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Per esclusivo uso nell’ambito della Abilitazione scientifica nazionale. Ogni riproduzione o distribuzione è vietata For exclusive use within ASN. Unauthorised copying or distribution is strictly forbidden. IMMIGRAZIONE E DIRITTI UMANI NEL QUADRO LEGISLATIVO ATTUALE a cura di Pasquale Costanzo, Silvana Mordeglia e Lara Trucco 84 Collana di monografie

Immigrazione e diritti umani nel quadro legislativo attuale · ROSA PALOMBO, Immigrazione e pubblica sicurezza..... 133 PAOLA BALBO, Immigrazione e asilo: differenze e commistione

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Per esclusivo uso nell’ambito della Abilitazione scientifica nazionale. Ogni riproduzione o distribuzione è vietataFor exclusive use within ASN. Unauthorised copying or distribution is strictly forbidden.

IMMIGRAZIONE E DIRITTI UMANI

NEL QUADRO LEGISLATIVO ATTUALE

a cura di

Pasquale Costanzo, Silvana Mordeglia e Lara Trucco

84

Collana di monografie

Per esclusivo uso nell’ambito della Abilitazione scientifica nazionale. Ogni riproduzione o distribuzione è vietataFor exclusive use within ASN. Unauthorised copying or distribution is strictly forbidden.

INDICE

pag.

Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . VII

GRAZIELLA GALLIANO, Riflessioni sulla recente mobilità spaziale in Italia e inEuropa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

LARA TRUCCO, Il permesso di soggiorno nel quadro normativo e giurisprudenzialeattuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

ELENA FIORINI, Il ricongiungimento familiare. L’esperienza dell’avvocato . . . . . 45

SILVANA MORDEGLIA, Il ricongiungimento familiare. L’esperienza dell’assistentesociale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55

ANTONIO PAPPALARDO, Flussi migratori e devianza minorile . . . . . . . . . . . . . 69

FRANCO CATANI, Gli interventi dei centri di ascolto vicariali a favore degliimmigrati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81

LIA MASTROPAOLO, Counselling, mediazione e lavoro di rete con i migranti . . . 89

ANNA BANCHERO, Gli interventi sociali e sociosanitari a favore degli immigratinella regione Liguria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101

ANGELA TESTI - ENRICO IVALDI, L’esercizio del diritto alla tutela della salute: accessodegli immigrati ai servizi sanitari in regione Liguria . . . . . . . . . . . . . . 115

ROSA PALOMBO, Immigrazione e pubblica sicurezza. . . . . . . . . . . . . . . . . . 133

PAOLA BALBO, Immigrazione e asilo: differenze e commistione . . . . . . . . . . . 139

FEDERICA RESTA, Le linee della politica governativa nei settori dell’immigrazione edell’asilo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149

PAOLA PELLEGRINO, L’assistenza legale al richiedente asilo. Casistica . . . . . . . . 191

MAURIZIO GUAITOLI, Il riconoscimento dello status di rifugiato e del diritto di asilo.Allegato: “Progetto per la realizzazione della rete intranet per “dublinet” tra laCommissione Nazionale, la sezione stralcio e le Commissioni territoriali per ilriconoscimento dello status di rifugiato e per l’asilo” . . . . . . . . . . . . . . 199

GIOVANNI VESCO, Considerazioni conclusive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 249

Notizie sugli autori e i curatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 259

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PREMESSA

I contributi che qui si raccolgono scaturiscono o sono stati stimolatidai lavori svoltisi in occasione del convegno tenutosi a Genova il 30novembre 2007, nell’ambito delle attività di ricerca e di formazione dellaLaurea specialistica in Direzione sociale e servizi alla Persona dell’Uni-versità di Genova, nella quale i curatori operano in campi e con interessidiversi.

L’attualità e la delicatezza del tema non esigono all’evidenza di esserecomprovate e certamente non mancano approfondimenti di varia naturada parte di specialisti e pratici del settore. Da parte nostra, si è volutopertanto aggiungere qualche tassello al dibattito in corso, spinti siadall’imminenza di nuovi (ma chi sa quanto risolutivi) interventi norma-tivi, sia soprattutto dall’esigenza di dar voce anche a quegli operatori chepiù da presso e, si potrebbe dire, quotidianamente si trovano ad affron-tare, anche con drammatica concretezza, le varie questioni poste dalfenomeno migratorio e dalle domande di asilo. L’accostamento peraltro diquesti due diversi piani non dovrebbe sorprendere, considerato appuntocome in pratica sia spesso sottile il diaframma tra i diversi istituti,spezzato il quale l’orizzonte di tutela potrebbe completamente riconfigu-rarsi.

Comunque sia, ci pare che ciascuno dalla sua particolare prospettiva(il giurista, l’economista, il magistrato, l’avvocato, l’assistente sociale, lopsicologo, il funzionario della Polizia di Stato, il funzionario delleamministrazioni territoriali, l’esponente sindacale e quello del volonta-riato confessionale) abbia con professionalità e passione apportato il suoprezioso contributo, offrendo più di un motivo per l’ulteriore ricerca siateorica, sia ‘sul campo’.

In questo mix di punti di vista, confrontati tra loro, sta probabil-mente uno dei punti di forza delle pagine che seguono e che, dunque, sonodestinate ad una platea di persone interessate piuttosto ampia.

I CURATORI

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I curatori desiderano infine ringraziare quanti, anche semplicementeintervenendo al dibattito durante i lavori del convegno, hanno permessola realizzazione della presente iniziativa. Un grazie particolare è rivoltoall’Avvocato Paola Pellegrino per l’impulso e l’impegno profusi, allaRegione Liguria (Assessorato alle Politiche dell’Immigrazione), al Bancodi Sardegna (Filiale di Genova), e alla Sezione di Diritto costituzionaledel DIPU dell’Università di Genova per il sostegno variamente apportato.

PREMESSAVIII

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GRAZIELLA GALLIANO

RIFLESSIONI SULLA RECENTE MOBILITAv SPAZIALEIN ITALIA E IN EUROPA

SOMMARIO: 1. Premessa. — 2. L’immigrazione in Italia e in Europa. — 3. Riflessioniconclusive.

1. PREMESSA.

Con grande piacere ho accettato l’invito a partecipare aquesto Convegno che tratta un argomento molto importante perla società attuale — come è già stato osservato dai precedentiinterventi — e che rientra da tempo nel campo di ricerca dellescienze geografiche.

La mobilità della popolazione è ritenuta da diversi studiosi ilfenomeno che più di ogni altro ha contraddistinto il secolo XX,al di là dei grandi progressi tecnologici. In particolare, gli spo-stamenti migratori si sono succeduti in maniera ininterrottanell’arco di cento anni anche se sono cambiati i protagonisti, lemete e i luoghi di partenza. E questo grande movimento diuomini ha determinato o quantomeno facilitato tutti gli altri trattisalienti del secolo: le conquiste scientifiche e la loro diffusione, laliberalizzazione del mercato con la conseguente circolazione dimerci e di capitali, le grandi innovazioni nel campo delle comu-nicazioni e ha innescato i diversi problemi della globalizza-zione (1).

La possibilità di spostarsi ha consentito a molti di uscire al di

(1) Per un approccio geografico all’immigrazione in Italia rinvio alla mia recenterassegna (che non ha alcuna pretesa — né potrebbe averla — di essere esaustiva):Religioni e immigrazioni. Una lettura geografica, Le Mani Microart’s Edizioni, 2006,Recco, in particolare 55-91.

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fuori di comunità nazionali per secoli rimaste chiuse al lorointerno ed ha posto alla ribalta dell’attenzione internazionalerealtà e problemi poco noti o del tutto sconosciuti. Si sono cosìgettate le basi per cambiamenti che solo al giorno d’oggi comin-ciano a configurarsi in maniera più chiara. Se infatti la primagenerazione di quanti emigravano tendeva ad assimilarsi il piùpossibile con le società ospiti, quasi rinnegando le proprie tradi-zioni e la propria cultura, il crescere numerico delle varie etnie staportando al crearsi di comunità ben salde che riscoprono erivendicano i loro valori culturali affianco di quelli seguiti dallasocietà ospitante, reinventando e riappropriandosi degli spazipubblici.

Ogni emigrazione contribuisce alla diffusione della multicul-tura, non solo di una cultura di tipo più ampia, aperta al rispettodelle altre culture, ma alla coesistenza di pratiche culturali di-verse, talvolta tra loro contrastanti. È questo il nodo da sciogliere,di difficile soluzione peraltro, che ci viene lasciato in eredità dalsecolo appena passato (2). La convivenza e l’integrazione nell’am-bito di ormai consolidati confini spaziali di etnie diverse non sonodi facile soluzione come la storia ci insegna da tempo.

La letteratura sulla mobilità della popolazione (che coinvolgeoggi nel mondo circa 200 milioni di persone) è diventata ormaimastodontica, poiché ad essa si sono dedicati, oltre che variesperti di materie giuridiche, gli storici, i demografi, gli statistici,gli economisti, i sociologici e gli antropologi sottolineando leconvergenze teoriche e le evidenze empiriche del recente para-digma migratorio.

Le ricerche hanno via via assunto un carattere interdiscipli-nare e l’attenzione del geografo si è concentrata dapprima sugliaspetti generali della mobilità spaziale per affrontare più direcente lo studio dei meccanismi di coinvolgimento dei nuovi

(2) G. ARENA, A. RIGGIO, P. VISOCCHI (a cura di), Italia crocevia di genti.Immigrazione al positivo: la nascita di una cultura multietnica, Atti del Convegno(Cassino, 1997), Perugia, RUX Editrice, 1999, 9-13.

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attori e della loro partecipazione ai progetti di sviluppo locale, digrande rilevanza quindi nei processi di inclusione territoriale (3).

2. L’IMMIGRAZIONE IN ITALIA E IN EUROPA.

Per una panoramica di inquadramento delle linee di distri-buzione dei flussi migratori in Italia e in Europa (4) sonofondamentali i dati riportati nell’ultimo Rapporto del DossierCaritas/Migrantes (5): in Italia la presenza degli stranieri, com-prendente sia i residenti sia i soggiornanti, è in continua crescita:nel 1970 sono stati rilevati quasi 144.000 stranieri, dieci annidopo essi erano già raddoppiati, nel 1990 quintuplicati, agli inizidel 2000 erano quasi decuplicati ed infine lo scorso anno sonoaumentati di 25 volte, superando i 3.690.000. Il numero degliimmigrati ha così raggiunto quello dei cittadini italiani emigratiall’estero (6).

Devo però precisare che l’ISTAT ha registrato nel 2006 soloquasi tre milioni di residenti stranieri e che in questa sede non hopreso in considerazione il movimento emigratorio. Sempre daidati ISTAT, l’Italia risulta caratterizzata da un indice di invec-chiamento demografico tra i più elevati al mondo e in continuacrescita: i residenti con più di 60 anni costituiscono un quarto

(3) Si rinvia, per esempio, alla ricerca condotta da A. CORSALE, M.L. GENTILE-SCHI, M. IORIO, A. LEONE, A. LOI, G. SISTU, Mobilità geografica e percorsi di sviluppolocale fra Marocco, Sardegna e Tunisia, in Geotema, 2004 (pubblicato nell’estate 2006),24, 12-22.

(4) In questa sede viene preso in considerazione solo un aspetto della mobilitàspaziale della popolazione, quello migratorio che la letteratura distingue dalla primaintesa come “circolazione di persone” che non comporta un cambiamento permanentedi residenza, mentre il fenomeno migratorio attua un abbandono del luogo di origineo provenienza (R. GRUMO, Riflessione geopolitica e impatto socio-economico del feno-meno immigratorio nel territorio pugliese, Ibidem, 63). Per il vero, i manuali di geografiaclassica hanno elaborato numerose altre classificazioni, alle quali tuttavia non si ritienequi necessario fare riferimento.

(5) CARITAS/MIGRANTES, Immigrazione. Dossier Statistico 2007, XVII Rapporto,Roma, IDOS (Pomezia, Arti Grafiche), 2007.

(6) Questi dati sono desunti dalla ricerca di F. PITTAU E L. DI SCIULLO, Consi-stenza, provenienza e insediamento degli immigrati, pubblicata nel Dossier citato allanota precedente, 87 ss.

GRAZIELLA GALLIANO 3

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della popolazione italiana mentre i giovani con meno di 15 annisolo il 14% (7). Nella dinamica demografica nazionale le correntiimmigratorie caratterizzate in prevalenza da flussi in giovane etàassumono pertanto rilevanza sempre maggiore nella formazionedelle famiglie transnazionali, nelle relazioni di genere, nella co-struzione delle catene migratorie e nelle nuove reti sociali.

Pur tenendo presente che nel tempo è cambiato il sistema diregistrazione dei permessi di soggiorno, in base alle stime dellaCaritas l’immigrazione dagli altri Stati europei nel nostro Paeseha sempre rappresentato la componente maggiore pur con ritmie tempi differenti: il 61% nel 1970, il 53% dieci anni dopo, èscesa al 33% nel 1990 a causa dell’incremento massiccio dell’im-migrazione dall’Africa, mentre successivamente ha seguito untrend positivo soprattutto per i flussi provenienti dall’EuropaOrientale. Va tuttavia precisato che in termini assoluti tutti i flussihanno registrato consistenti aumenti e che nel Dossier di Caritas/Migrantes le statistiche sono calcolate sui permessi di soggiornodel Ministero dell’Interno e per il 2006 sulla stima inclusiva deiminori e dei permessi in corso di integrazione.

I motivi della presenza degli immigrati nel nostro Paese sonoin maggioranza quelli di lavoro (56%), seguiti da quelli familiaricon un’incidenza (36%) indicativa almeno in parte di progetti alungo termine, due caratteristiche che sono divenute pressochécostanti nei paesi di nuova immigrazione.

Osservando la distribuzione delle presenze in Italia per ma-croaree si rileva che a fine 2006 più della metà si è insediata nelsettentrione (33,7% nel Nord Ovest e 25,9% nel Nord Est, intermini assoluti circa 1 milione e 250 mila nella prima area e quasi1 milione nella seconda); quasi un milione anche nelle regionicentrali (26,6%) e mezzo milione in quelle meridionali (13,8%).In sintesi, l’Italia settentrionale continua da tempo ad essere il piùrilevante polo di attrazione. Occorre mettere in evidenza l’elevataconcentrazione in Lombardia che accoglie quasi uno straniero su4 con 851 mila stranieri pari al 23%, seguita dalle regioni Lazio

(7) Elaborazione dati ISTAT.

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(500 mila pari al 14%), Veneto ed Emilia Romagna che annove-rano ciascuna l’11% delle presenze totali.

Molto significativo è il confronto di questi dati con quellirilevati dall’ISTAT sul numero dei minori immigrati soprattuttonell’esame dei contesti provinciali, in alcuni dei quali i minoricostituiscono un quarto della popolazione straniera, come peresempio a Rovigo dove si supera il 28%. In diversi Comuni delCentro-Nord, che conservano vistosi segni dell’abbandono nelpaesaggio delle campagne, gli immigrati riportano vitalità nelledinamiche territoriali, soprattutto con la riapertura degli edificiscolastici.

Nel Dossier Caritas citato i flussi in entrata in Liguria sonostimati in 94.400 soggiornanti, con un incremento di un quintorispetto all’anno precedente; sono confermate alcune peculiarità,come la prevalenza della componente femminile (54%) superiorealla media nazionale (50,4%) e la massiccia immigrazione dal-l’Ecuador (15 mila) e dall’Albania (13 mila), seguiti da Maroccoe Romania.

Per il Comune capoluogo, l’Atlante demografico della cittàpubblicato dal Comune di Genova fornisce un quadro moltodettagliato sulla presenza dei 35.255 stranieri residenti con unadocumentazione statistica e un apparato iconografico molto effi-caci e di fondamentale aiuto alla ricerca (8). Quasi la metà èoriginaria dell’America centro-meridionale, il 17% dell’Africa,l’11% dell’Asia. La loro incidenza percentuale è in aumento intutte le 9 circoscrizioni: dopo una prima fase di concentrazionenel Centro Ovest (Oregina, Lagaccio, Pré, Molo, Maddalena,Castelletto, Portoria) in cui risiedeva il 37% degli stranieri resi-denti nel 2000, si assiste ad una nuova fase di ridistribuzionesull’intera superficie comunale, con una concentrazione nel Cen-tro Ovest scesa al 24%.

Riprendendo i dati della Caritas sul piano nazionale è stimatapiù consistente l’immigrazione dalla Romania, con quasi 556 milapresenze regolari pari al 15%, seguita dal Marocco con 387 mila

(8) Si tratta dell’VIII edizione (2006), a cura di P. ARVATI, L. BODRATO, E.MOLETTIERI.

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presenze e dall’Albania con 381 mila, e in ordine decrescente daUcraina, Cina (186 mila), Filippine (114 mila), Moldova, Tunisia,India (91 mila), Polonia, Serbia Montenegro, Bangladesh (77mila).

Va messo in evidenza che la Romania rappresentava in Italiail primo gruppo straniero ancor prima del suo ingresso nel-l’Unione Europea e che vi sono attive 20 mila società italianeanche di notevole entità come Enel e Finmeccanica, nelle qualisono occupati 6 mila italiani. Dalla Romania giunge nel nostroPaese più di un terzo dei circa 6 mila minori non accompagnati;inoltre, nell’Europa a 25 i Rom raggiungevano già i dieci milionie sono quindi la maggiore comunità senza Stato sul territorioeuropeo.

Con l’ingresso della Romania e della Bulgaria, l’Europa a 27Stati del I gennaio di quest’anno supera i 492 milioni di abitanti,collocandosi al terzo posto sul piano mondiale, anche se a largadistanza dopo la Cina (1 miliardo e trecento milioni) e l’India (1miliardo e 100 milioni); tuttavia, l’alto indice di invecchiamentodella popolazione europea induce a prevedere una forte contra-zione demografica (almeno 67 milioni di abitanti entro il 2050) e,pertanto, l’immigrazione assume un ruolo sempre più incisivocon il milione attuale di immigrati per anno che tende adaumentare per esigenze demografiche ed occupazionali. In baseai dati Caritas/Migrantes nell’Unione Europea gli immigrati concittadinanza straniera sono circa 28 milioni (inizio 2006), ma essiraggiungono 50 milioni se si considerano quelli che hanno otte-nuto la nuova cittadinanza.

Anche se ci limitiamo a prendere in considerazione solo ilprimo dato, rilevante è comunque la sua incidenza sulla popola-zione alloctona, il 5,6% sul totale, con sensibili variazioni interne:nei due Stati neocomunitari tale percentuale scende al di sottodello 0,5, mentre nei maggiori Stati dell’Europa a 15 è compresafra il 4 e l’8%. In gran parte dell’Europa Centro Orientale glistranieri sono meno del 3%, solo in Estonia e Lituania l’immi-grazione dalle repubbliche ex sovietiche ha elevato al 20 lapercentuale. Questa tocca la punta massima nel Lussemburgo,dove si registrano 182 mila stranieri su meno di 500 mila abitanti,

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con un’incidenza del 40% sulla popolazione, un dato decisa-mente prioritario.

In futuro, le ricerche saranno agevolate dalle statistiche co-munitarie elaborate sulla base di standard internazionali, come èstato definito dal Parlamento e dal Consiglio d’Europa nellascorsa estate (826/2007), per la necessità di informazioni sullaprofessione, l’istruzione e le qualifiche degli immigrati. La Com-missione incaricata, entro il 20 agosto 2012, dovrà trasmettere siaal Parlamento sia al Consiglio una relazione su tali statistiche e inseguito con periodicità triennale (9).

Nel 2003, la Commissione europea aveva promosso il pro-getto di una rete di esperti sulle migrazioni, con il supporto deiMinisteri dell’Interno dei vari Stati membri, per la raccolta di datiattendibili ed omogenei: in rete hanno lavorato 17 Punti diContatto Nazionali e 4 Stati osservatori, in attesa di una parteci-pazione completa. Alla Caritas Italiana/Dossier Statistico Immi-grazione compete il punto di contatto italiano, tramite il CentroStudi Ricerche Idos (10).

3. RIFLESSIONI CONCLUSIVE.

Nel ricco quadro delle evidenze quantitative utili al monito-raggio della mobilità spaziale si evince una sostanziale diversitàfra l’Europa e l’Italia per quanto concerne le domande di asilo,infatti sul continente, come nel mondo, esse tendono a diminuire,mentre nel nostro Paese, pur dopo alcune flessioni, si registra unaumento sensibile ancora negli ultimi due anni, superando lediecimila domande.

Anche i dati relativi ai flussi in arrivo di clandestini, favoritidalla posizione geografica dell’Italia, segnalano un afflusso mas-

(9) A. D’ANGELO, L’immigrazione e la presenza straniera nell’Unione Europea a27, in CARITAS/MIGRANTES, Immigrazione. Dossier Statistico 2007, cit., 26.

(10) Ogni Punto di Contatto cura la schedatura delle statistiche sull’immigra-zione nel nostro paese e l’iter legislativo, la redazione di due rapporti annuali, unabibliografia selezionata e gestisce il sito www.emnitaly.it (CARITAS/MIGRANTES, Immigra-zione. Dossier Statistico 2007, cit., 35).

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siccio, stabilizzatosi sui 22 mila sbarchi di stranieri negli ultimidue anni.

Ritengo di aver quasi esaurito il tempo concessomi; mi limitoa rilevare che nel corso degli ultimi anni si è verificata unaprofonda trasformazione della geografia italiana ed europea, peri processi di diffusione e di insediamento sul territorio che sirivelano in forte connessione con la congiuntura internazionale,l’evoluzione del mercato del lavoro, l’origine e la provenienza deiflussi, le strutture demografiche ed economiche dei paesi diaccoglienza. Alcuni studiosi definiscono i casi di “territorializza-zione debole”, per le presenze migratorie di brevi periodi (per lopiù Africani o immigrati dell’area balcanica): i segni impressi sulterritorio sono fugaci, come per esempio nelle attività agricole,ma sono evidenti anche forme ben più incisive definite di “colo-nizzazione” di quartieri o parti di superfici metropolitane, comequelli degli immigrati dalla Cina in alcune grandi città comeMilano o le nuove mixité di Napoli o nelle aree tessili diFirenze-Prato (11); sono ovunque in forte crescita i rioni mul-tietnici, le bande e le nuove organizzazioni di strada, il nuovospazio di ibridazione e risignifìcazione dei differenti stili culturalidelle seconde generazioni (12).

(11) Per opportuni approfondimenti si rinvia a C. BRUSA (a cura di), Atti delConvegno Immigrazione e multicultura nell’Italia di oggi, Macerata, 1998, vol. II, Lacittadinanza e l’esclusione, la “frontiera adriatica” e gli altri luoghi dell’immigrazione, lasocietà e la scuola, Milano, Franco Angeli, 1999; F. KRASNA E P. NODARI (a cura di),L’immigrazione straniera in Italia. Casi, metodi e modelli, in Geotema, 2004 (pubblicatonel 2006), 23; FONDAZIONE ISMU, Regione Lombarida, varie pubblicazioni; L. QUEIROLO

PALMAS, Prove di seconde generazioni, Milano, Franco Angeli, 2006; C. CERRETTI, N.FUSCO, Geografia e minoranze, Roma, Carocci, 2007.

(12) L’immigrazione a Genova vanta una lunga serie di studi geografici; direcente hanno dato un contributo fondamentale alla ricerca le indagini di carattereprevalentemente sociologico: S. VENTO (a cura di), I latinoamericani a Genova, Genova,De Ferrari, 2004; M. AMBROSINI, D. ERMINIO, A. RAVECCA, Primo rapporto sull’immigra-zione a Genova, Genova, Fratelli Frilli, 2004; M. AMBROSINI , A. TORRE, Secondo rapportosull’immigrazione a Genova, Genova, Fratelli Frilli, 2005; L. QUEIROLO PALMAS, A.TORRE, Il fantasma delle bande, Genova, Fratelli Frilli, 2005; M. AMBROSINI, L. QUEIROLO

PALMAS, A. TORRE (a cura di), Terzo Rapporto sull’immigrazione a Genova, Genova,Fratelli Frilli Editori, 2006. Anche l’impegno da parte degli enti locali è senza dubbiorilevante: C. NOSENGHI, D. BERETTI (a cura di), Un futuro credibile, Min. Pubbl. Istr. Uff.Scol. Reg. per la Liguria, Centro Risorse Alunni Stranieri, 2007; REGIONE LIGURIA, Atti

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Come ho già ribadito in diverse occasioni, i processi diintegrazione presuppongono una conoscenza reciproca che soloin questi ultimi tempi si sta cercando di costruire e che l’entitàdell’attuale apporto migratorio rende ogni giorno più complessae talora anche difficile. I dati statistici possono costituire la baseper approfondimenti sistematici dei secolari problemi legati allaconvivenza e quindi all’inclusione, alla cui soluzione l’analisigeografica offre un contributo sia per quanto attiene alle dina-miche territoriali, sia per la prospettiva che questo apre alla vitaeconomica e sociale del nostro Paese e dell’Europa.

Concludo lamentando l’attuale dispersione degli studi e dellericerche sui movimenti di popolazione e la limitata conoscenzadei risultati raggiunti dalle diverse discipline, anche se affini. Siavverte sempre di più la necessità di un dibattito sulle metodo-logie delle diverse scuole di ricerca allo scopo di pervenire allaformulazione di principi teorici generali. Per questo motivoringrazio vivamente il collega Pasquale Costanzo e l’avvocatoPaola Pellegrino per l’occasione che mi è stata data.

Conferenza Immigrazione analisi e prospettive, suppl. “Io lavoro forum”, 2007. Inoltre,una quarantina di Associazioni si occupano di immigrazione nella Provincia di Genova.

GRAZIELLA GALLIANO 9

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LARA TRUCCO

IL PERMESSO DI SOGGIORNO NEL QUADRONORMATIVO E GIURISPRUDENZIALE ATTUALE

L’ESPERIENZA DELL’AVVOCATO

SOMMARIO: 1. Dai “sans papier” agli “stranieri soggiornanti”: toponomastica di unfenomeno senza confini. — 2. Il “permesso di soggiorno” nel “Testo unicosull’immigrazione”. — 3. La tendenza verso la “specificazione”: le “tipologie” dipermessi di soggiorno. — 4. Il “permesso di soggiorno elettronico” e l’identifi-cazione degli stranieri.

1. DAI “SANS PAPIER” AGLI “STRANIERI SOGGIORNANTI”: TOPONOMA-STICA DI UN FENOMENO SENZA CONFINI.

Senza rievocare addirittura i “salvacondotti” di epoca medie-vale, può dirsi che tra i più diretti antenati del “permesso disoggiorno” vi siano stati i “papiers”, la cui materiale disponibilità,e con essa il fatto di poterli esibire alle autorità (dimostrando dinon essere “sans papiers” appunto…), sul suolo francese, già apartire dalla seconda metà del XIX e poi soprattutto nel corso delXX secolo, divenne necessario affinché gli stranieri potesserocircolare nel territorio dello Stato. Si ebbero così i cd. “carnet deinomadi”, voluti dalla legge francese del 16 luglio 1912, e lapredisposizione, più in generale, di vere e proprie carte “deglistranieri” (1).

Quando, poi, si poterono incorporare i dati biometrici (inprimis la fotografia) dei titolari del documento nel supportomateriale stesso, i papier da soli “titoli” di “viaggio” e di “sog-giorno”, si trasformarono in veri e propri strumenti di controllo

(1) Ci si permette di rinviare sull’argomento a L. TRUCCO, Introduzione allostudio dell’identità individuale nell’ordinamento costituzionale italiano, Giappichelli,Torino, 2004, 22 e ss.

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(seppur, per così dire, sporadico e “casuale”, in quanto la tecnicanon consentiva ancora di effettuare verifiche “mirate” sulla per-sona “ricercata”).

La “fabbricazione” sempre più perfezionata di queste “carte”identificative e la crescente capacità di controllo, per loro tramite,degli organi pubblici, avrebbe avuto la propria definitiva affer-mazione, in ambito europeo (fatte salve alcune eccezioni), nelSecondo Dopoguerra. Anche se, per vero, da questo punto divista, l’ordinamento italiano bruciò le tappe, visto e consideratoche già il “Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza” del 1926— le cui norme, almeno in questa parte, sarebbero state mante-nute in quello del 1931 —, subito prima del “Titolo VI” recantele “Disposizioni relative alle persone pericolose per la società”,avrebbe introdotto un intero “titolo” specificamente dedicatoagli “stranieri” (2).

Tuttavia, del “permesso di soggiorno”, si trova traccia, tra leprime volte, nel nostro ordinamento, in un comma aggiuntodall’art. 3 della legge 10 febbraio 1961, n. 5 alla legge 29 aprile1949, n. 264 (avente ad oggetto “Provvedimenti in materia diavviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontaria-mente disoccupati”), che, già prefigurando, in qualche modo,quella che sarebbe divenuta una delle principali tipologie diquesto tipo di documento, imponeva ai lavoratori stranieri cheintendessero iscriversi nelle liste di collocamento di essere muniti,appunto, di « permesso di soggiorno per motivi di lavoro » (3) (adistanza di tempo, poi, la legge 30 dicembre 1986, n. 943 —recante “Norme in materia di collocamento e di trattamento deilavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioniclandestine” — si sarebbe preoccupata di precisare che « La

(2) Precisamente, si trattava del “Titolo V”, composto da un “Capo I” (artt.142-9) sul “Soggiorno degli stranieri [nel regno]” e da un “Capo II” (artt. 150-152),intitolato: “Degli stranieri da espellere e da respingere dal territorio dello Stato.

(3) Interessante è notare come la medesima normativa avesse già all’epocaintrapreso il “molteplice binario identificativo” che caratterizzerà gli sviluppi successividella materia in ambito europeo, prevedendo la possibilità per il lavoratore straniero diesibire, in alternativa al permesso di soggiorno, un documento equipollente « previstoda Accordi internazionali ».

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perdita del posto di lavoro non costituisce motivo per privare illavoratore extracomunitario ed i suoi familiari legalmente resi-denti del permesso di soggiorno »: art. 11, comma 3).

Inoltre, altre disposizioni riguardanti il “permesso di sog-giorno” è possibile rinvenirle in varie leggi di ratifica ed esecuzionedi trattati “di amicizia” firmati dal nostro Paese (4), così come innormative più particolari, come per esempio quella “sui circhiequestri e sullo spettacolo viaggiante” contenuta nella legge n. 337del 18 marzo 1968 (5). Tuttavia, si trattava, all’evidenza, di rego-lamentazioni specifiche e, per così dire, estemporanee, mentre peruna disciplina organica del “permesso di soggiorno” dovrà atten-dersi la seconda metà degli anni Ottanta, quando, per motivi diordine interno e soprattutto internazionale, legati, fondamental-mente, al mutamento del quadro geo-politico ed al conseguenteaumento dei flussi migratori verso il continente europeo (6), si reseimprorogabile per il legislatore nazionale prendersi in carico lamateria dell’immigrazione, fino a quel punto rimasta “in secondopiano”.

In particolare, fu dapprima un decreto ministeriale del 3aprile 1986 e poi il decreto-legge n. 416 del 1989, convertito dallalegge 28 febbraio 1990, n. 39 (c.d. Legge Martelli), ad inaugurare,nel nostro ordinamento, una fase di estremo fermento e dipressoché, finora, ininterrotto “assestamento” normativo in ma-

(4) Basti qui menzionare la legge 13 febbraio 1968, n. 308 “di amicizia,commercio e navigazione tra l’Italia ed il Panama”, che seguì all’accordo concluso aPanama il 7 ottobre 1965.

(5) Il cui art. 8 così disponeva: « Le imprese dei circhi equestri e dello spettacoloviaggiante di nazionalità straniera, prima di effettuare tournées in Italia, devonorichiedere al Ministero del turismo e dello spettacolo apposita autorizzazione, specifi-cando le caratteristiche del complesso, il numero e la qualifica dei componenti, lalocalità e la durata della tournée stessa La concessione del permesso di soggiorno aicomponenti il complesso è subordinata al rilascio del nulla osta del Ministero delturismo e dello spettacolo, fatte salve le disposizioni contenute nel decreto delPresidente della Repubblica del 30 dicembre 1965, n. 1656, concernenti la circolazioneed il soggiorno dei cittadini degli Stati membri della CEE ».

(6) V. in proposito G. GALLIANO, Riflessioni sulla recente mobilità spaziale inItalia e in Europa, supra, p. 1.

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teria, di cui peraltro è data prova dal massiccio ricorso, finquando è stato “possibile” (7), alla decretazione d’urgenza (8).

Sul versante internazionale, la miglior prova dei cambiamentinel frattempo intervenuti, è costituita dalla stipula degli accordidi Schengen, risultato tangibile delle “prime” politiche di coope-razione sulla “libera circolazione delle persone”, avviate a livellointergovernativo da parte, inizialmente, solo di alcuni Stati euro-pei (9), constatato che non c’erano le condizioni, all’epoca, in

(7) Il riferimento corre ai “limiti” alla decretazione d’urgenza sanciti dalla Cortecostituzionale con le sentenze n. 29 del 27 gennaio 1995, in Giur. cost., 1995, 278 ss.e n. 360 del 24 ottobre 1996, ivi, 3147 ss.

(8) Significativo è notare a riguardo come durante la XII legislatura pressochétutte le parti politiche presentarono in Parlamento disegni di legge intesi alla modificadella legislazione sugli stranieri introdotta dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39. Inparticolare, nel giugno 1995 fu presentato alla Commissione Affari Costituzionali dellaCamera un testo unificato in materia, su cui, tuttavia, non si raggiunse l’accordo. A quelpunto, il Governo Dini assunse l’iniziativa di modificare la legge del ’90, introducendoal contempo una sanatoria delle posizioni irregolari, col d.l. 18 novembre 1995 n. 489che fu più volte reiterato (con i decreti legge n. 22 del 18 gennaio 1996; n. 132 del 19marzo 1996; e n. 269 del 17 maggio 1996 n. 269) senza venire convertito in legge.

Nel corso del XIII legislatura il Governo Prodi agì nuovamente in vista dellapossibile riforma della legge del ‘90, nonché della sanatoria dei precedenti decreti, cold.l. 16 luglio 1996 n. 376, che sarebbe stato destinato a perpetuarsi attraverso ilmeccanismo della reiterazione, se nel frattempo non fosse intervenuta la menzionatasentenza n. 360/96, con cui la Corte costituzionale dichiarò illegittimo il meccanismodi reiterazione dei decreti legge (v. nota n. 6). Il Governo, costretto così ad abbando-nare la strada della decretazione d’urgenza, intraprese quella tout court “legislativa”,ponendo mano alla legge n. 617 del 9 dicembre 1996 con cui, tra l’altro, furono fattisalvi gli effetti dei decreti decaduti.

(9) È noto infatti che il 14 giugno 1985 soltanto un gruppo ristretto di Stati(composto da Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi) sottoscrissel’accordo per la soppressione graduale tra gli Stati membri dei controlli di frontierasulle persone. Il numero aumentò in seguito alle adesioni di Italia (27 novembre 1990),Portogallo e Spagna (entrambi il 25 giugno 1992), Grecia (6 novembre 1992), Austria(28 aprile 1995); nonché, nel 1996, di due Stati (Norvegia e Islanda) non facenti partedell’Unione Europea, a cui, più di recente, in seguito all’approvazione del referendumdel 5 giugno 2005, si è aggiunta la Svizzera (le norme del Trattato dovrebbero entrareper questo paese in vigore nel novembre 2008). La Gran Bretagna e l’Irlanda, invece,pur facendo parte dell’Unione europea, hanno deciso di rimanere fuori dagli accordi diSchengen. Da ultimo, dopo un periodo transitorio, il 21 dicembre 2007 lo spazioSchengen si è ampliato ricomprendendo gli Stati entrati a far parte dell’Unione europeanel 2004 (l’abolizione dei controlli, per ora riguardante le frontiere terrestri e marit-time, dal 30 marzo 2008 sarà estesa alle frontiere interne aeree), ad eccezione di Cipro,

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seno alla Comunità economica europea, per giungere ad unaconvergenza d’intenti in materia.

Furono proprio gli accordi di Schengen ad introdurre ele-menti di novità anche con particolare riguardo alla materiadell’immigrazione. Basti al proposito menzionare l’art. 9 dell’Ac-cordo, ai sensi del quale gli Stati si impegnarono ad intensificare« la cooperazione fra le proprie autorità doganali e di polizia »,specialmente nella lotta verso « l’ingresso ed il soggiorno irrego-lare di persone » (10). Mentre si dovrà, poi, alla Convenzione diapplicazione dei medesimi accordi (in particolare il Titolo IIdeputato alla “soppressione dei controlli alle frontiere interne ecircolazione delle persone”), la previsione di tutta una serie dinorme di disciplina delle condizioni di ingresso nell’Area (art. 5),nonché, in particolare, l’istituzione del visto uniforme per sog-giorni di breve durata (art. 10), e la previsione dell’obbligo dilasciare “senza indugio” il territorio Schengen, in mancanza dellecondizioni di soggiorno previste (art. 23).

In seguito, il Trattato di Maastricht produsse un decisivomutamento di prospettiva a riguardo, immettendo questa materiaall’interno del terzo pilastro dell’Unione europea, e con ciò stessocoinvolgendo, in certa misura, per la prima volta, le istituzionicomunitarie, a tutto svantaggio dell’approccio esclusivamenteinternazionalista in punto, anche, di immigrazione. Più precisa-mente, l’art. K. 1 del TUE (contenuto nel Titolo VI, recante“Disposizioni relative alla cooperazione nei settori della giustiziae degli affari interni”), stabilì che « Ai fini della realizzazionedegli obiettivi dell’Unione », ed in particolare « della libera cir-colazione delle persone », gli Stati membri avrebbero dovutoconsiderare come “questione di interesse comune”, tra le altre,

il cui ingresso, unitamente a quelli di Romania e di Bulgaria risultano allo statoestremamente problematici.

(10) A tal fine, gli Stati aderenti s’impegnarono a migliorare lo scambio diinformazioni e ad intensificarlo relativamente a quelle di maggior interesse per la lottaalla criminalità, anche grazie all’istituzione del “Sistema d’Informazione Schengen”(SIS), ovvero sia un archivio comune contenente informazioni relative a persone edoggetti di rilievo per il controllo delle frontiere e per la cooperazione di polizia nelsettore della criminalità (v. l’ art. 92).

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« la politica d’immigrazione e la politica da seguire nei confrontidei cittadini dei paesi terzi » (punto 3), con specifico riguardo allecondizioni « di entrata e circolazione dei cittadini dei paesi terzinel territorio degli Stati membri » (lett. a)); e « di soggiorno deicittadini dei paesi terzi nel territorio degli Stati membri, compresiil ricongiungimento delle famiglie e l’accesso all’occupazione »(lett. b)); nonché la « lotta contro l’immigrazione, il soggiorno eil lavoro irregolari di cittadini dei paesi terzi nel territorio degliStati membri » (lett. c)).

Dal canto suo, il Trattato di Amsterdam contribuì ad appro-fondire ulteriormente la “comunitarizzazione” della materia, sta-bilendo un quadro di regole (che, peraltro, sarebbe stato modifi-cato in minima parte dal Trattato di Nizza), ed in particolareintroducendo nel Trattato CE, un nuovo Titolo III-bis (destinatoad essere rinumerato come Titolo IV) in materia di “Visti, asilo,immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazionedelle persone”. Soprattutto, si smise in tale occasione di rivolgersiagli Stati membri, impegnando, all’art. 73 K (v. punto 3), diret-tamente il Consiglio dell’UE a stabilire le « condizioni di ingressoe soggiorno » e le « norme sulle procedure per il rilascio da partedegli Stati membri », tra l’altro, dei « permessi di soggiorno, com-presi quelli rilasciati a scopo di ricongiungimento familiare » (lett.a)), nonché le regole concernenti l’immigrazione e il soggiornoirregolari (lett. b)) e a definire « con quali diritti e a quali condi-zioni » i cittadini di paesi terzi soggiornanti legalmente in uno Statomembro avrebbero potuto soggiornare in altri Stati membri (v.punto 4). Per cui può dirsi che è stato a partire da questo momentoche si è avviato il passaggio di consegne del governo della materiain capo alle Istituzioni comunitarie (impegnando, per converso, gliStati membri ad introdurre e, comunque, mantenere, normativenazionali “compatibili” con le norme del Trattato).

2. IL “PERMESSO DI SOGGIORNO” NEL “TESTO UNICO SULL’IMMIGRA-ZIONE”.

A tali sollecitazioni il nostro legislatore ha risposto con lalegge 6 marzo 1998, n. 40, successivamente ricompresa nel “Testo

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unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigra-zione e norme sulla condizione dello straniero” (d.lgs. 25 luglio1998, n. 286, c.d. “legge Turco-Napolitano”, nel prosieguo,“Testo unico”) che, tenuto conto delle successive modifiche (11),costituisce, a tutt’oggi, il quadro normativo di riferimento ancheper ciò che concerne il permesso di soggiorno.

Al proposito è opportuno precisare che l’intervenuta riformacostituzionale del 2001 ha consolidato la competenza legislativastatale in materia di immigrazione, nominandola espressamentetra quelle di potestà esclusiva dello Stato all’art. 117, comma 2.lett. b), immediatamente dopo la “politica estera” e i “rapportiinternazionali dello Stato; [i] rapporti dello Stato con l’Unioneeuropea; [il] diritto di asilo e [la] condizione giuridica deicittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea” (lett. a)).Il che, detto solo per inciso, richiederebbe di “aggiornare” il 4°comma dell’art. 1 del T.U. che ancora prevede che « Nellematerie di competenza legislativa delle regioni, le disposizioni delpresente testo unico costituiscono principi fondamentali ai sensidell’articolo 117 della Costituzione », ingenerando l’idea che sitratti di una materia di competenza concorrente.

Ad ogni modo, questo non significa che sia totalmente preclusaai legislatori regionali qualunque tipo di regolamentazione in ma-teria d’immigrazione, essendo anzi chiamate, le regioni, ad inter-venire con normative “integrative” ed attuative della disciplina sta-tale. Così, del resto, è stato per la Regione Abruzzo, che halegiferato a “sostegno” agli immigrati; da parte del Molise, che haistituito appositi Osservatori per il monitoraggio del fenomeno alivello regionale (12); nonché, da parte di Veneto, Emilia Romagna

(11) I principali interventi modificativi apportati al “Testo unico in materia diimmigrazione” sono stati introdotti, alla data in cui si scrive, dai d.lgs. nn. 380/1998 e113/1999; dal d.l. 4 aprile 2002, n. 51; dalle leggi nn. 189/2002 e 289/2002; dal d.lgs.n. 87/2003; dai d.l. nn. 241/2004 e 144/2005; e, da ultimo, dai d.lgs. 8 gennaio 2007,n. 3; 8 gennaio 2007, n. 5; e 10 agosto 2007, n. 154.

(12) Cosa peraltro auspicabile tenuto conto del comma 4-ter dell’art. 21 del TU,ai sensi del quale le regioni, entro il 30 novembre di ogni anno, “possono” trasmetterealla Presidenza del Consiglio dei Ministri un rapporto sulla presenza e sulla condizionedegli immigrati extracomunitari nel territorio regionale « contenente anche le indica-

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e Liguria, che hanno messo a punto regolamentazioni in vista del-l’accoglienza e dell’“integrazione sociale” degli extracomunitari.

Per non parlare poi del ruolo-chiave che sono chiamate adassolvere le regioni insieme agli enti locali, sul piano amministra-tivo, in vista di predisporre e l’organizzazione delle necessariestrutture e dei servizi per gli adempimenti riguardanti, in parti-colare, per ciò che qui più rileva, la gestione dei permessi disoggiorno (13), conformemente agli indirizzi provenienti dailivelli di governo superiori.

Mantenendo ora la nostra attenzione proprio su questi ultimi,ed in particolare, ancora (cfr. supra § 1), sul livello “europeo”, èintanto opportuno rilevare come, attualmente, per originario im-pulso di un’“Azione comune” (14), successivamente attuata dalRegolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio (cfr. infra § 4), posto

zioni previsionali relative ai flussi sostenibili nel triennio successivo in rapporto allacapacità di assorbimento del tessuto sociale e produttivo ».

(13) Al proposito, tra le novità contenute nel disegno di legge “che delega alGoverno il riesame della disciplina dell’immigrazione e delle norme sulla condizione dellostraniero” (nel prosieguo “d.d.l. delega”, reperibile sul sito del Ministero dell’Internohttp://www.interno.it/), approvato dal Consiglio dei Ministri il 24 aprile 2007, vi è ilpassaggio di competenze amministrative di un certo rilievo dalle autorità di pubblicasicurezza agli enti locali, in primis, i comuni (segnale, forse, di un cambiamento di ap-proccio giuridico in materia di non trascurabile rilievo). In particolare, il “d.d.l. delega”prevede da subito l’istituzione di sportelli presso i Comuni per presentare le richieste dirilascio e di rinnovo e per il ritiro del permesso di soggiorno e, “dopo una congrua fasetransitoria”, il passaggio delle competenze per il rinnovo del documento in capo ai Co-muni, “adeguando e graduando la durata dei permessi di soggiorno, razionalizzando irelativi procedimenti anche con una riorganizzazione degli sportelli unici per l’immi-grazione istituiti presso le Prefetture-Uffici Territoriali del Governo attraverso forme disupporto e collaborazione alle loro attività da parte degli enti pubblici nazionali, deglienti locali, delle associazioni di datori di lavoro, di lavoratori, nonché di associazioni dipromozione sociale del volontariato e della cooperazione” (lett. d)).

