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INTORNO AD ALCUNE OPERE DI ROBERTO GROSSATESTA, VESCOVO DI LINCOLN Author(s): EZIO FRANCESCHINI Source: Aevum, Anno 8, Fasc. 4 (OTTOBRE-DICEMBRE 1934), pp. 529-542 Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Stable URL: http://www.jstor.org/stable/25818805 . Accessed: 15/06/2014 17:52 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Aevum. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.76.48 on Sun, 15 Jun 2014 17:52:20 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions

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INTORNO AD ALCUNE OPERE DI ROBERTO GROSSATESTA, VESCOVO DI LINCOLNAuthor(s): EZIO FRANCESCHINISource: Aevum, Anno 8, Fasc. 4 (OTTOBRE-DICEMBRE 1934), pp. 529-542Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/25818805 .

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1NEDITA ET RARA

EZIO FRANCESCHINI

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II grande interesse suscitato verso la fine del secolo scorso e il principio del presente dalla figura e dall'opera di Roberto Gros satesta (1) e che, dopo aver dato origine a tutta una letteratura, culmino per la parte biografica nell' opera dello Stevenson (2) e

per la filosofica in quella del Baur (3), risorge oggi e s' impone all' attenzione degii studiosi per opera specialmente di un dotto

americano, il prof. S. Harrison Thomson; il quale, attendendo a ricostruire in un' opera, che speriamo ed auguriamo definitiva, la

figura del grande vescovo di Lincoln nei suoi molteplici aspetti,

(1) Nacque a Stradbroke, nella contea di Suffolk, verso il 1175. Intorno ai suoi primi anni nulla di preciso e noto; compi i suoi studi superiori in Oxford fra il 1195-1199 e vi ottenne il grado di ?magister?. Circa il 1209 si reed probabilmente a Parigi: ma non ne abbiamo notizia sicura.

Poco dopo fu nominato cancelliere delF universita di Oxford, carica che

tenne molto a lungo. Fra il 1214 e il 1232 fu successivamente arcidiacono

di Chester, Northampton e Leicester; nel 1235 fu eletto vescovo di Lincoln e occupo quella sede per quasi venfanni, fino alia morte (9 ottobre 1253).

(2) F. S. Stevenson, Robert Grosseteste, Bishop of Lincoln, London 1899.

(3) L. Baur, Die philosophischen Werke des Robert Grosseteste, Bischof von Lincoln (nei ? Beitrage zur Gesch. der Philos. des Mittelalters ? Bd. IX, Miinster i. W., 1912). II pensiero fiiosofico del Grossatesta e riassunto con molta chiarezza in P. Duhem, Le systeme da monde, vol. V (Paris, 1917) pp. 341-358, e studiato minutamente ancora dal Baur, Die Philo

sophic des Robert Grosseteste, Bischof von Lincoln (negli stessi ? Beitrage > Bd. XVI, 1917).

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Aevum - Anno VIII - 34

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comunica in articoli e note separate i principali risultati delle sue ricerche riducendo cos! e ordinando in modo efficace, il vastissimo materiale. Le osservazioni, che seguono, frutto secondario di uno studio intorno alle traduzioni greco-latine del Grossatesta (1), vogliono essere un amichevole contributo alia sua fatica.

I.

a) Sul testo del " De Cometis ? (2).

Questo breve ma assai interessante trattato su\Y origine e na tura delle comete fu gia edito dal Baur (3) sulla base del cod. Berlin, lat. 963 (ff. 129rb-130ra) della seconda meta del sec. XIV. II testo offerto da questo manoscritto e pero assai disordinato : il suo inizio (? Relictis opinionibus de natura tricarum ...?) lascia immediatamente capire al lettore che, o vi e una lacuna al prin cipio, ove si croveva trattare delle opinioni diverse sulla natura delle comete, o devesi mutare Pordine dell'esposizione, anteponendo la seconda parte del trattato che porta infatti il titolo: ? Opiniones circa cometam ?. Ma poiche un editore non puo mutare, senza

ragioni superiori, sia pure ad una esigenza logica, un testo quale e conservato dalla tradizione manoscritta, il Baur lascio il De Co metis com'e nel cod. di Berlino: Pedizione si presentava cosi, fin da principio, deficente.

La nuova che ci offre il Thomson rappresenta un deciso e notevole progresso sulla precedente sia per cio che riguarda la

disposizione della materia, sia per la correttezza stessa del testo. L'A. si pote giovare di un nuovo manoscritto, prezioso sotto

parecchi riguardi (4), il cod. G. 163 della Bibl. Marucelliana di

(1) Tomo XCI1I, parte seconda, pp. 1-138 degli ? Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti ? Venezia 1933.

(2) S. H. Thomson, The Text of Grosseteste's De Cometis, in ?Isis ? n. 55 (vol. XIX, 1) aprile 1933, pp. 19-26.

