12
Questo supplemento è stato realizzato da Fonema Comunicazione srl Le Scienze non ha partecipato alla sua realizzazione e non ha responsabilità per il suo contenuto www.novartis.it Innovazione e responsabilità, per i pazienti e per la loro qualità della vita. Novartis nelle neuroscienze, un impegno che continua

Innovazione e responsabilità, per i pazienti e per la loro qualità della

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Innovazione e responsabilità, per i pazienti e per la loro qualità della

Questo supplemento è stato realizzato da Fonema Comunicazione srl Le Scienze non ha partecipato alla sua realizzazione e non ha responsabilità per il suo contenuto

www.novartis.it

Innovazione e responsabilità, per i pazienti e per la loro qualità della vita.Novartis nelle neuroscienze, un impegno che continua

Page 2: Innovazione e responsabilità, per i pazienti e per la loro qualità della

IN QUESTO NUMERO

(2) Neurologia Editoriale

Betaplus-annuncio 24x8,2 28-06-2012 15:01 Pagina 1

uest anno il Congresso di Neurolo-gia si tiene a

Milano ed avviene in un momen-to di grande crisi del Paese, ma riteniamo che come tutte le crisi anche questa possa costituire un momento di opportunità perché sempre nei momenti di criticità si rendono possibili i cambiamenti più consistenti. La neurologia ita-liana ha poi la fortuna di partire da una piattaforma di grande va-lore, tanto che per pubblicazioni scientifiche si colloca ad uno dei primi posti nel mondo, anche da-vanti a nazioni come la Francia e l’Inghilterra che sicuramente hanno potenzialità economiche più spiccate della nostra. Inoltre il nostro Sistema Sanitario Naziona-le rimane uno dei pochi sistemi a copertura globale sebbene fatichi a sopravvivere in una condizio-ne di grande crisi generale; è per questo che qualsiasi soluzione si intenda applicare dovrà essere in grado di coniugare il processo as-sistenziale ad un non incremento del carico economico richiesto per eseguirlo. Coniugare al meglio efficienza ed economicità, ne sia-mo consci, costituisce l’elemento di riferimento per qualsiasi pro-posta che possiamo avanzare in qualità di Società Scientifica. In realtà però riteniamo che questa sia un’opportunità da sfruttare al meglio e la Società Italiana di Neurologia cerca di fare corretta-

mente la sua parte, che vuol dire prima di ogni altra cosa offrire il proprio contributo alle istituzioni sanitarie nazionali e regionali, per la definizione dei nuovi modelli organizzativi dell’assistenza. Ciò significa partecipare alla confi-gurazione di processi e percorsi diagnostici ed assistenziali nell’a-rea di propria pertinenza, un’area caratterizzata da un imponente sviluppo tecnologico che sta let-teralmente rivoluzionando le co-noscenze e di conseguenza anche il modo di fare medicina. Proprio per questo abbiamo ritenuto es-senziale e fondamentale potenzia-re fortemente da un lato gli aspetti educativi e di aggiornamento dei neurologi con la creazione di una Scuola Superiore di Neurologia che inizierà ad operare il prossimo anno e dall’altro potenziare i rap-porti con il Ministero della Salute e gli assessorati regionali al fine di facilitare l’entrata in uso di nuovi farmaci fortemente innovativi in condizioni di sicurezza, di massi-ma efficienza e di protezione dagli sprechi. Entrambe queste azioni hanno il fine ultimo di offrire al paziente la migliore assistenza possibile oggigiorno il che signifi-ca ad esempio che in ambito tera-peutico il medico deve scegliere la terapia più idonea al singolo caso. Le terapie innovative offrono e an-cor più offriranno nuovi vantaggi per il paziente, ma anche maggior rischi. L’accesso a queste nuove te-rapie deve essere garantito in tutto

il territorio nazionale attraverso l’individuazione di centri di riferi-mento che, mediante reti assisten-ziali basate sul principio “hub and spoke”, assicurino la capillarità dell’assistenza con l’ottimizzazio-ne del rapporto benefici/rischi. La SIN ha contribuito alla messa in atto di strategie per massimiz-zare l’efficacia e l’efficienza delle terapie utilizzate per le patologie acute collaborando allo sviluppo di nuovi modelli nell’area dell’e-mergenza-urgenza che vede pa-tologie come l’ictus avere un ruolo sicuramente di primo piano. D’al-tra parte anche per le patologie croniche più frequenti come il Par-kinson e l’Alzheimer o la Sclerosi

Multipla la SIN sta sviluppando con la massima condivisione mo-delli assistenziali che consentano di conseguire nello stesso tempo la continuità terapeutica e la prossi-mità al paziente considerando che queste patologie croniche possono anche presentare momenti di an-sia. Dobbiamo purtroppo rilevare che la disciplina neurologica nel nostro Paese non vede riconosciu-to ancora il ruolo che le spetta sia per la ovvia centralità che il siste-ma nervoso ha in ambito medico per le delicatissime funzioni a cui presiede sia per la complessità dei processi diagnostici e assistenziali tipica delle patologie neurologiche”.

Una pubblicazione realizzata da Fonema Comunicazione srl • Editorial manager: Giuseppe Burzo • Project director: Ginevra De Fassi Negrelli • Redazione: Vanessa Salzano, Elida Sergi - [email protected]

• Contatti: www.fonemacomunicazione.com - [email protected] - Tel. +39 0692948749 - Fax +39 0692932720Impaginazione e grafica: Valledesign • Stampa: RDS webprinting Srl • Distribuzione: Le Scienze • Carta Giornale Migliorato ISO 72° da 55 gr/mq

Giancarlo Comi Presidente della Società Italiana di Neurologia (SIN)

Quando la crisi viene vissuta come opportunità: la neurologia italiana verso il cambiamento sostenibile

Sclerosi Multipla: l’avanguardia delle terapie innovative

(6) News:

- Ictus al risveglio e ultraottantenni

8) Scenari:

- Alzheimer e demenze, L’interessante prospettiva dei vaccini

10) Soluzioni:

- Parkinson: non solo tremore- DBS e cefalea

11) Focus:

- SM e studio Cosmo- Epilessia, le nuove sfide

Vanessa Salzano

Giornalista dal 2000 ha sempre scritto di Medicina e Salute. Ha collaborato con Il Mattino, Il Pen-siero Scientifico Editore, il Diparti-mento di Funzione Pubblica, For-mez News

Elida Sergi

Giornalista professionista dal 2008, dopo aver collaborato conRepubblica e Il Gruppo 24 Ore, scrive ora per l’agenzia Ansa, dove si è specializzata nelle tematiche legate alla salute e al benessere

Ringraziamenti

Si ringrazia la Società Italiana di

Neurologia.

II Presidente, Prof. Giancarlo Comi

per la cortese attenzione riservata alla

supervisione dello speciale.

Piera Levi-Montalcini

Presidente Associazione

Levi-Montalcini

“Q

Page 3: Innovazione e responsabilità, per i pazienti e per la loro qualità della

IN QUESTO NUMERO

Editoriale

Betaplus-annuncio 24x8,2 28-06-2012 15:01 Pagina 1

Sclerosi Multipla: l’avanguardia delle terapie innovative

(3) Neurologia Focus

sia seguito nel modo migliore. Per il paziente affetto da Sclerosi Multipla si apre veramente una prospettiva positiva in quanto l’ottimizzazione della cura con-sentirà di avere come obiettivo terapeutico il completo controllo della malattia”.

che il medico può scegliere se è a conoscenza di tutte le varia-bili che debbono dettare la sua scelta. Questo è estremamen-te importante perché questa scelta richiede una conoscen-za molto accurata del profilo e dell’azione del farmaco”.Ma come può fare un pazien-te a essere certo della propria cura? “La SIN sta mettendo a punto in collaborazione con l’AIFA e le autorità sanitarie regionali modelli assistenziali che consentiranno ai pazienti di rivolgersi con serenità ai propri centri di riferimento – spiega il Presidente - qualifica-ti per competenza, esperienza maturata e tecnologie disponi-bili. Crediamo quindi di poter rassicurare tutti i cittadini sul fatto che ci sta a cuore il mala-to e la sua totalità, che agiremo in modo opportuno perché

delle malattie neurologiche si ricerca ancora un trattamento efficace, nella Sclerosi Multi-pla si parla già di come usare al meglio le diverse terapie esistenti. Qual è il panorama attuale?“Oggi vediamo già disponibili farmaci di diverso profilo di efficacia e sicurezza e per la fine di quest’ anno – risponde il prof. Comi - sono previsti nuovi farmaci con meccanismi d’azione specifici e con un profilo di sicurezza, efficacia e tollerabilità indivi-duale, che assicurano anche una maggiore compliance per il paziente. Il Congresso di Neurologia avrà fra i suoi temi di rilievo proprio il confronto di opinione sulle diverse te-rapie possibili e su come non lasciare il paziente senza il mi-glior trattamento di cui oggi quel paziente può disporre e

luppi successivi; tutto ciò ha creato un livello di compenso economico riconosciuto per le terapie per la Sclerosi Multipla di così elevato valore che ha richiamato l’interesse di molte aziende farmaceutiche. Infine la Sclerosi Multipla, fra le di-verse malattie croniche neuro-logiche che hanno in comune un processo degenerativo, ha questa assoluta peculiarità: di poter veder riconosciuto il processo degenerativo in una fase estremamente precoce rendendo possibili strategie difensive con una fortissi-ma anticipazione rispetto ad altre malattie degenerative. È quindi diventata un cam-po di esercizio perchè alcuni processi degenerativi vedono in comune alcune vie fisiopa-tologiche”. Questo fa sì che mentre nella maggior parte

