-no nella deidratazione dei semi a bas-si livelli di umidità interna e nel loro

stoccaggio a temperature sotto zero.Questo passaggio delicato viene perio-dicamente sottoposto a un vaglio, pertestare la vitalità e il potere germinati-vo dei semi e per procedere alle even-tuali operazioni di rigenerazione, per-ché i semi possono invecchiare equindi morire. Queste metodiche sonopossibili per molte specie vegetali,mentre per altre è necessario utilizzareprocedure più complesse. L’utilità delle banche, però, prescindedall’esigenza di scongiurare temibiliperdite. L’assenza sul mercato italianodi materiale vegetale autoctono di eco-tipi locali, ad esempio, rappresentauno dei primi problemi che questestrutture sono deputate ad affrontare.Esse possono contrastare così la mas-siccia importazione di germoplasmanon autoctono da strutture straniere, afini sia di interventi di rinaturazioneche di recupero ambientale.Importazione che, se legittima da unpunto di vista economico, non lo ècertamente da un punto di vista ecolo-gico e tecnico-applicativo. Inoltre per-mettono a queste risorse di essere uti-lizzate per ricerca e programmi di rige-nerazione.Proteggere i semi attraverso questespeciali “arche di Noè”, assicurandonela conservazione nel tempo, significain ogni caso garantire un futuro sere-no a noi e alle generazioni a venire.

La Banca del ger-moplasma vegetale

del Piemonte nasce nel2003, presso il Parcodell’Alta Valle Pesio eTanaro, grazie ai finan-ziamenti europei di unprogetto Interreg. Essa

opera per la conservazio-ne ex situ, cioè fuori dall’am-

biente naturale, dei semi di specie ve-getale spontanee del Piemonte, conparticolare interesse per il settore al-pino sud occidentale (Alpi Liguri eMarittime) e per le specie endemichee a protezione assoluta (L.R 32/82) oper quelle a rischio di estinzione. La sua attività prevede lostudio, il trattamentoe la conservazione,a breve e lungotermine, dei semi. Dal 2005 parteci-pa alla fondazionedella Ribes (la ReteItaliana delle Banchedel germoplasma, per laconservazione ex situ della flo-ra spontanea italiana) e diviene unodei 18 poli presenti sul territorio italia-no, collaborando con il Dipartimentodi Morfofisiologia, Settore Botanica,dell’Università di veterinaria di Torino,con il Con servatoire Bota nique Na -tional Alpin di Gap in Francia e con laMillenium Seed Bank di Wakehurst diLondra (Banca mondiale dei semidelle specie spontanee, afferenteai Royal Botanic Gardens diKew, UK). Dal gennaio 2010 lastruttura è stata riconosciutaquale Banca del germoplasma ve-getale della Regione Piemonte.

La Banca del germoplasmavegetale della Regione Piemonte

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“Un mondo diverso” in mostra al Museo di Scienze naturali

«NOI ABBIAMO SOLO UN PIANETA. LA SUA CAPACITÀ DI SOPPORTAREUNA RICCA DIVERSITÀ DI SPECIE, INCLUSO L’UOMO, È GRANDE MA FONDAMENTALMENTELIMITATA. QUANDO LADOMANDA DELL’UOMO ECCEDEQUANTO DISPONIBILE, QUANDO SI SORPASSANO I LIMITI ECOLOGICI, SI ERODE LA SALUTE STESSA DEL SISTEMAVIVENTE TERRA. IN ULTIMA ANALISI, QUESTAPERDITA MINACCIA LO STESSOBENESSERE DELL’UMANITÀ»LIVING PLANET REPORT 2008, WWF E ZOOLOGICAL SOCIETY OF LONDON

Stefano Camanni

Immaginiamo di atterrare sulla Terracome extraterrestri, per provare a osser-vare con un occhio diverso il nostroPianeta. Tutti noi viviamo in una realtàche conosciamo pochissimo, un po’ co-me Jim Carrey nel film The TrumanShow, o nella quale siamo talmente abi-tuati e assuefatti da non essere più ca-paci di porci delle domande, di incurio-sirci, di chiederci quale strada stiamopercorrendo. Arrivando sulla Terra sco-priremmo che viviamo su un Pianetaunico nel suo genere, a oggi l’unicoche conosciamo con un mix di condi-zioni che permettono la nostra vita equella di milioni di altri organismi vi-venti. Un mix fatto di un’ideale distan-za dal sole che garantisce temperaturené troppo alte né troppo basse. Un mix

fatto di una sottile ma preziosissima at-mosfera che circonda tutta la superficieterrestre e con i suoi gas permette di re-spirare e di avere temperature compati-bili con la vita. Un mix fatto di acqua,che è alla base della vita. La Terra ha vi-sto così alcuni miliardi di anni fa la na-scita di quello che chiamiamo vita e daallora, attraverso lenti fenomeni evolu-tivi e grandi estinzioni, il differenzia-mento di un’enorme varietà di organi-smi viventi che oggi popolano tutti iprincipali ambienti del Pianeta, dal ma-re ai deserti, dalle montagne alle gran-di foreste, dalle regioni polari alle città.Questa preziosa e affascinante ricchez-za è stata definita Biodiversità.Sembra impossibile ma ancora oggi,mentre esploriamo il sistema solare e

mentre ci muoviamo in ogni angolodella Terra con aerei, navi e auto, nonabbiamo idea di quanti organismi viva-no sul nostro Pianeta.

Un pianeta non bastaProviamo adesso ad aggiungere un in-grediente fondamentale: l’uomo. E’ unodegli 1,8 milioni di organismi che vivo-no sulla Terra ma ha un’importanzaparticolare, non tanto perché chi scrivee chi legge appartengono alla stessaspecie, ma perché ha una capacità in-credibile di influire sugli equilibri degliecosistemi. La nostra specie è compar-sa sulla terra intorno a 200.000 anni fama per diverse decine di migliaia di an-ni non ha influenzato in modo partico-lare gli ecosistemi, vivendo perlopiù a

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Per saperne di più:

•D.H. Meadows, D.L. Meadows, J. Randers, W. Behrens, I limiti dellosviluppo. Mondadori, 1972.•Worldwatch Institute, State of theWorld 2010. Trasformare la culturadel consumo. Edizioni Ambiente,2010.•Kevin Gaston, John Spicer,Biodiversity: An introduction.Blackwell Publishing company, 2004.•Wwf, Zoological Society ofLondon, Global Footprint Network,Living Planet Report 2008.

Una megattera si dirige verso un iceberg - Baia di Ilulissat - Groenlandia occidentale (foto A. Bee)

livello nomade. Con l’agricoltura è poiarrivata la stanzialità e si è verificato unpiccolo incremento demografico, conun impatto ancora molto trascurabile.E’ con l’avvento della rivoluzione indu-striale e con l’inizio dello sfruttamentodei combustibili fossili che tutto è cam-biato. La popolazione mondiale, cheagli inizi del 1900 contava 1,6 miliardidi persone, è aumentata in modo espo-nenziale, arrivando a 6 miliardi nel2000 e a 6,8 miliardi nel 2010, e le pre-visioni sono di 9 miliardi nel 2050. E dipari passo sono aumentati il tenore divita delle persone, almeno nei paesipiù avanzati, e il relativo consumo di ri-sorse. In questo modo in poche decinedi anni la specie umana è diventata unodei principali fattori di equilibrio, o me-glio di disequilibrio, dell’intero “ecosi-stema Terra” e della sua biodiversità.Già oggi le risorse corrispondenti aquelle di un intero pianeta non bastanopiù e alla fine di ogni anno siamo co-stretti a intaccare le riserve degli annisuccessivi. Si è calcolato che, se tutti gliuomini vivessero come gli statunitensi,la Terra potrebbe sostenere solo 1,4 mi-liardi di individui. E stiamo tralasciandocompletamente tutti gli altri organismi.

Biodiversità a rischioRecentemente, in un’intervista rilasciataal Guardian, Simon Stuart, presidentedella Species Survival Commissiondell’Iucn, ha dichiarato: «Per la primavolta dalla scomparsa dei dinosauri, gliesseri umani stanno portando animali epiante all’estinzione più rapidamente

MUSEO REGIONALE DI SCIENZE NATURALI

della capacità delle nuove specie dievolvere». E’ quella che gli scienziatichiamano “la sesta grande estinzione”delle specie, provocata dalla distruzio-ne degli habitat naturali, dalla caccia,dalla diffusione di predatori alieni, e dalcambiamento climatico. Secondo laLista Rossa Iucn delle specie minaccia-te, il 22% di tutti i mammiferi conosciu-ti è in pericolo, così come il 35% degliinvertebrati, il 12% degli uccelli, il 28%dei rettili, e il 70% delle piante. Si leg-ge poi sulle pagine della prestigiosa ri-vista Nature che il tasso di estinzionedelle specie è passato da quello prein-dustriale compreso fra 0.1 e 1 a quelloodierno calcolato a oltre 100. Si ritieneche per essere accettabile dovrebbe re-

stare entro 10. «Siamo di fronte ad unacrisi globale di estinzioni, e dobbiamoricordare che si tratta di un fenomenoirreversibile, una volta che una specie siestingue la perdiamo per sempre», hadichiarato Jane Smart, direttrice delgruppo di Conservazione della biodi-versità della Iucn.

Il bivio«L’umanità non può continuare a proli-ferare a ritmo accelerato, considerandolo sviluppo materiale come scopo prin-cipale, senza scontrarsi con i limiti natu-rali del processo, di fronte ai quali essapuò scegliere di imboccare nuove stra-de che le consentano di padroneggiareil futuro o di accettare le conseguenze

inevitabilmente più crudeli di uno svi-luppo incontrollato...». Così scrivevanogli scienziati e intellettuali del Club diRoma nel lontano 1972 nel libro I limitidello sviluppo. Da allora molti anni sonopassati ma non sembra cambiato nulla.«Perché non ci siamo salvati quando neavevamo la possibilità? Ci siamo com-portati semplicemente da stupidi?Oppure, in un certo senso, non erava-mo sicuri di meritare di essere salvati?».Sono le domande che ci si pone nel do-cumentario del 2009 The Age of Stupid. L’umanità si trova oggi di fronte a unbivio. Continuare lungo la strada intra-presa di una crescita lineare e costante,apparentemente senza via d’uscita, op-pure cambiare completamente rotta ecercare nuove strade verso uno svilup-po sostenibile nel tempo. Purtroppoquesta seconda via, che è l’unica per-corribile, non è facile ma piena di osta-coli. Come scrive Erik Assadourian,«chiedere a chi vive in culture consumi-ste di limitare i consumi è come chiede-re loro di smettere di respirare: posso-no farlo per un po’, ma poi, ansiman-do, inspireranno nuovamente». Si trattadi un cambiamento culturale senza pre-cedenti e come tale richiederà tempo egrandissime difficoltà. Moltissimi sforzisono stati compiuti in questi ultimi an-ni per combattere la sempre più gravecrisi ecologica mondiale e per cercaredi modificare i presupposti culturalidella nostra attuale società consumisti-ca. Su larga scala si sono presi accordiinternazionali quali la direttiva Habitateuropea o la Convenzione di Ramsarmondiale, sono nate moltissime areeprotette un po’ in tutto il mondo, si so-no presi degli impegni contro i cambia-menti climatici e si sono definite nor-mative per la riduzione delle sostanzeinquinanti. Ma moltissimo è stato fattoanche in piccolo, dal basso, dalla diffu-sione del verde nelle città da parte deiGuerrilla Gardening alle banche del se-me, dallo sviluppo di programmi didat-tici sulla sostenibilità alla commercializ-zazione dei prodotti a chilometri zero,dalla diffusione delle biciclette all’ado-zione di aree di foresta.

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UN MONDO DIVERSOMostra al Museo Regionale di Scienze Naturali di Torinoottobre 2010 – maggio 2011

Il 2010 è stato proclamato Anno Internazionale della Biodiversitàdall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare l’opinione pub-blica sulla veloce scomparsa di animali e piante degli ultimi anni. Il MuseoRegionale di Scienze Naturali di Torino accoglie l’invito allestendo una mostradedicata al tema della biodiversità, per avvicinare visitatori e scolaresche allagrande ricchezza di diversità biologica che caratterizza la Terra, ma anche aigravi pericoli che corre. Le scelte che l’umanità deve compiere in questi annisono cruciali per il nostro futuro e per quello dell’intero Pianeta. La mostra sa-rà articolata in alcune sezioni tematiche.

Sezione - Pianeta TerraIl visitatore atterra come un extraterrestre sulla Terra, riscoprendo “la sua ca-sa” e rendendosi conto di vivere su uno splendido pianeta ricco di biodiver-sità ma, malgrado le sue grandi dimensioni, “finito” e che non consente piùuna crescita e uno sviluppo indiscriminati come quelli di oggi.

Sezione - Sala delle meraviglieLo sguardo del visitatore si apre di colpo sulla grande ricchezza della diversitàmondiale, provando profondo stupore e meraviglia nell’osservare per la primavolta ambienti e organismi mai visti.