(3) op. cit. (1912), pp. 36-41. Notizie generali sono nella Introduzione, pp. 69*-72*.

(4) Contiene ben ventitre dei ventotto opuscoli filosofico-naturali del Grossatesta editi dal Baur, piu un trattato inedito ? De Accessu et Recessu Marts ? (del quale un secondo codice e il XII. E. 5 del Museo Naz. di Praga e un terzo nella Bibl. Com. di Assisi: v. F. Pelster, in ? Scho

lastik ? I, 1926, pp. 572 sg.): e quindi la raccoita piu completa delle opere fisiche del vescovo.

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Firenze (1), nel quale il trattato s'inizia appunto con quelle ? Opi niones circa cometam ? che nel cod. Berlinese sono poste, invece, alia fine; ed e disposto in modo tale da farci capire che siamo di fronte alia forma originaria, per quanto e possibile a tanta di stanza di tempo dalla data di composizione, dello scritto.

Tuttavia, neppure 1' edizione del Thomson puo considerarsi

definitiva; PA. stesso, forse, non ha voluto che fosse tale perche dichiara espressamente di non tener conto delle varianti del cod. di Berlino, il che, evidentemeute, si sarebbe dovuto fare.

Ecco, anzitutto, alcune lezioni da sostituire a quelle del Thom son indotto a cattiva lettura dalla grafia, regolare ma abbastanza

complicata, del manoscritto Marucelliano (2); 21,2_3: Mihi indaganti (non: indagenti); 21,3: deus innotait

(non: innotuerit deus; Papparente abbreviazione -er, e uno sgor blo); 21,6: in rebus naturalibus et formant (questa e pure la lezione di B), 22, 2: dyafanorum ; 22,3: multotiens ; 22,4: visibiliter et sciunt , 22,0: dyafano; 22, H: prope sint; 22, 21: descendentium a

planetis et stellis fixis vet a planetis tantum (qui si tratta di un errore d'occhio; le parole di complemento si leggono pure in B); 22, 28: scilicet vapor (non : si vapor); 22, 29: cuius flgurts; 22, 36 :

forment sibi (cosi anche in B); 23,3: Sed hec opinio; 23, n : ap parent multociens) 23, 15: Hee ergo sunt opiniones; 23, 17: cum non profundavertnt; 24, 4: nec attingit ad speram ignis motas tar bulentus aai violentia; rellnqaltur ergo quod cometa non sit ignis generatus (anche qui si tratta di un errore d'occhio causato dalla

ripetizione di ignis; la frase, un poJ diversa, e pure in B: ignis motas turbulentus aut violentus. Relinquitur ergo quod trica sit ignis generatus ...); 24,12; fixe vel erratice (non: errative) et est veri simile 24, 16: causa motiva (cosi anche B: e non: motica).; 24, 30: a rebus complexionatis ...; ibid : Cumque fit hec separatio (e non: Cum sit); 24, 38: nature spiritatis; 24,39: in natura spiri tali (e non: spirituali \ come M anche B in entrambe le lezioni).

Benche M sia piu completo di B, questi tuttavia puo in alcuni

punti integrare il primo; cosi ad es. nel passo:

(1) Secondo il Thomson e della seconda meta del sec. XIV;maforse e della prima meta del XV: e cartaceo, su due colonne, scritto da mana

italiana, e misura mm. 310 X 210.

(2) Nelle pagine seg. sara indicato con B il codice Berlinese, con M il Marucelliano; il numero grande indica la pag., il piccolo la linea della ediz. del Thomson (art cit in ? Isis ?).

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Thomson, 22, 20. ... quia concursus Hie sem

per esset stabilis et manens

accendens radiorum recte de scendentium a planetis ...

Baar, 41,6.

... eo quod concursus ille

accendens semper esset stabilis et manens semper propter situm stellaram fixarum in imaginibus suis uno modo manentem, esset necessarius concursus accendens

radiorum radiorum recte descen dentium a planetis ...

la frase mancante in M e caduta evidentemente per errore del co

pista. Anche la fine del trattato in M e troppo sbrigativa e poco convincente (?... quapropter signum est infirmationis aut corrup tionis rerum complexionatarum quibus dominatur planeta, vet Stella alia de natura planete ? : Thomson 24, 39-25, 2): le sei ultime pa role appaiono un frettoloso modo di riassumere un testo ben piu ampio, quale e appunto in B (Baur, da p. 39, u a p. 40, 17) (1).

