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 UNIONE INDUSTRIALE PRATESE - Newsletter Ricerca e Innovazione n. 3 del 17/12/2004  1 UNIONE INDUSTRIALE PRATESE Newsletter n. 3 NEWSLETTER RICERCA E INNOVAZIONE N. 3 MONOGRAFIE Gli enzimi……ma cosa sono? Gli enzimi sono proteine, cioè composti organi- ci (aventi come fondamento il carbonio) molto complessi, che contengono anche azoto e che, pertanto, possono essere definiti composti azo- tati. Gli enzimi sono prodotti o meglio, secreti, dalle cellule animali e vegetali o da microrganismi quali i batteri o i funghi. In questo periodo storico dove l’introduzione degli organismi geneticamente modificati ha diffuso un clima di sospetto verso le bio-tec- nologie, è opportuno osservare che, gli enzimi, pur essendo secreti da organismi viventi, non sono viventi. La funzione degli enzimi, in natura, è quella di trasformare una sostanza complessa, denomi- nata substrato, in strutture più semplici atte ad essere utilizzate come sostanze nutrienti. Per capire la funzione degli enzimi si può, per esempio, osservare come un fungo riesca a crescere su un tronco di un albero alimentan- dosi con il legno che, notoriamente, non è una sostanza nutriente. Il fungo secerne appro- priati enzimi i quali riescono a scomporre la cellulosa del legno (substrato) in componenti base ottenendo quindi glucosio che è un’otti- ma sostanza nutriente. Come funzionano gli enzimi La funzione degli enzimi è fondamentale anche in organismi complessi; il nostro metabolismo è infatti ottenuto grazie agli enzimi secreti dalle cellule, noi però a differenza dei funghi sopra citati abbiamo una dieta alimentare priva di legno, in quanto non secerniamo quello speci- fico enzima che ci permetterebbe di scompor- re e quindi digerire la cellulosa. Esaminando più dettagliatamente la funzione degli enzimi si osserva che essi si comportano da catalizzatori nelle reazioni chimiche. In pra- tica essi agevolano le reazioni chimiche fa- cendole avvenire ad un velocità più elevata ed, in qualche caso, consentono reazioni che, altrimenti, in quelle condizioni, non sarebbero potute avvenire spontaneamente. Percorso reattivo La funzione del catalizzatore, da un punto di vista energetico, consente alla reazione di s vi- lupparsi rapidamente senza necessità di ap- porto di energia esterna e, di conseguenza, in maniera economicamente vantag- giosa. Per esempio, una reazione che, in presenza di un enzima av- viene a 25°C, potrebbe, in sua as- senza, richiedere temperature signi- ficativamente maggiori di 100- 200°C. E’ anche opportuno sottoli- neare che gli enzimi non prendono parte alla reazione. I reagenti ed i prodotti della reazio- ne, sono i medesimi sia che la rea- zione avvenga in maniera enzimati- ca o meno. Gli enzimi intervengono solo sul cammino della reazione, mo- dificandolo, affinché il prodotto della reazione sia ottenuto con minor “fatica”. Con il termine generico enzima si identificano molte proteine che hanno azioni chimiche di- verse: per convenzione i nomi generici degli enzimi hanno un suffisso –asi e richiamano alla mente l’azione chimica che li caratterizza.

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Newsletter n. 3

NEWSLETTER RICERCA E INNOVAZIONE N. 3

MONOGRAFIEGli enzimi……ma cosa sono?

Gli enzimi sono proteine, cioè composti organi-ci (aventi come fondamento il carbonio) moltocomplessi, che contengono anche azoto e che,pertanto, possono essere definiti composti azo-tati.Gli enzimi sono prodotti o meglio, secreti, dallecellule animali e vegetali o da microrganismi

quali i batteri o i funghi.In questo periodo storico dove l’introduzionedegli organismi geneticamente modificati hadiffuso un clima di sospetto verso le bio-tec-nologie, è opportuno osservare che, gli enzimi,pur essendo secreti da organismi viventi, nonsono viventi.La funzione degli enzimi, in natura, è quella ditrasformare una sostanza complessa, denomi-nata substrato, in strutture più semplici attead essere utilizzate come sostanze nutrienti.Per capire la funzione degli enzimi si può, peresempio, osservare come un fungo riesca acrescere su un tronco di un albero alimentan-dosi con il legno che, notoriamente, non è unasostanza nutriente. Il fungo secerne appro-priati enzimi i quali riescono a scomporre lacellulosa del legno (substrato) in componentibase ottenendo quindi glucosio che è un’otti-ma sostanza nutriente.

Come funzionano gli enzimi

La funzione degli enzimi è fondamentale anche

in organismi complessi; il nostro metabolismo èinfatti ottenuto grazie agli enzimi secreti dallecellule, noi però a differenza dei funghi sopracitati abbiamo una dieta alimentare priva di

legno, in quanto non secerniamo quello speci-fico enzima che ci permetterebbe di scompor-re e quindi digerire la cellulosa.Esaminando più dettagliatamente la funzionedegli enzimi si osserva che essi si comportanoda catalizzatori nelle reazioni chimiche. In pra-tica essi agevolano le reazioni chimiche fa-cendole avvenire ad un velocità più elevataed, in qualche caso, consentono reazioni che,

altrimenti, in quelle condizioni, non sarebberopotute avvenire spontaneamente.