L o sviluppo delle co-noscenze delle ma-lattie autoimmuni

che ha permesso la messa a punto di farmaci “intelligenti” maturati dai principi della me-dicina molecolare, ha reso la Sclerosi Multipla una malattia d’avanguardia in ambito neu-rologico: “La Sclerosi Multipla è infatti caratterizzata, nella sua fase iniziale e interme-dia, da un processo di natura infiammatoria e – afferma il prof. Giancarlo Comi, Presi-dente della Società Italiana di Neurologia - dati gli sviluppi delle conoscenze nelle malat-tie autoimmuni c’è stato un forte incremento in ambito te-rapeutico. La Sclerosi Multipla si è poi giovata del successo della terapia biologica che si basava sugli interferoni e che ha fatto da apripista a svi-

Nuova terapia orale per la Sclerosi Multipla

Carlo Pozzilli

Professore di Neurologia Sapienza Università di Roma e Direttore del Centro Sclerosi Multipla presso l’Ospedale Sant’Andrea di Roma

(

Giancarlo ComiPresidente della Società

Italiana di Neurologia (SIN)

(Vanessa Salzano

S arà presto disponibile an-che in Italia il nuovo far-maco orale che previene i

danni della Sclerosi Multipla: il dime-til fumarato, anche detto BG-12, è già commercializzato in USA ed in fase di approvazione dall’Agenzia Europea del Farmaco (EMEA). La prima speri-mentazione di Fase2 è già stata con-dotta da 5 anni e i risultati sono dav-vero positivi: “In realtà il BG-12 ha una storia antica perché per anni una molecola simile è stata utilizzata nel trattamento della psoriasi – descrive Carlo Pozzili, Professore di Neurolo-gia a La Sapienza e Direttore del Cen-tro Sclerosi Multipla presso l’Ospeda-le Sant’Andrea di Roma – ma la novità

sta nei trials terapeutici della Sclerosi Multipla in quanto è stato ampliamen-te dimostrato come, su parametri di risonanza magnetica, questo farmaco sia in grado di diminuire in modo si-gnificativo il numero di nuove lesioni a livello cerebrale. Questi primi dati molto suggestivi hanno fatto sì che partissero due sperimentazioni inter-nazionali di cui una nel nostro Centro SM del Sant’Andrea: in una casistica di 3000 pazienti (oggi in fase di esten-sione in quanto sono trascorsi 5 anni ed anche il riscontro temporale è po-sitivo) è stato confrontato il dimetil fumarato sia con il placebo che con il glatimer acetato ed entrambi gli studi hanno dimostrato la maggiore effica-

cia di questo farmaco perchè è in gra-do di ridurre il numero delle ricadute oltre ad avere un effetto positivo nel rallentare l’accumulo di disabilità”. Quali sono gli effetti collaterali? “Si tratta di reazioni transitorie legate so-prattutto al primo mese di assunzione e riguardano – spiega Carlo Pozzilli - disturbi di tipo gastrointestinale e flushing, arrossamento del viso subi-to dopo l’assunzione che dura solo 10 minuti”. Aldilà di questi due effetti collaterali, che tendono a scomparire dopo il primo mese, sono molti i van-taggi del dimetil fumarato rispetto al panorama terapeutico attuale. “Si. È proprio così perché questa molecola, oltre ad essere sicura e ben tollerata

– conferma il prof. Pozzilli - è anche orale e non iniettiva come le terapie tradizionali: si assume in compresse e in una malattia cronica come la sclero-si multipla, che prevede l’assunzione quotidiana di farmaci, ciò risulta di particolare rilevanza per la complian-ce del paziente, perlopiù un soggetto giovane e nel pieno delle attività la-vorative. È davvero un passo avanti nella ricerca sulla sclerosi multipla e nell’approccio terapeutico preventivo contro le nuove ricadute e accumulo di disabilità”.

“In realtà il BG-12 ha una storia antica perché per anni una molecola simile è stata utilizzata nel trattamento della psoriasi, ma la novità sta

nei trials terapeutici della sclerosi multipla in quanto è stato amplia-mente dimostrato come, su parametri di risonanza magnetica, questo

farmaco sia in grado di diminuire in modo significativo il numero di nuove lesioni a livello cerebrale.”

}Focus

Vanessa Salzano

Page 4: Innovazione e responsabilità, per i pazienti e per la loro qualità della

(4) Neurologia Orizzonti

Sclerosi Multipla, interferoni in prima linea

Vincenzo Brescia Morra

Neurologo del Centro Sclerosi Multipla presso

l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di

Napoli

(

L’atrofi a cerebrale nella sclerosi multipla, quali novità?

Vanessa Salzano

N el 1986 Rita Levi-Montalcini è stata insignita del Premio Nobel per la Medicina insie-

me all’americano Stanley Cohen, per la scoperta del fattore di crescita nervoso o NGF (Nerve Growth Factor), avvenuta nei primi anni ’50 del secolo scorso, gra-zie a ricerche pionieristiche su embrioni di pollo, che hanno dimostrato come lo sviluppo delle fi bre nervose dai gangli dorsali richieda una proteina, il NGF. Successivamente sono stati scoperti mol-ti altri fattori di crescita per altri tipi di cellule, che hanno permesso di compren-dere le basi molecolari di complessi pro-cessi biologici. Una piccola grande proteina. Il fattore di crescita NGF è una proteina indispensabile per la sopravvivenza e la crescita dei neuroni del sistema sim-patico e sensoriale, capace di innescare sempre nuove connessioni, sinapsi, cir-cuiti alternativi. “L’intera storia del NGF è paragonabile alla scoperta di un conti-nente sommerso rivelato dalla sua som-

mità emergente” scrive la scienziata nel suo libro “Elogio dell’imperfezione”, ed è proprio così. Nel 1977 per la prima vol-ta Rita Levi-Montalcini dimostrò inoltre che il NGF agisce sulle cellule del siste-ma immunitario, scoprendo in seguito che esso viene prodotto da una varietà di cellule di difesa e ghiandole endo-crine. È quindi riduttivo chiamarlo solo “fattore di crescita nervoso” perché è un modulatore che agisce in modo sinergico sui tre sistemi da cui dipende l’equilibrio dell’organismo (nervoso, endocrino e immunitario). A distanza di poco più di 60 anni dalla sua scoperta, sono ancora numerosissime le ricerche che si condu-cono nel mondo sulla proteina NGF e oggi si indaga su quali possano essere le applicazioni cliniche per la cura di ma-lattie neurodegenerative e non solo. La malattia di Alzheimer. Alcune delle ricerche che stanno lenta-mente avvicinando il NGF ai pazienti sono condotte dall’Istituto Europeo per le Ricerche sul Cervello (Ebri) di Roma,

voluto e presieduto dalla Professoressa Rita Levi-Montalcini. Qui è stato pro-dotto un metodo di coltura delle cellule nervose nel quale è possibile riprodurre gli stessi danni prodotti dalla malattia di Alzheimer: è stato così scoperto che il NGF impedisce la produzione della proteina beta-amiloide, la principale re-sponsabile della malattia, bloccando sul nascere il processo degenerativo. Anche molti studi sia sperimentali sia clinici realizzati negli USA portano a ritenere rilevanti le potenzialità terapeutiche del NGF nel trattamento della malattia di Alzheimer. Malattie oftalmiche. Un’ulteriore potenzialità del NGF ri-guarda le ulcere corneali, lesioni che possono causare la perdita della vista. Sperimentazioni cliniche “compassio-nevoli” suggeriscono che la sommini-strazione di collirio a base di NGF riesce effi cacemente a riparare il tessuto dan-neggiato. Sono in corso ricerche presso aziende farmaceutiche in Italia e all’este-

ro per sviluppare molecole simili al NGF o mutanti dello stesso NGF per trattare le ulcere corneali e altre malattie oftalmi-che, come occhio secco e glaucoma. Altre malattie neurodegenerative. Infi ne una serie di studi ha raccolto evidenze che indicano come il NGF e molecole ad esso affi ni siano capaci di prevenire i danni causati da patolo-gie neurodegenerative quali la Sclerosi Multipla e le neuropatie periferiche (da Diabete o da chemioterapici), ampliando così l’interesse dell’industria farmaceu-tica per il NGF. Questi sono alcuni dei risultati di tanti anni di studi che han-no portato il NGF dalla ricerca di base alla ricerca clinica. Per il passaggio alla realizzazione di farmaci per importanti patologie tuttora prive di presidi tera-peutici effi caci, occorre ancora superare alcune problematiche industriali connes-se. Ci si augura che ciò possa avvenire al più presto. Vanessa Salzano

Ngf. La punta di un iceberg ancora da scoprire

Cover Story

N onostante la recente intro-duzione nel trattamento della Sclerosi Multipla di

nuovi farmaci in grado di modifi care il decorso della malattia, i farmaci attual-mente in prima linea, come gli interfe-roni, sembrano reggere bene il confron-to. Abbiamo chiesto il parere del prof. Vincenzo Brescia Morra, Neurologo del Centro Sclerosi Multipla presso l’Azien-da Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli. In base alla sua personale esperienza cosa pensa dell’effi cacia de-gli interferoni e in particolare dei farma-ci ad alta dose e frequenza di sommi-nistrazione come l’interferone beta-1b? “Credo che nel prossimo triennio ci sarà ancora spazio per l’uso di interferoni ad alta dose e ad alta frequenza di som-ministrazione come l’IFN b nonostante – risponde il prof. Brescia Morra - gli ingressi già intervenuti o che avverran-no di nuovi farmaci nel “paniere” delle molecole di modifi ca del decorso del-la Sclerosi Multipla. Tale opinione mi deriva dai dati consolidati di effi cacia clinica e di sicurezza nelle diverse fasi della malattia e per un tempo prolun-gato”. Ormai sono quasi vent’anni che l’Interferone Beta 1b viene utilizzato nel trattamento della Sclerosi Multipla