A bene osservare, anzi, i due codici offrono non soltanto una notevole varieta di lezioni, ma due redazioni sensibilmente diverse; basti a dimostrarlo il fatto che in quasi tutti i passi ove M ha la voce cometa, B ha trica (2); vedansi inoltre i seguenti passi:

(1) II Thomson afferma che questa parte del testo di B, mancante in M, non e che il riassunto di argomento gia trattato in altra parte del

De Cometis (e precisamente ed. Thomson 23, 15-24j 35; ediz. Baur 36, H

39,5): e come tale da eliminarsi. A me non pare affatto; nel primo tratto del testo (ed. Baur, 39, n_19) si discutono questioni (? ... si fuerit

trica de natura solis ... si fuerit trica de natura Martis ... et similiter

currit per ceteros planetas ?) prima non trattate, e delle quali il riduttore

del testo rappresentato da M voile sbrigarsi con la frase finale ? vel stella

alia de natura planete ?: bisogna dunque restituire al trattato questa

parte.

(2) Ed. Thomson, 21,8; de natura cometarum (B = tricarum), 23, 15: de natura talium apparitionum (B = de natura tricarum); 23,36: Relin quitur ergo quod cometa sit (B = quod trica sit); 24,8: cometa et ignis (B

== trica); 24, n: causa naturalis comete (B

= causa generans tricas);

24,13: unicuique comete (B =

uniuscuiusque tricae); ibid.: cum autem

comete moveantur (B = cum autem tricae moveantun; 24, i6: obedientia

ista quam habent comete (B = quam habent tricae); 24,36: Ex hiis ergo apparet quod cometa (B = Ex hiis ergo manifestum est quod trica_). Nel titolo, pero, si usa anche in B del termine cometa: ? Summa (Sen tentia?) Lincolniensis et definitiva veritatis de natura cometarum* (Baur, p. 36).

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M (ediz. Thomson).

21,5_9. Dico ergo in princi pio quod hii qui considerant et

experiuntur in rebus naturali bus et formant sibi opinionem ex

experimentis suis absque pro funditate racionum, necessario incidunt in oppiniones falsas, sed de natura cometarum eciarh est diversitas secundum diversi tates experimentorum, etc.

23,4.8. Qui autem experti sunt quod propter figuram per spicui interpositi inter videntem et rem visam possibile est ut res una appareat alterius figure qua liscumque secundum exigentiam figure perspicui interpositi, pro pe sunt, etc.

23, 15_6. Hee ergo sunt opi niones de natura talium appari tionum quas possibile est ut

preformet sibi animus, etc.

24, n. Causa naturalis co mete necessario est virtus cele

stis, etc.

B (ediz. Baur).

40, 18_22. Dico tamen quod hi qui considerant et experiuntur in rebus naturalibus et formant sibi opiniones ab experimentis suis absque fundatione rationum, necessario incidunt in opiniones falsas de natura tricarum diver sificatas secundum diversitatem

experimentorum, etc.

41> 22-25- Qui autem experti sunt quod propter figuram per spicui interpositam inter viden tern et rem visam possibile est ut res visa appareat multae et ut res magna appareat parva et e converso, secundum exigen

tiam figurae perspicui interpo siti, prope sunt, etc.

36, 14_15. Relictis opinionibus de natura tricarum quas possi bile est ut formet sibi animus, etc.

38, 4_5. Causa generans tri

cas necessario erit virtus caele

stis, etc.

QuaP e la redazione piu vicina alP originale ? Evidentemente

quella di M per la migliore disposizione della materia e la mag

giore compiutezza del trattato: ma chi puo aver sostuito, nel testo di B, alia voce cometa la lezione trica?

E questione, quindi, abbastanza complicata P edizione critica di questo trattato : ma si potra risolvere bene sulla base di M e con le varianti di B. Ai testo originario probabilmente non si ar

rivera; ricordino pero gli studiosi che il De Cometis fu scritto verso il 1228, mentre noi dobbiamo ricostruire il testo su mss. che sono di quasi due secoli posteriori; a meno che la fortuna non

ce ne faccia trovare di piu antichi, il che e ben poco probabile

dopo le accurate ricerche fatte dal Thomson nelle maggiori biblio teche di Europa.

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b) Sul ? De Anima ? (1).

? An genuinus sit tractaius de anima (2) valde dubium est ?

scriveva il Baur a conclusione di un minuto studio su questo trat tato attribuito a Roberto Grossatesta da un manoscritto e da an tiche attestazioni (3).

L/esame che fa dell'opera il Thomson, rivedendo gli argomenti esterni ed interni addotti dal suo predecessore, vuole anzitutto risolvere la questione delF autenticita. Lo scritto e conservato in un solo manoscritto, il cod. Digby 104 della Bodleiana (ff. la-20a) e porta in alto alia prima pagina V attribuzione: Tractatus beati

Roberti Grosteste Lincolniensis episcopi de Anima in una mano diversa da quella del copista e che il Baur dice della fine del sec. XIV o dell' inizio del XV: molto posteriore, quindi, alia ste sura delF operetta.