(14) Si tratta dell’“Azione comune” 97/11/GA del 16 dicembre 1996, a cui sonoseguite le decisioni 98/243/GAI (sulla ripartizione dei costi per la creazione di master distampa nel modello uniforme per i permessi di soggiorno) e 98/701/GAI (relativa allenorme comuni destinate alla compilazione del modello uniforme per i permessi di sog-giorno) nonché il Reg. (CE) del Consiglio, del 13 giugno 2002, n. 1030/2002 con cui èstato istituito il modello uniforme per il permesso di soggiorno “europeo”. Significativoè notare che l’Irlanda e il Regno Unito hanno “notificato” la loro volontà di partecipareall’adozione e all’applicazione del regolamento; mentre per Danimarca, Islanda e Nor-vegia esso viene meno impegnativamente considerato un “sviluppo” dell’acquis di Schen-gen.

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in essere sulla base del menzionato art. 73 K (divenuto nel frat-tempo art. 63) del TCE, sia presente una disciplina uniforme conriguardo al “modello”, ovvero al supporto materiale, dei permessidi soggiorno rilasciati dai paesi membri ai cittadini di paesi terziall’Unione. Tale regolamentazione, per di più, si poggia su di unadefinizione uniforme di “permesso di soggiorno”, che lo considera« un’autorizzazione rilasciata dall’autorità di uno Stato membroche consente a un cittadino di un paese terzo di soggiornare le-galmente sul proprio territorio ». Anche se, al di là di questo, salvoalcuni particolari settori di cui parleremo più avanti (cfr. infra § 3),sembra essere ancora lunga la strada dell’armonizzazione del con-tenuto sostanziale dei permessi di soggiorno (cfr. infra § 4).

Ciò nonostante il legislatore nazionale, al 7° comma dell’art.5 del TU, prevede una disciplina di favore per gli stranieri munitidi permesso di soggiorno (o di titolo equipollente), rilasciatodall’autorità di uno Stato appartenente all’Unione europea, ob-bligandoli semplicemente a dichiarare la loro presenza al que-store (a pena di una sanzione amministrativa) e prevedendo lapossibilità di disporre l’espulsione amministrativa nei loro con-fronti solo nel caso in cui non effettuino tale dichiarazione entrosessanta giorni dall’ingresso nel territorio dello Stato.

Stando così le cose, ciò che si ricava è la praticabilità, per icittadini extracomunitari, di forme di “forum shopping”, conl’inoltrare la propria richiesta di permesso di soggiorno al Paesemembro dell’UE che presenta la normativa a loro più favorevole.Anzi, se, quest’eventualità, fino a qualche tempo fa poteva risul-tare in qualche modo stemperata dalla presenza di normativepiuttosto uniformi da parte dei paesi membri, ad oggi potrebbeinvece presentare qualche problema in più, in seguito al progres-sivo ampliamento dell’Unione europea e alla possibile presa diefficacia, nei nuovi Paesi, degli accordi di Schengen (15). Il che

(15) Al proposito, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (a cui si era rivoltala prima sezione della Cassazione, con ord. del 16 aprile 2007, n. 17578, in http://www.cortedicassazione.it/Documenti/17578.pdf e in Guida al diritto, 22, 2007, 52 ss.)con la sent. 16 gennaio 2008, n. 2451 (in http://www.altalex.com/index.php?idnot=39928&idstr=20) hanno escluso che la sopravvenuta circostanza dell’adesione al-l’Unione europea di “nuovi” Paesi (nella fattispecie la Romania) renda applicabile l’art.

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rende improrogabile il compimento dell’armonizzazione del set-tore pure con riguardo ai suoi contenuti sostanziali, rendendoapplicabili discipline uniformi dei permessi di soggiorno almenoin tutti gli Stati membri dell’Unione Europea.

Là dove parrebbe orientato proprio in questa direzione il Trat-tato di Lisbona “modifiant le traité sur l’Union européenne et letraité instituant la Communauté européenne” del 13 dicembre2007, col perseguire una politica comune dei “documenti di sog-giorno” (ed insieme a rinforzare il “doppio binario” da tempointrapreso — cfr. l’art. 3 —, votato da un lato al riconoscimentodi una sempre maggiore libertà all’interno dell’Unione, accompa-gnato, dall’altro lato, da un più efficace controllo all’esterno deiconfini europei (16), per cui si tratterà di seguire l’evolversi di talevicenda (17).

2 c.p., conducendo ad una pronuncia di assoluzione dei cittadini di tali Paesi imputatidel reato di cui all’art. 14, comma 5 del d.lgs. n. 286 del 1998 (per l’inosservanza, cioè,anteriormente all’adesione, dell’ordine di lasciare il territorio italiano emesso dalquestore a seguito del decreto prefettizio di espulsione) con la formula “perché il fattonon è previsto dalla legge come reato”. Al proposito ricordiamo che la Corte costitu-zionale chiamata a pronunciarsi sul dubbio di legittimità, tra l’altro, dell’art. 14 del T.U.nella parte in cui non attribuisce al Tribunale per i minorenni il potere di sospendereil decreto di espulsione emesso nei confronti di genitori, nella fattispecie di nazionali-tà rumena, di minori, con l’ord. del 21 dicembre 2007, n. 455 (in http://www.giurcost.org/) aveva disposto la restituzione degli atti al giudice a rimettente per darglimodo di valutare quella che, a questo punto, può dirsi “perdurante” rilevanza dellaquestione, nonostante lo ius superveniens.

(16) Specificamente, quanto al primo versante, l’Unione s’impegna a garantire« che non vi siano controlli sulle persone, a prescindere dalla cittadinanza, all’attodell’attraversamento delle frontiere interne » (artt. 61 e 69); mentre sul secondo,manifesta la volontà di approfondire ulteriormente le « Politiche relative ai controllialle frontiere, all’asilo e all’immigrazione » (cfr. punti 63 e 65), sviluppando (cfr. art. 69)una politica volta a « garantire il controllo delle persone e la sorveglianza efficacedell’attraversamento delle frontiere esterne » (lett. b)); nonché ad « instaurare progres-sivamente un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne » (lett. c)).

(17) Di un certo interesse può essere segnalare come lo sfortunato Trattatocostituzionale, indicasse, nella “legge” e nella “legge quadro”, gli strumenti giuridiciper disciplinare sia le condizioni di ingresso e soggiorno, i visti e i titoli di soggiorno dilunga durata, compresi quelli a scopo di ricongiungimento familiare (art. III-168, par.2, lett. a)); sia i diritti dei cittadini di paesi terzi soggiornanti legalmente in uno Statomembro (art. III-168, par. 2, lett. b). Inoltre, prevedeva misure volte « a incentivare esostenere l’azione degli Stati membri al fine di favorire l’integrazione dei cittadini dipaesi terzi regolarmente soggiornanti nel loro territorio », escludendo, però, « qualsiasi

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Ad ogni buon conto, come si diceva, la disciplina “sostan-ziale” dei permessi di soggiorno va ancora rinvenuta nell’alveodelle normative poste in essere dai singoli Stati membri.

A questo riguardo, nel nostro ordinamento è l’art. 5 del T.U.a costituire, come del resto denuncia la stessa rubrica, il vero eproprio “cuore” normativo, seppur essenziale (facendo rinvio peri dettagli alla normativa secondaria (18)) della materia.

Tale disposto prevede che possano soggiornare nel territoriodello Stato gli stranieri entrati legalmente e muniti di regolarepermesso di soggiorno (19). A tal fine esso stabilisce che ilpermesso di soggiorno debba essere richiesto al Questore dellaprovincia in cui il cittadino extracomunitario si trova entro ottogiorni lavorativi (20) dal suo ingresso nel territorio delloStato (21).

armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri » (art.III-168, par. 4) e, d’altro canto, preservando « il diritto degli Stati » di « determinareil volume di ingresso nel loro territorio dei cittadini di paesi terzi” che “immigrano ”per trovare lavoro subordinato o autonomo (art. III-168, par. 5) ».

(18) Specificamente il d.p.r. 31 agosto 1999, n. 394 per quanto riguarda il T.U.“originario”, e il d.p.r. 18 ottobre 2004, n. 334 relativamente alla l. n. 189/2002.

(19) Ovvero di « titolo equipollente rilasciato dalla competente autorità di unoStato appartenente all’Unione europea, nei limiti ed alle condizioni previsti da specificiaccordi ». A questo riguardo la Cassazione esclude per esempio la legittimità delsoggiorno di chi esibisce il “visto uniforme”, considerandolo « titolo di ingresso ma nondi soggiorno » (v. per tutte Corte cass., sez. I civ., sent. n. 23134 del 10 dicembre 2004,in Giust. civ., Mass. 2005, 1).

(20) Ricordiamo che la Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente in-fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 commi 2 e 5 2 T.U., nellaparte in cui sanzionano l’omessa richiesta dello straniero del permesso di soggiorno neltermine di otto giorni lavorativi dall’ingresso in Italia con l’automatica emissione deldecreto di espulsione, senza che venga svolta una preventiva valutazione della sussi-stenza delle condizioni per il rilascio del titolo di soggiorno, anche quando l’ingresso siaavvenuto legittimamente e sussistano le condizioni per l’ottenimento del permesso (cfr.Corte cost., ord. 23 dicembre 2005, n. 463, in Giur. cost., 2005, 4961 e ss.).

Più in generale è possibile considerare come l’“immigrazione” costituisca uno deisettori in cui si registra il più elevato numero di pronunce processuali da parte del giudicecostituzionale, motivate, in genere, dal rilievo di vizi dell’ordinanza di rimessione, o dallanecessità di restituire gli atti ai giudici a quibus per “ius superveniens” o, più in generale,dal riconoscimento dell’ampia discrezionalità del legislatore in materia (v. esemplarmenteCorte cost., ord. n. 260 del 1° luglio 2005, in Giur. cost., 2005, 2388 ss.).

(21) Si tratta di uno dei “doveri” di cui lo straniero è tenuto ad essere informato(insieme ai diritti « relativi all’ingresso ed al soggiorno in Italia ») dall’autorità diplo-

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Ai sensi del comma 9 dell’art. 5 del T.U., il questore è tenutoa decidere sul rilascio del permesso di soggiorno, eventualmenteanche convertendolo in permesso di altro tipo, « entro 20 giornidalla richiesta ». Il che porta a configurare un’ipotesi di silenzioillegittimo da parte della pubblica amministrazione nel caso diritardo o, addirittura, di mancata decisione in punto di rilasciodel permesso (aggravata dalla necessità del soggetto di avere lamateriale disponibilità del documento), la cui possibilità di esserefatta valere è resa tuttavia problematica dall’inapplicabilità del“silenzio assenso” sancita dall’art. 20 della legge n. 241/1990 agliatti e ai procedimenti riguardanti l’immigrazione. Mentre perdiverso profilo significativo è rilevare quella giurisprudenza chericonosce il risarcimento del danno in quei casi in cui il provve-dimento di diniego del permesso di soggiorno quando il travisa-mento e l’erronea valutazione dei fatti da parte dell’amministra-zione siano stati dall’interessato adeguatamente dimostrati (22).

Ancora, il questore della provincia in cui lo straniero « di-mora » è tenuto a decidere sulla domanda di rinnovo del per-messo di soggiorno (23), verificando la sussistenza « delle diverse

matica o consolare italiana all’atto del rilascio del visto d’ingresso per tramite ai sensidell’art. 4, comma 2, T.U. di « comunicazione scritta in lingua a lui comprensibile o, inmancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo ». Cionondimeno la giurisprudenzaamministrativa è ferma nel sostenere che la mancata traduzione degli atti in questionein lingua conosciuta dal destinatario non vizia l’atto stesso, attenendo, tale profilo, allasua comunicazione e non alla sua legittimità, e perciò potendo tutt’al più incidere sulladecorrenza del termine per la sua impugnazione (cfr. C. TESTORI, Appunti sullagiurisprudenza del G.A. in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri in Italia, inhttp://www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/Testori-Ingresso-soggiorno.htm e la giurisprudenza ivi richiamata e reperibile sul medesimo sito web:Cons. Stato, sez. IV, n. 238 del 17 gennaio 2002; T.A.R. Liguria, sez. II, n. 961 del 24giugno 2005; T.A.R. Toscana, sez. I, n. 2578 del 25 maggio 2005; T.A.R. Umbria n. 256dell’11 maggio 2005; nonché T.A.R. Bologna, Sez. I, nn. 4152 del 9 dicembre 2004; n.3727 del 9 novembre 2004; n. 545 del 19 aprile 2004; e n. 283 del 21 marzo 2003).

(22) Cfr. T.A.R. Catania, sez. II, sent. del 26 febbraio 2004, n. 532 e il commentodi P. MOROZZO DELLA ROCCA, Responsabilità della P.A. in materia di immigrazione, inDanno e resp., 2005, 317 ss.

(23) Che, secondo quanto stabilito dal Cons. St., sez. VI, nella decisione 19luglio 2007, n. 4062, deve essere sottoscritta personalmente dall’interessato, nonessendo valida nemmeno se firmata da un avvocato in forza di una procura allegata (inhttp://www.altalex.com/index.php?idstr=34&idnot=37973).

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condizioni previste per il rilascio » dal T.U. (24) (art. 5, comma4 T.U.). Al proposito, si deve segnalare come il comma 5 delmedesimo disposto, ponendo sullo stesso piano cause ostative,rispettivamente, di “rilascio”, “rinnovo” e “revoca” dei per-messi (25), stabilisce che « sono rifiutati e, se il permesso disoggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano ovengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il sog-giorno nel territorio dello Stato « sempre che non siano soprag-giunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non sitratti di irregolarità amministrative sanabili » (26).

(24) Si precisa che il 4° comma del T.U. è tra i disposti che hanno conosciutole più frequenti modifiche da parte del legislatore. La versione originaria del testoprevedeva genericamente che per il rinnovo del permesso di soggiorno lo straniero sisarebbe potuto rivolgere al questore « della provincia in cui si trova[va] », almenotrenta giorni prima della scadenza. Successivamente si è provveduto a precisare checompetente a decidere sul rinnovo del permesso di soggiorno è il questore dellaprovincia in cui lo straniero « dimora ». Inoltre si sono diversificati i termini entro cuila domanda di rinnovo dev’essere fatta, a seconda delle diverse tipologie di permesso.Ancora, mentre nel testo originario (e, ora, da parte del “d.d.l. delega”, cfr. lett. d),punto 1) era previsto che il permesso di soggiorno potesse essere rinnovato per unadurata non superiore al doppio di quella stabilita inizialmente, attualmente vige laregola per cui il rinnovo non può prevedere una durata superiore a quella stabilita inoccasione del rilascio iniziale.

(25) Il che per certi versi ha favorito l’affiorare di principi “comuni” (come peresempio quelli riguardanti la necessaria “concretezza” e “attualità” dei requisiti su cuisvolgere il sindacato), seppur tenuto conto delle differenze tra le situazioni richiamate.

(26) Su questa base il T.A.R. Lazio ha chiarito che l’amministrazione compe-tente a decidere se accogliere oppure respingere la richiesta di rinnovo del permesso disoggiorno è tenuta a prendere in considerazione la condizione attuale dell’istante,verificando se il cittadino extracomunitario possiede i requisiti previsti dalla legge peril conseguimento del permesso di soggiorno al momento della decisione e non almomento della presentazione della domanda (così T.A.R. Lazio, sez. II quater, sent. n.9717 del 3 ottobre 2007, tutte le pronunce dei giudici amministrativi qui richiamatesono in http://www.giustizia-amministrativa.it; un orientamento analogo è stato seguitoda Corte cass., sez. I civ., sent. n. 2417 del 3 febbraio 2006, in Foro it., 2006, 2057; peruna diversa posizione in dottrina si veda M. PAVONE, in Il Nuovo diritto, 2006, 464 ss.,secondo cui in base agli artt. 5. comma 5, 4 comma 3 e 6 comma 5 del T.U. risulterebbeevidente che la disponibilità dei mezzi di sussistenza va verificata al momento in cuiviene richiesto il rilascio del permesso di soggiorno). Da ultimo, il Consiglio di Stato hariconosciuto « il diritto ad ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno, anche inassenza della titolarità di un regolare contratto di lavoro » nei confronti di cittadinistranieri che, pur in attesa di occupazione, dimostrino che il datore di lavoro è

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Fors’anche a motivo della genericità della normativa (27),nonché delle difficoltà materiali di darne concreta attuazione èregistrabile, insieme alla preferenza a risolvere eventuali problemiin sede stragiudiziale, un certo “garantismo applicativo” dal partedegli organi competenti, giurisdizionali e amministrativi, non solorelativamente al possesso dei requisiti necessari per l’ottenimentodel documento (28), ma anche al rispetto delle regole procedu-rali, come dimostra la prassi ormai radicata che considera “nonperentorio” il termine previsto dall’art. 5 comma 4, T.U. per lapresentazione della domanda di rinnovo (29).

disponibile ad assumerli, anche se non vi è ancora il contratto (cfr. CONS. ST., sez. VI,sent. del 22 maggio 2007, n. 2594).

(27) Al proposito ricordiamo come proprio la vaghezza del 1° comma dell’art.7-bis (introdotto dall’art. 8 del decreto-legge n. 187 del 1993, convertito in legge n. 296del 1993), del d.l. n. 416/89 convertito in legge n. 39 del 1990 sia stato dichiaratoillegittimo dalla Corte costituzionale (v. Corte cost., sent. n. 34 del 6 febbraio 1995, inGiur. cost., 1995, 362 ss.), nella parte in cui sanzionava con la reclusione da sei mesi atre anni lo straniero destinatario di un provvedimento di espulsione « che non siadopera(va) per ottenere dalla competente autorità diplomatica o consolare il rilasciodel documento di viaggio occorrente », per contrasto con gli artt. 25, 2° comma, e 24Cost.. La Corte ha ritenuto infatti tale previsione normativa lesiva sia del principio ditassatività della fattispecie in materia penale consacrato nell’art. 25 Cost., « rimanendola sua applicazione affidata all’arbitrio dell’interprete », sia del fondamentale diritto didifesa sancito dall’art. 24 Cost. esponendo il soggetto alla possibilità della contestazione(e dell’arresto) per il solo fatto di essere destinatario di un provvedimento di espulsionesenza metterlo nelle condizioni « a causa della censurata indeterminatezza dellafattispecie », di sapere quale fosse la prova sufficiente a far ritenere soddisfatto ilprecetto.

(28) Il riferimento corre per esempio a chi, muovendo da una lettura teleologi-camente orientata della normativa, afferma la “non-automaticità” dell’espulsione aprescindere da una valutazione del caso concreto. Su questa base si è giunti peresempio ad affermare il principio per cui la mancanza di permesso di soggiorno o ilmancato rinnovo del permesso concesso, non legittimano sempre ed in ogni caso di persé l’allontanamento dello straniero dal territorio nazionale, spettando, all’Autorità dipubblica sicurezza valutare le ragioni di ordine pubblico che eventualmente neconsiglino l’allontanamento (così Cons. St., sez. IV, sent. n. 870 del 20 maggio 1999, inCons. Stato, 1999, I, 805).

(29) Si vedano, da ultimo, la decisione con cui il T.A.R. Lazio ha affermato chela mera circostanza del ritardo nella presentazione della richiesta di rinnovo delpermesso di soggiorno non costituisce di per sé ragione sufficiente né per il rifiuto delrinnovo stesso, né tanto meno, ai sensi dell’art. 13 comma 2, d.lgs. n. 286 del 1998, « afini espulsivi » quando, come nella specie, lo straniero si sia spontaneamente presentatoalle autorità di polizia di Stato per chiedere il rinnovo (così T.A.R. LAZIO ROMA, sez. II,

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Pur restando fermo che anche le prassi maggiormente garan-tiste nei confronti dei cittadini extracomunitari non mancano ditrovare dei limiti dinnanzi al rischio della compromissione delnucleo essenziale della stessa normativa, come per esempio po-trebbe avvenire se si consentisse a determinati gruppi, in ragionedella loro particolare identità culturale, di non sottostare allaregola generale della necessità del titolo di soggiorno (30). Specie,poi, all’indomani della “stretta” (31), sui “requisiti” (32), appor-tata dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 (c.d. legge Bossi-Fini), si èregistrato un aumento dei casi in cui il diniego di rilascio e dirinnovo del permesso di soggiorno è stato motivato per laconstatata “indisponibilità”, da parte dello straniero, di mezzileciti di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno (33).

sent. n. 3871 del 3 maggio 2007, in Foro amm. T.A.R., 2007, 5 1674; e nello stesso sensoprecedentemente, Cons. St., sez. IV, n. 8063 del 14 dicembre 2004; e T.A.R. Milano,sez. I, n. 3122 del 19 luglio 2004). Si veda altresì la pronuncia con cui la Cassazione eragiunta ad analoga conclusione rilevando che la « mancanza di una sanzione diirricevibilità della domanda presentata fuori termine, non consente di negare il rinnovodel permesso di soggiorno sulla base della mera tardività della richiesta » (così Cortecass., sez. I civ., sent. n. 8532 del 22 aprile 2005, in Giust. civ. Mass. 2005, 4). Più ingenerale, in base al “principio di non-automaticità” dell’espulsione la Cassazione hastabilito che in caso di ritardo nella richiesta di rinnovo del premesso di soggiorno,l’espulsione dello straniero non è “dovuta”, ma, ai sensi dell’art. 5, comma 5 del T.U.,consegue all’esame ed all’eventuale rifiuto della richiesta per la mancanza di requisitiper il soggiorno, della quale, peraltro, il « ritardo può costituire indice rivelatore » (cosìCorte cass., sez. I, civ., sent. n. 6374 del 23 giugno 1999, in Giust. civ., 1999, I, 2288).

(30) Su questa base la Cassazione ha chiarito che l’appartenenza alla minoranzanazionale dei nomadi di etnia Rom non costituisce eccezione alla regola generale,dettata dal T.U., che vuole che affinché lo straniero possa legittimamente soggiornaredebba essere munito di permesso di soggiorno (così Corte cass. sez. I, sent. n. 17857del 13 dicembre 2002, in Giust. civ., Mass. 2002, 2194).

(31) Cfr. in questo senso Corte cass., Sez. III pen., sent. n. 3162 del 2003(ined.).

(32) )Tra le prime ad affrontare taluni dei profili maggiormente problematicidella legge n. 189/02, ed in particolare il meccanismo c.d. “di incontro preventivo e adistanza” tra domanda e offerta di lavoro, è stata la Corte cass., sez. I civ., nella sent.n. 13054 del 9 settembre 2002 (in Riv. giur. polizia, 2003, 93).

(33) Su questa base il Supremo organo di giustizia amministrativa ha ritenutolegittimo il rigetto del questore dell’istanza di rilascio del permesso di soggiornorichiesto da una donna dedita alla prostituzione (così Cons. St., sez. VI, n. 4599 del 20luglio 2006, in Foro amm., 2006, 7-8, 2252). Più di recente, poi, la stessa sezione delConsiglio di Stato ha avuto modo di precisare che l’esercizio non abituale dell’attività

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Se proprio quest’ultimo rappresenta il “parametro” più fre-quentemente richiamato all’atto di motivare il diniego del per-messo, ve n’è un altro forse meno percorso e pur tuttaviaestremamente problematico, in quanto involgente valutazionimaggiormente soggettive, vale a dire la “pericolosità sociale” delsoggetto richiedente. Stabilisce al proposito (seppur in riferi-mento al permesso di soggiorno per motivi familiari) il comma5-bis che « Nel valutare la pericolosità dello straniero per l’ordinepubblico e la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i qualil’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controllialle frontiere interne e la libera circolazione delle persone ai finidell’adozione del provvedimento di revoca o di diniego di rin-novo », si tiene conto « anche di eventuali condanne » per reatiche destano particolare allarme sociale (34).

L’approssimazione di tale disciplina ha portato tra l’altro adomandarsi se la “pericolosità sociale” del cittadino extracomu-nitario possa essere “presunta” o invece debba essere in ogni casoaccertata, ed in questo secondo caso innanzi a quali condotteassuma rilievo giuridica; ancora, se occorra sindacarne l’attualitào sia possibile e sufficiente, in certi casi, riferirsi a situazioni“passate”.

Al di là dei casi in cui è lo stesso legislatore a farsi carico, inqualche misura, della questione (35), tra gli stessi organi giudi-

di meretricio non costituisce elemento ostativo al rilascio del permesso di soggiorno(così Cons. St., sez. VI, sent. 27 luglio 2007, n. 4164). Sicché la dimostrazionedell’extracomunitario di possedere mezzi di sostentamento leciti (v. Cons. St., sez. VI,sent. 10 maggio 2007, n. 2231), unitamente, nel caso di attività di prostituzione,all’elemento dell’“abitualità”, risultano decisivi per il rilascio del titolo di soggiorno.Più in generale, sulla giurisprudenza amministrativa in tema di “Disponibilità dimezzi/Reddito” si veda C. TESTORI, Appunti sulla giurisprudenza del G.A. in materia diingresso e soggiorno degli stranieri in Italia, cit. 2-3.

(34) Specificamente, « per i reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a),del codice di procedura penale, ovvero per i reati di cui all’articolo 12, commi 1 e 3 ».

(35) Così, per esempio, il comma 7-bis dell’art. 26 del T.U. ricollega la revocadel permesso di soggiorno e la conseguente espulsione alla condanna per i delitti inmateria di diritto d’autore (sul tema si veda F. DI PIETRO, La revoca del permesso disoggiorno e l’espulsione a seguito di condanna di reati in materia di tutela del dirittod’autore, in commento alle pronunce della Corte costituzionale n. 189 del 4 maggio2005 e del T.A.R. Abruzzo n. 706 del 29 luglio 2004, in Diritto, immigrazione e

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canti vi è chi individua in capo all’autorità chiamata a svolgere lavalutazione sulla “pericolosità sociale” un’attività vincolata (36),e chi invece propende per il riconoscimento di un più ampiopotere discrezionale (37), posta in entrambi i casi la necessità dievitare mere presunzioni di “pericolosità” ed invece di ritenererilevanti condotte di una certa gravità sociale (38), riferibili a

cittadinanza, 2005, 2, 93 ss.). Dal canto suo, il menzionato d.lgs. n. 3/07 stabilisce che« nella valutazione della pericolosità dello straniero il criterio automatico previsto dallaprevigente normativa » dev’essere sostituito « da un giudizio di pericolosità comples-sivo », che tenga conto « anche » (sic!) « di una condanna per i reati previsti dall’art.380 c.p.p. e per i reati non colposi previsti dall’art. 3 c.p.p., o dell’appartenenza ad unadelle categorie indicate dall’art. 13, comma 2, lett. c) del Testo Unico Immigrazione ».

(36) In questo senso, esemplarmente, Corte Cass. sent. n. 12721 del 30 agosto2002 (in Giust. civ. Mass. 2002, 1892 e in http://www.altalex.com/index.php?idnot=5234), che ha precisato i limiti della ″discrezionalità″ dell’autorità amministra-tiva, nel valutare pericoloso il cittadino straniero, stabilendo la necessità di unaccertamento:

a) oggettivo e non meramente soggettivo degli elementi che giustificano so-spetti e presunzioni;

b) del requisito dell’attualità della pericolosità;c) della necessità di esaminare globalmente l’intera personalità del soggetto,

quale risulta da tutte le manifestazioni sociali della sua vita.In ambito amministrativo, conformemente alla decisione in commento cfr. T.A.R.

Toscana, sez. I, sent. del 6 giugno 2005 n. 2710; T.A.R. Piemonte, sez. II, sent. del 14maggio 2005 n. 1678; T.A.R. Trieste, sent. del 19 giugno 2004, n. 347; T.A.R. Parma,sent. del 7 aprile 2005 n. 207; T.A.R. Bologna, sez. I, sentt. del 6 settembre 2005 n.1514, del 24 maggio 2005 n. 753 e del 20 aprile 2005 n. 632 (tutte le pronunce deigiudici amministrativi qui richiamate sono reperibili all’indirizzo telematico: http://www.giustizia-amministrativa.it/).

(37) In questo senso, esemplarmente, CONS. ST., sez. VI, sent. 10 ottobre 2006,n. 6018, che considera la valutazione della “pericolosità sociale” come il prodotto di ungiudizio fondamentalmente prognostico della pubblica amministrazione, nel qualepossono essere utilizzati un’ampia serie di elementi (indizi, precedenti condanne,segnalazioni, tenore di vita e frequentazioni di pregiudicati) rivelatori della capacità edella propensione a delinquere, e soggetto al solo sindacato di vizi di illogicità, carenzadi presupposti o manifesta congruità.

Conformemente alla decisione in argomento v. T.A.R. Catanzaro, sez. I, sent. del15 febbraio 2005 n. 166, T.A.R. TOSCANA, sez. I, sent. del 4 maggio 2005 n. 1478.

(38) Muovendo da tale presupposto il T.A.R. Campania ha escluso che il solodeferimento all’autorità giudiziaria per reati in materia di stupefacenti possa pregiudi-care il rinnovo del permesso di soggiorno (T.A.R. Campania, sent. 8 maggio 2006, n.4004).

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circostanze al possibile attuali e concrete (39), e accertate daprovvedimenti “definitivi” (40).

Tornando all’esame della disciplina, al di là delle ipotesi diingresso illegittimo nel territorio dello Stato (41), per chi « senzagiustificato motivo si trattenga nel territorio (42) » senza « averrichiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto inassenza di cause di forza maggiore » (43) o comunque di “acca-dimenti puntuali” idonei a giustificarne la mancanza (44), ovvero« per essere stato il permesso revocato o annullato » o, ancora

(39) Da segnalare la particolare attenzione proprio per l’elemento della “con-cretezza” che manifesta il d.lgs. n. 5/2007 con cui è stata recepita la direttiva europea2003/86/CE relativa al ricongiungimento familiare.

(40) Tra cui anche il patteggiamento: il Consiglio di Stato, infatti, non ritiene ildiniego automatico del rilascio del permesso di soggiorno in presenza di una sentenzadi patteggiamento in contrasto con i diritti di libertà personale (v. CONS. ST., sez. VI,sent. 22 maggio 2007, n. 2592).

(41) Sulla necessità che l’ingresso illegittimo dell’immigrato nel territorio delloStato membro vada comunque accertato con un provvedimento definitivo si veda Cortedi giustizia, sez. VI, sent. del 5 giugno 1997 in Causa C - 285/95 (tutte le pronunce dellaCorte di Giustizia delle comunità europee qui richiamate sono reperibili all’indirizzotelematico: http://curia.europa.eu/it/index.htm).

(42) Secondo la Corte di Cassazione il concetto di “giustificato motivo” richiedea) l’accertamento in concreto delle condizioni in cui si è prodotta e mantenuta lacondotta di permanenza nel territorio dello Stato oltre i cinque giorni, nonché dellavolontarietà o meno della stessa; b) il giudizio di esigibilità dell’obbligo condotto nonesclusivamente su basi oggettive, ma tenendo conto del reale condizionamento psichicoesercitato dalle circostanze concrete sulle capacità individuali di adempimento dell’ob-bligo stesso (così Corte cass., sez. I pen., sent. n. 31117 dell’11 maggio 2004, in Cass.pen., 2005, 3, 961 con commento di A. CAPUTO, Trattenimento nel territorio dello Statosenza giustificato motivo in violazione dell’ordine del questore di lasciarlo entro cinquegiorni, in Diritto, immigrazione e cittadinanza, 2005, 190-1).

(43) Si veda in argomento G. MANZI, Il ritardo nell’adempimento degli obblighiè giustificato da motivi di forza maggiore, in Cons. Stato 1999, I, 805 (in commento aCONS. ST., n. 870/99 cit.).

(44) Così, per esempio, secondo la Cassazione è illegittimo del decreto diespulsione dello straniero regolarmente entrato nel territorio nazionale (in quantomunito del prescritto visto di ingresso) per violazione dell’obbligo di richiedere ilpermesso di soggiorno entro il termine di legge, quando questi sia stato successiva-mente sottoposto a custodia cautelare in carcere. In questo caso, infatti, pur nonricorrendo « la forza maggiore impeditiva dell’adempimento del dovere », non potendoessere considerata tale la sottoposizione a custodia cautelare, tuttavia viene « sicura-mente » a mancare l’elemento della volontarietà nel trattenersi nel territorio dello Stato,implicitamente previsto dall’art. 13, comma 2, lett. b) del T.U. quale presupposto che

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« perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessantagiorni e non ne è stato richiesto il rinnovo » (comma 5-ter) èprevista l’espulsione (v. art. 13, comma 2°) (45).

Da un punto di vista procedurale basti qui rilevare come afronte di una certa giurisprudenza ferma nel delineare percorsiautonomi di giudizio (spettando alla giurisdizione amministrativail sindacato provvedimento che rifiuta, revoca o annulla il per-messo di soggiorno ed invece a quella ordinaria il giudiziosull’impugnazione del provvedimento di espulsione) (46), il legi-slatore si sia dimostrato favorevole mutamento di prospettiva inmateria (47), prospettando l’unificazione della giurisdizione con

ne legittima l’espulsione (così Corte cass., sez. I, sent. n. 4922 del 1° aprile 2003, inGiust. civ., mass. 2003, 4).

(45) Una posizione intransigente è fatta propria da quella giurisprudenza cheritiene che il provvedimento di espulsione debba essere disposto indipendentemente daogni altro tipo di considerazione (incluso quello che lo straniero abbia fatto ingresso inmodo regolare), gravando in ogni caso sullo straniero che decida di “soggiornare” nelterritorio italiano l’obbligo di chiedere in questura la relativa ″autorizzazione″ (v. pertutte Corte cass., sez. I, sent. n. 16514 del 4 novembre 2003, in Arch. civ., 2004, 15). Suiprovvedimenti di espulsione cfr., in particolare, S. CENTONZE, L’espulsione dello stra-niero, Padova, 2006.

Nondimeno, l’indifferenziazione delle sanzioni previste per i soggetti extracomu-nitari — in quanto riconducibili fondamentalmente alla sola espulsione — è unproblema ancora di recente rilevato dal giudice costituzionale nella sent. n. 22 del 2007(a commento della quale v. C. FATTA, L’indebito trattenimento dello straniero nelterritorio dello Stato al vaglio della Corte costituzionale, in Giur. it., 2007, 2415 ss.) e dicui si fa carico il “d.d.l. delega” (v. art. 1 punto g)).

(46) Le Sezioni Unite della Cassazione escludono che il giudice investito dell’im-pugnazione del provvedimento di espulsione del prefetto possa valutare la legittimità delprovvedimento del questore che abbia rifiutato, revocato o annullato il permesso disoggiorno ovvero ne abbia negato il rinnovo, ritenendo che questo tipo di sindacato spettiunicamente al giudice amministrativo « la cui decisione non costituisce in alcun modoun antecedente logico della decisione sul decreto di espulsione » (cfr. Corte cass., sez.un. civ., sent. n. 22217 del 16 ottobre 2006, in Giust. civ., 2006, 10; e, precedentemente,Corte cass., sez. I civ., sent. n. 6370 del 1° aprile 2004, in Foro it., 2005, I, 506). Dalla« carenza di pregiudizialità giuridica necessaria tra il processo amministrativo e quellocivile » tale giurisprudenza deduce l’impossibilità, per il giudice ordinario dinanzi al qualesia stato impugnato il provvedimento di espulsione del prefetto, da un lato, pur in pen-denza del giudizio promosso dinanzi al giudice amministrativo per l’impugnazione deiprovvedimenti del questore, di sospendere il processo “ordinario”; e, dall’altro lato, didisapplicare l’atto amministrativo presupposto emesso dal questore (rifiuto, revoca oannullamento del permesso di soggiorno o diniego di rinnovo).

(47) Cfr. il “d.d.l. delega”, lett. g), punto 6.

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la conseguente attribuzione al giudice ordinario in composizionemonocratica di tutti provvedimenti relativi alla condizione giuri-dica dello straniero (48).

3. LA TENDENZA VERSO LA “SPECIFICAZIONE”: LE “TIPOLOGIE” DI

PERMESSI DI SOGGIORNO.

La durata massima dei permessi di soggiorno varia in ragionedella tipologia del documento stesso, la quale a sua volta dipendedall’attività per la quale viene rilasciato (nonché, correlativamente,del visto di ingresso) (49). Su questa base la legge distingue dunquetra permessi di soggiorno “di breve termine”, che autorizzano sog-giorni inferiori ai 90 giorni (con le precisazioni che di seguito sifaranno, nel caso di: permesso studio; lavoro dipendente; lavoroautonomo; turismo; affari; religione; sport; missione; invito; curemediche), e di “lunga durata” per soggiorni invece superiori ai 90giorni (con le precisazioni che di seguito si faranno, nel caso di:permesso studio; lavoro dipendente; lavoro autonomo; lavoro sta-

Rammentiamo peraltro che la Corte costituzionale ha avuto occasione di pronun-ciarsi riguardo alla disciplina vigente, ritenendo manifestamente infondato il dubbio diillegittimità relativo alla mancata devoluzione, da parte del T.U., ad un unico giudice,delle controversie relative al soggiorno degli stranieri in Italia, escludendo la paleseirragionevolezza nella scelta discrezionale compiuta dal legislatore in materia (v. Cortecost., ord. n. 414 del 18 dicembre 2001, in Giur. cost., 3967 ss.).

(48) Ciò che, se dovesse inverarsi, consentirebbe un più ampio margine dimanovra riguardo alla sospensione in via cautelare dell’espulsione in seguito a prov-vedimenti di revoca, annullamento o diniego di rinnovo dei permessi di soggiorno,ovviando all’eventualità che il processo si concluda favorevolmente per lo straniero maa pena (espulsione) già comminata, con conseguente pregiudizio di diritti fondamen-tali. Peraltro, ad ulteriore dimostrazione della delicatezza della questione il “d.d.l.delega”, impegna altresì il Governo alla « revisione delle modalità di allontanamento,con sospensione dell’esecuzione per gravi motivi, tenendo conto della natura e gravitàdelle violazioni commesse ovvero della pericolosità per l’ordine pubblico e la sicurezzadello Stato dello straniero espulso (lett. g), punto 5) ».

(49) In particolare, senza considerare i permessi di soggiorno per motivi dilavoro, la durata non può comunque essere: superiore a tre mesi, per visite, affari eturismo; superiore ad un anno, in relazione alla frequenza di un corso per studio o performazione debitamente certificata e superiore alle necessità specificatamente docu-mentate, negli altri casi (art. 5, comma 3). Sui tipi di permessi di soggiorno si veda, daultimo, S. CENTONZE, Ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari, Torino 2007.

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gionale; adozione; sport; missione; religione; cure mediche). Men-tre un discorso particolare si deve fare avendo riguardo ai “per-messi di soggiorno per motivi di lavoro”, la cui validità, in originelimitata solo nella sua estensione massima (50), oggi, in seguitoall’introduzione da parte della legge n. 189/02 di un nuovo comma3-bis, oltre a continuare a conoscere tutta una serie di limiti mas-simi (51), viene altresì collegata a « quella prevista dal contratto disoggiorno » (la cui disciplina è contenuta nell’art. 5-bis introdottodalla stessa legge n. 189/02), che, pertanto, attualmente costituisce“titolo” per il rilascio del permesso di soggiorno (a seconda dei casidi breve o di lunga durata).

Più in generale la riforma del 2002 ha introdotto regole deltutto specifiche per questa tipologia di permessi di soggiorno,anche con riguardo ad altri profili di ordine sia procedurale siasostanziale, contribuendo a configurare una vera e propria disci-plina “di settore nel settore”, in linea, del resto, come s’è antici-pato, con la nostra “tradizione” giuridica (cfr. supra § 1).

Per vero tale tendenza verso la “specificazione” dei “permessidi soggiorno”, di cui peraltro può considerarsi “sintomo” ladifficoltà di conversione dei permessi stessi da una tipologiaall’altra (52), costituisce un tratto caratterizzante, attualmente, lamateria: ed infatti oltre ai “tradizionali” permessi di soggiornodei richiedenti “asilo politico”, “per motivi di protezione sociale”(art. 18), “per motivi familiari” (art. 30), “per cure mediche” (art.36), si sono aggiunti, più di recente, il “permesso di soggiorno

(50) Per cui non poteva essere « superiore a sei mesi, per lavoro stagionale, onove mesi, per lavoro stagionale nei settori che richiedono tale estensione » (lett. b)); né« superiore a due anni, per lavoro autonomo, per lavoro subordinato a tempo inde-terminato e per ricongiungimenti familiari » (lett. d)).

(51) Specificamente, ai sensi del T.U. (art. 5, comma 3-bis), non può superare:« in relazione ad uno o più contratti di lavoro stagionale, la durata complessiva di novemesi » (lett. a)); « in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempodeterminato, la durata di un anno » (lett. b)); e « in relazione ad un contratto di lavorosubordinato a tempo indeterminato, la durata di due anni » (lett. c)).

(52) Cfr. esemplarmente T.A.R. Veneto, sez. III, n. 2646 del 26 maggio 2005 cheha confermato il rigetto della richiesta per il rinnovo e la conversione del permesso disoggiorno per minore età in permesso di soggiorno per lavoro dipendente. Maggioricautele dimostra invece il T.A.R. Emilia Romagna-Bologna nell’ord. n. 247 dell’11aprile 2003, a proposito della quale si veda L. MIAZZI, in Diritto, immigrazione ecittadinanza, 2003, 161-163.

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CE” per soggiornanti di lungo periodo e quello rilasciato da altroStato membro, previsti dal d.lgs. 8 gennaio 2007, n. 3 (e incor-porati nel TU come art. 9 e art. 9-bis), di recepimento delladirettiva 2003/109/CE (53) e quelli di “breve durata”, ovvero didurata « non superiore a tre mesi » (art. 1, comma 1), “per visite,affari, turismo e studio” previsti dalla legge 28 maggio 2007, n.68 (54). Da ultimo, poi, il d.lgs. 10 agosto 2007, n. 154 diattuazione della direttiva 2004/114/CE ha introdotto nel T.U. leparticolari figure di “soggiorno per volontariato (art. 27-bis); edel “soggiorno di studenti, scambio di alunni, tirocinio profes-

(53) Tecnicamente queste norme sono state incorporate nell’art. 9 del T.U.sostituendo “la carta di soggiorno per cittadini stranieri” col “permesso di soggiornoCE per soggiornanti di lungo periodo”, e regolamentando la posizione giuridica degli“Stranieri in possesso di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungoperiodo rilasciato da altro Stato membro” (art. 9-bis).

In estrema sintesi, secondo quanto chiarito da una circolare del Ministerodell’Interno del 16 febbraio 2007 (in http://www.poliziadistato.it/pds/ps/immigrazio-ne/documents/circolarelungosoggiornantivalida.pdf): i cittadini stranieri possono otte-nere lo status di soggiornante di lungo periodo con una permanenza regolare in Italia(non più di 6 ma) di 5 anni, essendo a tal fine sufficiente la titolarità, all’atto dellarichiesta, di un permesso di soggiorno di lunga durata in corso di validità; mentrerimangono invariati i requisiti relativi al reddito, all’alloggio, alle possibilità di richie-dere il rilascio per sé ed i familiari di cui all’art. 29 T.U. Il permesso di lungo periodoè a tempo indeterminato e non può essere rilasciato allo straniero titolare di permessodi soggiorno per studio, formazione professionale, protezione temporanea, motiviumanitari, asilo, permesso di soggiorno di breve durata. Esso può essere revocato peracquisto fraudolento, espulsione, assenza dal territorio dell’Unione Europea per 12mesi consecutivi o dopo 6 anni di assenza dal territorio nazionale e, ai sensi dell’art. 9,comma 4, là dove si dimostri la pericolosità del soggetto « per la sicurezza dello Statoe l’ordine pubblico ».

(54) In precedenza, constatata l’urgenza di « adempiere agli obblighi comunitariderivanti da sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee e a procedure diinfrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano », si era reso necessario metteremano la d.l. 15 febbraio 2007, n. 10. E’ intervenuta quindi la menzionata legge n. 68/07che ha stabilito che « per l’ingresso in Italia per visite, affari, turismo e studio non èrichiesto il permesso di soggiorno qualora la durata del soggiorno stesso sia nonsuperiore a tre mesi » (art. 1, comma 1°). Una circolare del 13 giugno 2007, n. 32 delMinistero dell’Interno, ha quindi provveduto a chiarire che « gli stranieri che nonprovengono da Paesi dell’area Schengen formulano la dichiarazione di presenzaall’Autorità di frontiera, al momento dell’ingresso, mentre gli stranieri che provengonodall’area Schengen dichiarano la propria presenza al Questore, entro otto giornidall’ingresso », secondo le modalità che sono state successivamente stabilite dal decretodel Ministro dell’interno del 26 luglio 2007.

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sionale” (art. 39-bis), in vista di agevolare la mobilità deglistudenti stranieri tra i Paesi membri dell’UE (55). Infine, èentrato in vigore il d.lgs. 9 gennaio 2008, n. 17 di attuazione delladirettiva 2005/71/CE che mira ad agevolare il soggiorno dicittadini di Paesi terzi a fini di ricerca scientifica (56).

Tutto questo, specie in riferimento a quelle tipologie ragio-nevolmente meritevoli di normative “di favore”, può assecon-dare, ancora una volta (questa volta, però, in riferimento non alpaese “elargitore”, bensì alla tipologia tout court di permesso disoggiorno), manovre di “forum shopping”, essendo del tuttorazionale che potendo scegliere tra un tipo di permesso disoggiorno e un altro lo straniero sia portato ad optare per quelloa lui più confacente, tenuto conto, oltre che delle probabilità dirilascio, della disciplina giuridica da cui è assistito.