Recidivante Remittente, con l’obietti-vo di modifi care il decorso di malattia. Nel tempo sono emersi dati sempre più signifi cativi relativi all’effi cacia di que-sta molecola come si riscontra in molti studi che confermano l’importanza di un intervento precoce agli esordi della malattia e questo non è quasi mai pos-sibile con i nuovi farmaci. Sono davvero numerose le evidenze che il trattamen-to con DMTs è in grado di modifi care il decorso della Sclerosi Multipla, come ad esempio lo studio di lungo termine BENEFIT, per lei quali sono i dati di questo studio più utili nella sua pratica clinica? “Certamente il dato più interes-sante è quello degli aspetti di riduzione della progressione del danno assonale e del volume dei “black holes” – affer-ma il Neurologo – considerato che tali dati neuropatologici hanno una diretta e stretta relazione con la progressione della disabilità clinica; tale dato pre-senta una valenza ancora maggiore se si considera la sicurezza dell’utilizzo dell’interferone b 1-b per tempi moltoprolungati ”. Gli interferoni beta 1-b sono molecole che hanno un’esperienza ormai ventennale. Questa ha permesso di sostenere la loro effi cacia che sembra mantenersi inalterata nel corso degli

anni. Quale è la sua personale esperien-za? “Il mio parere è che il mantenimento dell’effi cacia in tempi anche lunghi de-gli interferoni in una quota di pazienti sia dovuto ad aspetti ancora non pre-cisati che riguardano il pattern infi am-matorio-immunitario-degenerativo in relazione a un meccanismo di azione degli IFN non limitato a un solo step”. Alla luce delle recenti evidenze di eventi avversi severi sempre più numerosi dei nuovi farmaci introdotti nel trattamento della Sclerosi Multipla, cosa pensa della sicurezza degli interferoni beta 1-b at-tualmente in prima linea? “Sicuramente gli eventi avversi legati all’uso dei far-maci di II linea confermano l’indicazio-ne a periodi di terapia con interferone anche nei prossimi anni – spiega il prof. Brescia Morra continuando – precisan-do che non tutti i farmaci presenti at-tualmente in prima linea sono uguali tra loro”. In effetti i farmaci di prima linea nel trattamento della Sclerosi Multipla differiscono non poco fra loro in termini di dose, frequenza di somministrazione, effi cacia, e anche nel prezzo. Che bilan-cio può trarre considerando tutti questi fattori? “E’ diffi cile trarre una conclusio-ne da un dato che presenta un aspetto poliedrico, perché certamente vi è una

differenza di prezzo tra interferoni a ef-fi cacia simile confermata su popolazioni di pazienti con Sclerosi Multipla, però si discute ormai da anni della terapia pro-fi lata sul singolo soggetto (“tailored”); inoltre se pesiamo anche l’aderenza (fattore di cui sempre si discute nelle terapie croniche) possiamo valutare la problematica con una visuale diversa; certamente il dato fa pensare e – conclu-de - necessita di una valutazione critica che tenga conto di più fattori e che do-vrà seguire dei parametri generali ma con la possibilità di essere “calati” sul singolo paziente”.

Ngf. La punta di un iceberg ancora da scoprire

Cover Story

Page 5: Innovazione e responsabilità, per i pazienti e per la loro qualità della

Orizzonti (5) Neurologia Percorsi

L’atrofi a cerebrale nella sclerosi multipla, quali novità?

L’atrofi a cerebrale è la per-dita di tessuto dell’ence-falo che può presentarsi

in molte malattie neurologiche e neurodegenerative. Ci sono alcune patologie, come l’Alzheimer, in cui quest’aspetto viene studiato da tem-po. In altre invece, come la Sclero-si Multipla, l’atrofi a cerebrale (e in particolare l’atrofi a della sostanza grigia oltre che di quella bianca) è un parametro la cui importanza è stata pienamente riconosciuta sol-tanto negli ultimi anni. La risonanza magnetica consente non solo una defi nizione più precisa della morfologia del cervello e delle parti che lo compongono, ma anche una maggiore caratterizzazione del danno strutturale che può interessa-re alcune sue parti.Nella Sclerosi Multipla le diverse tecniche convenzionali, ma ancor più quelle “avanzate”di Risonanza Magnetica consentono di valutare la morfologia del cervello e delle parti che lo compongono ma anche di ca-ratterizzare il danno strutturale che può interessare alcune zone. “Vari studi hanno dimostrato che l’atro-fi a della sostanza grigia cerebrale si verifi ca fi n dall’esordio della sclero-si multipla, evolve più rapidamen-te rispetto a quella della sostanza bianca, ed è associata alla disabilità fi sica e alla presenza di disturbi co-gnitivi – afferma Massimo Filippi, Professore Associato di Neurologia continuando -. L’introduzione della tecnica “voxel-basedmorphometry” (VBM) per l’analisi delle scansioni RM ha permesso di defi nire la distri-buzione regionale della perdita di tessuto in diversi comparti cerebrali a differenti stadi della malattia e ha migliorato la comprensione della fi -siopatologia di alcune manifestazio-ni cliniche della SM come la disabili-tà cognitiva e la fatica”. Ciò signifi ca che oggi è più semplice predire il danno cognitivo? “Non proprio. La

risonanza magnetica ha permesso di capire meglio l’entità e la natura del danno e quindi – risponde il prof. Filippi - sicuramente rispetto a qual-che anno fa abbiamo un quadro più completo perché non osserviamo più soltanto l’aspetto infi ammato-rio; questo non si è ancora tradotto in una pratica clinica defi nita ma è auspicabile che accadrà in futuro”.È oggi possibile stabilire il rappor-to fra atrofi a cerebrale e disabilità? “Nella Sclerosi Multipla l’atrofi a cerebrale si realizza spesso precoce-mente e in tutte le forme della ma-lattia anche se l’atrofi a della sostan-za grigia interessa di più le forme progressive – asserisce Gioacchino Tedeschi, Direttore della II Clini-ca Neurologica e Responsabile del Centro Sclerosi Multipla dell’A.O.U. d e l l a S e c o n d a U n i v e r s i t à d i Napoli –. Possiamo inoltre afferma-re che l’atrofi a della sostanza grigia è correlata con la disabilità, mentre non sembra che le lesioni e il carico lesionale svolgano un ruolo meno importante nel determinare la disa-bilità e la progressione della malat-tia; ma non bisogna mai dimenticare che questi dati sono dati di gruppo e ciò signifi ca che per il momento non siamo in grado di identifi care nel singolo paziente un valore so-glia che determini la disabilità o il disturbo cognitivo”. Quanto han-no infl uito le recenti innovazioni in quest’ambito? “Grazie ai nuovi software di analisi della Risonan-za Magnetica possiamo raccogliere informazioni molto dettagliate non percettibili all’occhio umano che – risponde il prof. Tedeschi - vanno dallo 0.5% allo 0.10% annuo di atro-fi a cerebrale nelle fasi fi nali della malattia (si consideri che la perdita di tessuto cerebrale in un soggetto sano normalmente consta di circa uno 0.2% annuo). Possiamo poi par-lare di una selettività dell’atrofi a e cioè di selettività regionale”. Cosa

intende? “Non tutte le aree della corteccia hanno la stessa rilevan-za e infatti – prosegue Gioacchino Tedeschi - con particolari tecniche di risonanza è possibile misurare l’atrofi a loco regionale e sappiamo, ad esempio che l’interessamento della corteccia temporale è associa-ta ad un calo della memoria, quello del lobo frontale di destra è legato alla memoria di lavoro, mentre l’a-trofi a della corteccia prefrontale e parietale superiore impatta con la processazione delle informazioni… per cui se un gruppo di pazienti pre-senta atrofi a in queste regioni è più probabile che si possano verifi care disturbi cognitivi”. “Tutto ciò de-scritto fi nora ha una validità scien-tifi ca perché è stato testato da studi clinici ed è scientifi camente valido, ma stiamo parlando appunto di dati di gruppo – spiega Nicola De Stefa-no, Associato di Neurologia presso l’Università degli Studi di Siena, Di-partimento Scienze Neurologiche, Neurochirurgiche e del Compor-tamento; la questione è molto più complessa quando queste conoscen-ze devono essere traslate sul singolo paziente, perché ciò signifi ca passa-re da un livello clinico generale ad un livello di valutazione individua-le: questo implica il confronto con professionalità diverse, con tecniche di analisi differenti da struttura a struttura”. “Bisogna tener presente che quando parliamo di “centri” ci riferiamo infatti indifferentemente ad ospedali come il San Raffaele di Milano così come a piccoli ospedali della periferia”, conclude De Stefa-no. Vanessa Salzano

Vanessa Salzano

ro per sviluppare molecole simili al NGF o mutanti dello stesso NGF per trattare le ulcere corneali e altre malattie oftalmi-che, come occhio secco e glaucoma. Altre malattie neurodegenerative. Infi ne una serie di studi ha raccolto evidenze che indicano come il NGF e molecole ad esso affi ni siano capaci di prevenire i danni causati da patolo-gie neurodegenerative quali la Sclerosi Multipla e le neuropatie periferiche (da Diabete o da chemioterapici), ampliando così l’interesse dell’industria farmaceu-tica per il NGF. Questi sono alcuni dei risultati di tanti anni di studi che han-no portato il NGF dalla ricerca di base alla ricerca clinica. Per il passaggio alla realizzazione di farmaci per importanti patologie tuttora prive di presidi tera-peutici effi caci, occorre ancora superare alcune problematiche industriali connes-se. Ci si augura che ciò possa avvenire al più presto. Vanessa Salzano