Le notizie che il Bale (Scriptorum Britannide Catalogus, Ba silea 1557, p. 305) il Tanner (Bibliotheca Britannico-Hibernica, Londra 1748, p. 346) e il Pegge (Life of Robert Grosseteste, Lon dra 1793, p. 281) danno delPopera si basano tutte sulla conoscenza del ms. Digby e si riducono quindi ad una testimonianza sola. La traduzione ebraica, ricordata dallo Steinschneider (4), di un De Anima attribuito al Grossatesta, riguarda non lo scritto di cui stiamo trattando, ma un inedito De potenciis Anime attribuito esso pure (e questa fu la causa della confusione) al vescovo di Lincoln nel ms. Digby 172 da una mano della meta del sec. XIV, ma che non puo essere in alcun modo suo perche vi e citato

espressamente il De Sensu et Sensato di Alberto Magno che fu, come e noto, pubblicato dopo la morte di Roberto Grossatesta (5).

(1) S. H. Thomson, The ? De Anima* of Robert Grosseteste (in ? The New Scholasticism ? vol. VII, n.? 3. Iuly*1933, pp. 201-221).

(2) Incipit: ? Multi circa animam erraverunt. Quidam posuerunt ani mam non de nichilo sed de substantia Dei factam. Alii posuerunt omnes animas ex anima Ade factas ?.

(3) L. Baur, Die philosophischen Werke des R. G. (nei ? Beitrage z. Gesch. d. Philos. d. Mittel.? IX, 1912) p. 242 nota 1; dissertazione, pp. 113 120; testo pp. 242-274.

(4) Hebrdische Uebersetzungen, Berlino 1889, p. 476. (5) P. G. Meersseman, Introductio in Opera Omnia B. Alberti Magni,

Bruges 1931, p. 41 e p. 78. II De potenciis Anime e assai probabilmente opera di Walter Burley (f c 1343).

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Una citazione assai importante del Lincolniensis de Anima tro viamo nel commento di Guglielmo de Ware (fiorito in Oxford verso il 1290) ai LibrL Sententiarum (1); un'altra e nel Trialogus di Wychlif (2).

Pochissime sono quindi le notizie intorno a quesfopera e alia sua attribuzione al vescovo di Lincoln: eppure il Thomson crede, malgrado i dubbi del Baur, che gli si debba attribuire in modo definitivo (art. cit. p. 203). A questa attribuzione egli cerca di ar rivare non con l'esame dello stile (che potrebbe trarre in inganno perche la tradizione manoscritta e spesso suscettibile di molte

rnanipolazioni) ne con quello del contenuto (difficile e talora peri coloso per il rapido sviluppo del pensiero in certi filosofi), ma con l'esame paleografico del ms. Digby 104. La conclusione e che si notano nella scrittura indubbie caratteristiche del sec. XII e nello stesso tempo traccie dell'influsso del gotico del principio del sec. XIII! quindi ? e difficilmente possibile che il ms. sia stato scritta dopo la prima decade del sec. XIII; ma non e neppure

probabile che sia stato scritto prima del 1180-90 ? (art. cit. pp. 205

206). Ora, poiche Roberto Grossatesta nacque verso il 1175-80 e noi non possiamo supporre che egli sia giunto a tanta maturita

di pensiero quale si manifesta nel De Anima prima dell' eta di 25 anni, si deve porre il terminus a quo della composizione del trattato verso il 1205-1210. Ancora: il Grossatesta studio a Parigi per un certo periodo di tempo, verso il 1209, e la sua permanenza in quella citta gli dovette dare l'opportunita di diventare famigliare con la letteratura della Summa e della Questio in voga cola dalla seconda meta del sec. XII e sul cui modello il trattato De Anima e costruitp. ? L'opera sembrerebbe dunque essere il diretto risul tato del soggiorno parigino, e forse fu scritta proprio durante il

tempo di studio a Parigi; questo argomento porrebbe la data della

composizione del trattato in accordo con le prove paieografiche del ms. Digby ? (art. cit. p. 206). Segue un esame delPattribuzione

gia riferita in alto al f. la del codice: come le si puo attribuire

grande forza probativa se fu scritta alia fine del sec. XIV o addi rittura al principio del XV come riteneva il Baur ? II Thomson e convinto che il dotto tedesco si sia sbagliato di molto e non esita

(1) v. Lechner, Beitrdge zum mittelalt. Franziskanersckrifttum vor nehmlich der Ox/order Schule des 13/14 Jahrh., auf Grund einer Floren tiner Wilhelm von Ware-Hs. (nei ? Franziskanischen Studien ? 1932, II p. 100); Thomson, art cit p. 207.

(2) ed. G. Lechler, Oxford 1869, p. 113.

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a porre la scrittura nel secondo terzo del sec. XIII: lo scriba che notd Fattribuzione puo dunque bene essere stato un piu giovane contemporaneo del grande vescovo (art. cit. pp. 206-7): in tale caso Pattribuzione ha grande valore e molte maggiori probability di rispondere al vero.

