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Intervento del dr. Vito Misino di Verona – [email protected] 1 A.N.F. - ASSOCIAZIONE NAZIONALE FORENSE Via IV Spade, 16 – 37121 Verona - Tel. 045.8002311 – Fax. 045.8009931 - e-mail [email protected] www.anfverona.it Seminario di aggiornamento D.Lgs. 20 febbraio 2004 n. 56 LA NUOVA NORMATIVA “ANTIRICLAGGIO” Adempimenti e responsabilità per professionisti legali e operatori finanziari Martedì 20 aprile 2004 ore 17 SALA CONVEGNI BANCO POPOLARE DI VERONA Via S. Cosimo, 10 – Verona Introduce e coordina: Avv. Carmine Rossi , Segretario A.N.F. – Verona Interverranno: Avv. Dario Finardi, Avvocato in Verona, Inquadramento generale e conseguenze per le professioni legali. Dott. Vito Misino, Dottore Commercialista in Verona, Sindaci, Revisori e attività di assistenza contabile tra normativa antiriciclaggio e controllo legale dei conti. Esemplificazioni pratiche Dott. Cristiano Casalini, Notaio in Minerbe, Normativa “antiriciclaggio” e attività notarile . CON IL PATROCINIO SI RINGRAZIA: Ordine degli Avvocati di Verona BANCA POPOLARE DI VERONA GRUPPO BANCO POPOLARE DI VERONA E NOVARA

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A . N . F . - ASSOCIAZIONE NAZIONALE FORENSE

V i a I V S p a d e , 1 6 – 3 7 1 2 1 V e r o n a - T e l . 0 4 5 . 8 0 0 2 3 1 1 – F a x . 0 4 5 . 8 0 0 9 9 3 1 - e - m a i l i n f o @ a n f v e r o n a . i t

w w w . a n f v e r o n a . i t

Seminario di aggiornamento

D.Lgs. 20 febbraio 2004 n. 56 LA NUOVA NORMATIVA “ANTIRICLAGGIO”

Adempimenti e responsabilità per professionisti legali e operatori finanziari

Martedì 20 aprile 2004 ore 17

SALA CONVEGNI BANCO POPOLARE DI VERONA Via S. Cosimo, 10 – Verona

Introduce e coordina: Avv. Carmine Rossi, Segretario A.N.F. – Verona Interverranno: Avv. Dario Finardi, Avvocato in Verona, Inquadramento generale e conseguenze per le professioni legali. Dott. Vito Misino, Dottore Commercialista in Verona, Sindaci, Revisori e attività di assistenza contabile tra normativa antiriciclaggio e controllo legale dei conti. Esemplificazioni pratiche Dott. Cristiano Casalini, Notaio in Minerbe, Normativa “antiriciclaggio” e attività notarile. CON IL PATROCINIO SI RINGRAZIA:

Ordine degli Avvocati di Verona

BANCA POPOLARE DI VERONA GRUPPO BANCO POPOLARE

DI VERONA E NOVARA

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Intervento del dr. Vito Misino – Dottore Commercialista in Verona

1. ORIGINI E FINALITA’ DELLA ESTENSIONE NORMATIVA ANTI RICICLAGGIO ALLE CATEGORIE

PROFESSIONALI DI AVVOCATI, NOTAI, COMMERCIALISTI E CONSULENTI DEL LAVORO. 5

2. DATI SULL’ESPERIENZA ITALIANA FORNITI DAL MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

9

3. ESEMPLIFICAZIONI PRATICHE SU TECNICHE DI RICICLAGGIO 14

4. DISPOSIZIONI NORM ATIVE DI RIFERIMENTO 19

Le disposizioni previste dal Decreto Legislativo 56/2004 19 Le disposizioni penali 23 Il segreto professionale 30 Le operazioni sospette 32

5. LA POSIZIONE ASSUNTA DAI COMMERCIALISTI 34

L’attività di Revisione contabile. 34 L’assistenza professionale in genere. 39

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3

INTRODUZIONE

Nel ringraziare l’Associazione Nazionale Forense per questo immeritato invito a

rappresentare la mia categoria professionale al presente convegno il cui tema è

rappresentato dal Decreto Legislativo 56/2004, devo sin da subito rappresentare

un sentimento di disagio.

Disagio che sovviene, anche nell’esperienza comune, quando invitati ad una festa,

ci si sente un po’ fuori luogo in ragione dell’abbigliamento adottato magari non

consono al tenore e allo stile dei partecipanti.

Questo disagio sovviene, nell’affrontare la materia oggetto del dibattito, man

mano che l’approfondimento porta alla sensazione di trovarsi di fronte ad un

provvedimento le cui origini di scopo sono di una ben determinata, per quanto

ampia, tipologia di crimine e che trasuda invece l’intento di perseguire altre e più

allargate finalità di contrasto all’evasione fiscale coinvolgendo direttamente le

categorie professionali.

In altri termini esistono almeno tre indizi rispetto ai quali può fondarsi il timore di

un utilizzo << tributario >> della normativa rispetto all’oggetto principale del

suo operare che dovrebbe essere quello di perseguire altre categorie di crimine.

Agata Christie affermava che tre indizi costituiscono già una prova e, nel nostro

caso, non pare difficile individuare il movente visto che la legislazione e l’impegno

dell’Amministrazione di questi ultimi anni si sono orientati sempre con più

determinazione a recuperare una parte importante dell’economia sommersa.

L’alibi è ovviamente rappresentato dalla meritoria volontà di perseguire il crimine

organizzato.

La vittima, trattandosi di una questione di diritto, è un bene giuridico sulla tutela

del quale, tuttavia, non abbastanza si sono prese le difese: si tratta del bene

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rappresentato da un sereno svolgimento delle professioni giuridico-economico-

contabili minacciato da dilatazioni di responsabilità che appaiono eccessive.

Spero di poterVi quindi condurre con adeguatezza nella lettura di questo <<

giallo >> dove si parlerà di ambienti, di computer e, ovviamente, di delitti e

colpevoli.

I tre indizi di cui dicevo sono i seguenti:

q La legge antiriciclaggio ha sempre avuto quale sua sponda di riferimento

quella sul monitoraggio fiscale1. La stessa legge antiriciclaggio fa pendant con

gli organi tributari laddove, all’art. 3, IV comma, lettera f), è prevista la

segnalazione al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria i cui poteri sono estesi ai

Nuclei Regionali e Provinciali della Guardia di Finanza.

q L’estensione prevista dal D. Lvo. 56/2004 alle categorie professionali sino al

<< consulente del lavoro >>;

q La mancanza di individuazione di un perimetro d’azione per la categoria dei

commercialisti a differenza di quanto previsto per notai e avvocati come già

rilevato dall’avvocato Dario Finardi che mi ha preceduto.

Ciò detto occorre procedere con ordine.

Il nostro << giallo >> ambienta la sua scena iniziale in uno studio parigino dove

ha sede il GAFI.

1 D.L. 167/1990 che prescrive, anche in questo caso e nelle ipotesi previste, la segnalazione all’UIC

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1. ORIGINI E FINALITA’ DELLA ESTENSIONE NORMATIVA ANTI RICICLAGGIO ALLE CATEGORIE PROFESSIONALI DI AVVOCATI, NOTAI, COMMERCIALISTI E CONSULENTI DEL LAVORO.

Le autorità internazionali preposte ai controlli2 volti a contrastare il riciclaggio, nel

corso del decennio, ma soprattutto in questi ultimi anni, hanno denunciato

all’attenzione delle autorità politiche un costante comune presente nelle varie

ipotesi di riciclaggio: questa ricorrenza è rappresentata dalla partecipazione di

avvocati, notai, contabili e altri professionisti intellettuali nella formazione e/o

nella gestione dei complessi meccanismi creati per il riciclaggio di denaro.

Questa circostanza ha portato quindi alla necessità di voler regolare questa <<

porta aperta3 >> alle attività illecite attraverso la quale è attuato il riciclaggio4.

In buona misura pare potersi affermare che gli sforzi condotti negli anni volti a

introdurre presidi capaci di individuare dette attività illecite ha determinato i

criminali ad elaborare meccanismi di volta in volta sempre più articolati e

complessi.

Se è pur vero che gli studi internazionali e nazionali5 confermano come la parte

prevalente delle transazioni sospette siano ancora effettuate in contanti, è altresì

verificata la circostanza che negli ultimi anni i riciclatori hanno dimostrato una

spiccata attitudine ad avvalersi dei nuovi strumenti informatici e, soprattutto,

delle più evolute forme tramite le quali è possibile regolare transazioni di natura

finanziaria tramite Internet.

2 Principale riferimento è il GAFI (Groupe d’Action financière sur le blanchiment de capitaux con sede a Parigi, costituito dal vertice del G7 nel lontano 1989, il cui acronimo inglese è FATF (Financial Action Task Force on Money Laundering). Si tratta di istituzione intergovernativa i cui compiti e finalità sono lo sviluppo e la promozione di efficaci politiche antiriciclaggio. 3 La definizione di << porta aperta >> alle attività illecite è data dagli stessi rapporti del GAFI 4 Gli standard fissati dal GAFI sono obbligatori per tutti i paesi membri chiamati a predisporre immediatamente un programma di lavoro per applicare questi standard. 5 Relazione del Ministro dell’Economia e delle Finanze al Parlamento per l’anno 2002 sulla legge antiriciclaggio.