Sezione - Un viaggio nella biodiversitàIl visitatore è chiamato a fare un “viaggio” attraverso alcuni dei principali am-bienti che caratterizzano la biodiversità del nostro Pianeta, dagli oceani allemontagne, dalle foreste alle grandi pianure, dalle zone umide alle città, tramondi e animali meravigliosi ma anche tra i gravissimi problemi ecologici delpresente.

Sezione - Il bivio finaleOggi, per la prima volta nella sua storia, l’umanità può scegliere tra uno svilup-po lineare, apparentemente senza via d’uscita, e la riproposizione in formenuove e tecnologicamente evolute di forme di vita “circolari”, cioè capaci diriutilizzare le materie prime e controllare l’impronta ecologica dell’uomo sullaTerra.

Comitato scientificoGiovanni Boano, direttore del Museo di Storia Naturale di CarmagnolaLuigi Boitani, dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo, Università La Sapienza di RomaErmanno De Biaggi, direttore del Museo Regionale di Scienze Naturali diTorinoElena Giacobino, responsabile Didattica e Museologia del Museo Regionale diScienze Naturali di TorinoCristina Giacoma, dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo, Università diTorinoPiercarlo Grimaldi, Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, Pollenzo,Bra (TO)

Progetto scientifico e divulgativoArnica Progettazione Ambientale sc. (Enrico Camanni, Stefano Camanni,Giulio Caresio, Nicoletta Fedrighini)

Progetto architettonicoMaurizio Buffa

Stefano Camanni, naturalista e giornalistapubblicista, è presidente della CooperativaArnica ed è specialista nella progettazione diallestimenti museali scientifici.

PARCHI ALTROVE

Nelle terre selvagge: loYellowstone National Park

IL FASCINO DEL CELEBRE PARCOAMERICANO È DOVUTO ALLASTRAORDINARIA BIODIVERSITÀ ANIMALE:DALLE 318 SPECIE DI UCCELLI SINO AIFAMOSI BISONTI E ALL’ORSO GRIZZLY. MA NON TRASCURATE LE GRANDI VARIETÀDI MICROBI: QUI VENNE SCOPERTO UNBATTERIO CHE VALSE UN PREMIO NOBEL

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Andrea Amparore

In settembre, nel pieno della stagione degli amori, gli Elk (Cervus canadensis) scendono dallemontagne e si stanziano nelle verdi aiuole di Mammoth Hot Springs, il quartiere generale delparco. Malgrado il loro aspetto inoffensivo, spesso si rivelano aggressivi ed è necessario unservizio di vigilanza per proteggere impiegati del parco e turisti (A. Amparore)

PPochi ignorano l’esistenza dellosplendido parco ai piedi delleMontagne Rocciose americane.Certo le avventure dell'orso Yoghihanno fatto la loro parte, ma nonbastano a spiegarne la fama: a cosaè dunque dovuto il fascino interna-zionale dello Yellowstone? Una delle prime cose che colpiscono ilvisitatore europeo è l'idea di wilder-ness che incarna, concetto ormai sco-nosciuto nell’Europa largamente urba-nizzata e antropizzata. La massimaespressione di wilderness negli USA ènota come Greater YellowstoneEcosystem, che con i suoi 76 mila km²(circa tre volte la superficie delPiemonte), rappresenta l’ultimo ecosi-stema pressoché intatto della zonatemperata settentrionale della Terra. Il cuore pulsante di questo ecosistemaè racchiuso nello Yellowstone NationalPark, esteso almeno quanto la regioneUmbra. Il territorio del parco è di pro-prietà statale, vi si accede pagando unpedaggio doganale e al suo interno so-no proibite tutte le attività antropiche,salvo quelle a scopo di ricerca e di as-sistenza ai visitatori.Queste sono solo alcune delle tante re-strizioni volte a proteggere uno degliambienti più fragili e caratteristici delmondo, un eccezionale scrigno di ric-chezze biologiche e geologiche.Lo Yellowstone è sospeso su un im-menso volume di magma, provenienteda uno dei tre maggiori hot spot geo-logici attivi. Nel sottosuolo del parco sitrova infatti la più grande caldera vul-canica conosciuta, tanto estesa da es-sersi guadagnata l’appellativo di super-vulcano. Questo enorme potenziale di-struttivo per il momento si accontentadi esprimersi nelle forme più innocuee spettacolari che si possano immagi-nare: geyser, sorgenti termali, terrazzecon vasche di travertino, pozze di fan-go bollente, torrenti d’acqua a 60° e la-ghi fumanti, talvolta incredibilmentecolorati da colonie di batteri. È proprio alle caratteristiche geologi-che che si deve una consistente partedella biodiversità dello Yellowstone:quella microbica, molto spesso trascu-rata. Negli ambienti caratterizzati daelevata temperatura e acidità prolifera-no infatti migliaia di specie di batteri

termofili. Questi or-ganismi sono i pro-tagonisti di unadelle ipotesi sul-l’origine della vita:sono infatti gli uni-ci in grado di vive-re nelle condizioniambientali estremein cui si suppone sitrovasse la Terramiliardi di anni fa. Un recente studioha stimato che solamente l’1% dellespecie di batteri termofili presenti nel-lo Yellowstone è stato sinora descrittoe catalogato, e l’importanza della bio-diversità microbiologica si può intuirealla luce di un’interessante scoperta fat-ta nel 1969. In un geyser chiamatoGreat Fountain fu scoperto il batterioThermus aquaticus. Grazie a un suoenzima venne messa a punto la tecni-ca della PCR (Reazione a Catena dellaPolimerasi), che permette l'amplifica-zione in vitro di campioni estremamen-te diluiti di DNA. Tale tecnica, che val-se al suo ideatore il premio Nobel perla Chimica del 1993, diede inizio all'in-gegneria genetica moderna ed è attual-mente utilizzata nei laboratori di biolo-gia molecolare di tutto il mondo.Ovviamente la biodiversità delloYellowstone non è solamente batterio-logica. Il suo suolo particolarmente aci-do favorisce la crescita di un sola speciearborea, il lodgepole pine (Pinus con-torta Dougl. ex Loud.), i cui esemplaricoprono l’80% della superficie alberata.Le specie vegetali sono circa 1700 dicui circa 1500 autoctone, mentre le re-stanti specie esotiche sono concentratenelle zone a maggiore afflusso turisti-co, segno che l’effetto dell’uomo comin-cia a farsi sentire anche qui. Le forestesono periodicamente rigenerate da vio-lenti incendi naturali, indispensabili peril corretto funzionamento dell’ecosiste-ma: contribuiscono infatti a velocizzare

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i processi di mineralizzazione, incene-rendo gli alberi morti che altrimenti, acausa del suolo acido, si accumulereb-bero in continuazione senza decom-porsi. Inoltre il lodgepole pine è di fat-to una pirofita: l’azione del fuoco è fon-damentale per la riproduzione dellaspecie poiché permette alle pigne di li-berare grandi quantità di semi e dimi-nuisce la densità arborea, consentendol’immediato sviluppo di nuovi esemplari.La considerevole biodiversità animale,ampiamente favorita dall’eterogeneitàdegli habitat che Yellowstone offre, hasicuramente contribuito a rendere que-sto parco famoso in tutto il mondo:318 specie di uccelli nidificanti, distri-buite tra ambiente alpino, forestale, flu-viale, lagunare e di prateria; 50 specie dipiccoli mammiferi, come la martoraamericana (Martes americana), il ghiot-tone (Gulo gulo) e il castoro (Castor ca-nadensis) a rischio di estinzione.Sono tuttavia i grandi mammiferi araccogliere maggiori attenzioni daituristi. Il bisonte americano (Bisonbison) trova nelle estese praterie del-lo Yellowstone il suo ultimo inconta-minato rifugio. Il suo peso può supe-rare la tonnellata e si guadagna dibuon grado il titolo dell’animale piùgrande del parco. I bisonti si sposta-no in grandi mandrie e non è rarotrovarli tra i geyser e le pozze caldedurante i rigidi inverni. La famiglia deiCervidi è presente con ben 5 specie, trale quali il possente elk o wapiti (Cervus

tanza dei grandi predatori, venne rico-nosciuto l’errore e Yellowstone divenneun caso emblematico. Nel 1996, dopoanni di accesi dibattiti e grazie a un ac-cordo siglato con il Jasper NationalPark (Canada), vennero introdotti nelparco una trentina di lupi. Dopo un ini-ziale periodo di rapida crescita, il loronumero è andato stabilizzandosi intor-no alle cento unità attuali, divise in unadecina di branchi distinti. E loYellowstone è tornato a fregiarsi di luo-go wilderness: un angolo di pianeta do-ve l’uomo sceglie di essere un sempli-ce, ma attento, spettatore.

(Canis latrans) riesce ad adattarsi ai dif-ferenti habitat del parco senza partico-lari problemi.A causa di un’immatura conce -zione ecologica dominante all’inizio delsecolo scorso, il lupo grigio (Canis lu-pus) era percepito come un animalenocivo per la fauna selvatica e perico-loso per l’uomo. Il parco stesso si servìdi squadre di cacciatori per mettere inatto violente campagne di eradicamen-to della specie, e nel 1926 riuscì nel suointento. I Cervidi si trovarono quindisenza il loro naturale predatore, e conil passare del tempo il loro numerocrebbe fino a diventare insostenibileper l’ecosistema: una volta esaurito ilforaggio erano costretti a nutrirsi dellacorteccia degli alberi, condannando leforeste a un lento ma costante declino.Quando, negli anni ’70 si capì l’impor-

canadensis) e la più rara alce america-na o moose (Alces alces americanus).In passato il Parco dello Yellowstone fuuno dei teatri fondamentali per la ricer-ca in ecologia: si osservò un ciclico epreciso equilibrio matematico tra il nu-mero di predatori e il numero di prede,categorie entrambe ben rappresentate.Il predatore simbolo del parco, l’orsogrizzly (Ursus arctos horribilis), è lacontinua ossessione degli escursionisti,i quali devono seguire severe normecomportamentali per minimizzare il ri-schio di attrarli in accampamenti e cam-peggi. Il grizzly non è l’unico orso pre-sente nel parco: l’orso nero (Ursus ame-ricanus) è ancora più diffuso, ma soli-tamente è più piccolo e meno aggressi-vo. Sono più rari il puma (Puma con-color) e la lince rossa (Lynx rufus),mentre il più opportunista coyote

YELLOWSTONE

Andrea Amparore si è laureato in ScienzeNaturali a Torino e ha continuato la carriera uni-versitaria in Francia con un master in Ecologia eGestione del Territorio. Si è specializzato neiSistemi d’Informazione Geografica (GIS), e inquesto ambito ha lavorato allo Spatial AnalysisCenter dello Yellowstone National Park.

Nella foto in alto, una meraviglia dello Yellowstone: Gran Prismatic Spring. Questo enorme lago bollente deve la sua colorazione ai pigmenti delle varie colonie di batteri termofili. A seconda della temperatura dell’acqua ci sono le condizioni per la profilerazionedi una determinata specie di batteri e il risultato è una spettacolare colorazione (foto A. Amparore). In basso, fotografia aerea di un branco di lupi, durante uno spostamento nell’inverno del 1999. Le squadre di biologi dello Yellowstone dispongono di notevolimezzi per lo studio dei lupi, tra cui anche un aereo e un elicottero (foto Yellowstone Park Service)

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Chisola: tra i fiumi piemontesi non ècertamente uno di quelli più cono-sciuti. Dalle prealpi pinerolesi dove nasce,al Po di Moncalieri dove termina, so-no una quarantina di chilometri ditortuoso e faticoso percorso tra urba-nizzazioni, aree industriali e campidi mais.Poco più che un ruscello per buonaparte dell’anno, e come capita, inquesti casi poco rispettato; di guai, aleggere gli annali, invece ne procuraquanto basta. Infatti è sufficientequalche temporale in montagna pertrasformarlo in una minaccia per learee agricole circostanti e se pioveun po’ di più il Chisola esonda por-

Aldo [email protected]

NATURA PROTETTA

I Denti di Cumiana visti da Monte San Giorgio (foto A. Molino)

NELLE IMMEDIATE VICINANZE DI TORINO I PARCHI DI INTERESSE PROVINCIALE DEI TREDENTI E FREIDOUR E DEL MONTE SAN GIORGIO RAPPRESENTANO DUE IMPORTANTIAREE DI “LOISIR” E DI PROTEZIONE DELLA NATURA AI MARGINI DELLA PIANURAFORTEMENTE ANTROPIZZATA

La valle dei due parchi

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tandosi via anche ponti che ne intral-ciano il cammino: come nel 2002,quando ha allagato buona parte delcomune di None. Le sorgenti del fiu-me, due fresche polle, si trovano sul-la montagna di Cumiana alle pendicidel Monte Freidour e dei Tre Denti.Nel suo corso, raccoglie le acquedella val Lemina, del Noce e delSangonetto di Piossasco, quest’ulti-mo drenante il versante orientale delMonte San Giorgio.Tre Denti e San Giorgio costituisco-no anche due distinte aree protetteprovinciali che nonostante la vici-nanza, si trovano infatti una di fron-te all’altra, presentano caratteri geo-logici e ambientali molto diversi.

