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41 ravamo in India centrale,avevamo lasciato Va- ranasi, e dirigevamo verso Aurangabad. Il fumo delle cremazioni viste in riva al Gange ci spi- ralava ancora davanti agli occhi, l’odore acre della carne umana bruciata ristagnava nelle narici. Il bus si era fermato per l’ennesima volta per una delle periodiche riparazioni lungo la strada,non avremmo capito mai se fos- se il radiatore o una sospensione, un giunto... inutile fare troppe domande. Fabrizio, informatico padovano, era sce- so a fumarsi una sigaretta e insieme notammo che, sul parabrezza,il nostro autista Kumar aveva apposto un gran- de adesivo raffigurante un misterioso santone. Interroga- to, ci spiegò che lo aveva messo lì quando aveva portato un gruppo di pellegrini alle sorgenti del Gange, nel Garh- wal. Già, il Gange... il fiume più sacro dell’induisimo, ne ave- vamo appena visto il cuore pulsante di pellegrini, funerali e ciarlatani, a Varanasi e Allahbad. Dico a Fabrizio che sa- rebbe interessante continuare il percorso culturale visi- tandone le tre sorgenti, Gangotri, Kedarnath e Badrinath, nell’Himalaya indiano. Il pellegrinaggio laggiù rappresenta per gli indù, mutatis mutandis, quello che il viaggio alla Mec- ca rappresenta per i musulmani, un’una tantum della vita che dovrebbe disintossicare lo spirito dal male terreno e aiutare a preparasi alla prossima vita nell’aldilà (per i mu- sulmani) o di nuovo nell’aldiqua (gli indù reincarnati). Fa- brizio non ci pensa due volte...“io ci sono, ma non mi ri- portare in India troppo presto perché sennò finisce che ci rimango, questo paese mi affascina troppo”. Be’, siamo a Gennaio, in ogni caso in primavera fa troppo caldo, in estate ci sono i monsoni e in Himalaya non si vedono le montagne, ma l’inizio dell’ Autunno è la stagione ideale... “Perfetto” conclude Fabrizio,“a me comunque non piace prendere le ferie ad Agosto, Ottobre va benissimo.” In- tanto il radiatore o cos’altro s’era rotto è stato rimesso più o meno a posto, tirerà avanti forse ancora un centi- naio di chilometri, la sigaretta è finita e ripartiamo. Ma il pallino del trek alle sorgenti del Gange intanto si era an- nidato nel nostro cervello, e cominciava a diventare un chiodino fisso... Detto, fatto.A settembre ci sono 6-7 iscritti, cominciano le sventagliate di email, poi alcune improvvise cancellazio- ni all’ultimo momento e restiamo ... in tre! Fabrizio, io e Simona, camiciaia bergamasca (pardon, di Canonica d’Ad- da!) ed imperterrita arrampicatrice, tanto minuta e fragi- le d’apparenza quanto grintosa e tenace in salita.Temiamo un comprensibile annullamento del viaggio ma da VnM mi fanno sapere che non c’è problema, partiamo lo stesso! Ci si prospetta un viaggio a metà tra il naturalistico ed il mistico in Garhwal, cui abbiamo aggiunto qualche giorno di relax più disimpegnato nel Kumaon (che insieme al Garhwal costituisce lo stato indiano dell’Uttaranchal) al- la fine dell’itinerario.Appuntamento a Roma, solito scalo di rito ad Amman con il fedelissimo volo Royal Jordanian, e rieccoci in India. L’arrivo all’aeroporto di Delhi è sem- pre un piccolo shock, la puzza dell’India ti assale (altro che “L’odore dell’India” di Pasolini, libro peraltro sempre at- tuale e che consiglio di leggere) ma poi, in poco tempo, a mano a mano che ci si addentra nel paese, il lezzo si tra- sforma in un magico complesso di profumi, che si mi- schiano ai vivacissimi colori e ti avvolgono inesorabil- India Testo di Marco Carnovale Foto AnM, Carnovale Tra i monti del Garwal Tra natura e cultura, con speck e nutella alle sorgenti del Gange Tra i monti del Garwal E Kedarnath (02-42)Articoli Trek 2005 2-12-2004 16:37 Pagina 41

India Tra i monti del Garwal - Viaggi Avventure nel Mondo...ve trek di 1 ora fino al villaggio vecchio per sgranchirci le gambe e ammorbidire gli scarponi,alcune vecchie case pre-sentano