Gioacchino Tedeschi

(Direttore della II

Clinica Neurologica e Responsabile del

Centro Sclerosi Multipla dell’A.O.U. della Seconda

Università di Napoli

Massimo Filippi

(Professore Associato di

Neurologia Università Vita-Salute San Raff aele

Nicola De Stefano

(Associato di Neurologia

presso l’Università degli Studi di Siena,

Dipartimento Scienze Neurologiche,

Neurochirurgiche e del Comportamento

Page 6: Innovazione e responsabilità, per i pazienti e per la loro qualità della

(6) Neurologia News

Danilo Toni

Direttore dell’Unità di Trattamento Neuro-

Vascolare del Policlinico Umberto I di Roma

(Maria Sessa

Coordinatrice dell’Unità Ictus del Reparto di Neurologia

dell’Ospedale San Raffaele di Milano

(

Ictus,gli ultimi studi sulle terapie

Ictus al risveglioe ultraottantenni

Vanessa Salzano

“Sono tre i trial pub-blicati ultimamente sul New England Journal Medicine una delle rivi-ste medico-scientifiche più prestigiose al mon-do: IMS3 (studio cana-dese), SYNTHESIS (in-teramente italiano) ed MR RESCUE. ”

“Circa il 25% dei pa-zienti con ictus ha più di 80 anni e circa nel 25% dei casi l’ictus si manife-sta nel sonno. ”

L a Sclerosi Multipla è una malattia frequentemente re-sponsabile di grave disabili-

tà e che generalmente si manifesta nel-la età giovanile, fra i 20 e i 30 anni. La malattia è dovuta alla comparsa di un processo autoimmune diretto contro il sistema nervoso centrale, con infiltrati infiammatori linfo-monocitari e anti-corpali diretti contro antigeni mielinici e conseguente danno mielinico e neu-ronale, responsabile della insorgenza dei sintomi.“Per neurodegenerazione intendiamo la perdita di sostanza neuronale ed in particolare degli assoni, un fenomeno che si manifesta fin dal principio del-la malattia, anche se all’inizio c’è solo infiammazione che – descrive Gian-luigi Mancardi, Professore Ordinario di Neurologia e Direttore del Diparti-mento di Neuroscienze dell’Università di Genova - è in grado di distruggere e danneggiare il sistema nervoso: già con gli attacchi infiammatori iniziali infatti si perdono i primi prolunga-menti nervosi. A questo stadio la ma-lattia non causa in genere disabilità irreversibile perché il sistema nervoso stesso riesce a sopperire al danno, ma

{

}

News

NewsS olo con gli accer-tamenti esegui-bili in regime di

ricovero è possibile diagno-sticare sede, natura e origi-ne dell’ictus, oltre che evi-denziare e curare eventuali complicanze cardiache, re-spiratorie e metaboliche. La terapia specifica nelle prime ore si basa sulla disponibilità di Unità Ictus, ovvero unità semi-intensive dove i malati con ictus sono seguiti da un team multidisciplinare di in-fermieri, tecnici della riabili-tazione e medici competenti (neurologi, internisti, cardio-logi) dedicati esclusivamente alle malattie cerebrovasco-lari. “Il problema è che pur-troppo il numero di Unità Ictus in Italia è inadeguato in quanto – avverte Danilo Toni, Direttore dell’Unità di Trattamento Neuro-Vasco-lare del Policlinico Umberto I di Roma – il rapporto nu-merico ottimale è di 1 ogni 200.000 abitanti come defini-to dal Ministero della Salute. Avremmo quindi bisogno di 300 Unità Ictus mentre inve-ce ne esistono solo 160, cioè poco più della metà del ne-cessario, e sono localizzate soprattutto nel centro nord del Paese”. La prima terapia è la trombolisi endovenosa, unico trattamento validato da numerosi trial e di dimo-strata efficacia quando viene effettuato per tempo. Quali sono le indicazioni dei trial più recenti su possibili tera-pie alternative? “Sono tre i

trial pubblicati ultimamen-te sul New England Journal Medicine, una delle riviste medico-scientifiche più pre-stigiose al mondo: IMS3 (stu-dio canadese), SYNTHESIS (interamente italiano) ed MR RESCUE. Questi tre trial han-no confrontato la trombolisi endovenosa con i trattamenti intra-arteriosi, farmacologici e meccanici ma – risponde il prof. Toni continuando – di fatto non sono riusciti a trovare alcun vantaggio nei trattamenti intra-arteriosi. Chi si occupa di neurologia interventistica critica la me-todica utilizzata in questi studi, sostenendo che i trat-tamenti meccanici sono stati utilizzati poco o in maniera inadeguata, ma al momento attuale il messaggio è solo uno: quando un paziente ha tutte le caratteristiche per essere sottoposto a trombo-lisi endovenosa è così che va trattato, mentre le terapie intra-arteriose vanno attuate in chi non ha risposto bene o presenta controindicazioni a questa”.

L a trombolisi endo venosa è autorizzata nel trattamento de-

gli eventi con esordio noto e da-tabile a non più di 3 ore prima dell’inizio dell’infusione (a bre-ve la finestra terapeutica sarà ufficialmente ampliata a 4 ore e mezza). Quali sono i casi in cui si prevede una limitazione all’utilizzo di questa terapia? “Questo trattamento è indica-to nella fascia di età compresa tra 18 e 80 anni, e in assenza di controindicazioni principal-mente correlate al potenziale rischio emorragico del farmaco – risponde Maria Sessa, Coor-dinatrice dell’Unità Ictus del Reparto di Neurologia dell’O-spedale San Raffaele di Milano -; parte delle limitazioni si basa-no, tuttavia, su evidenze scien-tifiche deboli che riducono in modo significativo il numero di pazienti eligibili al trattamento. In particolare, le due cause più frequenti di esclusione sono l’età e la presenza dei segni e sintomi dell’ictus al risveglio”. Circa il 25% dei pazienti con ic-tus ha più di 80 anni e circa nel 25% dei casi l’ictus si manifesta nel sonno. “Un trial pubblica-to lo scorso anno su Lancet ha mostrato come il trattamento con alteplase nei pazienti ul-traottuagenari fosse altrettan-to efficace che nei pazienti più giovani, in particolare se trat-tati entro le tre ore dall’esordio dei sintomi. Inoltre, numerosi studi sono in corso nel mondo, tra cui – prosegue Maria Sessa - uno tutto italiano coordina-to dall’Ospedale San Raffaele,

volti alla dimostrazione della sicurezza ed efficacia di questa cura nel trattare i pazienti con i sintomi dell’ictus presenti al ri-sveglio. Guardiamo con atten-zione a questi risultati che por-teranno a garantire una cura ad un sempre maggior numero di pazienti affetti da ictus, una malattia che colpisce prevalen-temente l’anziano – conclude la dottoressa - in un mondo in cui l’età media è in continuo aumento”.

Processo di disgregazione di un trombo. È operata dal sistema fibrinolitico in caso di trombi deputati a tamponare lesioni dei vasi dopo che si è completata la loro funzione, oppure da farmaci trombolitici in caso di trombi che ostrui-scono le arterie o le vene.

È detto ictus, dal latino colpo, un evento vascolare cerebrale patologico, con conseguente perturbazio-ne acuta della funzionalità encefalica, focale o gene-ralizzata. Viene chiamato anche apoplessia o più appropriatamente attacco apoplettico.

[ TROMBOLISI ]

[ ICTUS ] GLOSSARIO

GLOSSARIO

Page 7: Innovazione e responsabilità, per i pazienti e per la loro qualità della

News

Maria Sessa

Coordinatrice dell’Unità Ictus del Reparto di Neurologia

dell’Ospedale San Raffaele di Milano

(7) Neurologia News

Con i nostri farmacicuriamo il presente

per sostenere il futuro.

Tra le prime aziende al mondo nel settore farmaceutico, Teva è da sempre impegnata nel rendere accessibili terapie di alta qualità attraverso lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di farmaci equivalenti, farmaci innovativi, specialità farmaceutiche e principi attivi.

240x82LeScienze.indd 1 11-10-2013 11:07:03

Neurodegenerazione e disabilità nella SM:quale relazione?