A questo proposito non si può mancare di rilevare la disci-plina di “relativo” favore — certamente, in quadro di fondo diestrema difficoltà (e con prospettive di irrigidimento nel corsodell’attuale, 16ma legislatura) — che assiste “il familiare” « ricon-giunto o al seguito » nell’ottenimento del permesso di soggiorno:“ricongiungimento”, che, peraltro, al di là degli ultimissimi prov-vedimenti presi al riguardo (57) (cfr. infra § 4), ha trovato

(55) In particolare prevedendo per gli stranieri in possesso di un titolo di sog-giorno per studio rilasciato da uno Stato appartenente all’Unione europea, « in quantoiscritto ad un corso universitario o ad un istituto di insegnamento superiore » la possi-bilità, a determinate condizioni « di fare ingresso in Italia per soggiorni superiori a tremesi senza necessità del visto per proseguire gli studi già iniziati nell’altro Stato o perintegrarli con un programma di studi ad esso connessi » (art. 39, comma 4-bis).

(56) Relativamente ai cittadini europei, il d.lgs. del 6 febbraio 2007, n. 30 (il cuischema di decreto di modifica, alla data in cui si scrive, è all’esame della commissioneAffari Costituzionali) ha dato attuazione alla direttiva 2004/38/CE “relativa al dirittodei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamentenel territorio degli Stati membri”.

(57) Il riferimento corre al menzionato d.lgs. n. 5/2007 con cui è stata recepitala direttiva europea 2003/86/CE relativa al ricongiungimento familiare e al d.lgs. 6febbraio 2007, n. 30, di attuazione della direttiva 2004/38/CE che, nel garantire il“diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornareliberamente nel territorio degli Stati membri”, estende il proprio ambito di applica-zione « a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membrodiverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari che accompagnino

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pressoché da subito gli organi giudiziali particolarmente sensibilied attenti a salvaguardarne i valori di fondo.

Le stesse istituzioni comunitarie, paiono essersi mosse nelpreciso intento di favorire, anche per tramite della rimozionedegli ostacoli al soggiorno dei familiari stranieri dei lavoratori“europei” (58), la creazione di un unico libero mercato.

Considerata dunque la spiccata attenzione, manifestata dalleistituzioni comunitarie, per il principio del rispetto e della valo-rizzazione della vita familiare, si rende improrogabile, insieme allapredisposizione delle necessarie misure atte a scongiurare i pos-sibili aggiramenti, per questa strada, della legislazione, addiveniread una concezione uniforme del concetto di “familiare” (59).

o raggiungano il cittadino medesimo » (art. 3, comma 1°). Si veda anche in propositol’art. 1, lett. o) del “d.d.l. delega”.

(58) Tra le numerose pronunce del giudice comunitario sul tema, particolaremenzione merita quella in cui ha chiarito che l’interpretazione dell’art. 49 TCE alla lucedel diritto fondamentale al rispetto della vita familiare osta a che lo Stato membro diorigine di un prestatore di servizi possa negare in modo assoluto il diritto di soggiornoal coniuge, cittadino di un Paese terzo, tenendo conto, tra l’altro, che ciò potrebberecare pregiudizio all’attività del marito (cfr. Corte Giustizia, sent. 11 luglio 2002 inCausa C-60/00 in Riv. dir. internaz., 2002, 772). Il giudice comunitario ha poi esclusola possibilità di espellere o di respingere in modo automatico alle frontiere lo stranieroconiuge di cittadino europeo, quando costui può provare, oltre che la propria identità,« il legame coniugale », « se non esistono elementi in grado di stabilire che eglirappresenti un pericolo per l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica o la sanitàpubblica » (cfr. Corte Giustizia, sent. 25 luglio 2002, in Causa C-459/99, in Fam. e dir.,2002, 569). Più di recente, tornando sull’argomento, il giudice di Lussemburgo hariconosciuto al cittadino straniero la possibilità di ottenere il permesso di soggiornoindipendentemente dal fatto di avere precedentemente soggiornato legalmente in unPaese membro Così Corte di Giustizia, Gr. Sez., sent. del 9 gennaio 2007, in causaC-1/05, in Guida al Diritto, 2007, 68, con commento di M. CASTELLANETA, Con ladecisione dei giudici comunitari ricongiungimenti più facili per i genitori, ivi, 74-75.

(59) Come del resto rivela il d.lgs. n. 30/07, che considera « familiare » (v.l’art. 2):

1) il coniuge;2) il partner che abbia contratto con il cittadino dell’Unione un’unione registrata

sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Statomembro ospitante equipari l’unione registrata al matrimonio e nel rispetto dellecondizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante;

3) i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge opartner;

4) gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner.

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Sono infatti sempre più frequenti i casi in cui gli organigiudiziali sono chiamati a pronunciarsi sulla liceità del soggiornoinnanzi a situazioni di dubbia validità, o addirittura esistenza, delvincolo matrimoniale, alla luce del diritto interno.

A tale riguardo, nel nostro ordinamento è registrabile uncerto rigore da parte della giurisprudenza che (forse proprio nellaconsiderazione della disciplina di particolare favore che assiste “ilconiugio”), in vista del riconoscimento di un’“unione familiare”,è orientata nel senso di non ritenere sufficiente la mera convi-venza di fatto in un alloggio (60), richiedendo altresì la sussi-stenza di un vincolo a tutti gli effetti giuridico (ricavando da ciòla revocabilità del permesso di soggiorno per motivi familiari, nelcaso in cui venga meno la convivenza anche se solo “di fatto” frai coniugi (61). Il che, per vero, s’innesta con quanto stabilito dallegislatore, che vuole che « Nell’adottare il provvedimento dirifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permessodi soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricon-giungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto […] sitiene anche conto della natura e della effettività dei vincolifamiliari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari esociali con il suo Paese d’origine » (art. 5, comma 5 del T.U.,come modificato dal d.lgs. 8 gennaio 2007, n. 5).

Ciò fa sì che, rispetto al tema in oggetto, attualmente l’ambito“familiare” sia tra quelli in cui è maggiormente avvertibile lo

(60) Sul requisito della disponibilità di un “alloggio” v. L. CROCILLI, Un requisito“fondamentale” per il ricongiungimento familiare dei cittadini stranieri residenti in Italiae per il rilascio della carta di soggiorno: l’idoneità dell’alloggio, in Gli Stranieri, 2005, 422ss.

(61) Cfr. in questo senso CONS. ST., sez. IV, decisione n. 767 del 28 febbraio2005, in Foro amm. 2005, 2, 412 (su cui v. A. Liuzzi, Separazione dei coniugi e revocadel permesso di soggiorno, in Fam. e dir., 2005, 429 ss. che mette in evidenza ledisarmonie tra la disciplina del permesso di soggiorno e quella in tema di separazionee divorzio); e, sul versante della giurisdizione ordinaria, Corte cass., sez. I civ., sent. 22agosto 2006, n. 18220, in Giust. civ. Mass. 2006, 7-8 (annotata da R. GELLI, Separazionedal coniuge ed impatto sulla condizione giuridica dello straniero, in Fam. e dir., 2007,145).

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scarto tra la disciplina formale che deriva dal matrimonio (62) einvece quella che consegue a situazioni di mera convivenza (63).

Tale situazione, peraltro, si attenua (64) (senza tuttavia scom-parire del tutto (65)) nei casi di diretto o indiretto coinvolgimentodi soggetti, in particolare “cittadini”, minori di età, figli dicittadini extracomunitari (fatta salva, naturalmente, l’ipotesi diperdita della potestà genitoriale secondo la legge interna (66),tendendo, in questo caso, la forza del legame di filiazione aprevalere sulla valutazione di altri elementi (67). D’altro canto, leipotesi di soggetti non cittadini qualificatisi come “minori” si

(62) Può risultare idonea ad attenuare la portata del principio quella giurispru-denza che riconosce al matrimonio celebrato all’estero, secondo le forme previste dallalegge straniera, tra cittadini italiani e tra italiani e stranieri, immediata validità anche nelcaso in cui sia stato contratto da chi non aveva libertà di stato, producendo i proprieffetti — tra cui anche quello di impedire l’espulsione — fin tanto che non vengaemessa la pronuncia del giudice di nullità (la quale implica l’impugnazione da parte diuno dei soggetti legittimati tra cui anche il p.m.), cfr. Corte cass., sez. I civ., sent. del13 aprile 2001, n. 5537, in Fam. e dir., 2001, 560, commentata da R. CLERICI,Matrimonio all’estero ed effetti della bigamia in Italia, ivi, 2002, 155-159.

(63) Ciò, del resto, è confermato dalla stessa Corte Costituzionale che mentrecon la sentenza n. 376 del 2000 censurò la mancata estensione, da parte delladisposizione, del divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato digravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio (cfr. CORTE COST., in Giur.Cost., 2000, 2675); si è pronunciata in senso diverso nella successiva ordinanza n. 192del 2006, non ravvisando alcun profilo di illegittimità costituzionale nella possibilità diespulsione dello straniero convivente more uxorio con una cittadina italiana in attesa,da lui, di un figlio Corte cost., ord. n. 192 dell’11 maggio 2006 e analogamente l’ord.n. 444 del 22 dicembre 2006 cfr. CORTE COST., in Giur. Cost., 2006, 4483).

(64) Per considerazioni analoghe cfr., tra gli altri, M.L. TOMASELLI, Il permesso disoggiorno per motivi attinenti allo sviluppo psicofisico di figli minori, in Gli Stranieri,2002, 105 ss.

(65) Per esempio in alcuni casi l’autorizzazione alla permanenza del familiare delminore per cui ricorre il divieto di espulsione viene correlata alla sussistenza dicondizioni contingenti e eccezionali (dunque non individuabili in rapporto a situazionicon carattere di normalità e di stabilità come può essere il compimento del cicloscolastico obbligatorio, cfr. Corte cass., sez. I civ., sent. 17 settembre 2001 , n. 11624,in Giust. civ. Mass., 2001, 1662). In altri casi, poi, per il ricongiungimento, si richiedela mancanza di provvedimenti di espulsione, tenuto conto della possibilità dei figli diseguire il genitore nel luogo di destinazione (cfr. CORTE CASS., sez. I civ., sent. 19 marzo2002 , n. 3991, in Riv. dir. internaz., 2002, 458).

(66) Cfr. Corte cass., sez. I civ., sent. n. 2358 del 4 febbraio 2005, in Giust. civ.Mass., 2005, 2.

(67) V. per tutte Corte Cass., sez. un. civ., sent. 24 luglio 2007, n. 16301; e, sotto

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sono rivelate a tal punto problematiche, da spingere i giudici, inmancanza di una disciplina specifica sul punto, a svolgere unruolo “suppletivo” in merito alla “verifica dell’età anagrafica”affermando la prevalenza, in caso di incompatibilità coi certificatiprodotti del soggetto straniero, delle risultanze degli accerta-menti medici, in particolare radiologici, prodotti da laboratori“nazionali” (68).

4. IL “PERMESSO DI SOGGIORNO ELETTRONICO” E L’IDENTIFICAZIONE

DEGLI STRANIERI.

Al di là di quanto si è da ultimo osservato, le procedure diidentificazione degli stranieri immigrati costituiscono il “nodonevralgico” da cui dipende, in definitiva, il funzionamento del-l’intero impianto normativo e, si starebbe per dire, “ordinamen-tale”, data la difficoltà, in questo come in altri casi, di applicarenorme giuridiche non solo nei confronti di chi è persona “di-versa” rispetto a quella che si crede che sia, ma, più radicalmente,parafrasando un’espressione “epica”, giuridicamente (ma noncerto “individualmente”) risulta essere “nessuno”.

diverso profilo, Corte Giustizia, sent. 19 ottobre 2004, in Causa C-200/02, in Dir.comunitario e scambi internaz., 2005, 89).

(68) Così la Cassazione, con specifico riferimento al requisito dell’età, ha avutomodo di precisare che la certificazione rilasciata dallo Stato estero non è assistita dafede privilegiata, essendo pertanto consentito alle rappresentanze consolari italiane diprocedere a tutti gli accertamenti necessari (come, nel caso di specie, l’esame denso-metrico osseo) al fine di stabilire l’effettiva età di coloro che richiedono il visto diingresso in Italia, cfr. CORTE CASS., sez. I civ., n. 1656 del 25 gennaio 2007, in Foro it.,2007, 3 750 (in questo quadro, solo di recente una circolare emanata dal Ministerodell’Interno il 9 luglio 2007, ha provveduto a chiarire che se nonostante gli accerta-menti, permangano dei dubbi sull’età della persona, debba prevalere la presunzionedella minore età). Per vero si tratta di un esito tutt’altro che scontato, considerata lapropensione, manifestata in qualche occasione dalla stessa Cassazione, a ritenereattendibili certificazioni basate esclusivamente sulle dichiarazioni dei soggetti diretta-mente riguardati, secondo quanto stabilito dalla legge del paese di provenienza, tranneche nei casi in cui sia contraria a norme di ordine pubblico dell’ordinamento italiano(si veda esemplarmente CORTE CASS., Sez. I civ., sent. n. 14545 del 1° ottobre 2003, inGiust. civ. Mass., 2003, 12 e il commento di S. MORELLO, L’analisi sul valore delcertificato di nascita straniero al fine di ricongiungimento familiare, in Fam. e dir., 2005,48 ss.).

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Di qui, l’attenzione riservata già nella versione “originaria”del T.U. nei confronti dell’identificazione degli stranieri, colprevedere all’art. 14 (comma 1) la possibilità, eventualmente, ditrattenere il clandestino “per il tempo strettamente necessario”presso un Centro di permanenza temporanea ed assistenza” invista appunto di procedere alla sua identificazione (69). Anche se,poi, — e qui veniamo al punto — all’atto pratico, per tutta unaserie di ragioni di ordine eminentemente organizzativo, a cui,peraltro, non hanno giovato determinate “incertezze” interpreta-tive (70), anche “solo” l’innesco del procedimento identificativosi è rivelato in certi casi di estrema, se non, addirittura, di

(69) A cui successivamente si sono aggiunte le norme previste dalla legge n.189/2002, che, tra l’altro, hanno introdotto il reato (gravante peraltro anche suicittadini) di contraffazione o alterazione del permesso di soggiorno e, più in generale,dei documenti d’identificazione « al fine di determinare il rilascio di un visto di ingressoo reingresso ovvero di un permesso, contratto o carta di soggiorno » (comma 8-bisdell’art. 5).

(70) Il riferimento corre alla questione riguardante la sussistenza o menodell’obbligo per lo straniero di esibire i documenti identificativi alle autorità dipubblica sicurezza, sulla cui sussistenza, peraltro, in riferimento allo straniero legal-mente soggiornante, non si nutrivano forti dubbi, considerato l’art. 6, 3° comma, delT.U. I problemi sono sorti sulla sussistenza di questo tipo di obbligo anche per lostraniero entrato clandestinamente nel territorio (a favore v. Corte cass., Sez. VI pen.,sent. n. 33859 del 18 settembre 2001, ined.; ID., n. 8858 del 8 agosto 2000, ined.; e ID.,sez. I pen., sentt. n. 13562 del 4 novembre 1999, in Riv. pen. 2000, 232; contra v. Cortecass., sez. VI pen., sent. 21 luglio 2003 n. 31990, ined.; ID., sez. VI pen., n. 29142 del18 luglio 2001, in Cass. pen. 2002, 2898; e ID sez. I pen., sent. n. 14008 dell’11novembre 1999, in Riv. pen. 2000, 232; per una posizione intermedia, si veda Cortecass., n. 10220 del 2003, in Dir. e giust., 2003, 15, 111, che ha riconosciuto l’operativitàdella norma limitatamente al caso di straniero entrato illegalmente mosso nella precisavolontà di non mostrare al personale di pubblica sicurezza il passaporto o altrodocumento di identificazione). In tale situazione si è reso necessario l’interventochiarificatore delle Sezioni riunite della Corte di Cassazione che, ritenendo che lo statodi clandestinità non costituisca giustificato motivo per la mancata esibizione delpermesso di soggiorno, ha chiarito la sussistenza dell’obbligo anche nei confronti deisoggetti clandestini (cfr. CORTE CASS., Sez. un. pen., n. 45801, del 27 novembre 2003,v.la tra l’altro in http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2004/febbraio/sent-cass 5801-03.html).

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impraticabile, effettuazione (71), a tutto vantaggio di coloro iquali non hanno alcuna convenienza a farsi identificare.

Ciò, nonostante il quadro normativo sia tutt’altro che carenteriguardo alla previsione e regolamentazione dei mezzi identifica-tivi. A questo proposito, basti qui rilevare come in ambitocomunitario fin dalla seconda metà degli anni Novanta, ci si siapreoccupati di intervenire in materia (v. regolamento CE n.1683/95), ponendo una disciplina che, poi, di recente è stataaggiornata dal menzionato regolamento CE n. 1030/2002, in vistadi accelerare i tempi per il possibile utilizzo del permesso disoggiorno a fini identificativi, anticipando dal 2007 al 2005 la datalimite fissata per l’inserimento in esso della fotografia (72).

Com’è noto, a tali norme si sono accompagnate pressochécontestualmente quelle poste nel nostro ordinamento in questastessa materia dalla legge n. 189/02, con cui è stato sancitol’obbligo di sottoporre a rilievi fotodattiloscopici tutti gli stranieririchiedenti il permesso di soggiorno (art. 2-bis) o il suo rinnovo(art. 4-bis). Anche se l’introduzione vera propria del c.d. “per-messo di soggiorno elettronico” in attuazione del Regolamento(CE) n. 1030/2002 è avvenuta dapprima ad opera del d.m. 3agosto 2004 contenente le “Regole tecniche e di sicurezza relativeal permesso e alla carta di soggiorno” (73), e quindi del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144 (convertito in legge 31 luglio 2005, n.

(71) Prova ne è la previsione dell’art. 16, comma 5, del T.U., riproposta da unadirettiva interministeriale emanata il 30 luglio 2007, dell’impegno per il Dipartimentodell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia di dotarsi delle neces-sarie risorse per procedere all’identificazione dei detenuti (può intendersi “stranieri”)al momento del loro ingresso in carcere.

(72) Il regolamento descrive le caratteristiche generali del modello uniforme,portando in allegato un esemplare destinato principalmente « agli organismi respon-sabili della stampa del permesso di soggiorno designati dagli Stati membri » e stabi-lendo la segretezza delle « altre disposizioni tecniche volte a lottare contro la contraf-fazione e la falsificazione » che sono decise dalla Commissione e dal suo comitatoistituito mediante il regolamento (CE) n. 1683/95.

(73) Il D.M. del 2004 stabilì, in modo “onnicomprensivo”, che il “permesso disoggiorno elettronico” avrebbe dovuto recare « i dati personali previsti, per la carta diidentità e gli altri documenti elettronici, dall’articolo 36 del testo unico delle disposi-zioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui aldecreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 ».

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155), recante “Misure urgenti per il contrasto del terrorismointernazionale” (74), con cui il legislatore ha stabilito che laproduzione del permesso di soggiorno sarebbe dovuto avveniremediante utilizzo di mezzi a tecnologia avanzata secondo, quantoprevisto a livello europeo (75).

Il fatto è che, ad oggi, avendo riguardo al tema in oggetto, ècome se, ci si lasci passare la metafora, il motore di una fuori seriefosse stato montato su di un’utilitaria, visto e considerato che lastessa mancanza di condizioni per procedere all’identificazione“tradizionale” ha finito per riguardare anche l’identificazione pertramite del “permesso di soggiorno elettronico”, di fatto ostaco-landone il “decollo”.

Ma il punto è un altro: l’“identificazione elettronica” basatasu informazioni biometriche “uniche” che consentono l’autenti-cazione “a distanza”, lungi dal rimediare all’attuale difficoltà diespletare le procedure identificative, a ben vedere potrebbeaddirittura aggravarla, date le difficoltà per la loro messa a puntoe soprattutto i costi iniziali per fornire le amministrazioni e leforze di pubblica sicurezza delle necessarie dotazioni, in unquadro di fondo di carenza di risorse. Ed infatti, la concentra-zione di queste ultime, così come richiederebbe l’applicazione delpermesso di soggiorno elettronico, nella fase di attribuzione deldato invece che in vista del reperimento del soggetto (76),

(74) Più in generale, si veda sul tema A. PECCIOLI, Unione europea e criminalitàtransnazionale. Nuovi sviluppi, Giappichelli, Torino 2005.

(75) Si precisa al riguardo che, a partire dal 15 gennaio 2003, è divenutooperativo il sistema di rilevazione delle impronte digitali in vista del processo diidentificazione anche per i richiedenti asilo previsto dal regolamento Eurodac volto agarantire che il richiedente asilo inoltri la domanda una sola volta (Eurodac è unsistema informativo tra i paesi che applicano la Convenzione di Dublino, in materia diconcessione dello status di rifugiato, con cui vengono stabilite ulteriori misure pergarantire la effettività dei principi della Convenzione). In base alla Convenzione diDublino, i richiedenti asilo potranno di regola avere un’unica chance nello spazioeuropeo per accedere alla procedura di riconoscimento dello status di rifugiato, il cheimplica in pratica l’impossibilità per la stessa persona di fare domanda in più Paesidiversi.

(76) Sulle varie fasi in cui si svolge il processo identificativo si veda L. TRUCCO,cit., Giappichelli, Torino, 2004, 4 e ss. I diversi piani in cui si muovono, rispettiva-mente, le ragioni strettamente attinenti al processo identificativo e quelle legate al

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potrebbe finire per provocare l’“iperidentificazione” di chi vieneassoggettato alle procedure, ed invece l’“ipoidentificazione” neiconfronti di chi si trova (e mira a rimanere) nella completaclandestinità (senza voler poi qui considerare la situazione pro-blematica in cui verrebbero a trovarsi coloro i quali pur nonostando ad essere individuati, non ottenendo il permesso disoggiorno si trovano comunque nella condizione di essere stati“iperidentificati”) (77).

Da questo punto di vista, a contesto invariato, l’impiegodell’“identificazione a vista” dei cittadini stranieri, per tramitedell’incorporazione della loro fotografia nel permesso di sog-giorno, può ritenersi almeno per ora una procedura sufficiente-mente “sicura” e “praticabile” rispetto all’“identificazione a di-stanza” del permesso di soggiorno elettronico (78). Del resto, lostesso regolamento comunitario pur auspicando l’integrazionenei permessi di soggiorno delle nuove tecniche in materia dibiometria, considerandole « un passo importante verso l’impiegodi un legame più affidabile » fra i documenti e i loro titolari,continua a manifestare fiducia se non, addirittura, una certapredilezione per la tradizionale “fotografia”, esigendo in ognicaso che « il modello [sia] « idoneo all’uso in tutti gli Statimembri e [presenti] caratteristiche di sicurezza armonizzate uni-

soggiorno sono messe in luce da Corte Giustizia, sent. del 17 febbraio 2005, in causaC-215/03.

(77) In vista, può intendersi, di favorire l’identificazione di questi soggetti,meritano di essere almeno menzionati i meccanismi “premiali” previsti dal “d.d.l.delega”, per gli stranieri che « collaborano fattivamente alla propria identificazione,prevedendo una « congrua riduzione » del loro periodo di permanenza nelle struttureper le espulsioni (lett. h), punto 3) e la loro introduzione in programmi specifici dirimpatrio associati alla riduzione della durata del divieto di reingresso nel territoriodello Stato (lett. g), punto 2).

(78) Che, in ambito interno, hanno portato al (almeno momentaneo) abban-dono del progetto di carta d’identità elettronica con identificazione a distanza, sulla cuitravagliata storia ci si consenta di rinviare a L. TRUCCO, Cards elettroniche tra Testo unicosulla documentazione amministrativa e Codice dell’amministrazione digitale: tecnologie epolitiche a confronto, in P. COSTANZO, G. DE MINICO, R. ZACCARIA (curr.), I tre Codicidella società dell’informazione, Giappichelli, Torino, 2006, 13 ss.

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versalmente riconoscibili, visibili a occhio nudo » (considerandon. 5) (79).

Una volta assicurato l’espletamento delle necessarie proce-dure identificative, possono quindi intervenire altri meccanismidi “controllo sociale”, “precipitati”, per così dire, delle politichevolte ad approfondire il senso di appartenenza all’ordinamentometa del migrare dello straniero, attraverso l’instaurazione dilegami idonei a fare da “traino” all’integrazione sociale e al“radicamento” nel tessuto territoriale (80).

Il riferimento corre, in primis, alla politica di ricongiungi-mento familiare, considerata, in occasione del vertice di Tampere« uno strumento necessario », in vista di creare « una stabilitàsocioculturale che facilita l’integrazione dei cittadini di paesi terzinegli Stati membri », permettendo d’altra parte di promuovere lacoesione economica e sociale […] » (81). Ed a quelle normative— e prassi amministrative — che dirigono tutti coloro cherinnovano il permesso di soggiorno o comunque pongono in uncerto luogo la propria abitazione con caratteristiche tendenzial-mente stabili a richiedere l’iscrizione presso il registro dellapopolazione residente nel comune (82).

Tutte situazioni, come si vede, che, tuttavia, presuppongono

(79) Dal canto suo anche la Corte di Giustizia in una recente pronuncia haconsiderato l’accertamento dell’identità individuale « in base alla presentazione oall’esibizione dei documenti di viaggio » una forma di controllo “minima” ma pursempre sufficiente al fine di garantire un controllo sui soggetti alle frontiere esternedegli Stati membri (cfr. Corte di Giustizia, Gr. Sez., sent. del 18 dicembre 2007, incausa C-137/05).

(80) In questo senso parrebbe muoversi anche il d.d.l. approvato dal Consigliodei Ministri nell’agosto 2006, col favorire l’acquisizione della cittadinanza da parte deibambini che nascono, e rimangono per almeno cinque anni in Italia, da genitoristranieri e dei bambini nati oppure entrati in Italia entro il quinto anno di età e che virisieda legalmente fino al compimento della maggiore età.

(81) Tale principio è stato successivamente ribadito in occasione del vertice diLaeken (del 14 e 15 dicembre 2001).

(82) Cfr. già il regolamento anagrafico di cui al d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223e la legge n. 1228 del 24 dicembre 1954, per cui quando un cittadino italiano o stranierostabilisce in un luogo la propria abitazione con caratteristiche tendenzialmente stabili(a prescindere dal fatto che sia proprietario, inquilino o semplice ospite) ha l’obbligo— e non la semplice facoltà — di chiedere l’iscrizione presso il registro dellapopolazione residente nel comune.

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che una qualche corretta identificazione “previa”, del soggettoimmigrato, vi sia stata. Così come per l’esercizio del diritto divoto (83) che, pur dando allo straniero elettore, svariate “occa-sioni” per manifestare la propria “identità” individuale, di per sestesso non porrebbe rimedio alla situazione in cui si trovanoquegli stranieri che, per le più svariate ragioni, mirano a rimanere“sans ETAT” e, per questo, “sans papiers” (84).

(83) Al proposito, il “d.d.l. delega” impegna il Governo a “prevedere”, comeper gli altri cittadini dell’Unione europea « l’elettorato attivo e passivo per le elezioniamministrative a favore degli stranieri titolari del permesso di soggiorno CE persoggiornanti di lungo periodo » (lett. e)): ciò che comporterebbe l’impegno per ilnostro Paese di ratificare anche il capitolo C della Convenzione di Strasburgo del 5febbraio 1992 sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale(ratificato, per ora, dall’Italia, con legge 8 marzo 1994, n. 203, relativamente ai solicapitoli A e B).

(84) Laddove, per chi nasce in territorio italiano, l’attribuzione del nome — econ ciò il suo ingresso, non solo simbolico, nell’ordinamento giuridico di appartenenza—, è “accentrato” nelle strutture dove, in genere, avviene il parto.

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ELENA FIORINI

IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE.L’ESPERIENZA DELL’AVVOCATO

1. Un cordiale saluto a tutti i presenti.Vorrei ringraziare gli organizzatori di questo convegno per

avermi invitato. Il mio grazie va, in particolare, all’Avv. PaolaPellegrino, la quale con tenacia ha perseguito la realizzazione diquesta occasione di incontro e di confronto, e al Prof. PasqualeCostanzo.

2. Il fatto stesso che si parli, in materia di ricongiungimentofamiliare, di “esperienza di magistrato” e “esperienza di avvocato”è significativo. Se l’unità familiare venisse nella prassi consideratae agita come “diritto soggettivo”, se nella realtà essa ottenesse talequalificazione e tale riconoscimento, l’esperienza giudiziale do-vrebbe essere limitata ad ipotesi isolate e residuali. Si pensi, a merotitolo di esempio, al diritto alla salute, ovvero al diritto al nome. Seè pur vero che gli stessi sono a volte invocati nelle aule giudiziarie,nella generalità dei casi essi invece costituiscono pratica ed eser-cizio quotidiano che, in ipotesi eccezionali, debbono invece averericonoscimento e tutela in sede giurisdizionale.

Con riferimento, invece, al ricongiungimento familiare, ilricorso alle aule di tribunale e, ancor di più, ai servigi di unavvocato, appare una pratica diffusa e frequente. Quali siano leragioni di ciò e quali siano le prospettive evolutive della materiasaranno l’oggetto del mio breve e sicuramente limitato inter-vento.

3. Intanto, va detto, nulla quaestio che il diritto all’unitàfamiliare rappresenti un c.d. “diritto fondamentale”. In quali

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termini ed estensione si configuri in Italia tale diritto costituisce,a mio parere, una delle questioni giuridiche ad oggi più interes-santi in materia di immigrazione.

Per una qualificazione del diritto all’unità familiare comediritto fondamentale nel nostro ordinamento depongono nume-rose norme di diritto internazionale ed interno, di diverso rangoe portata: pensiamo, tra le altre, alla Convenzione europea perlala salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali,resa esecutiva con legge 4.8.55 n. 848 (artt. 8 e 12, rispettiva-mente inerenti al rispetto della vita privata e familiare e noningerenza dello Stato, e al diritto al matrimonio, che rieccheg-giano gli artt. 12 e 16 della Dichiarazione universale dei dirittidell’uomo); alla Convenzione di New York sui diritti del fan-ciullo del 20.11.89, ratificata con L. 27.5.91 n. 176, ma anche allaCarta di Nizza; in seno alla legislazione italiana al rango costitu-zionale di alcune disposizioni a tutela della famiglia, come gli artt.29, 30 e 31. Per quanto attiene alla legislazione ordinaria, pen-siamo all’intero titolo V del T.U. Immigrazione, titolato “Dirittoall’unità familiare e tutela dei minori”, così come ora emendatoda tre recentissimi interventi: 1. d.lgs. 8.1.2007 n. 3 (attuativodella Direttiva 2003/109 CE sui soggiornanti di lungo periodo);2. d.lgs. 8.1.2007 n. 5 (attuativo della Direttiva 2003/68/CE sulricongiungimento familiare); 3. d.lgs. 6 febbraio 2007 n. 30(attuazione della Direttiva 2004/38/CE relativa al diritto deicittadini dell’Unione e dei loro familiari, a prescindere dalla lorocittadinanza, a soggiornare liberamente negli Stati membri). Que-st’ultimo, come ben noto, si applica, in virtù di espressa clausoladi rinvio, ai familiari extracomunitari di cittadini italiani, che nonsono quindi soggetti al TU Immigrazione.

Un complesso normativo, quindi, che tra l’altro prevederegimi diversificati tra famiglie di cittadini italiani o dell’UE, efamiglie totalmente extra UE.

La nostra Corte Costituzionale, il nostro Giudice delle Leggi,da molti anni, ha riconosciuto in numerose decisioni un dirittofondamentale all’unità di una famiglia, anche se nei soli termini difamiglia “nucleare”: … il diritto dovere di mantenere, istruire ededucare i figli, e perciò di tenerli con sé, e il diritto dei genitori e

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dei figli minori ad una vita comune nel segno dell’unità dellafamiglia, sono “… diritti fondamentali della persona che perciòspettano in via di principio anche agli stranieri…” (sentenza n. 28del 1995). E così molte altre.

4. Adesso proviamo a concentrare la nostra attenzione sullacasistica giurisprudenziale (o meglio su parte di essa) e, reputo,non potremo fare a meno di notare la grande discrepanza tra lacopiosa normazione che abbiamo appena rammentato in diritto equanto la realtà ci sottopone all’attenzione.

Molti potrebbero essere i casi giurisprudenziali connotati daevidenti profili di ingiustizia che potrei descrivere. Alcuni di essipotrebbero essere emotivamente coinvolgenti e di facile identifi-cazione per un uditorio: una cittadina nigeriana precedentementecolpita da provvedimento di espulsione fondato sulla sua solaillegittima presenza in Italia è stata arrestata durante la suacerimonia di nozze per violazione dell’art. 14 T.U. Immigrazione;la madre di un cittadino italiano ha ricevuto, contestualmente aldiniego del permesso di soggiorno, un decreto di espulsione conaccompagnamento immediato alla frontiera convalidato dal Giu-dice di Pace, e stava addirittura per essere imbarcata su un volosenza la figlia minore che si trovava a scuola; la moglie di uncittadino italiano (il matrimonio e la precedente relazione duranoda dieci anni) ha un periodo di crisi con il marito, il quale si recapresso la nostra Questura e dice che non vuole più saperne dellasignora: la nostra Amministrazione le revoca il permesso disoggiorno e la imbarca contestualmente su una nave per Tunisi.

Quelli appena accennati sono casi verificatisi a Genova,rispetto ai quali ometto ulteriori dati per riservatezza nei con-fronti dei soggetti coinvolti, e per i quali l’azione giudiziaria, èd’obbligo riferirlo, è stata totalmente vittoriosa.

Proverò invece ad esaminare, sinteticamente, quattro fatti-specie concrete, probabilmente meno appealing, ma che ci pon-gono alcune questioni giuridiche interessanti, tra l’altro prese inesame dalla Corte Costituzionale. I quattro casi che seguono sonoaccomunati dal fatto di essere stati portati all’attenzione dellanostra Corte Costituzionale. Essi, a mio parere, delineano un

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percorso in atto sul ricongiungimento familiare, come già ab-biamo avuto in materia di allontanamento dal territorio delloStato, ove, come ben noto, si è passati dal considerare il tratte-nimento in Centro di Permanenza Temporanea come dapprimalesivo del solo diritto di libera circolazione, e poi anche del dirittodi libertà personale (si pensi alle sentenze nn. 222 e 223/2004sugli artt. 13 e 14 T.U.). Presto si giungerà, ritengo, a ritenereanche tali articoli, peraltro riformulati in ossequio alle indicazionidella Corte, non siano conformi all’art. 13 Cost. .

Si tratta di un percorso che, a fronte di continue sollecitazioni(il T.U. Immigrazione è la legge con più questioni di costituzio-nalità pendenti) si muove faticosamente verso una sempre mag-gior tutela dei diritti.

Quattro casi, come detto:a. il “futuro padre che non ha chiesto nei termini di legge

il rinnovo del permesso di soggiorno”: un cittadino albanese , chechiameremo A, risiede regolarmente in Italia da circa dieci annied è dotato di regolare permesso di soggiorno. Ha sempre avutoun comportamento, come si suol dire, privo di censure sulterritorio nazionale. E’coniugato con sua concittadina in stato digravidanza e a rischio di aborto. A causa del ritardo nella richiestadi rinnovo del permesso di soggiorno, riceve un decreto diespulsione dal T.N..

L’esame di questa fattispecie induce la Corte a dichiararel’incostituzionalità dell’allora art. 17 L.I. (ora 19) in relazione agliartt. 3, 29 e 30 Cost. , in quanto non estende il divieto diespulsione, previsto per la donna in stato di gravidanza e neiprimi sei mesi dalla nascita del figlio, al marito convivente.

Ciò avviene con la sentenza n. 376 del 2000: essa appareessenziale per il riconoscimento della tutela alla famiglia nucleare,al di là di una tutela della diade madre-bambino. Alcune affer-mazioni di principio sono in particolare da ricordarsi: “emergeun principio, pienamente rinvenibile negli artt. 29 e 30 dellanostra Costituzione, in base al quale alla famiglia deve esserericonosciuta la più ampia protezione ed assistenza, in particolarenel momento della sua formazione ed in vista della responsabilitàche entrambi i genitori hanno per l’educazione e il mantenimento

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dei figli minori; tale assistenza e protezione non può non prescin-dere dalla condizione, di cittadini o di stranieri, dei genitori,trattandosi di diritti umani fondamentali, cui può derogarsi soloin presenza di specifiche e motivate esigenze volte alla tutela dellestesse regole di convivenza democratica”.

b. il “coniuge e genitore privo del permesso di soggiorno”di cittadini stranieri dotati di permesso di soggiorno: B. è coniu-gata a un cittadino straniero regolarmente soggiornante; hannoun figlio che frequenta la scuola elementare, e viene colpita da undecreto di espulsione. La questione, qui, verte ancora una voltasulla legittimità costituzionale dell’art. 19 T.U., concernente idivieti di espulsione, perché il Giudice remittente avrebbe indi-viduato una disparità di trattamento tra lo straniero coniugatocon cittadino italiano (che non può essere espulso) e cittadinostraniero coniugato con straniero regolarmente soggiornante (cheinvece non può essere espulso e non può regolarizzarsi ), inparticolare sotto il profilo della violazione degli artt. 2 e 29 Cost.

L’ordinanza n. 232 del 2001 rigetta la questione: i valoridell’unità familiare vanno contemperati con altri valori, anch’essicostituzionalmente garantiti, tra i quali l’ordine pubblico (qua-lunque cosa questo concetto possa significare). La Corte hacostantemente affermato che il legislatore può legittimamenteporre dei limiti all’accesso di stranieri sul territorio nazionale,effettuando un corretto bilanciamento dei valori in gioco, e che laquestione sollevata dal Giudice remittente, ove accolta, andrebbea vanificare i presupposti previsti per la legge sul ricongiungi-mento familiare, dal momento che sarebbe consentito allo stra-niero coniugato e convivente con altro straniero (regolare) diaggirare le norme in materia di ingresso e soggiorno (volte adassicurare nel ricongiungimento familiare condizioni libere edignitose).

Pure legittimo, inoltre, per la Corte, distinguere e dare di-verso trattamento al coniuge di cittadino italiano e al coniuge dicittadino straniero, pur regolare.

Una questione anch’essa vertente sulla posizione sul territorioitaliano del coniuge regolare di cittadino straniero regolarmentepresente è stata prospettata al Giudice delle Leggi dal Tribunale

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di Genova in composizione monocratica (Dott. Mazza Galanti)con ordinanza del 7.10.2004, che ha sollevato questione di legit-timità costituzionale degli art. 19 e 29 T.U. Immigrazione. Inquesto caso un cittadino straniero vive con moglie e figlia “rego-lari” in Italia, e il nucleo familiare ha tutti i requisiti per ilricongiungimento: ricorrono quindi quelle condizioni previstedalle norme sul ricongiungimento per garantire un’esistenza li-bera e dignitosa, Anche tale questione viene però dichiaratainammissibile dalla Corte Costituzionale con ordinanza n. 225 del18.6.2007. La motivazione è che il remittente avrebbe sollecitatouna pronuncia additiva, senza individuare con esattezza il conte-nuto. Ritengo la motivazione della Corte poco approfondita,soprattutto sulla base del fatto che non si pronuncia su unaquestione seria posta dal remittente: in questo caso ci sarebberole condizioni previste per il ricongiungimento, come riconosciutodal remittente. E’allora conforme alla Costituzione disporre laseparazione di un nucleo in tal caso?

c. il “figlio maggiorenne convivente con il nucleo familiaredi origine”: . C. è un cittadino ecuadoriano di 21 anni che vive inItalia con la famiglia, composta dalla sola madre (che ha sempreallevato i figli da sola) e due fratelli, uno appena maggiorenne einserito nel mondo del lavoro, l’altro ancora studente. Egli vienecolpito da decreto di espulsione, che di fatto gli imporrebbe dilasciare l’Italia e di non potere più convivere con il nucleofamiliare nel quale è nato e cresciuto.

La Corte dichiara inammissibile la questione di legittimitàcostituzionale dell’art. 19 T.U. in relazione agli artt. 2, 3, 30 Cost.sempre su questione sollevata dal Tribunale di Genova (Dott.Mazza Galanti), con ordinanza di rimessione del 15.5.2004.Anche in questo caso la declaratoria di inammissibilità riguardal’inesatta individuazione da parte del remittente del contenuto diuna pronuncia additiva.

d. la “cittadina straniera che vuole ricongiungere il geni-tore”: D. è una cittadina peruviana regolarmente residente inItalia. Con lei vivono la figlia e il nipote, tutti regolarmentesoggiornanti. Ella chiede il ricongiungimento del padre, 78ennecon problemi di salute, essendo dotata dei requisiti di reddito e

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di alloggio previsti dalla legge. Ma in patria risiedono due sorelledella ricorrente e la Questura di Genova ritiene di negare il nullaosta al ricongiungimento familiare, in base alla formulazione dellanorma, ora emendata, che prevede che il ricongiungimento deigenitori sia ammesso solo se ultrasessantacinquenni, qualora glialtri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per docu-mentati gravi motivi di salute. Nel caso di specie, vi sono duesorelle di D. residenti in Perù, peraltro l’una affetta da cardio-patia e bronchite asmatica, l’altra da depressione, e la Questuraritiene di negare il nulla osta al ricongiungimento. Il Giudicegenovese ritiene rilevante e non manifestamente infondata laquestione della legittimità costituzionale dell’art. 29 T.U. Immi-grazione nella parte in cui non consente il ricongiungimento alfiglio regolarmente presente in Italia del genitore ultrasessanta-cinquenne che all’estero abbia altri figli che non siano “impossi-bilitati per gravi motivi di salute” ma che tuttavia non possanoper gravi problemi essere di adeguato sostegno al genitore, inrelazione agli artt. 3 e 29 Cost, letti alla luce dell’art. 8 Conven-zione europea. La Corte ritiene di dichiarare la questione inam-missibile.

In questa questione, sollevata dal Tribunale di Genova incomposizione monocratica (Dott. Martinelli) ed introdotta conordinanza di rimessione del 7 marzo 2005, la Corte Costituzio-nale da risposta lapidaria e senza dubbio sconcertante: tra i dirittifondamentali ed inviolabili dell’uomo non sarebbe da ricompren-dersi il rapporto con i figli maggiorenni; l’art. 8 della Conven-zione europea per i diritti dell’uomo non assumerebbe il valore dinorma parametro (ordinanza n. 464 del 23.12.2005).

Tuttavia, e anche in questo caso si inizia a delineare unpercorso, la Corte Costituzionale, con le sentenze nn. 348 e 349del 2007 ha sostanzialmente svoltato, inquadrando la CEDUnella gerarchia delle fonti come norma interposta, alla quale lanorma italiana deve essere parametrata, anche se il vaglio nonspetta al Giudice ordinario ma al Giudice costituzionale, in virtùdell’art. 117 Cost. .

In buona sostanza, le questioni proposte dal Tribunale diGenova, diversamente riformulate, diventano sempre più attuali

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ed aderenti alla direzione che la Corte sta prendendo. Il percorsosi costruisce con fallimenti e distinguo, ma procede.

5. Per terminare: quali sono a mio parere gli aspetti chedelineano maggiormente l’esercizio del diritto all’unità familiare ene determinano un sostanziale scollamento tra norme di diritto erealtà applicativa, e che influenzano maggiormente l’attività el’esperienza dell’avvocato?

a. la complessità e sfaccettatura del sistema delle fonti,difficilmente “agibile” da una Pubblica Amministrazione, comeabbiamo già ricordato:

— normativa internazionale assai copiosa, di diversa valenzaed efficacia interna;

— normativa europea (si pensi in particolare alle direttive inmateria negli ultimi anni);

— normativa nazionale contraddistinta da emotività e va-lenza politica;

b. legislazione italiana caratterizzata da mancata conside-razione di norme internazionali sovraordinate e/o mancato coor-dinamento con le stesse, generando antinomie evidenti (pen-siamo, a mero titolo di esempio, all’art. 30 c. 1-bis T.U. cheimpone la revoca del permesso di soggiorno concesso per matri-monio con cittadino italiano, in difetto di convivenza, difficil-mente compatibile, oltre che con il diritto civile, con normativaeuropea che impone rilascio di carta di soggiorno al coniugestraniero sulla sola base di un documento di identità e della provadel matrimonio, ma anche al mancato adeguamento in termini adirettive europee);

c. legislazione italiana in materia di immigrazione che, incontrasto con art. 10 Cost. , la normazione italiana tende infattiad essere effettuata non con legge ma con fonti sottordinate (sipensi ai casi dei requisiti di alloggio o alle circolari su valida-zione), cagionando tra l’altro applicazione a macchia di leopardosul territorio nazionale;

d. sussistenza di un doppio o, in alcuni casi, triplo binario,ovvero sistemi normativi paralleli con riferimento a un dirittosoggettivo come quello all’unità familiare.

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Nel diritto italiano non si rinviene uno ed un solo concetto difamiglia: la nozione appare diversamente connotata a secondache parliamo di rapporti di filiazione, ovvero di successioni,ovvero di obbligazioni alimentari o quant’altro.

Corriamo però il rischio che in questi diversi ambiti si creinodistinti diritti a seconda della nazionalità delle persone, e ciò conriferimento ad un diritto soggettivo. Un solo esempio, tra i moltiche potrei fare, relativo ai figli:

— i figli della famiglia media italiana, come ben noto, ten-dono a permanere in casa e a carico del nucleo di origine semprepiù a lungo, tanto che lungamente si è discusso di una genera-zione che il ministro Padoa Schioppa ha definito di “bamboc-cioni”: rispetto ad essi permane il dovere dei genitori di acco-glienza e di mantenimento che, ad oggi, anche a causa di alcunesentenze in merito della Corte di Cassazione, pare essere privo dilimiti temporali;

— la famiglia del cittadino Ue, in virtù della direttiva 2004/38, ha diritto di ricongiungere il figlio anche maggiorenne, pur-ché a carico;

— la famiglia dell’immigrato, pur regolarmente presente daanni, non ha invece titolo per richiedere o mantenere l’unitàfamiliare con un giovane adulto. Poniamo il caso di un giovanestraniero pur da anni presente in Italia: egli allo scoccare dellamaggiore età deve procurarsi un titolo autonomo di soggiorno, apena allontanamento dal territorio dello Stato, anche se egli èperfettamente inserito nel nostro tessuto sociale, convivente conla famiglia, diplomato dalle nostre scuole, e, quindi, perfetta-mente assimilato e analogo ai nostri figli.