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ravamo in India centrale, avevamo lasciato Va-ranasi,e dirigevamo verso Aurangabad. Il fumodelle cremazioni viste in riva al Gange ci spi-ralava ancora davanti agli occhi, l’odore acre

della carne umana bruciata ristagnava nelle narici. Il bus siera fermato per l’ennesima volta per una delle periodicheriparazioni lungo la strada,non avremmo capito mai se fos-se il radiatore o una sospensione, un giunto... inutile faretroppe domande. Fabrizio, informatico padovano, era sce-so a fumarsi una sigaretta e insieme notammo che, sulparabrezza, il nostro autista Kumar aveva apposto un gran-de adesivo raffigurante un misterioso santone. Interroga-to, ci spiegò che lo aveva messo lì quando aveva portatoun gruppo di pellegrini alle sorgenti del Gange, nel Garh-wal.Già, il Gange... il fiume più sacro dell’induisimo,ne ave-vamo appena visto il cuore pulsante di pellegrini, funeralie ciarlatani, a Varanasi e Allahbad. Dico a Fabrizio che sa-rebbe interessante continuare il percorso culturale visi-tandone le tre sorgenti, Gangotri, Kedarnath e Badrinath,nell’Himalaya indiano. Il pellegrinaggio laggiù rappresenta

per gli indù,mutatis mutandis,quello che il viaggio alla Mec-ca rappresenta per i musulmani, un’una tantum della vitache dovrebbe disintossicare lo spirito dal male terreno eaiutare a preparasi alla prossima vita nell’aldilà (per i mu-sulmani) o di nuovo nell’aldiqua (gli indù reincarnati). Fa-brizio non ci pensa due volte...“io ci sono, ma non mi ri-portare in India troppo presto perché sennò finisce checi rimango, questo paese mi affascina troppo”. Be’, siamoa Gennaio, in ogni caso in primavera fa troppo caldo, inestate ci sono i monsoni e in Himalaya non si vedono lemontagne, ma l’inizio dell’ Autunno è la stagione ideale...“Perfetto” conclude Fabrizio,“a me comunque non piaceprendere le ferie ad Agosto, Ottobre va benissimo.” In-tanto il radiatore o cos’altro s’era rotto è stato rimessopiù o meno a posto, tirerà avanti forse ancora un centi-naio di chilometri, la sigaretta è finita e ripartiamo. Ma ilpallino del trek alle sorgenti del Gange intanto si era an-nidato nel nostro cervello, e cominciava a diventare unchiodino fisso...Detto, fatto.A settembre ci sono 6-7 iscritti, cominciano

le sventagliate di email, poi alcune improvvise cancellazio-ni all’ultimo momento e restiamo ... in tre! Fabrizio, io eSimona, camiciaia bergamasca (pardon, di Canonica d’Ad-da!) ed imperterrita arrampicatrice, tanto minuta e fragi-le d’apparenza quanto grintosa e tenace in salita.Temiamoun comprensibile annullamento del viaggio ma da VnM mifanno sapere che non c’è problema, partiamo lo stesso!Ci si prospetta un viaggio a metà tra il naturalistico ed ilmistico in Garhwal, cui abbiamo aggiunto qualche giornodi relax più disimpegnato nel Kumaon (che insieme alGarhwal costituisce lo stato indiano dell’Uttaranchal) al-la fine dell’itinerario.Appuntamento a Roma, solito scalodi rito ad Amman con il fedelissimo volo Royal Jordanian,e rieccoci in India. L’arrivo all’aeroporto di Delhi è sem-pre un piccolo shock, la puzza dell’India ti assale (altro che“L’odore dell’India” di Pasolini, libro peraltro sempre at-tuale e che consiglio di leggere) ma poi, in poco tempo, amano a mano che ci si addentra nel paese, il lezzo si tra-sforma in un magico complesso di profumi, che si mi-schiano ai vivacissimi colori e ti avvolgono inesorabil-

India

Testo di Marco CarnovaleFoto AnM, Carnovale

Tra i montidel Garwal

Tra natura e cultura,con speck e nutella

alle sorgenti del GangeTra i monti

del Garwal

EKedarnath

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mente, fino a che i colori, i profumi e certamente anche isapori dell’India ti abbracciano e ti rapiscono.Ci troviamo con un autista che sembra simpatico ma nonparla una parola d’inglese e non è mai stato in Uttaran-chal.Quando,conscio dei percorsi accidentati che ci aspet-tano, storco un po’ il naso, il corrispondente di Avventu-re a Delhi me lo cambia e ci da Pappu, che si rivelerà il mi-gliore autista che abbia mai avuto in tutti i miei viaggi.Gui-derà magistralmente, con naturalezza, sempre alla veloci-tà ideale per non perdere tempo (e sulle strade indiane èfacile perdere tantisssssimo tempo) ma senza mai rischia-re;ci farà sempre sentire sempre sicuri nonostante le stra-de scassate, il traffico, le mandrie di ovini, caprini e le im-mancabili mucche, nonché le frane che ci hanno spessospinto sull'orlo di precipizi da capogiro; inoltre parla ab-bastanza inglese da comunicare almeno l’essenziale,ci aiu-terà in mille occasioni ed è anche una persona simpaticacon cui chiacchierare di tante cose... L’ho però spesso do-vuto rimproverare (peraltro inutilmente!) quando si osti-nava a buttare per terra, o dal finestrino, ogni tipo di ri-fiuti (carta, plastica, vetro, astucci dei nostri rullini fotoga-fici) ed alle mie rimostranze sull’importanza di mantene-re pulito l’ambiente rispondeva, sorridendo, con un disar-mante “This is India!”. Ed eccoci in strada...