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6

Sempre nell’ambito degli studi volti ad approfondire il fenomeno, e soprattutto la sua

metamorfosi, il GAFI ha accertato come, consapevolmente o a loro insaputa, le categorie

professionali possono assolvere a diverse funzioni suscettibili d’aiutare i criminali aventi

disponibilità finanziarie nel riciclarle o a dissimularle.

Valga il seguente prospetto ricavato direttamente dalle pubblicazioni del GAFI in cui sono

evidenziate le attività suscettibili di essere strumentalmente destinate al riciclaggio di denaro

proveniente da attività illecite.

AVVOCATI CONTABILI

Assistenza legale in genere Assistenza finanziaria

Disposizioni testamentarie Verifiche contabili

Transazioni immobiliari Pianificazione fiscale

Servizi d’investimento Contabilità

Attività fiduciaria Creazioni di società

Amministrazioni di società Amministrazioni di società

Introduzioni presso banche e istituzioni Introduzioni presso banche e istituzioni

E’ precisato dagli stessi organismi internazionali che non tutte queste funzioni

hanno le medesima potenzialità a prestare assistenza alle attività criminose.

Nella prassi le funzioni più utilizzate dagli effettivi o potenziali riciclatori sono

risultate le seguenti:

q Creazione di strutture societarie o altre architetture giuridico-formali per lo

più dirette ad infrangere il legame tra il prodotto di un’attività illecita e il suo

autore;

q Acquisto e vendita di beni immobili in quanto notoriamente si tratta di un

sistema che serve sia per <<coprire >> il transfert di fondi illeciti, sia quale

investimento finale del processo di riciclaggio;

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7

q Realizzazione di transazioni finanziarie in cui il professionista sia l’intestatario

fiduciario di depositi utilizzati per la trasformazione in contanti delle attività

numerarie, emissioni e incasso di assegni, acquisto e vendita di azioni, invio e

ricevimenti di giroconti da conto a conto;

q Consigli finanziari e fiscali. In questo contesto i criminali dispongono di

somme considerevoli e si presentano talvolta come clienti desiderosi

semplicemente di ridurre la quota di incidenza tributaria dovuta all’erario o

desiderosi di localizzare le loro attività sempre al fine di r idurre la fiscalità;

q Accesso alle strutture finanziarie e creditizie.

E’ stato anche accertato che per queste attività i criminali non si rivolgono al

professionista in ragione delle sue specifiche competenze, o almeno non solo per

queste, ma si servono di loro in ragione dello status professionale e della

rispettiva credibilità per minimizzare i sospetti che circondano le loro attività

illecite.

Si osservi che si tratta quindi di un approccio assai subdolo che può esporre il

professionista a rilevanti conseguenze a propria insaputa.

Infatti, una semplice presentazione del cliente ad una banca conferisce una certa

credibilità agli occhi della controparte, o all’interlocutore genericamente inteso, in

ragione delle norme etiche proprie della categoria professionale al quale il

consulente appartiene.

Ne deriva, da queste brevi considerazioni, che il professionista appare per lo più

uno strumento a disposizione della criminalità, piuttosto che l’autore o l’artefice

di attività illecite6.

6 Queste considerazioni non sono personali ma sono fatte proprie nel rapporto 2000-2001 del Gafi sulle tipologie del riciclaggio di capitali

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8

Prova implicita di questa considerazione è data dagli studi provenienti dalle

autorità investigative americane.

Coloro che, nella loro veste professionale, partecipano direttamente all’attività di

riciclaggio sono definiti come Gatekeepers.

E’ stato osservato dalle autorità americane che in una giurisdizione in cui insisteva

l’obbligo di segnalare le transazioni sospette che coinvolgevano legali e

consulenti finanziari, solo il 2 % dei rapporti era stato inoltrato dagli stessi

professionisti.

Indicazione, questa, che rende evidente come nella prassi lo strumento di

coinvolgere le categorie professionali nell’obbligo di segnalazione delle

operazioni sospette non pare abbia prodotto i frutti auspicati restando una larga

prevalenza delle segnalazioni che provengono, anche laddove esiste il

coinvolgimento delle categorie professionali, da istituti finanziari per lo più in

presenza di:

q transazioni in contanti fatte sui conti in rapida successione;

q entrate e uscite di fondi che coinvolgevano fonti sconosciute;

q apertura e gestione di conti fiduciari;

q movimenti finanziari che apparivano non compatibili con lo scopo economico

dichiarato.

Questa doverosa premessa occorre per introdurre l’illustrazione di alcune

esemplificazione pratiche sulle tecniche di riciclaggio adottate dai criminali

rispetto alle quali sarà successivamente individuata la << posizione >> che

potrebbe assumere il singolo professionista.

Queste premesse, oltre alle esemplificazioni pratiche che seguiranno, sono dirette

a sensibilizzare i partecipanti a questo convegno ad acquisire una << cultura >>

sul fenomeno del riciclaggio nei suoi vari aspetti. In effetti, il solo testo della

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9

normativa di legge, può rimanere senza alcun riscontro pratico in mancanza di

una quadro di riferimento entro il quale il fenomeno del riciclaggio si sviluppa.

Occorre, inoltre, assumere la piena consapevolezza di quanto i fondi di matrice

criminale, possano alterare il corretto operare di un mercato concorrenziale se

non addirittura essere destinati a sostenere gruppi con finalità terroristiche.

2. DATI SULL’ESPERIENZA ITALIANA FORNITI DAL MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

Sempre al fine di iniziare a sviluppare un background culturale sul fenomeno del

riciclaggio, ed evidenziare quanta attenzione è dedicata al fenomeno da parte

delle autorità preposte, si ritiene utile riportare alcuni dati di carattere statistico

diffusi al riguardo dal Ministero competente.

I controlli effettuati dall’autorità di vigilanza sono così ripartiti:

L’Ufficio Italiano Cambi ha effettuato interventi ispettivi nei confronti di

q 32 intermediari bancari

q 16 intermediari non bancari così suddivisi

q 7 società fiduciarie

q 4 società di intermediazione mobiliare (SIM)

q 4 compagnie assicurative

Interventi del l 'Uff icio I tal iano Cambi

7

441

32

società f iduciar ie

soc ietà in termediaz ionemobi l ia re (SIM)

compagnie assicurat ive

agente d i cambio

Intermediari bancari

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10

q 1 agente di cambio

La Banca d’Italia ha effettuato 197 verifiche ispettive nei confronti di:

- 180 intermediari bancari - 4 società di intermediazione mobiliare - 10 società finanziarie ex art. 107 del D. Lgs. 385/1993 - 3 società di gestione del risparmio (SGR)

L’ISVAP ha svolto accertamenti ispettivi presso

- 4 società assicuratrici operanti nei rami vita e danni

La CONSOB ha segnalato all’UIC

- 2 società vigilate

Il Ministero delle attività produttive ha svolto attività ispettiva nei confronti di

- 8 società autorizzate all’esercizio dell’attività fiduciaria di

amministrazione

Interventi della Banca d'Italia

180

4103

180 intermediaribancari

4 società diintermediazionemobiliare10 società finanziarieex art. 107 del D. Lgs.385/19933 società di gestionedel risparmio (SGR)

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Sempre la stessa fonte riferisce come l’analisi delle risultanze dell’attività ispettiva

svolta nel periodo novembre 2001 – ottobre 2002 evidenzi un sostanziale rispetto

delle disposizioni antiriciclaggio.

Tuttavia, malgrado sia trascorso già un decennio dalla prima introduzione

normativa destinata agli intermediari finanziari, sono stati rilevati:

q Alcuni gravi casi di inadempienza, riguardante maggiormente il settore degli

intermediari non abilitati;

q alcune zone d’ombra relative a carenze nelle procedure organizzative, nonché

a disfunzioni nell’applicazione delle procedure informatiche relativamente agli

obblighi di registrazione dell’Archivio Unico Informatico di Operazioni;

q elementi di criticità per quanto riguarda la formazione del personale in materia

di operazioni sospette7.

Segnalazioni di operazione sospette

L’Ufficio Italiano dei cambi, dal 1997 a tutto il 2002, ha ricevuto circa 25.000

segnalazioni.

Su base mensile il flusso di tali segnalazioni evidenza una crescita costante.

Tale incremento è in parte determinato dall’emanazione da parte della Banca

d’Italia del 12 gennaio 2001 delle nuove “indicazioni operative per le

segnalazioni di operazioni sospette”

Ente segnalante

La maggioranza delle segnalazioni provengono dagli Istituti di Credito come si

evince dal seguente grafico.

7 Si osserva al riguardo che l’art. 8 del Decreto L.vo 56/2004 prevede espressamente che i professionisti debbano istituire misure di controllo interno assicurando un’adeguata formazione dei dipendenti e dei collaboratori

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12

Pertanto il 10% riconducibile agli altri intermediari appare esigua rispetto al

relativo volume di operatività.

Distribuzione territoriale

Le segnalazioni degli intermediari suddivisa in aree geografiche si evidenzia come

segue:

Tipi di operazioni

ENTI SEGNALANTI

0%

10%20%30%

40%50%60%

70%80%90%

100%

ISTITUTI DI CREDITO

ALTRI INTERMEDIARI

42%

18% 18% 17%

5%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

DISTRIBUZIONE TERRITORIALE DELLE SEGNALAZIONI

NORD OVEST

NORD EST

CENTRO

MEZZOGIORNO

ISOLE

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13

Dette segnalazioni riguardano le seguenti operazioni:

q circa il 42% movimentazione di contante (versamenti e prelevamenti)

q oltre il 23% emissione e versamento di assegni bancari e circolari

q circa il 10% disposizione e ricezione bonifici

q circa il 5% negoziazione di valute estere

La raccolta dei dati e la loro analisi ha consentito al Ministero una scansione più

approfondita degli elementi che di volta in volta hanno fatto insorgere il <<

sospetto >> rispetto al quale è seguita successivamente la segnalazione.