Percorso reattivo

La funzione del catalizzatore, da un punto divista energetico, consente alla reazione di svi-lupparsi rapidamente senza necessità di ap-porto di energia esterna e, di conseguenza, in

maniera economicamente vantag-giosa. Per esempio, una reazioneche, in presenza di un enzima av-viene a 25°C, potrebbe, in sua as-senza, richiedere temperature signi-

ficativamente maggiori di 100-200°C. E’ anche opportuno sottoli-neare che gli enzimi non prendonoparte alla reazione.I reagenti ed i prodotti della reazio-ne, sono i medesimi sia che la rea-zione avvenga in maniera enzimati-ca o meno. Gli enzimi intervengonosolo sul cammino della reazione, mo-

dificandolo, affinché il prodotto della reazionesia ottenuto con minor “fatica”.Con il termine generico enzima si identificano

molte proteine che hanno azioni chimiche di-verse: per convenzione i nomi generici deglienzimi hanno un suffisso –asi e richiamano allamente l’azione chimica che li caratterizza.

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Per esempio, l’amilasi, indica quell’enzima chescompone un particolare  polisaccaride (es.:l’amido - sostanza costituita da molte moleco-

le dette monosaccaridi legate fra loro) nei suoi“mattoni” i monosaccaridi (zuccheri semplici).Gli enzimi offrono notevoli possibilità di utiliz-zazione in campo industriale e consentono direalizzare processi a minor impatto ambientaleed a basso consumo energetico.Una caratteristica interessante degli enzimi ècomunque la selettività: in presenza di diversisubstrati, la reazione enzimatica avviene solonei confronti di un particolare substrato men-tre tutti gli altri possono risultare inerti.

Selettiva del substrato

La tabella seguente mette a confronto le reazioni enzimatiche e quelle chimiche:

Caratteristica Reazione enzimatica Reazione chimica

Substrato attaccato Solo un substrato specifico Più substrati

Al termine della reazione Gli enzimi non si consumano Le sostanze chimiche si consumano

Dosaggi richiesti Molto bassi (anche in relazione Tipicamente altial fatto che non si consumano)

Impatto ambientale Molto basso (gli enzimi si Può essere fortemente negativodegradano per via biologica)

Per maggiori informazioni: [email protected] 

Industria tessile ed enzimi: esiste un rap-porto?

L’applicazione degli enzimi nei processi tessilirisale al lontano 1857, quando si iniziò ad uti-lizzare l’amilasi, un enzima che permette di ri-muovere dalle fibre amido, nella sbozzimaturadel cotone.I vantaggi specifici derivanti dal loro uso sono:- reazioni più veloci- capacità di agire solo su specifici substrati

- trattamenti in condizioni operative blande- controllo agevole dei processi- sostituzione di reagenti chimici- processo ecologici ottenuti via sostanze

(enzimi) biodegradabiliAnche se ogni tipo di fibra, da quelle sinteti-che a quelle ottenute da cellulosa (viscosa,lyocell, acetato di cellulosa o triacetato di cel-lulosa) ha i suoi specifici processi, forse i mag-giori sforzi sono stati fatti per mettere a puntoenzimi che lavorassero su fibre vegetali (coto-ne, ma anche lino) e su fibre animali (in parti-

colare lana, ma anche cashimire, mohair, alpa-ca…..).Prima di addentrarsi in una breve rassegna èbene ricordare che spesso le fibre greggie sono

trattate, prima della tessitura, con prodotti cheservono a migliorare la tessibilità e che neces-sariamente vanno rimossi prima della nobilita-zione.La maggiore utilizzazione di enzimi nel compar-to tessile si ha nel caso di tessuti di cotone odi sue miste con fibre sintetiche; dove si uti-lizzano comunemente sbozzime di tipo enzi-matico per rimuovere l’amido o altre sostanzeapprettanti senza danneggiare le fibre di co-

tone.Esistono inoltre, anche se poco usati, dei trat-tamenti enzimatici di “pulizia” utilizzabili per larimozione di oli, cere, sporco e quant’altro.Un altro processo enzimatico ormai completa-mente industrializzato è rappresentato dal bio-stonewash che ha ormai integrato, ed in par-te sostituito l’invecchiamento dei jeans con ilmetodo tradizionale dello “stone wash” mec-canico eseguito esclusivamente con pietrapomice. L’utilizzazione degli enzimi (cellulasi)permette di minimizzare i danni da abrasione

meccanica tipici dei trattamenti con pietrapomice, di accelerare i tempi di lavorazione edi ridurre notevolmente l’impatto ambientalelegato alle lavorazioni eseguite con la pietra