16 Ottobre 2003.Partenza da Delhi, ci mettiamo due ore ad uscire dal caosinfernale del traffico cittadino, e quindi sosta Khatauli,buon pranzetto,l’ultimo con carne di qualsiasi tipo in quan-to dopo poco entriamo in Garhwal, che è considerata re-gione sacra,e quindi vi è consentita solo alimentazione ve-getariana, e niente alcolici! Arriviamo a Haridwar nel tar-do pomeriggio, e presa la stanza in albergo usciamo peruna passeggiata, fermandoci al tramonto ad assistere allaPuja (preghiera) serale lungo le rive del Gange che in que-sta stagione è poco più di un patetico rigangolo fangoso;difficile pensare che questo sia il germe da cui sboccia l’im-menso fiume che abbiamo visto a Varanasi! La puja è sug-gestiva, le alte fiaccole sacre illuminano i corpi mingherli-ni degli officianti, i pellegrini si accalcano stendendo la ma-no fin quasi a lambire le fiamme per purificarsi, ovviamen-te c’è chi ci prova e viene a chiederci un’offerta... chissàperché proprio a noi che siamo gli unici occidentali nellamischia...

17 Ottobre.Mattinata in visita a Haridwar. I due principali templi,Manda Devi e Chanda Devi, si raggiungono in funivia, i pel-legrini sono pochi, siamo alla fine della stagione, tanti in-vece i mendicanti, gran panorama. Proseguiamo per Ris-

hikesh, la mitica Rishi degli anni sessanta e settanta, oggimolto commercializzata,qualche residuato dei figli dei fio-ri, oggi sulla sessantina, i capelli grigi ma sempre lunghissi-mi, si aggira senza meta per le strade con un’aria di deca-dimento e di triste abbandono... ci fermiamo poco, è uncapitolo chiuso nell’approccio alternativo all’India da par-te della protesta occidentale.Continuiamo il tragitto verso Uttarkashi tra maestosemontagne,Pappu manovra magistralmente la Toyota tra gliinfiniti tornanti e le molte frane che interrompono la stra-da, la velocità media cala verticalmente.Arrivati a Uttar-kashi e presa la stanza trattiamo con un’agenzia locale perorganizzare il trek alla sorgente del Gange di Gaumuk.Ce-na in un ristorantino adiacente all’albergo, vegetarianocome quasi tutti in questa regione.Per la verità ce n’è uno“non-veg”, gestito da un Sikh con tanto di turbantone co-lorato, (testimonianza della tolleranza dell’India secolareverso gli appartenenti ad altre religioni, che non sono te-nuti a sottostare alle regole religiose e alimentari indù) mauna frana ha impedito agli allevatori di portare i polli almercato,ci dice,dunque oggi niente petto e cosce nel for-no tandoor...

18 OttobreSveglia, facciamo quella che sarà l’ultima doccia per varigiorni e iniziamo il trasferimento verso il cuore dell’Hi-malaya, inerpicandoci attraverso montagne di grande mae-stosità. Sosta a Jahla, piccolo villaggio sul percorso, e bre-ve trek di 1 ora fino al villaggio vecchio per sgranchirci legambe e ammorbidire gli scarponi,alcune vecchie case pre-sentano interessanti lavori di intaglio sulle porte, incon-triamo i contadini locali, socievoli, ma è ovviamente im-possibile comunicare.Arrivati a Gangotri e prese le stan-ze in un alberghetto facciamo una passeggiata per il pae-se,con cena,al buio, in un ristorantino lungo la strada prin-cipale, uno dei pochissimi che non abbia già chiuso per lafine della stagione.Lenticchie,patate,qualche ortaggio nonmeglio identificato nella penombra, piccantino ma nontroppo, saporito... Da oggi si comincia ad andare a lettoprestissimo, sia perché non c’è proprio nulla da fare, siaperché da domani cominceremo ad alzarci all’alba persfruttare al meglio la luce solare per le nostre camminate.

19 Ottobre Sveglia alle 6. Appuntamento con i portatori, “chai” (thèindiano al latte e spezie come cannella – o cardamomo, onoce moscata o quant’altro viene in mente a chi lo pre-para – e zucchero) e partenza alle 7.15. Importante cari-care gli zaini di quanta più acqua potabile possibile (i por-tatori si caricano fino a 20kg ciascuno, sarà quasi la metà