Ai fini di questo convegno, e allo scopo di offrire istruzioni pratiche di immediata

spendibilità nel quotidiano, è forse opportuno restare ai numeri forniti dal

Ministero che possono aiutare le nostre categorie professionali a manifestare una

più vigile allerta in presenza di alcune condotte rispetto ad altre.

Gli elementi di sospetto elaborati dal Ministero assumono i seguenti riferimenti

indicativi:

q le operazioni per le quali il soggetto non appare in possesso di un profilo

economico adeguato rispetto all’entità e al numero delle operazioni eseguite;

q l’assenza o l’insufficienza di motivazioni alla base delle operazioni, alla luce di

quanto noto agli intermediari;

q il ricorso all’utilizzo del contante nello svolgimento delle attività di imprese e

società, a volte ricollegabile a fenomeni di evasione fiscale o di distrazione di

fondi da conti intestati a società verso conti personali;

q il frazionamento delle operazioni e l’evidente ricorso a “prestanome”;

q i giri di fondi tra banche al fine di mascherare l’origine dei fondi stessi;

q i soggetti per i quali sia nota l’esistenza di procedimenti giudiziari.

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3. ESEMPLIFICAZIONI PRATICHE SU TECNICHE DI RICICLAGGIO

Prima di sviluppare nel corso di questo convegno alcune rappresentazioni animate

tramite computer di alcune tecniche di riciclaggio giova rappresentare un quadro

definitorio del termine.

Trattandosi di un fenomeno complesso e in evoluzione le definizioni rinvenute

che mi appaiono più adeguate sono quelle che lo traducono come un processo

attraverso il quale il responsabile nasconde o dissimula la fonte illegale, o

l’illegale utilizzo di redditi e proventi di varia natura, allo scopo di poter dare una

rappresentazione successiva degli stessi proventi tali da rappresentarli come

legittimi.

Nella letteratura internazionale il riciclaggio indica il percorso cartolare8 che è

stato seguito dai capitali e che, ricostruito a posteriori dagli inquirenti, consente

di dimostrare il collegamento esistente tra le attività finanziarie oggetto di

riciclaggio e il delitto dal quale queste prendono origine.

Segue la rappresentazione di animazioni9 che illustrano le seguenti tecniche di

riciclaggio:

1. Truffa tramite Internet con il n. 709: truffa o riciclaggio ?

2. Riciclaggio attraverso la prestazione di servizi tramite Internet

3. Simulazione della liceità di proventi per il tramite di certificati di deposito o

titoli legittimamente posseduti;

4. Tecnica di riciclaggio tramite la compensazione di crediti esteri.

8 Nei rapporti anglosassoni e dell’Interpol si usa il termine paper trail 9 Le sequenze animate possono essere richieste al relatore tramite e-mail. Per animare le diapositive procedere in Power Point come segue: Visualizza diapositive – Presentazione - Invio

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Si precisa che le rappresentazione animate presentate non devono essere

divulgate a terzi al di fuori del contesto e degli atti di questo convegno il cui

scopo è esclusivamente quello di rappresentare ai professionisti le moderne

tecniche di riciclaggio con la finalità di poter individuare le operazioni sospette

per le quali sorgerà l’obbligo di legge alla segnalazione.

Ogni divulgazione, rappresentazione, illustrazione resa priva del predetto

contesto di riferimento dovrà ritenersi non consentita.

ÚÚÚ

Elementi costanti negli schemi sopra riprodotti, e che spiegano l’evoluzione

intervenuta nelle tecniche di riciclaggio sono:

q Facilità di accesso tramite Internet: la facilità deve essere intesa anche nel

senso di localizzare ovunque la prestazione di servizi resa on line10;

q La dematerializzazione o spersonalizzazione del contatto tra il cliente

utilizzatore del servizio e la società o l’istituzione << banca >>;

q la rapidità e affidabilità delle transazioni elettroniche.

q La facilità con la quale possono essere attivate società in regioni o in stati a

fiscalità privilegiata rispetto ai quali si accompagna spesso una quasi

impenetrabile discrezione finanziaria11;

Il primo aspetto richiede la conoscenza di alcune tecnicalità legate all’accesso ad

Internet.

10 Proprio l’ultimo documento di Banca d’Italia più volte citato invita gli intermediari bancari a segnalare all’autorità anomali incrementi nel fatturato registrato dalle imprese tramite Internet. 11 L’ultimo aggiornamento che risulta del GAFI sui paesi non collaborativi è il seguente: Bahamas, Cayman Islands, Cook Islands, Dominica, Israel, Lebanon, Lienchestein, Marshall Islands, Nauru, Niue, Panama, Filippine, Russia, St. Kitts e Nevis, St. Vincent e Grenadine.

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Detto accesso passa per una serie di server. Ciascuna connessione a partire da

quella iniziale lascia una traccia, ossia una registrazione del c.d. numero IP, la

data e l’ora della connessione e così via.

Le tappe dei vari passaggi sono disponibili ai server per la creazione degli

schedari d’archivio di connessione.

Se tali schedari sono presenti in ciascuna tappa dei passaggi effettuati, e se

l’utilizzatore dispone di un indirizzo IP fisso, è relativamente semplice risalire

all’operatore iniziale che intrattiene il rapporto con l’utente avendone raccolto gli

elementi identificativi.

Qualche volta, invece, gli archivi delle connessioni non sono mantenuti in una

qualsiasi tappa della << navigazione >> o, le informazioni detenute dal server

sull’utente, sono classificate in quel determinato Paese come confidenziali. In

questi casi può essere molto problematico associare una determinata operazione

ad attività illegali o a individui precisi.

E’ evidente che i ricicltatori sfruttano a loro favore proprio queste inefficienze per

lo svolgimento della propria attività.

Le esemplificazione pratiche superiormente illustrate, in parte ricavate

direttamente dalle pubblicazioni del GAFI o del FATF, hanno posto in evidenza di

come il professionista in genere, ma il commercialista in particolare, possa essere

strumentalizzato per il perseguimento di finalità illecite in quanto conscio solo di

una fase limitata dell’intera articolazione creata ai fini di riciclaggio.

A questo punto della trattazione occorre riferire come, ritornando allo specifico

tema di questo convegno, la normativa antiriciclaggio e la sua estensione alle

categorie professionali in argomento, incida sulla professione del commercialista.

Infatti, proprio le rappresentazioni grafiche sopra illustrate pongono in evidenza

che:

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17

q operazioni viste da un punto di vista limitato e particolare non denotano di per

sé alcun sospetto. Solo la visione d’insieme può evidenziare, ex post, di come

una singola fase del circuito appartenga ad un ben congegnato disegno

criminoso volto al riciclaggio di proventi illeciti;

q l’attività di riciclaggio è un fenomeno tutt’altro che statico. Si trasforma e si

adegua alla luce delle opportunità offerte dalla tecnologia12 e dalle insidie che

interpone lo sviluppo normativo nazionale e internazionale;

q In ragione dell’illustrazione, per quanto semplificata, del fenomeno e

considerando che l’evoluzione normativa ha, quale sua presupposto, proprio la

constatazione che i riciclatori hanno via via attivato procedure più complesse

per superare la << ragnatela >> rappresentata dal sistema finanziario, è

verosimile pensare che lo stesso accadrà per il futuro.

In altri termini lo scrivente ritiene che i gatekepeers adotteranno proprie

contromisure per superare l’evoluzione normativa in argomento e

specificatamente:

q frazionando in più fasi e in diverse articolazioni societarie e finanziarie

l’attività di riciclaggio;

q interponendo, ove possibile, un’attività economica del tutto lecita atta a non

destare sospetto per i suoi movimenti finanziari che potrebbero provenire o

indirizzarsi in paesi extra territoriali rispetto alla UE;

q affidando ai professionisti legali, contabili e di revisione sempre una visione

molto limitata del complesso raggio d’azione delle attività illecite.

Temo, purtroppo, che le conseguenze saranno rappresentate da un incremento

della situazione di rischio al quale resterà esposto il singolo professionista senza

che questi abbia l’oggettiva possibilità di rilevare alcunché di sospetto.

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18

12 Si considerino anche le nuove opportunità rappresentate dalla tecnologia WAP e dalle carte di credito pre-pagate.

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4. DISPOSIZIONI NORMATIVE DI RIFERIMENTO

Le disposizioni previste dal Decreto Legislativo 56/2004

Già l’avvocato Finardi che mi ha preceduto ha illustrato quelli che sono i dati

salienti della normativa, le sanzioni amministrative ivi previste, il rinvio

dell’entrata in vigore delle norme sino alla emanazione del regolamento

ministeriale.

In pura linea astratta13 occorre riferire che il << consulente >> in genere, ma il

commercialista in particolare, dovrebbe approntare un sistema interno allo studio

volto a:

q raccogliere informazioni sulla situazione economica, finanziaria e tributaria del

cliente e sui soggetti che sono allo stesso collegati;

q evidenziare i legami di lavoro, contrattuali, finanziari e commerciali intrattenuti

con terzi;

q istruire e propri collaboratori, magari addetti direttamente alle registrazioni

contabili, a segnalare circostanze che possano essere rilevanti ai fini della

normativa in argomento14;

q identificare, registrare e conservare i dati raccolti.

q Gestire il criterio informativo e informatico per le ipotesi frazionate consistenti

in molteplici transazioni ciascuna d’importo inferiore ai 12.500 euro.