Vanessa Salzano

Vanessa Salzano

L a Sclerosi Multipla è una malattia frequentemente re-sponsabile di grave disabili-

tà e che generalmente si manifesta nel-la età giovanile, fra i 20 e i 30 anni. La malattia è dovuta alla comparsa di un processo autoimmune diretto contro il sistema nervoso centrale, con infiltrati infiammatori linfo-monocitari e anti-corpali diretti contro antigeni mielinici e conseguente danno mielinico e neu-ronale, responsabile della insorgenza dei sintomi.“Per neurodegenerazione intendiamo la perdita di sostanza neuronale ed in particolare degli assoni, un fenomeno che si manifesta fin dal principio del-la malattia, anche se all’inizio c’è solo infiammazione che – descrive Gian-luigi Mancardi, Professore Ordinario di Neurologia e Direttore del Diparti-mento di Neuroscienze dell’Università di Genova - è in grado di distruggere e danneggiare il sistema nervoso: già con gli attacchi infiammatori iniziali infatti si perdono i primi prolunga-menti nervosi. A questo stadio la ma-lattia non causa in genere disabilità irreversibile perché il sistema nervoso stesso riesce a sopperire al danno, ma

se la perdita continua può esserci un deficit permanente. Man mano che la malattia va avanti gli assoni non sono più protetti dalla guaina mielinica e in-tervengono altri meccanismi che pos-sono amplificare e perpetuare il danno. I processi neuronali, privi di guaina mielinica, possono degenerare e ciò accade soprattutto nella fase progres-siva della malattia, causando disturbi clinici dell’andatura, poiché tendono a degenerare le fibre assonali più lun-ghe, quelle quindi che innervano gli arti inferiori”. I sintomi dipendono dalla localizzazione dei focolai infiam-matori ma possono essere colpite tutte le zone del sistema nervoso centrale come l’encefalo, il midollo spinale e i nervi ottici. Fra i sintomi iniziali fre-quente è un transitorio annebbiamen-to della vista, la visione sdoppiata e i disturbi dell’equilibrio e della coordi-nazione dei movimenti. La maggior parte dei pazienti ha all’inizio un de-corso a ricadute e remissione, ma dopo circa 15-20 anni la malattia assume un decorso secondariamente progressivo con accumulo di disabilità. Ma qual è la relazione fra neurodegerazione e disa-bilità in questa malattia? “La relazione

è molto stretta perché anche se l’in-fiammazione tende a regredire spon-taneamente, quando si perdono i neu-roni e i loro prolungamenti – risponde il Prof. Mancardi – compaiono sintomi irreversibili. Si tratta di un fenomeno che inizia precocemente, in quanto la perdita neuronale è presente fin dall’i-nizio della malattia, e i diversi tipi di disabilità motoria, sensitiva o senso-riale variano in rapporto alla sede del processo. La Sclerosi Multipla, quando la malattia avanza, dopo anni dall’e-sordio, assume in genere un decorso abbastanza standard con una progres-siva disabilità in genere localizzata agli arti inferiori, con disturbi della forza e della coordinazione, frequentemen-te associati a problemi anche a carico di altri apparati come quello visivo e sfinterico. Con l’avanzare della malat-tia possono comparire deficit di forza localizzati anche agli arti superiori, ma in genere sono più compromessi gli arti inferiori e quindi la deambulazio-ne”. Esistono terapie farmacologiche contro l’avanzare della neurodegene-razione? “Abbiamo mezzi farmacolo-gici potentissimi per bloccare e ridurre l’infiammazione, ma per la degenera-

zione neuronale abbiamo ancora pro-blemi e il motivo – spiega Gianluigi Mancardi – è che non conosciamo an-cora a fondo i meccanismi che stanno alla base della degenerazione assonale; anche se sappiamo cosa avviene e cioè la distruzione della guaina mielinica di protezione seguita da anomalie nel-la distribuzione dei canali del sodio e potassio e aumento intracellulare di calcio e altro ancora, attualmente non siamo in grado di definire precisamen-te i meccanismi veri e propri del danno ed è per questo che oggi non abbiamo terapie che siano in grado di arrestare questo processo. Oggi è questo il pro-blema più importante nella Sclerosi Multipla: abbiamo farmaci contro l’in-fiammazione ma non farmaci in grado di arrestare o rallentare la neuro dege-nerazione. Questo è un problema che – conclude Mancardi - per altro riguar-da molte malattie del sistema nervoso centrale, non solo la Sclerosi Multipla, poiche’ si suppone che i meccanismi di degenerazione neuronale siano gli stessi o comunque molto simili in di-verse malattie neurologiche”.

Gianluigi Mancardi

Direttore del Dipartimento di Neuroscienze, Riabilitazione, Oftalmologia, Genetica e Scienze Materno-Infantili dell’Università di Genova

( }News

“Abbiamo mezzi farmacologici potentissimi per bloccare e ridurre l’infiammazione ma per la degenerazione neuronale

abbiamo ancora problemi e il motivo, è che non conosciamo ancora a fondo i meccanismi che stanno alla base della degenerazione assonale”

Page 8: Innovazione e responsabilità, per i pazienti e per la loro qualità della

N uove tecnologie diagnostiche e maggiore consapevolezza dei sintomi legati alla demen-

za fanno sì che i medici possano intervenire sempre più precocemente sui danni causati dai deficit cognitivi e comportamentali ri-conoscendo i pazienti molti anni prima che esploda la demenza vera e propria. Come si interviene? “In primo luogo modifican-do gli stili di vita perché si sa con chiarez-za che i deficit cognitivi che preludono la demenza sono più frequenti nelle persone meno acculturate e meno stimolate dal punto di vista psico-affettivo e – risponde Carlo Caltagirone, Docente di Neurologia all’Università di Roma Tor Vergata e Diret-tore Scientifico della Fondazione Santa Lu-

cia IRCCS - ciò consente interventi di tipo riabilitativo sia cognitivo che sociale; c’è poi il versante farmacologico che dimostra come siano utili la riduzione o la rimozione della proteina patologica che si deposita nel sistema nervoso”. La demenza è una sindrome caratterizzata dalla presenza di deficit della memoria con disturbi in altre aree cognitive, riduce la capacità di svolge-re le comuni attività quotidiane, fino alla perdita totale dell’autonomia e dell’auto-sufficienza. Più della metà delle demenze è di tipo degenerativo (Alzheimer) e si sti-ma che in Italia siano colpiti quasi 100.000 individui ogni anno per un totale che va dagli 800.000 al milione: una vera e propria epidemia silenziosa se si pensa anche alle

famiglie interessate. A chi bisogna rivol-gersi quando si ha un parente affetto da demenza? “Per i casi conclamati esistono le strutture sanitarie regionali, Unità Va-lutative Alzheimer (UVA) con compiti di diagnosi e prescrizione dei farmaci sinto-matici sul disturbo cognitivo, attualmente disponibili. In alcune regioni – conclude il Prof.Caltagirone – vi sono progetti in-tegrati anche per le famiglie, ma si tratta di eccellenze poco diffuse”. La demenza è peggiorata dal senso di solitudine e stress psicologico cui sono esposti sia il paziente che i suoi cari; non è guaribile ma può es-sere affrontata e per farlo si ha bisogno di un aiuto per uscire dall’isolamento. È per questo che sono utili le reti di servizi che

offrono opportunità per le famiglie, sia dal punto di vista del sostegno che dell’informa-zione e della formazione. Vanessa Salzano

(8) Neurologia Scenari

Demenze, l’importanza del sociale

Carlo Caltagirone

Docente di Neurologia all’Università di Roma

Tor Vergata e Direttore Scientifico della

Fondazione Santa Lucia IRCCS

(

“ I like to know i’m not the only oneconcerned about my health”

Vanessa Salzano

Rare sì, ma soprattutto neurologiche

I n Europa si definiscono rare quel-le malattie che colpiscono meno di cinque persone su diecimila. I dati

più recenti forniti dalla Organizzazione Mondiale della Sanità indicano in almeno cinquemila le malattie e le sindromi che possono essere definite rare. Di queste la grande maggioranza (circa 4000) sono causate da un’ anomalia genetica, ma so-prattutto il 50% delle malattie rare, inserite nel catalogo mondiale, è di natura neuro-logica ovvero comporta una compromis-sione neurologica. “Il neurologo ricopre dunque un ruolo chiave nella diagnosi e nel trattamento di patologie del genere ma – rileva Antonio Federico, Professore ordinario di Neurologia, Direttore Cen-tro di Ricerca per la Diagnosi, Terapia e Prevenzione del Neurohandicap e delle Malattie Neurologiche Rare dell’Univer-sità di Siena - diagnosticare una malattia rara non è affatto facile e in Italia spesso la giusta diagnosi arriva con un ritardo di circa 3-6 anni per le forme infantili e di 5-10

anni per le forme adulte; ritardo che porta con sé danni quasi sempre irreparabili: è necessario che attraverso il miglioramento dei meccanismi di conoscenza e di gestio-ne di tali patologie l’intervallo diagnosti-co venga ridotto al minimo e soprattutto vengano divulgate delle metodologie di prevenzione, negli altri membri della fa-miglia, che prevengano la nascita di altri soggetti affetti”. La causa del ritardo dia-gnostico è quasi sempre legata alla caren-za di informazioni sulle diverse malattie da parte dei medici di base e specialisti, eppure, data la caratteristica di coinvolgi-mento del sistema nervoso centrale, peri-ferico e del muscolo, le malattie neurolo-giche rare dovrebbero essere considerate un’importante sfida per la neurologia non solo italiana. “Le malattie rare sono un’in-credibile opportunità per la ricerca clinica e di base - prosegue Federico - per com-prendere le normali funzioni dei sistemi cellulari, rappresentando un vero e pro-prio modello di studio per le malattie più

comuni. Ma dalla nostra esperienza risulta che malgrado ci siano numerose iniziative nazionali ed internazionali rivolte alla faci-litazione della diagnosi, della ricerca e del-la terapia delle malattie neurologiche rare, ancora molto bisogna fare per evitare che chi soffre di una malattia neurologica rara soffra di due problemi che si accrescono mutuamente: il primo perché si è ammala-ti, il secondo perché è difficile trovare una risposta al diritto di essere curati. Ciò che serve sono maggiori finanziamenti, coor-dinamento tra ricerche di base e ricerche applicate, maggiori informazioni epide-miologiche e registri nelle diverse malat-tie, e soprattutto la collaborazione tra chi, medico, biologo o tecnico della ricerca e della sanità cerca di affrontare nel miglior modo tali difficili problemi, ed i pazienti e le loro famiglie che legittimamente sono in attesa di terapie sempre più efficaci in grado di migliorare la loro qualità di vita”. La Società Italiana di Neurologia (SIN), di cui il prof. Federico è Past President, ha

programmato di dedicare ampio spazio alla formazione dei futuri neurologi per facilitare la diagnosi e l’assistenza in tale campo, e ha aperto una finestra presso il proprio sito www.neuro.it sulle malattie neurologiche rare.