del loro peso corporeo; sono magri, scuri, tosti, un fasciodi muscoli e nervi) perché poi non se ne trova più. Ci co-minciamo ad inerpicare sul sentiero di pietra. Lasciando ilpaese si entra nel parco nazionale, un milite di guardia cifa pagare l’entrata.Alcuni cavallanti ci propongono i loroservizi, ma noi abbiamo deciso di andare a piedi. Dopo 9km siamo a Cheerbasa, poco più che una stazione di ri-storo, alcuni piumoni scoloriti del locale rifugio sono ste-si al sole ad asciugarsi. Il cammino è facile, il tempo otti-male, siamo partiti intirizziti all’alba avvolti da strati di fel-pe, poi ci sbucciamo gradualmente e per le 10 siamo inmaglietta a maniche corte! Solito pranzetto “veg” alla sta-zione di sosta, lenticchie e patate, integrato da noi con va-ri prodotti affettati di provvidenziali suini d’Italia! (Mai co-me in questo viaggio mi sono convinto che il porco sia ilmigliore amico dell’uomo,altro che cane...) Incrociamo al-cuni pellegrini indiani, la maggior parte sono a cavallo e ciguardano dall’alto in basso, letteralmente, con un po’ dicommiserazione noi poveri occidentali camminatori! Ar-rivati a Bojbhasa verso le 2 di pomeriggio breve sosta sulciglio della montagna che sovrasta l’ultima vallata prima diGaumuk, le sorgenti del Gange; thè, biscotti... poi ci ripo-siamo godendoci il tramonto nel cortile del rifugio. Giu-sto accanto alla nostra casetta, noto un sinistro cumulo dimacerie; chiediamo e ci viene detto che era un’altra ca-setta per visitatori, proprio come la nostra, ma che è sta-ta travolta da una frana qualche tempo fa... speriamo be-ne. Cala preso il sole qui, alle 3 del pomeriggio è già invi-sibile dietro la montagna, e subito comincia a fare freddo.Simona sta male, peccato, proprio lei che ci teneva più ditutti alla tirata verso Gaumuk ed il pianoro del Tapoban didomani, si stava preparando da mesi ed ora rischia di do-ver rinunciare. Andiamo a letto avvolti nei sacchi a pelocon tutto addosso, due calzemaglie, maglioni, magliette,calzettoni, sciarpa, cappelletto di lana, guanti. Le trapuntedel rifugio sono umide, pesanti, inutilizzabili.

India

Kedar

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20 Ottobre Sveglia all’alba e partenza.Decidiamo di portare tutto connoi, non sappiamo se, ammesso di raggiungere Tapoban,torneremo giù, o se il possibile peggioramento delle con-dizioni meteo nel pomeriggio ci obbligherà a rimanere lanotte con i sadhu e tornare il giorno dopo. Il sentiero di-viene più accidentato, si comincia ad attraversare il ghiac-ciaio dal quale sgorga il Gange;superiamo i 4000mt di quo-ta, l’altitudine comincia a farsi sentire, il ritmo del passocala, l’affanno aleggia sulle nostre teste come un avvoltoio;arriviamo in poco più di un’ora alle sorgenti del Gangesenza troppa difficoltà, a Gaumuk. Io mi fermo lì, il pae-saggio è incantevole, il cielo azzurro e cobalto, il sole sistaglia tra qualche nuvoletta passeggiera,la suggestione mi-stica infinita, ma le mie gambe cittadine ultraquarantennimi avvertono che se insisto troppo potrebbero prestoscioperare; in ogni caso l’obbiettivo del trek, la sorgentedel Gange, è raggiunto. Un paio di sadhu vivono in tendespartane presso la sorgente. Il silenzio è rotto solo da pic-cole ma ripetute frane, che ogni qualche minuto ci ricor-dano che qui il ghiacciaio è sempre in movimento, e conesso il resto della montagna; mi viene in mente la casettadi ieri sera ma mi convinco che statisticamente dovrem-mo essere a posto dato che siamo qui solo per poche ore!Gli altri continuano,ma Fabrizio (colpa delle sigarette? del-le gambe cittadine, le sue come le mie?) si ferma un po’più avanti e solo Simona, l’unica ragazza del gruppo, quel-la che ieri sera sembrava sull’orlo della rinuncia, continuaad arrampicare, appoggiandosi ai suoi due inseparabili ba-stonicini,ed arriverà fino a Tapoban, a oltre 4300mt,pro-prio sotto il massiccio dello Shivling! Poi ci riuniamo a Gau-muk per pranzare al sacco, la Nutella si spreca, il sole ciirrora le ossa ancora intirizzite dalla nottata di ieri, diffici-le immaginare una situazione più idilliaca! Ci dispiace an-darcene, ma verso le 2 del pomeriggio il sole si avvicinapericolosamente alla cresta dei monti che si preparano a

distendere una fredda ombra sulla valle. Per le 3 del pmsiamo di nuovo a Bojbhasa,qui non c’è nulla da fare,è buioe fa freddo.Ci consoliamo con le nostre leccornie... chiac-chieriamo con in pochi turisti, inglesi, francesi, israeliani –difficile comunicare con i pellegrini. Ceniamo nel mono-locale del rifugio che fa da ristorante / cucina / dormito-rio dei dipendenti / salotto / deposito; è situato accantoai bagni, dove c’è anche un barile d’acqua di ghiacciaio perlavarsi -- i denti, non altro! I dipendenti passano la granparte della giornata stesi nei loro giacigli, praticamente inletargo.