L’auspicio, nel contesto degli adempimenti che dovranno essere soddisfatti, è che

si dia una effettiva attuazione ad alcune disposizioni contenute nel Decreto

13 Occorre , infatti, mantenere ferma ogni conclusione in attesa del regolamento di attuazione. 14 Si pensa ad una non adeguata movimentazione del conto << cassa contanti >> o di alcune poste contabili accese per registrare i rapporti dare avere con l’amministratore e i soci.

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Legislativo 56/2004 su istruzione non tanto di qualche professore universitario,

ma da chi abbia almeno una minima esperienza di vita vissuta all’interno di uno

studio professionale.

Ci si riferisce alle parti del testo normativo in cui si afferma che si << avrà

riguardo alle peculiarità operative dei soggetti obbligati, all’esigenza di contenere

gli oneri gravanti sui medesimi15…..ecc>>.

La speranza è pertanto quella di poter evitare l’istituzione di un archivio unico

informatico per lo più pensato per le istituzioni finanziarie, e che sia invece

ammessa l’istituzione di una semplificata banca dati standard anche tramite la

tenuta di registri cartacei preventivamente vidimati e numerati.

A questo riguardo è possibile prevedere anche una estensione dell’utilizzo del

cosiddetto registro delle somme in deposito previsto per notai, avvocati e

commercialisti dal D.M. 31.10.1974.

Com’è noto, allo stato attuale della normativa, questo registro è deputato alla

registrazione delle somme anticipate dai clienti anche per spese da sostenere in

nome e per conto dello stesso cliente16.

Non si può escludere, e forse è auspicabile, che in fase di regolamentazione degli

obblighi possano essere estese le funzioni di detto registro contabile

adeguandolo ai dettami della normativa di cui al Decreto Legislativo 56/2004.

Più intrigante è una valutazione che deve essere fatta sulla non omogeneità tra i

documenti del GAFI e il testo normativo che ci è noto.

Al punto 12 sub d) de << Les quarante raccomandations17 >> è stabilito il dovere

di vigilanza alle imprese e alle professioni non finanziarie designate nelle

situazioni che, il punto d) individua – e congiuntamente senza distinzione alcuna 15 Art. 3 secondo comma del D.Lvo 56/2004 16 Le annotazioni su detto registro possono essere fatte anche sul tradizionale Registro Cronologico di cui all’art. 19 del DPR 600/1973.

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21

– come correlate agli avvocati, notai, altre professioni giuridiche indipendenti e

contabili.

Queste attività sono le seguenti:

q acquisto e vendita di beni immobili;

q gestione di capitali, di titoli e altre attività di propri clienti;

q gestione di conti bancari;

q organizzazione degli apporti per la costituzione lo sviluppo o la gestione di

società;

q costituzione e gestione di enti morali o di altri enti similari genericamente

intesi oltre all’acquisto e alla vendita di aziende.

Tale elencazione è sostanzialmente riprodotta in modo identico all’art. 2, lettera t)

del Decreto L.vo 56/2004 laddove si tratta, quali destinatari della norma, delle

categorie professionali di notai e avvocati quando agiscano in nome e/o per conto

di propri clienti.

Sorge allora una questione, o dubbio, sulla circostanza che mentre per i notai e

gli avvocati sia previsto un perimetro di azione rappresentato dall’individuazione

di un ben determinato elenco di operazioni, così non sia per i << commercialisti

>> genericamente intesi e per i consulenti del lavoro di cui alla lettera s) del più

volte citato art. 2 del Decreto L.vo 56/2004. E con questo siamo arrivati ad uno

degli <<indizi>> di cui alle premesse.

In altri termini ci si può domandare: perché nel trasferimento della norma di legge

per gli avvocati e notai è stato definito sin da subito un elenco di cinque tipologie

di operazioni << sensibili >>, mentre per i commercialisti la disposizione è

rimasta << aperta >> ?

17 Documento emanato dal GAFI il 20.6.2003

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22

Ovviamente nulla di preciso, allo stato attuale dell’arte, può essere detto, almeno

dalle verifiche e dalle indagini compiute dallo scrivente.

Il timore concreto è però quello che non si sia trattato di una svista.

La lettura esatta della disposizione di legge ci porta al secondo degli indizi

indicati nella premessa. Se è infatti vero che in venti anni di attività professionale i

colleghi che avessero visitato il Lussemburgo piuttosto che le Isole Vergini

Britanniche posso contarli sulle dita di una mano, sono certo che passeranno altri

vent’anni senza che conosca un solo consulente del lavoro che abbia

dimestichezza con quelle località e con le istituzioni finanziarie che vi sono

correlate.

Al contempo, con tutto il rispetto, non intravedo una particolare dimestichezza di

questa categoria professionale ad elaborare architetture societarie e finanziarie

cui in qualche caso possono ricollegarsi attività meno trasparenti se non sospette.

Eppure, se vogliamo escludere in linea generale che il consulente del lavoro presti

la propria collaborazione attiva o passiva alla consumazione di fattispecie

delittuose particolarmente gravi, non si comprende il motivo della inclusione di

questa categoria di professionisti nell’elenco se non per scopi che siano contigui

alle norme tributarie.

Inoltre l’esperienza recente ci dice di come la nostra categoria professionale sia

divenuta, negli ultimi anni, il più grande centro di outsourcing della Pubblica

Amministrazione.

Le competenze tecniche, la disponibilità dimostrata ad effettuare notevoli

investimenti sul piano informatico, la stessa attitudine a recepire prontamente le

evoluzioni della tecnologia, ha portato la pubblica amministrazione a trasferire

sugli studi professionali dei commercialisti una serie innumerevole di attività.

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23

Date queste premesse non posso escludere che la nostra categoria diventi anche

destinataria di obblighi di presidio alle ipotesi di riciclaggio in uno spettro e con

un raggio d’azione ben più ampio rispetto a quello indicato per notai e avvocati.

Se poi a questa considerazione si aggiunge la determinata volontà del Legislatore

degli ultimi anni a promuovere ogni iniziativa e sforzo a fare emergere il <<

sommerso >> nelle sue varie forme (movente ?), il rischio che si intravede è

quello di essere trasformati in << sentinelle >> per tutte le operazioni rispetto

alle quali possa rappresentarsi l’impiego di mezzi finanziari per il quale il <<

sospetto >> sia quello che derivi dalla consumazione d’illeciti tributari.

Un capitolo seguente in cui saranno affrontate le congiunzioni tra la normativa

antiriciclaggio di cui agli artt. 648 bis e ter del codice penale e i delitti tributari,

affronterà più dettagliatamente le implicazioni di quest’eventualità poco

tranquillizzante per la nostra categoria professionale.

Le disposizioni penali

La direttiva comunitaria ha esteso il concetto di reato presupposto di riciclaggio.

Non esiste la necessità, per l’ordinamento italiano, di aggiornare la fattispecie

interna del reato di riciclaggio.

Nel nostro paese, infatti, tutti i delitti non colposi costituiscono presupposto del

reato di riciclaggio perciò la previsione interna risulta più ampia di quella

comunitaria.

Il nostro codice penale ha, infatti, già recepito la nota Convenzione di

Strasburgo18 con L. 9.8.1993, n. 328.

18 Convenzione di Strasburgo dell’8.11.1990 su riciclaggio, sequestro e confisca dei proventi di reato.

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24

Vale la pena rappresentare la circostanza che la convenzione muoveva dalla

Convenzione delle Nazioni Unite sulla prevenzione del narcotraffico stipulata a

Vienna nel 1988.

Quella di Strasburgo pone l’attenzione a reati particolarmente gravi quali il

traffico di droghe, il terrorismo, la tratta di persone, il commercio illegali d’armi.

Nei documenti di fonte internazionale esaminati dallo scrivente non si rinviene

traccia di delitti collegati alla disciplina tributaria, ovvero di ipotesi di riciclaggio il

cui reato presupposto sia di tipo fiscale.

Da ultimo si ricorda la convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità

organizzata firmata da 140 paesi e riunitisi a Palermo tra il 12 e 15 dicembre

2000.

Anche ai sensi di questo trattato è stato assunto l’impegno a prevedere nei

rispettivi ordinamenti che le seguenti fattispecie siano punite come reato:

q la partecipazione ad un gruppo criminale organizzato

q il riciclaggio dei proventi di denaro

q la corruzione

q l’intralcio alle Giustizia

Proseguendo nella trattazione, le conseguenze definitorie della citata

Convenzione di Strasburgo si rinvengono nell’attuale formulazione degli artt. 648

bis e 648 ter del Codice Penale.

Dalla lettura delle disposizioni normative se ne deduce che tutti i delitti non

colposi costituiscono << reati presupposto19 >>.

Lo spettro penale che ne consegue è quindi estremamente ampio e prescinde da

una discriminazione dei singoli reati20.

19 Si veda al riguardo Francesco Tavone su Summa n. 199/2004 pagina 58 e ss.

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25

L’avvocato Finardi ha riferito della direttiva CE n. 97/2001. Questa nasce dalle

modifiche apportate alla direttiva 91/308/CEE adottata dal Consiglio europeo il

10.6.1991.