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pomice.Si ritrovano anche frequenti applicazioni indu-striali dei trattamenti cosiddetti biopolishing;

con questo termine si intende definire quell’in-sieme di processi effettuati per via enzimaticache servono a per migliorare la mano e l’aspettodi un tessuto. Si va da processi su cotone cherimuovono sia i pills (palline che originano iltipico fenomeno del pilling), che la lanuginesuperficiale, aumentandone talvolta anche ladrappeggiabilità del tessuto, fino ai trattamentidi cosiddetto “bruciapelo enzimatico”.Anche se meno utilizzati esistono esperienzadi sbianca della juta e del cotone per via en-zimatica, caratterizzati da aumenti della lu-centezza del tessuto e diminuzione della quan-tità di acqua ossigenata impiegate.Alcuni trattamenti con enzimi, pur essendo or-mai studiati da anni, non risultano significati-vamente presenti nelle applicazioni industriali;tra questi si ricordano:- i processi di sbianca e sbozziamutura

contemporanei per il cotone;- i trattamenti antinfeltranti per la lana, ca-

ratterizzati dall’abbattimento dell’impattoambientale tipico dei trattamenti tradizio-nali che prevedono l’uso di sostanze ossi-danti o riducenti;

- la carbonizzazione enzimatica della lanache tende a rimuovere a bassi costi, i con-taminanti vegetali evitando di danneggiarele fibre;

- la sgommatura enzimatica della setache assicura un’ottima rimozione della seri-cina senza danneggiare la fibroina avendo,come effetto secondario, un aumento del-l’affinità verso coloranti reattivi;

- i trattamenti enzimatici con per perossi-dasi che sono utilizzabili su tessuti di coto-ne o lana e che permettono di eliminare ogni

traccia di perossido (acqua ossigenata uti-lizzata in fase di candeggio), senza doverricorrere ai ripetuti lavaggi con acqua delprocesso tradizionale, dopo i trattamenti disbianca

Per maggiori informazioni: [email protected] 

Biotecnologie: dove siamo?Esiste una marcata differenza fra ricerca eapplicazioni industriali nel settore delle biotec-nologie. A livello di laboratorio sono stati indi-viduati molto sistemi enzimatici, ma i processienzimatici industriali non sono molti. Questo èdovuto non solo ad una ridotta collaborazionefra mondo scientifico e industriale, ma ancheal fatto che i produttori sviluppano solamente

alternative a processi che già esistono, cosache li rende poco interessanti agli occhi deipossibili fruitori.

Ci sono indubbiamente anche dei problemi og-gettivi da superare. I processi enzimatici sonoin genere costosi, anche se in alcuni casi icosti totali possono risultare competitivi.Molti sono i parametri che ricoprono ruoli chia-ve nel processo in genere più lungo di quellitradizionali. Se si pone attenzione al fatto cheè assai complessa l’interazione sia con altrienzimi che quella con composti chimici, si rie-sce a comprendere come mai si abbia scarsariproducibilità a livello industriale. In laborato-rio si ha il completo controllo dei parametri,cosa assai difficile a livello industriale dove larealtà del processo è assai più complessa. Unmodo per rendere più agevole il passaggio dallaboratorio alla fase produttiva è ovviamentequello di usare impianti pilota. Gli enzimi, cheoperano in genere a 40-80°C, a pH=4-8 e apressione atmosferica, sono sensibili alla tem-peratura, al pH, all’umidità e alla presenza dicontaminanti. Lo stoccaggio costituisce un al-tro problema, in quanto hanno una vita mediainferiore a molti composti chimici.Interessanti prospettive sembra aprire l’inge-gneria genetica che permette di modificare le

proprietà degli enzimi esistenti creandone nuovifatti in laboratorio “su misura”.Esiste un interesse degli ambienti politici, inparticolare a livello europeo, verso le biotec-nologie, perché in particolare in prospettivafutura consentiranno di ottenere tecnologie“pulite”, a basso impatto ambientale. Tuttoquesto si traduce in investimenti, comunitariessenzialmente, a favore di progetti di ricercache promettono di arrivare a nuovi processiindustriali. Tanto per fare un esempio, si è ap-pena concluso un progetto di ricerca europeo

della durata complessiva di tre anni (BTP ) vol-to all’individuazione di un pretrattamento inte-grato con enzimi di tessuti costituiti da coto-ne e da sue miste, sia per processi continuiche per quelli discontinui. Esistono altri pro-getto che riguardano la sbozzima e la sbiancaenzimatica: utilizzando un enzima della Novozy-mes, leader mondiale dei produttori di enzimicol 43% del mercato, si sta tentando di arri-vare ad un processo di sbozzima enzimatica incontinuo.Sta guadagnando interesse sia il biopolishingche il biostoning, come anche la biopurga delcotone. Attualmente, anche se il maggior nu-mero di trattamenti enzimatici è a vantaggiodel cotone, il loro uso va aumentando anche