21 OttobreLunga discesa per tornare a Gangotri, le ginocchia ne ri-sentono un po’. Incrociamo gli ultimissimi pellegrini dellastagione che salgono – a cavallo la più parte, mica a piedi

come quelli di Avventure! Ci fermiamo per qualche spun-tino, fotografie sui precari ponticelli fatti da semplici tron-chi posti di traverso a qualche ansa del fiume che si sud-divide in frizzanti torrenti lungo la discesa, per poi ricom-porsi più a valle.Arrivati a Gangotri ci accoglie uno sce-nario piuttosto desolato, è quasi tutto chiuso, i negozian-ti impacchettano le loro mercanzie invendute; venditoridi candele, fiori ed altri ammennicoli per la puja provanopoco convinti ad appiopparci qualche articolo; gli ultimiportatori nepalesi chiacchierano del più e del meno sullapiazza principale, fanno il sunto della stagione e si prepa-rano a ritornare in patria.Recuperiamo Pappu, che in nostra assenza si è riposato eben ripulito, oltre che divertito (leggi sbronzato!) con isuoi colleghi, ma ha anche lustrato il Toyota che riluccicaal sole.Ultima esplorazione per il paese di Gangotri; ci av-viciniamo al tempio, che in stagione straripa di fedeli, maora è quasi deserto; chiacchieriamo con un solitario sad-hu rimasto sul ghat del fiume con i sui ceri e le sue pol-veri; il sole ci scalda e i nostri organismi si accorgono chesiamo riscesi a “solo” 3100 metri di altitudine, non ansi-miamo più ad ogni passo... Si riparte, ci rimettiamo in stra-da per Uttarkashi dando uno strappo ai portatori che de-vono tornare a valle. Stavolta a ritardare il nostro andarenon sono le frane ma mandrie di pecore e capre che in-vadono la strada e che si fa molta fatica a far ragionare perfarci passare.Nel tardo pomeriggio,oggi come tutti i gior-ni che siamo i strada, si incontrano frotte di scolarescheche rientrano a casa; a volte fanno molti chilometri perandare a scuola a piedi, con sandalotti da spiaggia con l’in-fradito, ma sempre perfettamente a posto nella loro divi-sa colorata, azzurrina o verde, con una grande sciarpa checade sulla schiena e lo zaino in spalla. Sull’imbrunire sia-mo ad Uttarkashi,breve riposo e poi a cena.Stavolta i pol-li ci sono, e l’omone Sikh che gestisce il forno tandoori cipropone un padellona con cosce, petti e tranci vari, il tut-to inzuppato di una salsa rossa piccantina anzi che no, ov-viamente senza posate, siamo nell’India più profonda, mala fame prevale facilmente sul galateo ed in pochi minuti igallinacci sono ridotti an un cumulo di ossa. Il chapati cal-do continua ad arrivare ad intervalli regolari di pochi mi-nuti, consentendoci ripetute “scarpette” invero libidino-se! (Questa del pane servito caldo ripetutamente duran-te la cena, a piccole dosi, appena cotto, dal forno diretta-mente a tavola,magari preso e portato con le mani dal ca-meriere, è una finezza frequente nella ristorazione india-na, anche nei locali più semplici, che in Occidente troval’equivalente solo in rari ristoranti di altissimo prezzo. Ep-pure sarebbe così facile...)

India

Si fa il bucato...

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22 Ottobre Estenuante trasferimento in auto tra le montagne,che purdi grande effetto scenografico mettono a dura prova lanostra resistenza, meno male che abbiamo un autista ve-ramente eccezionale. Pappu pennella i tornanti con sicu-rezza, è magistrale nell’accelerare quando si può, ma an-che a frenare dolcemente quando necessario, senza esita-zione alcuna, ma anche senza scossoni. Passiamo per losconfinato cantiere della controversa diga di Tehri, unaenorme vallata interamente rivoltata come un pedalino,che sbarrando il Bhagirath (nome di questo braccio delGange) fornirà elettricità a tutta la regione (e sì che n’èben bisogno, qui si va ancora avanti con la corrente cheva e viene nei momenti più impensati!) ma al prezzo di de-vastare una regione e obbligare allo spostamento un’inte-ra città,Tehri appunto,e già stanno costruendo Nuova Teh-ri a monte. D’altra parte l’India cresce a ritmi vertiginosi,8-9% l’anno, e l’energia elettrica, si sa, è il prezzemolo del-la crescita, senza di lei non c’è modello di sviluppo chetenga.Piacevole sosta a Srinagar, sul percorso, con un simpati-co mercatino. Rifornimento di frutta, chapati appena sfor-nato, noccioline, ecc e pranzo al sacco (come sempre in-tegrato dagli affettati nostrani!) lungo un tornante di gran-de suggestione, con panoramicissima vista sul fiume Alak-nanda (il ramo del Gange che viene da Kedarnath).La gior-nata fa riposare comunque le gambe dal trek dei giornipassati, le ginocchia ci sono riconoscenti.Arriviamo in tar-da serata a Gaurikund, villaggio abbarbicato sulle pendi-ci della valle di Kedarnath. Ci sistemiamo in un alberghet-to tipico da Avventure, freddino, miserello e sudiciotto, inaltre situazioni avrei cercato di meglio ma qui non esisto-no alternative. Un paio di ragazzi, per 5 Rupie, ci portanogli zaini su per la lunga scalinata che conduce all’albergo.Fa sempre un po’ impressione farsi portare il fardello (o

farsi portare proprio, per esempio nei risciò a pedali) perpochi centesimi, anche se io sostengo che sia comunqueun bene perché almeno così si fanno lavorare queste per-sone. Ma ogni residuo scrupolo mi viene spazzato via dal-la visione di una famiglia indiana, chiaramente agiata, benvestita e grassottella, che affida un cumulo di valigie sullespalle di un solo portatore, anziano e fragile, magrissimo,piccolino e pieno di rughe; ho contato sei valigie, accata-state una sull’altra; il vecchietto le lega tutte insieme conuna corda, poi si inginocchia fino a terra, si avvolge la cor-da intorno alle esili spalle, con esitazione si inarca e, pia-no piano, si alza in piedi, barcolla, trova un precario equi-librio,e quindi si incammina lentamente verso la lunga gra-dinata...