E’ in questa direttiva che fu definito il contenuto minimo prescritto circa

l’estensione dei reati gravi costituenti presupposto a quello del riciclaggio.

Atteso che gli stati membri restano liberi di estendere la propria legislazione

nazionale a qualsiasi altra forma di attività criminale, la formulazione dell’art. 1

della citata direttiva individuava, quali reati gravi:

q traffico di sostanze stupefacenti;

q reati compiuti da organizzazioni criminali;

q la frode grave;

q la corruzione

q i reati che possano fruttare consistenti proventi e sia punibile con una severa

pena detentiva in base al diritto penale dello stato membro.

Innestate nel nostro ordinamento le direttive superiormente richiamate, data

l’ampiezza dei reati presupposti, ne consegue la rappresentazione astratta di

fenomeni che potrebbero apparire paradossali.

Infatti, sono molte le ipotesi delittuose rispetto alle quali il reato presupposto

soggiace ad una pena inferiore rispetto a quello della ricettazione, del riciclaggio

e dell’impiego di denaro di provenienza illecita rispettivamente disciplinati dagli

artt. 648, 648bis e 648ter del cp.

La circostanza non deve stupire in quanto il Legislatore ha inteso tutelare

maggiormente l’interesse protetto da dette disposizioni penali che è

20 Occorre una nota per chiarire l’idoneità dei reati commessi all’estero, ove il paese aderente non abbia giurisdizione, di rientrare tra i reati presupposti del riciclaggio. La questione è chiarita dalla stessa Convenzione di Strasburgo all’art.6, paragrafo 2, lettera a)

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26

rappresentato dalla volontà di impedire che una qualsiasi attività delittuosa

diventi fonte di successivi profitti ancorché in via mediata.

Quindi il reato presupposto può essere quello il cui profitto deriva da fattispecie

di moderato allarme sociale, quali il furto, la truffa, puniti molto meno

gravemente del riciclaggio.

Ragionando astrattamente al soggetto incolpato di riciclaggio converrebbe

dimostrarsi (non basterebbe forse riconoscersi) colpevole del delitto base che

escluderebbe automaticamente l’applicabilità dell’art. 648bis cp.

Si tratta, ad ogni buon conto, di una disanima assai delicata in quanto la

consumazione di taluni reati presupposto implicano talvolta un complesso

disegno criminale che è compiuto da più persone. Attenzione quindi a che non

possa integrarsi quello associativo le cui conseguenze possono essere assai serie.

Occorre quindi iniziare a prendere familiarità con questa fattispecie delittuosa

che è stata di recente fatta rivivere con riferimento al crack della Parmalat21.

Per esigenze di brevità espositiva non s’intendono sviluppare argomentazioni sui

presupposti soggettivi e oggettivi del reato in argomento, ma s’invitano i colleghi

a considerare con attenzione la struttura giuridica di detta norma unitamente a

quella della ricettazione di cui all’art. 648 del cp.

Valgano, ai fini del seguente convegno, le seguenti brevi considerazioni:

- La scienza dell’agente in ordine alla provenienza dei beni da determinati delitti

può essere desunta da qualsiasi elemento e sussiste quando gli indizi in

proposito siano così gravi e univoci da autorizzare la logica conclusione della

certezza che i beni ricevuti per la sostituzione siano di derivazione delittuosa

specifica, anche mediata22.

21 Che si trattasse di una ipotesi criminale dormiente si veda Giuseppe Ripa, Italia Oggi dell’11.3.2004 pag. 27 22 Cass. 6 aprile 1995, Prudente, Giust. Pen. 1996, II, 317)

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27

Il concetto di provenienza << mediata >> deve essere colto in pieno per non

trovarsi impreparati di fronte ad operazioni alle quali potrebbe essere sottesa

l’attività di riciclaggio23.

- In tema di ricettazione, trattata dall’art. 648 cp, è noto il concetto che la

fattispecie penale si integra anche qualora il denaro non provenga direttamente

dal delitto presupposto, ma costituisca il risultato di successiva attività svolte

dall’autore del reato sempre che, ben inteso, sia abbia la consapevolezza

dell’originaria provenienza.

Oltre a ciò non bisogna trascurare che l’elemento psicologico che sostiene

l’attività illecita di riciclaggio può desumersi da qualsiasi indizio giuridicamente

apprezzabile da parte del giudice. E’ evidente che lo svolgimento di un’attività

professionale qualificata, e tra breve obbligata a gestire un dedicato impianto

amministrativo a questo scopo, rappresenti una circostanza che non sarebbe

trascurata dall’ipotetica autorità inquirente.

- Inoltre la fase esecutiva del reato di cui all’art. 648 bis del cp può realizzarsi sia

con una sola azione, comprendente uno o più atti o fatti collegati e succedutisi in

breve spazio di tempo, oppure con più distinte azioni, costituenti ulteriori

violazioni della stessa norma incriminatrice, eventualmente unite dal vincolo della

continuazione24.

Le tre possibili condotte che possono integrare la fattispecie delittuosa sono:

q la sostituzione

q il trasferimento

q il compimento di altre operazioni

23 Una notazione deve essere fatta anche all’art. 709 del C.P. – Omessa denuncia di cose provenienti da delitto - 24 Cassazione citata nella nota di commento al Codice Penale commentato Cedam.

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28

Pare potersi affermare che la condotta debba anche essere attuata in modo tale da

ostacolare la provenienza delittuosa del denaro. Deve, in altri termini, essere

caratterizzata da deficit di trasparenza, o idonea a confondere o atta a rendere

assai difficoltosa la ricostruzione del percorso cartolare delle transazioni

finanziarie.

In questo contesto si tratta di comportamenti di ostacolo che non vanno però

confusi con i cosiddetti reati di ostacolo all’identificazione del riciclaggio.

I reati di ostacolo, infatti, sono previsti dall’art. 13 del decreto - legge 15

dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio

1980, n. 15 e dall’art. 5 del decreto - legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito,

con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197. Essi riguardano

sostanzialmente i soggetti destinatari degli obblighi in materia di riciclaggio e

consistono nella:

q omessa identificazione del soggetto che esegue l’operazione (comma 1

dell’art. 13);

q mancata individuazione di operazioni frazionate, complessivamente superiori

al limite previsto (comma 2 dell’art. 13);

q omessa installazione ovvero adozione degli strumenti tecnici idonei a

conoscere, in tempo reale, le operazioni eseguite dal cliente nel corso della

settimana precedente (comma 3 dell’art. 13);

q omessa registrazione, entro i termini di legge, dei dati sensibili nell’archivio

unico informatico ovvero mancato aggiornamento dell’archivio (commi 4 e 5

dell’art. 13);

q mancata conservazione delle informazioni e dei dati per la durata di dieci anni

(comma 6 dell’art. 13);

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29

q omessa ovvero falsa indicazione delle generalità del soggetto per conto del

quale è eseguita l’operazione.

Dalla lettura sistematica delle norme pare sia ancora in vigore l’art. 13

superiormente citato limitatamente alle sanzioni sopra riferite.

Infatti, l’art.8, comma 3, del Decreto Legislativo 56 precisa che i << soggetti >>

indicati nell’art. 13, comma 1, del D.L. 625/1979 è sostituito con il nuovo elenco

dell’art. 2.

La norma dell’art. 13 non è stata quindi abrogata ma pare sia stata solo soppressa

per lasciare inalterati gli effe tti dei riferimenti al citato articolo 13 contenuti in

altre disposizioni.

Le suddette violazioni, sono sanzionate con la multa da 2.582,28 a 12.911,42

euro, ad eccezione dell’ultima fattispecie, punita con la reclusione da sei mesi ad

un anno e con la multa da 516,46 a 5.164, 57 euro.

Il citato articolo 5 del decreto - legge 3 maggio 1991, n. 143, infine, prevede le

ipotesi contravvenzionali dell’omessa istituzione dell’archivio unico informatico

(sanzionata con l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda da 5.164,57 a

25.822,84 euro) e della violazione del divieto di comunicazione dell’avvenuta

segnalazione di operazione sospetta (arresto da sei mesi ad un anno o ammenda

da 5.164,57 a 51.645,69 euro).

Il rischio rappresentato è però anche quello che queste stesse azioni od

omissioni, in presenza dell’elemento psicologico del dolo, possono dimostrarsi

validamente strumentali per pratiche di riciclaggio del denaro sporco, e quindi

suscettibili di essere sanzionate a tale titolo.

Un’ultima nota deve essere fatta con riguardo all’aggravante previsto dalla legge

qualora l’autore assuma una veste professionale.

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30

Ritengo che tale aggravante non sia applicabile a tutti i professionisti

eventualmente coinvolti nella eventualità criminale prevista dall’art. 648bis del cp.

Dovrà accertarsi, a mio parere, una situazione psicologica che abbia portato

l’autore ad abusare o sfruttare strumentalmente la propria posizione

professionale per compiere il delitto.

Dispiace affrontare questi temi penali con riguardo all’esercizio della professione,

ma occorre anche prendere atto che il sistema certamente sicuro e affidabile per

escludere un qualsiasi coinvolgimento in dette fattispecie penali che sono

severamente punite è proprio quello di ottemperare, nei casi previsti, alla

segnalazione delle operazioni sospette previste dalla legge anti riciclaggio.

Ciò basta.

Alcune conseguenze di tale scelta nell’ambito della politica di contrasto al

fenomeno del riciclaggio saranno percepite più oltre dove saranno svolte brevi

osservazioni sui reati tributari.