La conclusione del Thomson e precisa: il trattato De Anima e opera sicura di Roberto Grossatesta, ed e inoltre, con ogni pro bability la sua prima opera.

Esaminiamo ora un po' questo risultato che sarebbe certamente di grande valore se si potesse prendere come sicuro principio del Pattivita filosofica di Roberto. L'argomento paleografico su cui si e basato il Thomson presenta gravi pericoli; e infatti estremamente difficile poter datare con tanta precisione un codice che non porta alcuna data, sia pure in un periodo in cui Pinizio del gotico puo dare buoni elementi di identificazione. Basti ricordare la famosa

questione sul codice padovano Antoniano XIX, 421 attribuito al sec. XII dallo Josa e dal Mandonnet (che pero non lo deve aver

veduto) e rivendicato al sec. XIV dallo Haskins dopo un minuto esame paleografico (1). II Thomson stesso deve accontentarsi di affermazioni molto generiche nei riguardi di quei determinati segni che gli servono a datare il manoscritto. Egli dice, ad esempio, che la doppia linea trasversale nella N maiuscola e piu comune nel sec. XII che nel XIII: ed e vero; ma non e poi tanto rara in que st'ultimo: valga come prova il cod. padovano Antoniano XIV, 322 contenente parecchie opere di Gioacchino da Fiore fra cui i Tractatus super quatuor Evangelia editi recentemente da E. Buo naiuti (2) che risale alia meta del XIII ed e pieno di tali N con due traverse. Altre particolarita che il Thomson indica: la / sopra il p per prima; la a sopra il q per quas; la legatura ct e 5/ (ct, ft); il segno 7 per est, etc. si trovano spesso in pieno secolo XIII: si vedano per le abbreviazioni di prima e quas il cod. Ottobon. lat. 532, scritto nel 1250 (3), per la legatura st PUrbinate lat. 206 scritto fra il 1240-1254 (4); per la legatura ct ed anche per st \\ Vatic, lat. 2412 del 1258 (5); per il segno 7 = est il cod. Na

(1) M. Grabmann, Mittelalterliches Geistesleben, Monaco 1926, p. 28. (2) Nelle ? Fonti per la storia cT Italia ? a cura dell'Istituto Storico

Italiano, Roma 1930.

(3) Exempla scripturarum edita consilio et opera Procuratorum Biblio thecae et Tabutarii Vaticani, Fasc. I: Codices latini saeeuii XIII, tavola 1K

(4) Exempla Scripturarum, Fasc. I tav. 10.

(5) Exempla Scripturarum, Fasc. I tav. 13.

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INTORNO AD ALCUNE OPERE DI ROBERTO GROSSATESTA

polet. VIII. O. 4 nel quale sono pure assai frequenti anche le altre abbreviazioni qui sopra notate: e che e senza dubbio posteriore al 1253 poiche contiene la versione greco-latina dell'Etica a Nico mano con i commenti di Eustrazio, Aspasio, Michele d* Efeso e P Anonimo fatta da Roberto Grossatesta fra il 1240-1250.

Certo, guardando il codice Digby (e ce lo permette di fare una bella riproduzione fotografica del f. la che il Thomson pub blica in testa al suo articolo) si ha la netta impressione di trovarsi di fronte ad una mano della prima meta del sec. XIII: ma ad una

determinazione maggiore non scenderei, anche per non sembrare di forzare Pargomento perche venga a combaciare con la data del

soggiorno parigino del Grossatesta. II quale soggiorno, poi, e tutt'altro che sicuro (1); io mi auguro

davvero che il Thonson abbia potuto trovare delle prove e non

soltanto degli indizi, per la sua recisa affermazione; perche Posta colo da vincere ? Passoluto silenzio dei documenti delPUniv. di

Parigi (2) ? e cosi grande che soltanto con dati di fatto puo es

sere superato: altrimenti il soggiorno parigino di Roberto Gros satesta dovra restare, come finora e stato, una seducente ipotesi ma nulla piu.

Pienamente d'accordo sono invece nelP attribuire al sec. XIII la scrittura in alto al f. la che attribuisce P'opera al vescovo di

Lincoln; P epiteto di beatus che gli e dato non deve stupire quando si conosca la fama di santita che accompagno Roberto alia tomba (3).

Dunque? L'attribuzione del De Anima al Grossatesta mi pare sicura; e la testimonLanza di Guglielmo de Ware e di grande va

lore per questa certezza. La data di composizione: 1205-1210, stabilita con Pesame pateografico del ms. Digby mi pare assai in certa: non e, comunque, da prendersi come punto di partenza per ulteriori deduzioni senza grave pericolo.