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Newsletter n. 3

per le altre fibre naturali, quali la lana, e aparticolari fibre chimiche.Nel 1998 il giro di affari mondiale degli enzimi

era di circa $ 1,5 bilioni di dollari con incre-menti annui, a seconda del settore, che pote-vano arrivare al 15%. Attualmente si stima chesi aggiri attorno agli $ 80-130 bilioni di dollariannui. S’intuisce allora perché i grandi gruppiindustriali si interessino alle biotecnologie. Intale ottica hanno individuato il settore tessilecome un settore chiave.Per maggiori informazioni: [email protected] 

PUBBLICAZIONI

Sbianca a raggi laserLa sbianca delle fibre cellulosiche naturali comeil cotone è uno dei processi più importanti nel-l’industria tessile. Purtroppo questa attività,effettuata con agenti ossidanti, talvolta alo-genati, genera, in quest’ultimo caso, una no-tevole quantità di contaminanti, a base di clo-ro, nelle acque di scarico.Lo studio di vie alternative come quella di se-guito descritta, meno inquinanti dal punto divista ambientale, è pertanto molto importan-te.

Un campione di tessuto di cotone purgato ètrattato con una soluzione acquosa di sodiobo-roidruro (NaBH

4) e, successivamente, irradiato

con radiazione laser a temperatura ambienteed infine lavato con acqua ed asciugato.Il grado di bianco e l’indice di giallo, ottenuticon il trattamento, sono misurati con uno spet-trofotrometro.Come parametro di riferimento, per verificarel’efficacia del trattamento, è stato preso lostesso tessuto di cotone sbiancato con il me-todo a base di NaClO

2.

Partendo da un cotone purgato con valori di

grado di bianco e di grado di giallo pari a: 29,12e 10,77, già dopo 1 minuto di irraggiamento

laser, il grado di bianco e l’indice di giallo rag-

giungono valori migliori (51,57 e 1,72) di un trat-tamento tradizionale che dura circa 60 minuti eche richiede temperature poco sotto i 100°C.Aumentando il tempo d’irraggiamento i valorimigliorano mentre, aumentando l’energia dellaser, si osserva una minima diminuzione del-l’efficienza del processo in particolare a livellodell’indice di giallo.I valori di bianco e indice di giallo indicano che,un aumento della concentrazione del sodiobo-roidruro, migliora l’efficienza del processo, an-che se, per concentrazioni superiori al 2%, siha un livellamento.Si è anche osservato un insignificante proces-so di sbianca in acqua deionizzata, che con-sente di affermare che il sodioboroidruro siaindispensabile.I ricercatori hanno ipotizzato che i pigmentinaturali presenti sulla fibra greggia venganoresi più affini all’azione riducente del sodiobo-roidruro dall’azione del laser. A livello macro-scopico tutto questo si manifesta con un mag-giore grado di bianco del cotone. E’ un po’quello che accade nella depigmentazione (mor-denzatura) del cachemire con sali di ferro e

acqua ossigenata.Tale ipotesi è avvalorata da reazioni analoghe

Il puntino nero si riferisce al grado di bianco, quello bianco all’indice di giallo

 Impianto sperimentale per la sbozzima con enzima

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che si verificano su composti insolubili similiche subiscono irraggiamento UV invece chelaser.

E’ ovvio che tale processo che prevede l’uso,anche se in minima quantità, di sodioboroidru-ro non è completamente ecologico, ma sola-mente meno inquinante di quelli tradizionali.Tale studio è da considerare come un primogradino verso un processo ecologico.Per maggiori informazioni: [email protected] 

RICERCHEHipermaxHipermax, acronimo di “High Performance In-dustrial Protein Matrices Through Bioproces-

sing”, è un progetto di ricerca co-finanziatodall’Unione Europea nell’ambito del 6° Program-ma Quadro. Il progetto, in corso di svolgimen-to, della durata di tre anni (è iniziato il 1-3-2004 e terminerà il 28-2-2007), coinvolge ol-tre al DWI an der RWTH, Istituto Tedesco perla Ricerca sulla Lana dell’Università di Aachen,che funge da coordinatore, altri 15 soggettieuropei di 6 differenti paesi dell’Unione. Si ar-ticola sull’interscambio di conoscenze prove-nienti da diversi settori quali la microbiologia,la biochimica, l’enzimologia, la ricerca nel campo

delle fibre, la scienza dei materiali e l’industria.Lo scopo è quello di sviluppare nuove tecnolo-gie enzimatiche altamente efficienti, economi-che e che accrescano in modo desiderato leproprietà sia superficiali che massive dei tes-suti o di altri prodotti come il cuoio. Dal puntodi vista scientifico, si desidera scoprire nuovienzimi e aumentare la conoscenza circa i mec-canismi di reazione enzimatici da applicare asubstrati quali lana, seta, pelle, con il fine diprodurre nuovi materiali “su misura” impiegan-do tecnologie a basso impatto ambientale.