Il segreto professionale

Uno dei motivi di conflitto che si è sviluppato negli organi deputati ad elaborare la

direttiva comunitaria dalla quale discende il Decreto Legislativo 56/2004 è stato

rappresentato dall’impatto che le norme in argomento hanno sulla tutela del

segreto professionale.

Nel 2000 è infine stata raggiunta una posizione comune garantendo la disciplina

del segreto professionale vigente nei singoli stati membri con la previsione

dell’esonero agli obblighi di segnalazione << con riferimento alle informazioni

che essi (i professionisti, ndr) ricevono da, o ottengono su, un loro cliente, nel

corso dell’esame della posizione giuridica del cliente o nell’espletamento dei

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31

compiti di difesa o di rappresentanza di questo cliente in un procedimento

giudiziario o in relazione a tale provvedimento compresa la consulenza

sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento, ove tali informazioni siano

ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso >>.

Il considerando n. 17 della Direttiva 2001/97/CE precisa che l’esenzione riguarda

i professionisti che forniscono assistenza legale. Quindi con certezza si tratta

degli avvocati.

Proprio l’ultima parte del punto 17 testé richiamato porterebbe a concludere che

l’esimente riguardi solo gli avvocati.

Tuttavia, il punto 18 successivo, contribuisce in modo determinante a chiarire che

l’esenzione debba ritenersi estesa a tutti i professionisti, contabili, revisori e

consulenti tributari in genere laddove, in alcuni stati membri come il nostro, essi

possano difendere o rappresentare un cliente nell’ambito di procedimenti

giudiziari o accertare la posizione giuridica in senso lato del cliente.

La stessa direttiva comunitaria chiama in scena anche gli ordini professionali

laddove essi esistano.

La questione è il dover stabilire, senza che negli stati membri ove manchino

sussista l’obbligo di istituirli, se la segnalazione debba essere fatta direttamente

all’UIC, oppure all’Ordine Professionale.

Tale coinvolgimento è diretto, in tutta evidenza, a preservare ancor di più

l’esigenza di tutelare il segreto professionale e l’anonimato delle segnalazioni25.

Pure nell’attesa della regolamentazione di secondo grado, già il Decreto

Legislativo coinvolge gli stessi ordini professionali laddove, al comma IV dell’art.

25 Sulle diverse valutazioni delle categorie professionali su questo aspetto si veda il Sole 24 Ore del 18.11.2003 pagina 31 << L’antiriciclaggio trascina le riserve >>.

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32

5 sono richiamati gli organismi locali delle professioni interessate ad informare

l’UIC delle ipotesi di omissione delle segnalazioni dovute.

Quindi, allo stato attuale dell’arte, ci troviamo di fronte a un doppio atteso

coinvolgimento rispetto al quale pare che gli ordini si debbano preparare: uno

passivo in quanto destinatari in prima istanza delle segnalazioni fatte dagli

aderenti, l’altro attivo se non addirittura ispettivo nella collaborazione con l’UIC

per segnalare il mancato rispetto da parte degli aderenti alle disposizioni

normative.

Le operazioni sospette

Esclusi i casi più evidenti e banali, l’individuazione delle operazioni sospette

rispetto alle quali sorgerà, anche per i professionisti l’obbligo della segnalazione,

resta forse uno degli aspetti più problematici dell’intero impianto <<

antiriciclaggio26 >>.

Il citato documento della Banca d’Italia fissa dei parametri utili agli intermediari

finanziari.

Il punto di riferimento normativo è però costituito dall’art. 3 della Legge 197/91

integrate dal Ministero del Tesoro con decreto del 19.12.1991.

L’elemento di sospetto, in forza della normativa citata, deve essere ricercato nelle

operazioni finanziarie soggettivamente apprezzabili come sospette per:

q caratteristiche

q entità

q natura

26 Valga a questo riguardo anche quanto precedentemente riferito sul rapporto del Ministero delle Finanze e dell’Economia.

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33

q per qualsiasi altra circostanza

q tenuto anche conto della capacità economica e dell’attività svolta del soggetto

che la pone in essere e che induca a ritenere che provenga dal delitto di

riciclaggio.

Proprio quest’ultimo aspetto è forse quello di maggiore interesse per la categoria

professionale dei commercialisti, legali, notai27 e consulenti del lavoro.

Infatti, la situazione che generalmente è verificata, è data da un cliente per il

quale è seguita larga parte se non tutta l’attività amministrativa contabile.

Ad evidenza le stesse dichiarazioni tributarie rendono edotto il consulente sulle

proprietà immobiliari e sui redditi derivanti dalle attività economiche prevalenti a

meno che non si tratti di benestante che possa contare per lo più di fonti di

reddito che scontino la ritenuta a titolo di imposta.

A maggior ragione, l’eventuale obbligo che fosse consacrato dal regolamento

previsto dal D.Lvo 56/2004 di istituire un apposito archivio informatico,

consentirebbe la possibilità sempre per il consulente commercialista di assumere

una posizione privilegiata da un punto di vista informativo anche rispetto a quella

di notai e avvocati.

Considerata anche la qualifica professionale rivestita, e le implicazioni che

potrebbero derivare dalla mancata segnalazione di operazioni sospette, è bene

valutare con molta attenzione il comportamento da assumere in presenza di fondi

che fossero posti nella disponibilità dello stesso consulente per il compimento

delle più svariate operazioni e la cui entità non fosse coerente alla capacità di

reddito e patrimoniale dello stesso cliente.

27 L’intervento dello scrivente è mirato alla posizione dei << commercialisti>>. Occorrerebbe però riferire anche alla delicatezza della posizione dei notai allorquando l’atto che si stipuli è una compravendita da padre in figlio ove quest’ultimo non è che uno studente a carico.

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5. LA POSIZIONE ASSUNTA DAI COMMERCIALISTI

L’attività di Revisione contabile. Già il Decreto Legge 3.5.1991, coordinato con la legge di conversione 5.7.1991,

n. 197 prevedeva all’art. 10 un preciso obbligo a carico dei membri del Collegio

Sindacale degli intermediari finanziari di cui all’art. 4.

Si trattava e si tratta del dovere di vigilare sull’osservanza della normativa.

L’articolo 6 del Decreto Legislativo 56/2004 al punto 8 sopprime le parole << di

cui all’art. 4 >> della previgente normativa.

Quindi il testo attuale prescrive che, ferme le disposizioni del Codice Civile e delle

Leggi Speciali, i Sindaci degli intermediari vigilano sull’osservanza delle norme

contenute nel decreto che, ricordiamolo, vieta il trasferimento del denaro

contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore, o di titoli al

portatore in lire o in valuta estera quando il valore da trasferire è superiore ai

12.500 euro28.

Per questa categoria di colleghi, quindi nulla di nuovo.

In presenza di irregolarità scatta il disposto dello stesso articolo 10 della Legge

antiriciclaggio che consiste in un obbligo di segnalazione al Ministero delle

Finanze e del Tesoro mediante trasmissione in copia del verbale del Collegio in

cui è stata accertata la violazione.

Si ritiene, tuttavia, che il Regolamento in attesa di emanazione o l’auspicato Testo

Unico di cui ha riferito l’avvocato Finardi, possa individuare un organismo

decentrato atto a recepire dette eventuali segnalazioni, oppure, confermare lo

28 Limite così aumentato dall’art. 1 del DM 17.10.2002

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35

stesso UIC, e prevedere modalità di trasmissione in via telematica anche per

questa fattispecie che ha riguardo alla specifica attività del Collegio Sindacale

degli intermediari.

Detto questo conosciamo l’ampliamento dello spettro di vigilanza che è stato

attribuito al Collegio Sindacale dal D.lgs del 17.1.2003, n.6 entrato in vigore con il

2004.

Il dover vigilare sulla condotta dell’organo amministrativo a che sia rispettosa

degli obblighi di legge imponeva e impone che l’azione di verifica e controllo

dell’organo sindacale si debba estendere quanto meno:

q alla movimentazione contabile del conto << cassa contanti >>. Ciò, è bene

ribadirlo, non tanto con riguardo a quanto stabiliva la normativa precedente

all’art. 2403, II comma, che richiedeva di accertare la << consistenza di cassa

e l’esistenza di valori e dei titoli di proprietà sociale o ricevuti dalla società in

pegno, cauzione o custodia >>, ma avendo riguardo, appunto, alla sua <<

movimentazione >>. Ciò al fine di evitare che possano ricadere sull’impresa le

sanzioni previste dalla normativa in caso di violazione sui limiti di importo che

possono essere trasferiti in contanti e mediante titoli al portatore.

q alla movimentazione dei conti accesi per registrare il rapporto finanziario di

debito, e se esistesse anche di credito, con terzi finanziatori sempre con le

finalità indicate al punto precedente.

La prevedibile sensibilizzazione degli operatori, non solo giudiziari29, rispetto alla

normativa anti riciclaggio mi porta a suggerire ai colleghi di effettuare anche

queste verifiche.

29 Si pensi al curatore fallimentare il quale verifichi le avvenute transazioni vietate dalla legge e transitate per cassa in presenza di un organo di controllo che nulla potrebbe aver registrato al riguardo.

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36

Ai fini di questa considerazione nulla rileva se al Collegio Sindacale non sia stata

deferita, ove previsto, l’attività di controllo contabile.