6. L’esperienza dell’avvocato, in un quadro così difficile ecomplesso si sostanzia in un percorso personale di studio eapprofondimento continuo di una normativa articolata e in con-tinua modificazione.

Uno Stato come l’Italia, sostanzialmente privo di immigra-zione fino alla metà degli anni ’80, sta faticosamente compiendoun percorso di evoluzione normativa.

La nostra Corte Costituzionale, altrettanto faticosamente, sta

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compiendo un percorso di affinamento ed effettivo riconosci-mento del diritto.

I nostri Giudici stanno seguendo anche loro un progressivoapprofondimento della materia.

Tutti sappiamo come il fenomeno migratorio spesso si leghial concetto di Gastarbeiter, i lavoratori ospiti tra cui tanti italianoche tra gli anni cinquanta e sessanta erano tollerati in Germaniain quanto prestatori di lavoro e non titolari di diritti.

Nell’ottica però di una società composta di soggetti effetti-vamente titolari di diritti, l’avvocato può essere un valido sup-porto in un percorso da Gastarbeiter a cittadini. Penso che possatrattarsi di un modo di tornare agli albori del diritto, alla neces-sità di studiare ed approfondire nozioni fondamentali e porle traloro in relazione, di affrontare la tematica dei civil rights e diquale società vogliamo creare per mezzo di uno strumento com-plesso ed affascinante, il diritto, che spesso invece viene percepitoda coloro che non sono “addetti ai lavori” come arido e terrenodi azzeccagarbugli.

Tanti anni fa ho sentito don Luigi Ciotti affermare che-bisogna essere strabici, avendo un occhio per l’ideale e uno per ilreale: ecco, in relazione al diritto all’unità familiare, penso che ilcompito di un avvocato stia nel raggiungere la profondità che unavisione binoculare, che abbracci congiuntamente piano norma-tivo e piano reale, supportando un processo evolutivo in corso.

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SILVANA MORDEGLIA

IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE.L’ESPERIENZA DELL’ASSISTENTE SOCIALE

SOMMARIO: Sommario: 1. Premessa. — 2. Le famiglie ricongiunte: alcune considera-zioni. — 3. Favorire il passaggio dall’accesso all’inclusione. Un possibile contri-buto del servizio sociale. — 4. Riflessioni conclusive.

1. PREMESSA.

L’obiettivo che mi prefiggo con questo breve contributo èquello di condividere alcuni spunti di riflessione con tutti voi che,con funzioni e approcci diversi, vi siete resi disponibili a rifletteresulle conseguenze del fenomeno migratorio.

Ho inteso affrontare l’argomento con un ‘taglio’ — che poi èquello caratteristico del servizio sociale — che connette edinterseca le riflessioni che si impongono a seguito dell’esercizioprofessionale con altre più generali che riguardano le politichesociali.

È noto che l’Italia si presenta oggi come uno dei paesi europeimaggiormente investiti dai flussi migratori e i dati statistici ciconfermano il significativo contributo del lavoro immigrato allaproduzione di beni e servizi e la tendenza al radicamento di unaparte consistente degli immigrati.

Parlare di immigration policies e di immigrant policie significafare riferimento ad una realtà sempre più articolata e complessae per affrontare il fenomeno si sta gradualmente affermando ilcosiddetto ‘comprensive approach’ che consiste essenzialmentenella gestione integrata delle conseguenze delle migrazioni, attra-verso un’attenzione particolare alla ‘questione’ integrazione, chesempre meno dovrebbe essere vista come problematica ma piut-

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tosto come una possibilità di arricchimento della società nel suocomplesso.

Il concetto di integrazione si dipana su diversi ambiti, tra iprincipali quelli giuridico, economico, sociale e culturale; lediscriminazioni, costruite nel tempo più o meno deliberatamente,infatti, non possono essere superate esclusivamente con garanzieformali di diritti di uguaglianza per vie normative ma richiedonoanche azioni positive, strategie volte al superamento di situazionidi svantaggio.

Lo sviluppo delle politiche dei diritti dei migranti ha quindicome obiettivo interventi tesi a garantire pari opportunità insettori quali la cittadinanza, il lavoro, l’istruzione, la salute.

Solo assegnando il giusto peso alla dimensione positiva dellamigrazione possiamo interrogarci su quali regole sono necessariein una società multietnica e multiculturale e sottolineare che lapresenza dei migranti costituisce un’occasione per ripensare erivedere i limiti persistenti del welfare italiano, delle politichesociali, in particolare di quelle socio-assistenziali.

L’incontro tra culture non è sempre facile, tuttavia il feno-meno non si può né negare né bloccare e i cittadini e le istituzionidevono sperimentare nuove forme di coinvolgimento e parteci-pazione dei cittadini stranieri che diventano residenti stabili sulterritorio italiano.

Migrare non è una scelta facile, il migrante parte con unenorme bagaglio: i suoi sogni, la sua cultura, le aspettativepersonali e quelle di coloro che rimangono, e l’attuale immigra-zione verso l’Italia non si discosta da altre tipologie di immigra-zione storiche per quanto riguarda le motivazioni: il desiderio dimiglioramento economico e di una diversa qualità di vita.

I percorsi migratori presentano traiettorie diverse a secondadella distanza geografica dei paesi di provenienza (l’immigrazionerisulta proporzionalmente più stabile in relazione alla distanzadal paese d’origine), a seconda delle caratteristiche dei nucleiprimari di aggregazione e della loro influenza sui soggetti cheemigrano, a seconda, ancora, del genere e delle motivazioni chel’hanno determinata.

E come vi sono molte tipologie di migrazione, esistono tante

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tipologie di ricongiungimenti. Spesso gli immigrati arrivano in uncontesto completamente ‘altro’ a volte non per propria scelta, e laricerca di una nuova vita non sempre è accompagnata dallavolontà di condividere tutti gli aspetti della realtà in cui siinseriscono. In molti c’è la volontà di salvaguardare il propriopassato, le proprie tradizioni e la propria cultura (1). L’‘immagi-nario’ è parte integrante del progetto migratorio e pesa sul vissutodegli immigrati.

Nel suo breve excursus sullo straniero, Simmel ha colto perprimo con grande lucidità le caratteristiche del c.d. ‘Altro in-terno’. Lo straniero, afferma lo studioso, « non è semplicementeun viandante che arriva in un luogo e successivamente riparte,bensì è colui che si ferma e risiede nella società, rimanendo peròal contempo per molti versi estraneo ad essa » (2).

La situazione dello straniero descritto da Simmel, è quelladell’Altro interno,

« di un soggetto che permane culturalmente lontano dallasocietà (e in particolare dalla comunità maggioritaria) anche eproprio mentre si trova ad essere fisicamente vicino (interno aiprocessi socio economici della società). L’‘estraneo perma-nente’ cui ci riferiamo oggi non è tuttavia un outsider solitario,bensì un Altro affiliato a forme identitarie comunitarie osotto-culturali, cioè appartenente a un gruppo » (3).

Nel riflettere sui percorsi di integrazione occorre soffermarsianche su questi aspetti che forse appaiono secondari rispetto alleemergenze lavoro-abitazione, ma che invece divengono premi-nenti se da una situazione di immigrazione si vuole passare aduna situazione di convivenza interculturale, per comprendere

(1) M. CHESSA, Percorsi di integrazione dei senegalesi a Sassari, in C. LANDUZZI., A.TAROZZI, A. TREOSSI, Tra luoghi e generazioni. Migrazioni africane in Italia e in Francia,L’Harmattan, Torino, 1995.

(2) G. SIMMEL, Excursus sullo straniero, in Sociologia, Edizioni Comunità, Mi-lano, 1998, p. 580.

(3) A. BRIGHENTI, Realmente distinti, ma inseparabili: il diritto e l’Altro, inSociologia del diritto, 2003, v. XXX, n. 2, p. 37-60.

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come le culture si collocano nell’incontro, tutte le culture e nonsolo quella di accoglienza.

2. LE FAMIGLIE RICONGIUNTE: ALCUNE CONSIDERAZIONI.

Noi italiani apparteniamo ad una popolazione che è statamigrante. I fenomeni migratori rappresentano anche per la po-polazione della mia regione, la Liguria, come di tante regioni delnostro Paese, una realtà esperienziale vicina e concreta. Realtàlegata al vissuto del dover lasciare la propria terra e vestire i pannidello straniero emigrante, realtà che ora si è modificata dive-nendo legata all’accogliere e saper integrare le molte persone chesono qui richiamate dalla prospettiva di un’occupazione.

I migranti sono persone con una loro storia, che provengonoe sono caricati da esperienze e significati ‘altri’ rispetto a quelliche caratterizzano i luoghi dove essi approdano.

Davanti a un migrante dobbiamo sempre chiederci: perchéproprio lui si è inoltrato? Chi ha lasciato? Qual è il progetto divita di chi si inoltra e di chi rimane in attesa di ricongiungersi? Ilricongiungimento implica infatti un precedente distacco, un la-sciarsi avvenuto, un prima. E quali sono le caratteristiche dellefamiglie ricongiunte?

L’istituto del ricongiungimento, pur avendo copertura costi-tuzionale e legislativa, cosa che peraltro non è mio compitoapprofondire, incontra tuttavia limitazioni sul terreno delle prassiburocratiche. Si pensi, ad esempio, al c.d. business dei visticausato dai tempi tecnici di ottenimento delle certificazioni al-l’estero, che risultano particolarmente lunghi e onerosi, tanto che,sempre più spesso, sono alla base di ricongiungimenti parziali(con la conseguente separazione del nucleo familiare), se non diricongiungimenti illegali o ‘di fatto’. Un’altra esemplificazione èrappresentata dall’approccio differenziato fra italiani e immigratinelle politiche del lavoro ( si chiede ai lavoratori italiani flessibi-lità e agli immigrati un lavoro stabile, ad esempio) e abitative (nonci si cura della cubatura degli alloggi in rapporto al numero diabitanti nei confronti degli italiani ma si pretendono precisistandard per gli immigrati).

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Sotto il profilo strutturale, nel mondo dell’immigrazioneitaliana, le famiglie straniere sono rappresentate da nuclei com-posti in diverse tipologie — madre sola o padre solo con i figli,nucleari, famiglie multiple o allargate — e non assimilabili.

In alcune comunità, come quelle filippina e latino-americana,la famiglia monoparentale crea, di norma, intorno a se un clan, ungruppo sociale di parentela composto da una rete, sovente ami-cale, che rappresenta una rete di solidarietà.

Una volta ottenuto, spesso con difficoltà, il ricongiungi-mento, per la famiglia possono svilupparsi problematicità legateal ripristino del legame familiare in un contesto diverso, allacostruzione di nuovi rapporti sociali, all’educazione di figli cheavevano già maturato all’estero una parte del percorso di socia-lizzazione.

Le famiglie ricomposte si trovano a confrontarsi con altrivalori, un modo di vivere e di pensare diverso, che produceun’esperienza paragonabile al lutto; devono affrontare le in-fluenze del nuovo ambiente culturale, che modificano gli equilibripreesistenti nella famiglia. È evidente che i più colpiti da questesituazioni sono i bambini, che i genitori faticano a seguire nelpercorso d’integrazione.

Dal punto di vista, per così dire, ‘operativo’, possiamo fissaredue ambiti principali d’intervento del servizio sociale, un ante eun post; il primo è caratterizzato da attività di orientamento e diaccompagnamento nel percorso di adempimenti collegati allerichieste di ricongiungimento (pratiche burocratiche, iscrizione ascuola dei figli, etc.), spesso effettuato in collaborazione con ilprivato sociale e il volontariato, nel secondo si presentano iproblemi maggiori, ancorché inaspettati, per i ricongiunti: adat-tamento alla nuova realtà, ai familiari già presenti, perché sicu-ramente cambiati, che vanno supportati in modo attento edadeguato per evitare un’amplificazione dolorosa dei problemi.

Sappiamo che buona parte dei-bisogni delle famiglie stranierenon sono diversi da quelli delle famiglie autoctone, il problemasta nella diversità della cultura che portano con sé, spesso nellaloro condizione di precarietà economica, nella debolezza giuri-dica, e l’incomunicabilità dovuta alla poca, o nulla per chi arriva

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dopo, conoscenza della nuova lingua che vanno affrontati espan-dendo i luoghi di riconoscimento sociale per i membri dellafamiglia.

La famiglia che prende forma dal ricongiungimento familiareè diversa da quella del paese d’origine e potrebbe essere definitauna sorta di laboratorio sociale:

« la famiglia appare come il crocevia da cui si sviluppano,attraverso molteplici contraddizioni, i conflitti costanti, i nuovirapporti con le società d’origine e con la società d’immigra-zione, così come nuovi modi di vita che si caratterizzano per lamescolanza culturale a livello di scambio e consumo » (4).

L’evento migratorio rimette dunque in gioco le identità e lerelazioni familiari del migrante. Con riferimento al tentativo dimantenere la coesione interna del nucleo, si pensi, ad esempio,alla inevitabile rimodulazione dei ruoli di genere e, come detto,dei rapporti tra genitori e figli.

Per poter riuscire a supportare qualsiasi progetto di inseri-mento della famiglia immigrata occorre assumere strumenti spe-cifici per capire le reali problematiche di questi nuclei, conside-rando che molte le famiglie immigrate non conoscono i diversiservizi offerti dalle istituzioni, non sono informate, non riesconoa rapportarsi, ad esempio, con le forze dell’ordine o con il sistemasanitario; l’unico rapporto che hanno è a volte quello con ildatore di lavoro, il proprietario della casa o stanza dove abitanoe la scuola che frequentano i figli.

In questo processo, un ruolo fondamentale è giocato dallascuola; i minori stranieri che studiano sono coinvolti principal-mente in due problematiche, la prima risalente al fatto che ilsistema educativo italiano è etnocentrico e fatica ad orientarsiverso una educazione interculturale; la seconda è a livello perso-nale, in quanto i ragazzi presentano spesso un problema lingui-stico e problemi di inserimento. Perciò occorre che sia postaun’attenzione particolare riguardo all’organizzazione del sistema

(4) A. ZEHRAOUI, La migrazione di popolamento, in Tra luoghi e generazioni.Migrazioni africane in Italia e in Francia, cit.

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scolastico, non pensando che possa essere sufficiente la buonavolontà e la disponibilità di insegnanti e dirigenti, ma prevedendofinanziamenti e supporti.

A fronte di tutto questo, spesso l’attivazione di servizi dedi-cati per gli immigrati e soprattutto per i nuclei familiari non hadato sempre i risultati sperati; alcuni esperimenti non sono statiefficaci, forse perché si è trattato di programmi mirati privi di unacontestuale implementazione delle occasioni di incontro e discambio insieme ad un utilizzo più diffuso della mediazioneculturale.

Molto più che in passato e molto più per le giovani genera-zioni di immigrati che per quelle che le hanno precedute, l’espe-rienza migratoria ai tempi della globalizzazione richiede infatti lacapacità di presiedere a livello individuale a un incessante lavorodi mediazione. Mediazione soprattutto fra affiliazioni complessee appartenenze multiple in un’ottica transnazionale, che puòportare a ridefinire la tradizionale nozione di cittadinanza e cheprobabilmente sta facendo emergere inedite concezioni di uni-versalismo e di pluralismo accanto a inedite forme di soggettività.

Soprattutto i ragazzi non sono preparati per vivere fra dueculture, spesso rifiutano la cultura di origine e cercano ad ognicosto di annullare la propria differenza rispetto a coloro chestanno loro accanto e nei quali vogliono trovare una identifica-zione che crei consenso e sicurezza.

Mi sarebbe piaciuto soffermarmi sulla questione del genereperché emblematica rispetto alla riflessione su ricongiungimenti el’immigrazione in generale.

Solo un’annotazione esperienziale: in tante donne che rag-giungono nel nostro paese i loro compagni o che consentono conil loro lavoro il ricongiungimento dei propri familiari, si ritrovaun progetto migratorio forte e nel contempo spesso duro edoloroso ma anche carico di speranze. Si tratta di donne soventedisorientate dalle trasformazioni in atto, alla ricerca di un difficileequilibrio tra desideri di libertà assaporate per se stesse e i legamiaffettivi e familiari. Alcune — è il caso di Hina Saleem — paganocon la vita il loro cambiamento.

Le dinamiche favorite nei gruppi guidati o di autoaiuto tra

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autoctone e immigrate che insieme affrontano questi problemi —che non caratterizzano certo solo i rapporti di coppia tra stra-nieri, anzi… —, evidenziano la significatività dell’incontro tradonne non sempre libere ma in cui si riconosce, nell’aperturaall’umanità differente e insieme simile di ciascuna, un amore forteper la libertà.

Un accenno soltanto anche alla situazione delle c.d. ‘badanti’.Si tratta di un fenomeno che si regge su un sistema di domanda/offerta con caratteristiche specifiche. Tralasciando altre osserva-zioni — ad esempio sul grosso business illecito che importa ecolloca donne provenienti soprattutto dal Sud America e daipaesi dell’Est Europa — una riflessione meritano, a mio parere,gli sforzi perpetrati in relazione alla qualificazione del lavoroprivato di cura con il rischio, da un lato, di alimentare aspettativedi miglioramento professionale che non possono essere realisti-camente soddisfatte alla luce delle caratteristiche del mercato dellavoro e, al polo opposto, di obbligare queste donne a pensare ase stesse come ‘badanti a vita’, prospettiva non certo allettante. Einfatti, da un’indagine emerge che le donne dell’Est, che hannoun progetto migratorio breve, sono assai poco interessate allaqualificazione mentre le donne provenienti dal Sud America, chemirano al ricongiungimento familiare, guardano alla formazionecome trampolino per emanciparsi da un lavoro segregato esegregante (5).

3. FAVORIRE IL PASSAGGIO DALL’ACCESSO ALL’INCLUSIONE. UN POSSI-BILE CONTRIBUTO DEL SERVIZIO SOCIALE.

Il servizio sociale, inteso nella duplice accezione di disciplinaed esercizio professionale — occupandosi statutariamente difavorire i processi d’inclusione sociale e, di converso, di contra-stare i processi d’esclusione al fine di implementare i diritti civilie di cittadinanza delle persone —, è profondamente coinvolto e

(5) Ricerca “Qualificare il lavoro privato di cura”, curata dall’Istituto per laRicerca Sociale (IRS) di Milano, in collaborazione con Caritas Ambrosiana e Associa-zione Centro Migranti di Brescia.

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impegnato nei processi che, ai diversi livelli, riguardano i ricon-giungimenti.

Per un approccio complessivo al fenomeno, occorre un im-pegno a ‘tutto tondo’ della professione che vada oltre all’opera-tività all’interno dei servizi sociali e delle altre agenzie coinvolte.Occorre infatti intervenire per ridefinire gli approcci delle policiesche riguardano gli ambiti interessati, in primis le politiche dellavoro, della scuola, abitative, della sicurezza.

Il venire a contatto con le esperienze personali e familiari deimigranti mette in gioco competenze, articolate su più livelli, cheriguardano il ‘bagaglio’ professionale nella sua interezza e com-plessità.

Tutto quanto sopra brevemente delineato, richiede che ilprofilo dei professionisti sia sottoposto ad un aggiornamentocostante. La formazione, infatti, ha lo scopo di aumentare glistrumenti cognitivi, interpretativi e operativi in grado di permet-tere la gestione della realtà dell’immigrazione, ormai non episo-dica ed occasionale, ma componente stabile e non transitoriadella nostra società.

La capacità comunicativa, ad esempio, è una caratteristicafondamentale delle professioni d’aiuto e non deve essere soloun’opzione etica.

In una società multietnica e multiculturale, la comunicazioneverbale e non verbale può determinare incomprensioni e frain-tendimenti e, soprattutto, può generare distorsioni nell’interpre-tazione dei messaggi inviati dai differenti interlocutori. È infattipossibile che la comunicazione tra soggetti di dissimile culturapossa fallire a causa del diverso significato che ciascun individuoassegna a parole, gesti, domande. Tutto ciò ha una inevitabilericaduta sul piano emotivo del soggetto, in particolar modostraniero, che si ritrova confuso e disorientato nell’interagiresociale.

Nel momento dell’incontro tra operatori e clienti apparte-nenti a due diversi universi culturali, emergono anche delledifferenze sul piano cognitivo e valutativo; gli usi, i costumi, letradizioni comportamentali e gestuali, infatti, influiscono in ma-niera determinante sui rapporti relazionali e sull’immagine che

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l’immigrato — come qualsiasi cittadino che accede ad un servi-zio, ad una prestazione professionale (non solo sociale) — sicostituisce dell’interlocutore, sul livello di fiducia, sulla disponi-bilità ad una positiva relazione.

La premessa per strutturare una comunicazione autentica,realistica, finalizzata a progettare un eventuale cambiamento, èrappresentata dalla competenza culturale che si concretizza in unatteggiamento di tipo antropologico nei confronti delle espe-rienze di migrazione, che si declina in curiosità e rispetto per ognitipo di soluzione culturale che la persona proponga, con orien-tamento ad analizzarla non solo e non tanto ‘dal nostro punto divista’, ma soprattutto dal punto di vista interno a quelle espe-rienze.

Acquisire questo tipo di approccio non è per nulla facile,poiché implica una concezione culturale complessa e flessibile, esoprattutto una grande capacità di decentramento emotivo, dielaborazione delle sfide cognitive ed emotive che provengonodalla diversità delle scelte di vita. Senza questo, il rischio èprodurre delle false alleanze e collusioni con le culture degliimmigrati senza venirne fuori in maniera operativa; oppure in-correre in nuove forme di stigmatizzazione. Gli assistenti sociali,come tutti i professionisti dell’aiuto, devono guardarsi dal rischiodi sovrapporre le motivazioni e l’intento dell’operatore al pro-blema della libertà e autonomia del soggetto.

Un ulteriore fuoco d’attenzione si sostanzia nello sviluppo diattività di mediazione; questo strumento si configura quale vici-nanza all’immigrato, garanzia di rispetto e traduzione di codiciculturali oltre che linguistici. Ma nel contempo, la mediazione èanche una possibilità per gli operatori di capirsi e di capire l’altro,di ripercorrere quel viaggio che nei decenni scorsi ci ha traghet-tato dal mondo tradizionale del nostro passato all’oggi.

La mediazione culturale rappresenta uno strumento per fa-vorire la conoscenza e la comprensione fra soggetti di culturediverse, concorrendo così a modificare il sistema di regolazionesociale tramite la prevenzione e la risoluzione dei conflitti nonchéla rimozione delle cause che sono alla base dell’intolleranza edell’esclusione sociale e diventa uno strumento concreto, spesso

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invocato dagli operatori in difficoltà, una presenza che accompa-gna, sostiene, interroga l’operatore nel proprio lavoro con gliutenti stranieri, uno specchio che aiuta a cogliere la cultura nelsuo divenire, nel suo manifestarsi nel lavoro, nelle relazioni.

4. RIFLESSIONI CONCLUSIVE.

La ricomposizione delle famiglie è, innanzi tutto, una que-stione di giustizia ed una proposizione etica, così come l’integra-zione sociale è nell’interesse di tutti e va costruita secondomodalità legate al qui ed ora, alla provvisorietà, all’attualità,attraverso la mediazione personale di donne e uomini, di profes-sionisti nei diversi campi, che credono che il rispetto e la valo-rizzazione delle differenze siano obiettivi possibili.

Il passaggio dall’accesso all’inclusione non è un operazioneformale (specialmente in presenza di servizi uguali per personeche, pur presentando gli stessi problemi di altri, uguali non sono),ma sostanziale e strutturale, in quanto si richiede una rispostaefficace ad una domanda complessa.

A una interessante obiezione sollevata, che la politica deidiritti dei migranti non sia davvero universale e convincente allaluce di premesse culturali diverse ma sia una sorta di occidenta-lizzazione, Habermas risponde che

« anche il discorso dei diritti umani vuole che si dia ascoltoa tutte le voci. Perciò esso stesso esibisce in anticipo i criterialla cui luce si possono scoprire e correggere le offese, anchelatenti, alla propria pretesa […]. Chiedendo l’inclusione del-l’altro, i diritti umani funzionano nello stesso tempo da sensoriper le emarginazioni che vengono praticate nel nome lo-ro » (6).

La prospettiva procedurale della riflessione filosofica dellostudioso evidenzia come il compito primario non è definire icontenuti della ‘vita buona’, ma cercare di porre quelle condi-zioni procedurali – quel ‘metodo’, potremmo dire, cui attenersi

(6) J. HABERMAS, L’inclusione dell’altro, Feltrinelli, Milano, 1998.

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nella ricerca di condizioni giuridiche e politiche accettabili datutti sul piano internazionale.

Ritengo, e non potrebbe essere diversamente avendo decisodi studiare e di occuparmi di processi sociali, che nessun uomopossa essere totalmente altro in rapporto ad un altro uomo e chei diaframmi di separazione possono essere aperti, che sia possibilestabilire un rapporto di comunicazione che ha la meglio sullediversità e per questo non sono pessimista rispetto allo sviluppodei processi d’inclusione.

Per raccogliere questa sfida occorre far leva sul senso dellaresponsabilità professionale, che deve contraddistinguere chiopera a servizio dei cittadini con diverse funzioni e a diversilivelli, e far riferimento alla dimensione etica del nostro lavoro,un’etica in cui sia inserita la dimensione temporale, un’etica cheguardi al futuro, già evidenziata da Jonas:

« la responsabilità […] non può tanto avere la funzione dideterminare quanto quella di rendere possibile (ossia di ren-dere disponibile e tenere aperto). Proprio l’avvenire di ciò dicui si ha la responsabilità costituisce la dimensione futura piùautentica della responsabilità » (7).

E nell’incontro-scontro tra questi due mondi nasce la faticaper gli operatori che si occupano di migrazioni, intrisi di moder-nità, a entrare in relazione con persone che ripropongono unmondo che ci siamo lasciati alle spalle e verso il quale temiamo diregredire.

In primo luogo viene il “dover essere” (Seinsollen) dell’og-getto, in secondo luogo, il “dover fare” (Tunsollen) del soggettochiamato ad averne cura. L’esigenza dell’oggetto da un lato,nell’assenza di garanzie della sua esistenza, e la coscienza moraledel potere dall’altro, nella colpevolezza della sua causalità, sifondono nel senso affermativo di responsabilità del soggettoattivo, che già da sempre interferisce nell’essere delle cose.Quando oggi parliamo della necessità di un’etica della responsa-

(7) H. JONAS, Il principio responsabilità, Einaudi, Torino, 1990, pgg. 117-118.

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bilità futura intendiamo proprio questo tipo di responsabilità e disenso della responsabilità rispetto all’attuazione dei diritti sociali,non la vuota ‘responsabilità’ formale di ogni agente per la suaazione.

Norberto Bobbio con riferimento ai diritti dell’uomo affer-mava che essi costituiscono al giorno d’oggi un nuovo ethosmondiale, con prevedibili lunghi tempi di realizzazione. Tempilunghi il cui avvento:

« non può essere oggetto di alcuna previsione, ma soltanto diun presagio[…]. Certo, non basta la fiducia per vincere. Ma senon si ha la minima fiducia, la partita è già persa sin dall’inizio,prima di cominciare. Se poi mi si chiede che cosa occorre peraver fiducia, riprenderei le parole di Kant […] che mi sem-brano molto sagge: “giusti concetti”, “una grande esperienza”,e soprattutto “buona volontà” » (8).

(8) N. BOBBIO, I diritti dell’uomo oggi, Enciclopedia Multimediale delle ScienzeFilosofiche, Rai Educational, 1991.

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ANTONIO PAPPALARDO

FLUSSI MIGRATORI E DEVIANZA MINORILE

SOMMARIO: 1. Premessa. — 2. Elementi di criticità e risposta ai bisogni dei minori.Prassi e orientamenti attuali dell’Autorità giudiziaria. — 3. Progettualità. — 4.Riflessioni sulle possibili evoluzioni del fenomeno e indicazioni sugli obiettivi daperseguire.

1. PREMESSA.

(La premessa è tratta da “Verità e menzogne sugli straniericriminali” di Paolo Morozzo della Rocca, pubblicata sulla rivistaLimes n. 4/2007).

È consueta l’affermazione di una maggiore propensione alladevianza e alla criminalità degli stranieri presenti in Italia rispettoai cittadini italiani. L’assunto si basa spesso sulla lettura dei datirelativi alle denunce che non su quelli relativi alle condanne.Molto utilizzato è l’uso di statistiche sulla popolazione carcerariaper dimostrare l’assunto immigrazione=criminalità.

Questi dati vengono letti senza tenere conto di fattori che nelimitano l’attendibilità. Ad esempio: la maggior propensione deidenuncianti a sospettare di stranieri; la maggior percentuale delledifese d’ufficio; il maggior ricorso alla custodia cautelare incarcere; l’incidenza dei delitti compiuti contro stranieri che, però,non possono denunciare l’aggressore italiano perché temonoconseguenza negative sul soggiorno o sulla semplice presenza inItalia.

Tuttavia esiste una più elevata percentuale di devianza con-statata all’interno della popolazione straniera rispetto alle per-centuali riscontrate sulla sola popolazione italiana. però certo chela “forbice” riguardante la tendenza criminogena è da ridimen-

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sionare e collocare a una soglia assai più bassa di quella normal-mente presentata all’opinione pubblica dai mass-media e daesponenti politici di entrambi gli schieramenti.

Partiamo da alcuni dati grezzi relativi alla generalità dellapopolazione immigrata. Nel biennio 2005-2006 il Ministero del-l’Interno segnala: 644.533 denunciati, di cui 210.213 extracomu-nitari (pari al 32,62%); 145.231 arrestati, di cui 23.630 (pari al16,27%) immigrati.

Considerando il maggior rischio di volatilità sul territorio el’assenza di favori nei loro confronti da parte delle autoritàprocedenti, il fatto che la percentuali di stranieri arrestati sia cosìsproporzionata, per difetto, rispetto alla percentuale dei denun-ciati indica, per lo meno, un atteggiamento di complessivo epregiudiziale sfavore verso gli immigrati da parte dei denunciantiche trasmettono la notizia di reato agli organismi competenti(cittadini e forze dell’ordine).

Guardando poi alle condanne, sono certamente gli stranieri a“rischiare” più il carcere rispetto agli italiani: già nel 2000 idetenuti stranieri ammontavano al 28,8% del totale, ma costitui-vano solo il 19,1% dei condannati.

Confrontando i dati del Ministero degli Interni e dell’ISTATdegli ultimi anni si riscontra un indubbio aumento della perce-zione della criminalità straniera e una maggiore facilità alladenuncia.

Nelle carceri per adulti (dati DAP), la presenza di stranieri incarcere per tipologie di reato a dicembre 2006 era la seguente:26,5% reati contro il patrimonio; 24% reati connessi al traffico distupefacenti; 20,9% reati contro la persona. La quarta voceriguarda la violazione delle attuali norme sull’immigrazione(Legge Bossi-Fini): incide per il 5,5% delle detenzioni a dicembre2006.

Si tratta, com’è noto, di un reato costruito ad hoc e di recentedal legislatore italiano (per limitare o meglio scoraggiare l’immi-grazione) che non corrisponde al sentimento di giustizia di chigiunge in Italia perseguendo un progetto migratorio per motivieconomici o politici.

Come sostiene la Comunità di S. Egidio e decine di altre

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soggetti del volontariato organizzato che svolgono attività incarcere, oggi gli immigrati, in Italia, costituiscono i “nuovi po-veri”. indubbio, infatti, che oggi gli immigrati costituiscono lafascia più bassa dei ceti popolari residenti in Italia. Le tipologiedi reato più diffuse tra gli stranieri extracomunitari indicano chela loro posizione come “classe deviante” è analoga alla loroposizione più complessiva come “classe sociale”: infatti com-piono soprattutto reati di sostituzione nei ruoli di basso profiloriguardo agli italiani (traffico di stupefacenti, prostituzione), op-pure reati di sostentamento (contro il patrimonio).

Insomma: la criminalità straniera è tale non perché stranierama perché espressiva di collocazioni marginali che, in mancanzadi immigrati, sarebbero occupate da altri.

Va infine aggiunto, dato non secondario, che le statistichegiudiziarie e quelle riguardanti denunce e detenzioni non distin-guono tra stranieri regolarmente presenti sul territorio italiano equelli privi di permesso di soggiorno. Rileva in proposito Barba-gli (Immigrazione e reati in Italia, Bologna, 2002) che l’85% deifurti e il 70% delle lesioni volontarie, nonché il 75% degliomicidi commessi da stranieri, sono commessi da clandestini oirregolari privi del permesso di soggiorno. E se si considera che,in Italia, due terzi degli immigrati regolari sono ex irregolari,possiamo desumere che non è la condizione di “straniero” adeterminare da sola la maggiore propensione alla devianza, masono le concrete condizioni di inserimento dell’immigrato.

2. ELEMENTI DI CRITICITÀ E RISPOSTA AI BISOGNI DEI MINORI. PRASSI E

ORIENTAMENTI ATTUALI DELL’AUTORITÀ GIUDIZIARIA.

Quanto visto in premessa con riferimento alla popolazione im-migrata in generale, emerge anche dall’analisi dei dati relativi aiminorenni: verso i ragazzi stranieri c’è una maggiore propensionealla denuncia, una maggiore propensione all’arresto e quindi al-l’accompagnamento nei Centri di Prima Accoglienza (C.P.A.), unamaggiore propensione alla richiesta (da parte del PM) e alla di-sposizione (da parte del GIP) della custodia cautelare in carcere.

Va concretamente preso atto che il Codice di Procedura

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Penale per i minorenni è stato pensato per i ragazzi italiani e che,pertanto, mal si attaglia ai coetanei stranieri che presentanoalcune problematiche peculiari (l’assenza di figure genitoriali o laparticolare fragilità dei nuclei d’origine, la mancanza di unastabile e idonea sistemazione abitativa, la bassissima scolarizza-zione). La giustizia si muove quindi su una sorta di “doppiobinario” che esclude, per molti ragazzi stranieri, la possibilità diaccedere ad alcune delle opportunità previste dall’ordinamento(si pensi soprattutto alle misure cautelari meno restrittive dellalibertà personale quali le prescrizioni o la permanenza in casa).

Per quanto riguarda la realtà piemontese e ligure, si ritieneche i Servizi minorili abbiano posto in atto un notevole sforzo peroffrire ai ragazzi stranieri le stesse opportunità offerte agli italianie per equiparare gli interventi pur salvaguardandone la persona-lizzazione.

La presenza di “codici” diversi, sia sotto il profilo linguisticoche culturale, rende comunque difficile fornire risposte efficaci aquelle che sembrano essere le richieste dei ragazzi stranieri.

A tale proposito, la mediazione interculturale rappresenta uninsostituibile strumento operativo di facilitazione nella comuni-cazione ma, purtroppo, le risorse finanziarie disponibili sonoinsufficienti ad assicurare interventi adeguati alle reali esigenzedei Servizi. D’altronde, a livello locale, i bisogni sono molteplicie l’attenzione è per lo più centrata su fasce d’età più basse per cuirisulta difficile richiedere agli Enti Locali finanziamenti specificidiretti ad implementare le attività di mediazione culturale rivolteai giovani in area penale.

Inoltre, a fronte di un disagio psicologico in aumento anchetra la popolazione giovanile immigrata, va seriamente consideratala necessità di prevedere tra il personale dei Servizi Minorili dellaGiustizia, oltre ai mediatori culturali, anche operatori di areasocio-educativa originari dei paesi di provenienza dei ragazzi edesperti in etnopsichiatria.

Un elemento di forte criticità è rappresentato dai limiti chel’attuale legislazione pone alla possibilità di regolarizzazione dellostraniero al compimento della maggiore età.

A questo proposito andrebbero individuate e concertate dai

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soggetti istituzionali competenti le strategie utili per sostenereadeguatamente il minore che arriva da un altro paese nell’otticadi favorirne effettivamente l’integrazione. Per alcuni, anche ilcosiddetto circuito del penale può rappresentare una porta apertasul percorso di integrazione. Quello che va assolutamente evitatoè il mancato riconoscimento, al compimento del 18° anno di età,dei risultati fino ad allora raggiunti. Un giovane, che ha dimo-strato di accettare le regole di convivenza e di cittadinanza delpaese ospitante, che ha saldato il suo debito con la giustizia, cheha beneficiato di interventi professionalmente ed economica-mente onerosi (collocamenti in comunità, sostegni educativi,tirocini formativi) non può essere rimesso, al termine di unpositivo percorso, nelle condizioni di tornare alla clandestinità equindi - quasi automaticamente - alla criminalità.

Non va sottovalutato il fatto che la prospettiva del permessodi soggiorno al compimento del 18° anno di età può stare allabase del processo motivazionale di adesione ai programmi ed aiprogetti di ‘integrazione’.

Altra questione di fondamentale importanza per la giustiziaminorile è rappresentata dal problema dell’identificazione, deglialias, dell’accertamento dell’età con parametri diversi da quelliattuali che non sono tarati sulle nuove tipologie di stranieri (giàcon i nomadi vi era una differenza in più od in meno di oltre 1anno e mezzo). Non va dimenticato che risulta estremamentenegativa la compresenza all’interno degli Istituti Penali per iMinorenni (IPM) di soggetti adulti, spesso anche molto compro-messi nella criminalità, e di ragazzi effettivamente minorenni.

Non minore importanza riveste la riflessione sulla necessità distipulare accordi bilaterali tra Paesi e protocolli operativi che, par-tendo dall’analisi della realtà e dei bisogni, consentano una rispostaefficace in grado di incidere positivamente sui problemi che questiragazzi portano con sé venendo nel nostro paese. La realizzazionedi quanto sopra è, ovviamente, subordinata allo studio e all’ela-borazione concordata con i paesi di origine dei minori, di pro-grammi di intervento volti a limitare le partenze, a rendere signi-ficativo ed efficace un eventuale rientro nella loro famiglia,coinvolgendo in maniera reale le comunità di origine, a fornire ai

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ragazzi emigrati un bagaglio di competenze spendibili nel loroPaese.

Occorre inserire all’interno nel dibattito e nel confronto aivari livelli sui minori stranieri non accompagnati, la dimensionedella condizione e del ruolo delle comunità e delle famiglie diorigine.

Appare non più rinviabile — di concerto con gli Enti Locali— impostare un efficace intervento congiunto di governance delfenomeno e dei problemi che lo stesso comporta sul territorio, inparticolare per quei gruppi vulnerabili, di cui fanno parte iminori dell’area penale, individuando le risorse umane e finan-ziarie per rispondere adeguatamente ai bisogni.

Sarebbe opportuno, inoltre, prevedere norme precise perl’individuazione del tutore (utile un’indicazione politica verso lascelta di una persona fisica piuttosto che dell’Ente locale, entitàastratta che finisce con il non consentire al minore di far sentirela propria opinione sulle questioni che direttamente lo riguar-dano) mettendogli poi a disposizione i mezzi necessari per svol-gere in maniera adeguata tale compito.

La Sotto Commissione regionale ex art. 13 prevista dal d.lgs.272/89, ha attivato un tavolo tecnico con il mandato di delinearelinee guida per la collaborazione tra Autorità Giudiziaria, ServiziMinorili e Servizi dell’Ente Locale riguardo ai ragazzi in area pe-nale. Nell’ambito dei lavori del tavolo tecnico, a cui hanno par-tecipato rappresentanti di diversi Enti che per mandato istituzio-nale si occupano di ragazzi stranieri, sono emersi con chiarezzaprassi e orientamenti attuati dall’Autorità giudiziaria piemontese.

Si riportano qui di seguito alcune parti della bozza di docu-mento che riguardano l’apertura di tutela per i minori non ac-compagnati e la sospensione del processo e messa alla prova: “…La legge minorile richiede che i minori stranieri non accompagnatiche siano indagati o imputati in un procedimento penale debbanoavere un rappresentante legale che faccia le veci degli esercenti lapotestà genitoriale, ove questi non siano prontamente rintracciabilisul territorio nazionale o comunque reperibili in alcun modo.

previsto, a pena di nullità, che il decreto di fissazione del-

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l’udienza preliminare e l’informazione di garanzia siano notificatiall’esercente la potestà genitoriale o, in mancanza di questafigura, al tutore (art. 7 d.P.R. 448/88).

La conseguenza di una mancata notifica degli atti soprarichiamati, è quella di una legittima eccezione di nullità degli attidel processo che determinerebbe, inevitabilmente, una regres-sione del procedimento davanti al pubblico ministero ed unaimpossibilità di celebrare il processo.

Per evitare questo, la Procura presso il Tribunale per iminorenni di Torino ha deciso di procedere a segnalare alGiudice Tutelare competente in relazione alla residenza o dimoraeffettiva del minore tutte le situazioni in cui, sin dalla fase delleindagini preliminari, si prospetta la necessità o la probabilità diuna richiesta di rinvio a giudizio e, quindi, la prospettiva di unprocesso, fornendo di volta in volta al Giudice Tutelare tutti idati conosciuti relativamente alla identità personale ed alle con-dizioni di vita del minore.

Ove non fatta prima, la segnalazione viene fatta comunquenella fase conclusiva delle indagini, quando si concretizza laprospettiva della richiesta di rinvio a giudizio.

Nei casi in cui si tratti di minori senza fissa dimora oirreperibili al momento dell’esercizio dell’azione penale, si èconvenuto, per i minori di fatto presenti in Torino, di concertocon l’Ufficio del Giudice Tutelare di Torino e l’Ufficio MinoriStranieri del Comune di Torino, di effettuare la segnalazione alGiudice Tutelare di Torino, che deferirà di norma la tutela alComune di Torino.

Per i minori senza fissa dimora presenti sul restante territorioregionale, la Procura Minorile segnala il caso al Giudice Tutelaredel luogo.

Problemi e dubbi possono sorgere ogni qualvolta l’identitàdel minore non sia documentalmente accertata, ferma restando lacertezza della sua identità fisica (perché sottoposto a rilievifotodattiloscopici che ne attestano la identità, appunto, comepersona fisica e che consentono di individuare anche le diversegeneralità che, di volta in volta, il minore può avere reso alle forzedell’ordine o ai magistrati). In tal caso, comunque, la Procura per

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i Minorenni provvede ugualmente a segnalare il minore al Giu-dice Tutelare, specificando questa circostanza e fornendo ancheeventuali notizie ed indicazioni circa il presunto domicilio effet-tivo del minore. Pacifica è, invece, la soluzione in caso di dubbiosulla effettiva minore età dell’indagato, dovendosi presumere laminore età, infatti, la segnalazione e correlativa richiesta diapertura di una tutela va comunque fatta…”.

L’applicazione dell’istituto della messa alla prova ex art. 28d.P.R. 448/88 presenta, nei fatti, alcune particolarità per quantoriguarda i minori stranieri non accompagnati.

Per molti di loro, trattandosi di ragazzi senza fissa dimora, ènecessario prevedere una sistemazione comunitaria (con concreteproblematiche di copertura finanziaria, soprattutto ove essa siprotragga nel tempo) e, più in generale, i contenuti e la duratavanno valutati tenendo conto della necessità che il ragazzo possaproseguire in un percorso di integrazione sociale. Tali percorsi,avendo connotati analoghi a quelli previsti dall’attuale normativasui cittadini stranieri, si dovrebbero poter valere ai fini dellaregolarizzazione (spesso i ragazzi raggiungono la maggiore etàdurante il periodo della messa alla prova).

Tuttavia non è così facile giungere alla regolarizzazione; i pro-blemi maggiori sono rappresentati dall’impossibilità di dimostrarela durata del periodo di pregressa permanenza in Italia e, in se-condo luogo, dalla durata della messa alla prova, che non puòessere fatta coincidere artificiosamente con quella del percorso diintegrazione sociale previsto dalla Legge Bossi-Fini, per cui, es-sendo applicata nel rispetto del codice di procedura penale mi-norile, ha una durata variabile che, spesso, risulta inferiore ai dueanni.

3. PROGETTUALITÀ.

I Servizi Minorili, fin dai primi ingressi dei ragazzi stranierinelle proprie strutture, si sono attivati per elaborare progettimirati che aiutassero da un lato gli operatori a comprendere e adaffrontare le specificità delle problematiche dei minori e dall’altrofornissero proposte aderenti ai bisogni e alle esigenze dei giovani.

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Un’attenzione particolare si è posta al momento dell’acco-glienza in CPA e al sostegno nella comprensione della prima fasedell’iter penale (GIP e misure cautelari) e, in generale all’imple-mentazione del servizio di mediazione culturale soprattutto asostegno del benessere e della salute dei giovani in IPM.

Si è inoltre cercato di ottimizzare gli interventi educativi ef-fettuati dalle strutture residenziali che ospitano ragazzi stranierioffrendo alle èquipes educative la disponibilità a momenti di con-fronto specifici e l’accesso alle occasioni di formazione e autofor-mazione .

L’Amministrazione di Torino è particolarmente sensibile eattenta alle problematiche dei ragazzi stranieri e ha attivato moltiprogetti e iniziative volte alla prevenzione del disagio e all’inclu-sione sociale che costituiscono risorse anche per i ragazzi incarico ai Servizi minorili. Nel resto della regione il panorama deiprogetti mirati ai ragazzi stranieri è meno ricco anche in relazionealla minore rilevanza del fenomeno.

