Introduz Usp

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  • 7/24/2019 Introduz Usp

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    A PI DI TRENT'ANNIdall' apparizione n francese del suo primo nucleo di testi,

    , La teologia dell'icona di Leonid Uspenskij conserva un valore indiscuti~

    bile, anche se ormai la bibliografia sull'icona ha raggiunto in Italia una mole

    notevole. Dal 1960 ad oggi, in effetti, il lettore italiano entrato in possesso i una serie

    consistentedi testi; si pensi qui, solo per fare qualche nome, ai lavori di introduzione di

    Pavel Evdokimov e di Egon Sendler, ai saggi di storia dell' arte di Michail Alpatov e di

    Viktor Lazarev, agli studi teologici di Christoph von Schonborn, o ai classici di Evgenij

    Trubeckoj e di Pavel Florenskij. Per un verso, un simile patrimonio scientifico rende

    impossibile quell'insofferenza un po' troppo sbrigativa che, in temPi recenti, portava a

    liquidare l'icona come una forma di arte povera o come un modo di produzione artisti~

    co semiasiatico; il cresceredegli studi sull'icona, d'altro canto, ha reso possibile la piena

    maturazione dei motivi che sottendono l'attuale passione per l'iconografia, motivi che

    sono inscindibilmente ecclesiali e culturali, come esige 'essenza stessadell' arte icono~

    grafica, e che sono nello stesso empo la testimonianza del bisogno del linguaggio spi~

    rituale dell' arte autentica (Duodecimum saeculum, n.ll) e della coscienza secon~

    do cui il conoscere, venerare, conservare e sostenere l ricchissimo patrimonio liturgi~

    co e sPirituale degli Orientali di somma importanza per la fedele custodia dell'integra

    tradizione cristiana (Unitatis redintegratio, n.15).

    appunto in un simile contesto di relativa ricchezza e maturazione che il lavoro di

    Uspenskij conserva un valore insostituibile. Due aspetti vanno sottolineati in modo par~

    ticolare, uno teorico, concernente la presentazione complessiva dell'icona, e uno sto~

    riografico.

    Dal punto di vista teorico, uno dei pregi di questo libro sta nella sua capacit di pre~

    sentare l'icona cogliendola nei nessi che la costituiscono: il nesso con l'incarnazione,

    quello con la Chiesa e quello con la nota tipicamente ecclesialedell'integrazione (sobor~

    nicit~cattolicit) .

    il nessocon l'incarnazione che non solo rende possibile 'immagine iconica, ma la esige

    come appartenente alla natura stessadel cristianesimo, ponendola in questo senso non

    come una violazione o un semplice superamento del divieto veterotestamenario di fare

    immagini, ma come la sua esatta conseguenza e compimento. Il divieto veterotesta~

    mentario, ricorda infatti U spenskij, riguarda il Dio invisibile, di cui Israele pu sentire

    la parola, ma non vedere l'immagine; ora, questa insistenza dell' Antico Testamento

    nel contrapporre la parola alla visione non una semplice contrapposizione della paro~

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    .~A TE i.d GIA:OELl" iCN'iA

    la all'immagine in assoluto, ma appunto ci che prepara l'immagine neotestamen~

    rafia in quanto, come diceva Giovanni Damasceno, chiaro che quando tu abbia visto

    che Colui che incorporeo diventato uomo a causa tua, allora farai l'immagine della

    Sua orma umana. Cos, commenta Uspenskij, la proibizione di rappresentare il Dio

    invisibile contiene mplicitamente la necessitdi rappresentare Dio, una volta che le pro~

    fezie si siano adempiute, una volta che l'uomo non abbia pi dei simboli da interpre~

    tare, delle semplici parole, ma la realt stessa, a Parola, il Verbo che si fatto carne.

    Legata all'incarnazione, l'icona dunque una testimonianza ulteriore resa al realismo

    del cristianesimo: il Cristo dipinto sull'icona non visto e raffigurato per simboli e non

    lui stesso un simbolo, un'immagine poetica e sentimentale che tocca la sola interio~

    rit, la personificazione di una virt morale o di un'idea astratta, ma una Persona sto~

    rica e concreta che con la sua presenza investe la globalit dell'uomo e della storia.