Antonio Federico

Professore ordinario di Neurologia, Direttore Centro

di Ricerca per la Diagnosi, Terapia e Prevenzione del

Neurohandicap e delle Malattie Neurologiche Rare

dell’Università di Siena

(

Alzheimer, l’interessante orizzonte dei vaccini

I I vaccini e le terapie immunolo-giche nel trattamento delle de-menze e in particolare del morbo

di Alzheimer: una prospettiva interes-sante sulla quale il mondo scientifico lavora da diverso tempo. A descrivere in dettaglio di cosa si tratta è il profes-sor Alessandro Padovani, che dirige la Clinica Neurologica dell’Università de-gli studi di Brescia. “Uno degli approc-ci classici è quello dell’immunizzazione passiva, sperimentata però da vari anni con esito non favorevole” spiega Pado-vani, secondo il quale invece “non è sconfitta la vaccinazione attiva, che anzi si sta sperimentando con diversi trial, so-stanzialmente per testarne la tollerabili-tà”. “Solo superata quella fase, verificato che non ci siano effetti collaterali - prose-

gue - si passerà a dimostrarne l’efficacia nelle varie fasi della malattia”. “I dati sperimentali sugli animali sono però già molto promettenti”evidenzia l’esperto, sottolineando innanzitutto che “se dati attuali e trial mostrassero di avere ef-fetto su pazienti in fase conclamata di malattia, si potrebbe poi procedere alla selezione di coloro che è possibile trat-tare”. Ma la vera sfida per i neurologi sarebbe quella di riuscire a trattare sog-getti che non hanno ancora sviluppato a pieno i sintomi della demenza : “La po-polazione target - spiega ad esempio a questo proposito il professor Padovani- e’ quella che è affetta da decadimento cognitivo lieve”. O ancora meglio sarebbe riuscire a pro-teggere i soggetti a rischio ancora prima

che sviluppino queste patologie, prima ancora che sperimentino il più classico dei disturbi, quello della perdita di me-moria. “Ad esempio potrebbero essere curati i figli dei malati nei quali fosse riscontrata un’alterazione genetica” ag-giunge l’esperto. “I farmaci disponibili e altri agirebbero sulla parte sintomatica per quanto riguarda il disturbo della me-moria e altre funzioni cognitive - spie-ga - mentre quelli biologici sarebbero ‘anti- malattia’, in grado di alterarne il decorso. Queste due tipologie di farmaci agirebbero parallelamente”.E, sempre a proposito di farmaci, vi sa-rebbero allo studio anche altre due o tre molecole con effetto “protettivo”.“I pazienti - conclude il professor Padova-ni - possono sempre tenersi aggiornati

sull’andamento delle ricerche scientifi-che che riguardano terapie immunologi-che e vaccini per le demenze e il morbo di Alzheimer”. Per farlo basterà consul-tare alcuni siti come www.clinicaltrials.com o www.alzforum.org. Elida Sergi

Alessandro Padovani

Direttore della clinicaneurologica dell’Università

degli studi di Brescia

(

Page 9: Innovazione e responsabilità, per i pazienti e per la loro qualità della

offrono opportunità per le famiglie, sia dal punto di vista del sostegno che dell’informa-zione e della formazione. Vanessa Salzano

Scenari

Carlo Caltagirone

Docente di Neurologia all’Università di Roma

Tor Vergata e Direttore Scientifico della

Fondazione Santa Lucia IRCCS

(9) Neurologia Focus

I disturbi motori, che riguardano molti malati di Sclerosi

Multipla, sono limitanti e si manifestano soprattutto nel-la fase progressiva della ma-lattia. La qualità di vita del paziente peggiora, perché se all’inizio avverte delle diffi-coltà nelle contratture velo-ci dei muscoli (ad esempio quando fa una corsa o quan-do sale su un bus) poi inizia ad averle anche nel caso di azioni meno impegnative e a velocità ridotta, come una passeggiata, fino a non ri-uscire a compiere neppure quelle che richiedono uno sforzo ancora minore. “Le possibilità di movimento progressivamente si limita-no e la gamba sembra come inchiodata al pavimento”, spiega con un esempio effi-cace la Dottoressa Leocani, Responsabile Centro MA-GICS, Dipartimento Neuro-

logico, Istituto Scientifico San Raffaele. Non esistono terapie efficaci per combat-tere questi disturbi asso-ciati alla Sclerosi Multipla, ma esistono farmaci di tipo sintomatico (che alleviano cioè i sintomi), alcuni dei quali vengono iniettati per via intra- rachidea, cioè nella zona a protezione del midollo spinale. Oggi poi vi sono due principi attivi, THC:CBD (Tetraidrocanna-binolo e Cannabidiolo), per coloro che non hanno avuto benefici dai trattamenti pre-cedenti o che hanno riporta-to eccessivi effetti collatera-li. “La facilità d’uso è data dal fatto che si tratta di uno spray- sottolinea la Dotto-ressa Leocani - questo rende più agevole personalizzare la dose e anche adattare la dose individualmente”.“Queste due molecole non agiscono su tutti i pazienti

allo stesso modo, dati anche i meccanismi multi fattoriali e la variabilità patogenetica della Sclerosi Multipla, per questo è necessario testarli” prosegue il professore, ricor-dando come sia fondamen-tale, nella somministrazione corretta il ruolo dell’infer-miere. “E’ lui che sommini-stra il farmaco per la prima volta ed è lui che spiega al paziente come farlo da sé quando va a casa” osserva Il professor Giancarlo Comi, presidente della SIN. Il far-maco creato con questi due principi attivi, come riporta anche il sito dell’AISM, As-sociazione Italiana Sclerosi Multipla (www.aism.it) è stato autorizzato dall’AIFA, l’Agenzia Italiana del Far-maco, nello scorso mese di maggio. Dallo scorso mese di luglio, poi, la casa farma-ceutica che lo produce ne ha reso nota la disponibilità sul

territorio italiano. La deci-sione dell’AIFA è stata quel-la di inserirlo tra i farmaci di classe h (ospedaliera) rendendolo quindi fruibile nelle farmacie ospedaliere o in quelle delle Asl territo-riali. E’ stato istituito anche un registro dei pazienti in cura, che come rileva il pro-fessor Comi “è una necessità , in quanto serve a monito-rare appropriatezza d’uso e impatto”. C’è anche un discorso di tipo economico che riguarda il Sistema Sani-tario Nazionale e che non va trascurato - è la conclusione del professore - perché in tempi di crisi economica si deve ottimizzare il più pos-sibile l’uso di risorse come i farmaci evitando sprechi.

Elida Sergi

Sclerosi multipla e disturbi motori, la qualità di vita può migliorare

“ I like to know i’m not the only oneconcerned about my health”

Letizia Leocani

(

Vanessa Salzano

Il cannabidiolo (CBD) è un metabolita della Cannabis sativa. Ha effetti sedativi, ipnotici, antiepilettici, an-tidistonici, antiossidanti e antinfiammatori. Si è ri-velato inoltre in grado di ridurre la pressione endo-oculare ed è un promet-tente antipsicotico atipico.

[ CBD ]

GLOSSARIO

Responsabile Centro MAGICS, Dipartimento Neurologico,

Istituto Scientifico San Raffaele

Page 10: Innovazione e responsabilità, per i pazienti e per la loro qualità della

(10) Neurologia Soluzioni

avere crisi subentranti di ce-falea a grappolo, resistente a tutti i farmaci come anche ai vari trattamenti chirurgici demolitivi - prosegue Leone - dal Besta, la metodica si è gradualmente diffusa in tutta l’Europa e negli Stati Uniti; deve essere usata con cautela poiché non è priva di rischi”. “Viene proposta solo quando tutte le terapie farmacologi-che somministrate per perio-di adeguati e a dosi corrette hanno fallito - rileva - prima di proporla vengono effettua-te altre procedure meno inva-sive quali l’infiltrazione del ganglio sfenopalatino e la sti-molazione del nervo grande occipitale. Se anche con que-ste ultime non vi è un benefi-cio, si può proporre la DBS”. “I pazienti affetti da cefalea cronica farmaco resistente ri-chiedono una gestione molto complessa, una valutazione attenta, una lunga esperienza e un lavoro di equipe: neu-rologi, neurochirurghi, ane-stesisti, otorinolaringoiatri, psichiatri, psicologi” conclu-de Leone, evidenziando che “in Italia la DBS è praticata al Besta e presso l’Ospedale di Vicenza”. Vanessa Salzano

se”. “La possibilità di effettuare una diagnosi precoce della ma-lattia di Parkinson – prosegue - potrebbe consentire di utiliz-zare in tali pazienti eventuali terapie farmacologiche in gra-do di rallentare il decorso del male. Sono in corso a tal scopo numerose sperimentazioni su farmaci in grado di rallentare il decorso della malattia stessa, anche se per ora i risultati non sono stati molto incoraggianti”. Nella gran parte dei casi - sot-tolinea Berardelli - si prende comunque coscienza del proble-ma clinico quando subentrano i disturbi motori: è in questo caso che iniziano le vere preoccupa-zioni. In questa fase è necessario che il neurologo discuta con il paziente tutte le problematiche relative alla patologia stessa per poi iniziare la terapia sintomati-ca, che deve essere assunta con costanza e regolarità. La terapia farmacologica è essenzialmen-te rivolta ai disturbi motori ma anche per i disturbi non motori esistono terapie efficaci. L’ade-renza alla terapia e’ comunque fondamentale e le terapie attuali consentono al paziente affetto da malattia di Parkinson di vi-vere una vita praticamente nor-male.