Le attività del progetto comprendono:1. Lo studio della reattività di alcuni enzimi2. La ricerca dei metodi per produrre enzimimodificati3. La produzione di nuovi enzimi su scala pilota4. L’utilizzo di nuovi enzimi per produrre mate-riali con nuove proprietà5. L’ottenimento di prodotti ad elevato valoreaggiunto partendo da materiali di scarto tra-mite l’uso di processi enzimatici.Tutto nasce dalla convinzione che l’industriatessile e del cuoio sono settori caratterizzatida un lento sviluppo se paragonati agli altri

settori. Si auspica quindi che l’introduzione dinuovi sistemi enzimatici riduca l’impatto am-bientale di tali industrie, rimpiazzando i rea-

genti chimici inquinanti impiegati oggigiorno, epermetta la produzione di materiali ad elevateprestazioni.

A livello italiano i soggetti interessati sono laStazione Sperimentale per la Seta, l’Universitàdi Pisa, Tecnotessile, la Tintoria del Sole spa eE. Pecci & C spa.In dettaglio attualmente Tecnotessile sta stu-diando trattamenti al plasma o con electron-beam (processo in cui i cambiamenti nella ma-teria sono indotti da un fascio di elettroni) perimpiegarli, come pretrattamenti a finissaggienzimatici, nell’ottica di migliorare l’accessibili-tà dell’enzima al substrato tessile e quindi l’ef-

fetto del processo enzimatico, che nelle in-tenzioni dei ricercatori, a studi conclusi, potràessere applicato a tessuti di lana o seta inalternativa ai processi tradizionali.L’Università di Pisa sta studiando la realizzazio-ne di supporti per la crescita cellulare da utiliz-zare nella rigenerazione di tessuti (ingegneriatissutale) mediante la reticolazione catalizzatadalla transglutaminasi di gelatina in miscela conpolisaccaridi. Tali materiali hanno proprietà mec-caniche e di biocompatibilità tali da farne pre-vedere un possibile utilizzo come biomateriali.

Infine la Stazione Sperimentale per la Seta,sapendo che la reticolazione o la funzionaliz-zazione della seta, migliora notevolmente lesue proprietà e sapendo che la fibroina con-tiene una scarsa quantità di glutammina, hapensato di usare un diverso residuo amminoa-cidico per tale scopo, la tirosina. Questo hacomportato rivolgere l’attenzione a enzimi di-versi: le perossidasi e le tirosinasi. In futuro,anche la sericina sarà usata come substratoper le reazioni catalizzate sia dagli enzimi ossi-dativi che dalle transglutaminasi per reticolaree/o funzionalizzare questa proteina allo scopodi sfruttarne le proprietà in ambito tessile o inaltri settori industriali.Per maggiori informazioni: [email protected] 

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Newsletter n. 3

Bio-LanaIl progetto europeo “Enzymatic modification of wool – BIOWOOL” (2000-2003) aveva come

obiettivo lo sviluppo di processi di finissaggioper la lana, a base enzimatica, che fosseroflessibili e che, nel contempo, avessero un bas-so impatto ambientale.A tale scopo sono stati individuati nuovi siste-mi enzimatici non proteolitici (enzimi che nondegradano le proteine di cui è costituita la lana)appropriati per modificare specificatamente lefibre di lana.Alcuni nuovi enzimi sono stati prodotti utiliz-zando moderne tecniche di genetica moleco-lare. I microrganismi responsabili della produ-zione dell’enzima sono stati geneticamentemodificati così da ottenere degli enzimi confunzionalità studiate specificatamente per ilsubstrato bersaglio.L’efficienza dell’attività degli enzimi impiegatinel progetto è stata monitorata sia con meto-di avanzati di analisi superficiale, sia con mi-sure di performance tecniche. L’effetto del trat-tamento enzimatico è stato valutato control-lando, sul tessuto, parametri quali la resisten-za al restringimento, la mano, la morbidezza ela tingibilità.Alcuni test sono stati effettuati anche su scala

pilota e industriale.Il consorzio era costituito da sette soggetticoordinati dall’istituto di ricerca finlandese VTTBiotechnology per l’Italia hanno partecipatoTintoria del Sole S.p.A., E. Pecci & C. S.p.A. eTecnotessile.Tecnotessile, in collaborazione con le due in-dustrie italiane, ha realizzato due studi, in pa-rallelo, con l’intento di migliorare le proprietàdei tessuti di lana attraverso l’uso della tran-sglutaminasi, un enzima capace di favorire re-azioni di reticolazione fra leproteine presenti

sulla superficie della lana, a livello dei processidi finissaggio:• Nel primo si è studiato un processo di tinturache consisteva in una combinazione di colo-ranti acidi e premetallizzati in presenza di tran-sglutaminasi. Sono state eseguite prove pilotain sedici differenti condizioni variando sia laconcentrazione dell’enzima (da 0,175 a 1,75mg di enzima per g di lana) sia quella degliausiliari tessili, mantenendo costante la quan-tità di tessuto trattato. I dati ottenuti hannoportato a concludere che l’enzima lavora sola-mente a livello della superficie del tessuto mi-gliorando le proprietà meccaniche in particola-re nella direzione più debole, la trama. In par-ticolare, si è osservato un aumento della resi-