Il Monte San GiorgioUna cappella in cima alla montagnarisalente all’anno mille, una leggendache parla di un drago che ne infesta-va le pendici. Più che l’alito maleficodel perfido animale sono stati perògli uomini a distruggere l’originariavegetazione per farne legna o per pa-scolarvi gli armenti. Agli inizi del se-colo scorso era una landa piuttostodesolata tanto da rendere opportuniintensi lavori di rimboschimento.L’essenza prescelta perché di veloceaccrescimento, il pino nero, è peròspecie esotica, non troppo adatta aquesti ambienti e soggetta all’attaccodella micidiale processionaria, unafarfalla notturna che così protegge

coltivazione dell’uli-vo e un’estesa viti-coltura. La scarsa an-tropizzazione e la vi-cinanza dalla pianu-ra agricola e dallacittà ne fanno unambiente ideale pergli uccelli. In un’areaabbastanza limitata,si contano oltre 50specie nidificanti ti-piche di ambientimolto diversi. Specieproprie delle forestedi conifere e altrepiù marcatamentemediterranee convi-vono.Alzando gli occhi alcielo non è difficileindividuare le evolu-zioni di qualcunadelle sette specie difalconiformi presen-ti, tra cui il bianconee il falco pellegrino.

I Tre Denti e il Monte FreidourÈ la sagoma dei Tre Denti e delFreidour, riconoscibile anche a gran-de distanza a caratterizzare il paesag-gio del Parco Provinciale (istituitocon legge regionale nel 2004), cheabbraccia parte della testata del baci-no del torrente Chisola e una piccolaparte del bacino del Sangone.La superficie complessiva è di 821 et-tari situati interamente nel comune diCumiana con un altitudine compresatra i 500 e i 1.500 metri.Le rocce che affiorano sui versantidella conca del Chisola sono costitui-te principalmente da gneiss formatida feldspato potassico, quarzo e pla-gioclasio, con quantità subordinate dimica ed epidoto. Esse appartengonoall’unità strutturale del Massiccio delDora-Maira composta da diverse roc-ce metamorfiche, alcune di originesedimentaria, altre magmatiche, siaintrusive che effusive, formatesi mol-to prima del sollevamento delle Alpie successivamente coinvolte nell’oro-genesi della catena alpina, durante laquale hanno subito trasformazionipiù o meno intense.

La vegetazione è costituita principal-mente dal bosco, un ceduo invec-chiato in seguito all’abbandono di ca-stagno e faggio ma con la presenzadi altre specie interessanti. Oltre allespecie arboree tipiche dell’ambientedi transizione tra collina e montagnaquali betulla, tiglio, acero, maggio-ciondolo, sorbo montano e sorbo de-gli uccellatori, rovere, ontano nero enocciolo, si ritrovano anche esempla-ri di specie mediterranee. Numerose sono le specie faunisticheche si possono rinvenire: gallo for-cello, sparviero, falco pellegrino, gu-fo comune, civetta, picchio rosso,picchio verde, picchio nero, scoiat-tolo, donnola, faina, tasso, volpe,camoscio, capriolo e cinghiale.Tra le specie floristiche si annoverala presenza del giglio di SanGiovanni, del giglio martagone edella endemica Campanula elati-nes esclusiva delle montagne pie-montesi.Nella zona di Pradera a monte deiPicchi, dove si trova uno dei tantirimboschimenti di pino nero effet-tuati negli anni trenta del secoloscorso, la vecchia e abbandonata ca-sermetta forestale è in fase di tra-sformazione in Sede Operativa epunto di riferimento per le attivitàdidattiche “sul campo”.Le vaste bancate rocciose, non com-prese nell’area del parco, che carat-terizzano il versante sud ovest, co-stituiscono una nota e frequentatapalestra di arrampicata: la celebre“Rocca Sbarua”, dove si sono forma-te generazioni di alpinisti torinesinon è che un risalto del MonteFreidour e da qualche mese ospitaalla sua base Casa Canada, il prefab-bricato originariamente realizzato inpiazza Valdo Fusi a Torino in occa-sione delle Olimpiadi e in seguitodonato al CAI che ha provveduto alsuo trasferimento.

La fruizioneI parchi offrono la possibilità di bel-le passeggiate ed escursioni in MTBa due passi dalla città, quindi con ri-dotti spostamenti. Dei molti sentieripresenti nella zona alcuni sono statioggetto recentemente di ripristino e

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NATURA PROTETTA

Il profilo del falco pellegrino sul logo del sentiero dedicato a David Bertrand (foto A. Molino)

nella stagione invernali i suoi bruchi.Bruchi da cui è bene tenersi alla lar-ga perché possono provocare aller-gie e urticazioni. Nel 1999 un deva-stante incendio ha azzerato buonaparte del patrimonio forestale e ri-messo in parte le cose a posto, nelsenso che abbandonati gli interventiartificiali invasivi, la vegetazione ori-ginaria seppur lentamente ha iniziatoa ricostituirsi.Il Parco provinciale si estende percirca 4 chilometri quadrati nel comu-ne di Piossasco (387 ha) e oltre al-l’omonima montagna comprende an-che il vicino Rubatabò.Simbolo del parco è un fiore stilizzatodi peonia, pianta rarissima in Piemonteche sul Monte San Giorgio vanta unadelle poche stazioni regionali.Dal punto di vista geologico questemontagne presentano caratteri radi-calmente diversi dal dirimpettaio.Qui le rocce fanno parte del massic-cio ultrabasico di Lanzo, le stesse delMusinè; sono soprattutto peridotiti esusseguenti alterazioni. Anche il cli-ma ha una sua specificità. Grazie allasua mitezza permetteva in passato la

di segnalazione, altri sono ancora infase di completamento. Benché gliitinerari si svolgano in bassa monta-gna non vanno comunque sottovalu-tati. Il percorso di maggior respiro emeglio individuabile sul territorio è ilsentiero D. Bertrand che ha comesimbolo un falco pellegrino stilizzatoe che si snoda per 33 Km da Rolettoa Piossasco di cui 9 all’interno deidue Parchi provinciali. Salite classi-che sono quelle al Monte SanGiorgio da Piossasco o la traversatadel Monte Tre Denti e del Freidourdal Col Rumiano a Prà l’Abbà. Il pe-riodo migliore per le escursioni è si-curamente la mezza stagione, ma sulversante sud-ovest e sulle montagnedi Piossasco non ci sono problemianche d’inverno. Sulla cima orienta-le dei Tre Denti e sulla sottostanteRocca Due Denti si trovano piccolecappelle che costituiscono altrettanteinteressanti e classiche mete.Alla Pradera di Cumiana sulle spon-de del torrente Chisoletta e nellazona del campo di Tiro diPiossasco due aree attrezzate per ilpic-nic sono a disposizione dei me-no ardimentosi.

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Informazioni: Servizio aree protette e vigilanza volontaria tel. 011 8616254;[email protected]

Nelle foto, dall’alto: segnavia dei sentieri escursionistici del Parco Monte Tre Denti; dallaPera Luvera, panorama verso la pianura e il Monviso; cascatelle del Torrente Chisoletta(foto A. Molino)

FLORA

mità, privo di odore, di colore rosso-cremisi, che potrebbe contendere allarosa lo scettro di regina dei fiori.Simbolo del Parco stesso, è una dellespecie più belle e vistose della nostraflora, colpendo l’occhio anche del turi-sta meno attento, grazie al colore sma-gliante e alle dimensioni dei fiori.Proprio per questo la sua sopravviven-za è minacciata da raccolte vandalichee la specie è perciò protetta dalla leg-ge in tutta Europa. Come spesso acca-de, le cose più belle sono le più effi-mere e, poiché non è rifiorente, chivuole godere della sua seducente fio-ritura dovrà accontentarsi di ammirarla

per poche settimane attorno afine maggio-giugno.

In Oriente, la peonia (inquesto caso si tratta di

altre specie, mol-to più grandi

di quelle eu-

Poco sotto la cima del Monte SanGiorgio si trova una delle sette stazionidel Piemonte dove cresce ancora spon-tanea la rara e bellissima Peonia(Paeonia officinalis). Pianta erbaceaperenne, appartiene alla famiglia dellePeoniacee costituita dal solo generePaeonia, molto diffusa come pianta or-namentale di cui esistono numerose va-rità sia erbacacee che arbustive, e che,a differenza della specie spontanea eu-ropea, sono anche molto profumate. La P. officinalis è alta fino a 60 cm, ca-ratterizzata da un robusto e profondorizoma fusiforme, con fusti lisci ed eret-ti con un unico grande fiore alla som-

ropee) era associata all’immortalità; lascorza delle radici veniva indicata comerisolutiva contro i dolori mestruali e diventre dopo il parto e per gli attacchiacuti di appendicite. Simbolo di ele-ganza e raffinatezza in Cina e inGiappone, era il fiore degli imperato-ri, i soli che potevano coltivarlo e co-glierlo. Il nome del genere sembra derivi daPeone, medico greco dell’antichità, chesecondo una delle versioni del mito,riuscì a guarire con questa pianta unaferita del dio Plutone. In segno di rin-graziamento il medico fu trasfomatonella bellissima pianta. Secondo un’al-tra variante, Peone avrebbe fatto bere aLatona, in preda alle doglie del partoper far nascere Apollo e Artemide, ilsucco di un fiore ancora senza nome,che cresceva in abbondanza sulle pen-dici dell’Olimpo. Latona superò così fa-cilmente il travaglio e diede felicementealla luce i suoi bellissimi gemelli: per ri-conoscenza diede al fiore il nome del-l’abile medico. L’epiteto specifico “offici-nalis” è indice delle sue proprietà cura-tive, che tanto hanno contribuito a de-cimare la pianta a causa di raccolte in-discriminate. II filosofo greco Teofrasto(372-287 a.C.), noto anche per averscritto le più importanti opere di bota-nica dell’epoca, affermò che per usicurativi i semi e le radici di peonia do-vevano essere raccolti solo di notte,quando il picchio dorme: essendo lapeonia una pianta consacrata a questo

uccello, si correva altrimenti il ri-schio di essere sorpresi e beccati amorte! In Occidente i medici an-tichi la ritenevano una dellepiante “cefaliche”, ovvero adatta

Peonia officinale, il fiore dell’Olimpo

CONOSCIUTO FIN DALL’ANTICHITÀ PER LE SUE PROPRIETÀ CURATIVE, IL RAROE BELLISSIMO FIORE RAPPRESENTA IL SIMBOLO DEL PARCO MONTE SAN GIORGIO

Loredana [email protected]

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Fiore di peonia (foto R. Valterza)

per le malattie della testa e del cervel-lo, osservazioni desunte osservando laforma dei fiori in boccio della peonia,simili ad una testa umana. Ciò per l’an-tico principio che secondo i medici an-tichi collegava la forma alla funzione,canonizzato solo nel Rinascimento conla famosa dottrina della Signatura.I Greci utilizzavano le radici e i petalicome generico antidolorifico ed eccel-lente rimedio per l’insonnia e l’epiles-sia. Per bloccare una crisi si mordevala radice, mentre in tempi più recentila medicina popolare suggeriva di far-ne collane per prevenire le convulsio-ni nei bambini. In epoca romana si ri-teneva che le foglie di peonia, messein ghirlande attorno al collo di chi ve-niva colto di follia, rappresentasseroun toccasana per farlo rinsavire. Persino i semi sferici, simili a pisellilucenti, duri e scuri, in passato hannoavuto un ruolo medicinale: se ne fa-cevano collane, fatte indossare aibambini per risparmiare loro il dolo-re della dentizione. Curioso metododi cura, se si pensa che i semi sonovelenosi, come quasi tutti quelli dellepiante appartenenti a famiglie prossi-me alle Ranuncolacee.La fitoterapia moderna si limita a sfrut-tarne le proprietà sedative e analgesi-che, come nel trattamento di stati neu-rastenici, di agitazione ed ansia, nelleforme nevralgiche e nell’emicrania enella tosse spasmodica dei bambini.Con i fiori di peonia, particolarmentericchi di antociani, flavonoidi e tanni-ni, si preparano delle formulazioni peruso topico indicate per il trattamentodi fistole, ragadi anali, associate ademorroidi.Una curiosità che ci riporta alle suevirtù “cefaliche”: una specie cinese, laPaeonia suffruticosa, è studiata perl’impiego nell’Alzheimer e comunqueper migliorare la memoria e altre fa-coltà cognitive, pare anche con uncerto successo. Anche in cosmetica lapeonia si rivela preziosa: dalla radice,infatti, si ricavano fitoestratti di grandeefficacia antiossidante, idratante e leni-tiva. Bisogna ricordare però che si trat-ta di una pianta tossica, emetica e pur-gativa e che può provocare l’abortonelle donne gravide, per cui l’uso pro-fano è assolutamente da evitare.