(1) II Bulaeus, Mist. Univ. Paris., Parigi 1665-73, vol. Ill pp. 260 e 709 al quale il Thomson si richiama (art. cit. p. 206) non da alcuna prova della sua affermazione che Roberto abbia studiato e si sia laureato a Pa

rigi; v. E. Franceschini, R. Grossatesta, etc. p. 3.

(2) Denifle-Chatelain, Chartularium Univer. Parisienstsy Paris I

(1899); Franceschini, op. cit., pp. 2-3.

(3) E. Franceschini, op. cit. pp. 6-7.

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II.

A queste notizie critiche il Thomson fa seguire (pp. 208-13) un riassunto delFopera che si compone di died Questiones, dimo strando inoltre, contro il Baur, che il trattato -

quale ci e offerto dal ms. Digby deve essere considerato completo e non mutilas in fine. Ma ci interessa ancora piu la ricerca che FA. fa, dopo la

parte riassuntiva, sulle fonti che servirono a Roberto per la com

posizione dell'opera (pp. 215-21). II sapore fortemente agostiniano dello scritto si rivela fino

dalle prime proposizioni. II vescovo di Ippona vi e citato espres samente ben quarantadue volte. Otto volte e citato pure il De Orthodoxa Fide di Giovanni Damasceno in quella traduzione di

Burguridio Pisano che Roberto piu tardi rimaneggio (1). Beda e citato tre volte (una In Pentat Comment, e due la Exposit. in Lucae

Evang.) Didimo (De Spir. Sancto) e Boezio (Liber de persona et Duabus Naturis, e De Trinitate) due, Gregorio Magno (Moralia) Pietro Lombardo (Sententiarum libri IV) e lo Pseudo-Dionisio

(De Divinis Nominibus) una sola volta ciascuno. E Aristotile? Sorge infatti naturale il problema sui rapporti

fra questo De Anima di Roberto Grossatesta e il famoso trattatcj omonimo dello Stagirita. Aristotile, secondo il Thomson, e citato dieci volte: e sei di queste citazioni provengono dal De Anima (2). Di quale traduzione del V opera fece uso Roberto? Un calzante raffronto (p. 216) dimostra che egli adopero non la versione arabo latina ma quelPantica traduzione dal greco che era nota gia verso la fine del sec. XII.

Delle altre quattro citazioni aristoteliche due sono derivate dai libri della Fisica (IV, 4, 212 a 21 ; I, 2, 185 b 8) e due dalle

Categorie (cap. 5 e cap. 8). In tutte lo Stagirita e espressamente nominato o indicato col solito appellativo di philosophus.

(1) Franceschini, op. cit. pp. 40-42.

(2) II De Anima fu tradotto dalParabo, insieme con il commento di Averroe, da Micbele Scotto, probabilmente verso il 1220-25. Ma gia alia fine del sec. XII correva dell'opera una traduzione completa dal greco che fu piii tardi rimaneggiata forse da Guglielmo di Moerbeka. Vedasi in generale: M. Grabmann, Forschungen iiber die latetntsch. Aristotelesii bersetzungen des XIII. Jharhs. (nei ? Beitrage zur Gesch. d. Philos. des Mittelalt.? XVIII, 5-6 (Monaco, 1916) pp. 190-8; C. H. Haskins, Studies in the History of Mediaeval Science, 1927, pp. 278-9.

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INTORNO AD ALCUNE OPERE DI ROBERTO GROSSATESTA

Ma, a ben guardare, non si riducono soltanto a queste le de rivazioni aristoteliche: molte altre ve ne sono senza che ne venga indicata la fonte. Per esempio, le seguenti, alcune delle quali non sono riuscito a identificare:

Ediz. Baur, p. 251, 20: ? Duo opposita non sunt in eodem subiecto ? (1) p. 254,8: ? Totum dupliciter dictum_alio modo totum est cui

nihil deest et sic totum et perfectum idem sunt? (2) p. 257, 36: ? 5/ quidquid est, aut est substancia aut accidens ? (3) p. 259, 12: ? Temp us est mensura motus ?

p. 260, 33: ? Habitus plus recepit diversitatem a materia circa quam est, quam potentia; unde in eadem potentia sunt diversi ha bitus ?

p. 264, 36: ? Intellectus_est actus virtutis intellective ?

p. 265, 7 20: ? Una est potentia que in omnibus vult vel appetit suum delectabile_ Duplex est appetitus et duplex voluntas ?

p. 267, 18: ? Omnis vis, eo modo quo appetit suum delectabile, cognoscit illud ?

p. 270, 15: ? Destructo medio et destruitur idem quod per ilium medium est in aliquo ? (4)

p. 274, : ? Et ideo dicitur quod concupiscentia in adultis est prin cipium peccati. Concupiscibilitas vero in parvulis ? (5).