23 OttobreSveglia all’alba e raduno di pellegrini (tanti) e turisti (solonoi) all’inizio del camminamento verso il tempio, fa fred-do. Decine di cavalli masticano biada e pompano vaporedalle narici; i rispettivi cavallanti imbacuccati li bardano esi preparano alla giornata; si negoziano le tariffe, Fabrizioe Simona si fanno a piedi i 14 km di salita, io invece imitoi pellegrini indiani e salgo su un cavallino... tanto per im-medesimarmi nella vita SPIRITUALE locale! Pellegrini a ca-vallo, a piedi, i più anziani o ricchi sul “doli” una portanti-na che 4 uomini si caricano sulle spalle per tutto il tragit-to (circa 6-7 ore,1600 metri di dislivello,2000 Rs, circa 40Euro, 10 a testa, sembra una miseria ma è una settimanadi stipendio medio per un indiano). Il sentiero di pietra siabbarbica sul costone della valle del fiume Mandakini, laterza componente del Gange che incontriamo nel nostroviaggio. Paesaggi maestosi, tempo perfetto, solo qualchenuvola sporca il cielo nel primo pomeriggio, cade qualchegoccia d’acqua verso le 5 ma la sera è di nuovo limpido.Arrivati a Kedarnath troviamo un paese fantasma, ci sa-rebbe potuto venire benissimo Sergio Leone per una del-le sue scenografie; sono andati via quasi tutti, solo gli ulti-missimi pellegrini della stagione. Quasi tutti quelli che so-no saliti con noi da Gaurikund vanno a pregare al tempioe si rimettono subito in marcia per scendere a valle. Ag-girandoci per le vie deserte troviamo un figuro che ci pro-pone una camera in una casa privata, accettiamo,non han-no il coraggio di chiederci più di 150 Rupie (3 Eur) per unatripla. Freddissima,ma non abbiamo alternative.Arrivati inpaese facciamo una prima passeggiata, sulla sinistra gua-rando la valle ci si arrampica in 10 min su un cucuzzolo

con tempietto di Shiva, il solito tridente, una batteria dicampane luccicanti. La sera i nostri padroni di casa ci fan-no anche da mangiare, un frugalissimo pasto vegetariano,ma santo speck e santa nutella ci soccorrono ancora!

24 OttobreIn mattinata visita al tempio di Kedarnath. Una dozzinadi sadhu si godono l’ultimo sole della stagione seduti perterra nel cortile antistante. Qualche famiglia di fedeli vie-ne a pregare, si ode a tratti il tocco della batteria di cam-pane poste in cima alla scalinata che conduce al tempio,dove si può entrare ma non fotografare. Un netturbinoraccoglie l’immondizia, la depone in una sbilenca carriola,da fuoco al tutto e si avvia tranquillo, trascinandosi dietroil suo carico incendiato! Poi ci incamminiamo verso il la-go Gandhi Sarovar dove furono disperse le ceneri del Ma-hatma;si sale per poco più di un’ora,facile camminata tran-ne per un punto dove si deve attraversare una cascata alguado, togliendosi le scarpe e le calze e immergendosi fi-no a metà polpaccio nell’acqua cristallina e freddissima.Aibordi del lago ci fermiano a goderci sole e panorama, tem-po perfetto, stiamo a torso nudo per qualche ora, ver-rebbe voglia di non tornare più giù ma, come sempre, èancora l’orologio il nostro nemico, abbiamo troppa stra-da da fare e con questi tornanti a strapiombo è assoluta-mente sconsigliato viaggiare di notte! Inoltre all’orologiosi è alleato il calendario, e fra un paio di giorni tutti i tem-pli chiuderanno per l’inverno dunque dobbiamo raggiun-gere Badrinath al più presto.Tornati a Kedarnath rifacciamo la discesa per Gaurikunde ritrovato Pappu che chiacchierava con un collega, ripar-tiamo per Rudraprayag, una delle cinque confluenze tra lesorgenti del Gange, e le confluenze, assieme alle sorgentie le foci, sono considerate le parti a più alta energia sacradagli induisti.Arrivati alloggiamo al Monal, un moderno al-bergo in periferia, un po’ “fuori tema” rispetto a come cisiamo abituati a stare nelle valli sacre ma le alternative era-no veramente improponibili, luride pensioni umide e bi-sunte, forse adatte ad espiare le colpe dei pellegrini matroppo repellenti ai nostri pur avventurieri spiriti!