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Nelle foto dall’alto: una Paeonia suffruticosa; una arbustiva e un fiore ravvicinatofotografati nel Giardino Villa Hanbury di Ventimiglia – Liguria (foto R. Valterza)

Ali come vele

13 OTTOBRE 1944: UN AEREO INGLESE CARICO DI VIVERI E MUNIZIONI DESTINATEALLA LOTTA PARTIGIANA SI SCHIANTA SUL MONTE FREIDOUR. UNA SCULTURA RICORDA IL TRISTE EPISODIO IN UNA ZONA DIVENTATA PARCO

Mauro [email protected]

LA STORIA

nel 1994 dall’artista Michele Privileggie da lui ribattezzata “Ali come Vele”,ha il compito di illuminare un episo-dio della Resistenza risalente al 1944.Il 13 ottobre di quell’anno, infatti, unaereo inglese carico di viveri e muni-zioni destinate alla lotta partigiana, acausa del maltempo, si schianta sulMonte Freidour. Nell’impatto muoio-

no tutti gli otto membri dell’equi-paggio. Per anni, dopo la

fine della guerra, nei

paesi e nelle borgate a cavallo tra levalli Lemina, Chisone e Sangone, si èfavoleggiato sull’incidente: gli occu-panti del velivolo erano americani oinglesi? Dove sono stati sepolti?Qualcuno si è arricchito con il pre-zioso carico piovuto dal cielo?Dobbiamo alla tenacia di GiustinoBello, storico sindaco di Cantalupa,se la vicenda è stata chiarita nellesue linee essenziali. Bello, cheall’epoca dei fatti frequentava

A guardarlo lassù, conficcato sui 1445metri del Monte Freidour, quel sug-gestivo groviglio di vele in bronzo fadavvero uno strano, benefico, effetto.Strano, perché il monumento parreb-be lontano dal contesto naturale nelquale è immerso (siamo in un parcoprovinciale). Benefico, perché esso ciscuote e ci rammenta che i parchi so-no luoghi vivi e come tali custodisco-no pezzi della nostra storia. Inquesto caso, la scultura creata

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In queste pagine: il modello di aereo schiantatosi (Liberator KH239) e il monumento “Ali come vele” dello scultore Michele Privileggi in cima al Monte Freidour

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la prima elementare, negli anni suc-cessivi si incuriosì e si appassionò al-l’episodio. Una curiosità accesa dairacconti della gente e dall’essersi im-battuto in prima persona in qualchelamiera arrugginita nei boschi dellazona, macabra traccia residua diquella terribile esplosione. Le primelettere, Bello le scrive all’ambasciatainglese che lo mette in contatto conun colonnello della Raf, Ian Medelin.«È stata davvero encomiabile – ricor-da oggi Giustino Bello – l’attenzionecon la quale hanno impostato e se-guito la ricerca». Dopo molti anni discavo tra archivi e documenti, nel-l’aprile del 1993 il sindaco riceve unanota ufficiale e dettagliata dall’UfficioStorico della Raf. Grazie a questo do-cumento e alle testimonianze raccol-te da Piemonte Parchi, proviamo al-lora a ricostruire la tragedia scaturita,come ricorda il sindaco stesso, da «ungesto di solidarietà militare e umanacompiuto dalle forze alleate nei con-fronti della Resistenza locale». Nell’autunno del 1944 molti giovanimilitari di queste valli sono prigionie-ri in Germania, tanti sfuggono – brac-cati – alla leva della Repubblica diSalò, alcuni fanno la scelta della lottapartigiana. Qui operano due brigate:la “Val Chisone”, guidata da Mag -giorino Mercellin e da Ettore Serafinoe la “Sergio de Vitis” al comando di

Giulio Nicoletta. Sono formazioni au-tonome, slegate dai partiti politici. Lastrage di Cumiana (3 aprile del 1944)ha già mostrato tutta la ferocia dei ne-mici. La Resistenza è provata, gli aiu-ti degli Alleati sono essenziali. La not-te del 13 ottobre, sedici aerei apparte-nenti al 31esimo squadrone SouthAfrican Air Force, decollano dalla ba-se di Celone (Foggia) per paracadu-tare rifornimenti ai partigiani sulleAlpi nord occidentali. Ben 6 di questivelivoli (con i loro 48 uomini di equi-paggio) non fanno rientro alla base.Tra essi c’è un Liberator KH239 che,nel tentativo di trovare un luogoadatto al lancio sul versante ovest delFreidour, complice una notte scura efitta di pioggia, si abbassa troppo diquota sino a frantumarsi sulla monta-gna. «Erano sicuramente le 20 e 30 –osserva Giustino Bello – perché unabitante della frazione Talucco diPinerolo mi raccontò che lui nacqueproprio quando si sentì il fragore del-lo schianto». Argentina Roccia oggiha 74 anni. All’epoca ne aveva 8 e vi-veva con i suoi cinque fratelli in unacasa proprio nel vallone del GranDubbione, in località Ciabriol, a po-che centinaia di metri dal luogo del-l’incidente. Ecco la sua testimonian-za: «Era tutto scuro, anche quella se-ra avevamo poco da mangiare: sulfuoco c’era soltanto qualche casta-

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Nuove guide per i parchi provincialiIn occasione del 2010 anno mondiale della biodiversità, la Provincia di Torino ha vo-luto avviare un percorso di promozione e valorizzazione delle proprie aree protet-te con la realizzazione di una collana di guide agili e sintetiche dedicate al sistema deiparchi provinciali. Le pubblicazioni edite da Hapax che si avvalgono della collabora-zione di naturalisti e di esperti escursionisti sono reperibili presso il Servizio parchidella Provincia e potranno essere raccolte in un pratico cofanetto.Monte San Giorgio è la prima uscita. Le 64 pagine del volume di veste grafica mo-derna e accattivante ci raccontano in forma sintetica del territorio del parco, dellasua geologia ma anche della città di Piossasco della sua storia e delle sue curiosità,quanti sanno ad esempio che Cruto uno degli inventori della lampadina era piossa-schese? Naturalmente si parla anche di fauna di vegetazione e di tutti gli indirizzi uti-li. Infine una selezione di sentieri: Il percorso mountain bike, il Percorso diPietraborga, il Percorso della Montagna, il Percorso del fuoco e il Percorso Botanicocon relativa cartina e profilo altimetrico. La stessa impostazione è per il secondo vo-lume in preparazione, Monte Tre Denti - Freidour. A Piossasco si sostituisceCumiana, paese ricco di storia e di castelli con le sue cento borgate sparse nei bo-schi. I sentieri proposti sono il Percorso del Mago, il Percorso delle Pietre Biancheed i già citati Traversata dei Tre Denti e del Freidour e il “Sentiero D.Bertrand”.

Almo

di riconoscimento appartenente alsergente Lockton che ha consentitoalla R.A.F. di affermare con certezzal’identità di tutto l’equipaggio. «All’indomani della sciagura – ram-menta ancora la signora Roccia – sitrovò ben poco del carico: i più furbierano partiti subito dai paesi vicini ederano riusciti a portarsi a casa vestiti,coperte, scarpe e qualche soldo».Sono tempi drammatici: ciascuno siporta via qualcosa. Chi un carrello,

chi un serbatoio, chi la stoffa del pa-racadute. Qualche paesano raccontadi vere e proprie fortune imprendito-riali fiorite grazie ai soldi piovuti dalcielo e destinati alla Resistenza. Masono voci. Le armi e le munizionivengono sequestrate dalle pattuglie dinazisti e fascisti nei rastrellamenti av-venuti nei giorni successivi. La me-moria di quel fatto, invece, rimanenelle zolle della montagna, nei suoimonumenti, nella sua gente.

gna. Mio padre lavorava ancora mol-to lontano da casa. Eravamo soli, noibambini, con la mia mamma.Improvvisamente abbiamo sentito co-me un tuono e un grande lampo di lu-ce ha illuminato il cielo. Se avevi unago potevi infilarlo, quel lampo». È undiluvio di acciaio e di fuoco che squar-cia una notte fradicia e feroce. MarioMoschietto, giavenese, rammenta cosìla sciagura: «Non ce la feci ad andaresubito sul posto: ci riuscì mio cugino ilquale mi parlò dello spettacolo tremen-do che si presentò davanti ai suoi oc-chi: qua e là si potevano scorgere gam-be o mani tranciatesi durante l’urto».«Anch’io ricordo il rumore dell’impat-to - aggiunge l’avvocato-partigianoEttore Serafino - ci precipitammo fuo-ri dal rifugio e capimmo che per que-gli uomini non c’era più niente da fa-re. In ogni caso eravamo troppo lon-tani dal luogo dell’incidente». I cada-veri vengono seppelliti in una fossacomune. Sono tutti inglesi, tranne ilpilota, un australiano. Con la fine del-la guerra, nel maggio dl 1945, i pove-ri resti degli avieri verranno trasferitiall’interno di un cimitero militare in-glese, nell’hinterland di Milano. Ecco i loro nomi: C.W. Lawton (il pi-lota), T.D. Fotheringham, E.H.A. Clift,G. Tennison, D.W. Bishop, D.R.Wellon, J. Bucks, S.E. Lockton. È sta-ta proprio la scoperta della piastrina

LA STORIA

In questa pagina: la signora Argentina Roccia – testimone dell’incidente– in due immagini d’epoca e un’altra foto del Liberator KH239

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Monforte, a 528 m s.l.m. in cima auna collina non lontano da Alba, ècomunemente ricordato per la suagastronomia e per far parte di quelristretto gruppo di comuni da cuiproviene il “re dei vini”, il preziosoBarolo.Ma curiosando in modo un po’ piùindiscreto scopriremmo che segreta-mente Monforte è coinvolto in un mi-stero, una storia che non è affatto leg-genda ma cronaca antica, che risale aitempi in cui i dolci pendii delleLanghe non erano certo conosciutiper le vigne e i noccioleti, ma coper-ti di boschi, attraversati da sentieri po-co sicuri, territori ostili e scarsamentepopolati: “deserta langarum”per l’ appunto. Dopo l’ultima curva della stra-da provinciale, prima cheappaia il campanile dellaChiesa di Sant’Agostino,abituati a tanti altripaesi di Langa non ciso rp r ende rebbescor gere in cimaalla collina arroc-cato sulla som-mità della suaparte vecchiala cupa pre-senza di un ca-stello da dife-sa. Il castello

vedono coinvolti né i pirati, né i mo-ri. L’antica e documentata esistenzadi signori feudali - segnalata oltretut-to dall’origine del toponimo MonsFortis, villaggio fortificato in cima adun monte - è indissolubilmente lega-ta ai Càtari (dal greco katharòs, pu-ro) o meglio ai protocàtari, così co-me verrebbero definiti da alcuni sto-rici. Si tratta degli antesignani diquelle comunità eretiche che neidue secoli successivi fecero proselitiin molte zone d’Europa e che nellaFrancia meridionale, dove la culturatrovadorica aveva predisposto gentie signori a una visione più pacata epoetica della vita, trovò la sua terradi elezione.

Ma si sa, mettere in discussionel’ordine costituito può essere

pericoloso.Così che i re di Francia, de-

siderosi di impadronirsidelle ricche e troppo di-

sinvolte terre d’occita-nia, appoggiarono in-condizionatamentela Crociata voluta daInnocenzo III (XIIIsecolo) e condottadalle truppe fran-cesi al comandodi Simone diMonfort che por-tò agli assedi

Matteo Marasco

TERRITORIO

Mons FortisSulle tracce dei ‘puri’

UN ENIGMA IRRISOLTO NELLE TERRE DELLA BASSA LANGA, SEPOLTO NELL’OSCURITÀ DEL BASSO MEDIOEVO...

una volta c’era per davvero comeraccontano le cronache, ora però èscomparso senza lasciare evidentitracce. Probabilmente, date le misure limita-te della piazzetta di Monforte Alta, unsolo torrione a base quadrata cheguarda verso sud e verso Dogliani,avrebbe testimoniato la necessità, inquei secoli bui, di preparasi alle inva-sioni saracene che arrivavano dal ma-re. Eppure, i drammatici assedi chene hanno portato alla distruzione eche dimostrano con quanto timorefosse percepita la sua presenza, non

Il passaggio voltato che immette nella piazza di Monforte (foto A.Molino)

Monforte e di Borgo Monforte. Il catarismo è un movimento ereticoche partendo dal cristianesimo lorielabora in senso fortemente duali-sta e costituisce una propria chiesaalternativa con propri vescovi e ununico sacramento, il consolamen-tum, che i perfetti, i ministri dellacomunità, dispensavano con l’impo-sizione delle mani solamente al mo-mento prossimo al trapasso. Moltifedeli si abbandonavano all’“endu-ro”, la morte per inedia, con la qua-le si distaccavano dal mondo mate-riale corrotto, per raggiungere il diobuono spirituale. I catari pur definendosi a modo lorocristiani, non si riconoscevano nelPontefice di Roma ed erano vegeta-riani. I lunghi digiuni e la castità as-soluta (la riproduzione era esecrata)erano richiesti però solo ai perfetti,l’élite spirituale, mentre i semplicifedeli, vivevano in condizioni dinormalità. Colpisce come al tempo, essendol’eresia càtara ancora praticamentesconosciuta e poco diffusa, non rap-presentando quindi un pericolo euna minaccia come sarà nei secolisuccessivi per la Chiesa di Roma,Alrico, Vescovo di Asti, e Ariberto sisiano prodigati a cancellarne ognitraccia. Quello di Monforte è comun-que un “caso” considerato perifericoe sinora poco studiato, che attendeancora una risposta definitiva. Dalla piazza del paese, seguendo leindicazioni, si può salire tra le viuz-ze della parte vecchia di Monfortecon le case aggrappate alla collina si-no alla sommità della stessa. Dopoun tortuoso percorso che attraversala piazzetta della “Saracca” (dove untempo si aprivano botteghe) e labo-ratori artigianali segnalati con la cro-ce catara, attraverso un basso pas-saggio si raggiunge la spianata som-mitale dove presumibilmente si tro-vava il castello e dove i catari si rifu-giarono per resistere alle soldataglievescovili. Da qualche parte, sottol’anfiteatro o il campanile, è possibi-le ci siano ancora i ruderi dell’anticocastello. Il piccolo anfiteatro haun’acustica perfetta ed è utilizzatonel periodo estivo per rassegne mu-