Infatti, l’obbligo di accertare il rispetto della normativa antiriciclaggio è del tutto

autonomo e rientra nel genere della vigilanza sull’osservanza della legge di cui

all’art. 2403 cc.

Del resto il mancato rispetto della normativa comporta comunque una sanzione

amministrativa sul controvalore trasferito che ricadrebbe sull’impresa per la quale

occorre preservare in ogni modo l’integrità del capitale.

Altre considerazioni occorrono, in casi meno frequenti, in cui il Collegio Sindacale

sia nominato in imprese svolgenti una delle attività più << sensibili >> alle

ipotesi di riciclaggio.

In particolare, il decreto legislativo n. 374/1999 ha esteso la disciplina alle

seguenti categorie economiche:

q Recupero di crediti per conto terzi;

q Servizi di custodia, trasporto di contanti, titoli e valori con o senza guardie

giurate;

q Agenzie di affari in mediazione immobiliare;

q Il commercio di cose antiche

q L’esercizio di case d’asta o gallerie d’arte

q Commercio di oro per finalità industriali o di investimento;

q Gestione di case da gioco;

q Mediazione creditizia.

q L’attività di promotore finanziario e di agente di assicurazione.

In questi casi i doveri del Collegio Sindacale, alla luce della nuova struttura

normativa del D.Lvo che ha riformato il diritto societario, si estendono alla

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37

valutazione di conformità e adeguatezza dell’impianto amministrativo interno

adottato dalla società.

In definitiva si ritiene che la lettura sistematica delle norme, anche alla luce delle

novità introdotte dall’art. 2403 del CC, impongano al Collegio Sindacale uno

specifico giudizio di adeguatezza sull’impianto amministrativo delle imprese di

cui si discute agli specifici fini imposti dalla Legge antiriciclaggio.

Forse è opportuno trattare in questa sede la rinnovata disposizione normativa sui

titoli azionari emessi dalle società per azioni.

La nuova disposizione dell’art. 2354 cc prevede che le azioni possano essere

emesse come titoli nominativi o al portatore, distinzione che genera ovvie e

rilevanti conseguenze con riferimento alle modalità di circolazione delle stesse.

La scelta sul punto spetta, sempre a norma del nuovo art. 2354, al socio, salvo

che la legge o lo statuto non dispongano diversamente. Pertanto, la decisione che,

in prima approssimazione, appare rimessa al sottoscrittore delle azioni, è in realtà

condizionata al contenuto delle eventuali disposizioni statutarie. Inoltre, laddove

il “vecchio” art. 2355 faceva salva la sola ipotesi che lo statuto prescrivesse la

nominatività obbligatoria (“le azioni possono essere nominative o al portatore, a

scelta dell’azionista, se l’atto costitutivo non stabilisce che devono essere

nominative”), è ora resa ammissibile – e prevalente sulla volontà del singolo socio

– una qualsivoglia disposizione statutaria sul punto, e pertanto anche la clausola

che prescriva l’emissione al portatore.

Circa gli effetti pratici della norma non va peraltro sottovalutato il permanere

dell’inciso che fa salva la diversa disposizione di legge. Nel nostro ordinamento,

infatti, dapprima la legge n. 96/1942, poi n. 1745/1962 ed infine il D.P.R. n. 600

del 1973, art. 74, hanno stabilito e confermato il principio di nominatività

obbligatoria dei titoli azionari emessi dalle società di diritto italiano. Non

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risultando, tra le disposizioni finali e transitorie del decreto attuativo della

riforma, alcun’indicazione nel senso dell’abrogazione delle norme sopra citate,

deve concludersi che l’obbligo di emissione nominativa continua a trovare piena

applicazione anche nell’ambito del nuovo ordinamento.

Ciò implica che il Collegio Sindacale non dovrebbe trovarsi in presenza di titoli

azionari emessi al portatore30.

Nei casi ammessi occorre ricordare che detti titoli, per lo più rappresentati da

obbligazioni e certificati di deposito, possono anche essere emessi per un

importo superiore a quello dei 12.500 euro ma che, in questo caso, la

circolazione debba avvenire per il tramite di un intermediario abilitato.

Anche in questi casi, pertanto, sarà opportuno che il Collegio Sindacale vada a

monitorare queste eventuali fattispecie.

In attesa del regolamento che dovrà fissare il comportamento e gli obblighi per la

nostra categoria professionale devo affermare di non escludere novità a carico del

Collegio Sindacale dirette a evitare che l’impresa sia la destinataria, o lo

strumento di attività di riciclaggio. Ciò anche alla luce delle recenti note vicende

legate al crack della Parmalat.

Si pensi ad una società per azioni partecipata e controllata da una società estera

la quale, per il tramite della sottoscrizione del capitale sociale, di prestiti

obbligazionari, apporti finanziari a diverso titolo e forse anche solo prestando

ampie garanzie bancarie, consenta alla società di diritto italiano di svolgere

importanti operazioni nel mercato mobiliare e immobiliare.

La controllante potrebbe senza dubbio essere società appartenente alla UE e la

compagine sociale di quest’ultima essere rappresentata da una fiduciaria o da un

30 E’ fatta eccezione per espressa deroga legislativa le azioni di risparmio (art. 145, comma 3, del D. Lgs. 24.2.1998, n. 58) e le azioni delle società a capitale variabile (SICAV) art. 45, comma 4, D.Lgs 58 citato.

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trust di diritto anglosassone domiciliato in paesi extra UE rispetto alla quale

ipotesi, in ogni modo, non sia possibile risalire all’effettivo soggetto economico di

riferimento o beneficiario finale dell’attività economica intrapresa dalla società

italiana.

In questo ambito non si può escludere, a parere di chi scrive, che ai Revisori e ai

Sindaci sia imposto l’obbligo di vigilare a che l’organo amministrativo accerti o

disponga delle informazioni per verificare il beneficiario economico finale persona

fisica dell’attività d’impresa.

Tutto è rimandato al regolamento indicato dal D. Lvo 56/2004.

L’assistenza professionale in genere.

L’autorità di controllo statunitense (FAFT) ha avuto modo di ritenere opportuna

l'estensione, nei vari paesi, della normativa antiriciclaggio ai professionisti nella

considerazione che gli stessi << preparano, se del caso raccolgono tutta la

documentazione relativa alla costituzione della società e intervengono

nell’eseguire particolari transazioni finanziarie31 >>

Invero, la casistica per la quale i professionisti possono trovarsi esposti al rigore

del Decreto Legislativo 56/2004, e conseguentemente ad ottemperare agli

obblighi di segnalazione, è veramente ampia.

A titolo esemplificativo si ponga mente ai casi in cui un commercialista sia:

q nominato amministratore di trust o di società genericamente intese;

q depositario di somme di denaro vincolate a garanzia di terzi;

q depositario di somme in qualità di mandatario con o senza rappresentanza32;

31 Traduzione del punto 87 del Report On Money Laundering 2003-2004 32 L’ipotesi riguarda, tra le altre, la titolarità di conti posseduti da consulenti esperti in pianificazione fiscale internazionale e domiciliati in paesi esteri che è circostanza, in astratto, piuttosto frequente.

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q stipuli contratti avente ad oggetto il deposito fiduciario di somme di denaro a

vario titolo.

q Ricevimento di somme da destinare alla costituzione di società, sottoscrizione

di aumenti di capitale sociale o di prestiti obbligazionari, apporto di mezzi

finanziari da effettuarsi a vario titolo, ecc.

Piuttosto che ribadire quanto è stato e sarà riferito dai miei correlatori in ordine a

quanto disposto dal Decreto Legislativo 56/2004, ritengo più interessante

svolgere alcune considerazioni su come la norma si innesti nel contesto

rappresentato dalla normativa penale tributaria e quali siano le implicazioni

pratiche per la nostra categoria.

Per quanto detto in premessa sorge il timore che le finalità della norma, pure

nell’attesa di conoscere il contenuto del regolamento applicativo, vadano oltre

rispetto agli intenti dichiarati.

In materia tributaria il d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 rivisitando le sanzioni penali,

ha ridotto il novero dei << delitti >> fiscali ad un ristretto numero di fattispecie

ritenute gravi.

Ciò non di meno, trattandosi di ipotesi delittuose, si potrebbe ritenere che

configurino reati presupposto del riciclaggio la dichiarazione fraudolenta, la

dichiarazione infedele e l’omessa dichiarazione. A dette ipotesi vanno senz’altro

aggiunte altre figure ritenute di rilevante attitudine lesiva quali l’emissione di

fatture e di altri documenti per operazioni inesistenti.

Più ordinatamente abbiamo:

q Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per

operazioni inesistenti (Art. 2)

q Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3)

q Dichiarazione infedele (art. 4)

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q Omessa dichiarazione (art. 5)

q Emissione di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8)

q Occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10)

q Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11)

Analogo ragionamento va ripetuto con riferimento ai delitti societari, previsti dal

codice civile agli artt. 2622 e seguenti.

A prescindere dagli approfondimenti che possono essere svolti in campo

tributario sulla qualificazione di dette fattispecie delittuose e sulla loro

intersezione con le disposizioni penali in tema di riciclaggio, vale la pena di

evidenziare sin da ora che dette valutazioni concordano con quelle espresse dalla

Banca d’Italia nel documento emanato il 12.1.2001 con il titolo << Istruzioni

operative per l’individuazione di operazioni sospette33 >>.

In questo ambito Banca d’Italia dedica una parte specifica alla questione che qui si

affronta.