P uò la stimolazio-ne cerebrale pro-fonda (deep brain

stimulation - DBS), una meto-dica chirurgica che prevede l’impianto di un elettrodo sti-molatore in una specifica area del cervello in grado di modi-ficarne l’attività, dare benefi-ci in caso di cefalea? Ne ab-biamo parlato con il professor Massimo Leone, dell’Istituto Neurologico Besta di Milano. “Non tutte le forme di cefalea traggono beneficio dalla DBS - spiega Leone- ad oggi, la let-teratura medico-scientifica ne indica l’efficacia nelle cefalee trigeminali autonomiche e in particolare nella cefalea a grappolo cronica farmaco resistente, nella Sunct (short-lasting unilateral nervralgi-form headache attacks with conjunctival injection and te-aring) e nell’emicrania paros-sistica. “Solo una percentuale molto bassa di pazienti ha necessità di essere sottoposta a DBS” evidenzia quindi l’e-sperto. “La DBS nelle cefalee è stata introdotta per la prima volta presso l’Istituto Neuro-logico Besta nel 2000, quan-do ci si è trovati di fronte un paziente che continuava ad

N on solo tremore, rigi-dità muscolare e len-tezza nell’esecuzione

dei movimenti. Esistono altri disturbi legati alla malattia di Parkinson di cui si sente par-lare meno di frequente e che addirittura possono precedere di alcuni anni quelli motori: i problemi di olfatto o quelli co-gnitivi, i disturbi del sonno, il dolore (localizzato dove poi si manifestano le criticità a livello muscolare, ma non solo), i pro-blemi intestinali come la stipsi e quelli urinari come la minzio-ne imperiosa. A descriverli è il professor Alfredo Berardelli, professore di Neurologia della Sapienza e Segretario della SIN, Società Italiana di Neurologia. Conoscerli è fondamentale, non solo per i familiari di un malato di Parkinson che potrebbero es-sere maggiormente predisposti a sviluppare la malattia, ma per tutti come misura di prevenzio-ne generale. “L’identificazione precoce dei disturbi non motori - spiega il professore - ci potreb-be consentire di porre diagnosi di malattia di Parkinson in una fase molto precoce della ma-lattia, anche se è ovviamente necessario essere sicuri che tali sintomi non abbiano altre cau-

( Alfredo Berardelli

Professore di Neurologia della Sapienza e Segretario della SIN, Società Italiana di Neurologia

Parkinson, non solo un problema di tremore

DBS, alternativa efficace per alcuni tipi di cefalea

Nessuna correlazione fra CCSV e Sclerosi Multipla. Ecco i dati dello studio CoSMo.

I centri ospedalieri per la Sclerosi Multipla: il punto nodale attorno al

quale ruota l’assistenza ai pazien-ti, parte essenziale nella gestione della malattia. Quello di Gallarate, in provincia di Varese, è stato il primo ad essere creato, 50 anni fa; poi numerosi altri ne sono sorti in varie parti d’Italia, sono ora oltre 200, ed organizzati in una sorta di rete che ne fa un modello capillare e con alte professionalità, modello che all’estero ci è invidiato e che rappresenta un vero motivo di orgoglio per la nostra comunità scientifica.“Quelli più grandi sono circa una ventina ed hanno in ca-rico oltre mille pazienti ciascuno “spiega il dottor Angelo Ghezzi, coordinatore del Gruppo di Studio Sclerosi Multipla all’interno della SIN, Società Italiana di Neurologia, sottolineando come la vera svolta si è avuta quando, per la prima volta, sono arrivati i farmaci immuno-

modulanti come l’interferone beta e il glatiramer acetato, che questi centri hanno iniziato a distribuire su selezione ed indicazione delle Autorità Regolatorie. Insieme alla distribuzione dei farmaci sono arri-vate anche le opportunità di nuove iniziative in ambito clinico e assi-stenziale, i consigli ai pazienti, ai familiari e ai care-giver, che hanno reso questi centri dei punti di rife-rimento importanti e imprescindi-bili per momenti di confronto sulla malattia, aggiornamento e ricerca. In questi anni l’apporto italiano è stato rilevante anche nella costru-zione di modelli di assistenza per le forme pediatriche. I centri princi-pali per la Sclerosi Multipla hanno delle équipe complete, fatte da neu-rologi (a Gallarate ad esempio ce ne sono ben quattro) e infermieri, il cui ruolo è fondamentale soprattutto per gestire farmaci nuovi, nella fase di preparazione, inizio e mo-nitoraggio della malattia. Ma non

deve affatto essere trascurato an-che il supporto psicologico, grazie alla presenza di specialisti. “L’assi-stenza è il problema fondamenta-le per quanto riguarda la Sclerosi Multipla - prosegue infatti Ghezzi - soprattutto perché la malattia ha una lunga evoluzione: colpisce il paziente tra i 20 e i 40 anni, nel pie-no della vita lavorativa, familiare e sociale. Si compone essenzial-mente di due fasi: la prima è pre-valentemente specialistica - clinica e riguarda l’approccio terapeutico ai nuovi farmaci subito dopo la diagnosi: questa fase rappresenta spesso una sorta di ‘doccia fred-da’ per il malato che si trova ad affrontare problemi che neanche lontanamente poteva immaginar-si. L’informazione appropriata, in questa fase, rappresenta un aspetto fondamentale. La seconda è invece di tipo sociale - riabilitativo, ugual-mente essenziale, perché vi è una progressiva limitazione nella moti-

lità , con deficit o perdita di autono-mia e il paziente deve in qualche modo essere ‘accompagnato’ nei passaggi cruciali”. Pianificare il futuro è dunque fondamentale per chi deve convivere con la malattia, perché aiuta a guardare avanti con maggiore coraggio. “Per questo nei centri di riferimento per la sclerosi multipla è prevista la presenza di uno psicologo, insieme a quella del neurologo e di un infermiere dedi-cato: si tratta di una figura essen-ziale per il malato” spiega Ghezzi. Accanto a questi, in un lavoro di équipe, ci sono anche gli speciali-sti di alcune discipline correlate in qualche modo alla sclerosi multi-pla, come gli urologi, a cui spetta il compito di occuparsi di alcune delle problematiche più comuni correlate a questa malattia, come ad esempio la vescica neurologica. Inoltre il fisiatra, l’oculista, il neu-ro radiologo, e altri ancora, al fine di offrire le soluzioni ottimali per i

problemi complessi che la malattia comporta.Trovare un centro per la sclerosi multipla al quale fare riferi-mento sul proprio territorio non è affatto difficile: sarà proprio il neu-rologo, una volta fatta la diagnosi, a indirizzare il paziente e i suoi fami-liari verso quello più vicino, che gli fornirà supporto e assistenza. Una panoramica completa di quelli esi-stenti però è possibile averla visi-tando il sito

Angelo Ghezzi

coordinatore del Gruppo di Studio Sclerosi Multipla

all’interno della SIN, Società italiana di Neurologia

(

Sclerosi multipla, l’assistenza ruota attorno ai centri ospedalieri

Elida Sergi

www.centrisclerosimultipla.it

Elida Sergi

L ’ Epilessia è una delle malattie neurologiche più diffuse, tanto che è riconosciuta come malattia

sociale, ma è probabile che la sua frequenza sia sottostimata perché è una patologia che spesso viene nascosta per motivi psicologici e ambientali. Dai dati attualmente a dispo-sizione si sa che nei Paesi industrializzati l’Epilessia interessa circa 1 persona su 100 e si stima che in Europa circa 6 milioni di per-sone abbiano un’Epilessia in fase attiva e che la malattia interessi in Italia circa 500.000 per-sone. “L’Epilessia è caratterizzata dal ripetersi di crisi epilettiche, che sono solo un sintomo della patologia cerebrale e riconoscono un ampio numero di cause – avverte Roberto Mi-chelucci, Direttore della UOC di Neurologia dell’Ospedale Bellaria di Bologna e Presiden-

L a stimolazione cerebrale profonda: una sorta di pace- maker cerebrale in grado di

migliorare in modo significativo i sinto-mi del Parkinson. “Si tratta di una pro-cedura terapeutica di tipo chirurgico eseguita da un team di neurochirurghi esperti in Neurochirurgia Stereotassica e neurologi esperti in Disturbi del Mo-vimento; l’intervento consiste nel posi-zionamento intracerebrale di particolari elettrodi capaci di fornire una stimola-zione elettrica continua in grado di mi-gliorare i sintomi parkinsoniani - spiega il professor Leonardo Lopiano, già Coor-dinatore del gruppo di studio “Stimola-zione cerebrale profonda” della Società Italiana di Neurologia - il dispositivo è

DEEP BRAIN STIMULATIONuna metodica chirur-gica che prevede l’im-pianto di un elettro-do stimolatore in una specifica area del cer-vello in grado di modi-ficarne l’attività

[ DBS ]

GLOSSARIO

Page 11: Innovazione e responsabilità, per i pazienti e per la loro qualità della

Soluzioni (11) Neurologia Focus

Nessuna correlazione fra CCSV e Sclerosi Multipla. Ecco i dati dello studio CoSMo.

problemi complessi che la malattia comporta.Trovare un centro per la sclerosi multipla al quale fare riferi-mento sul proprio territorio non è affatto difficile: sarà proprio il neu-rologo, una volta fatta la diagnosi, a indirizzare il paziente e i suoi fami-liari verso quello più vicino, che gli fornirà supporto e assistenza. Una panoramica completa di quelli esi-stenti però è possibile averla visi-tando il sito

Angelo Ghezzi

coordinatore del Gruppo di Studio Sclerosi Multipla

all’interno della SIN, Società italiana di Neurologia

Epilessia, quali sfide?