Il Centro per la Giustizia Minorile (CGM) ha investito moltonella definizione di accordi interistituzionali e protocolli operativicon le Istituzioni e servizi che si occupano della fascia adolescen-ziale per realizzare interventi e progettualità non settoriali, maintegrate. Per quanto riguarda in particolare i ragazzi stranieri, sisottolinea la rilevanza del protocollo operativo con l’UfficioMinori Stranieri del Comune di Torino, che si colloca all’internodi un più ampio accordo con l’Assessorato comunale ai ServiziSociali per la presa in carico dei ragazzi in area penale e lacontinuità degli interventi nel passaggio penale-civile.

Con la firma del Protocollo tra CGM e Consolato del Regnodel Marocco sarà inoltre possibile perfezionare le collaborazioniriguardo all’identificazione dei minori, passaggio indispensabileper la realizzazione di credibili percorsi di inclusione sociale.

4. RIFLESSIONI SULLE POSSIBILI EVOLUZIONI DEL FENOMENO E INDICA-ZIONI SUGLI OBIETTIVI DA PERSEGUIRE.

Da un confronto con i Servizi Minorili si rileva come siacostante il flusso di minori stranieri, specie non accompagnati,

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che transitano, effettuando diversi passaggi nell’arco di breviperiodi, in CPA, IPM e Comunità.

Si stanno affacciando con sempre maggiore frequenza ragazzicinesi con famiglie regolari, prevalentemente domiciliate in alcuniterritori della provincia di Cuneo. Il fenomeno è preoccupante,sia perché la comunità cinese risulta ancora piuttosto chiusa erefrattaria a qualunque proposta progettuale che non sia con-nessa e immediatamente funzionale al procedimento penale, siaperché la tipologia dei reati commessi fa ipotizzare un’adesionead organizzazioni criminali molto ben strutturate e ramificate.

Nell’ultimo periodo, inoltre, stiamo assistendo anche all’in-gresso di giovani che dichiarano di essere del Gabon, del Mali,ecc. che arrivano, molto spesso, già con i polpastrelli abrasi —segno evidente di una ‘appartenenza’ ad una cultura deviante.

È invece diminuita, nel corso degli ultimi due anni, la pre-senza di minori provenienti dall’Albania. Sintomo, questo, di unamigliore integrazione e probabilmente di una sorta di controllosociale esperito dalle stesse comunità albanesi presenti sul terri-torio piemontese.

Sulla statistica, non incidono ancora in modo significativo iminori stranieri di seconda generazione, tuttavia, sia dai fattiriportati nella cronaca locale sia dagli invii al Centro MediazionePenale, si percepisce un aumento del disagio nei giovani adole-scenti che commettono reati simili a quelli commessi dai lorocoetanei italiani. Questi giovani non si riconoscono nei codiciculturali di provenienza, rifiutano le rigide imposizioni familiarie, nell’affannosa ricerca di percorsi identitari differenti, rischianosempre più spesso di inserirsi in circuiti devianti. Uno degliinterventi da potenziare per intervenire in modo efficace suquesto fenomeno è relativo alla prevenzione nell’ambito scola-stico, certamente non specificamente rivolto a ragazzi stranieri.Rispetto a tali progetti la partecipazione dei Servizi Minorili dellaGiustizia è sicuramente auspicabile per la qualità dell’apportoche unisce competenze teoriche e componenti esperienziali.

Gli operatori del servizi minorili segnalano la mancanza esottolineano la necessità di interventi rivolti al disagio psichico,coinvolgendo etnopsicologi e operatori madrelingua.

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Così come ritengono necessario un maggiore investimentosulla mediazione interculturale, oggi in gran parte garantita daprogetti esterni all’Amministrazione della Giustizia.

Rispetto alla legge quadro nazionale in materia di immigra-zione, i Servizi Minorili torinesi sono certi di un’incisiva presenzadel Dipartimento Giustizia Minorile per quanto riguarda lospecifico dei minori stranieri del circuito penale. Gli aspettiapplicativi della vigente norma e la traduzione sul piano opera-tivo di questi stessi aspetti risulta farraginosa e disomogenea sulterritorio nazionale.

Si ritiene fondamentale, alla luce delle diverse interpretazionigiurisprudenziali e delle circolari applicative che vengono dira-mate alle Questure, giungere ad una rivisitazione delle normerelative alla regolarizzazione dei minori presenti sul territoriodello Stato al compimento della maggiore età, considerando tra imotivi che danno diritto a rimanere in Italia la fuoriuscita convalutazione di esito positivo dal circuito penale minorile.

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FRANCO CATANI

GLI INTERVENTI DEI CENTRI DI ASCOLTO VICARIALIA FAVORE DEGLI IMMIGRATI

SOMMARIO: 1. Premessa. — 2. Il programma Caritas. — 3. L’Osservatorio delle povertà.— 4. Gli interventi. — 5. Le prospettive. — 6. I segnali deboli.

1. PREMESSA.

In questo Convegno sono stati molteplici i punti di osserva-zione con cui si è cercato di esaminare il complesso fenomenodell’immigrazione.

Quello che vi proporrò in questo breve intervento è un puntodi vista un po’ atipico, quello Caritas, che in qualche modo fasintesi nell’unico punto di vista, quello della persona, per realiz-zare un duplice compito: da un lato farsi prossimo delle personein difficoltà, dall’altro essere stimolo per la comunità nell’edu-carla e sensibilizzarla ai problemi.

2. IL PROGRAMMA CARITAS.

Agli inizi degli anni 2000 la Caritas Italiana si è data unprogramma, riassunto nelle tre azioni di ascoltare, osservare,discernere.

La prima azione, l’ascolto, trova il suo luogo nei Centri diAscolto Caritas, nei diversi livelli: parrocchiale, vicariale o dio-cesano.

nei centri di ascolto che avviene l’incontro concreto tra lacomunità e i suoi membri in difficoltà.

La maggior parte dei Centri si rivolge alle persone residentinel territorio, con le quali e per le quali, dopo averle accolte edascoltate, si elabora un “progetto di aiuto”, che coinvolge le

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diverse risorse presenti sul territorio, in grado di dare risposte,parziali o complete, ai loro problemi.

Dal 2000 esiste un accordo di collaborazione con i ServiziSociali del Comune di Genova che prevede incontri regolari traciascun Centro di Ascolto e il corrispondente Distretto Sociale siaper la soluzione dei singoli casi, che per affrontare problematichecomuni del territorio.

3. L’OSSERVATORIO DELLE POVERTÀ.

Dalla quotidianità dei Centri di Ascolto, scaturisce la secondaazione: l’osservare.

Osservare attraverso i Centri di Ascolto, dove le persone sirivolgono liberamente e al di fuori di ogni burocrazia, consente dirilevare quei tipi di povertà che possono sfuggire agli enti uffi-cialmente preposti, quei “segnali deboli” sintomi di nuove diffi-coltà emergenti, talvolta passeggere, ma spesso destinate a diven-tare fenomeni vistosi nel giro di pochi anni.

Ad esempio, agli inizi degli anni ’90 i casi di persone con unreddito regolare, ma con crescenti difficoltà economiche tali dacomprometterne le condizioni di vita, era un fenomeno debole,appena percepito da alcuni Centri di Ascolto.

Nel giro di pochi anni è esploso in quel fenomeno complessoormai noto come “nuove povertà”.

Il “prodotto” dell’osservare sono documenti di tipo diverso:sul tema specifico dell’immigrazione, la Caritas Italiana pubblicaogni anno, insieme all’Ufficio Nazionale Migrantes, un Dossierstatistico sull’immigrazione (giunto quest’anno alla 17a edizione).

Si tratta di uno dei rapporti più completi sul fenomenoimmigrazione, apprezzato sia da Enti Istituzionali sia da tutticoloro che sono in qualche modo interessati ad una maggioreconoscenza.

Sul tema generale della povertà, sono pubblicati Dossier alivello diocesano o regionale; in questo contesto la presenza deglistranieri assume sempre di più rilevanza.

Agli inizi degli anni 2000 la percentuale di stranieri che sirivolgeva ai Centri di Ascolto era circa del 40%, nel 2005 era del

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70% a livello regionale, con valori che oscillano dal 45% diSpezia al 78% di Alberga (al centro di una forte immigrazioneche ha come destinazione le coltivazioni in serra).

Genova è attorno al 75% (corrispondente ad oltre 3500persone). Le nazioni di provenienza sono 78, anche se la preva-lenza va all’America Latina, seguita dall’Europa dell’Est e dalNord Africa.

È interessante confrontare i bisogni degli stranieri con quellidegli italiani, usando questi ultimi quasi come un ‘liquido dicontrasto’ per poter meglio cogliere la particolarità dei primi.

Se numericamente gli stranieri sono più degli italiani, i loroproblemi sono meno complessi, in quanto riconducibili ad unanecessità immediata e concreta (lavoro, casa, alimenti, medicine)mentre per gli italiani i bisogni immediati, come la bolletta del gaso l’affitto da pagare, rappresentano solo la punto dell’iceberg diproblemi più complessi.

Alla base di questa sostanziale differenza sta il percepimentodi se stessi: la persona straniera che ha lasciato la propria terra, ipropri affetti alla ricerca di un futuro migliore per se e per lapropria famiglia, ha messo in conto di dover affrontare problemieconomici, abitativi e lavorativi, ma fondamentalmente è piùforte in quanto protesa verso un futuro, nel quale ha investitotutto.

Differente è spesso la condizione dei familiari “ricongiunti”che sono meno preparati e motivati a sopportare disagi rispetto acoloro che sono emigrati per primi.

La persona italiana è invece molto più insicura sul propriofuturo: spesso percorre in senso inverso rispetto allo straniero ilcammino della propria condizione di vita, arrivando talvolta aperdere quelle certezze, come la casa e il lavoro, che sono la baseper un’esistenza dignitosa.

Il disagio profondo investe spesso la sfera psicologica, fami-liare e richiede competenze specifiche non disponibili nei soliCentri di Ascolto.

Problemi familiari, di salute, di indebitamento, di giustizia,soprattutto di dipendenza, sono rilevati in misura molto inferiorenegli stranieri.

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Occorre comunque considerare che nel colloquio al Centrodi Ascolto emergono soprattutto fatti riguardanti il periodo che lapersona ha trascorso in Italia, mentre poco o nulla si conosce delperiodo precedente.

4. GLI INTERVENTI.

I dati più recenti dei Centri di Ascolto di Genova (ottobre2007) mostrano una preoccupante crescita degli interventi afavore della casa (affitti, mutui, bollette), passati dal 48.6 % del2005 al 57.4 del 2006, al 66% del 2007, con una crescita di quasi18 punti percentuali.

Da quanto detto in precedenza, chi vive di più la fatica dipagare un affitto o un mutuo sono proprio gli stranieri, molti deiquali hanno un reddito modesto e incerto, a fronte di affittispesso sproporzionati rispetto alle condizioni dell’immobile.

Negli anni passati la difficoltà di trovare una casa ad uncanone ragionevole ha indotto molti stranieri ad acquistare lacasa accendendo un mutuo, in buona parte a tasso variabile. purin assenza di capitali propri e con un lavoro a rischio.

Con la crescita dei tassi di interesse questi mutui si sonorivelati da un lato una trappola per chi li ha accesi, dall’altro unafonte di perdita anche per gli stessi Istituti di credito, in quantoil meccanismo della vendita coatta, soprattutto all’inizio delperiodo di restituzione, non copre quasi mai il capitale investito.

Per chi perde la casa è stata avviata nel 2001 fa l’IniziativaDiocesana Giubilare per Senza Dimora, che mette a disposizioneun “alloggio ponte” per chi è sfrattato e ha diritto di avere unalloggio di edilizia residenziale pubblica.

Questi alloggi, inizialmente tre, attualmente una decina,hanno accolto in questi anni oltre trenta famiglie, che hannopotuto usufruire di bi o trilocali arredati e dati in comodato conil pagamento delle sole utenze, sino all’assegnazione della casa daparte del Comune. Una fotografia degli attuali occupanti vede 5famiglie straniere e 5 italiane.

Uno dei problemi più importanti degli immigrati è il pro-

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blema del lavoro, sia per il sostentamento, sia per il manteni-mento del permesso di soggiorno.

Recentemente è stato siglato con la Provincia di Genova unaccordo che vede i Centri di ascolto in funzione di facilitatori neiconfronti del Progetto “Match Famiglia” che associa nell’ambitodei Centri per l’impiego la domanda e l’offerta nel campo del-l’assistenza familiare.

5. LE PROSPETTIVE.

In genere le persone che emigrano in Italia hanno un buonlivello scolastico, sono in sostanza le persone più forti, mentre lepiù deboli rimangono nelle retrovie del paese di origine a pren-dersi cura della famiglia, sostenuti dalle rimesse di chi lavora nelnostro Paese.

Anche se ogni migrante ha la propria storia, le proprieaspettative, si possono riconoscere tuttavia alcuni modelli, inprima approssimazione associabili alle nazioni di provenienza.

Ragionando in termini di Regione Liguria si può generica-mente considerare una presenza più forte di immigrati prove-nienti dall’Est europeo per l’estremo ponente, dal Nord Africa edall’Est Europeo (Albania e Romania) per il Medio Ponente(Albenga-Savona), una forte presenza latinoamericana a Genovae assolutamente mista per il Levante.

I progetti migratori sono spesso pianificati dall’intera famigliache decide di far partire un proprio membro per costruire unfuturo migliore, talvolta sono una decisione personale.

La decisione di emigrare è comunque e sempre una decisionedrammatica.

A volte il progetto cambia nel tempo sia per le delusioniincontrate rispetto alle proprie aspettative, sia per le mutatecondizioni del paese d’origine.

In Liguria è presente anche l’immigrazione “di ritorno”,percepibile soprattutto nel corso della crisi economica argentinadi qualche anno fa, quando discendenti di italiani emigrati chie-devano di ritornare in Italia come cittadini italiani.

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La Caritas è stata più volte il primo punto di riferimento pernon facili ricerche delle proprie radici.

Riguardo al progetto migratorio, si possono grossolanamenteindividuare tre modelli.

Il modello nordafricano: immigrazione prevalentemente ma-schile, facilmente reversibile, vista la facilità di collegamentisoprattutto con Marocco e Tunisia. Anche se è raro il ricongiun-gimento familiare può accadere che al padre, migrante stagionaleda diversi anni, si affianchi il figlio adolescente, per poi sosti-tuirlo.

Statica, o in calo, nella provincia di Genova, l’immigrazionenord africana è tuttora rilevante nel medio ponente ligure.

Il modello sudamericano: il costo del viaggio sconsiglia sia lastagionalità che la reversibilità nel breve termine.

Uno studio condotto in Ecuador ha rivelato come vi siadiversità di comportamento se chi parte è l’uomo o la donna. Nelprimo caso la decisione è generalmente condivisa da tutta lafamiglia, mentre se è la donna a partire, il fatto viene talvoltavissuto come un abbandono con conseguenti tensioni e risenti-menti che si manifestano drammaticamente al ricongiungimentofamiliare. A questo fenomeno si aggiunge spesso l’imprepara-zione dei giovani adolescenti (soprattutto ecuadoriani) al modellodi vita di una città come Genova, tanto differente dal modellonordamericano, loro principale riferimento.

Dalle migranti sudamericane, in prevalenza donne, sonoricercati, dopo breve tempo e non appena la situazione lavorativae abitativa lo consente, sia il ricongiungimento familiare (primacon i figli che con il proprio marito) che l’integrazione attraversola scuola e i corsi di formazione.

ancora un fenomeno debole, ma crescente, il caso di donnenon più giovani, già nonne, che prendono la decisione di partireper aiutare economicamente figli e nipoti.

Il modello est europeo.diverso tra uomini e donne.Le donne albanesi generalmente emigrano in seguito a ricon-

giungimento familiare, mentre emigrano per prime le donne

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provenienti da Ucraina, Moldavia, Russia e Polonia, trovandolavoro nel campo dell’assistenza familiare.

Il loro progetto migratorio è radicalmente differente daquello delle donne sudamericane: hanno un’età superiore, untitolo di studio medio-alto, spesso hanno competenze infermie-ristiche.

Rimangono in Italia il tempo necessario per sostenere lapropria famiglia nel paese d’origine, terminare gli studi dei figli,iniziare una nuova attività. In genere non sono interessate alricongiungimento familiare né all’integrazione.

Spesso si verifica una specie di “staffetta”, per cui un’assi-stente familiare lascia temporaneamente il posto ad un’altra dellostesso Paese, mentre la prima torna in famiglia.

6. I SEGNALI DEBOLI.

Concludo questa carrellata, questo spaccato del mondo del-l’immigrazione, cogliendo alcuni segnali deboli: i migranti an-ziani, i cinesi e il ritorno degli italiani ai lavori faticosi.

Nel primo caso si tratta in prevalenza di persone immigrateda molti anni provenienti da Paesi il cui flusso migratorio si èridotto notevolmente (Cile, Eritrea, Argentina).

Si tratta di donne non particolarmente integrate oppureintegrate e successivamente cadute in stato di bisogno. L’inda-gine ha individuato una fascia consistente di persone stranierenella fascia immediatamente precedente (45-55 anni), per cui èragionevole prevedere un numero crescente di persone stranierenon più in grado di lavorare, senza alcuna previdenza e conaccesso più difficile ai servizi sociali.

Per quanto concerne i cinesi, la cui presenza nei Centri diAscolto era inesistente fino al 2004, ultimamente vengono segna-late richieste di orientamento e non di sostegno economico emateriale. confermando, almeno in questo senso, l’aspetto dichiusura e autoprotezione tipico della comunità cinese.

Un ultimo segnale debole: il ritorno degli italiani ai “lavorifaticosi”. Dopo che, per anni, questi lavori, in primis l’assistenzaagli anziani, sono stati appannaggio di lavoratrici straniere, si

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sono riscontrate poche ma significative richieste di donne, anchenon più giovani, che chiedono di poter fare lavori domestici oassistenza anziani ad ore, soprattutto quando le assistenti “tito-lari” hanno il giorno di riposo e uomini, di diverse età, checercano lavoro nell’edilizia, nelle serre e nella ristorazione, dispo-sti, pur di lavorare, a svolgere quelle mansioni più faticose e menoqualificate, tradizionalmente meno appetite dagli italiani.

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LIA MASTROPAOLO

COUNSELLING, MEDIAZIONEE LAVORO DI RETE CON I MIGRANTI

SOMMARIO: 1. Introduzione. — 2. Il caso di Amir. — 3. Il caso di Kubra. — 4.Conclusioni sul lavoro con i migranti.

1. INTRODUZIONE.

La questione migrazione viene, in prima istanza, affrontatadal punto di vista politico, normativo e sociale. Nella miglioredelle ipotesi ci troviamo di fronte ad un sistema legale che si poneil problema, cerca di adeguarsi, trova modi per accettare, acco-gliere, tiene presente, tiene in conto, cerca di integrare, rendegiustizia. Viene individuata l’importanza di una legislazione ca-pace di regolamentare i rapporti tra i soggetti coinvolti nelprocesso, coloro che migrano e coloro che accolgono, ricono-scendo i diritti e i doveri di entrambi.

La legge è deputata ad occuparsi di ingressi di stranieri, aconcedere permessi di soggiorno e agevolare ricongiungimentifamiliari, e a tutti i temi trattati dalle normative vigenti ( comeesposto dai relatori di questo convegno).

È da un’altra prospettiva, quella degli affetti, delle relazioni,che ora vi propongo di osservare il “fenomeno migrazione”.

Vi racconto la mia esperienza di lavoro sulle relazioni, dicounselling e mediazione nel Servizio pubblico, prima in unconsultorio per la famiglia poi nel distretto del centro storico,nell’angiporto di Genova caratterizzato dalla presenza di stranieriprovenienti da svariati Paesi.

Lavorare con migranti è lavorare con chi lascia casa-cultura-tradizione e va in un posto nuovo, così come gli italiani degli anni30-50 che passavano dalla Sicilia al Nord o dalla Liguria in

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Argentina, quelli con le valigie con lo spago che andavano inAmerica con la nave.

Lavorare sul campo a diretto contatto con migranti è cercaredi parlare con loro, comprendere, farsi comprendere, rendereloro comprensibili i percorsi a volte incomprensibili, in unmondo dissonante dal loro, dove ad esempio non si può picchiareun bambino, quando per loro picchiare è insegnare la regoladell’adeguarsi, come in Marocco.

Le contraddizioni che vengono a galla sono di diverso tipo:chi migra si porta dietro cultura, passato, affetti lasciati nel paesed’origine con l’aspettativa di trovare una condizione di vitamigliore e approda in un mondo diverso, fatto di regole diffe-renti, anche tacite, con cui deve confrontarsi; chi ospita invece, seda un lato riconosce l’utilità e il vantaggio della loro presenza adesempio nella capacità di occuparsi con calore dei bisogni deglianziani, dall’altro nutre pregiudizi e diffidenze nei confronti dichi è “diverso”.

Lo scontro tra culture è uno scontro tra valori, miti, pre-messe, pregiudizi.

Anche all’interno dello stesso gruppo etnico di appartenenzasi può verificare uno scontro di cultura, di premesse e di valori:a volte la prima generazione mantiene un atteggiamento piùconservativo delle tradizioni e del legame con il passato, laseconda si integra e si adegua maggiormente, provocando unafrattura all’interno dello stesso gruppo etnico

Anche il professionista che lavora con migranti si trova inquesto ambito a confrontarsi con le proprie premesse e i propripregiudizi.

Infatti, il counsellor o il mediatore, entrando a contatto condiverse culture, deve avere una predisposizione maggiore a met-tere in discussione o a “non dare per scontato” che a certiatteggiamenti corrispondano gli stessi valori, miti, pregiudiziuguali per tutti. Il contesto condiviso porta a valutare i compor-tamenti secondo alcuni parametri, inadatti a spiegare i significatidel comportamento di una differente cultura.

Un flash esplicativo è quello del bambino africano appenaarrivato in Italia, inserito a scuola che quando và da solo in bagno

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si mette e urlare, a sbattere contro la porta, a fare rumorifortissimi. Gli insegnanti interpretano questo comportamentocome sintomatico di un grave disagio mentale, mentre il media-tore culturale lo spiega come una trasposizione di quanto si fanella savana dove il rumore serve per allontanare gli animali.

Abbiamo pregiudizi che sono condivisi tra tutti gli apparte-nenti ad una stessa cultura e con cui abitualmente leggiamo larealtà ma il confronto con altre culture necessariamente ci faprendere coscienza, oltre che dei nostri, anche dei pregiudizidegli altri. I nativi di una qualunque cultura si rendono contodella propria solo nel confronto con le altre. Spesso l’incontrocon culture differenti suscita due tipi di posizioni egualmenterigide: nella prima “io, in base alla mia cultura, mi riconoscocome chi ha capito tutto mentre gli altri invece non capiscononiente”, nella seconda “gli altri sono giusti, io con la mia culturanon capisco niente”. Entrambe sottintendono l’attribuzione disuperiorità di una cultura sull’altra, impedendo la comprensionee il confronto.

Solo assumendo una posizione di “contrattazione” si ricono-sce che esistono culture diverse, tutte rispettabili e ognuno valuta,nel proprio modo di pensare, cosa è disposto a mettere a rischioe cosa no (ad esempio nel caso degli integralisti islamici ilproblema non è che sono islamici, ma è che sono integralisti e chepertanto non intendono mettere in discussione niente). La con-trattazione, come dice Pearce, si basa sul reciproco rispetto.

È per noi operatori che ci confrontiamo, senza a volte saperel’idioma con un linguaggio diverso, (problema risolvibile: è faciletrovare un mediatore culturale) ancora più difficile confrontarcicon un modo di pensare differente, capire i significati, che cispiegano il senso di un comportamento. Ad esempio quando, perpagare il biglietto di ingresso nel paese ci si rivolge a gruppicriminali e si è poi costretti a dedicarsi alla prostituzione per anniper pagare il debito e, intanto, il confronto con l’altra cultura facambiare il modo di pensare, si vuole conservare il vecchio eadeguare il nuovo ma non si può sfuggire al raketting,-bisognastare alle regole, come è possibile ritrovare una propria dimen-sione in un paese che si cerca di condividere?

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L’approccio sistemico sottolinea l’importanza del contestorelazionale in cui si costruiscono i significati e le interazioni delvivere insieme.

L’esperienza di lavoro che vi racconto tiene conto di diversiobiettivi: affrontare i problemi comprendendo le dissonanze,superare le incomprensioni, i pregiudizi socio culturali, entrarenel modo di pensare dell’altro fuori dal pregiudizio e crearerelazioni in un adeguamento con il nuovo confronto.

La finalità del mio intervento è mostrare, attraverso alcunicasi, come lavoro con culture diverse e quali sono gli elementi chediventano significativi nell’incontro tra culture nel counselling enella mediazione.

2. IL CASO DI AMIR.

Amir è un bambino senegalese in carico ai Servizi da diversianni, conteso tra la madre e la famiglia affidataria. Il Servizioaffidatario riesce a seguire solo la famiglia affidataria, perdendoinvece la relazione con la madre naturale. Per questo motivofinisce “nell’occhio del ciclone” come parte in causa, gli operatorivengono infatti denunciati in Tribunale. I Giudici per definirenella disputa della contesa “con chi delle due madri meglio sta ilbambino” incaricano tecnici, psicologi e psichiatri di parte, didiverse strutture ospedaliere e territoriali assieme ai consulenti diparte, i consulenti tecnici d’ufficio. È una disputa che vedefazioni contro fazioni fatta di ricorsi, denunce, perizie portatiavanti da avvocati agguerriti. Il sistema che si struttura intorno alproblema comprende il tribunale, i servizi, gli avvocati, l’associa-zione senegalese, il volontariato, i medici, ecc. In un insieme difazioni contrapposte che “lottano” per portare la propria solu-zione a “vincere” sulle altre.

L’incarico a questo punto viene dato al nostro servizio e comeprima cosa io e l’assistente sociale, rianalizziamo la situazionetenendo conto di tutti i sistemi implicati per disinnescare ilmeccanismo creatosi nel macrocontesto intorno al problema,prima ancora di parlare con le parti in causa. Ho proposto di

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usare uno strumento che spesso uso in questi casi, cioè rompereil contesto ormai pregiudicato.

Si era attivato un meccanismo sopra le parti così forte chenulla avremmo potuto con le parti (famiglia naturale-famigliaaffidataria) finché non ci fossimo occupati dei sistemi che neltempo si erano aggiunti (servizi ospedali, associazioni di stranieriecc.).

Abbiamo cercato di individuare un nuovo contesto: quellopiù ampio che si era andato strutturando: Tribunale, Servizi,ambito legale e giudicante, consulenti del giudice, volontariato,strutture che a diverso titolo si erano occupate della situazione.

In queste situazioni c’è sempre una rete che fa da sostegnoalle parti; per ristrutturarla vanno decostruite le connessioni ericostruiti nuovi punti nodali. Per poter cambiare le relazioni èstato necessario che fossero messe in discussione le premesse.

Il lavoro di rete implica conseguire alcuni importanti obiet-tivi. Nei casi dei migranti, spesso deprivati dei vincoli sociali, conuna rete limitata, si tratta di ricostruire la rete sociale o dipotenziare quella già esistente, incrementando l’appoggio che larete stessa può offrire in situazioni di crisi, quando, ad esempio,il sistema sembra aver perso il controllo e i professionisti cercanodi prevenire l’insorgenza di pesanti disagi.

Mi riferisco a Sluzki (1996) e al suo modello di rete perosservare in modo non lineare, ma circolare non solo l’individuoe la famiglia, ma anche il counsellor nella sua pratica professio-nale. La famiglia e l’individuo non si appoggiano solo sulleproprie risorse interne ma esiste una stretta connessione tra ilsistema con gli altri sistemi più ampi con cui reciprocamente siinfluenzano, sono in rapporto tra loro esattamente come “nodi diuna rete”. Ogni soggetto ha legami che non si limitano solo allafamiglia nucleare o estesa e che rappresentano la rete sociale epersonale ma costituiscono una struttura intermedia tra il sistemafamiliare e le altre strutture sociali più ampie. Quando parliamodi “nodi della rete” ci riferiamo a piccole strutture che hanno unaloro coerenza interna e sono anche il nocciolo di una rete piùampia: ad esempio il Tribunale fa parte di una rete se lo connet-tiamo a Servizi, Famiglie ecc. ma se lo osserviamo con la lente di

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ingrandimento ne vediamo la struttura nel suo complesso com-posta da sezioni diverse, presidenti, giudici, avvocati, parti, mi-nori ecc.

Le risorse della famiglia, interne ed esterne, sono stretta-mente legate tra loro. Al contrario, sono divise in manieraartificiale dall’osservatore. Sarà l’osservatore che farà un taglioarbitrario per definire quale è la rete dell’individuo e focalizzareil lavoro creando un sistema più definito ed una rete più nitida.

Nel caso di Amir abbiamo fatto un taglio arbitrario definendoun nuovo contesto e creando una rete più nitida invitando lepersone coinvolte (giudici, avvocati, servizi, presidenti di associa-zioni varie e le due famiglie, quella affidataria e quella naturaleaccompagnata questa volta da un interprete). Sentivamo la ne-cessità di dare un messaggio di neutralità: invitare un interpretesenegalese ha permesso di ricoinvolgere la madre. Attraverso ilracconto della nuova storia del problema e dei sistemi inclusi, ilServizio ha trovato una nuova identità. (Introduciamo informa-zione e complessità nella rete che e’ diventata fondamentale nelcaso).

L’accettazione di questa cornice di collaborazione ha resopossibile chiedere ad avvocati, tecnici, di ritirarsi sullo sfondo,lasciando lo spazio al Servizio di lavorare sulle due famiglie; perla buona riuscita dell’intervento era indispensabile che ci desseroil permesso di lavorare sulle famiglie uscendo dal campo.

Definendo loro e la loro storia si definiva il servizio: la storiache abbiamo raccontato è una storia diversa, con diversi perso-naggi e con una trama più complessa di quella che tutti si eranoraccontati fino ad allora. Da una visione che includeva solo duefamiglie in contrapposizione, si è passati ad una nuova trama, piùcomplessa e articolata, con molti personaggi in più. Riconno-tiamo il nostro contesto come non giudicante non entrando inmerito alla disputa, in quanto il nostro lavoro iniziava da unadecisione del giudice che Amir stesse con la famiglia affidataria,ma incontrasse la madre due volte alla settimana. Il nostrocompito era far sì che Amir stesse il meglio possibile con quattrogenitori. Questo diventava il filo conduttore comune. Facemmo

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concentrare l’attenzione di tutti i presenti su “il bene di Amir”,un principio accettabile o per lo meno indiscutibile.

La presenza di tutti ci ha permesso di dimostrare che i sistemicoinvolti erano in empasse e di mettere tutti sullo stesso piano inquanto responsabili del bene del ragazzino. Su questo obiettivoabbiamo chiesto loro e ottenuto una tregua delle ostilità per darciil tempo di lavorare con le due famiglie assieme.

Così siamo riusciti a fare un intervento sulle due famigliemediando affinché Amir riconoscesse le sue origini, abitudini eallo stesso tempo quanto appreso in Italia, integrando le diverseculture.

3. IL CASO DI KUBRA.

Illustro ora un caso di lavoro con migranti che nasce comeintervento di counselling, successivamente trasformatosi in inter-vento di mediazione familiare.

Kubra è una giovane nigeriana, immigrata, clandestina, pro-stituta; Filiberto, europeo, quarant’anni, che dapprima la mettesulla strada, poi, quando lei rimane incinta e decide di tenere ilbambino, lui, prima non vuole riconoscerlo, poi, spinto anchedalla sua famiglia, comincia a pensare alla possibilità di unapaternità, ormai non più attesa, con il vantaggio secondario didare un nipotino alla nonna e alla sorella. Tuttavia Kubra eFiliberto hanno un pessimo rapporto tra loro, litigano feroce-mente fino a lanciarsi oggetti, tra loro non c’è una comprensionenemmeno linguistica in quanto parlano due lingue differenti.

Il gruppo del volontariato degli immigrati, propone a Kubra unescamotage: “non litigare con lui, fagli riconoscere il bambino atutti gli effetti, é meglio che sposi il padre del bambino, anche sela coppia scoppia, così puoi ottenere il permesso di soggiorno”.

L’Assistente Sociale mi descrive così la donna: “sai le afri-cane, … così lei è fiera, orgogliosa, … fanno di testa loro, portanoavanti la loro idea e non vedono il loro vantaggio; è testona,litigiosa…”. Così l’Assistente Sociale confonde ed attribuiscequesti comportamenti alle caratteristiche di un popolo più che alcattivo rapporto di coppia.

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Nonostante i problemi della coppia, i sistemi coinvolti (vo-lontariato, amici, comunità nigeriana, ecc.) spingono per unmatrimonio riparatore, anziché per una definizione delle parti. Lastessa Assistente Sociale, che riteneva la madre in grado dioccuparsi del figlio, collude con questa idea per timore che ilgiudice possa levarle l’affidamento a causa di un suo pregiudiziocostruito su precedenti esperienze riguardo alle incapacità geni-toriali delle donne nigeriane.

Il primo obiettivo è quello di evitare lo stato di adottabilità:in quanto donna straniera senza fissa dimora e clandestina. Allanascita del bambino la conflittualità è sempre più accesa eirrisolvibile e si ripercuote sul bambino che comincia a presentaresintomi di malessere (non dorme e vomita): a questo puntoiniziano con me il percorso di counselling.

Dopo i primi incontri dall’analisi della loro relazione, allapresenza di un mediatore culturale che permette un confronto suisignificati delle differenti culture; emerge che il rapporto diKubra e Filiberto è basato su incomprensioni, linguistiche (leiparla inglese, lui francese), ma soprattutto relazionali-affettiveindecifrabili. Gli interessi sottostanti e non verbalizzati contribui-scono a strutturare una relazione costruita sulla menzogna ealtamente conflittuale, fino a sfociare in pesanti e reciproci agìti diviolenza fisica.

Il mio intervento ha lo scopo di “uscire dall’inganno” per-mettendo ad ognuno di definire la propria posizione: indivi-duando e analizzando i diversi problemi emergono gli interessipresenti in questa vicenda: l’interesse di lei è rappresentato dalpossibile riconoscimento del figlio da parte del padre che lepermette di non essere clandestina, l’interesse di lui è dato dalriconoscersi come padre e dare un nipotino alla nonna. Questacollusione di interessi non verbalizzati, sostenuta dai sistemi chegravitavano intorno alla coppia, provocava una confusione difondo che teneva unita la coppia, ma creava al contempo litifuriose esattamente come tra carcerati, che, pur non sopportan-dosi, non possono lasciare la cella.

Nell’aiutarli a chiarirsi e a definirsi, sono arrivati a capire leloro posizioni, a comunicarsele e a separare il problema di Kubra

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del suo riconoscimento in Italia come madre del bambino e dellapossibilità di fare richiesta di permesso di soggiorno (situazionerisolta grazie ad un decreto che tutela la madre straniera nono-stante clandestina) dal problema di Filiberto che temeva, comepadre, di perdere il bambino, se la madre fosse scappata inNigeria.

È stato così possibile far emergere la distinzione di sé comecoppia e di sé come genitori, rassicurandoli che la convivenzaforzata non era la condizione imprescindibile per mantenere ilrapporto di ognuno di loro con il figlio.

In questo percorso, Kubra e Filiberto hanno avuto la possi-bilità di esplicitare sentimenti e convincimenti e sono riusciti aconfrontarsi sul reale desiderio di stare assieme e sulla possibilitàdi occuparsi del figlio anche da separati, senza più picchiarsi.

Questo lavoro di counselling ha permesso loro di pensarsicome persone capaci di scegliere in quanto individui, coppia,genitori e sono giunti alla conclusione che, nella loro situazione,era meglio occuparsi del bambino da separati.

A questo punto ha avuto inizio il percorso di mediazione,hanno definito impegno e responsabilità sulle decisioni da pren-dere assieme sul figlio e hanno raggiunto accordi circa l’affida-mento, la gestione che hanno poi presentato in Tribunale. Kubraha ottenuto il permesso di soggiorno ed entrambi hanno potutoriconoscere e occuparsi del figlio.

Con questo caso voglio dimostrare quanto sia importantesgombrare il campo dai sistemi che amplificano la conflittualità econfondono le scelte, e come sia difficile ma possibile costruireun contesto che permette alle persone di prendere decisioniavendo presente tutti gli elementi per discernere.

Il percorso di counselling prima, di mediazione dopo, ha datola possibilità di dipanare la matassa e di superare la paura di unTribunale che giudica, che manda via i clandestini e di indivi-duare un uso corretto della Questura, del Tribunale che dàinformazioni sulle leggi, aiuta, accompagna, rappresenta unarisorsa.

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4. CONCLUSIONI SUL LAVORO CON I MIGRANTI.

Nell’esperienza della migrazione, frequentemente accade chel’individuo, sradicato dall’intreccio relazionale fatto di tradizionie solidarietà e costretto ad affrontare altri tipi di contesti, corra ilrischio di dover ridefinire anche la propria identità.

Punto nodale per una ridefinizione della propria identità èrendere la comunicazione efficace affinché le persone possanocapirsi, comprendano i significati emotivi, affettivi, relazionaliche sottostanno le differenti culture. In questo senso è impre-scindibile l’utilizzo di un mediatore culturale che non solo tra-duce la lingua, ma permette di spiegare e attribuire significato aisentimenti (rabbie, timori, delusioni, fallimenti) e di evidenziarequali premesse, valori e miti sono il rifermento per quella deter-minata cultura.

Altro elemento importante è riconoscere e valutare gli altripunti di vista, i punti di vista degli altri, “nodi” della rete in cuici si colloca per rendere la propria mappa il più possibilecondivisa per identificarsi in altri punti di vista. Si acquisisce cosìla capacità di decodificare la comunicazione e di metacomuni-care.

Nel lavoro con i migranti, come si è visto nel caso di Kubrae Filiberto, l’esplicitazione dell’ipotesi basata su “interessi indi-cibili” ha permesso a tutti i membri di vedere le carte sul tavoloda gioco: attraverso una destrutturazione ho costruito uno spaziodi rispetto reciproco dove i due invece di mentirsi sui motivi dellostare assieme, hanno condiviso la necessità di lei per il riconosci-mento (superamento situazione clandestina), sua di lui per avereun figlio e dare la saltuaria presenza di un nipote in casa allapropria madre e sorella.

Come in questo caso, costruire insieme (counsellor e clienti)una chiave di lettura che spiega gli eventi, consente che l’“infor-mazione” data sugli strumenti diventi utilizzabile: solo quando lepersone comprendono la situazione che si è creata, ed intravve-dono una concreta possibilità di scelta, possono gestire le que-stioni pratiche.

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Solo nella chiarezza e nella trasparenza si possono decidere lemosse.

Ma come si possono dare elementi di realtà così complessa auno straniero che non ha chiave di lettura della situazione?Quanto specialmente con persone di cultura diversa (che non sisanno muovere in un paese straniero) diventa manipolatoriolasciare decidere senza dare gli elementi di conoscenza dellarealtà, gli strumenti per scegliere, senza eliminare paure e pre-giudizi come ad esempio sul Tribunale, chiarendo le possibilità aloro disposizione.

Il sistema famiglia attinge alla propria rete interna ma nelcontatto coi servizi entra in un sistema più ampio che comprendeulteriori risorse. Una caratteristica delle reti è che maggiore è ilnumero dei ‘nodi’ e delle connessioni, maggiori sono le risorseche la rete offre: quindi avere un grande numero di colleghi econnessioni in un campo di lavoro apre grandi opportunità.

I professionisti lavorano spesso in contesti dove la collabo-razione e la cooperazione risultano essenziali sia perché si occu-pano dello stesso caso da prospettive diverse, la coordinazione inquesti casi è una necessità per ottenere gli obiettivi che sivogliono perseguire. Il contesto di collaborazione è un contesto,come dice C. Lamas (Colleti y Linares, 1997) praticamenteuniversale: in queste situazioni diversi professionisti e tecnici èbene che lavorino assieme in maniera coordinata sullo stessocaso, fissando chiaramente quali sono le mete particolari e in chemodo possono trovare appoggio negli altri tecnici che stannolavorando nella stessa situazione. È importante, nel conseguirequesta finalità, avere chiari quali sono gli obiettivi degli altriprofessionisti e offrire loro la collaborazione come risorsa per illoro lavoro. Invece, nei contesti di collaborazione la relazione trai professionisti è simmetrica (come ad esempio quando sullostesso caso il servizio Materno Infantile si schiera a lato del figlioe il SerT si schiera e fa gli interessi della madre tossicodipen-dente). Solo superando la simmetria tra Servizi, nel coordina-mento e nel progetto comune si realizza un intervento efficaceper tutti. Il successo o l’insuccesso degli interventi deve esserecondiviso perché la responsabilità è della rete. In questi contesti

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di lavoro la creazione di una rete tecnica di professionisti ènecessario che le informazioni circolino correttamente per gestirele risorse nel modo migliore ed efficiente.

L’approccio sistemico è, per motivi epistemologici, confa-cente al lavoro coi migranti proprio per l’importanza che vienedata al contesto relazionale culturale e alla rete: si costruiscono isignificati e le interazioni del vivere insieme, salvaguardando ilbagaglio culturale e valorizzando le risorse del sistema. Il coun-sellor, il mediatore sistemico, nel costruire spazi di trasforma-zione, risulta coerente con una posizione etica obbligata e natu-rale che è parte integrante nella premessa epistemologica diquesto approccio.

BIBLIOGRAFIA

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ANNA BANCHERO

GLI INTERVENTI SOCIALI E SOCIOSANITARIA FAVORE DEGLI IMMIGRATI

NELLA REGIONE LIGURIA

SOMMARIO: 1. Premessa. — 2. Immigrazione e welfare., — 3. Immigrazione e lavoro dicura. — 4. Interventi sociali e sociosanitari a favore degli immigrati in Liguria.

1. PREMESSA.

L’immigrazione è spesso percepita, soprattutto nell’ultimodecennio, come un problema da rimuovere più che una risorsa dautilizzare. Nelle considerazioni che seguono, chi scrive intendeintrodurre alcune riflessioni sul rapporto tra immigrazione ewelfare in Italia, valutando tale situazione non solo come unnuova dimensione dello Stato Sociale a cui concorrono “positi-vamente” gli immigrati, ma anche i problemi “ sociali” cheemergono negli Stati che producono immigrazione, propugnandoazioni di cooperazione che possano produrre “in termini dicorrettezza più che di beneficenza” benefici verso chi contribui-sce ad elevare la risposta assistenziale italiana alle fasce fragili(anziani, minori, disabili) e a chi si fa carico, nel sistema produt-tivo, di mansioni elementari, che ad oggi trovano difficilmenteriscontro ne mercato di lavoro italiano. Questo tipo di analisi èstata effettuata anche per collocare in una contesto più generalei provvedimenti e le azioni della Regione Liguria.

2. IMMIGRAZIONE E WELFARE.

Il problema dell’immigrazione da tempo assume in Italia unaspetto positivo, sia per l’apporto al sistema produttivo e occu-pazionale da parte degli immigrati sia per l’assunzione di “ruoli di

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cura delle fragilità” da parte della mano d’opera straniera, par-ticolarmente femminile.

Il nesso tra migrazioni, sviluppo del welfare esiste e divienequindi evidente come conseguenza della potente ondata migra-toria destinata al settore della cura nei paesi occidentali. Ovvia-mente la mano d’opera che si sposta dai paesi in via di sviluppo,se da un parte con le rimesse degli emigranti porta benessere,dall’altra depaupera i paesi d’origine di forze produttive e faemergere le contraddizioni di povertà e di mancata assistenza,fatto che impone sia ai paesi di emigrazione che a quelli diimmigrazione di trovare dei “correttivi” che rimuovano le criti-cità evidenziate.

Schematicamente possiamo sintetizzare lo stretto legame chelega welfare e cooperazione tra gli Stati in almeno tre ordini dimotivi:

1. il flusso migratorio destinato al settore della cura rispondea una domanda di welfare nei paesi di arrivo ma al tempo stessocrea carenze di welfare nei paesi di origine. Poiché il livello dibenessere di un determinato paese è parte integrante del suosviluppo, una cooperazione che intenda sostenere un collega-mento tra migrazione e sviluppo deve riconoscere l’importanza diquesta nuova dimensione connessa ai flussi miratori e definirepolitiche tese a conseguire un controllo e una gestione del nessotra migrazione e dinamiche sociali nei paesi di origine;

2. la forte domanda di lavoro nel settore del welfare influenzafortemente le dinamiche migratorie, determinando una nuovarelazione tra migrazione e sviluppo; è importante che gli entidella cooperazione che intendono valorizzare il ruolo dei mi-granti per lo sviluppo locale comprendano il senso di tali trasfor-mazioni e vi adattino le proprie politiche;

3. interventi mirati di governo e di cooperazione sono neces-sari anche in una ottica più sistemica, al fine di contribuire allosviluppo di circuiti integrati di welfare transnazionale che sianosostenibili tanto nella prospettiva dei paesi emissari quanto diquelli di destinazione In quest’ottica una corretta gestione deiflussi migratori potrebbe contribuire ad una migliore erogazionedi welfare sia nei paesi di immigrazione che in quelli di emigra-

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zione, intrecciando le proprie risorse anche quelle di altri attori,che possano migliorare proprio le condizioni dei paesi di emi-grazione.

A questo fine non solo è necessario che la cooperazione allosviluppo continui a cercare una sempre migliore sinergia con lepolitiche migratorie ma che essa cominci anche a confrontarsicon la politica sociale tanto nei paesi di origine che di destina-zione. La dimensione del welfare, infatti, si configura come unasfera all’interno della quale operano attori e vengono promossepolitiche che possono fornire una base per ridefinire la forma egli ambiti di cooperazione per lo sviluppo nei paesi di origine.