TERRITORIO

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Sul sentiero dei catari a Monforte (foto A. Molino)

delle città di Béziers nel 1209 e diTolosa, conclusisi con feroci massa-cri. In proposito giova ricordare l’ane-dotto secondo il quale alla domandadei suoi ufficiali su come si potessedistinguere tra i prigionieri un ereticoda un buon cristiano, il Monfort ri-spondesse di ucciderli comunque tut-ti perché a distinguere i Suoi dagliAltri ci avrebbe pensato dio. Con lapresa di Montségur, nido d’aquilanell’Ariège (Pirenei francesi) e il rogodi oltre 200 catari nel 1244, l’eresiainiziò a declinare fino a essere com-pletamente estirpata. Mentre nelLanguedoc l’integrazione nel contestosociale dei Càtari − altrimenti cono-sciuti come Albigesi (dalla città di Albìdove erano particolarmente numero-si) − fu più capillare, e interessò cittàe province intere, quello attestato aMonforte è più limitato, e si trattereb-be comunque del primo caso di per-

secuzione perpetrata dalla Chiesa permotivi religiosi, quando l’idea di cro-ciata era ancora lontana e la macchinadell’Inquisizione non ancora predi-sposta.Per quanto ci riguarda le scarne cro-nache raccontano di come negli anni’20 intorno al ‘Mille Mons Fortis ap-partenesse alla diocesi di Asti. Gli abi-tanti del borgo, dai contadini allaprincipessa, non erano sudditi comu-ni, e per questo motivo, forse soloapparente, attirarono l’attenzione deisignori di Asti, che tentarono più vol-te e senza successo di espugnare lafortezza. Fu Ariberto d’Intimiano,Arcivescovo di Milano, con il proprioesercito a devastare il castello, depor-tare gli eretici prigionieri a Milano edopo il processo per eresia a bruciar-li sul rogo nei pressi di un quartiereche ancora oggi porta le tracce dellosterminio nel nome di Corso

sicali e proiezioni cinematografiche.Nella cartoleria del paese si può ac-quistare per pochi euro una mappadei “Sette sentieri catari per Monforte”contenente dettagliate descrizioni etutte le informazioni per visitare ilpaese e i suoi dintorni.Attenzione: i sentieri sono segnalatima in qualche caso hanno subitodelle variazioni e non sempre è faci-le seguirli.

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I castelli dei CatariMonforte non è il solo paese delPiemonte a conservare memoria e a fareriproposta storica della presenza dell’ere-sia catara, anche Roccavione organizzauna sua manifestazione. Dal paese della Val Vermenagna, luogo ditransito dei fuggiaschi provenienti dal suddella Francia, sarebbe partito il leggenda-rio Marcus, il primo vescovo della chiesacàtara italiana che partecipò al Concilio diSaint Félix de Lauragais.Dove però sono più forti la memoria e letestimonianze del catarismo è nel suddella Francia. Il giro dei Castelli Catari,saggiamente promosso è diventato unodei più frequentati e interessanti percorsituristici del “midì”. Queribus, Peyrafurada, Montsegur…Visite non sempre banali perché talvoltabisogna come gli eretici di un tempo sali-re a piedi in cima alle montagne.

Per saperne di piùM. Rosso, Il castello dei Catari,Araba Fenice, Boves, 2003D. Garelli, I Càtari di Monforte,edizione a cura del Comune, 1975J. Roux-Perino, A. Brenon,Les Cathares, Msm, Vic-en-Bigorre, 2000D. Bosca, I paesi senzastoria – costume e vitamedioevale nella langacontadina, Ediz. Gribaudo,Cavallermaggiore, 1981

Nelle foto: un’insegna nel borgo antico; ruderi del castellodi Montsegur e una croce catara (foto A. Molino)

Matteo Marasco è laureando in Lingue eLetterature Straniere a Torino. È appassionatodi montagna, letteratura e musica. Ha svoltoun tirocinio presso la nostra redazione.

LLa maggior parte dei giovani ha scar-sa conoscenza delle attività agricole,dell’origine dei cibi e dell’importanzadella biodiversità in natura. Se siescludono alcuni laboratori didatticisvolti negli anni della primaria e del-le medie inferiori, poco o nulla vienefatto per sensibilizzare, su questi te-mi, gli studenti delle superiori. Come avvicinare i giovani a questeproblematiche? In che modo fargli ri-scoprire la ricchezza e la varietà deiprodotti della terra? Come contrastarela perdita di biodiversità? Quali ini-ziative mettere in campo se si inse-gna “Discipline Pittoriche” e non“Scienze della Terra”? La risposta a questi interrogativi è arri-

vata, dopo qualche tempo, con que-sta proposta: inserire nella pro-grammazione curricolare un’uni-tà didattica che coniugasse artee natura, creatività e biodiver-sità. Come? Invitando glistudenti, dalla prima allaquinta classe, a reinterpre-tare artisticamente unamela. I motivi di questascelta: la grande familiari-tà del frutto con la nostratavola, il suo simbolismo,la sua diffusione in arte, innumerosi brand commer-ciali e in pubblicità come te-

stimonial.Per testare le conoscenze de-

gli studenti sulle numerose va-rietà di mele presenti nel nostro

territorio, all’inizio dell’autunno èstata formulata, in una decina di

classi di due licei artistici milanesi,questa domanda: «quante varietà dimele conoscete?» Pochissimi hannosaputo identificarne almeno tre: leGolden, le Fuji, le Renette. La mag-gior parte degli intervistati ha descrit-to le varietà di mele in base al lorocromatismo: le rosse, le gialle e le

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EDUCAZIONE AMBIENTALE

Le mele di FrankensteinMimmo Cecere

IN CHE MODO FAR SCOPRIRE AI BAMBINI LA RICCHEZZA E LA VARIETÀ DEI PRODOTTINATURALI? QUALI INIZIATIVE METTERE IN CAMPO SE SI È INSEGNANTI DI DISCIPLINEPITTORICHE E NON DI SCIENZE DELLA TERRA?

cloche, Renetta ananas, Lampone,Ruggine, Florina, Cata rina, sonoaffiorate, come d’incanto, dalpassato per testimoniare con la

loro forma, colore e sapore unmondo contadino antico.

A questa esperienza visiva e degusta-tiva è seguito un lavoro di ricercaiconografica, d’ideazio-ne, di verifiche e, infi-ne, di realizzazione dipiccole sculture ispiratealla mela. In questo mo-do sono nate “Le mele diFran kenstein”: piccole ope-re gene rate dalla biodiversitàcreativa degli studenti, mimandola biodiversità della natura; ma-nufatti artistici realizzati conmateriali di recupero; oggettiludici e ibridazioni; formefantastiche e, al tempo stesso,metafore inquietanti di untempo che sta sconvolgendola natura.Per celebrare l’Anno internazio-nale della Biodiver sità, volutodall’ONU per il 2010, in autunnoverrà realizzata, negli spazi espo-sitivi dei Licei Boccioni e Caravaggio

di Milano, una mostra con 12 conte-nuti tematici dal titolo: “MelaMostro. Il frutto proibito tra Natura e Arte”.

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verdi. Una risposta che associata aicolori del semaforo ha prodotto unmoto d’ilarità.Qualcuno ha identificato le mele conil nome di un consorzio e qualcun al-tro si è spinto oltre i confini della na-tura citando un marchio tecnologico.Prima d’iniziare il lavoro creativo, ilgiorno di S. Marti no ai ragazzi è stataproposta una mostra pomologica concirca 60 varietà di “mele antiche”, rac-colte tra la Lombardia e il Piemonte. L’esposizione di frutti del passato,non più visibili sui banchi dei super-mercati, ha permesso di operare unaprima distinzione tra prodotti di deri-vazione industriale (una decina) efrutti provenienti da piccole coltiva-zioni (un numero molto elevato).Mele Calvilla, Lazzeruola, Pomme

Mimmo Cecere è titolare della cattedra diDiscipline Pittoriche al LAS Boccioni di Milanoe svolge attività di ricerca antropologica (da 20anni studia la cultura agropastorale dellaLucania). È pubblicista e collabora con diversetestate giornalistiche.

Nella pagina accanto: MelaRido - E. Lecchi Liceo Boccioni. Qui sopra, gli studenti della 1Dcon le loro creazioni. Sotto: MelaFiore - M. Caputo, Liceo Boccioni e MeccaMela -M.Canevari, Liceo Caravaggio (foto M. Cecere)

EROI DELLA NATURA

EEsploratore, navigatore, militare e oceanografo francese, JacquesCousteau ci dà appuntamento per l’intervista su una barca al lar-go della costa di Marsiglia.

Signor Cousteau, scorrendo la sua lunga biografia ho scoper-to che il suo incontro con le profondità marine è avvenuto inmodo insolito…

È vero, nel 1930 entrai nell’Accademia navale con lo scopo pre-ciso di far parte dell’aviazione di marina, ma un brutto incidented’auto cambiò il corso degli eventi. Per riabilitare le braccia, infat-ti, fui spinto dai medici al nuoto. L’utilizzo di un paio di occhialet-ti di protezione mi permise di scoprire le meraviglie di quello chepiù tardi avrei battezzato “il mondo del silenzio”. Fu l’inizio di unlegame divenuto poi indissolubile.

La sua vita è stata ricca di emozioni: è vero che ha partecipatoalla seconda guerra mondiale ed è stato persino una spia?Durante la guerra partecipai a numerose operazioni di spionag-gio. A distanza di tempo, quegli episodi hanno assunto una riso-nanza epica, ma allora pensavo solo a salvarmi la pelle e a ren-dermi utile per il mio Paese. Il mio pensiero era sempre rivoltoal mare e, infatti, nel 1942, tra una missione e l’altra, misi a puntoil primo erogatore per immersioni subacquee. Un’invenzione dicui sono orgoglioso perché ha rivoluzionato il modo di scende-re sott’acqua.

La Calipso è stata la nave delle sue prime esplorazioni ocea-niche: so che ha una storia affascinante…La guerra era appena terminata. Ancora ufficiale di marina, fui no-minato presidente delle Campagne Oceanografiche Francesi enel 1950 ricevetti dal milionario irlandese Thomas Loel Guinness,in affitto, per il prezzo simbolico di un franco francese l’anno, uncacciamine costruito dalla Royal Navy inglese che ribattezzai“Calypso”. Lo ristrutturai completamente per trasformarlo in unanave da ricerca per missioni oceanografiche. Con la Calypsoesplorai le acque più interessanti del pianeta, compresi alcuni fiu-

mi. Durante quei viaggi produssi libri e film, uno dei quali, Il mon-do del silenzio, vinse il primo premio al Festival di Cannes nel1956. Lavori che furono di grande aiuto nel rendere popolare labiologia sottomarina.

Lei è stato anche promotore di un’importante battaglia con-tro l’inquinamento del mare, ci può raccontare come si sonosvolti i fatti?Ricordo bene quell’episodio: fu una battaglia che fortunatamen-te vincemmo. Nell’ottobre del 1960, un grosso quantitativo discorie radioattive dell’EURATOM (Comunità europea del-l’energia atomica) stava per essere scaricato in mare. Decisi diorganizzare una campagna d’informazione che ottenne ampiosupporto popolare. Condussi migliaia di manifestanti sulla lineaferroviaria dove sarebbe transitato il treno e, seduti sulle rotaie,riuscimmo a rispedire indietro “il mortale convoglio”.

In questi mesi stiamo assistendo a un disastro ambientale che sista consumando nell’Atlantico, al largo delle coste della Florida.Qual è la sua opinione?Sono atterrito. Ho speso la mia vita a far conoscere le bellezzesottomarine e a battermi per la tutela dei delicati ecosistemicoinvolgendo persone in tutto il mondo. L’Associazione per laprotezione della vita oceanica che ho fondato nel 1974 oggi con-ta più di 300.000 membri. Nonostante ciò, c’è ancora chi ritie-ne che, in nome del dio denaro, si possa mettere a rischio la vi-ta di milioni di esseri viventi. È sconcertante.