Parkinson, i sintomi migliorano con la stimolazione cerebrale profonda

Elida Sergi

www.centrisclerosimultipla.it

C hiarire l’effettiva correlazione tra insufficienza venosa cere-brospinale cronica (CCSV) e

Sclerosi Multipla (SM). E’ questo l’obiet-tivo che si è prefissato lo studio CoSMo (acronimo che sta per CCSVI, studio Osser-vazionale Sclerosi Multipla e Ond, ovvero Other Neurodegenerative Diseases), orga-nizzato e finanziato la Associazione Ita-liana Sclerosi Multipla (AISM) e dalla sua Fondazione (FISM), con la collaborazione di 35 centri neurologici e sonologici italiani e delle due Società Scientifiche, la Società Italiana Interdisciplinare Neurovascola-re e la Società Italiana di Neurosonologia ed Emodinamica cerebrale, che radunano gli esperti nazionali di Eco Doppler dei vasi del collo e intracerebrali. “Lo studio è stato organizzato con lo scopo di dare una risposta certa e definitiva al problema della presenza o meno di restringimenti venosi e inversioni di flusso venoso, come

descritto dal prof. Zamboni, che – spiega il Prof. Gianluigi Mancardi, Direttore del Dipartimento di Neuroscienze, Riabilita-zione, Oftalmologia, Genetica e Scienze Materno-Infantili dell’Università di Ge-nova - ha evidenziato la presenza di tali anomalie venose nel 100% dei casi di SM e non nei controlli normali. Successivamente altri studi hanno evidenziato valori molto diversi, variabili dal 49% allo 0% nella SM. Con lo studio CoSMo si è voluto dare una risposta certa, superando le debolezze de-gli studi precedenti”. Come si è svolta la ri-cerca? “Sono stati formati sull’Eco Doppler venoso esperti sparsi sul territorio naziona-le e l’esame è stato effettuato dal sonologo locale in cieco su tre tipologie di soggetti: pazienti affetti da Sclerosi Multipla, sog-getti sani e soggetti affetti da altre malattie neurologiche – risponde il Prof. Mancardi -. L’esame, registrato su CD, veniva invia-to in maniera randomizzata a uno di tre

esperti (uno studioso tedesco di fama inter-nazionale o ai due Presidenti delle Società Scientifiche). Se il referto del lettore centra-le (presenza o meno di CCSVI) era identico a quello del sonologo locale, veniva stilato il referto definitivo; altrimenti l’esame ve-niva inviato agli altri due lettori e il referto finale era quello della maggioranza degli esperti centrali”. Lo studio è durato circa 2 anni e sono state esaminate quasi 1800 per-sone, di cui più di 1150 affette da SM, più di 350 controlli su soggetti sani e più di 200 su soggetti affetti da altre malattie neurologi-che. “I dati finali dimostrano che la CCSVI è presente in circa il 2-3%, sia delle perso-ne con SM, che di quelle sane o con altre malattie neurologiche e non esiste nessuna differenza fra questi tre gruppi esaminati. Inoltre – conclude il Direttore – non vi è differenza fra casi con SM all’esordio della malattia e casi in fase avanzata di malattia. Esiste una concordanza molto alta fra letto-

re locale e centrale sull’assenza di CCSVI, mentre è relativamente bassa la presenza di CCSVI”. Lo studio ha pertanto dimo-strato che la CCSVI non è associata alla SM e che non esiste nessuna differenza fra SM in pazienti normali o con altre problemati-che neurologiche. Vanessa Salzano

Gianluigi Mancardi

Direttore del Dipartimento di Neuroscienze, Riabilitazione,

Oftalmologia, Genetica e Scienze Materno-Infantili dell’Università di Genova

(

L ’ Epilessia è una delle malattie neurologiche più diffuse, tanto che è riconosciuta come malattia

sociale, ma è probabile che la sua frequenza sia sottostimata perché è una patologia che spesso viene nascosta per motivi psicologici e ambientali. Dai dati attualmente a dispo-sizione si sa che nei Paesi industrializzati l’Epilessia interessa circa 1 persona su 100 e si stima che in Europa circa 6 milioni di per-sone abbiano un’Epilessia in fase attiva e che la malattia interessi in Italia circa 500.000 per-sone. “L’Epilessia è caratterizzata dal ripetersi di crisi epilettiche, che sono solo un sintomo della patologia cerebrale e riconoscono un ampio numero di cause – avverte Roberto Mi-chelucci, Direttore della UOC di Neurologia dell’Ospedale Bellaria di Bologna e Presiden-

te della Lega Italiana Contro l’Epilessia (LICE) - la cosa importante è che complessivamente riusciamo a controllare completamente l’epi-lessia nel 70% dei casi grazie ai farmaci, ma il restante 30% viene chiamato “farmaco re-sistente”. Infatti gran parte della ricerca degli ultimi anni si è rivolta alla farmaco resisten-za, che può avvenire anche a parità di cause: “Negli ultimi anni sono stati identificati nuovi meccanismi alla base della farmaco resistenza come – descrive Roberto Michelucci - l’ecces-siva espressione di proteine responsabili della estrusione del farmaco dalle cellule nervose. Inoltre si pensa che debbano essere scoperti nuovi “bersagli” d’azione dei farmaci, come i recettori del potassio o del glutammato, nei confronti dei quali sono state sviluppate nuove molecole”. Ma c’è ancora molto da

fare per garantire alle persone affette da epi-lessia una cura adeguata perché la chirurgia resettiva (unica terapia non farmacologica che può guarire) è praticabile in un numero contenuto di casi e gli stimolatori, che ero-gano impulsi elettrici, non guariscono dalla patologia. Quali sono oggi le sfide della ricer-ca? “Le sfide attuali sono tese principalmente verso tre obiettivi: lo sviluppo di molecole per prevenire l’epilessia dopo lesioni cerebrali, il controllo delle crisi nei casi farmaco resistenti, la scoperta dei geni responsabili delle forme più comuni di Epilessia di probabile origine genetica; ma – conclude il Presidente della LICE - la ricerca scientifica europea manca di un coordinamento centrale ed esiste ancora una scarsa sensibilità a livello politico in meri-to alla frequenza e alle conseguenze di questa

patologia, che riceve ancora un numero non adeguato di finanziamenti per la ricerca”. Vanessa Salzano

L a stimolazione cerebrale profonda: una sorta di pace- maker cerebrale in grado di

migliorare in modo significativo i sinto-mi del Parkinson. “Si tratta di una pro-cedura terapeutica di tipo chirurgico eseguita da un team di neurochirurghi esperti in Neurochirurgia Stereotassica e neurologi esperti in Disturbi del Mo-vimento; l’intervento consiste nel posi-zionamento intracerebrale di particolari elettrodi capaci di fornire una stimola-zione elettrica continua in grado di mi-gliorare i sintomi parkinsoniani - spiega il professor Leonardo Lopiano, già Coor-dinatore del gruppo di studio “Stimola-zione cerebrale profonda” della Società Italiana di Neurologia - il dispositivo è

costituito da due elettrodi intracerebrali collegati ad uno stimolatore posiziona-to in regione pettorale, programmabile dall’esterno”.“Questa procedura tera-peutica viene generalmente consigliata per il trattamento della fase avanzata di malattia (in media dopo circa 10 anni di malattia) quando i pazienti, nonostante la terapia farmacologica manifestano gravi complicanze motorie (fluttuazioni motorie, fenomeni on- off, e movimenti involontari) - prosegue - ma un impor-tante studio europeo condotto di recen-te ne ha dimostrato l’efficacia anche in una fase più precoce “. “La stimolazio-ne cerebrale profonda non guarisce la malattia ma migliora i sintomi motori - evidenzia Lopiano - e si dimostra effi-

cace nel controllo dei cosiddetti sintomi cardinali, rigidità, tremore e bradicine-sia, con conseguente miglioramento del quadro clinico generale”. “Dopo l’inter-vento - conclude - la terapia farmaco-logica viene ridotta significativamente, eliminando anche eventuali effetti col-laterali. Il miglioramento è più evidente nei pazienti giovani con un grosso im-patto sulla qualità di vita “. Per avere maggiori informazioni sui centri che praticano la stimolazione cerebrale pro-fonda il consiglio dell’esperto è quello di consultare i siti delle Società Scientifi-che, come la LIMPE (Lega Italiana per la lotta contro la malattia di Parkinson, le sindromi extrapiramidali e le demenze), la DISMOV-SIN (Associazione Italiana

Disordini del Movimento e malattia di Parkinson) e la SIN (Società Italiana di Neurologia). Elida Sergi

Roberto Michelucci

Direttore della UOC di Neurologia dell’Ospedale Bellaria di Bologna e

Presidente della Lega Italiana Contro l’Epilessia (LICE)

(

(Leonardo Lopiano

Coordinatore del gruppo di studio “Stimolazione

cerebrale profonda” della SIN, Società Italiana di

Neurologia

Page 12: Innovazione e responsabilità, per i pazienti e per la loro qualità della

(2) Neurologia Editoriale