    L'icona, cos, con la sua azione nella vita del fedele, non lascia alcuno spazio a sogget~

    tivismie psicologismi e apre all'uomo non la sfera dell'interpretazione sentimentale o ra~

    zionalistica (come un'immagine pia o un simbolo astratto), ma quella della parte~

    cipazione ontologica, dove l'uomo non ascolta pi le proprie impressioni e non insegue

    i concetti di Dio inteso come un essere superiore, ma si lascia trasfigurare da una

    Presenza. Diventa in questo senso evidente per Uspenskij il nesso tra l'icona e la

    Chiesa, perch l dove l'icona viene riconosciuta per quello che , cessandodi essereun

    elemento culturale, una mera opera d'arte o un banale oggettodi Piet personale, anche

    la Chiesa non pu pi essereconcePita come un valore culturale (sociologicamete tra~

    sformata, ad esemPio, in una semplice assemblea di fedeli), ma viene riconosciuta

    appunto come il luogo della parteciPazione a quella Presenza cui l'icona ci apre e che i

    sacramenti ci offrono.

    In quanto testimonia la vera essenzadella Chiesa, l'icona ne condivide la ragion d'essere

    che quella di far partecipare il mondo alla pienezza della rivelazione. I n quest' opera, la

    Chiesa non esclude nulla di quanto specifico della natura creata, ma santifica invece

    tutta la variet dell' universo rivelando il suo vero senso,orientandolo al suo ine autenti~

    co, la costruzione del regno di Dio; lo stessodiscorso deve essere atto per l'icona, che

    testimonia n modo specifico l frutto dell'incarnazione: a deificazionedell'uomo, e mostra

    come la trasfigurazione della materia non sia n la sua soppressionesPiritualistica n la

    sua esaltazione naturalistica, ma precisamente a sua integrazione nel piano di Dio sul

    mondo, proprio come a santit dipinta sulle icone non una realt sottintesa alla mate~

    ria, n una cosa aggiunta in sovrappi dal nostro pensiero, bens a visibilit ai nostri

    occhi carnali dello stato deiforme al quale sono chiamati tutti gli uomini.

    Oltre a questi pregi va poi sottolineato, dal punto di vista storiografico, il valore dei capi~

    toli dedicati ai Concili moscoviti del XVI secolo, al Grande Concilio di Mosca e all' ar~

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    U spenskijnon si limita a tracciare una storia della teologia e della prassi iconografica di

    questo periodo, ci che come si detto costituisce un pregio particolare di questo testo e

    lo rende comunque insostituibile, ma si apre ad un discorso pi ampio nel quale sottoli~

    nea la complessit di questo momento storico, che segnatoad esemPiodallo scisma dei

    vecchio~credenti e dalla nascita della scuola mogiliana di Kiev con la conseguente ati~

    nizzazione della teologia ortodossa. come si vede, un momento decisivo nello sviluppo

    dell' dentit della Chiesa russae della coscienzanazionale, cos decisivoche ha i suoi risvol~

    ti persino nella coscienza inguistica e nello sviluppo della lingua russa moderna, come

    ha ben saputo mostrare recentemente un altro U spenskij, Boris. Merito del nostro

    U spenskij sicuramente quello di aver posto il problema e di aver cercato di attirare l' at~

    tenzioneappunto sulla questionedella identit; qui si apre per un altro capitolo che rende

    questo ibro ulteriormente interessante, anche se ne mette in luce un limite.

    Preoccupato dal problema dell' autenticit dell'icona e dell'identit della Chiesa ortodossa

    russa che sarebbero minacciate dall' occidente atino e protestante, Uspenskij inisce con

    l'assumere un atteggiamento difensivo e di chiusura nel quale la tradizione occidentale

    diventa spessol modello negativo della Chiesa, quasi il concentrato di tutti gli errori (seco~

    larismo, razionalismo, soggettivismo, ecc.) che la Chiesa deve evitare per continuare

    ad esserese stessa.Quella di Uspenskij evidentemente una schematizzazione,che pu

    avere una sua utilit l dove si tratti di meglio definire le proprie specificit per contra~ 111

    sto con quelle altrui; ma questo modo di procedere rischia di esserecontroproducente -

    quando viene assolutizzato. Non ci interessaqui controbattere punto per punto le varie,

    accuseche U spenskij ivolge all' occidente, perch su certe questioni si pu concordare,

    e per assurdo si potrebbe anche concordare su tutto, senza che questo tocchi ancora l' es~

    senza del problema, quell'identit della Chiesa che sta veramente a cuore a noi come

    ad Uspenskij: trovato infatti il colpevole della perdita dell'identit resta comunque il fatto

    e il significato di questa caduta, che non si cancella certo con la pura oPposizioneall' al~