Prima di salutarci, una curiosità: è vero che James Cameron hacopiato una sua idea per il film Titanic?Sì, anche se non lo ha mai ammesso. Nel documentario del 1976Alla ricerca del Britannic ho portato sulla nave Calypso – pro-prio sopra il punto del relitto dove il mio team stava effettuan-do immersioni di ricognizione – un’anziana signora sopravvissu-ta all’affondamento, Sheila Macbeth Mitchell, infermiera volonta-ria sul Britannic, situazione che ho rivisto nel film di Cameron.Tra l’altro: la HMHS Britannic è la gemella del Titanic…

INTERVISTE IMPOSSIBILI - A CURA DI MARIANO SALVATORE

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(SAINT-ANDRÉ-DE-CUBZAC, 11 GIUGNO 1910 - PARIGI, 25 GIUGNO 1997)

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Intervista a Jacques-Yves Cousteau

a cura di Emanuela [email protected]

NOTIZIE E CURIOSITÀAltre notizie e appuntamenti su www.piemonteparchi.it

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RLibri in cammino in Val GrandeRiparte la rassegna di escursioni letterarie nel Parco nazio-nale della Val Grande ormai giunta alla V edizione. Le escur-sioni, condotte dalle guide ufficiali del parco e dagli autori deilibri è disponibile sul sito del parco www.parcovalgrande.it. Iprossimi appuntamenti: 13 agosto (Ompio-Corte Bue’):“1935. L’ala che li disperse li raccolse” di P. Pisano (GruppoEscursionisti Valgrande), in “Vallintrasche 2010”, ed.Magazzeno Storico Verbanese; 21 agosto (Scareno e dintor-ni): “Momenti dell’irrazionale nella valle Intrasca” di E. Villa,ed. Museo del Paesaggio; 12 settembre (Malesco e dintor-ni): “Museo archeologico della Pietra Ollare” a cura dellaSoprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte; 19settembre (Cicogna e dintorni): “Wilderness e biodiversi-ta’”, approfondimento dello studio “Castagneti da frutto” acura di G. Beccaro, R. Botta, G. Bounous. Info: tel. 0324 87540

IN BICI LUNGO IL FIUME PO

Sarà il Parco fluviale del Po e dell’Orba a segnalare il per-corso ciclopedonale d’argine che si svilupperà daCrescentino a Casale Monferrato sulla sponda sinistradel Fiume Po e da Casale a Guazzora sulla sponda de-stra. L’Ente parco e l’AIPO (Agenzia Interregionale per ilFiume Po) hanno infatti siglato lo scorso giugno a CasaleMonferrato, una convenzione per l’uso della sommitàdegli argini maestri del Po e per la realizzazione dell’itine-rario ciclopedonale nei Comuni del parco. Oggi la per-corribilità sugli argini è consentita soltanto con autorizza-zioni dell’AIPO, che continuerà a garantire gli interventidi manutenzione. Entro il 2011, invece, sarà possibile per-correre alcuni tratti demaniali sui quali convergerannodeviazioni in direzione di percorsi e aree di interesse na-turalistico e turistico. Per saperne di più: ufficio tecnico Parco del Po vercelle-se-alessandrino, tel. 0142 457861, [email protected]

IL PARCO DEL PO CUNEESE E IL PROGETTO ETTRA

NATURE SDIPLUS: L’EUROPA PER IL TERRITORIO PROTETTO

Lo scorso gennaioè stata recepita laDirettiva europeaINSPIRE (Infrastruttura per l’Informazione Territoriale).Nell’ambito dei progetti sulla ricerca scientifica e tecno-logica, la Regione Piemonte partecipa al progetto comu-nitario NatureSDIplus che ha l’obiettivo di individuarecriteri condivisi tra gli Stati membri relativi alla creazionee alla gestione dei dati geografici e la collaborazione nel-le attività di testing e verifica delle proposte INSPIRE perquanto riguarda il tema delle Aree protette. La necessitàdi costituire una rete europea di dati sulle materie natu-ralistiche si è resa necessaria per la gestione di ReteNatura 2000 istituita con la Direttiva europea Habitat.NatureSDIplus, inoltre, ha l’obiettivo di stabilire un net-work basato su metodologie che definiscano lo statodell’arte e le buone pratiche e, in particolare, il progettoverte su: Aree Protette e Regioni Biogeografiche; Habitate Biotopi: Distribuzione delle Specie.Alla realizzazione e al raggiungimento degli obiettivi delprogetto partecipano 30 partner in rappresentanza di 18Stati membri; per l’Italia aderiscono al progetto laRegione Piemonte – settore Pianificazione e Gestionedelle aree naturali protette, in qualità di coordinatore na-zionale; la Regione Liguria – settore Sistemi Informativi eTelematici Regionali; Intergraph Italia LLC; ConsiglioNazionale delle Ricerche-IMATI (Genova); GraphitechFoundation – Italia. (V. Guasco)

Si intensifica il legame tra il Parco del Po cuneese e ilParco del Verdon (Francia), grazie a un corposo proget-to didattico che coinvolge adulti e bambini. Si chiama‘Ettra - Educazione al territorio transfrontaliero’ ed è unprogetto internazionale Alcotra, finanziato con fondi eu-ropei. Tra le proposte didattiche: Una giornata al parco- musica nella natura e Il museo arriva a scuola.Info: tel. 0175 46505

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Piemonte Parchi è su Facebook

COME STAL’AMBIENTEIN PIEMONTE?Lo scorso luglio è stata presen-tata la Relazione sullo Statodell’Ambiente in Piemonte. Una tavola rotonda di appro-fondimento sul tema della biodiversità, in cui sono stati chia-mati a discutere non solo rappresentanti delle istituzioni, maanche del mondo dell’associazionismo e produttivo, ha datomodo di confrontarsi su una sfida che deve trovare tutti isoggetti coinvolti, ugualmente impegnati. La Relazione è sta-ta illustrata insieme al Rapporto sullo stato dell’ambiente diArpa Piemonte che è il riferimento per tutti i dati e le ten-denze sulla base dei quali la Regione Piemonte imposta leproprie politiche e azioni. Il quadro che emerge dai due do-cumenti è quello di un Piemonte informato e sicuramenteattivo nell’individuare le azioni utili per far fronte ai problemi;nonostante questo rimangono ancora criticità diffuse, e soloun’azione incisiva e duratura nel tempo potrà aiutare a recu-perare qualità per il nostro territorio. La Relazione e il Rapporto sullo stato dell’ambiente sono di-sponibili e scaricabili sul sito della Regione Piemonte(www.regione.piemonte.it/ambiente) e di Arpa Piemonte(www.arpa.piemonte.it).

EUROPA E BIODIVERSITÀDal 1 al 4 giugno Bruxelles ha ospitato la Green Week, lapiù importante serie di conferenze sulle tematiche ambien-tali a livello europeo. Anche la Regione Piemonte ha parte-cipato ad alcune attività e seminari. Tra i presenti all’evento(stimati intorno ai 3.800 partecipanti): istituzioni dell’UE, or-ganizzazioni non governative, autorità pubbliche, accademi-ci nonché rappresentanti di industrie e aziende.Quest’anno il tema principe è stato quello della biodiversi-tà. Durante le 36 sessioni organizzate si è discusso sullostato attuale della conservazione della biodiversità anche invista della decima conferenza delle Parti (COP-10) che siterrà il prossimo ottobre a Nagoya (Giappone). Punto dipartenza, la presa di coscienza del fallimento del raggiungi-mento degli obiettivi fissati dall’UE sull’arresto della perditadi biodiversità entro il 2010. I limiti sono stati individuatinella difficoltà riscontrata nell’integrare legislazioni europeecon i livelli nazionali e locali (mancano, infatti, regole chiareperché le direttive vengano rispettate) e nella mancanza disinergia tra le politiche dei vari settori coinvolti nella ReteNatura 2000 (agricoltura, energia, trasporti, difesa del suoloecc…). Tra le priorità emerse, la necessità di disporre dimaggiori finanziamenti e l’urgenza di sensibilizzare la politicae il grande pubblico al tema dell’importanza della salvaguar-dia della biodiversità.

AMBIENTE PIEMONTE

LA GESTIONE DEL LUPO IN EUROPALa tutela del lupo passa innanzitutto attraverso la tuteladei pastori e la riduzione dei conflitti sociali provocatidalla presenza di questo grande predatore.È una delle conclusioni alle quali è approdato il conve-gno internazionale svoltosi a Torino dal 24 al 26 mag-gio sul tema: “Lupi, genti e territori: la gestione del lu-po in Europa: tutela, monitoraggio, prevenzione e ridu-zione dei conflitti”. «Lo spazio per la coesistenza esiste– è stato osservato - , ma chi opera in alpeggio nei ter-ritori frequentati dal lupo non può essere lasciato solo.Sono sempre più necessari assistenza ed aiuto econo-mico da parte degli enti pubblici, dal punto di vista tec-nico come sotto il profilo economico, per ridurre entrolimiti accettabili e fisiologici i danni, l’impegno e lo stressdell’allevatore».Molto spazio del dibatto è stato dedicato al tema delmonitoraggio, un aspetto essenziale per mettere a pun-to misure di difesa e di prevenzione. Spunti di riflessioneci sono stati anche su alcune esperienze europee: signifi-cative le storie di pastori che hanno messo l’impronta dellupo sulle forme del formaggio da loro prodotto, ven-dendole poi come “formaggio amico del lupo”. Allo stes-so modo esistono comunità locali che hanno incentratosulla presenza del lupo la propria promozione turistica. Prosegue, intanto, il lavoro sul campo dei tecnici regiona-li per mettere in atto le nuove strategie regionali: piani didifesa individuali per ciascun alpeggio, azioni di pronto in-tervento, reperimento di aiuto-pastori, revisione del ta-riffario dei risarcimenti, costituzione di un centro di refe-renza regionale per la produzione dei cani da guardia, so-no alcune delle iniziative che sono state attivate e cheimpegneranno il personale regionale in questa stagioned’alpeggio.

IL FESTIVAL DEI GUFISabato 2 e domenica 3 ottobre, a Castellodi Corticelli - Nibbiano (Piacenza), si terrà ilFestival dei gufi, aperto a tutti coloro che vo-gliono scoprire i segreti dei predatori della notte con ri-gore scientifico ma anche con l’aiuto dell’arte e della di-vulgazione. Info: www.festivaldeigufi.it

NOTIZIE E CURIOSITÀ

ERRATA CORRIGEL’autore del film Mon Cru citato sul numero 196 diPiemonte Parchi, a pag. 45, è Marco Dogliotti e non l’asso-ciazione nazionale di Architettura bioecologica come erro-neamente indicato.

DAL MONDO DELLA RICERCA

Preziose scopertea cura di Claudia [email protected]

NNonostante l’indubbio peso dell’impatto antropico, l’evoluzione fa della biodi-versità un concetto in continuo mutamento, come testimoniano le specie cheogni anno, a migliaia, vengono scoperte nelle profondità marine, nelle impene-trabili foreste pluviali, negli ormai pochissimi luoghi incontaminati del pianeta.Sono forse solo la punta di un iceberg, di un numero incalcolabile di organismiviventi che probabilmente non conosceremo mai, perché mai riusciremo a sco-varli o perché scompariranno prima di essere scoperti. Se alla ribalta dei mediacompaiono solo animali dotati di una certa taglia o di stravaganti caratteristichefisiche e comportamentali, il naturalista attento conosce il valore delle minusco-le specie scovate negli anfratti del pianeta, apparentemente insignificanti, ma inrealtà insostituibili membri delle reti ecologiche. E sa bene che la variabilità na-turale è tale, da nascondere questi preziosi gioielli anche nelle nostre terre iper-sfruttate. Dà infatti conforto sapere che è possibile inciamparsi in una specienuova anche lungo i sentieri delle nostre passeggiate domenicali. Accorgersi delfortunato incontro non è certo facile, ma a questo rimediano gli uomini di scien-za che alla biodiversità e alla sua conservazione dedicano studi, ricerche, impe-gno. È proprio sulle morbide alture tra le colline piemontesi e le alpi occidenta-li che Gianni B. Delmastro, curatore del Museo Civico di Storia Naturale diCarmagnola, in località note per gite e scampagnate quali Pecetto, Sampeyre,Paesana, Castelmagno, Vernante, Villar San Costanzo (nota per i ciciu) e moltealtre, ha scoperto una nuova specie di pseudoscorpioni, che giustamente la co-munità scientifica gli ha dedicato con il nome di Chthonius delmastroi. Nessunapaura. Gli pseudoscorpioni abbondano negli ambienti umidi, tra muschi e grot-te, preferendo alle nostre latitudini i sottoboschi di latifoglie, prediligono le tem-perature non elevate e sono attivi in tutto l’arco dell’anno, ma il nome non de-ve trarre in inganno. Pur essendo parenti dei ben più famigerati scorpioni, que-sti aracnidi sono in realtà privi di coda e del temibile pungiglione, e viste le ri-dotte dimensioni - pochi millimetri - non rappresentano per noi alcuna minac-cia. I lunghi palpi con cui intimoriscono le loro vittime e corteggiano le femmi-ne, rappresentano un rischio unicamente per leloro minuscole prede. Individuarne uno sarebbeper l’escursionista curioso e attento una piacevo-le sorpresa e non certo un pericolo. Gli pseudo-scorpioni, come molti altri rappresentanti dei mi-crocosmi ignorati, costituiscono un importanteanello delle reti alimentari del suolo. Sono presen-ti con alcune migliaia di specie in tutto il pianeta,di cui svariate decine sono endemiche del territo-rio italiano. La scoperta di una nuova specie è unafinestra sulla storia naturale del mondo, un prezio-so respiro per la biodiversità in affanno.