stenza alla trazione (accompagnato, sorpren-dentemente, da un aumento dell’allungamentoa rottura) e della resistenza alla lacerazione

che, in taluni casi, è stata notevolissima. Nonsi sono osservati peggioramenti nella soliditàdel colore dei campioni tinti pretrattati con l’en-zima rispetto a quelli non pretrattati. Non è dadimenticare che lo scorrimento alla cucituratalvolta è risultato peggiore quando si impie-gavano coloranti premetallizzati dopo il pro-cesso enzimatico, mentre è migliorato (in certicasi anche in modo significativo) quando il pre-trattamento con l’enzima veniva seguito da unatintura con coloranti acidi.• Nel secondo si è studiato un processo diinnesto di sostanze attraverso l’uso di tran-sglutaminasi, eventualmente da farsi dopo unpre trattamento con plasma. L’idea base co-munque era quella di aumentare la resistenzaalla trazione ed alla lacerazione catalizzando,con transglutaminasi, reazioni di specifici au-siliari chimici con le fibre superficiali della lanaper aumentarne le proprietà superficiali e/oquelle massive.Sono state eseguite due serie di test: unacon pre trattamento con plasma ed una sen-za.I risultati ottenuti hanno portato a concludere

che i trattamenti via transglutaminasi con unprodotto di finissaggio reperibile commercial-mente, avente gruppi cationici, portano ad unaumento della resistenza alla lacerazione e adun modico aumento delle proprietà di restrin-gimento dei tessuti di lana. Talvolta si osservaanche una migliore bagnabilità.Fra i test con pre trattamento via plasma, imigliori risultati sono stati ottenuti o utilizzan-do la transglutaminasi da sola o combinandolacon l’uso di ammine contenti zolfo e gruppietossi.

Ulteriori ricerche su questo enzima sono in cor-so.Per maggiori informazioni: [email protected] 

BREVETTITransglutaminasi e nobilitazioneL’oggetto del brevetto è il trattamento enzi-matico con transglutaminasi applicato a tes-suti o filati composti da fibre animali (lana prin-cipalmente) o da loro miste sia con fibre ditipo cellulosico, sia di tipo sintetico.Lo scopo è quello di migliorare le proprietà che

sono oggetto dei tradizionali processi di finis-saggio.La transglutaminasi ha la funzione di legarealla fibra i cosiddetti agenti attivi in modo co-

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Newsletter n. 3

valente o meno. Gli agenti attivi, che sono iveri e propri responsabili del miglioramento diperformance, devono, ovviamente, essere

modificati per poter interagire con le transglu-taminasi. In particolare essi devono conteneredei gruppi amminici primari (-R’NH

2) in cui R’ è

un gruppo alifatico ramificato o meno, che con-tiene da 1 a 8 atomi di carbonio ed è anchepossibile usare la putresceina (1,4-diammino-butano).Gli agenti attivi possono essere essenze, pro-dotti repellenti per gli insetti, sostanze conproprietà antimicrobiche o composti che mi-gliorano le performance o le proprietà esteti-che del tessuto.Tra i numerosi tipi di transglutaminasi, in ge-nere, si preferisce usare quelle calcio-dipen-denti.Infatti l’interazione dello ione calcio (Ca2+) conquesti enzimi garantisce:- un miglior controllo della reazione;- il miglioramento di alcuni parametri (resisten-

za allo scoppio, resistenza alla rottura, re-sistenza al restringimento, mano, grado dipilling, sofficità, tingibilità);

rispetto all’utilizzazione di altri tipi di transglu-taminasi.Allo scopo di facilitare la penetrazione dell’en-

zima all’interno della fibra può essere opportu-no eseguire un pre trattamento sia con so-stanze chimiche riducenti sia ossidanti.Tale pre trattamento può, a sua volta, esseredi tipo enzimatico a base di enzimi proteolitici.E’ infatti possibile pre trattare con proteasi,benché sia sconsigliabile, effettuarlo assiemeo dopo le transglutaminasi, in quanto esso cau-sa una riduzione della resistenza dei tessuti odei filati.Il processo prevede le fasi:- solubilizzazione della transglutaminasi cal-

cio-dipendente: sciogliere 0,5-10 mg di en-zima per ml di acqua e agitare a 15-70°Cper un periodo variabile da 30 minuti a 18ore;

- impregnazione del tessuto: immergere il tes-suto nella soluzione preparata in preceden-za alla temperatura di 15-70°C;

- introduzione in soluzione del calcio: il calcioè introdotto in soluzione solamente dopol’impregnazione del tessuto, in quanto essopotrebbe interferire, negativamente, con lafase precedente;

-  processo enzimatico: mantenere la tempe-ratura fra 37 e 60°C, controllare il pH (spes-so può essere utile usare un tampone), porreattenzione al tipo di elettrolita in soluzione

così come alla velocità di agitazione;- terminazione: aumentare la temperatura al

di sopra dei 60°C disattivando direttamen-

te l’enzima oppure rimuovendo il Ca2+

dallasoluzione (arrestare indirettamente l’azioneenzimatica) sia attraverso lavaggi acquosi,sia attraverso l’introduzione di agenti che-lanti (vedi EDTA).