(1) Nelle inedite Rationes super Predicamenta Aristotelis composte da Giovanni Pago fra il 1230-1240 (v. E. Franceschini, Giovanni Pago, etc.

in ? Sophia > II, 1-2, 1934, pp. 172-182 e contin.) trovasi V attribuzione

specifica di questa frase ad Aristotile: cod. Padov. Bibl. Univ. 1589 (= P), f. 63 ra; Migne, Patr. Lat vol. LXIV (= M) c. 271 C.

(2) Pago, Rationes, etc. P f. 54 ra: ? Et dicendum quod totum et per fectum idem, scribitur in phisicis ... ?.

(3) Pago, Rationes, etc. P f. 40 va: ? omne quod est, aut est substantia

aut accidens ?; Boezio : ? Omnis autem res aut accidens est aut sub

stantia ?: M. 192 A.

(4) Pago, Rationes, etc. P f. 29 ra: < dicit (Arist.) quod destructis

primis destruuntur alia que sunt in ipsis ?; M. 184 B.

(5) Qui pare una derivazione faM Ethica vetus: ? Nomen autem g in continence ad pueriiia transferimus peccata > (C. Marchesi, V Etica M comachea nella tradizione tatina medievale, Messina 1904, p. XXV, 1. 8). Anche la distinzione dei modi di usare ? esse in ? non deriva solo dalle

Categorie, 5, ma anche dai libriphysicorum: Pago, Rationes, etc. P f. 26va: < Ad primum dicendum quod esse in dicitur multis modis, quos modos

ponit Arist. in quarto phisicorum; etc. ?.

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EZIO FRANCESCHINI

La principale di queste derivazioni, la definizione del tempo, e tratta dal quarto dei Physicorum llbri e precisamente dalla trans late vetus dal greco di quest' opera.

Infatti mentre la versione arabo-latina di Michele Scotto rende il testo aristotelico con lafrase: ?Et quia tempus mensural molum et nioveri ? Tanonima traduzione dal greco ha: ? Quoniam autem

tempus est mensura motus ipsiusque moveri ...? (1). Nel De Anima di R. Grossatesta la definizione e riportata con le medesime pa role: ? Tempus est mensura motus ? (ediz. Baur, p. 259, 1. 12). Ora se, malgrado la brevita della frase, noi riconosciamo la dipen denza dei due testi, e se l'opera del vescovo di Lincoln e da porsi, come vuole il Thomson, verso il 1205-10, ci troveremmo di fronte ad una delle piii antiche testimonianze letterarie delPesistenza di una traduzione greco-latina della Fisica neiroccidente (2).

(1) E il cap. VI del libro IV: v. Aristotelis opera cum commento Aver rois, Venetiis apud Juntas, 1550, vol. IV, p. 87 rb.

(2) Dei Physicorum libri esistono due traduzioni dalParabo, la prima (Incipit: ? Quoniam dispositio scientie et veritatis .. ?) e opera di Ghe rardo da Cremona (f 1187); la seconda (Incipit: ? Quoniam dispositio scientie et certitudinis ... ?) compiuta insieme con il commento di Aver

roes si deve forse attribuire a Michele Scotto (f 1236). Da*l greco ne esi stono tre: a) una translatio vetus (? Quoniam intelligere et scire circa

omnes sciencias accidit ... tune enim cognoscere unumquodque opina mur ...?) di autore ignoto; b) una translatio nova (? Quoniam intelligere et scire circa omnes sciencias contingit ... tune enim cognoscere unum

quodque arbitramur ... ?) che e un rifacimento della vetus dovuto forse

a Guglielmo di Moerbeka (f 1286); c) una translatio -che si suole chiamare vaticana perche contenuta nel cod. lat. Regina 1885 (? Quoniam agnoscere et scire circa methodos omnes accidit ..., unumquodque cognoscere pu tabimur ... ?: Grabmann, op. cit. p. 175; Haskins, op. cit. p. 224) pero frammentaria non estendendosi al di la dei primi due libri: ma il cod. Vaticano e sicuramente del sec. XII. Si noti che la traduzione edita nelle Arist. opera cum comment. Averrois, Venetiis, apud Juntas, 1550 vol. IV p. 4 sgg. ha questo incipit: ? Quoniam cognoscere et scire contingit circa omnes methodos quarum sunt principia aut cause aut elementa ex horum

cognitione, tune enim putamus cognoscere unumquodque cum causas

primas cognoverimus et principia prima, etc. ? che non corrisponde con esattezza ne alia transl. vetus ne alia nova ed e invece assai vicino alia

transl. Vaticana. Non posso qui studiare la questione: mi basta per ora

segnalarla.

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INTORNO AD ALCUNE OPERE DI ROBERTO GROSSATESTA

III.

Al De A/iima segue, nel codice Digby, copiato dallo scriba, un paragrafo il cui contenuto si stacca nettamente dal trattato che lo precede. U inizio: ? Summa cognicionis nature. Dubitatur hie si sciencia naturalis non transcendit corpora ... etc. ? dice subito agli studiosi delle opere aristoteliche nel Medio Evo che si tratta di un commento alle prime righe del De caelo et mundo nel l'antica traduzione arabo-latina di Ghelardo Cremonese (f 1187) (1).