Per saperne di più: G. Gardini, Chthonius (C.) del-mastroi n. sp. delle Alpi occidentali e del Piemontee idescrizione di Chthonius (C.) tenuis L. Koch,1873 e di C. (C.) submontanus Beier, 1963(Pseudoscorpiones Chthoniidae), RIV. PIEM. ST.NAT., 30, 2009: 25-51

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Veduta notturna dei Ciciu del Villar (foto Boscolo-Torello/arc. CeDRAP)

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SENTIERI PROVATI

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A cura di Aldo Molino

UUno dei cartelli stradali più originali che può capitare di vedere sul-le strade delle Langhe è quello che porta all’«Appuntamento neiboschi». Tra Murazzano e Montezemolo, lo si trova al quadriviodella Pedaggera (790 m), sulla SP 661. E viene subito voglia di ca-pire che posto è e che razza di incontri vi si possono fare. La stra-da asfaltata di accesso è poco più di una mulattiera, e serpeggia traIgliano e Torresina, sulla Langa affacciata alla Valle Tanaro. Il pano-rama è tra i più vasti sulla cerchia alpina: dalle Alpi del Savoneseallo svettante Monviso e fino al Monte Rosa, con in primo pianole quinte delle colline di Langa. Una pietra scolpita indica la via inmezzo a un castagneto, e qui si scopre l’arcano: l’Appuntamentonei boschi è una spaziosa pista da ballo, con tavoli e panche, do-ve locandine sbiadite annunciano merende e grigliate. Per farefesta (e incontri interessanti) biso-gna esserci nella settimana acavallo tra luglio e agosto,per una non-stop di dan-ze al fresco dei castagnisecolari.Nel resto dell’anno, in-vece, l’Appuntamentonei boschi offre altresuggestioni. Una tabella all’in-gresso dell’area del-le feste illustra iquattro sentieri del«Deserta Langarum».Mai nome fu più appropriato: chi li percorre difficilmente in-contrerà anima viva, come accadde all’imperatore Ottone I,che passò da queste parti nel 970 e registrò che tanto deser-to era il luogo, da non poter raccogliere alcun tributo. A ricor-do dell’illustre visitatore i comuni di Igliano e Torresina hannorealizzato il circuito, percorribile a piedi, in mountain bike e acavallo. Dietro la tabella si trova un distributore di carte topo-grafiche gratuite.In ogni stagione dell’anno, ma soprattutto in primavera e in autun-no, si può scegliere un itinerario del Deserta Langarum per tra-scorrere una giornata alla scoperta, per esempio, dei luoghi dellabattaglia napoleonica della Pedaggera del 1796: il sentiero «cultu-ra» (colore giallo, circa 9 km, 3 ore di cammino) porta a scoprirealcune trincee di quella lontana battaglia, su due dei crinali su cuiinsiste l’anello. E poi si fanno quelle scoperte che rendono indi-menticabile la giornata: la fontana Canaretta, grotta naturale nellamarna, protetta da muri a secco e porta di legno. Dalle pareti edal soffitto l’acqua, bene preziosissimo nel deserto delle Langhe,sgocciola nella vasca limpida e turchese. E poi si passa da cascine,come la bella Scaffe, che conservano tutto il fascino delle Langheche abbiamo amato e letto nei romanzi di Pavese e Fenoglio: tet-to di pietra, attrezzi contadini sotto il portico e un sorprendente«crotin» scavato nella marna, in grado di stagionare formaggi di cuiforse si è persa memoria. Il sentiero «storia» (colore azzurro, circa 7 km, 2.30 ore di cammi-no) descrive un anello tra due crinali di Langa, quello di MonteRotondo, dove si trova l’area dell’Appuntamento nei boschi e quel-

«TRANSIVIMUS PER DESERTALANGARUM ET RELIQUIMUS EA, SINE TRIBUTO»*

*Ottone I di Sassonia, imperatore dei Romani e re d’Italia, di passaggio nelle Langhe nel X secolo

In cammino nel deserto delle Langhe

Nella pagina accanto: cippo alla partenza degli itinerari. In questa pagina, dall’alto: paesaggio agricolo dal Bric Gambalungo il sentiero rosso; in cammino verso Costa, sul sentiero blu;Borgata Giuliani lungo il sentiero blu (foto R. Ferraris)

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lo dove sorge la borgata Costa, una delle varie che formano il co-mune sparso di Igliano. L’anello è stato evidentemente studiato perpercorrere l’antica mulattiera di collegamento tra le borgate Giulianie Costa, oggi sostituita dalla carrozzabile sul fondovalle: la via storicaè fiancheggiata a monte da monumentali muri a secco ad archi, an-cora in ottimo stato di conservazione. La sorpresa è poi un vera ra-rità botanica: una immensa quercia sempreverde, o cerrosughera(Quercus crenata), che affonda le sue monumentali radici ai piedidella mulattiera. Il percorso segnato non prevede la visita a Costa,ma la frazione merita una deviazione (dal pilone votivo), per la gra-ziosa cappella di S. Lodovico e varie case tradizionali, con tetti di pie-tra. La sosta successiva si fa nella spaziosa (e deserta) piazza Baricalla,centro di Igliano: vi si affacciano il municipio in stile littorio e la par-rocchiale di S. Andrea, sulla cui facciata una nicchia ospita una stelefuneraria romana. Il percorso sale alla cappella di S. Sebastiano, checonserva un affresco del ’400. La cappella è però chiusa, come qua-si tutto in questi deserti paesi di Langa. Il più lungo dei percorsi, il sentiero «arte» (colore rosso, circa 10km, 3.30 di cammino) è forse il meno emozionante, anche sel’attraversamento dei campi aperti e amorevolmente coltivati aLi Piani, con pecore al pascolo e galline che razzolano intorno al-le cascine, fanno sperare che questi campi non vadano tutti «al-le ortiche», come recitava una canzone di Fabrizio De Andrè,molti anni fa. Il percorso insiste sul territorio di Torresina, appol-laiata sul suo nido d’aquila e ben visibile per quasi tutto l’itinera-rio. Meritano menzione la cappella di S. Grato, con bel tetto dilose, e la borgata Li Piani, dove l’edificio cadente dell’antica oste-ria dell’Assunta fa rimpiangere il tempo in cui il DesertaLangarum era un po’ meno deserto. Per chiudere il circuitomanca solo l’itinerario «natura» (colore rosa, poco più di 3 km,1 ora di cammino): è breve e attraversa spettacolari castagneti eprati coltivati. Ideale passeggiata da fare prima di gettarsi sulla pi-sta da ballo, quando l’Appuntamento nei boschi si riempie di vi-ta (finalmente), di musica, danze e cibi, nel cuore dell’estate. I quattro percorsi sono ottimamente segnati con tabelle di le-gno, poste solo nei bivi significativi. Ottima anche la carta sche-matica che illustra il percorso. Per informazioni e per richiede-re la carta, comune di Igliano, tel. 0174 785147; comune diTorresina, tel. 0174 789048, www.desertalangarum.org.

Roberta Ferraris

LETTURE

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Il libro del mesea cura di Enrico [email protected]

AUOMO E NATURA UNITI DAL MEDESIMO DESTINO

Storia dei disastri naturali - La fine è vicina di Henrik Svensen,ed. Odoya (t. 051 474494), € 18.

Alluvioni, terremoti, eruzionivulcaniche… il libro propone unexcursus dei maggiori disastriche hanno colpito il mondo in-tero, creando morte e distruzio-ne in ogni angolo del pianeta.Dal Guatemala a Lisbona pas-sando per Phuket e arrivando fi-no all’Aquila, un racconto di co-me popolazioni, con diversi stilidi vita, cultura e credenze popo-lari hanno reagito, davanti a disa-stri che hanno cambiato destinoe corso della vita degli abitanti.L’autore svedese, che lavora comericercatore al Physics of GeologicalProcesses Centre dell’Università diOslo, invita a riflettere su comesiano cambiate le risposte dellagente di fronte ad eventi improvvi-si e catastrofici. L’uomo non è, operlomeno non ancora, in gradodi combattere eventi come sismi,esondazioni e tsunami che in unbattito di ciglia possono distrugge-re con la vita di migliaia di perso-ne, intere città. E in effetti è im-possibile evitare il cambiamentodel proprio destino davanti a que-ste calamità, o per lo meno anche se fossero di minore en-tità, questi eventi modificano le reazioni e la vita delle per-sone in modo lento, ma inesorabile. Il libro propone unadoppia chiave di lettura: la prima, religiosa, riguarda il giudi-zio universale che considera la coscienza di ciascuno e il mo-do di aiutare le persone nel mondo. L’altro punto di vista, inmodo laico ci mette di fronte all’andamento del nostro siste-

ma, che è un sistema econo-mico, relazionale e viene mes-so in discussione dai disastrinaturali che sono più grandi dinoi e fanno emergere disu-guaglianza e diversità sociali,soprattutto tra le popolazionimeno abbienti. Dopo una ca-tastrofe di grande entità an-che i meccanismi di aiuto so-no differenti: l’alluvione del1966 dell’Arno a Firenze hagenerato infinite manifesta-zioni di solidarietà e i volon-tari sono ancora ricordati co-me “angeli del fango”; men-tre nella città di Tangshank,nel 1976 si è verificato ungrande evento sismico manessun aiuto internazionalepoté raggiungere le popola-zioni colpite. Fin dall’antichi-tà, si cercavano dei mezziper scongiurare le catastrofinaturali (riti e sacrifici); inepoche più recenti la pauraè anche diventata business,come dimostrano le 100 ve-

dute del monte Fuji dell’artista giapponese Hokusai, o il filmVolcano che terrorizza e affascina allo stesso tempo. In con-clusione, da parte dell’uomo ci vorrebbe uno sguardo al fu-turo capace di legare il proprio senso di appartenenza a unterritorio con le minacce e i rischi che si possono incontrarenel cammino della vita.

Veronica Guasco

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Come la rivoluzione verde sta cambiando il mondo

Da Curitiba a Friburgo, dalla GeneralElectric alla STMicroelectronics:Antonio Cianciullo e Gianni Silvestrini,autori del volume La corsa della greeneconomy (t. 0245487277) € 14, ed.Ambiente, espongono un dettagliatoresoconto delle trasformazioni che“l’economia verde” ha già messo inmoto nel mondo. Nella descrizione deicasi studiati, mostrano come un nuovospirito imprenditoriale stia iniziando aindirizzare il mainstream industrialenello stesso modo in cui le softwarehouse hanno trasformato l’economiadell’informazione all’inizio degli anniSettanta. La corsa della GreenEconomy fornisce una visionestrategica che i leader aziendali ditutto il mondo potrebbero iniziare aseguire. La consapevolezza della crisieconomica e ambientale sta portando igoverni mondiali ad affrontare i dueproblemi per ottenere unconsolidamento dell’economia e unconseguente aumento dei posti dilavoro. Non c’è la certezza di riusciread adattarsi al clima che abbiamocreato, bruciando in pochi decenni lescorte di carbonio e di petrolio dimilioni di anni, e forse non basterà labenedizione di Obama - che nel suoprimo discorso radiofonico ha dettoall’America di voler diventare il Paeseleader nelle esportazioni di tecnologiedi fonti rinnovabili per dar vigore allalinea ecologista che l’Europa hacostantemente predicato e che restal’unica possibilità che abbiamo.

Cristina Insalaco

Sustinable tourism as a factor of local development di V. Castellani eS. Sala, ed. Tangram (t. 0461 233233)€ 18,50. Raccoglie gli atti del conve-gno internazionale organizzatodall’Università di Milano-Bicocca nelnov. 2008, con interessanti confrontisulle realtà territoriali della provinciadi Milano, coinvolte nei progettidell’Expo 2015.

Ecoguida del Parco di Djoudj e del-la Langue de Barbarie, Città diTorino (tel. 011 4424927). Una pubbli-cazione bilingue (italiano e francese)realizzata nell’ambito del progetto‘Teranga’ con istituzioni italiane e se-negalesi, che ha portato alla valorizza-zione in chiave turistica di alcuni parchinaturali e beni ambientali del Senegal.

Avventure nel bosco - 20 storiecon radici… di Elena Accati (illustra-zioni di Anna Curti, Lineadaria ed., [email protected], € 15,00) intendefar conoscere la bellezza della naturae i segreti del bosco, per impararead amare gli alberi e scoprirne la vi-ta, divertendosi. Venti racconti scrittiin modo divertente e rigoroso, am-bientati in Valle Cervo, nel Biellese,con i suoi boschi di faggio e casta-gno, di betulla e quercia, con le suemontagne e il suo cielo che così bel-lo non esiste in nessun altro posto almondo, almeno secondo l’autrice.Jacopo, un ragazzino di otto anni condue inseparabili amici e il nonnoAngelo, sono i protagonisti di questeavventure; vivendo la natura, si in-cantano. «Io non capisco come sipossa passare davanti a un albero enon essere felici di vederlo», scrivevaDostoevskij. (C. Insalaco)

Ecologia e sostenibilità di A. La Vergata e G. Ferrari, ed. Franco Angeli (t. 02 28371455) € 14.Dalla riduzione della biodiversità alla crisienergetica, dalla gravità dell’inquinamentoai cambiamenti climatici, i temi e le pro-blematiche della questione ambientaleimpongono una maggiore chiarezza sulsignificato delle scelte orientate a uno svi-luppo sostenibile. Il libro, che ha il signifi-cativo sottotitolo ‘aspetti filosofici di undibattito’, offre una panoramica critica deiterritori, mettendo a confronto le diverseprospettive teoriche e proponendo oltrea interpretazioni e chiavi di lettura, lepossibili vie d’uscita dalla crisi ambientale.