Come si intuisce i parametri riguardanti il pro-cesso sono indicazioni di massima, che devo-no essere ottimizzate per ogni specifico trat-tamento di finissaggio da realizzare.Per maggiori informazioni: [email protected]

CURIOSITA’Ingiallimento dei tessuti

L’ingiallimento degli abiti nei magazzini o du-rante il trasporto in nave continua ad essereuna delle maggiori fonti di problemi per i con-fezionisti.L’ingiallimento può essere definito come unadegradazione di colore che si genera sui tes-suti durante i processi produttivi, lo stoccag-gio in magazzino o l’utilizzazione. Questo è par-ticolarmente evidente sui capi bianchi o neicapi con colori pastello. In molti casi, l’ingialli-mento, che si manifesta sotto forma di unacolorazione giallo-pallida, porta inesorabilmen-

te ma lentamente ad un cambiamento di colo-re, che il consumatore medio interpreta comeun affievolimento del colore o una colorazionedi scarsa qualità.Le cause dell’ingiallimento possono essere at-tribuite alle seguenti problematiche• I candeggianti ottici: si tratta di so-stanze utilizzate per innalzare il grado di bian-co. Queste sostanze sono capaci di assorbirele radiazioni elettromagnetiche ultraviolette(presenti nella luce solare, ma non visibili al-l’occhio umano) e di riammetterle nel visibile

sotto forma di luce bianca, incrementando cosìla sensazione di bianco di un manufatto. I can-deggianti ottici, a causa della loro natura chi-mica, sono sensibili alla prolungata esposizio-ne alla luce solare, agli agenti ossidanti, agliagenti atmosferici, etc.. In genere questi com-posti hanno una bassa solidità del colore allaluce e tendono a perdere rapidamente la ca-pacità di assorbire le radiazioni UV contenutenella luce solare. L’uso improprio, la scarsa qua-lità, le alte concentrazioni di tali coloranti fluo-rescenti possono facilmente portare ad un in-giallimento del manufatto.• Gli ammorbidenti da soli non provoca-no ingiallimento. Tuttavia i materiali contenentiammorbidenti possono presentare ingiallimen-

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Newsletter n. 3

to quando entrano a contatto con biossisod’azoto (NO

2: è uno dei prodotti di combustio-

ne dei motori a scoppio del riscaldamento do-

mestico, etc.).• I trattamenti che prevedono l’uso dicalore su tessuti di cotone provocano un leg-gero ingiallimento. E’ noto, per esempio, chegli ammorbidenti cationici, sottoposti ad altatemperatura, provocano facilmente un ingialli-mento.• L’ingiallimento fenolico (Phenolic Yel-lowing) è uno dei più comuni tipi di ingiallimen-to; avviene generalmente durante l’immagaz-zinamento. L’ingiallimento è dovuto all’azionedi ossidi di azoto su composti fenolici (es. bu-tilidrossitoluene BHT), impiegati come antios-sidanti aggiunti ai materiali plastici, oli, cereper contrastare gli effetti del tempo. Questiantiossidanti, reagendo con le atmosfere in-quinate da ossidi di azoto, originano dei pro-dotti colorati in giallo che hanno la tendenza asublimare; a passare cioè direttamente da so-lido ad aeriforme. Visto questo comportamen-to gli antiossidanti modificati, migrano facil-mente dai materiali di confezionamento, qualicartone, carta o buste plastiche, ai manufattitessili in esso contenuti, originando ingiallimenti,prevalentemente nelle zone di piegatura del

capo (parti a più intimo contatto con il conte-nitore). Il pH debolmente alcalino dei tessuti(7-9 ), esplica un’azione di accelerazione del-l’ingiallimento. La fonte di alcalinità nel cotonebianco è legata alla presenza di residui chimicidel processo di sbianca. Una volta assorbitinella cellulosa, è difficile rimuoverli ed occor-rono dei lavaggi acidi per assicurare un con-trollo del pH. Per avere ingiallimento occorre sìavere biossiso di azoto, sì composti fenolicima anche condizioni alcaline. Nessuno di que-sti fattori, da solo, è sufficiente a provocare

ingiallimento. Concentrazioni di circa 2 ppm dibiossido di azoto sono sufficienti a provocareingiallimento: tali basse concentrazioni si rag-giungono anche con i gas di scarico delle au-tomobili, con i sistemi di riscaldamento a gas,con inquinanti industriali e talvolta con lo smog.• La decolorazione via ozono (O