Osserva giustamente il Thomson (p. 220) che non c' e motivo di

supporre che si tratti di un'opera di autore diverso da quello del De Anima: si tratta cioe di uno scritto di Roberto Grossatesta. L/ ipotesi e ridotta quasi a certezza dal fatto che noi sappiamo che Roberto di Lincoln tradusse i due primi libri del De caelo di Aristotile: lo affermano delle preziose glosse notate dal Lacombe e dal Thomson stesso nel cod. Vatic. Lat. 2088 (2). 11 commento si riduce a poche proposizioni (tutte edite dal T. a pp. 218-9) ma e molto interessante perche vi troviamo citata non solo la

Fisica di Aristotile, ma anehe la Metafisica e V ? expositor in XI? Prime Philosophic ?, cioe il commento di Averroe alia Metafisica.

Saremmo quindi di fronte ad uno dei primi, se non al primo esplicito riferimento alia versione arabo-latina della grande opera dello stagirita (3). Questa versione, pervenutaci nei mss. sempre congiunta con quella del commento di Averroe, si sa con certezza risalire a data anteriore al 1243: e veniva finora attribuita alPuno o alPaltro dei due grandi traduttori dalParabo: Gherardo Cremo nese e Michele Scotto (fl. 1217-1235). Per il Thomson: ? la pre senza nel ms. Digby di uno specifico riferimento al libro XI della

(1) II Ospt oupotvou giunse all'occidente in due traduzioni arabo-Iatine, la piu antica di Gherardo da Cremona (*Summa cognicionis nature ...?), la piu recenie di Michele Scotto (? Maxima cognitio nature ...?); e in una greco-latina, opera probabilmente di Guglielmo de Moerbeka (vedi Grabmann, op. cit. pp. 174-7).

(2) Franceschini, op. cit. pp. 57-60.

(3) Per gli ultimi risultati circa la discussa questione delle versioni latine della Metafisica vedasi P. Pelster, Die griechischlateinischen Me

taphysikiibersetzungen des Mittelalters, nei ? Beitrage zur Gesch. d. Philos. d, Mittelalt. ? Supplementband II (Munster i. W. 1923) pp. 89-118 e le conclusioni del Birkenmajer in Ueberweg-Geyer, Gesch. d. Philosophic, Zweiter Teil (Berlin, 1928) ? 30, p. 346.

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EZIO FRANCESCHINI

Metafisica rinforzerebbe la probability che la traduzione fosse opera di Gherardo da Cremona perche Michele Scotto non era allora attivo tanto che una sua traduzione potesse essere adoperata dal Pautore del De Anima e del frammento di commentario al De caelo ? (p. 221).

II ragionamento e legittimo: ma e sempre basato sulla data zione del codice Digby; e tale base mi pare troppo incerta per negare allo Scotto la paternita della traduzione della Metafisica. Tanto piu che e noto come questo traduttore si sia dedicato par ticolarmente alle versioni degli scritti di Averroe (1).

La via da seguire per arrivare a conclusioni certe e un' altra, lunga e difficile: ricercare, cioe, sulla base di versioni sicure, di stabilire e fissare le differenze fra le traduzioni di Gherardo e

quelle di Michele: e le loro peculiarita. Altrimenti bisognera at tendere nuove testimonianze in citazioni di autori del tempo o accontentarsi di ipotesi (2).

(1) R. de Vaux, La premiere entree dy Aver roes chez les latins (in ? Revue des Sciences Philosophiques et Theologiques ? XXII, 1933, pp. 193

245) nega che la versione arabo-latina della Metafisica con il commento

di Averroe possa essere di Gherardo Cremonese. Se il traduttore e dunque Michele Scotto, questo frammentario commento al De Celo deve essere posto almeno dopo il 1220.

(2) Anche nel frammento del De Caelo v'b una citazione di Aristotile sfuggita al Thomson: ? Adhuc si natura est principiam motus et quietis

corpora naturalia sunt in quibus contingit inesse et motum et quietem et sola talia ?. Si tratta di un passo della Fisica (1. II cap. I); ma in quale traduzione ? Non piu in quella greco-Iatina antica che vedemmo adope rata nel De Anima, ma in quella arabo-latina di Gherardo Cremonese.

Difatti: a) transl. gr.-lat. =

que enim natura sunt omnia videntur habere

in seipsis principiam motus et status ... (ediz. Giuntina cit., 1550, vol. IV

p. 23); b) transl. arab.-lat. vetus = quoniam in unoquoque istorum est

principium motus et quietis ... (ibidem). Roberto di Lincoln fece dunque uso di entrambe le antiche versioni.

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