Analizzando maggiormente il rapporto tra immigrazione ewelfare, vediamo che lo sviluppo dello “stato sociale”, come loconosciamo oggi, nasce all’interno di spazi nazionali, come solu-zione a problemi di integrazione sociale, principalmente legati aiprocessi di industrializzazione. Questo welfare negli ultimi anni èentrato in crisi in quasi tutti i paesi occidentali, sotto la spinta difattori interni come l’invecchiamento della popolazione e la crisifiscale dello Stato, e di fattori internazionali, come la precarizza-zione del mercato del lavoro, il passaggio al modello di produ-zione post-fordista, l’apertura dei mercati e l’intensificazionedella concorrenza su scala mondiale.

La crisi del welfare collegata alla rinuncia dalle professioni dicura da parte della popolazione autoctona nei paesi occidentali,ha generato una forte ondata di domanda sul mercato del lavorointernazionale, e si è rivelata un potente fattore di attrazione dinuovi flussi migratori. Il fenomeno è visibile in tutti i paesi ricchi,ma è specialmente evidente in Europa meridionale, dove lacomponente universalistica del welfare (quella che dovrebbesoddisfare i bisogni di cura più concentrati nelle fasce deboli:bambini e anziani) è sempre stata particolarmente debole olasciata al ruolo sociale della famiglia tradizionale e particolar-mente della donna.

L’Italia di questi ultimi anni, è stata ed è un esempio clamo-roso di questa internazionalizzazione spontanea e non regolatadei meccanismi di welfare., La regolarizzazione del 2002 harappresentato un grande punto di arrivo, largamente inatteso,

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che ha innescato, a diversi livelli, una presa di coscienza faticosa,ma ormai anche irreversibile: nel 2002, su 700.000 domande diregolarizzazione ben 348.764 si riferivano al settore domestico.

La necessità strutturale di ricorso a manodopera straniera perrispondere alle necessità di welfare della società italiana risultaevidente anche dal decreto flussi del gennaio 2006, che per laprima volta destina oltre la metà delle quote erogate a cittadiniextracomunitari per motivi di lavoro subordinato non stagionaleal lavorato domestico (45.000 in totale, contro i 15.000 dell’annoprecedente).

Fare una stima del numero dei lavoratori stranieri impiegatiin Italia in questo settore non è facile. Uno studio dell’INPS deldicembre 2004 (Immigrazione e collaborazione domestica) stimache sommando alle 137.000 colf straniere assicurate nel corso del2002 le 348.764 domande di regolarizzazione nel settore dome-stico, si arriva a circa mezzo milione di addetti.

Al di là delle stime sulla presenza di lavoratori stranieri nelsettore della cura, ciò che è importante chiarire in questo conte-sto è che tale flusso non è destinato ad esaurirsi in breve tempo,come si riteneva solo fino a pochi anni fa, ma diviene sempre piùuna componente strutturale del nostro welfare, e come tale deveessere gestita.

Circa i paesi di origine, si osserva che negli anni ‘80 adimmigrare erano soprattutto le donne capoverdiane e quelle delCorno d’Africa che venivano a prestare servizio presso le famiglieitaliane. Successivamente gli asiatici (filippini e cingalesi) hannooccupato quote sempre più ampie di questo mercato. Dal 2002 sisono affermati gli immigrati provenienti dall’Europa dell’Est, cheoggi superano il 54% dei lavoratori domestici extra UnioneEuropea (Annuario statistico Istat 2007).

3. IMMIGRAZIONE E LAVORO DI CURA.

I problemi dell’invecchiamento e della non autosufficienza,mettono in crisi i servizi pubblici che trovano grosse difficoltà adoffrire risposte personalizzate, di tipo continuativo, non legate adeventi eccezionali limitati nel tempo, a cui si aggiunge la facilità

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dell’accesso alla prestazione e l’ottenimento del servizio “a costoridotto”, in maniera tale che molta parte della popolazione sirivolge, sempre più spesso, all’ottenimento di una risposta direttanell’ambito del mercato privato, alimentato da flussi di manodo-pera straniera.

In Europa si stima che sui 15-16 milioni di immigrati da paesiterzi circa il 45% siano donne. Molte di loro lavorano, e l’occu-pazione principale che svolgono si colloca nell’ambito dei servizialle famiglie; come già evidenziato la “femminilizzazione” dellemigrazioni e la concentrazione di una quota consistente di stra-nieri nel settore domestico, stanno velocemente cambiando larealtà dei flussi migratori.

Nel settore socio-sanitario, secondo stime Unioncamere sulleassunzioni previste nel settore privato, la domanda di operatorisocio-sanitari nel 2006 avrebbe superato di 3 volte quella diinfermieri. Anche se non è ancora disponibile una rilevazionecensuaria, sappiamo anche che aumenta la forza di lavoro immi-grata nelle cooperative sociali e dei servizi: i lavoratori stranierisono tra il 5% e il 10% nelle prime e intorno al 15% nelleseconde (stime di Legacoop e Confcooperative 2006 (1).

Il settore che è cresciuto maggiormente è, tuttavia, senz’altro,quello del lavoro domestico: +88,5% solo nei 4 anni tra il 2000e il 2004 (dati INPS 2007). I lavoratori stranieri presenti in questosettore, nello stesso lasso di tempo, sono cresciuti ad un ritmoancora più rapido: + 173,5% (passando, cioè, da 133.837 a366.075 unità).

In Italia, secondo il Dossier della Caritas 2005, sono2.300.000 gli anziani in Italia con disabilità lieve, e tra i 276.000e i 414.000 quelli in gravi condizioni di disabilità. Un anzianoultra75enne su 4 ricorre ad aiuto esterno, mentre il nostro sistemasanitario riesce a raggiungere solo 1,5% degli anziani con più di65 anni di età. Ancora nel Dossier Caritas, si evidenzia come l’etàmedia delle donne coinvolte nel settore domestico, sia più altarispetto a quella dei regolarizzati per lavoro subordinato (33,4

(1) P. BOCCAGNI, 2006, Economia sociale e integrazione degli immigrati in Italia:un quadro d’insieme, in Impresa Sociale, n. 2, anno 16, vol. 75.

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anni anziché 28,9). Nell’ambito dell’assistenza a malati e anzianil’età cresce ancora arrivando a una media di 38,3 anni. È ancheinteressante notare come per alcune comunità, come ad esempioquella ucraina, l’età sia ancora superiore alla media (40,9 anni perle lavoratrici nel settore domestico e 43,4 nel settore della curaagli anziani).

Le nuove dinamiche connesse alle migrazioni femminili dicura sono state scarsamente considerate, sia nell’ambito dellepolitiche migratorie che di quelle di cooperazione allo sviluppo.Un esempio di quanto affermato, è costituito dalla legislazioneitaliana che, legando la possibilità di ingresso alla chiamatanominativa e al sistema delle quote, risulta largamente inefficacenel regolare il flusso di lavoratrici di cura la cui assunzionerisponde a criteri di urgenza e richiede un rapporto personale conil datore di lavoro, senza che vi siano collegamenti “istituzionali”con i paesi di origine delle cosi dette “badanti” (meglio definitenelle legislazioni regionali “assistenti familiari”).

Anche molti progetti di cooperazione allo sviluppo che negliultimi anni hanno puntato a rafforzare il legame tra migrazione esviluppo, sembrano essere partiti dall’idea del giovane maschioche sceglie di lavorare nel settore produttivo del paese di arrivoper un periodo possibilmente limitato, e, una volta accumulate lerisorse necessarie, tende a tornare al proprio paese di origine.Pertanto, progetti tesi all’attivazione di circuiti economici tran-snazionali, alla valorizzazione delle rimesse individuali e collettiveper lo sviluppo locale, hanno finito poi col privilegiare necessa-riamente una fascia di popolazione straniera composta da giovaniuomini, bene inseriti nella comunità di appartenenza e in quelladi arrivo, capaci di acquisire capitali, competenze e contatti nelsettore produttivo dei paesi di arrivo e intenzionati a spendere lerisorse acquisite nel settore produttivo dei paesi di origine.

Politiche di questo tipo, dovranno essere adeguatamenteridefinite, perché sono del tutto inadeguate a valorizzare ai finidello sviluppo locale, le nuove migrazioni di cura, prevalente-mente di carattere femminile. La nuova realtà migratoria imponeinfatti un ripensamento del nesso tra migrazione e sviluppo, sulla

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base del quale vanno reindirizzate e le strategie di cooperazioneallo sviluppo e riconfigurati i ruoli di genere.

La letteratura gender oriented ha messo in luce come il fattoredi genere influenzi potentemente, in senso positivo e negativo, ilpercorso migratorio e la ricaduta delle migrazioni tanto sullepersone che sui contesti locali. utile ricordare che per moltelavoratrici straniere l’emigrazione costituisce uno strumento diemancipazione sociale e di riscatto economico attraverso cuiavviare processi di empowerment difficilmente realizzabili neicontesti di origine e alla rinegoziazione delle relazioni all’internodel nucleo familiare.

Diverse ricerche mostrano come le donne attraverso l’emi-grazione riescono a sottrarsi a matrimoni infelici, a condizioni divita inaccettabili e, spesso, tornando in patria, riescono a vivere ilproprio riscatto sociale senza incorrere in eccessivi problemi. Glistudiosi (Ambrosini e altri) evidenziano come l’emigrazione fem-minile non solo abbia una ricaduta positiva sulle dirette prota-goniste dei flussi migratori ma spesso comporti una ricadutaanche sulla comunità di origine.

Studi empirici hanno dimostrato come spesso le donne piùdegli uomini sviluppino una responsabilità sociale nei confrontidella famiglia o della comunità di appartenenza, privilegiandouna logica tesa al risparmio e alla collettivizzazione dei beneficiderivanti dall’aumentato capitale a disposizione, rispetto ad unagestione del denaro potenzialmente più individualistica comepotrebbe evidenziarsi nell’universo maschile.

Nell’ambito di tale dinamica è possibile che le rimesse fem-minili, più di quelle maschili, siano tese a soddisfare le esigenzesocio-sanitarie della famiglia (spese per istruzione, sanità, assicu-razioni e, in generale, siano utilizzate per il benessere domestico);questo, a lungo termine, si può rivelare una base per il piùcomplessivo sviluppo del paese di origine.

Proprio in virtù degli stretti legami che nutrono con lafamiglia e il collettivo di origine, le donne tendono a sviluppare,inoltre, una particolare tendenza a mantenere legami transnazio-nali con la terra di origine, e anche questo, può rivelarsi un fattoredi sviluppo, infatti sono proprio le madri con figli nel paese di

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origine che hanno indotto gli studiosi a parlare di “famiglietransnazionali” con riferimento agli sforzi dispiegati per mante-nere o cercare di mantenere i contatti con i diversi membridell’unità familiare, e specialmente con i figli, attraverso frequentiviaggi e ricorrendo anche a svariati mezzi di comunicazione (dallelettere alle telefonate, ai messaggi di posta elettronica, etc.) inmodo da partecipare in qualche misura agli eventi familiari e alledecisioni più importanti della famiglia.

Circa l’assorbimento della mano d’opera femminile, in Italia,come negli altri paesi mediterranei, gli ambiti occupazionaliaccessibili si limitano, quasi esclusivamente, al lavoro domestico-assistenziale, con qualche estensione verso imprese di pulizia, alsettore alberghiero e simili. Tutto ciò, naturalmente, limita nonsolo la possibilità di aumentare il proprio bagaglio di competenzee esperienze professionali, ma immobilizza le donne in un settoreche difficilmente, contribuisce ad una formazione che può essereutilizzata nel paese di origine.

Le considerazioni evidenziate, portano a sottolineare che unacorretta ed efficace politica di sviluppo per i paesi che produconoemigrazione, deve tenere presente che per promuovere una realeintegrazione sociale criteri delle popolazioni femminili migranti,sarebbe utile organizzare progetti di sviluppo nella scuola e neiservizi nei paesi che producono immigrazione procedendo anchead una specifica formazione per il “lavoro di cura familiare”,qualificazione che va poi consolidata in Italia, dando modo a chine ha volontà e competenze anche di acquisire “formazionesuperiore” da spendere nel paese di origine.

Infine, un ulteriore problema più volte espresso dalle donneimmigrate, è quello della gestione e del controllo a distanza ildenaro inviato in patria: difficoltà che secondo molte di lorodiminuisce l’efficacia del proprio progetto migratorio e si rivelaanche elemento di grande frustrazione. Da qui, la necessità diazioni una cooperazione allo sviluppo che intenda valorizzare imigranti come agenti di sviluppo locale, dovrà dunque tenereconto di queste differenze di genere, rafforzando gli elementipositivi legati alla femminilizzazione dei processi migratori, maanche considerando le particolari difficoltà che le donne incon-

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trano ad acquisire risorse che possono essere spese a livellotransnazionale.

Prima di entrare nelle misure della regione Liguria, va detto,in conclusione alle considerazioni evidenziate, che governo na-zionale ed enti locali hanno cominciato agli inizi degli anni 2000a promuovere politiche tese a regolare, orientare e controllare ilmercato del lavoro di cura. Uno degli aspetti più importanti è ilcontratto nazionale per le “badanti” approvato nel febbraio 2007,anche il recente disegno di legge sulla non autosufficienza (set-tembre 2007 su proposta dei Ministri Ferrero e Turco), vanell’ordine di valorizzare il lavoro informale di cura, così comel’intesa del settembre 2007 (prorogabile anche per il 2008 e2009), tra Governo, Regioni ed Enti locali, su proposta delMinistero per la Famiglia, per dare avvio a per progetti disostegno delle famiglie che assumono badanti straniere e perazioni di formazione delle stesse anche da condurre nei paesi diorigine, sono i primi tasselli di un mosaico che va nella direzionedello sviluppo organizzativo di un lavoro di cura con positiveripercussioni anche nei paesi di origine delle lavoratrici.

A questo, vanno aggiunte anche iniziative ed azioni, collegateal “mercato sociale” che tendono a favorire l’emersione deilavoratori domestici e di cura, al miglioramento delle condizionilavorative in cui versano e alla qualificazione dei servizi da loroerogati; si tratta di iniziative legate alla legge 328/2000, chedisciplina i titoli di acquisto dei servizi, tradotti dalle diverseregioni (Emilia, Liguria, Lombardia, Marche, Umbria, Toscana,Puglia, etc.) in “assegni servizio” o “voucher” che prevedonol’assegnazione di sostegni economici alle famiglie che usanolavoratori domestici, per assistere non autosufficienti e disabili,purché provvedano alla loro regolarizzazione contributiva.

4. INTERVENTI SOCIALI E SOCIOSANITARI A FAVORE DEGLI IMMIGRATI IN

LIGURIA.

La Regione Liguria, a partire dalla legge 12/2006 “Promo-zione del sistema integrato di servizi sociali e sociosanitari”, ha

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sistematizzato in Leggi e Piani gli interventi e le azioni a favoredelle popolazioni immigrate.

Va detto innanzi tutto che proprio la legge regionale 12/06,ha sancito per gli immigrati la totale uguaglianza ai cittadiniliguri, per l’accesso alla rete sociosanitaria. Questo ha fatto si cheil Piano Sociale Integrato Regionale 2007/2010, preveda siaazioni a carattere generale che favoriscono l’inclusione sociale,che azioni specifiche di seguito riassunte, che vanno nella dire-zione di rispondere ai specifici problemi degli immigrati.

Le politiche regionali richiedono infatti ai Distretti Sociosa-nitari di favorire processi di stabilizzazione sui territori dellepopolazioni migranti, in termini di:

— accoglienza— sostegno all’alloggio— accesso ai servizi— diritti di cittadinanza.All’interno di queste macroaree, a partire dalle indicazioni

del T.U 286/98, come modificato dalla legge 189/2002, sonodefiniti alcuni ambiti prioritari di intervento sui quali concentrarel’attenzione dei Distretti:

— garanzia di sostanziale parità di accesso e di trattamentorelativamente ai diritti civili e sociali per la popolazione di originestraniera (assistenza sanitaria, alloggio, istruzione, formazione elavoro), eliminando forme di discriminazione e razzismo;

— favorire nel contesto territoriale di appartenenza, il reci-proco riconoscimento della cultura, della religione e della lingua;

— garanzia di forme di tutela dei diritti con riferimento aparticolari situazioni di vulnerabilità, anche per ovviare a formedi devianza e disadattamento (donne, minori, minori non accom-pagnati, vittime di tortura, vittime della tratta, richiedenti asilo,rifugiati e profughi, irregolari, persone con particolari problemidi salute, disoccupati con particolari problemi di reinserimentonel mercato del lavoro, anziani, ecc.);

— contribuzione alle spese per consentire il rimpatrio dellesalme dei cittadini extracomunitari indigenti, deceduti nel terri-torio regionale.

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Alla legge 12/06, ha fatto seguito la legge regionale 7/2007“Accoglienza e integrazione degli immigrati”. Con queste norme laRegione, persegue la finalità di integrazione sociale delle cittadinee dei cittadini non comunitari, operando per l’affermazione e ladifesa dei diritti fondamentali della persona umana, per l’attua-zione dei principi costituzionali e per rendere effettivo l’eserciziodei diritti di pari opportunità e di parità di genere.

Le finalità della legge sono perseguite attraverso il monito-raggio del fenomeno migratorio e l’esercizio delle funzioni diprogrammazione, coordinamento e valutazione degli interventi.In questo contesto Province e Comuni promuovono e attuanointerventi diretti a rimuovere gli ostacoli che di fatto impedisconoil pieno riconoscimento dei diritti dei cittadini stranieri immi-grati, con particolare riferimento a:

a) eliminare ogni forma di razzismo o di discriminazione;b) valorizzare la consapevolezza dei diritti e dei doveri

connessi alla condizione di cittadino straniero immigrato, comedisciplinata dalle convenzioni internazionali in materia di dirittidell’uomo, dall’ordinamento europeo ed italiano;

c) favorire la formazione e la riqualificazione professionalee promuovere il riconoscimento e la valorizzazione delle compe-tenze, dei saperi e delle esperienze formative acquisite nei Paesidi provenienza o comunque all’estero;

d) favorire l’accesso all’alloggio, particolarmente per lefamiglie numerose;

e) assicurare pari valore e pari condizioni al genere fem-minile;

f) garantire la tutela dei minori stranieri, con particolareattenzione per quelli non accompagnati;

g) favorire la comunicazione e la reciproca conoscenza tracittadini stranieri immigrati ed italiani, singoli od associati, e ilreciproco riconoscimento e la valorizzazione delle identità cultu-rali, religiose e linguistiche;

h) promuovere la partecipazione alla vita pubblica locale,con particolare attenzione all’equilibrio di genere ed alle aree diprovenienza;

i) acquisire la conoscenza sul fenomeno migratorio prove-

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niente da Stati non appartenenti all’Unione Europea, anche ai finidell’inserimento nel mercato del lavoro;

j) contrastare i fenomeni che comportano per i cittadinistranieri immigrati situazioni di violenza o di grave sfruttamento;

k) favorire l’associazionismo diffuso tra le comunità mi-granti.

Infine, la l.r. 7/07, all’articolo 7, istituisce la Consulta Regio-nale per l’integrazione dei cittadini stranieri immigrati, con ilcompito di formulare proposte e pareri in merito a studi eapprofondimenti, problematiche, interventi e iniziative di settoreafferenti alle aree tematiche che interessano l’immigrazione.

Alla legge segue un Piano Triennale, che dovrà orientare laprogrammazione regionale nei singoli settori, affinché siano mi-gliorate le condizioni degli immigrati e che dovrà costituire anchepunto di riferimento alle strategie degli Enti locali.

Tutti siamo a conoscenze dei problemi di salute che gliimmigrati debbono affrontare anche per i cambiamenti ambien-tali e di stile di vita a cui sono andati incontro; in materia diassistenza sanitaria la Regione:

— promuove con le Aziende Sanitarie, tutte le azioni neces-sarie per favorire l’accesso dei cittadini stranieri immigrati, pre-senti sul territorio regionale, ai servizi sanitari

— assicura le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti oessenziali agli stranieri, anche non in regola con le normativerelative all’ingresso ed al soggiorno

— assicura ai minori extracomunitari in “vacanze terapeu-tica”, l’iscrizione al servizio sanitario regionale per la durata delpermesso di soggiorno.

Come si può rilevare, interventi ed azioni promosse dallaRegione Liguria appaiono piuttosto funzionali alle finalità d’in-tegrazione; del resto, al paragrafo 2, si è anche sottolineata lafunzione della Liguria a favore dell’emersione del “lavoro nero”.Certamente, però, non ci illudiamo che i problemi dell’immigra-zione siano risolti. È già stato ricordato in precedenza, quali sianole condizioni di debolezza degli immigrati, quindi certo non sonosufficienti norme che migliorino il loro soggiorno in una onell’altra regione, ma, come si è detto nella prima parte di queste

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considerazioni, nel momento in cui il welfare italiano poggia inmodo strutturale sul contributo della manodopera straniera,questo assunto non può essere considerato come un riconosci-mento a sé stante, ma al contrario, è necessario che sia affronti inmodo organico e corretto, il problema dei flussi migratori e il loroimpatto sui paesi di origine.

Va tenuto presente in tal senso, l’obiettivo di politiche diwelfare transnazionali, superando la compartimentazione dellepolitiche esistenti, aumentando il dialogo e l’attenzione all’im-patto reciproco delle scelte, in ambito locale, nazionale e inter-nazionale. Questa ricerca di sinergia non deve limitarsi allepolitiche, ma deve puntare anche alla maggiore integrazione dellefonti di finanziamento, allo sviluppo della cooperazione verso ipaesi terzi, che ci forniscono mano d’opera. In questi termini vamonitorata anche la trasnazionalizzazione della famiglia, con unaparticolare protezione che deve essere assegnata alla sempre piùconsistente quota di giovani, che emigrano per motivi di studio edi lavoro.

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ANGELA TESTI - ENRICO IVALDI

L’ESERCIZIO DEL DIRITTOALLA TUTELA DELLA SALUTE: ACCESSODEGLI IMMIGRATI AI SERVIZI SANITARI

IN REGIONE LIGURIA

SOMMARIO: 1. Introduzione. — 2. Breve richiamo alla normativa. — 3. L’utilizzo deiservizi sanitari: confronto tra immigrati e residenti. — 4. Discussione.

1. INTRODUZIONE.

Il sistema sanitario nazionale italiano garantisce a ogni cit-tadino un insieme di prestazioni sanitarie, i livelli essenziali diassistenza (LEA) in funzione unicamente dello stato di-bisognoe non di altre condizioni, quali età, reddito, condizioni socioeco-nomiche, capacità di pagare. A questa universalità dell’accesso siaccompagna il principio della solidarietà nel finanziamento checonsiste nel prevedere che il pagamento delle prestazioni otte-nute avvenga attraverso la fiscalità generale e quindi in modototalmente indipendente dallo stato di bisogno. Le prestazionisanitarie garantite sono i cosiddetti LEA, Livelli Essenziali diAssistenza, fissati a livello nazionale, monitorati e aggiornatiperiodicamente. Si tratta di un pacchetto di prestazioni checoprono quasi tutti i bisogni sanitari del cittadino nel corso dellasua vita, coprendo sia gli aspetti di prevenzione, sia quelli di curavera e propria a livello territoriale (come per esempio le pre-stazioni di medicina generale e di assistenza domiciliare), e alivello ospedaliero (come i ricoveri, le emergenze, le prestazionidiagnostiche ed ambulatoriali). Per garantire le risorse necessarieal finanziamento dei livelli essenziali di assistenza in modouniforme sul territorio nazionale le Regioni ricevono la cosid-

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detta “quota capitaria”, ossia un finanziamento per abitante chedovrebbe coprire l’erogazione dei servizi garantiti dal serviziosanitario.

I livelli essenziali di assistenza, secondo la legislazione ita-liana, sono garantiti sulla base degli stessi principi di universali-smo e solidarietà, anche a coloro che non hanno la cittadinanzaitaliana. Il numero di coloro che non hanno la cittadinanzaitaliana, ma risiedono e lavorano nel nostro Paese rappresentauna quota crescente della popolazione complessiva, che am-monta, secondo recenti stime, a circa 3 milioni di immigratiregolari, ossia a circa il 5% della popolazione (Caritas, 2006). Aquesti devono essere aggiunti gli immigrati irregolari, la cuiconsistenza è difficile da stimare perché non esistono al momentofonti affidabili che possano aiutare a quantificare il fenomeno conl’eccezione di quote limitate di popolazione riferite ai minori(Ammendola, ed altri, 2005). Per stimare il numero degli immi-grati irregolari presenti si utilizzano al momento due metodi,collegandoli rispettivamente, a coloro che nello stesso periodohanno ottenuto il visto di ingresso (Donia Sofio et al, 2005),oppure alle presenze regolari (Caritas, 2006). In entrambi i casi lestime sono sostanzialmente simili e indicano che nel 2005 gliimmigrati irregolari in Italia fossero circa 500.000.

Il numero rilevante degli immigrati, regolari e irregolari, poneil sistema sanitario di fronte a una nuova sfida per assicurareuniformità di trattamento nell’esercizio del diritto alla tutela dellasalute e il corrispondente finanziamento. Dopo aver brevementeesaminato le fonti normative del diritto alla tutela delle salute pergli immigrati si confrontano le prestazioni sanitarie erogate agliimmigrati in Regione Liguria nel 2005 con quelle utilizzate nellostesso periodo dai cittadini. Lo scopo è verificare se esistonodifferenze nell’accesso ai servizi sanitari da parte degli immigratie quali siano le eventuali cause impedienti.

2. BREVE RICHIAMO ALLA NORMATIVA.

Prima di analizzare i dati, si ricordano sinteticamente le fontinormative e il contenuto del diritto alla tutela della salute rico-

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nosciuto agli immigrati, ossia quali siano le prestazioni che cuihanno diritto, chi paga tali prestazioni e chi finanzia le struttureche le erogano.

L’assistenza alle persone straniere presenti sul territorio na-zionale italiano è regolamentata dalla legge n. 40 del 6 marzo1998 confluita successivamente nel d.l. 286 del 25 luglio 1998“Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’im-migrazione e norme sulla condizione dello straniero”, che costi-tuisce il principale riferimento in materia. I principi e le dispo-sizioni contenuti nel Testo unico sono stati ulteriormente ribaditie chiariti con l’emanazione del d.P.R. n. 394 del 31 agosto 1999“Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delledisposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e normesulla condizione dello straniero, a norma dell’art. 1, comma 6, deldecreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286” e con la Circolare delMinistro della Salute n. 5 del 24 marzo 2000, Indicazioni appli-cative del decreto legislativo 25.7.1998, n. 286, “Testo unico delledisposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e normesulla condizione dello straniero — disposizioni in materia diassistenza sanitaria” del Ministero della Salute.

Le disposizioni di legge ricordate sono tese a garantire,seppur con intensità diversa a seconda delle varie situazioni,l’assistenza a tutti i soggetti che si trovano sul territorio nazionale.In particolare la normativa opera una prima distinzione trastranieri iscritti e stranieri non iscritti al Servizio Sanitario Na-zionale. L’iscrizione, a sua volta, può essere obbligatoria o vo-lontaria; una volta iscritti al SSN, temporaneamente o definitiva-mente, gli stranieri sono del tutto equiparati ai cittadini italiani aifini dell’erogazione delle prestazioni ed al finanziamento dellemedesime e, pertanto, beneficiano degli stessi diritti. In entrambii casi, l’iscrizione avviene a seguito dell’esibizione all’ASL com-petente del regolare permesso di soggiorno ed è valida per tuttala durata dello stesso. Peraltro non sono tenuti al pagamentodelle prestazioni sanitarie ricevute i soggetti muniti di modelliattestanti il diritto all’assistenza sanitaria, in base a trattati eaccordi internazionali bilaterali o multilaterali di reciprocità sot-

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toscritti dall’Italia con alcuni Paesi (1). I cittadini di tale prove-nienza potranno usufruire dell’assistenza gratuita, ferme restandole quote di partecipazione alla spesa, dietro presentazione delrelativo modello che ne attesti il diritto. (Donia Sofio et al., 2005).

Per quanto riguarda, invece, gli stranieri non in regola con lenorme relative all’ingresso e al soggiorno in Italia (art 35 delT.U.), posto che in ogni caso l’accesso alle strutture sanitarie daparte dello straniero non in regola con le norme sul soggiornonon può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvoi casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni conil cittadino italiano, sono comunque garantite, presso presidipubblici o accreditati, le cure ambulatoriali e ospedaliere urgentio essenziali (2), ancorché continuative, per malattia e infortunioe siano estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardiadella salute individuale e collettiva. In particolare, si pone l’ac-cento sulla tutela della gravidanza e della maternità, sulla tuteladella salute del minore, sulle vaccinazioni, sugli interventi diprofilassi internazionale, sulla diagnosi e cura delle malattieinfettive.

In sede di prima erogazione dell’assistenza, la prescrizione ela registrazione delle prestazioni a favore degli stranieri irregolarie di quelli regolari ma non iscritti al SSN vengono effettuateassegnando un codice regionale a sigla STP (Straniero Tempo-raneamente Presente), che ha validità semestrale ed è rinnovabilein caso di permanenza dello straniero sul territorio nazionale.

Si tratta di un codice identificativo composto dalla dicituraSTP, dal codice ISTAT relativo alla struttura sanitaria pubblicache lo rilascia e da un numero progressivo attribuito al momentodel rilascio. Tale codice deve essere utilizzato per la prescrizione,

(1) Si tratta di: Australia, Tunisia, Argentina, Brasile, San Marino, Capo Verde,Principato di Monaco, Croazia, Slovenia, Jugoslavia, Macedonia, Bosnia Erzegovina,Svizzera e quelli appartenenti all’Unione Europea.

(2) Per “urgenti” si intendono cure che non possono essere differite senzapericolo per la vita o danno per la salute della persona, mentre per “essenziali” siintendono le prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapeutiche, relative a patologie nonpericolose nell’immediato e nel breve termine, ma che nel tempo potrebbero determi-nare maggiore danno alla salute o rischi per la vita.

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su ricettario regionale, di farmaci erogabili, a parità di condizionidi partecipazione alla spesa con i cittadini italiani, da parte dellefarmacie convenzionate.

Lo stato di indigenza del soggetto viene attestato dal pazientestesso al momento dell’assegnazione del codice STP, mediante lasottoscrizione di una dichiarazione, anch’essa valevole sei mesi.Gli oneri relativi delle prestazioni sanitarie sono a carico dell’ASLnel cui territorio vengono assistiti, anche se le prestazioni sonoerogate da altre aziende ospedaliere, da Istituti di ricerca e curaa carattere scientifico e da altri presidi accreditati.

Le risorse pubbliche destinate ai servizi sanitari per gli stranieriirregolari non sono comprese nella quota capitaria, ma derivano dadue fonti di finanziamento specifiche. La prima, a valere sul FondoSanitario Nazionale, deriva da una delibera CIPE (legge 40/1998,art. 33) e viene erogata annualmente, sulla base di un duplice cri-terio, basato sulle istanze di regolarizzazione presentate e sul nu-mero dei ricoveri per gravidanza, parto e puerperio effettuati. Co-stituisce una quota a disposizione delle regioni vincolata a talescopo e deriva dalla ripartizione della somma stabilita annualmentea livello centrale e rientra nella categoria di obiettivi che per leggevanno finanziati tramite FSN. È destinata a finanziare le spese de-rivanti dall’erogazione di prestazioni ospedaliere ambulatoriali o diricovero rivolte: i) alla tutela della gravidanza e della maternità; ii)alla salute dei minori; iii) agli interventi di profilassi internazionale;iv) alla cura delle malattie infettive.

La seconda fonte di finanziamento è fornita dal Ministerodell’Interno (D.Lgs. n. 286/98 art. 35) a posteriori sulla base delleprestazioni ospedaliere effettivamente prestate, su richiesta dellesingole aziende sanitarie. Le prestazioni ammesse al rimborso acarico del Ministero dell’Interno sono quelle urgenti o comunqueessenziali, per malattia ed infortunio; quelle urgenti erogate permezzo del pronto soccorso e quelle essenziali, ancorché conti-nuative, erogate in regime di ricovero o in via ambulatoriale. Inentrambi i casi la ASL dovrà richiedere alla propria Regione o alMinistero (tramite le Prefetture) il rimborso di una prestazione,urgente o essenziale, erogata ad un soggetto che viene identificatomediante il codice regionale STP, con l’indicazione della dia-

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gnosi, dell’attestazione dell’urgenza o dell’essenzialità dell’inter-vento e della somma di cui si richiede il rimborso.

3. L’UTILIZZO DEI SERVIZI SANITARI: CONFRONTO TRA IMMIGRATI E

RESIDENTI.

La Liguria è simile ad altre regioni italiane del nord per quantoattiene la presenza di immigranti. Nel 2005, secondo le fonti uf-ficiali, il numero dei migranti regolarmente presenti in Liguria eracirca 66.000, rappresentanti il 4,14% della popolazione(1.592.309) (www.istat.it), mentre la presenza illegale, stimata se-condo le indicazioni riportate in precedenza, è di circa 12.000 in-dividui.

Il gruppo degli immigrati, tuttavia, ha caratteristiche demo-grafiche piuttosto diverse rispetto a quelle dei residenti e ancherispetto alle altre regioni del Nord Italia a prevalenza maschile(Scolari et al., 2002; Ammendola et al., 2005; Scarcella et al.,2006). In Liguria, infatti, è la donna che apre la strada ad altrimembri di famiglia (Caritas, 2006), in conseguenza diretta dellaetà avanzata dei residenti che richiede una presenza voluminosadi badanti. Come appare dalla Tabella 1, in Liguria, la popola-zione straniera appare maggiormente rappresentata da donne dietà compresa tra 15 e 44 anni.

TABELLA 1 — Struttura demografica della popolazione: residenti e immi-grati (Regione Liguria, 2005)

RESIDENTIPop totale*1.592.309

REGOLARIPop totale*

65.922

IRREGOLARIPop totale**

12.000

Età % M % F % M % F % M % F

<5 6,0 5,7 8,6 8,0 7,0 7,6

15-44 18,3 17,9 29,9 34,9 31,3 42,2

45-64 13,0 14,1 6,8 8,4 5,5 5,3

>65 10,0 15,1 1,5 1,9 0,5 0,7

totale 47,3 52,7 46,7 53,3 44,2 55,8

* ISTAT; ** stima.

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I dati ufficiali disponibili sull’accesso ai servizi sanitari siriferiscono esclusivamente alle prestazioni erogate dagli ospedalie, in particolare, agli accessi ai servizi di emergenza, ai serviziambulatoriali per visite specialistiche e diagnostica e ai ricoveriospedalieri. Le elaborazioni contenute nelle Tabelle 2, 3, 4 sibasano sui dati ufficiali corrispondenti all’utilizzo di questi servizinelle strutture pubbliche della Regione Liguria nel 2005.

Le tre categorie di prestazioni sono state ulteriormente di-saggregate. In particolare, le prestazioni di pronto soccorso sonostate suddivise per codice di urgenza, quelle ambulatoriali aseconda della tipologia di analisi diagnostica richiesta e, infine, iricoveri secondo la classificazione ICD-9-CM. (Ministero dellaSanità, 2001) che si articola in un elenco sistematico di capitolicon i codici delle patologie che hanno causato il ricovero.

In ciascuna tabella sono considerati tre gruppi di individui:gli immigrati irregolari, gli immigrati regolari e i cittadini resi-denti. I dati riferiti agli immigrati regolari sono desunti dallestesse fonti informative dei residenti, mentre per gli immigratiirregolari, l’unica fonte di dati sono le informazioni con il codiceSTP, di cui si è parlato in precedenza.

I valori indicati nelle tabelle sono le percentuali sul totale diprestazioni per colonna, ossia riferito allo stesso gruppo di po-polazione. Tali percentuali permettono di ricavare informazionisulla rilevanza di quella tipologia di prestazione per quel gruppodi individui rispetto al totale. Dalla tabella 2, per esempio, si puòosservare come sul totale degli accessi al pronto soccorso, nelcaso degli immigrati irregolari il 29% era un “codice bianco”,ossia circa un accesso su tre avviene per motivi riconosciuti nonurgenti da parte dei sanitari.

Confrontando le percentuali per riga, si possono identificaredifferenze di comportamento tra i tre gruppi di popolazione.Sempre con riferimento alla Tabella 2, dalla prima riga risulta chegli accessi inappropriati al pronto soccorso (codice bianco) deiresidenti sono percentualmente minori: meno di un accesso sucinque (18%) risulta, infatti, classificato come codice bianco Pervalutare in modo rigoroso se le differenze riscontrate sono effet-tivamente significative dal punto di vista statistico, è stato calco-

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lato il test del Chi quadro: nelle tabelle un asterisco indica unasignificatività al 99%, due asterischi una significatività al 95%),mentre l’assenza di asterischi indica che le differenze non sonosignificative.

TABELLA 2 — Utilizzazione delle strutture di Pronto Soccorso (2005,Regione Liguria)

Codice RESID. IRREG. REG.

Bianco nessuna urgenza, tempo diattesa indefinito

18,0% 29,0 %(*) 23,0%(*)

Verde urgente, tempo di attesastimato, entro le due ore

67,0% 65,0 %(*) 69,0%(*)

Giallo non c’è imminente peri-colo di vita ma la situa-zione è grave; tempo dinon superiore a 10 minuti

13,5% 5,8 %(*) 7,0%(*)

Rosso imminente pericolo di vita,il pronto soccorso si fermae riceve immediatamentel’utente

1,5% 0,2%(*) 1,0%(*)

100% 100% 100%

TABELLA 3 — Utilizzo di prestazioni ambulatoriali (2005, Regione Ligu-ria)

RESIDENTI IRREGOLARI REGOLARI

laboratorio: chimica clinica 41,6% 40,6% 40,5%

visita generale e specialistiche 10,6% 17,4%(*) 16,6% (*)

laboratorio: trasfusionale 12,2% 14,6% 14,7%

laboratorio: microbiologia 3,3% 7,3%(*) 6,9%(*)

laboratorio: prelievi 6,8% 6,4%(*) 6,9%

radiologia (trad,contrasto,tomo-grafia)

4,0% 3,7%(**) 3,5%(**)

ecografie 1,7% 2,5%(*) 2,8%(*)

esami cardiologici 1,5% 1,2%(**) 1,1%(**)

interventi chirurgici 1,0% 1,1% 1,1%

riabilitazione fisica 5,3% 1,0%(*) 1,2%(*)

altre prestazioni 11,9% 4,4% 4,7%

100,0% 100,0% 100,0%

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TABELLA 4 — Principali patologie per ricovero ospedaliero (RegioneLiguria, 2005)

ICD-9-CM RESID. IRREG. REG.

634-639 gravidanza con esito abortivo 0,9% 16,6%(*) 7,4% (*)

640-648670-677630-633760-779

complicanze relative alla gravi-danza, complicanze travaglio,parto e periodo perinatale, com-plicazioni del puerperio

2,7 11,0%(*) 10,7(*)

520-579 malattie dell’apparato digerente 8,7% 8,2% 9,0%

580-629 malattie dell’apparato genitouri-nario

7,4% 7,0% 7,2%

800-959 fratture, lussazioni, distorsioni,traumatismi, ferite, avvelena-menti da farmaci, effetti tossici disostanze non medicamentose

5,8% 6,9% (**) 6,9%(**)

650-659 parto normale e altre indicazioniper ricovero in gravidanza

1,9% 6,8% (*) 7,9% (*)

460-519 malattie del sistema respiratorio 7,1% 6,7% 6,8%

001-139 malattie infettive parassitarie 1,8% 5,2% (*) 3,3% (*)

780-799 sintomi, segni e stati morbosimal definiti

4,2% 4,8% 4,5%

290-319 disturbi psichici 3,1% 4,0% (*) 3,2%

390-459 malattie del sistema circolatorio 14,5% 3,1%(*) 5,1% (*)

V30-V39 nati vivi secondo il tipo di nascita 2,2% 2,9% 4,0% (*)

710-739 malattie del sistema osteomusco-lare e del tessuto connettivo

7,2% 2,2%(*) 4,1% (*)

740-759 malformazioni congenite 1,5% 1,8% 2,0%

280-289 malattie del sangue e degli organiematopoietici

1,5% 1,6% 1,6%

320-326330-337340-349350-359

malattie infiammatorie del si-stema nervoso centrale, malattieereditarie e degenerative e altridisturbi del sistema nervoso cen-trale

3,4% 1,6%(*) 2,5% (*)

360-379 malattie degli occhi e degli an-nessi

5,4% 1,1%(*) 1,9% (*)

210-229 tumori benigni 2,2% 1,1% (*) 1,9%

680-709 malattie della cute e del tessutosottocutaneo

1,6% 1,0% 1,6%

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ICD-9-CM RESID. IRREG. REG.

270-279 altri disturbi metabolici ed im-munitari

1,2% 0,8% 1,1%

250 diabete mellito 1,5% 0,6% (*) 0,7% (*)

Altro 14,3% 5,3% 6,7%

Totale 100,00% 100,00% 100,00%

Le differenze significative tra i valori percentuali, all’internodella stessa colonna e tra le righe, permettono di rilevare in chemisura differenti pattern di utilizzo da parte degli immigrati sianosintomo di barriere all’accesso che impediscono un pieno eserci-zio del loro diritto alla tutela della salute.

In primo luogo si rileva come molte differenze siano dovutesemplicemente a una diversa composizione dei tre gruppi per età.Questo è evidente per i parti, per le malattie cardiologiche, per lariabilitazione fisica per il diabete e le malattie degli occhi. Nelcaso dei ricoveri per parto è evidente che il valore percentualeelevato (6,8% e 7,9% per gli immigrati irregolari e regolari,rispettivamente) dipenda dal fatto che il gruppo degli immigratiè prevalentemente costituito da donne in età fertile. Il dato deiricoveri della tabella 4 si accompagna al maggior uso di ecografierilevabile dalla tabella 3.

Per tutte le altre cause, succede il contrario: il maggiorutilizzo da parte dei residenti risulta giustificato da una età piùelevata. Questo è evidente per “malattie del sistema circolatorio”(tabella 4) da leggere insieme al dato sugli “esami cardiologici”(tabella 3). Analogamente nel caso del diabete mellito, la percen-tuale dei ricoveri è doppia per i residenti, mentre dalla tabella 3emerge un utilizzo più che doppio dei servizi ambulatoriali perriabilitazione fisica da parte dei residenti.

In secondo luogo, emergono differenze significative tra lepercentuali di utilizzo che non possono essere spiegate sulla basedelle caratteristiche demografiche. In questo caso, si deve sup-porre che esistano altri fattori di rischio tipici degli immigrati, siadi carattere epidemiologico (malattie infettive) sia connessi allecondizioni lavorative (fratture e traumatismi), sia, infine, connessia cattive condizioni socioeconomiche e povertà (aborti e malattie

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mentali). Questi fattori specifici di rischio, talvolta, sono comunitra i due gruppi di stranieri, mentre in altri casi esistono diversitàfra immigrati regolari e immigrati irregolari. Una differenzasignificativa di utilizzo delle prestazioni sanitarie fra immigrati(regolari e irregolari) e residenti significa che la condizione diregolarità non “sana” la situazione. Una diversa percentuale diutilizzo fra immigrati regolari e irregolari potrebbe significare chei fattori di rischio si stanno attenuando per il gruppo deglistranieri regolari man mano che aumenta la loro integrazione neltessuto sociale. Percentuali di utilizzo delle prestazioni sanitariedegli immigrati regolari uguali a quelle dei residenti indichereb-bero, invece, che tale gruppo dal punto di vista dei rischi sanitariè divenuto simile a quello dei cittadini.

Differenze di utilizzo dei servizi sanitari rispetto ai residenti siverificano per le malattie infettive e parassitarie. In particolare,nella tabella 4, la percentuale di ricoveri ospedalieri degli immi-grati (5,2% e 3.3%, rispettivamente per irregolari e regolari) perqueste patologie risulta significativamente maggiore rispetto aquella dei residenti (1,8%). Una conferma alla prevalenza dellemalattie infettive per gli immigrati risulta anche dal fatto che lepercentuali degli esami microbiologici di laboratorio richiestedagli immigrati (7,3% e 6,9%, rispettivamente) sono percentual-mente circa il doppio di quelle dei residenti (3.3%) (tabella 3). Idati liguri confermano, pertanto, l’esistenza di differenti caratte-ristiche epidemiologiche segnalata dalla letteratura (Carballo, etal, 1998; Mcnaghten et al, 2005; Burke et al, 2003; Scolari et al,2002).

Tutte le altre differenze sembrano, invece, da imputare es-senzialmente a diverse condizioni socioeconomiche in senso lato:condizioni lavorative spesso più rischiose, situazioni di disagiosociale e anche mancata conoscenza dei propri diritti.

Le tipologie di lavoro sono probabilmente la causa principaledelle fratture, effetti tossici ed altre lesioni che rivelano l’am-biente particolarmente ad alto rischio in cui gli immigrati sonospesso occupati (Cacciani et al., 2006). Questo appare nei valoridelle percentuali di ricoveri per “fratture, lussazioni, distorsioni

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traumatismi, ferite, avvelenamenti da farmaci” dove la percen-tuale di utilizzo (6,9%) degli immigrati regolari è esattamenteuguale a quella degli irregolari e superiore a quella dei residenti(5,8%).