3) dei

capi indaco è dovuta all’ossidazione del colo-rante. Dal momento che l’ozono atmosferico èun potente agente ossidante, grazie alla solapresenza dei raggi UV della luce solare, de-compone i coloranti provocandone l’ingiallimen-to. L’ozono è anche un prodotto delle industriee dei veicoli a motore. La decolorazione viaozono è un grosso problema per l’industria dei

 jeans, anche perché è un processo irreversibi-

le. Già con concentrazioni pari a 0,5 ppm sihanno i primi effetti: 1 g di ozono può distrug-gere 10,9 g di colorante. Tale effetto è più

visibile su colorazioni tenui. Tracce di prodottiper la sbianca, presenti nei tessuti, possonoprovocare ingiallimento o decolorazione a mac-chia di leopardo sul denim. L’ingiallimento viaozono è direttamente proporzionale alla ride-posizione del colorante indaco durante i varilavaggi, fenomeno noto come “backstaining”.Misure preventiveDurante il confezionamento:

- Utilizzare tessuti con pH=5,5-6,5- Utilizzare buste per il confezionamento pri-

ve di BHT- Utilizzare lubrificanti per macchine privi di

BHT- Utilizzare ammorbidenti non sensibili all’ozo-

no- Utilizzare prodotti antideposizione durante

la sbozzima e lo stone-wash dei capi in de-nim per prevenire il backstaining

- Risciacquare ed effettuare un trattamentoanticloro per eliminare le tracce di prodottisbiancanti

Durante lo stoccaggio:- Mantenere la temperatura bassa- Mantenere l’umidità bassa

- Prevenire un’eccessiva illuminazione- Ridurre al minimo il contatto con l’aria- Stoccare in luoghi in assenza di gas di sca-

rico- Eliminare il legno, anche sotto forma di assi

negli scaffali, nei magazzini, in quanto è fon-te di composti fenolici

- Non utilizzare per il confezionamento cartamarrone, cartone marrone o buste plasti-che che contengano antiossidanti

Per maggiori informazioni: [email protected] 

Celle a combustibile a autovetture: auto adidrogeno

Le prime utilizzazioni delle celle a combustibilerisalgono addirittura agli anni sessanta, quan-do la NASA le scelse come generatori di ener-gia per le missioni Gemini e Apollo. La scopertadel principio del loro funzionamento è, tutta-via, molto più lontana, risale addirittura all’an-no 1839 grazie al fisico britannico William Gro-ve.Due elettrodi, anode (anodo) e cathode (ca-todo) nella figura, sono connessi da un circui-to elettrico esterno e separati da un elettroli-ta, cioè un materiale che permette il passag-gio degli ioni ma blocca gli elettroni (e-). Uncombustibile, l’idrogeno (hydrogen), fluisce

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verso l’anodo dove l’atomo neutro si scinde inuno ione positivo, H+, il protone, e una cariconegativa, l’elettrone (e-). Il protone migra verso

il catodo dove si combina con l’ossigeno, O2,dell’aria (air) dando come prodotti della rea-zione calore (heat) e acqua (water). L’elet-trone nel frattempo migra attraverso un cir-cuito elettrico esterno generando una corren-te.Per accelerare la reazione si usa utilizzare uncatalizzatore al platino.

LA corrente elettrica che generano può esse-

re usata per far funzionare motori elettrici comequelli delle autovetture. Invece dei gas esau-sti di un motore a scoppio, abbiamo come re-sidui solamente calore ed acqua, cioè nessunasostanza tossica. Inoltre si ha un inquinamen-to acustico praticamente nullo, vista l’alta si-lenziosità del motore.Le celle a combustibile stanno attaccando econ successo la nicchia di mercato delle auto-vetture elettriche, quelle a batterie ricaricabiliper intendersi, in quanto queste ultime pre-sentano degli importanti ostacoli per il loro uti-

lizzo: la limitata autonomia e le lunghe opera-zioni di ricarica.La scelta dell’idrogeno come combustibile èottima perché è molto potente (viene usatocome combustibile nello Shuttle), sia perchépuò essere bruciato, come abbiamo visto, sen-za emettere inquinanti. L’idrogeno tuttavia èmolto pericoloso, perché è in grado di reagirecon molti elementi (per esempio l’ossigeno),per cui deve essere immagazzinato in serbatoimolto sicuri. Questa sua caratteristica rendemolto più sicura l’immagazzinazione nei serba-toi delle autovetture di un “precursore”, underivato del petrolio, che opportunamente trat-tata all’interno dell’autovettura genera l’idro-geno da utilizzare nelle celle a combustibile.

C’è tuttavia un problema di inquinamento as-sai più sottile: se da un lato è vero che ilmotore ad idrogeno non inquina perché genera

come prodotti di scarico vapore acque (il ca-lore prodotto fa evaporare l’acqua) e al limitepotremmo avere problemi riguardanti una mag-giore umidità nei centri urbani, dall’altro il pro-cesso che porta all’idrogeno dai derivati delpetrolio ha un certo grado d’inquinamento.A medio breve-termine però non si vede peròsistema alternativo per la produzione di idro-geno. Vi sono ovviamente allo studio soluzionialternative per rendere meno inquinante que-sta fase produttiva.Per maggiori informazioni: [email protected]