25 OttobreLungo, lunghissimo trasferimento, infinite frane rallentanola marcia,i tempi di percorrenza sono imprevedibili su que-ste strade affascinanti ma tortuosissime, evidentementesempre senza parapetto... Sosta pranzo nella piazza prin-

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Il gruppo a quota 4000

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cipare di un simpatico paesino, Pipalkoti, dove assaggia-mo un’ottima Pakhoda (frittelle ripiene) in uno dei variristorantini senza nome lungo la strada – è quello di fron-te al barbiere, se per caso vi trovaste a passare di lì....Ar-riviamo a Joshimath verso le 3 del pm, troviamo l’alber-go e ci facciamo una passeggiata per il paese bardato a fe-sta, infatti in questi giorni è il Divali, la festa delle luci, chedal punto di vista sociologico è un po’ come il nostro Na-tale... è la principale festa dell’anno, riunioni di famiglia,grandi mangiate, regali. E’ l’unica volta che vediamo Papputriste, è lontano dalla moglie e dai bambini, ma ci è abi-tuato, è il suo lavoro e lei sa che lui sta sempre in giro ascarrozzare turisti per tutta l’India. Per festeggiare il Di-vali, la sera,dopo cena,mi chiede se lo accompagno a com-prare una bottiglia di un distillato dolciastro che lui si osti-na a chiamare whisky ma che in realtà è una specie di rhum,ce ne ha fatto già assaggiare prima; usciti dalla strada prin-cipale del paese, scendiamo insieme una scalinata di pie-tra sulla quale, ad un certo punto, da una casa, si affacciauna porta che in realtà è un cancello, chiuso e ben inchia-vardato.All’interno,alla fioca luce di poche candele (la cor-rente elettrica qui è ancora un’optional, ergo la necessitàdella diga di Tehri) un paio di figuri presidiano un deposi-to di bottiglie. Breve contrattazione ed attraverso la gra-ta del cancello passano le rupie, e poi in direzione oppo-sta la bottiglia.Torniamo in albergo dove Fabrizio e Simo-na ci aspettano in compagnia di noccioline e di qualchedolcetto che hanno rimediato prima che tutti i pasticcerichiudessero bottega per andare a festeggiare a casa. Im-provvisiamo il nostro piccolo Divali sul terrazzo che do-mina la strada maestra. I fuochi d’artificio si sprecano, dal-le case ripulite delle famiglie benestanti ne partono a biz-zeffe e, vuoi per l’effetto di bottiglie simili alla nostra, vuoiper la manifattura meno che professionale dei botti, dob-biamo stare attenti a non essere abbrustoliti... un paio divolte i petardi atterrano sibilando proprio sul nostro ter-razzo.

26 OttobreLunga gita in auto su e giù per le montagne, attraversan-do il Saraswati (è sempre lui, il Gange, ma qui si chiamacosì),per arrivare al tempio di Badrinath, l’ultimo dei trealle sorgenti. Non c’è alcun trek da fare qui, tutto in autoin un paesaggio durissimo con strapiombi da brivido e tor-nanti formato budello da far girare la testa,per fortuna c’èPappu al volante, siamo tranquilli. Il tempio è chiuso e co-munque, da fuori, non sembra particolarmente interes-sante, sicuramente meno degli altri due che abbiamo giàvisitato, almeno ai nostri occhi profani di visitatori e nondi pellegrini. Oggi piove, e le nubi cupe rendono l’atmo-sfera che circonda le montagne particolarmente suggesti-va. La vera sorpresa della giornata è Mana, un villaggiodell’etnia Bhotia, una popolazione di frontiera somatica-mente mongoloide con forti legami con il Tibet,che da quidista poche decine di chilometri. Siamo accolti calorosa-mente al villaggio, perlopiù dalle donne, che ci offrono ilthè, una ci invita a casa sua. Compriamo svariati tappeti,coloratissimi, con motivi astratti e floreali, per cui i Bothiasono conosciuti. Sicuramente i migliori e meno prevedi-bili acquisti che faremo per tutto questo viaggio.

27 OttobreMattinata ad Auli, stazione sciistica per la classe media in-diana, impianti rudimentali ed scassatelli ma paesaggio dasogno. Si prende una funivia (un po’ cigolante, ma ci fidia-mo) da Joshimath e si raggiunge in cima un’ampia radurache domina la valle e dalla quale si vede, stagliata nel blucristallino del cielo, la maestosa cima del Nanda Devi, lapiù alta montagna interamente in India, quasi 8000 metri.Chiacchieriamo con una famiglia di Goa, marito curioso