L’esistenza di disagio sociale e condizioni di vita deprivateappare anche con riferimento ai ricoveri per aborti. Nella regioneLiguria, la maggiore prevalenza delle donne fra gli immigratiprovoca non soltanto, come ci si potrebbe aspettare, una più altapercentuale di parti, ma anche una altissima percentuale digravidanze non intenzionali con un esito abortivo: il 16,6% pergli immigrati irregolari contro il 7,4% per i regolari e soltanto lo0,9% per i residenti. evidente come in questo caso sia chiaro ilcollegamento fra questi valori e la situazione di irregolarità equindi l’instabilità delle condizioni di lavoro e, più in generale,stati di vita sfavoriti (Macintyre et al, 2002). La gravidanza,inoltre, anche quando portata a termine costituisce un fattore dirischio peculiare per gli immigrati come si rileva da un altro datoriportato in tabella 4, cioè dalle percentuali di utilizzo di presta-zioni per complicanze relative alla gravidanza e al parto: 11%,10,7% e 2,7% rispettivamente. Anche in questo caso la più altaprevalenza potrebbe essere almeno in parte spiegata da condi-zioni di deprivazione e di povertà che impedisce addirittura lapercezione dei propri diritti e quindi addirittura alla capacità diaccedere a campagne informative e servizi di prevenzione esi-stenti rivolte a questi gruppi di popolazione (Wolff et al, 2005).

Un fattore di rischio importante, soprattutto per gli immigratiirregolari è, infine, la salute mentale. Come segnalato in lettera-tura (Ling et al, 2004; Ouarasse et al, 2005), malattia psicologicasignifica soprattutto problemi di integrazione in una società cheè normalmente molto differente dal paese d’origine. Tale diffe-renza sembra riassorbirsi non appena si raggiunge lo stato diregolarità: i dati rilevati indicano una prevalenza del 4% per gliirregolari rispetto al 3% per i residenti e regolari.

Si noti, infine, come per comprendere meglio l’accesso deglistranieri ai servizi sanitari non sia sufficiente limitarsi all’esamedelle patologie più frequenti desumibili dalla utilizzazione deiservizi sanitari. Ci si deve anche chiedere se questi utilizzi corri-

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spondano al bisogno complessivo di servizi sanitari da parte degliimmigrati. Un indicatore semplice, ancorché basato sulla do-manda espressa piuttosto che sul bisogno è il cosiddetto tasso diutilizzo dei servizi, ottenuto dividendo il numero complessivo diprestazioni per la popolazione che ha espresso tale domanda.Nella Tabella 5, tale indicatore è calcolato per i tre gruppi dipopolazione esaminata e per le tre categorie di prestazioni.

TABELLA 5 — Tasso utilizzo procapite (Regione Liguria, 2005)

RESIDENTI IRREGOLARI REGOLARI

Pronto Soccorso 388 533 303

Prestazioni ambulatoriali 14.884 6.833 4.119

Ricoveri ospedalieri 245 259 242

Risulta evidente che gli stranieri irregolari ricorrono in misuramolto maggiore all’ospedale per le emergenze e per i ricoveri. Nelprimo caso, in un anno un immigrato irregolare su due ha avutomediamente accesso al pronto soccorso, anche se, come apparedalla tabella 2, in un caso su tre per motivi non appropriati(codice bianco). Un più alto tasso di utilizzo appare anche per iricoveri ospedalieri, 259 rispetto a 245, pur tenendo conto che iltasso di utilizzo medio a livello nazionale è circa 160 ricoveri per1000 abitanti e il tasso del 245 per mille abitanti dei residenti ègiustificabile, in Liguria unicamente dalla elevata età media dellapopolazione, il che, come abbiamo visto non è vero per il gruppodegli immigrati. I dati degli immigrati regolari sono, invece,molto simili a quelli dei residenti.

Il contrario, avviene, invece, per le prestazioni ambulatorialiper le quali la richiesta da parte degli immigrati è decisamenteinferiore. Questo indicherebbe che anche se gli immigrati hannodiritto a usufruire di tutti i livelli di assistenza, di fatto sirivolgono alle cure ospedaliere quando la malattia emerge informa acuta, mentre, al contempo, sono assai ridotte le richiestedi prestazioni diagnostiche e preventive rivolte prevalentementeagli ambulatori, rispetto all’utilizzo da parte dei residenti.

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4. DISCUSSIONE.

I dati disponibili mettono in luce differenze importanti nel-l’utilizzo dei servizi sanitari da parte degli immigrati, a parità distruttura demografica. Tale differenze risultano come atto finaledi un processo che inizia quando gli individui percepiscono unbisogno di assistenza sanitaria a seguito di uno squilibrio nel lorostato di salute. In questa fase del processo possono intervenirealcune barriere all’accesso dei servizi che a seconda del gruppoconsiderato possono condurre a diversi percorsi: è possibile nondare adito a nessuna domanda di prestazioni, ricorrere a forme diautomedicazione oppure rivolgersi al medico o a una strutturasanitaria. In teoria il comportamento degli immigrati dovrebbeessere molto simile a quello dei residenti, perché, come si è detto,la normativa riconosce praticamente gli stessi diritti all’accesso aiservizi.

Gli immigrati, tuttavia, già in questa fase devono affrontare lebarriere relative dovute a motivi culturali o socio-economici cosìcome acquisizione di informazioni ed accesso alle strutture. (Testiet al, 2006). , infatti, molto difficile che riescano ad esprimereesattamente che cosa desiderino e riescano quindi a tradurre illoro disagio in domanda concreta dei servizi di sanità. Questo èdovuto a problemi di comunicazione che coinvolgono linguedifferenti e diversi ruoli del medico e dell’ospedale (Weitzman etal, 2004). Anche dopo che l’individuo ha espresso il bisogno equesto è stato riconosciuto da un medico e valutato, l’utilizza-zione dei servizi può essere ritardata per il timore di essereidentificato e rispedito al paese d’origine (Iversen et al, 2003) selo straniero è irregolare. Anche nel caso di immigrati regolari,comunque, l’accesso ai servizi sanitari può essere difficoltoso perchi non ha un lavoro regolare, bambini non dichiarati, condizionidi estrema povertà (Macintyre et al, 2002). La presenza di questebarriere implica, che, come è stato evidenziato in precedenza,l’ospedale rappresenta per la maggiore parte degli immigratil’unica struttura di riferimento, facile da identificare dove cercareil soddisfacimento di ogni bisogno di salute. Questo aspettoimplica, peraltro, che i bisogni siano soddisfatti in modo inap-

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propriato: quanto la domanda di cure è rivolta quasi esclusiva-mente all’ospedale si verifica, infatti, non soltanto un aggravioinutile di costi, ma anche una minore efficacia dell’interventosanitario che potrebbe migliorare se garantito con continuitàattraverso servizi di medicina di base e territoriali volti anche adaspetti di prevenzione.

Una evidenza relativamente inattesa è l’esistenza di differenzeanche fra residenti e immigrati regolari. Questi ultimi hanno,infatti, esattamente gli stessi diritti dei residenti e non dovrebberoesistere, a parità di condizioni demografiche, differenze nell’uti-lizzo dei servizi sanitari. I dati analizzati evidenziano, invece,come il processo effettivo di integrazione sia, invece, ancorapiuttosto limitato e richieda ulteriori interventi mirati soprattuttoalla educazione e alla comunicazione.

In conclusione, sembra che le differenze nel ricorso ai servizisanitari da parte degli immigrati siano dovuti prevalentemente acondizioni socioeconomiche svantaggiate e a mancanza di infor-mazioni e comunicazione corretta. Per abbattere queste barriereal corretto esercizio del diritto alla tutela della salute sononecessarie due linee di intervento.

In primo luogo, le politiche sanitarie dovrebbero essereaccompagnate anche da interventi sociali poiché il rischio piùimportante è la vulnerabilità connessa con il vivere con l’insicu-rezza dello stato economico Secondariamente, bisognerebbe pro-muovere campagne finalizzate al potenziamento del ruolo dellamedicina territoriale e ambulatoriale per avvicinare gli immigratialle strutture sanitarie e indirizzarli verso il percorso assistenzialemigliore, che spesso non conoscono neppure, incentivando alcontempo la preparazione specifica e la formazione dei profes-sionisti sanitari.

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ROSA PALOMBO

IMMIGRAZIONE E PUBBLICA SICUREZZA

1. La relazione tra immigrazione e problematiche di pub-blica sicurezza può essere delineata in questa sede dall’UfficioImmigrazione che rappresento soltanto limitatamente al territo-rio della Provincia di Genova, in quanto una analisi più ampia edarticolata è riferibile esclusivamente al Ministero dell’Interno chedispone di dati complessivi e comparati.

Premesso il significato del concetto “pubblica sicurezza”inteso come “tranquillità pubblica ed ordinato e regolare svolgi-mento della vita sociale”, ci limiteremo pertanto ad esaminarequali comportamenti e situazioni, nella realtà o nella percezionedella popolazione residente, costituiscano turbativa della pub-blica sicurezza e quali risposte il nostro ordinamento predispongain relazione a tali problematiche.

Va innanzitutto chiarito che la oggettiva turbativa della pub-blica sicurezza è evidentemente connessa alla commissione direati che destano un particolare allarme sociale quali, ad esempio,quelli ricompresi nella cosiddetta criminalità diffusa, in cui l’ag-gettivo “diffusa” stigmatizza la percezione di tali tipi di reato traun assai ampio numero di persone. Si tratta di reati che per lo piùledono o mettono in pericolo beni o diritti fondamentali dell’in-dividuo provocando nella popolazione residente un diffuso sen-timento di insicurezza e paura che va ad incidere sulla qualitàdella vita quotidiana.

Tale assunto è confermato anche dal tenore del “Patto perGenova sicura”, promosso dal Ministero dell’Interno e sotto-scritto nel giugno 2007 dal Sindaco e dal Prefetto di Genovanonché da rappresentanti dell’ Amministrazione Provinciale eRegionale, che fa esplicito riferimento alla necessità di garantire

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una maggiore percezione della sicurezza tra la cittadinanza pro-prio in relazione ai reati cosiddetti predatori, alla prostituzione edallo spaccio d sostanze stupefacenti.

Tra questi sono senz’altro da ricomprendere quelli consumatispesso in luoghi pubblici, ma anche presso private abitazioni,usando violenza e/o minaccia sulla vittima o sui suoi beni: adesempio il furto, e nello specifico il c.d. scippo, la rapina, la rissa,mentre tra i reati inerenti gli stupefacenti è particolarmenteallarmate lo spaccio, proprio perché perlopiù avviene in manierapiuttosto evidente ed in considerazione del fatto che è connessocon altre forme di microcriminalità cui sono sovente dediti gliassuntori e gli spacciatori, questi ultimi per conflitti inerenti learee territoriali di spaccio.

Numerosi studi criminologici acclarano, poi, l’ipotesi chesiano potenzialmente suscettibili di turbare la pubblica sicurezzain senso lato una serie di condotte antisociali che concretizzano laviolazione di regole anche diverse da quelle giuridicamente rile-vanti o addirittura non codificate circa l’uso degli spazi pubblici;stiamo parlando del senso di insicurezza generato da indicatori didisordine sociale, pensiamo ad esempio ai sentimenti suscitati daquegli individui, seppure non violenti, che appaiono equivoci esenza regole, quali ubriachi, vagabondi, tossicodipendenti, pro-stitute, mendicanti, come anche dall’insieme dei “segni di inci-viltà” costituiti, ad esempio, da edifici fatiscenti, abbandonati,sporchi, talvolta occupati abusivamente; arredi urbani distrutti odanneggiati; strade sporche e maleodoranti che caratterizzanoalcune zone cittadine quali centri storici, periferie degradate.Questi vengono percepiti dai residenti come spie del crollo dellenorme che regolano la vita quotidiana nonché indice dalla inca-pacità di farle rispettare da coloro che hanno questo compito.

Inoltre i soggetti ritenuti responsabili di questi “segni diinciviltà” — per restare nel nostro tema sovente riferibili a fascedi immigrati non integrati, a prescindere dalla regolarità del lorosoggiorno — vengono considerati una minaccia perché impreve-dibili e quindi capaci di commettere anche reati violenti. Deveessere peraltro rilevato che le menzionate “inciviltà” sono addi-rittura più visibili dei reati avendo un elevatissimo numero di

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testimoni e pertanto è più diffuso il senso di insicurezza checontribuiscono a creare rispetto a quello generato dal singoloreato.

2. Le dinamiche rappresentate possono in parte spiegare larichiesta di maggiore sicurezza che proviene da quartieri cittadini— anche di questo capoluogo — ove sono visibili segni evidentidi degrado imputabili a stranieri seppur in realtà sovente daquesti abitati in quanto sgraditi ai residenti, che si aggiungonoalla vera e propria commissione di reati ad essi ascrivibili. Ancheil menzionato “Patto per Genova sicura” indica il fenomeno deldisagio sociale e del degrado urbano, testimoniato ad esempio dadanneggiamenti, incendi dolosi, abbandono di rifiuti in areeurbane, quale generatore di insicurezza nel senso sopra descritto,sottolineando la necessità di strategie di intervento integrate permigliorare il controllo del territorio e la qualificazione urbana, inparticolare con progetti e programmi specifici rispetto a compor-tamenti antisociali che trasmettono un senso di insicurezza.

L’insicurezza percepita e, quindi, la turbativa alla pubblicasicurezza possono inoltre ingenerare una domanda di ordine e dimisure più severe ed efficaci anche in materia di immigrazione,potendo localmente degenerare nel noto fenomeno delle ronde,che costituisce un evidente tentativo di sostituirsi od affiancareun’autorità ritenuta incapace di svolgere il proprio ruolo dicontrollo e repressione.

3. Tornando invece ad indicatori certi di turbative dellapubblica sicurezza, forniamo alcuni dati relativi alla realtà locale.

Premesso che gli immigrati regolari in Genova e provincia dal1995 ad oggi sono più che triplicati ammontando ad oggi a circa40.000, che rappresentano oltre il 50% di quelli della Regione, èevidente la notevole incidenza del fenomeno migratorio soprat-tutto se rapportato al bassissimo incremento demografico dellapopolazione locale.

Le cittadinanze maggiormente rappresentate sono in ordinedecrescente: Ecuadoriana (circa 10.000); Albanese (circa 4.000);

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Marocchina (circa 3.500); Peruviana (circa 2.300); Srilanchese(circa 1.000); Cinese (circa 1.000).

Non si è in possesso di stime circa le presenze irregolari,tuttavia è evidente che il nostro Paese continua ad essere fonte diattrazione per i cittadini extracomunitari alla ricerca sia di un’oc-cupazione onesta seppur irregolare, che di facili guadagni dafonti diverse.

Tuttavia, le problematiche di pubblica sicurezza evidenziateanche recentemente dai mass media sono connesse ad una noncompleta integrazione sociale di alcune fasce di immigrati, nonnecessariamente legata alla titolarità o meno della autorizzazioneal soggiorno. Basti pensare alla forte presenza di immigrateclandestine che svolgono lavoro domestico o di cura degli an-ziani, le quali non creano alcun problema di pubblica sicurezzasia sotto il profilo della commissione dei reati che sotto quello delmenzionato “disordine sociale”.

Andando a verificare, invece, il numero degli immigrati indi-viduati quali autori presunti — denunciati o arrestati — di reatiquali furti, rapine, lesioni personali si può affermare una notevoleincidenza della criminalità straniera rispetto a quella nazionaleconfermata anche dalla rilevante presenza extracomunitaria nellestrutture carcerarie cittadine, con specifico riguardo a quellamagrebina per quanto riguarda i reati in materia di stupefacenti.

Tali valutazioni sono a livello nazionale confermate dai daticontenuti nella Relazione annuale per il 2006 del Dipartimentodella Pubblica Sicurezza, secondo cui gli immigrati rappresen-tano un terzo dei denunciati con riferimento anche al fatto chedopo l’indulto il numero dei reati predatori come furti e rapinecommessi nel 2006 risulta salito notevolmente; più specifica-mente si afferma che pur essendo solo il 4% della popolazioneresidente sul territorio nazionale gli stranieri nel 2005 hannorappresentato il 33,41% dei denunciati e che nei primi 9 mesi del2006 la percentuale era salita al 36,5%.

4. Per quanto riguarda Genova e provincia dal 1° gennaio al30 ottobre 2007 a fronte di 317 lesioni dolose sono stati indivi-duati 240 autori (denunciati o arrestati) di cui 92 extracomuni-

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tari, mentre su 9.000 furti denunciati (di cui poco meno di unterzo con destrezza) risultano segnalati all’Autorità Giudiziaria etratti in arresto rispettivamente 627 e 158 individui di cui 148 e30 extracomunitari, 170 e 55 romeni. Allarmante il dato relativoalle rapine, laddove su 393 reati commessi, gli autori arrestatisono stati 58 di cui 27 extracomunitari e 6 romeni, quelli denun-ciati sono 58 di cui 26 extracomunitari ed 1 romeno.

È il caso di rilevare che allorquando, anche per il tramite deimass media, un numero certamente significativo di reati di uncerto tipo viene ascritto sulla base di dati certi ad immigrati,spesso di una determinata nazionalità, è facile intuire che nell’im-maginario collettivo vengano riferiti a tale nazionalità anche glialtri reati dello stesso tipo i cui autori non risultano ancorascoperti. D’altronde il collegamento straniero — autore di fatticriminosi a detta dello stesso Viminale nella citata relazioneannuale — rappresenta uno stereotipo ancora piuttosto diffusocui spesso contribuiscono i mass-media con il loro specifico mododi presentare le notizie. Tale meccanismo può trovare un’ulte-riore spiegazione nelle considerazioni sopra esposte sul cosid-detto “disordine sociale”, quando ad una determinata naziona-lità, vedi ad esempio quella ecuadoriana, si collegano altri segni diinciviltà quali ubriachezza, oziosità, schiamazzi, uso incongruodegli spazi pubblici ecc.

Analogamente, anche le condizioni di degrado in cui vivonole comunità “rom”, oltre al considerevole numero di reati com-messi da cittadini romeni, ha contribuito a creare il c.d. “allarmeromeni” che ha indotto l’emanazione del Decreto Legge n. 181del 1° novembre 2007 il quale, modificando la disciplina dellaposizione giuridica dei cittadini comunitari del febbraio 2007, haprevisto la possibilità di allontanare coloro che non soddisfino irequisiti previsti per la regolare permanenza o che, per motivi dipubblica sicurezza, debbono essere allontanati dal territorio na-zionale con accompagnamento immediato alla frontiera e divietodi reingresso fino a tre anni, stabilendo la reclusione fino a treanni per i trasgressori.

Di particolare interesse per il nostro tema la definizionelegislativa di “imperatività” dei motivi di pubblica sicurezza che

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pone in risalto la necessità che il comportamento del cittadinocomunitario sia compatibile con l’ordinata convivenza rispetto acondotte compromissive della dignità umana, dei diritti fonda-mentali della persona ovvero della incolumità pubblica.

Per quanto concerne gli stranieri non comunitari specificoriguardo al profilo della pubblica sicurezza è contenuto nellaterza ipotesi di pericolosità sociale ex articolo 1 della legge n.1423/1956 e relativi aggiornamenti (richiamato dall’articolo 13,comma 2, lettera c), concernente l’espulsione, del decreto legi-slativo n. 286/1998.

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PAOLA BALBO

IMMIGRAZIONE E ASILO: DIFFERENZEE COMMISTIONE

1. Ogni qualvolta ci accostiamo al tema dell’immigrazione, laprima constatazione che ne deriviamo è data dalla molteplicitàdei termini cui facciamo ricorso: immigrato, emigrato, straniero,rom, extracomunitario, cittadino dell’Unione europea, apparte-nente a minoranza etnica europea o extracomunitaria, richie-dente asilo, rifugiato. Questo ci porta a concludere che, a pre-scindere dalle specifiche funzionali, tutti questi termini hannosovraordinato e in funzione di genere a specie il termine di‘straniero’. Ciascun individuo è sempre al tempo stesso stranieroe vanta una cittadinanza e una nazionalità, in qualche caso anchepiù cittadinanze né deve stupire questo fatto. Risale al 1923 unapronuncia della Corte internazionale di Giustizia che sostenevacome il concetto di ‘nazionale’ (ressortissant) si estendesse acomuni come la città di Ratibor. Come ben era stato illustrato nelcaso Königs-und Laurahütte Company, continuava la Corte, iltermine ‘national’ nella Convenzione di Ginevra generalmentecontempla le persone fisiche. Ma una relazione analoga a quellache esiste tra persone fisiche e Stato e detta nazionalità, esisteanche, sebbene in forma differente, nel caso di corporazioni. Lanecessaria comprensione di ciò che si intenda con cittadinanza enazionalità è la diretta conseguenza delle interpretazioni, spessoa sfavore, che sorsero sui termini ‘national’ e ‘ressortissant’ dellatradizione giuridica internazionale. Si connette a questo anchel’articolata serie di modi di allontanamento sorte nei diversimomenti storici a tutela dell’identità nazionale: deportazione(deportation), estradizione (extradition), allontanamento (remo-val), riaccompagnamento alla frontiera (reduction to frontier),

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respingimento (refoulement), non ammissione (non-admission),trasferimento (transfer) e infine accordi di reinserimento (resett-lement commitments) (1). Senza entrare nello specifico diognuno, queste premesse ci conducono ad una riflessione inevi-tabile: la necessità di favorire sempre di più l’armonizzazione siasul fronte internazionale che nazionale delle norme relative adimmigrati e richiedenti asilo. Sul fronte nazionale, in particolare,il costante moltiplicarsi delle leggi favorisce situazioni di confu-sione e difficoltà interpretativa tali da diventare spesso ostacolo alrealizzarsi delle finalità cui tali leggi sono destinate e nei casiestremi ostacolare la tutela dei diritti.

Affrontare i temi dell’asilo e dell’immigrazione significa avereun quadro il più possibile completo e aggiornato, ma al tempostesso ineliminabile del diritto internazionale inteso nelle sue trearticolazioni: internazionale in senso pieno (raccomandazioni econvenzioni delle Nazioni Unite), comunitario e pattizio (comedefinito e limitato dalle recenti sentenze nn. 348 e 349 del 2007),nazionale. Ad oggi il sistema italiano ha come riferimento legi-slativo nazionale, in buona sostanza derivato dall’applicazionedelle direttive europee, numerose leggi e precisamente:

a) d.lgs. n. 286/1998 smi, d.l. n. 416/1989 convertito inlegge n. 39/1990, d.lgs. n. 3 del 8 gennaio 2007 (di recepimentodella direttiva 2003/109/EC sui soggiornanti di lungo periodo),d.lgs. n. 140 del 30 maggio 2005 (di recepimento della direttiva2003/9/EC), d.lgs. n. 5 del 8 gennaio 2007 (di recepimento delladirettiva 2003/86/CE sul ricongiungimento), d.lgs. n. 24 del 6febbraio 2007 (recepimento della direttiva 2003/100/CE espul-sione per via aerea), d.l. n. 144 del 27 luglio 2005, G.U. n. 173 del27 luglio 2005, convertito nella legge n. 155 del 31 Luglio 2005;

b) d.P.R.. n. 54 del 18 gennaio 2002, d.lgs. n. 30 del 6febbraio 2007 (di recepimento della direttiva 2004/38/CE suicittadini europei), d.lgs. n. 206 del 6 novembre 2007 (di recepi-

(1) Permanent Court of International Justice, Advisory Opinion n. 7 del 15settembre 1923. Per l’esame si rimanda a P. BALBO, Stranieri. Profili civili, amministra-tivi e penali, p. 11 ss, Giappichelli ed., 2007.

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mento della direttiva 2005/36/CE sui bulgari e i romeni), d.l. n.181 del 1o novembre 2007 sull’allontanamento.

La parcellizzazione da un lato trova una giustificazione par-ziale nel succedersi temporale delle direttive, dall’altro tuttaviaappare meno apprezzabile alla luce delle stesse disposizioni delleleggi comunitarie che (in particolare la legge n. 11 del 2005 el’attuale disegno di legge comunitaria 2007) prevedono la realiz-zazione di testi unici e codici. Il recepimento, nell’arco di unanno, di ben tre delle direttive fa sorgere la domanda circa ilperché il legislatore non si sia attivato al fine di rendere omogeneaquesta disciplina a parte l’abrogazione di una ulteriore percen-tuale dell’ormai quasi inesistente d.l. n. 416 del 1989.

Non solo, tale armonizzazione e razionalizzazione avrebbeconsentito di ridurre la pesante eredità derivante dalla commi-stione, non solo italiana va tuttavia detto ma certamente piùaccentuata nel nostro ordinamento, tra legislazione speciale rela-tiva agli immigrati e agli immigrati clandestini in specie e quellarelativa ai richiedenti asilo ben diversa.

2. Fatta questa premessa di natura generale, ciò che vaassolutamente detto è legato alle problematiche sorte a livellocomunitario e nazionale degli Stati membri che già si sonoconfrontati con le disposizioni impartite nelle direttive 2003/9/EC, 2004/83/EC e 2005/85/EC, nella Convenzione di Dublino Idel 15 luglio 1990 e nel Regolamento (Dublino II) 343/2003,2003/109/EC, 2004/58/EC (sui cittadini europei che abroga ladirettiva 64/221), per citare le principali (2). Non possiamo infinetralasciare le disposizioni in materia di terrorismo dal momentoche esistono precise indicazioni destinate a regolamentare latutela dei diritti degli asilanti con le esigenze di indagine in casodi sospetto terrorismo. Il fondamento giuridico comunitario adesse sono il Trattato UE e la giurisprudenza della Corte di

(2) Con riferimento all’allontanamento dei cittadini europei richiamiamo adesempio Corte di giustizia europea Cause 41/74 e 67/74; Cause riunite 115 e 166/81;causa C-175/94. Si rimanda per una ampia disamina a P. BALBO, Stranieri, cit., cap. IV– Parte Speciale.

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giustizia e della CEDU (3). Il primo riferimento va al Trattatodell’UE del 1992 (Titolo VI-Cooperazione nei settori della giu-stizia e della politica interna, artt. K, K.1 a K.9). Vi compare ilriferimento alla politica dell’asilo. Segue il Trattato EC dopo ilTrattato di Amsterdam del 1997 che negli articoli dal 61 al 69specifica ulteriormente le politiche già presenti nel precedentetrattato in materia di frontiere, immigrazione, terrorismo, coope-razione civile e penale, asilo. Gli articoli 63 e 68 in combinato conl’art. 234 rappresentano il fulcro delle disposizioni che sonoseguite. L’art. 63 (commi 1 e 2) detta i parametri entro i qualisviluppare il tema dell’asilo e della protezione sussidiaria. Stabi-lisce che in materia di asilo e in accordo con la Convenzione diGinevra del 28 luglio 1951 e del Protocollo del 31 gennaio 1967si debbano adottare criteri e meccanismi per determinare qualeStato membro sia responsabile per l’esame di una richiesta diasilo presentata da un cittadino di paese terzo in uno Statomembro (Dublino I e II); gli standards minimi per l’accoglienza(2003/9); gli standards minimi per la qualificazione di cittadini dipaesi terzi come rifugiati (2004/83); gli standards minimi sulleprocedure per l’accoglimento o il rigetto dello status di rifugiato(2005/85). In modo analogo sono previste misure relative acoloro che necessitino di protezione temporanea.

Il Consiglio di Tampere del 1999 e il Programma dell’Aia del2005 hanno posto l’accento sulla necessità di un sistema comuneeuropeo di asilo basato su una procedura comune ed uno statusuniforme per quanti ottengano l’asilo o la protezione sussidiaria.Il termine indicato per la realizzazione di questa seconda fase è il2010, supponendo il 2007 come limite per concludere la valuta-zione degli strumenti legali vigenti al momento. In effetti anovembre 2007 la Commissione europea ha presentato il LibroVerde per una procedura di asilo comune. Questo ci conduce alleriflessioni critiche emerse ad oggi sulle procedure attuali: la nonapplicazione dell’effetto sospensivo in caso di rigetto dell’istanzadi asilo; la validità del concetto di paese di origine sicuri; l’infor-

(3) P. BALBO, Rifugiati ed asilo. Il diritto reale soffocato: excursus tra direttiveeuropee e leggi nazionali, 159 ss., Halley ed., 2007.

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mazione dal paese di origine (COI); la detenzione di richiedentiasilo; l’assistenza psicologica alle vittime di trattamenti disumanie violenze; le politiche mirate di sostegno ed inserimento dicoloro che ricevono il riconoscimento dello status di rifugiato.

3. Sintetizza lo scopo e le esigenze di modifica dell’impiantoattuale la relazione di apertura tenuta dal Vice Presidente FrancoFrattini alla public hearing del 7 novembre sul Libro Verde sulCEAS (Common European Asylum System). Le aree di interventosono quattro:

(i) gli strumenti legislativi;(ii) l’implementazione delle misure e della cooperazione pra-

tica;(iii) la solidarietà e la verifica delle prove (burden-sharing);(iv) la dimensione esterna dell’asilo.All’interno ed in connessione ad essi, anche in ragione delle

considerazioni presentate da diverse parti (associazioni, comuni,organismi pubblici, studiosi), si impongono quali passaggi obbli-gati cui guardare e da realizzare:

a) l’implementazione della cooperazione pratica per esem-pio attraverso modelli comuni di formazione, scambio di buoneprassi e la condivisione dell’informazione del paesi di origine,

b) la creazione di un ufficio di supporto europeo perl’asilo, destinato ad assistere gli Stati membri in una miglioreimplementazione politica di asilo organizzando formazioni diquanti siano coinvolti nelle procedure, favorendo gli scambi,centralizzando gli accordi di reinserimento (resettlement commit-ments) dagli Stati membri, gestendo un futuro portale informa-tico comune sul COI,

c) una attenzione maggiore alle esigenze particolari dellepersone vulnerabili: bambini, donne, vittime di torture, identifi-cando le aree dove occorre aumentare l’attenzione, il sostegno ela protezione in ogni fase della procedura di asilo,

d) una migliore definizione delle responsabilità e dei mec-canismi di verifica della condivisione dei mezzi di prova (burdensharing). I criteri e i meccanismi introdotti dal sistema di Dublinonecessitano di essere raffinati e armonizzati al fine di aumentarne

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efficienza e imparzialità, per esempio quando si riferiscono aminori non accompagnati e familiari,

e) la promozione del reinserimento come modo di espri-mere da parte dell’UE la solidarietà con i paesi terzi essendosirivelati positivi gli effetti del reinserimento (internazionale) pergli Stati membri, i paesi terzi e i rifugiati stessi,

f) il nesso asilo-migrazione. In particolare rimangono unonere acuto per l’Unione europea i salvataggi in mare e leintercettazioni marittime. La questione è di evitare che le misuredi controllo delle frontiere e la lotta legittima contro l’immigra-zione clandestina diventino un ostacolo nei confronti dei richie-denti asilo che guardano all’UE per ottenere protezione.

Tutto ciò ci conduce a richiamare alcune decisioni importantiche hanno rivelato la sostanzialità delle problematiche derivantidall’attuale impianto normativo. Partiamo dalla questione delladetenzione. I riferimenti vanno innanzitutto alle direttive 2003/9/EC e 2005/85/EC oltre che alla Convenzione sui rifugiati. Intutti i casi esiste una ben delineabile distinzione tra detenzione etrattenimento in un luogo ai fini dell’identificazione. L’art. 31della Convenzione sui Rifugiati consente il ricorso a forme direstrizione necessarie solo a fronte di spostamenti di rifugiatientrati illegalmente o presenti illegalmente sul territorio e sipresentino prontamente e spontaneamente alle autorità al fine dideterminare il proprio status., Ciò significa in altri termini chenon è applicabile l’imposizione di una forma di sanzione per ilsolo fatto che al fine di richiedere asilo un individuo attraversi lafrontiera con documenti falsi, sotterfugi o senza documenti e intale circostanza, fatta salva appunto la presentazione delle do-manda, è prevedibile una forma di limitazione delle libertà dicircolazione ma non la detenzione. È del resto vero che l’art. 5della Convenzione individua con precisione i casi nei quali èprevista la detenzione. Alla ECHR si aggiunge l’art. 9 dellaInternational Covenant On Civil and Political Rights (ICCPR)nella quale si ribadisce il divieto di privazioni arbitrarie dellalibertà personale eccetto che ciò avvenga nel rispetto e sulla basedi precise disposizioni di legge e con le garanzie proceduralidovute. Basti a dare una dimensione del problema il semplice

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richiamo ad alcune delle decisioni CEDU: case R (Saadi andothers) v. Secretary of State for the Home Department (2002)UKHL 41; Amuur v. France (1996) 22 EHRR 533; Chantal v.United Kingdom (1996) 23 EHRR 413; Saadi v. United Kingdom(2006) INLR 638; A v. Australia CCPR/C/59/D560/1993.

Questo tema ci riallaccia al punto altrettanto critico delleinformazioni del paese di origine (COI = Country of OriginInformation). Si tratta di materiali derivanti da diverse fonti,includendo testi come mappe, enciclopedie, annuali, reports odocumenti da organismi internazionali (es. UNHCR, UN HumanRights Committee), NGO internazionali (es. Amnesty Internatio-nal, reports di osservatori delle NU, reports di Gruppi interna-zionali di Crisi), organismi nazionali (es. reports del Dep. USA,reports del Servizio Immigrazione danese, reports del Paese diorigine del UK), news e database dei media, documenti legali(leggi, giurisprudenza, etc.) e controllo incrociato di richieste dialtri rifugiati.

Da una lettura attenta dell’art. 4 della direttiva sulla qualifi-cazione e degli artt. 8 e 30 di quella sulla procedura si ricavano iseguenti principi: rilevanza giuridica (relevance); affidabilità(reliability/balance) — il che significa trovare risposte ad unaserie di domande che sono: perché, chi paga, quando, chi/qualetipo, stile, come; accuratezza (accuracy) dell’informazione; traspa-renza (transparency). Si comprende allora la natura sostanziale enon solo procedurale della espressione ‘well-founded fear of beingpersecuted’ (un ben fondato timore di essere perseguitato) deri-vante dal fatto che la determinazione dello status di rifugiatorichiederà in primo luogo una valutazione delle dichiarazioni delrichiedente piuttosto che un giudizio sulla situazione dominantenel paese di origine considerando tuttavia tali dichiarazioni nonin astratto ma doverosamente esaminandole nel contesto dellasituazione retrostante rilevante.

4. Il passaggio da qui alla normativa sull’immigrazione si fa aquesto punto inevitabile innanzitutto per il richiamo all’art. 19del T.U. d.lgs. n. 286/98. La prima macroscopica differenza èdata proprio dallo scarto in termini di garanzia e di misure di

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inserimento delle due categorie di persone. Pensiamo all’effettosospensivo in caso di ricorso avverso una decisione negativa. LaCorte costituzionale si è pronunciata correttamente a tal propo-sito dichiarando incostituzionale parte degli articoli 13 e 14 deld.lgs. n. 286/98. Il legislatore, a fronte di un margine discrezio-nale che le stesse disposizioni contenute nella direttiva 2005/85/CE non ha previsto fino ad ora, come dimostra il testo quasiabrogato del 1989 n. 416, il riconoscimento di un tale principiodi garanzia quanto meno per le ipotesi che sfuggono al dettato delRegolamento Dublino II (4).

Sconcerta altresì la relativa carenza di percorsi successivi alriconoscimento dello status di rifugiato così come della prote-zione sussidiaria. Ciò significa che non esiste un effettivo tratta-mento equo tra immigrati e rifugiati, le possibilità di inserimentolavorativo dei quali ultimi sono considerevolmente inferiori. Nonsolo, le stesse strutture recettive soffrono delle carenze chefiniscono per colpire in misura maggiore minori e soggetti vul-nerabili. Ci troviamo allora di fronte alla possibile assurda con-dizione del soggetto che, riconosciuto rifugiato, nella materialeimpossibilità di avere mezzi sufficienti cada in mano della crimi-nalità organizzata ricorrendo a prestiti usurari e si trovi al limitedi commettere un qualche reato per poter far fronte alla propriasituazione. Si innesca il doppio meccanismo di incorrere in unadelle possibili cause di revoca e/o non proroga dello statustrovandosi gettato nella stessa condizione di chi è senza permesso

(4) P. BALBO, L’effetto sospensivo dell’allontanamento in caso di ricorso avverso ilrigetto della richiesta di asilo, in http://www.giurcost.org/studi/index.html (22/11/2007). P. BALBO, Rifugiati. Via non libera attraverso i decreti legislativi attuativi delledirettive europee 2004/83/EC E 2005/85/EC, in Diritto &Diritti - Rivista giuridicaelettronica, pubblicata su Internet all’indirizzo http://www.diritto.it, ISSN 1127-8579,12/10/2007, http://www.diritto.it/art.php?file=/archivio/24781.html. Il testo dei de-creti legislativi di recepimento delle direttive 2004/83/EC e 2005/85/RC in fase dipubblicazione sembrano, come per altro non era parso negli schemi all’esame, final-mente aver formalizzato e riconosciuto il principio dell’effetto sospensivo. P. BALBO,Foreigners in European Prisons. Italy., P. 481 ss, in Foreigners in European Prisons, 2vol. (by A. M. VAN KALMTHOUT, F.B.A.M. Hofstee-van der Meulen, F. Dünkel) , WLP,The Netehrlands, 2007.

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di soggiorno, e di non poter vantare, entro certi limiti, delle tuteleche sono previste per l’immigrato nel senso pieno del termine.

Un altro aspetto che non è possibile sottacere si riportaancora una volta alla centralità della tutela dei diritti umani dalmomento che il terrorismo ha una diretta connessione con ladelicata questione dell’asilo politico In tale direzione si muove laproposta di Risoluzione del 15 aprile 2005 presentata al Consiglioeconomico e sociale delle Nazioni Unite dalla Commissione deidiritti umani. Basilare rimane la condanna senza equivoci comecriminali e ingiustificabili di tutti gli atti, i metodi e le praticheterroristiche, sotto qualunque forma e manifestazione. Su questacosì specifica azione si incardina quanto deciso nella RisoluzioneUN 49/60 del 1994 nella cui Dichiarazione annessa si precisanoalcuni passaggi di particolare rilievo dal momento che (punto 5)si richiamano tutti gli Stati ad adempiere in modo uguale alleobbligazioni imposte dalla Carta delle Nazioni Unite e a quelle didiritto internazionale per la lotta al terrorismo con l’invito aprendere misure efficaci e risolutive, conformemente alle dispo-sizioni di diritto internazionale applicabili e a quelle relative aidiritti dell’uomo ed in particolare a prendere le misure volute,prima di concedere l’asilo, per assicurarsi che il richiedente asilonon abbia svolto attività terroristiche e, una volta concesso,assicurarsi che lo status di rifugiato non venga messo a profittoper contravvenire alle disposizioni che dispongono di astenersidall’organizzare, fomentare, facilitare, finanziare, incoraggiare otollerare attività terroristiche e di adottare misure pratiche affin-ché i territori non servano ad installazioni o a campi di addestra-mento di terroristi, né alla preparazione od organizzazione di attiterroristici contro altri Stati o di loro cittadini.

Al riguardo appare allora opportuno il richiamo pervenutoalle Nazioni Unite da parte del Rapporteur speciale, MartinSheinin, per la promozione e la protezione dei diritti umani nellalotta al terrorismo; richiamo di fine ottobre nel quale si fannopresenti al Comitato dell’Assemblea Generale quali elementiculminanti i decreti di intercettazione pre-ingresso e le misure diselezione, la detenzione dei richiedenti asilo, l’esclusione dallostatus di rifugiato o da altre forme di protezione, il rimpatrio o il

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reingresso delle popolazioni detenute per cause correlate al ter-rorismo e il sostenere la responsabilità internazionale per laprotezione.

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FEDERICA RESTA

LE LINEE DELLA POLITICA GOVERNATIVANEI SETTORI DELL’IMMIGRAZIONE

E DELL’ASILO

SOMMARIO: 1. Premessa. — 2. La disciplina attuale dell’immigrazione. — 3. Prospettivedi riforma e recenti innovazioni normative. — 4. I ricongiungimenti familiari. —5. Cittadini stranieri soggiornanti di lungo periodo. — 6. Eliminazione deipermessi brevi. — 7. Il diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari dicircolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (d.lgs.3072007). — 8. Il contrasto allo sfruttamento dell’attività lavorativa. — 9. Larepressione del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. — 10. L’acquistodella cittadinanza. — 11. Disegno di legge delega per la modifica della disciplinadell’immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero. — 12. Ladirettiva interministeriale in materia di identificazione e espulsione degli stranieriarrestati o detenuti.

« Il nemico politico è semplicemente l’altro, lo straniero (“der Fremde”), ebasta alla sua essenza che egli sia esistenzialmente, in un senso

particolarmente intensivo, qualcosa d’altro e di straniero, per modo chenel caso estremo siano possibili con lui conflitti »

(C. SCHMITT, Der Begriff des Politischen, Berlin, 1932).

1. PREMESSA.

Uno degli aspetti più complessi della realtà attuale e dellaglobalizzazione riguarda il rapporto tra cittadinanza e comunità.In quanto appartenenza ad una civitas, l’idea di cittadinanzarimanda alla dimensione relazionale che caratterizza la nozione dicomunità. I recenti processi di globalizzazione inducono a ripen-sare funzione, contenuto e caratteri del legame tra comunità ecittadinanza. La compresenza su uno stesso suolo di personeappartenenti a culture, religioni, tradizioni, ordinamenti diversi,dovrebbe infatti indebolire il legame tra cittadinanza e apparte-nenza identitaria a un ‘noi’ contrapposto necessariamente all’al-

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tro, allo straniero, a ciò che Freud definiva lo ‘sguardo perma-nente dell’altro su di sé’. La cittadinanza dovrebbe cioè farsisempre più nozione inclusiva, nucleo fondativo di un’idea dicomunità aperta, universale, sganciata dai presupposti identitaridello jus sanguinis et soli. Tuttavia, per una sorta di eterogenesidei fini, la globalizzazione sembra oggi declinare la cittadinanzanon come diritto di ogni persona, ma come privilegio di un’noi’sempre più ristretto, negata proprio a coloro che, direbbe Benja-min, hanno subito nella propria carne “tutta la violenza dellastoria”, a quei ‘corpi che non contano’, a quelle ‘vite di scarto’ dicui ci parlano Judith Butler e Zygmut Bauman, che scompaionodietro la figura dello straniero senza volto, privo di qualsiasiappartenenza (Garapon-Salas). Così, l’idea di comunità è oggisempre più declinata — con un’evidente inversione di senso-nelle forme della proprietà, della appartenenza esclusiva (edescludente) delle persone che la formano. Che tale proprietà —come sottolineano Zagrebelsky ed Esposito — riguardi un terri-torio, una religione, un’etnia, non cambia il punto di partenza: èconsiderato comune ciò che è proprio di un certo gruppo dipersone, e non di altre. La comunità è così interpretata comel’appartenenza originaria, l’identità, la proprietà collettiva, che diper sé esclude — in forma offensiva tanto quanto in formadifensiva — tutti coloro che originariamente non ne fanno parte.

evidente la contraddizione sottesa a questa logica: comune èper definizione ciò che non è proprio, non è privato, ma èpubblico e generale, anzi tendenzialmente universale, e dunquenon riguarda l’identità e lo scontro identitario, ma al contrariol’alterità, il confronto tra diversi.

La stessa etimologia è significativa. La parola communitas dacui deriva il nostro ‘comunità’, deriva a sua volta dal termine‘munus’, che in latino significa insieme dono e obbligo, rimandacongiuntamente al doveroso e al gratuito: è il dono doveroso, ildovere di donare all’altro. Comunità è quindi l’insieme di personeunite dalla legge originaria del dono reciproco. Alla sua base vi èperciò non l’idea di proprietà o di appartenenza, ma quello dicon-divisione di una relazione solidaristica, di un’apertura all’al-tro, attraverso una cessione volontaria, una coappartenenza di

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diversità legate dalla legge del dono. Essere-in-comune dovrebbeallora significare avere a che fare con chi è diverso da noi, noncon chi ci è immediatamente riconoscibile perché ci è in qualchemodo familiare, ma soprattutto con chi ci è inizialmente estraneo.La comunità insomma-ricorda Esposito — è veramente tale solose è comunità di dissimili, se implica la possibilità (e, certo, ancheil rischio) della differenza, del contatto e del confronto conl’altro, con chi non ci somiglia, con chi non fa parte del “we, thepeople”. Il carattere costitutivamente relazionale della cittadi-nanza e la natura plurale (e tendenzialmente universale) dellacomunità dovrebbero quindi indurre a sviluppare una politicadei diritti umani che valorizzi le differenze, le minoranze, nelrispetto dei principi solidaristici e del super-valore rappresentatodalla dignità, che informano il nostro ordinamento costituzionale.

Solo in questa prospettiva si può pensare di superare quellatendenza all’esclusione dell’altro sottesa a molte politiche recenti,e sintetizzata nella definizione di twice losers (doppiamente per-denti), coniata dal giudice statunitense Scalia, in relazione aimigranti clandestini, colpiti da provvedimenti di espulsione. Po-litiche, queste, che vedono nella ricchezza della diversità unaminaccia, e che portano le comunità a non definirsi attraversovalori e progetti comuni, ma mediante ciò di cui hanno paura,perché costringe ad interrogarsi sulla propria identità. E se questanon ha radici su cui fondarsi, non può che costruirsi control’alterità; l’appartenenza collettiva a un ‘noi’ presuppone l’esclu-sione di tutti gli ‘altri’.

E mai, come quando si tratta dell’identità dell’altro, le de-finizioni nascondono attribuzioni di senso, classificazioni antro-pologiche, riduzione della singolarità irripetibile della personaall’astrattezza, vuota e uniformante — disumana, dunque — dellacategoria. È il lessico dell’esclusione, della logica di frontieradello Stato occidentale che si chiude su se stesso, erigendo sullapropria ‘ossessione per i confini’ le basi per la negazione della suapiù grande conquista: la cittadinanza come diritto universaledella persona., Questa negazione si autoalimenta di una rappre-sentazione del concetto di frontiera come linea di separazione del‘noi’ dal ‘loro’, articolando la relazione con l’altro attraverso le

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figure dell’allontanamento, del controllo, dell’inclusione soltantoattraverso il dominio. Ma la frontiera non è solo, come nellalogica coloniale, un luogo simbolico di produzione della diffe-renza culturale. invece e soprattutto linea di confine intesa comeluogo di contatto, zona di dialogo e reciproco riconoscimento traun ‘al di qua’ e un ‘al di là’ che progressivamente si intersecano,sino a confondersi l’uno nell’altro, e deve tornare ad essere, illuogo di convivenza di infiniti ‘altri’.