Testualmente si afferma che << per quanto concerne le operazioni sospette

ricollegabili a profili fiscali, vanno tenute presenti le recenti modifiche al regime

penale in materia tributaria. In tale contesto, per configurare l’ipotesi di illeciti

penali connessi alle dichiarazioni fiscali, occorrerebbe conoscere, non solo i

corrispettivi omessi, ma anche la situazione soggettiva del contribuente per

“ricostruire” l’ammontare dell’imposta evasa, ovvero essere venuti a conoscenza

dell’inserimento di eventuali fatture false in dichiarazione. Viceversa, il reato di

emissione di fatture o altri documenti per operazioni in tutto o in parte inesistenti

è considerato delitto indipendentemente da qualsiasi soglia quantitativa; nella

valutazione dei profili di sospetto in quest’ultimo caso va considerato che

l’emissione di tali documenti, oltre a essere ritenuta una violazione di particolare

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gravità, può anche costituire un mezzo per celare altre fattispecie di natura

delittuosa34.>>

Da queste brevi considerazioni se ne deducono intuitivamente le conseguenze che

potrebbero derivare con la definitiva emanazione del regolamento attuativo di cui

al secondo comma dell’art. 3 del Decreto Legislativo 56/2004.

Infatti, l’esimente dagli obblighi di segnalazione previsti dalla legge

antiriciclaggio, riguarda la nostra categoria professionale allorquando:

q si tratti di informazioni acquisite nel corso dell’esame della posizione giuridica

dello stesso;

q nell’espletamento dei compiti di difesa in un procedimento giudiziario;

q si tratti di consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento

giudiziario.

Alcun dubbio, pertanto, sulla posizione che deve assumere il professionista che

assista il cliente in un contenzioso tributario avente ad oggetto una qualche

fattispecie delittuosa tra quelle sopra ricordate.

In questo caso nessuna segnalazione deve essere resa all’autorità preposta.

La situazione presenterà elementi di criticità in quasi tutte le altre ipotesi

superiormente menzionate.

Volendo, infatti, escludere l’ipotesi che le funzioni professionali siano svolte

nell’interesse e per conto, inconsapevolmente o meno, di persone appartenenti

alla criminalità organizzata, terroristi, spacciatori di stupefacenti, corrotti, ecc,

occorre considerare l’eventualità che il datore dei mezzi finanziari sia un <<

comune >> evasore fiscale.

33 Il << Decalogo >> dell’autorità di vigilanza può essere recuperato in area Internet al sito della Banca d’Italia 34 In senso conforme si è espresso il Gruppo di Lavoro << Lotta al crimine economico >> nel documento recuperabile in area Internet datato gennaio 2003. Consigliere Nazionale delegato Lucia Starola.

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Gli esempi e le fattispecie che a ciascuno possono venire alla mente non si

contano. Mi limiterò pertanto a riferirne una sola, magari estrema, idonea però a

valutare le implicazioni del coinvolgimento della nostra categoria professionale

nell’ambito del contrasto al riciclaggio in un tessuto normativo dove la categoria

dei delitti presupposti è assai ampia sino a coinvolgere le irregolarità, per quanto

gravi, di tipo tributario.

Per ora devo riferire che i riflessi dell’art. 648 bis del codice penale sulle

fattispecie penal-tributarie non sono però passati inosservati a parte della

dottrina.

Avverso questo legame (frode fiscale – riciclaggio) è stato obiettato che non deve

essere confusa la provenienza della cosa dal delitto con l’attinenza di una cosa al

delitto.

In altri termini oggetto materiale della ricettazione, e quindi del riciclaggio,

dovrebbero essere considerate solo le cose ottenute con il delitto presupposto

che abbiano determinato un’ espansione del patrimonio del reo.

Quest’impostazione muove dalla considerazione che il risultato della frode fiscale

origina comunque da attività lecita per cui la frode si sostanzia solo nell’evitare il

decremento patrimoniale che conseguirebbe al pagamento dei tributi35.

Lascio al lettore ogni considerazione al riguardo riferendo tuttavia che la

giurisprudenza di merito tenda a prescindere dalle indagini sulla qualificazione

giuridica circa la provenienza della cosa frutto del reato presupposto.

Ad ogni buon conto ciascuno può giungere alla conclusione che il tramestio del

quotidiano operare del professionista non può trovare affidamento nella dottrina

penale, ma deve essere soccorso da elementi di totale affidabilità normativa.

35 Pecorella e Zanchetti – Commentario Cedam Codice Penale – Ultima edizione

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Per concludere , rappresentando le implicazioni che deriverebbero da

quest’impostazione si immagini un irreprensibile e facoltoso cliente imprenditore

che manifesti le sue preoccupazioni circa la sorte dell’ingente e suo patrimonio

qualora infauste fossero le vicende matrimoniali future dei suoi quattro figli

maschi.

In questo ambito affida l’impostazione del piano ad un consulente estero il quale

ne traccia i dettagli, i tempi, la localizzazione delle varie attività, gli statuti dei

trust, eccetera36.

Affida quindi un mandato amplissimo al proprio consulente – avvocato o

commercialista – che nel caso di specie è anche esperto di fiscalità internazionale,

destinato ad attuare puntualmente le indicazioni dello studio di consulenza estero

diretto ad impedire ogni possibile localizzazione, riferibilità e aggressione da

parte di terzi (le nuore) del cospicuo patrimonio al momento della successione e

in caso di sorte infausta che investisse il vincolo coniugale dei figli maschi.

Il mandato è così ampio da far si che tutto il patrimonio mobiliare e liquido sia

affidato al consulente il quale, oltre a questo, organizza il trasferimento all’estero

delle quote e della titolarità delle azioni delle imprese di famiglia. Per il

patrimonio immobiliare è conferita procura speciale alla vendita.

Nel corso dello stesso anno, mentre il professionista è all’opera, l’imprenditore

per motivi non conoscibili consuma delitti tributari, magari utilizzando documenti

per operazioni inesistenti, che sono accertati dalle autorità competenti nell’anno

successivo.

Gli atti sono trasmessi alla Procura e in questi è riferito che nel corso dell’anno

precedente, e quindi in quello in cui sono stati consumati i delitti, l’imprenditore

36 Questo particolare, ai fini che interessano, occorre ad escludere il concorso nel reato presupposto del nostro professionista che eviterebbe l’applicazione dei rigori previsti dall’art. 648 bis cp.

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appare essersi spogliato del suo ingente patrimonio e che, allo stato, non è

possibile ricostruirne le sorti.

Delle ingentissime somme ricevute dal professionista nessuna segnalazione è

stata fatta proprio in ragione del fatto che alcun sospetto denotava la dazione di

denaro e dei mandati alla vendita dei beni immobili fatta da un facoltoso e

rispettabile imprenditore, salvo forse che si trattasse di operazioni inusuali

rispetto a quelle di norma effettuate dal cliente e magari senza una esteriore

plausibile giustificazione economica e finanziaria37.

L’art. 11 del D.Lgs 10.3.2000, n. 74 stabilisce che è punito con la reclusione da

sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui

redditi o Iva, ovvero di sanzioni e interessi, per un importo superiore a 51.645,69

euro, aliena simultaneamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o altrui

beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione

coattiva.

Su tale norma la Circolare Min. Finanze del 4.8.2000, n. 54 al punto 3.4 ha

ricordato che detta ipotesi delittuosa era già punita dalla Legge 413/1991.

Tuttavia il Ministero segnala che la novità è rappresentata dal fatto che

precedentemente il presupposto era rappresentato dal fatto che la condotta

criminosa fosse attuata dopo l’inizio di accessi, ispezioni e verifiche, mentre con

la riforma << ai fini del perfezionamento del reato è sufficiente la semplice

idoneità della condotta a rendere inefficace la procedura di riscossione, e non

anche l’effettiva verificazione dell’evento >>.

L’elemento soggettivo richiede, in questo caso, il dolo specifico.

37 La medesima dicitura è utilizzata da Banca d’Italia, documento citato, pagina 19 punto 1.3

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Non desidero con questo esempio convincere taluno a ritenere che il

professionista possa essere rinviato a giudizio per riciclaggio. Vedo questa

possibilità con raccapriccio.

Tuttavia è anche vero che nessuno tra i presenti vorrebbe trovarsi in una

situazione consimile laddove spetterà al magistrato raggiungere un

convincimento sull’elemento soggettivo dell’art. 648bis del professionista in

assenza della segnalazione il cui obbligo sarà esteso alla nostra categoria

professionale con l’atteso regolamento.

Si assiste quindi al venir meno di ogni certezza e affidabilità del proprio operare.

Infatti, data l’impostazione sanzionatoria prevista dalle norme tributarie, ogni atto

compiuto da un soggetto potrebbe essere sanzionato penalmente (oltre i

parametri quantitativi fissati dalla legge) allorquando, con valutazione ex post

esso sia valutato come idoneo a rendere inefficace la riscossione e semprechè –

ben inteso - ne sia dimostrato il dolo specifico.

Ma il problema è che al professionista è chiesta una valutazione ex ante sulla

anomalia dell’operazione e, conseguentemente, se questa sia affiancata da un

delitto presupposto.

E ciò è sufficiente per trasmettere cosa intendevo dire nelle premesse.

Al nostro << giallo >> per concludersi, manca solo l’individuazione del

colpevole.

Spero di avervi portato sulla << pista investigativa >> corretta e lascio a Voi

l’ardua sentenza.

Ringrazio per l‘attenzione ricevuta dai partecipanti.