di noi stranieri,moglie grassottella,bambini anch’essi iper-nutriti e iperabbigliati, un po’ come in Italia, solo che quifanno più impressione perché contrastano con i fisiciasciuttissimi della maggior parte dei pellegrini che abbia-mo incontrato in queste terre – e degli Indiani in genera-le,che tra i tanti problemi che hanno non annoverano cer-to, per ora, quello dell’eccesso adiposo! Per loro, che ven-gono dalla regione costiera e sono abituati a palme e tem-perature tropicali, stare qui è ancora più strabiliante diquanto non lo sia per noi, che in fondo siamo abituati al-le Alpi e all’Appennino. Il panorama è veramente eccezio-nale, volendo si possono fare passeggiate in quota ma iltempo è sempre tiranno e se vogliamo arrivare in Kumaonprima che faccia buio dobbiamo ripartire.Ridiscesi con la funivia, proseguiamo in auto, sosta pranzoancora al botteghino di fronte al barbiere di Pipalkoti (so-prannominato da Fabrizio la “pakhoda place” date le quan-tità industriali che ne abbiamo consumato sui tavolini dis-posti un po’ a casaccio sulla strada e puliti occasionalmentedalle leccate delle vacche!) e poi via per Kausani. Lungo lastrada incontriamo centinaia di donne, in gruppi di 10-12,in lunghe file indiane ben coreografate per i sentieri,e sfar-zosamente abbigliate di sari colorati, con i caratteristicianelli d’oro al naso, che portano enormi cesti di letamesulla testa verso i campi da seminare; non saprei dire per-ché, ma stona vedere giovani donne abbigliate ed ingioel-late di tutto punto spargere sterco nei campi... Lasciamoalle nostre spalle la parte spirituale del viaggio e dell’Ut-taranchal Pradesh (il Garhwal) per entrare in quella piùturistica (il Kumaon). Qui è tutto più organizzato, pulito,accogliente e naturalmente costoso; al posto dei pellegri-ni ci sono gli ... Indiani metropolitani in vacanza, in fondosiamo a solo 3-4 ore da Delhi. Si mangia decisamente me-glio, e meno male!, dato che le nostre riserve di nutella eaffettati sono finite... Si possono fare fantastiche cammi-nate tra le montagne, ma manca l’aspetto religioso che èinvece prevalente alle sorgenti del Gange.

28 OttobreIn mattinata trek in discesa dalla cima di Kausani, dove sitrova l’albergo, a Bajinath, in fondo valle. Si attraversanofattorie, campi coltivati, incontri occasionali con contadi-ni e studenti. Si alternano dirupi e terrazzamenti, fiumi-ciattoli e burroni, ed anche sezioni di foresta vergine. Cimettiamo circa 3 ore e mezzo a fare gli 11 km di discesa.Ci avevano offerto una guida, che noi abbiamo deciso dinon utilizzare, ed in effetti in un paio di occasioni forsenon abbiamo fatto la strada più diretta o sicura, tra i cam-pi è facile perdersi; ma alla fine anche perdersi tra le col-line fa parte di questo viaggio. Ma alla fine basta scenderesempre e si arriva a valle! In serata siamo a Ranikhet.

29 OttobreIn mattinata altra camminata per le montagne afforestatedi Ranikhet, circa 8km in 4 ore per raggiungere i Chau-

buttia Gardens, dove volendo si può pernottare in unacaratteristica casa coloniale ristrutturata ad albergo. Laposizione è imbattibile e sono molto gentili.Noi però,tan-to per cambiare, non abbiamo tempo, e tiriamo dritto.AChaubuttia ci aspetta Pappu e proseguiamo per Naini Talsenza problemi, strade asfaltate, ormai ci pare tutto faci-le, tutto procede rapidamente.

30 OttobreGiornata di riposo, riflessioni finali e bagno di sole. Fac-ciamo una gita per i laghetti delle valli adiacenti, un uno diquesti affittiamo anche una barca a remi e su di essa ci go-diamo un paio d’ore di quiete totale sgranocchiando noc-cioline e ripensando un po’ a tutto il viaggio che si sta perconcludere e naturalmente al prossimo...con Fabrizio con-sideriamo che, avendo visto qui dove nasce il Gange, e giàprima il suo massimo sviluppo, il suo cuore pulsante, a Va-ranasi, potremmo pensare ad un terzo viaggio in India do-ve esso muore nell’oceano, in Bengala...

IndiaG u i d e , m a p p e e l e t t u r e c o n s i g l i a t e

- Sharma, K.P.:“Garhwal and Kumaon:A Trekker’s and Visitor’s Guide”, Cicerone, 1998.- “India and Bangladesh Road Atlas”, Lonely Planet.- Bradnock, Robert & Roma:“Indian Himalaya”, Footprint Guides, 2000.- Weare, Garry:“Trekking in the Indian Himalaya”, Lonely Planet, 2002.- Alter, Stephen:“Sacred Waters”. Diario di uno studioso americano del M.I.T. di origine indiana che ha ripercorso,

quasi sempre a piedi, gli antichi itinerari dei pellegrini, soffermandosi nei paesi e approfondendo i contatti con i lo-cali. In Italia “Acque Sacre” è pubblicato da Ponte alle Grazie, 2002.

- “Kumaon: Home of the Gods”, Nest and Wings, 2003 (vedi www.nestwing.com) Le migliori carte della regine sono quelle della Fondazione Svizzera per le Ricerche Alpine, da cui si possono ordi-nare direttamente (www.alpineresearch.ch).

Venditrice di tappeti Thia a Mana

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