    tro. Una questione come quella posta da Uspenskij, insomma, non pu essere risolta

    attraverso l'enucleazione delle cause e dei colpevoli della perdita della propria identit

    quanto piuttosto attraverso la ridefinizione di questa identit, che non creata attra~

    verso l'opposizione e la lotta contro un nemico pi o meno ideale e astratto, ma si recu~

    pera attraverso la vita della Chiesa, ridiventa significante nell' esperienzadi salvezza vis~

    suta nella Chiesa e, come tale, viene riproposta a tutto il mondo dalla Chiesa, nella sua

    forza di integrazione e non di negazione. Ora, proprio questa capacit di riProporre

    la forza di integrazione del cristianesimo che sembra ar difetto a U spenskij dove, pure

    dopo averla riscoperta, si comporta come se dovesseancora ricostruirla e difenderla inve~

    ce di riconoscerla e di rioffrirla al mondo: con degli esiti inadeguati quando gi non sono

    cohtestabili o insostenibili.

    Ad esempio, preoccupato di sottolineare la continuit tra Antico e Nuovo Testamento

    e la diversit tra mondo pagano e mondo cristiano, U spenskij, soprattutto polemizzan~

    do con Bulgakov, insiste in maniera assolutasulla contrapposizione tra iconografia paga~

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    .LA TEOLOGIA DELL'ICONA .11111111-

    na e iconografia cristiana, mentre, come ha ben mostrato Grabar, il modo pi incon,

    testabile per far risaltare l'irriducibilit e la specificit dell' arte cristiana proprio quel,

    lo di documentare i nessi reali tra l'arte paleocristiana e l'ambiente non cristiano in cui

    essa crebbe. Allo stesso modo, preoccupato di difendere le specificit dell' oriente,

    Uspenskij sostiene la tesi secondo cui Roma si sarebbe sempre opposta allo sviluppo

    dell' aspetto nazionale della Chiesa in ciascun popolo, tesi che, amPiamente seguita

    in passato, viene oggi ritenuta da studiosi altrettanto autorevoli come il frutto di un par,

    tito preso non sostenuto da solide prove e che finisce tra l'altro col far dimenticare che

    la stessaBisanzio si oppose spesso, ben violentemente, allo sviluppo del principio nazio,

    nale. Ma proseguendo poi sul problema della salvaguardia delle specificit nazionali

    U spenskij arriva a conclusioni ancor pi incredibili, quando dice, ad esempio, che la

    concezione marxista della cultura socialista, unica nel contenuto e molteplice per le sue

    forme nazionali, in realt una variante di questa nozione fondamentale della Chiesa

    ortodossa; ora, l'accreditare questa formula, che Mandel'stam aveva definito stupi,

    da e illetterata, mostra quanto possa essereesiziale la via scelta da U spenskijper sal,

    vaguardare l'identit della Chiesa e l'autenticit dell'icona: si finisce col perdere pro,

    prio ci che si voleva difendere. Anche la controversia con Bulgakov sul problema

    dell'immagine di Dio Padre e della sofiologia mostra del resto l corto resPirodella via pu,

    ramente oppositiva scelta da U spenskij, e lo mostra in maniera tanto pi interessanteper,

    ch questa volta la polemica non rivolta contro l'occidente, ma interna alla Chiesa

    ortodossa stessa. A prescindere infatti dal giudizio che si potr dare su tale questione,

    non pu che essere istretta una prospettiva che accusa Bulgakov di porre la natura umana

    come qualcosa che determina la natura divina l dove in realt il motivo ultimo delle

    formulazioni di Bulgakov era esattamente quello di evitare una simile determinazione.

    Detto di questi limiti, e avendo suggerito che essi discendono proprio dal fatto che

    Uspenskij non ha sviluppato sino in fondo la forza positiva dell'integrazione ecclesiale

    che pure aveva cos chiaramente riaffermato, varr la pena di concludere ribadendo che

    la piena manifestazione della cattolicit della Chiesa non espressada una sola tra,

    dizione, n tanto meno da una comunit contro l'altra (Orientale lumen, n.l); os,

    servazione che pu certo essere atta valere contro U spenskij e contro i limiti di certe

    sue tesi, ma che non sarebbe veramente presa sul serio se non cominciasse a valere an,

    che per noi. E questo, appunto, quanto ci lascia, in pura positivit e nonostante certe

    cadute, il saggio di Uspenskij sull'icona.

    Adriano Dell'Asta