Città sostenibili di L. Davico, A. Mela, L. Staricco, ed. Carocci (t. 06 42818417)€ 16,80. Concentrazione della popola-zione in aree metropolitane, crescita diinfrastrutture e di attività, consumo dispazi, sfidano gli autori ad affrontare al-cuni punti nodali della sostenibilità urba-na dei nostri giorni. Nasce così una ri-flessione per ricercare modelli di svilup-po che mettono in evidenza alcune li-nee di intervento possibili: dalla diffusio-ne insediativa alle politiche del verde,dalle strategie per la mobilità alle pro-blematiche della sicurezza e dei rischi.

Fischi per fiaschi nell’italiano scientificodi Gianni Fochi, ed. Longanesi (t. 0234597620) € 12, un volumetto preziosoper usare nel modo corretto i terminiderivati dal linguaggio scientifico.L’autore, chimico e giornalista scientifico,propone il frutto di una ricerca singola-re, un mini-glossario utile e avvincenteche in un mixer di scienza e comunica-zione mette in luce i diffusi strafalcionipresi dalla vita quotidiana. Spiega poiorigine e significato di molte parole chedovremmo conoscere e poi usarle inmodo consapevole, come ricorda il sot-totitolo del libro: Leggere attentamenteprima di parlare (a sproposito).

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I COLORI DELLA NATURA

«Tina gli scoccò un’occhiata soddisfat-ta. Le sue dita danzarono sulla tastie-ra e l’immagine cambiò di nuovo.Stavolta apparve un dettaglio del bor-do superiore destro. Proprio dove lachiazza illuminata si perdeva nel buios’intravedeva qualcosa. Una luminosi-tà di un blu intenso attraversata da li-nee più chiare». Misteriosi organismibioluminescenti sono i protagonisti delbellissimo thriller ecologico “Il quintogiorno” dell’autore tedesco FrankSchatzing, che immagina una ribellio-ne degli organismi marini control’umanità, rea di avere sfruttato e in-quinato mari e oceani. Nella realtà,l’atto di denuncia resta attualissimo,come dimostra la recente fuoriuscitadi petrolio nel golfo del Messico, e glioceani continuano a essere il luogo delPianeta meno conosciuto. In un’im-mersione ipotetica verso gli abissi, il fe-nomeno della bioluminescenza è sicu-ramente uno dei più affascinanti e inun certo senso misteriosi. Già il naviga-tore greco Anassimene raccontava diun affascinante chiarore del mare chediffondeva raggi verdazzurri se simuoveva l’acqua con un remo. Circaduemila anni dopo, osservando uncampione d’acqua al microscopio, al-cuni studiosi vi trovarono moltissimi di-noflagellati che, se toccati, emettonoimpulsi luminosi grazie ad alcuni enzi-mi in essi contenuti. Ma è nel buio to-tale degli abissi marini, là dove è spa-rita completamente la luce del sole,che si hanno i casi più affascinanti dibioluminescenza. Molti abitanti degliabissi, tra cui alcuni pesci e le meduse,sono in grado di produrre la luciferinache, reagendo con l’ossigeno, emettela luce. Chi invece non produce lucepropria, come la rana pescatrice, vivein simbiosi con batteri bioluminescentiche ospita in piccole tasche nella pelle.Queste “luci di profondità” non sonoperò sempre accese. Sia che venganoutilizzate per vedere, sia che servanoper essere visti, sono gli organismi chedecidono quando accendersi o spe-gnersi, quando dare un po’ di luce alnero profondo degli oceani.

Testo di Stefano CamanniDisegno di Cristina Girard

Luci profondeLuci profonde

Un’esca luminosaA oltre mille metri di profondità viveun pesce dall’aspetto abbastanzaterrificante, la rana pescatrice, conuna grande bocca piena di denti affi-lati. Ma la cosa più curiosa è la lungaantenna che si stacca dalla fronte eporta alla sua estremità un sacchettopieno di batteri bioluminescenti. Lapreda ignara che si avvicina alla luceper cercare di addentarla non sa co-sa l’aspetta nel buio circostante.Finirà addentata a sua volta.

Insegne luminosePuò sembrare strano ma la luce nelbuio più profondo può servire an-che a una preda per difendersi. E’ ilcaso ad esempio delle meduseabissali, come la Periphylla, che nor-malmente se ne stanno nascoste eimmobili. Se però si avvicina unpredatore si accendono di colpocome grandi insegne, illuminandoanche il predatore che diventeràcosì perfettamente visibile ai suoinemici, il più delle volte scappandovelocemente.

Un polpo senza ventoseUna delle caratteristiche più notedei polpi che conosciamo e che al-meno una volta abbiamo mangiatoin insalata è quella di avere nume-rose ventose sui tentacoli. C’è peròun polpo dei mari abissali, loStauroteurhis syrtensis, che al postodelle ventose presenta file di foto-sfori lampeggianti che utilizza perattirare le sue prede. I piccoli cro-stacei di cui si nutre sono attiratidalla luce e avvicinandosi finisconoimprigionati in una rete di mucoprodotta dallo stesso animale.

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Biodiversità non convenzionali

AMBIENTALISTA SARÀ LEI...

di Bruno Gambarotta

UUn perfetto caso da manuale di biodiversità è riscontrabile fra gli esseri umani che frequentano abi-tualmente la mensa della sede Rai di Torino. In teoria la specie dovrebbe essere unica, “dipendentidella Rai che usufruiscono una volta al giorno dei servizi della mensa a prezzo convenzionale”, inve-ce si può osservare un incessante brulichio di nuove forme. Con un esborso minimo e non fraziona-bile si ha diritto a un primo, un secondo e un contorno. A scelta, fra 4 primi, 4 secondi e 4 contor-ni. Una specie si diversifica per la ragione che nessuno dei 4 primi offerti è di suo gradimento e ot-tiene di sostituirlo con un altro contorno, detto secondo perché va al posto del primo, in quanto ilprimo contorno, quello istituzionale, si accompagna al secondo. Una seconda specie si distacca dallealtre per via del fatto che certi giorni la porzione del secondo è eccessiva e ne vuole solo la primametà. Poiché, come abbiamo visto, non si può defalcare la seconda metà del secondo dal conto in-divisibile, questa specie chiede e ottiene che la seconda metà del secondo sia sostituita da un con-torno, che diventa il terzo contorno, in quanto il primo si accompagna al secondo e il secondo al pri-mo. Un’ulteriore specie si caratterizza per il rigetto del secondo che viene scambiato con due con-torni, il terzo contorno al posto del primo mezzo secondo e il quarto contorno al posto del secon-do mezzo secondo. Con il risultato del formarsi della specie detta dei 4 contorni, che a sua volta sidifferenzia al suo interno in quanto c'è chi prende dose doppia, tripla o quadrupla dello stesso con-torno e chi 4 contorni diversi. (Chi volesse approfondire l'argomento lo trova sviluppato sul sitowww.mensaraitorino.com).Ma il tema della biodiversità è così affascinante che merita ben altro trattamento. Lo svedese CarloLinneo (1707-1778) nella decima edizione del suo “Sistema naturae” elencò e descrisse 10.000 specieanimali e 10.000 vegetali. Attualmente non esiste un catalogo aggiornato ma si calcola che esistano 2milioni di specie, nonostante gli sforzi degli uomini per estinguerne il più possibile. 50.000 sono i verte-brati, di cui 40.000 descritti. Fra gli ultimi arrivati: Okapi, Celacanto, Antilope del Vietnam, Ilochero, laSelevinia, un topo che si nutre unicamente di insetti. I fondali oceanici nascondono ancora mezzo mi-lione di specie animali. Il capitolo più appassionante riguarda gli insetti, con numeri che danno le verti-gini: i descritti sono 950.000, per gli stimati la cifra oscilla fra gli 8 e i 100 milioni. Perché gli insetti sonocosì disponibili alla biodiversità? Una prima risposta arriva dalle loro dimensioni: la stragrande maggio-ranza si situa fra il millimetro e il centimetro, perciò possono stare in tanti. Una stessa pianta può for-nire nutrimento a molte specie di insetti, senza che tra questi si verifichi di necessità una stretta com-petizione. Alcuni si nutrono brucando le foglie, altri i germogli, altri ancora scavano gallerie all'internodei tessuti vegetali, nei fusti, nelle radici. Se alla parola pianta sostituiamo la parola Comune, Provincia,Regione, Ministero e alla parola insetto fitofago le parole amministratore, politico, funzionario, ministro,abbiamo un quadro scientifico del funzionamento della società i cui viviamo. Non basta: ci sono inset-ti produttori di galle; immettono nei tessuti vegetali sostanze ad azione ormonale, per effetto delle qua-li la pianta produce strutture abnormi, le galle, all'interno delle quali l'insetto, o la sua larva, potrà poinutrirsi. Qui basta sostituire alla parola “galla”, la parola preventivo di spesa per le opere pubbliche peravere la spiegazione del funzionamento del sistema degli appalti. Veniamo all'altro grande partito, i pa-rassitoidi: sono quegli insetti (soprattutto imenotteri) il cui sviluppo larvale si compie a spese, e gene-ralmente all'interno, di uova o di larve di altre specie di insetti. La grande varietà di vittime potenzial-mente attaccabili determina la grande diversità. Voi che pagate le tasse, per civismo o perché siete co-stretti, non vi sentite dentro crescere delle larve che si nutrono del frutto del vostro lavoro?

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DIDATTICA AL MUSEO

Mostre, percorsi didattici, incontri e laboratori dedicati all’Anno Internazionale della Biodiversità

Anche quest’anno è stato pubblicato il quaderno delle Attività del CentroDidattico del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino dedicate allescuole di ogni ordine e grado per l’anno scolastico 2010/2011. Accanto alle attività tradizionali, l’offerta si arricchisce di nuovi percorsi educativi.In occasione dell’Anno Internazionale della Biodiversità il Museo presenta lamostra Diversità per un mondo diverso, a cui si lega un’attività di laboratoriovolta a sensibilizzare i ragazzi alle problematiche sviluppate nella mostra, au-mentandone la consapevolezza del ruolo di ciascuno nelle scelte quotidiane,cruciali per il futuro del nostro Pianeta. Per le classi elementari e medie infe-riori si propone Origamondo, da un’antica arte giapponese un modo originaleper avvicinarsi alla natura sviluppando creatività e fantasia. Tra le nuove colla-borazioni, un percorso dedicato al Fiume Po, dove i ragazzi avranno modo discoprire l’ambiente fluviale osservando alcune tipicità del fiume.Il progetto Vedere per sapere, nato dalla collaborazione con CinemAmbientepropone agli studenti di ogni ordine e grado un ciclo di film sulla relazione trauomo, natura e ambiente. Ogni proiezione sarà accompagnata da un momen-to di confronto coordinato da esperti in campo scientifico del Museo e da pro-fessionisti di Arpa Piemonte. Inoltre, con la Fondazione per le Biotecnologie econ Infini*to - Parco Astronomico, si propone un percorso alla scoperta dellavita per dare risposte a domande ataviche quali “Com’ènata la vita sulla Terra?”, “Quali sono le caratteristichenecessarie affinché si sviluppi su un Pianeta?”, “La Terraè l’unico in grado di ospitare la vita?”.Al Giardino Botanico Rea vengono proposti tre nuovilaboratori: Le quattro stagioni del giardino dedicato aipiù piccoli; I dolci frutti e le tenere verdure sul temadell’alimentazione, L’incanto dei colori in natura, sempli-ci esperimenti per comprendere i cromatismi che ci cir-condano.Non solo attività per gli studenti, ma anche proposteper i docenti: in collaborazione con ANISN Piemonte,Museo della Frutta, Società Lichenologica Italiana eKeyToNature, Conoscere la biodiversità, con laFondazione per le Biotecnologie, Infini*to e ANISNPiemonte Orizzonti lontani. Alla ricerca della vita extra-terrestre e con il Museo di Antichità di Torino La natu-ra nella vita e nell’arte antica.Infine, in collaborazione con Diffusione ScientificaCreativa, il Museo ospita feste di compleanno per gio-care con la scienza attraverso esperimenti divertenti.

Sul sito www.mrsntorino.it è possibile consultare le propo-ste didattiche, aperte non solo al mondo scolastico ma an-che alle famiglie e a chiunque voglia approfondire temi ine-renti le scienze naturali. La pubblicazione può anche essere richiesta gratuitamente.

Per informazioni: 011 4326307/6334/6337; [email protected]

Appuntamential museoa cura di Elena [email protected]

via Giolitti 36 - Torino tel. 011 432 6365