2. LA DISCIPLINA ATTUALE DELL’IMMIGRAZIONE.

Il settore della normativa sull’b4immigrazione rappresentaoggi uno dei contesti dell’ordinamento italiano, che sempre piùrischia di favorire una tendenza alla progressiva amministrativiz-zazione delle posizioni giuridiche soggettive, alla riduzione del-l’intervento giurisdizionale, ed alla sensibile attenuazione dellegaranzie e dei diritti fondamentali.

La legislazione in materia si é progressivamente orientata,nello spazio di sei anni (1998-2004), verso una sensibile antici-pazione dell’intervento penale (estesa sino alla criminalizzazionedi condotte meramente preparatorie od agevolatorie non già diilleciti penali, ma addirittura soltanto amministrativi! cfr. art. 12T.U. 286/1998 e succ. mod.), una rilevante riduzione delle ga-ranzie processuali e comminatorie edittali spesso non proporzio-nate rispetto alla gravità dell’illecito, con la parallela attenuazionedella finalità rieducativa della pena, di cui sembra prevalere lacomponente socialdifensiva e simbolico-performativa, rispetto aquella specialpreventiva. Tali caratteristiche hanno indotto talunia definire il diritto ‘speciale’ dell’immigrazione, limitatamente aiprofili sanzionatori, come ‘diritto penale del nemico’, ricorrendoalla nota qualificazione di ‘Feindstrafrecht’ coniata da GüntherJakobs.

Di seguito, si delineano i profili principali dell’evoluzionenormativa in materia.

La prima legge che affrontò la materia in modo complessivofu la cosiddetta legge Martelli, la n. 39 del 1990. Con essa ilGoverno dell’epoca prese per la prima volta coscienza del fatto

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che il movimento migratorio era volto ad assumere le caratteri-stiche di un vero e proprio fenomeno destinato ad una esponen-ziale crescita futura. Da un punto di vista strettamente giuridicola legge Martelli riesce a definire i contorni di alcuni istituti inmodo da introdurre alcuni punti di riferimento tuttora validi. Perla prima volta viene distinto il respingimento dall’espulsione;viene introdotto l’obbligo di visto; si delega alla giustizia ammi-nistrativa la competenza sulle questioni attinenti ai diritti degliimmigrati, si riconosce una parità di trattamento ai lavoratoristranieri e italiani e, infine, vengono istituiti i centri di primaaccoglienza. In conclusione, si può affermare con certezza chequesta legge ha definito il passaggio da una logica formale diregolazione dei flussi migratori all’elaborazione di una lineapolitica in materia di immigrazione.

Nel 1998 fu approvata la cosiddetta legge Turco-Napolitano,la n. 40 del 1998, cui può ascriversi il merito di aver ridefinito inmodo organico le complesse e numerose norme sull’immigra-zione. Le linee guida che hanno ispirato quel legislatore sono tre:un’equilibrata programmazione degli ingressi « sostenibili », de-finendo una concertata gestione delle quote ed un continuomonitoraggio sui richiedenti lavoro; una politica dell’integrazioneorientata prevalentemente ai lavoratori soggiornanti regolar-mente che avrebbe dovuto mirare a garantire allo straniero queidiritti minimi assicurati ai cittadini italiani; la lotta all’immigra-zione clandestina e alla criminalità collegata ai flussi migratori.

Con l’approvazione della successiva legge « Bossi-Fini », lalegge 30 luglio 2002, si sono previste l’abolizione dell’istitutodello sponsor, l’applicazione di sanzioni in caso di ritardatacomunicazione all’autorità di pubblica sicurezza di ospitalità neiconfronti di uno straniero, l’obbligo di sottoporre gli stranieri arilievi fotodattiloscopici, l’aumento della durata del divieto direingresso da cinque a dieci anni in caso di espulsione, l’aumentodella permanenza da trenta a sessanta giorni presso i centri dipermanenza temporanea.

La recente evoluzione legislativa in materia ha quindi dimo-strato la tendenza al rialzo delle misure esecutive limitative dellalibertà personale e della entità delle pene previste per le singole

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fattispecie criminose, con scarsissime possibilità di graduare lagamma delle risposte alle possibili situazioni di irregolarità. Ilsistema del processo penale ne risulta alterato: nuove fattispeciedi reati, la trasformazione di reati contravvenzionali in delitti,l’aumento delle pene, nuove ipotesi di arresto, anzi di arrestoobbligatorio, processi obbligatoriamente con rito direttissimo.L’irragionevolezza delle pene in materia è stata sottolineata anchenelle recente sentenza n. 22/2007 della Corte Costituzionale incui, pur dichiarando inammissibili le questioni poste alla suaattenzione, relative al trattamento sanzionatorio della violazionedell’ordine di allontanamento dal territorio dello Stato, la Corteha esortato il legislatore ad un intervento, tipico della sua discre-zionalità, capace di razionalizzare l’intera materia. Quale imma-gine speculare di un diritto penale “diseguale”, l’espulsione èdisegnata come uno strumento applicabile ad una gamma este-sissima di ipotesi: diventa (quando non misura di sicurezza‘speciale’ prevista dal codice penale solo, ovviamente, per lostraniero) sanzione per qualsiasi forma di irregolarità dello statusdell’immigrante, senza possibilità di graduazione basata sul gradodel suo inserimento nella realtà socio-economica o sulla effettivagravità dei comportamenti accertati ed, inoltre, senza alcunapossibilità di ricorrere a forme volontarie ed incentivate di rientroin patria, come si sta sperimentando in alcuni paesi europei.

Come sottolinea il Procuratore aggiunto Spataro, è anchecriticabile che nella cd. Legge Pisanu (l. 155/2005, di conversionedel d.l. 144/2005), approvata il 31.7.2005, si sia intervenuti sullaprocedura prevista per le espulsioni, prevedendo la prevalenzadelle logiche amministrative di sicurezza sulle esigenze giurisdi-zionali di garanzia. La modifica nasce dal noto caso del cittadinomarocchino DAKI Mohamed. All’inizio del 2005, forti polemi-che fecero seguito ad una sentenza, impugnata dal P.M., che lomandava assolto, insieme ad altri due imputati, dal reato diassociazione per finalità di terrorismo internazionale. A seguitodell’appello del P.M., però, era divenuto impossibile espellerlostante l’espresso divieto di legge riguardante gli imputati per reatidi terrorismo. Dunque, l’Autorità Giudiziaria, che non potevacomportarsi diversamente, negò il nulla osta all’espulsione che il

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Ministro intendeva far eseguire: ciò generò ulteriori polemiche e,dopo alcuni mesi, la modifica della procedura di espulsione, percui questa può ora essere disposta anche nei confronti dell’im-putato per terrorismo senza necessità del nulla osta dell’AutoritàGiudiziaria.

In ogni caso, l’espulsione, anche quando riguarda soggettiseriamente sospettabili di attività criminali, non è sempre unostrumento utile nel contrasto del terrorismo; infatti, se si tratta diespellere una persona effettivamente contigua o appartenente adorganizzazioni terroristiche, espellerla significa disperdere/esportare il terrorismo in altri territori, con pericolo di ritorno nelnostro. Tra l’altro, la convenzione Europea per la tutela dei dirittiumani e la conseguente giurisprudenza della Corte di Strasburgo,obbliga gli Stati sottoscrittori a non estradare o espellere alcunoverso ordinamenti ove esista il rischio dell’utilizzo di sistemiillegali, di sistemi di tortura. Inoltre, il 12.1.2007 è stato appro-vato il Decreto Legislativo che recepisce la direttiva UE 2003/110sul divieto di espulsione verso Stati dove sono in vigore la torturae la pena di morte: in conformità alle convenzioni internazionali,il decreto riguarda anche i semplici “transiti” negli aeroporti deiPaesi ove si praticano pena capitale e tortura.

Insomma, al fine di garantire l’effettività della tutela dei dirittianche dell’immigrato, i principi in questione non soffrono ecce-zioni neppure nei confronti di chi sia imputato o indagato ininchieste di terrorismo.

In definitiva, lo strumento dell’espulsione non solo innescaun meccanismo circolare costituito da momenti successivi (espul-sione con ordine di allontanamento, inottemperanza all’espul-sione, conseguente arresto obbligatorio, giudizio con rito diret-tissimo obbligatorio, nuova espulsione e via all’infinito), la cuiineluttabilità è stata spezzata solo grazie a recenti pronunce dellaCorte di Cassazione, ma è anche uno strumento che va utilizzatonel pieno rispetto dei diritti umani e secondo scelte politichecoerenti rispetto agli indirizzi generali di governo: se ogni Stato,cioè, ha il dovere di tutelare la propria sicurezza, di salvaguardarele frontiere, di contrastare l’immigrazione clandestina, non può— a tali fini — comprimere il sistema dei diritti e compromettere

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la legalità. In tale prospettiva si muove ad esempio il disegno dilegge delega Amato-Ferrero, di riforma del testo unico immigra-zione.

In estrema sintesi, le linee fondamentali del d.d.l. — su cuitornerò in seguito — possono così riassumersi: — nella disciplinadegli ingressi saranno previsti alcuni meccanismi di ingresso perricerca di lavoro, necessari per superare la illogicità della legisla-zione vigente che vincola l’ingresso legale all’incontro - preven-tivo e “a distanza” tra domanda e offerta di lavoro. La disciplinadegli ingressi oggi vigente si incentra infatti sul principio dell’in-contro a distanza, ossia a livello planetario, tra domanda e offertadi lavoro: è un principio, fondato su una visione poco realisticadell’immigrazione, che impedisce l’effettiva praticabilità di vielegali per l’ingresso in Italia e condanna una larga parte deimigranti all’irregolarità o all’inutile ricerca di una modalità diuscita dall’ideale “parcheggio” in cui si trovano collocati. Sitratta, del resto, di uno sconcertante indirizzo che si affermaanche sul piano internazionale: la Gran Bretagna, ad es., haproposto nel 2004 la creazione di centri di trattenimento permigranti irregolari da collocarsi all’esterno del territorio del-l’Unione Europea, lungo le vie di transito dei flussi migratori, inzone come l’Albania, centri che sarebbero da gestire ad opera diorganizzazioni internazionali;

— la disciplina del soggiorno comporterà l’abrogazione delcontratto di soggiorno; un assetto della normativa sui permessi disoggiorno più elastica e meno afflittiva per i migranti; il passaggiotendenziale delle relative competenze amministrative dall’auto-rità di polizia agli enti locali (comuni, soprattutto);

— sulle espulsioni, le competenze in materia oggi assegnateal giudice di pace saranno riattribuite al giudice togato;

— per gli stranieri irregolari, saranno valorizzati meccanismidi rimpatrio volontario e incentivato in varie forme;

— sui Centri di permanenza temporanea e di assistenza, ildisegno di riforma ne prevederà il ridimensionamento, limitandoil trattenimento nei CPTA ai casi di accertata pericolosità, ovveroai casi dei soggetti più inclini all’illegalità e di più elevata peri-colosità;

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— le norme penali e processual-penali collegate all’espul-sione, segneranno una netta presa di distanza dal “diritto penalespeciale” dei migranti. Ciò appare indispensabile ove si pensi che,dopo la decisione della Consulta, la legge del 2004, ha ripristinatoil meccanismo dell’arresto e del giudizio direttissimo obbligatori,innalzando fino a livelli eccessivi le pene previste per i diversireati in tema di immigrazione, così provocando uno straordinarioincremento dei detenuti stranieri nel nostro sistema penitenzia-rio: secondo le cifre fornite dal Ministro della Giustizia, solo nel2005 più di undicimila immigrati sono entrati in carcere per ireati “artificiali” collegati all’espulsione.

3. PROSPETTIVE DI RIFORMA E RECENTI INNOVAZIONI NORMATIVE.

Dati questi elementi di forte criticità dell’attuale disciplinapenale — più in generale sanzionatoria — dell’immigrazione,sono da accogliersi con favore alcune recenti sentenze, di organigiurisdizionali italiani ovvero di giudici di ordinamenti soprana-zionali, le cui affermazioni hanno contribuito in misura rilevantealla interpretazione ‘costituzionalmente’ orientata della norma-tiva in materia, o comunque ad una sua lettura ‘adeguatrice’,maggiormente conforme con i diritti umani fondamentali, e conil nucleo costitutivo dello jus cogens., Mi riferisco in primo luogo(oltre alla citata sentenza della Consulta, n. 22/2007), alla recentepronuncia della Corte europea dei diritti umani, la quale, adita inrelazione all’ammissibilità di un decreto di espulsione ammini-strativa disposto dal Ministro dell’Interno italiano ai sensi del-l’art. 13 d.lgs. 286/1998 e successive modificazioni, nei confrontidi due tunisini indagati per terrorismo internazionale, ha dichia-rato la necessità di sospendere il provvedimento espulsivo, sullabase del concreto rischio che, una volta rimpatriati, i due impu-tati potessero essere sottoposti a tortura o altri trattamenti inu-mani o degradanti, vietati dall’articolo 3 della Convenzione eu-ropea dei diritti umani. Analoga questione — sebbene incentratasu presupposti e parametri normativi diversi — è stata recente-mente discussa dalla Corte regolatrice a sezioni unite, che ha

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sancito la possibilità di sospensione delle misure espulsive av-verso immigrati clandestini il cui allontanamento dall’Italiaavrebbe potuto pregiudicare l’equilibrio psicofisico dei relativifigli, residenti nel nostro paese. Inoltre, la Corte di Giustizia delleComunità Europea con una sentenza del 31 gennaio 2006, hacondannato il Governo Spagnolo per avere rifiutato l’ingresso didue algerini, perché i loro nomi comparivano nel Sistema d’in-formazione Schengen (SIS), che li indicava come soggetti nonammissibili. In sostanza si è detto, non basta un dato formale pernegare asilo e permesso di immigrazione, non basta l’inserimentoin una lista, anche se — come quella del SIS — prevista da unaConvenzione Internazionale. Sul terreno della giurisprudenzacostituzionale, si rileva l’interpretazione adeguatrice fornita inpiù occasioni dalla Consulta, volta in particolare a contenere latendenza alla de-giurisdizionalizzazione che caratterizza la disci-plina italiana in materia di immigrazione. Questa giurisprudenzavalorizza del resto la vocazione ‘internazionalista’ della nostraCostituzione, che ha consentito di superare, per quanto concernei diritti e i doveri ivi sanciti, l’interpretazione restrittiva checonferisce tali situazioni giuridiche ai soli « cittadini ». Fonda-mentale in proposito è la sentenza n. 120 del 1967, nella quale sistabilisce che il principio di uguaglianza, sancito nell’articolo 3,deve essere interpretato non in modo isolato ma secondo quantoprevisto dall’articolo 2 e 10, secondo comma, della stessa Costi-tuzione, « il primo dei quali riconosce a tutti, cittadini e stranieri,i diritti inviolabili dell’uomo, mentre l’altro dispone che la con-dizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in confor-mità delle norme e dei trattati internazionali. Ciò perché, se èvero che l’articolo 3 si riferisce espressamente ai soli cittadini, èanche certo che il principio di uguaglianza vale pure per lostraniero quando trattasi di rispettare quei diritti fondamentali ».Quindi, secondo quanto stabilito dalla Corte, l’articolo 2 dellaCostituzione « non può non essere implicitamente richiamatocome norma di garanzia dei diritti umani operanti anche neiconfronti dello straniero ». Inoltre, la sentenza della Corte costi-tuzionale n. 104 del 1969 ha ribadito che il principio di ugua-

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glianza « debba ritenersi esteso agli stranieri allorché si tratti dellatutela dei diritti inviolabili dell’uomo, garantiti allo stranieroanche in conformità dell’ordinamento internazionale ».

L’elencazione dei diritti costituzionali che devono esseregarantiti anche agli stranieri è piuttosto ampia: dal diritto allavoro (articolo 4) al diritto alla libertà personale (articolo 13),dalla libertà di domicilio (articolo 14) alla libertà di segretezzadella corrispondenza (articolo 15), dalla libertà di circolazione edi espatrio (articolo 16) alla libertà di riunione (articolo 17), dallalibertà di associazione (articolo 18) alla libertà di religione (arti-colo 19), dalla libertà di manifestazione del pensiero (articolo 21)al divieto di privazione per motivi politici della capacità giuridica(articolo 22), dal diritto di difesa (articolo 24) al principio delgiudice naturale (articolo 25). Il riconoscimento di tutti questidiritti agli stranieri dovrebbe rappresentare il nucleo fondativodelle future riforme della disciplina dell’immigrazione.

In questa direzione, l’attuale Governo ha adottato numerosiprovvedimenti volti a riformare la disciplina dei diritti deglistranieri, secondo lo stringente rispetto dei principi costituzionalie del diritto internazionale e comunitario. L’azione del Governoin questa materia si è articolata secondo i vari livelli delle fonti deldiritto, migliorando in primo luogo attraverso direttive e circolaril’applicazione delle leggi esistenti: si pensi alla direttiva intermi-nisteriale sull’identificazione degli stranieri, o alla recente circo-lare del Ministero dell’Interno sui minori non accompagnatirichiedenti asilo, alle linee guide sull’informazione in tema ditratta, alla circolare sull’art. 18, che sottolinea la necessità divalutare, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno, anche irischi concreti suscettibili di derivare, in ragione del rimpatrio nelPaese di origine, al richiedente e ai suoi familiari.

Laddove invece, ai fini della più efficace garanzia dei dirittidegli stranieri, si è resa necessaria la modifica della legislazioneesistente, il Governo ha presentato in Parlamento disegni di leggedi riforma della normativa vigente (si pensi ai disegni di legge inmateria di contrasto dell’immigrazione clandestina, di sfrutta-mento del lavoro, al ddl sulla cittadinanza e al recente disegno dilegge delega per la riforma del testo unico sull’immigrazione),

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ovvero anche schemi di decreti legislativi (sottoposti al pareredelle competenti commissioni parlamentari ove previsto dallalegge delega),anche in attuazione di direttive comunitarie (ad es.,i d.lgs. in tema di attribuzione della qualifica di rifugiato econtenuto della protezione o di procedure per il riconoscimentoe la revoca dello status di rifugiato).

Di seguito se ne descriveranno alcuni.

4. I RICONGIUNGIMENTI FAMILIARI.

Con il decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 5, è stata recepitala direttiva europea 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiun-gimento familiare. La nuova disciplina, oltre a razionalizzare esemplificare le procedure, incide su alcune condizioni che limi-tavano o ostacolavano ingiustificatamente l’esercizio del diritto.Chi è autorizzato dal Tribunale per i minorenni ad entrare orimanere sul territorio nazionale per assistere un minore potràesercitare un’attività lavorativa. È prevista una disciplina specificaper il ricongiungimento familiare dei rifugiati. La pericolositàdello straniero di cui si chiede il ricongiungimento è valutata conriferimento alle circostanze concrete riferite al singolo stranierointeressato, comprese eventuali condanne, e non più collegataautomaticamente alla sussistenza di determinate condanne. Ilricongiungimento dello straniero non potrà più essere negatoesclusivamente a causa della preesistenza di un decreto di espul-sione. In sede di rifiuto, di revoca o di diniego di rinnovo delpermesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il dirittoal ricongiungimento ovvero dello straniero ricongiunto si tieneconto dei vincoli familiari dell’interessato, della durata del suosoggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legamicon il Paese di origine, laddove finora il provvedimento di revocao diniego non consentiva alcuna discrezionalità, in mancanza deirequisiti richiesti. Le medesime circostanze sono valutate anchenell’adozione del provvedimento di espulsione amministrativaper violazione delle norme sull’ingresso ed il soggiorno.

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5. CITTADINI STRANIERI SOGGIORNANTI DI LUNGO PERIODO.

Con il decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3, è stata recepitala direttiva europea 2003/109/CE relativa allo status di cittadinidi Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo, con l’adeguamentodella normativa interna concernente i cittadini stranieri titolari dicarta di soggiorno e la sostituzione di tale carta di soggiorno conil permesso per soggiornanti di lungo periodo, rilasciato allecondizioni e con le modalità previste dalla normativa europea: icittadini stranieri otterranno lo status di soggiornante di lungoperiodo con una permanenza regolare in Italia di almeno 5 anni,da dimostrare con permesso di soggiorno in corso di validità, adifferenza dei 6 anni previsti finora. Il permesso di lungo periodo,che è rilasciato a tempo indeterminato, può essere revocato peracquisto fraudolento, espulsione, pericolosità per l’ordine pub-blico o la sicurezza dello Stato, assenza dal territorio dell’UnioneEuropea per 12 mesi consecutivi o dopo 6 anni di assenza dalterritorio nazionale. Il provvedimento disciplina anche la posi-zione giuridica dei cittadini stranieri titolari di un permesso disoggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato da unaltro Stato membro.

Sempre in sede di attuazione di direttive europee il Consigliodei Ministri del 27 luglio 2007 ha approvato quattro decretilegislativi concernenti l’ingresso per studio, per ricerca scientificae le norme minime per l’attribuzione della qualifica di rifugiato odi persona comunque bisognosa di protezione internazionalenonché per il relativo procedimento.

In particolare:— il decreto di attuazione della direttiva 2004/114/CE (in-

gresso per studio, tirocinio e volontariato) disciplina, al fine diagevolarla, la mobilità degli studenti tra i Paesi appartenentiall’Unione, consentendo al cittadino straniero che abbia fattoingresso in un altro Paese dell’Unione per motivi di studio, dientrare in Italia per proseguire tali studi ovvero per integrarli,senza necessità di richiedere il visto di ingresso. Tale facoltà èconsentita nell’ambito di un programma di scambio comunitarioo bilaterale con il Paese di origine, ovvero quando lo straniero sia

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stato autorizzato a soggiornare per almeno due anni, per motividi studio, in un altro Paese dell’Unione. Il provvedimento disci-plina, altresì, l’ingresso del cittadino straniero per la partecipa-zione ad un programma di volontariato nell’ambito di un con-tingente fissato annualmente con un decreto interministeriale.

— il decreto di attuazione della direttiva 2005/71/CE (in-gresso a fini di ricerca scientifica) dispone procedure semplificateper l’ingresso, il soggiorno e la mobilità dei cittadini stranieri afini di ricerca. A tal fine il cittadino straniero deve essere selezio-nato da un istituto di ricerca, iscritto in un apposito elenco tenutodal Ministero per l’università e la ricerca. L’ingresso non èvincolato alle quote per lavoro. È prevista la stipula tra l’istitutodi ricerca ed il ricercatore straniero di una convenzione diaccoglienza diretta a regolamentare il comune impegno di realiz-zare il progetto di ricerca. Il visto d’ingresso è rilasciato conpriorità rispetto ad altre tipologie di visto. Il relativo permesso disoggiorno consente lo svolgimento della attività di ricerca nelleforme del lavoro subordinato, autonomo o di borsa per adde-stramento alla ricerca nonché attività di insegnamento collegataall’attività di ricerca a parità di condizioni con il cittadino ita-liano, ed ha durata pari a quella del programma di ricerca, conpossibilità di proroga se è prorogato il programma. Ai familiaridel ricercatore è rilasciato il permesso di soggiorno per motivifamiliari, indipendentemente della durata del permesso di sog-giorno del ricercatore, sussistendo le condizioni e i requisitieconomici previsti in generale per il ricongiungimento. Al ricer-catore straniero già regolarmente soggiornante ad altro titolo inItalia può essere rilasciato un permesso di soggiorno per ricercascientifica, sussistendone le condizioni senza che sia necessarioottenere il relativo visto di ingresso. Il provvedimento disciplina,infine, la mobilità dei predetti ricercatori tra i Paesi dell’Unione,consentendo l’ingresso in Italia, in esenzione di visto, allo stra-niero in possesso di un titolo di soggiorno per ricerca scientificarilasciato da altro Paese dell’Unione europea. L’attività di ricercaè consentita anche in attesa del rilascio del permesso di sog-giorno.

— il decreto di attuazione della direttiva 2004/83/CE (attri-

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buzione della qualifica di rifugiato e contenuto della protezione)oltre a codificare, conformemente all’atto normativo europeo,principi e criteri mutuati dalla Convenzione di Ginevra perl’esame della richiesta di protezione internazionale e dunque giàobbligatori nel nostro ordinamento nazionale, individua una“protezione sussidiaria” per il caso in cui, pur in assenza deipresupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, lostraniero non può essere rimpatriato (principio del “non refoule-ment”) poiché correrebbe il rischio di un danno grave se rien-trasse nel Paese di origine. Attualmente, in questi casi, vienerilasciato, su richiesta della Commissione territoriale, soltanto unpermesso per motivi umanitari che non comporta l’attribuzionedi uno status particolare. La domanda di protezione internazio-nale è unica: sarà poi compito dell’autorità decidente accordare,a seconda dei casi, lo status di rifugiato o quello connesso allaprotezione sussidiaria.

Le novità più significative attengono al contenuto dello statuse ai diritti riconosciuti, a cominciare dal riconoscimento deldiritto al ricongiungimento familiare per i titolari di protezionesussidiaria, nonché del diritto all’assistenza sociale per i medesimiprotetti sussidiari e per i familiari che li accompagnano (coniugee figli) ma non hanno autonomamente diritto allo status, incondizioni di parità con i cittadini italiani. Per quanto concernei rifugiati, ai quali la legislazione vigente già riconosce il diritto alricongiungimento familiare nonché l’assistenza sociale, vieneesteso il diritto alle prestazioni di assistenza sociale ai familiariche lo accompagnano. L’accesso al pubblico impiego è ricono-sciuto soltanto ai rifugiati, con le modalità e le limitazioni previsteper i cittadini dell’Unione europea. Un articolo specifico è dedi-cato ai minori richiedenti la protezione internazionale. Sono, poi,previste agevolazioni per il rilascio di un “titolo di viaggio” aititolari di protezione sussidiaria. Ai titolari dello status di rifu-giato è rilasciato un permesso di soggiorno di durata quinquen-nale, rinnovabile. Ai titolari dello status di protezione sussidiariaè rilasciato un permesso di soggiorno triennale, rinnovabile.

Infine, il decreto estende agli stranieri già titolari di unpermesso per motivi umanitari, rilasciato, nella vigenza della

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normativa attuale, a seguito di richiesta della Commissione ter-ritoriale, i benefici connessi allo status di protezione sussidiaria,sostituendo tale permesso, al momento del rinnovo, con quelloper protezione sussidiaria.

L’esclusione soggettiva dalla qualifica di rifugiato è previstainoltre in ragione della condanna per gravi reati commessi al-l’estero. Ai fini della individuazione dei reati ostativi, si è scelto difare riferimento ai limiti edittali della pena prevista per le corri-spondenti fattispecie delittuose punite dalla legislazione nazio-nale (4-10 anni), al fine di fornire un criterio il più obiettivopossibile. La soluzione alternativa — proposta ad esempio insede di esame dello schema di decreto dal Relatore del parere inIa Commissione alla Camera — di far riferimento all’elenco direati di cui all’articolo 407 del codice di procedura penalecomporta la conseguenza di non considerare come gravi alcunireati di gravissima rilevanza, tra cui devastazione e saccheggio perfinalità non politiche (articolo 419 codice penale); scambio elet-torale politico e mafioso (416-ter), estorsione semplice (629 co-dice penale); associazione sovversiva semplice (270 codice pe-nale); banda armata semplice (articolo 306); cospirazione politicamediante associazione (articolo 305 codice penale); attentatocontro i capi di Stato esteri (articolo 295 codice penale); ed altri.I limiti edittali stabiliti nella disposizione sono stati d’altrondeoggetto di attenta valutazione da parte del Governo, che hainteso comprendervi anche, per esempio, quelli per terrorismo.

— il decreto di attuazione della direttiva 2005/85/CE (pro-cedure per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato)oltre a ribadire molti principi già presenti nella normativa vigente(formazione del personale, comunicazioni rese in forma com-prensibile per il richiedente, assistenza di un interprete, svolgi-mento del colloquio con determinate garanzie, nomina del tutoreper i minori non accompagnati ed accesso a immediata acco-glienza) prevede una “procedura unica” per l’esame della do-manda di protezione internazionale, comprendente l’istanza di-retta ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato oquello di persona ammissibile alla protezione internazionale.Competenti all’esame delle domande di protezione internazio-

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nale rimangono le commissioni territoriali che assumono la nuovadenominazione di Commissioni territoriali per il riconoscimentodella protezione internazionale,. mentre la Commissione nazio-nale per il diritto di asilo ha poteri decisionali in materia di revocae cessazione degli status riconosciuti. La nuova disciplina accen-tua il carattere indipendente delle Commissioni attraverso unaserie di disposizioni sulla loro collocazione istituzionale e sullemodalità di nomina dei componenti. Non viene riproposto l’isti-tuto del riesame, già assegnato alla competenza della commis-sione territoriale integrata con un componente della Commis-sione nazionale, in considerazione della maggiore effettivitàconferita dal testo normativo al rimedio giurisdizionale attraversol’effetto sospensivo collegato alla presentazione del ricorso giu-risdizionale, in linea con la normativa europea e con la giurispru-denza della Corte Europea dei diritti dell’uomo.

È previsto il diritto all’assistenza ed alla rappresentanza legalinonché l’ammissione al gratuito patrocinio in sede giurisdizio-nale.

Specifiche garanzie sono previste per i minori non accompa-gnati, in modo da tenere presente l’interesse superiore alla tuteladel minore, che in ogni fase della procedura può essere sottopo-sto, con il suo consenso, ad accertamenti medico sanitari al finedi accertarne l’età: se tali accertamenti non si rivelano risolutivi,si applicano comunque le disposizioni concernenti i minori.

In tema di accoglienza e di trattenimento, il provvedimentoribadisce il principio generale, già presente nel nostro ordina-mento, per cui il richiedente non può essere trattenuto per il solofatto di aver presentato domanda di asilo. In considerazione dellanecessità di offrire comunque ospitalità ai richiedenti asilo, sonodisciplinati i casi in cui è disposta l’accoglienza in appositi centri,introducendo modifiche sostanziali rispetto alle attuali previsioni.In particolare l’accoglienza è prevista per l’ipotesi in cui si rendanecessario verificare la nazionalità o l’identità del richiedente eper il tempo strettamente necessario per l’identificazione e co-munque non superiore a venti giorni. L’accoglienza è altresìdisposta per il tempo necessario all’esame della domanda, ecomunque per un periodo non superiore a trentacinque giorni,

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quando il richiedente è stato fermato per aver eluso il controlloalla frontiera o subito dopo, pur se destinatario di un provvedi-mento di respingimento, o dopo essere stato fermato in condi-zione di soggiorno irregolare ovvero se destinatario di un prov-vedimento di espulsione perché si è sottratto ai controlli difrontiera o si è trattenuto sul territorio in condizioni di soggiornoirregolare. Le modalità di permanenza nel centro sono deman-date ad un regolamento di attuazione della legge sulla base delleprevisioni contenute nella legge stessa che assegnano al richie-dente comunque la facoltà di uscire dal centro nelle ore diurne eprevedono condizioni di ospitalità che garantiscano in ogni casoil rispetto della dignità della persona e l’unità del nucleo fami-liare.

Il trattenimento dello straniero nei centri di permanenzatemporanea e assistenza è previsto invece unicamente per irichiedenti condannati per i delitti indicati dall’articolo 380 delcodice di procedura penale ovvero condannati per reati relativiagli stupefacenti, alla libertà sessuale, al favoreggiamento dell’im-migrazione clandestina, ovvero al reclutamento di persone dadestinare ad attività illecite. Il richiedente è trattenuto altresì sedestinatario di un provvedimento di espulsione poiché appar-tiene ad una delle categorie indicate nella normativa nazionale inmateria di misure di prevenzione personali ovvero un provvedi-mento di espulsione adottato ai sensi della normativa antiterro-rismo. Rispetto alla legislazione vigente il trattenimento nei CPTnon viene più disposto per i soggetti destinatari di un provvedi-mento di espulsione in quanto fermati sul territorio nazionale incondizione di irregolarità o per aver eluso o tentato di eludere icontrolli alla frontiera.

Nel caso in cui la domanda sia stata presentata da unostraniero proveniente da un Paese “sicuro” la domanda non puòin ogni caso essere rigettata per tale motivo senza previo esamedei gravi motivi addotti dal richiedente per non ritenere sicuroquel Paese nelle circostanze specifiche in cui egli si trova.

Per quanto concerne le procedure di impugnazione davanti alGiudice ordinario, è garantita l’effettività del rimedio giurisdizio-nale prevedendosi, a differenza della normativa vigente, la so-

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spensione dell’efficacia del provvedimento impugnato (sulla basedel principio sancito dalla Consulta, sia pur relativamente alladisciplina di cui al d.lgs. 286/1998 e succ. mod.) tranne per iricorsi avverso le domande inammissibili (perché lo straniero ègià stato riconosciuto come rifugiato in un altro Paese firmatariodella Convenzione di Ginevra ovvero abbia reiterato identicadomanda già esaminata senza addurre nuovi elementi) ovvero neicasi in cui il richiedente sia trattenuto in un centro di permanenzatemporanea ovvero si trovi in un centro di accoglienza in quantodestinatario di un provvedimento di espulsione nonché nel casoin cui si sia allontanato dal centro senza giustificato motivo. In taliipotesi l’effetto sospensivo è subordinato alla presentazione, con-testualmente al deposito del ricorso, di un’istanza di sospensionedel provvedimento impugnato, su cui il tribunale decide neicinque giorni successivi al deposito.

6. ELIMINAZIONE DEI PERMESSI BREVI.

L’eliminazione del permesso di soggiorno per soggiorni infe-riori a tre mesi e la sua sostituzione con una dichiarazione dipresenza, in conformità al diritto comunitario, è stata inserita inun decreto legge approvato dal C.d.M. il 17 novembre 2006.Tuttavia, la previsione, che eliminava anche l’obbligo dell’ospi-tante di comunicare l’ospitalità dello straniero, è stata espuntadalla legge di conversione. Il Parlamento ha poi approvato unaproposta parlamentare (Sinisi-Bianco) che elimina il permessoper soggiorni brevi solo per turismo, visite, studio e affari (legge28 maggio 2007, n. 68).

7. IL DIRITTO DEI CITTADINI DELL’UNIONE E DEI LORO FAMILIARI DI

CIRCOLARE E DI SOGGIORNARE LIBERAMENTE NEL TERRITORIO DEGLI

STATI MEMBRI (D.LGS. 307/2007).

Il decreto legislativo in esame, predisposto in attuazione delladelega di cui alla legge comunitaria 2004, allegato b), costituiscel’atto normativo di recepimento e implementazione della direttivacomunitaria 2004/38, in materia di diritto dei cittadini del-

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l’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare libera-mente nel territorio degli Stati membri. La direttiva modifica ilregolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga numerose direttiveprecedenti, rappresentando quindi una sorta di Testo Unico che,come precisato nel Considerando 3 della stessa, codifica e rivedegli strumenti comunitari esistenti che trattano separatamente dilavoratori subordinati, di lavoratori autonomi, studenti ed altrepersone inattive al fine di valorizzare e agevolare l’esercizio deldiritto di libera circolazione e soggiorno di tutti i cittadinidell’Unione. Le fonti normative di disciplina del diritto di liberacircolazione e soggiorno di tutti i cittadini dell’Unione sonocostituite dall’articolo 18 del Trattato istitutivo delle Comunitàeuropee, dall’art. 45 della Carta di Nizza, e per il diritto comu-nitario derivato, dalla direttiva 2004/38. La libertà di circolazionee soggiorno è generalmente qualificata come il nucleo forte dellacittadinanza europea in quanto essa costituisce la premessa perl’esercizio di altri diritti riconosciuti, espressamente o implicita-mente, al cittadino comunitario (diritto di esercitare un’attivitàeconomica, diritto di acquistare beni immobili, di donare, distipulare contratti etc.). Si tratta di un diritto in continua espan-sione, il cui contenuto si concretizza nella libertà riconosciuta alcittadino europeo di circolare (espatriare e rimpatriare) e distabilirsi (risiedere stabilmente o soggiornare) liberamente inqualsiasi Stato dell’Unione.

Il decreto disciplina quindi l’ambito soggettivo ed oggettivodi fruibilità del diritto di circolazione e soggiorno nei Paesi UE(estendendolo anche ai familiari, come intesi dall’art 2 delladirettiva, di cittadinanza extracomunitaria, di un cittadino UE,nonché, a determinate condizioni, ai soggetti legati da particolarirelazioni affettive, di convivenza o di assistenza, al cittadino UE:artt. 2 e 3); le modalità di svolgimento dei procedimenti ammi-nistrativi volti ad ottenere la carta di soggiorno temporaneo epermanente (artt. da 4 a 19); i limiti all’esercizio del diritto disoggiorno e circolazione, per ragioni di ordine pubblico e pub-blica sicurezza, sanità pubblica, carenza dei presupposti di legit-timazione (artt. 20 e 21); i provvedimenti di allontanamento deifamiliari, nonché i ricorsi avverso tali provvedimenti (art. 22).

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8. IL CONTRASTO ALLO SFRUTTAMENTO DELL’ATTIVITÀ LAVORATIVA.

Il disegno di legge approvato dal C.d.M. il 17 novembre2007, così come emendato dal Senato, intende approntare rimediefficaci contro lo sfruttamento dei lavoratori non soltanto stra-nieri. Viene introdotta, all’interno dei delitti contro la personalitàindividuale, una nuova fattispecie di reato (art. 603-bis c.p.)“Grave sfruttamento dell’attività lavorativa”) che punisce con lareclusione da tre ad otto anni e con la multa di euro 9.000, perogni lavoratore impiegato, chi recluta o organizza l’attività lavo-rativa sottoponendo i lavoratori a grave sfruttamento medianteviolenza, minaccia o intimidazioni sottoponendoli a condizionilavorative caratterizzate da gravi violazioni di norme contrattualio di legge ovvero ad un trattamento personale, connesso allaorganizzazione e gestione delle prestazioni, degradante. La penaè aumentata se tra le persone occupate vi sono minori o stranieriirregolarmente soggiornanti. La qualifica di straniero irregolar-mente soggiornante rappresenta dunque il presupposto applica-tivo di una circostanza aggravante (indefinita) e non un elementocostitutivo della fattispecie-base, che sarebbe altrimenti ‘a vittimaqualificata’.

La norma pertanto ha carattere generale essendo diretta acolpire il fenomeno del “caporalato” indipendentemente dellanazionalità delle vittime. Alla condanna per il delitto in esameconseguono sanzioni accessorie come l’incapacità a contrattarecon la pubblica amministrazione, la perdita di agevolazioni efinanziamenti nazionali e comunitari e la sospensione dell’attivitàdell’unità produttiva. Al lavoratore straniero vittima di tale reato,per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, èrilasciato, ricorrendone le condizioni, il permesso per protezionesociale di cui all’articolo 18 del T.U. in materia di immigrazioneche rappresenta un importante strumento per sfuggire ai traffi-canti e consente una piena integrazione in quanto può essereconvertito in permesso per lavoro o per studio.

Viene rimodulata la fattispecie contravvenzionale a carico deldatore di lavoro che occupa uno straniero irregolarmente sog-giornante escludendo comunque la pena detentiva per il datore

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di lavoro domestico, non imprenditore, che occupi non più didue lavoratori stranieri irregolarmente soggiornanti (per nonrischiare di colpire pesantemente le famiglie che utilizzano ba-danti). previsto un incremento delle sanzioni per chi utilizzalavoratori stranieri irregolarmente soggiornanti usufruendo dellostrumento della intermediazione abusiva di manodopera previstadalla “legge Biagi”, anche con il sequestro preventivo del luogo dilavoro ove sia occupato anche un solo lavoratore straniero.

9. LA REPRESSIONE DEL FAVOREGGIAMENTO DELL’IMMIGRAZIONE CLAN-DESTINA.

Il C.d.M. del 12 ottobre 2006 ha approvato un disegno dilegge, attualmente, all’esame della Camera dei deputati, cheattraverso la modifica dell’art. 12 del T.U. immigrazione, mira apotenziare le misure di repressione nei confronti dei cosiddetti“scafisti”. Il disegno di legge in esame, composto da quattroarticoli, interviene nella materia del contrasto al favoreggiamentodell’immigrazione clandestina, disciplinata dall’articolo 12 deltesto unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 esucc. mod. Nella relazione introduttiva si evidenzia l’esistenza diun problema di inquadramento del fenomeno dell’immigrazionecome problema complesso e non esclusivamente di ordine pub-blico. Fenomeno che, come tale, presenta la necessità di approcciplurimi, anche nell’ottica di un ripensamento complessivo dellaprospettiva di politica del diritto sottesa alla disciplina dellapresenza dello straniero in Italia.

In attesa di un intervento organico in materia di immigra-zione (di cui all’AC 2976, c.d. disegno di legge delega ‘Amato-Ferrero’), il disegno di legge in esame mira a dare una rispostaall’emergenza costituita dai massicci sbarchi di clandestini. Essoè stato presentato a seguito di uno degli innumerevoli sbarchiavvenuti lungo le coste siciliane a partire dall’estate scorsa. Ildisegno di legge è diretto a modificare l’apparato sanzionatorio,e la disciplina sostanziale e processuale del testo unico sull’im-migrazione, con l’obiettivo di rafforzare le misure di prevenzionee contrasto del favoreggiamento dell’immigrazione illegale.

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In particolare, l’articolo 1 modifica in più punti l’articolo 12del testo unico sull’immigrazione.

La lettera a) sostituisce il comma 1 di tale articolo, ridefi-nendo il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestinaattraverso una specificazione delle condotte che integrano lafattispecie. Oltre al compimento di « atti diretti a procurareillegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato » (come previstoattualmente), il disegno di legge aggiunge la condotta di chiunquepromuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto distranieri nel territorio dello Stato, quale condotta alternativaidonea ad integrare gli estremi del reato in esame. La condottadel compimento di « atti diretti a procurare l’ingresso illegale nelterritorio dello Stato di uno straniero » delinea una tipica ipotesidi reato a forma libera: realizza la condotta costitutiva del delittochiunque ponga in essere un’attività lato sensu riconducibile alconcetto di aiuto.

La Corte di cassazione ha in proposito affermato che per« attività dirette a favorire l’ingresso degli stranieri nel territoriodello Stato in violazione della legge » non devono intendersisoltanto quelle condotte specificamente dirette a consentire l’ar-rivo e lo sbarco degli stranieri, ma anche quelle, immediatamentesuccessive a tale ingresso, intese a garantire la buona riuscitadell’operazione, la sottrazione ai controlli della polizia, l’avvio deiclandestini verso località lontane dallo sbarco e, in genere, tuttequelle attività di fiancheggiamento e di cooperazione con leattività direttamente e in senso stretto collegabili all’ingresso deiclandestini.

La Corte ha poi sostenuto che il reato (in quanto ‘reato dipericolo’) non richiede, per il suo perfezionamento (trattandosidi reato a forma libera ed a consumazione anticipata, con un’evi-dente anticipazione della soglia di rilevanza penale), che l’in-gresso illegale sia effettivamente avvenuto. Inoltre, trattandosi diun reato di pericolo (sia pure concreto, secondo l’interpretazioneprevalente), è sufficiente ad integrarlo la condotta diretta aprocurare l’ingresso illecito dello straniero dall’Italia nel territo-rio di uno Stato confinante, del quale egli non sia cittadino o nonabbia titolo di residenza permanente, a nulla rilevando né la

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durata di tale ingresso, né la destinazione finale del trasferimento.Il disegno di legge mantiene la fattispecie di emigrazione clande-stina e conferma la reclusione da 1 a 5 anni in relazione allecondotte illecite sopra descritte. Per quanto riguarda, invece, lapena pecuniaria, fissa in 15.000 euro per ogni clandestino cui sisia favorita l’immigrazione l’entità della multa, eliminando,quindi, ogni valutazione discrezionale da parte del giudice. Iltesto vigente, infatti, prevede una multa fino a 15.000 euro apersona, lasciando, quindi, al giudice il compito di fissare l’entitàdella sanzione nel limite sopra indicato.

La lettera b) modifica il comma 3 dell’articolo 12 del TestoUnico. L’attuale formulazione punisce il reato di sfruttamentodell’immigrazione clandestina, destinato a colpire coloro che —come i cosiddetti « scafisti » — al fine di trarre profitto, ancheindiretto, compiano atti diretti a procurare l’ingresso illegale nelterritorio dello Stato di uno straniero, ovvero diretti a procurarel’ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non ècittadina o non ha titolo di residenza permanente. La sanzione èla reclusione da quattro a quindici anni e la multa di 15.000 europer ogni persona.

Il ddl trasforma il comma 3 in una ipotesi aggravata del reatodi cui al comma 1, in quanto punisce con pena detentiva piùelevata (reclusione da 5 a 15 anni, anziché da 1 a 15 anni) lamedesima condotta descritta dal comma 1 nel caso in cui ricor-rano determinate circostanze. Si tratta di circostanze che, conl’aggiunta di quella prevista dalla lettera e), nel testo vigentedell’articolo 12, costituiscono circostanze aggravanti dei duediversi reati previsti dai commi 1 (favoreggiamento dell’immigra-zione clandestina) e 2 (sfruttamento dell’immigrazione clande-stina).

Tali circostanze ricorrono quando il fatto riguarda l’ingressoo la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o piùpersone (lett. a), la persona trasportata è stata esposta a pericoloper la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l’ingressoo la permanenza illegale (lett. b), la persona trasportata è statasottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarnel’ingresso o la permanenza illegale (lett. c), il fatto è commesso da

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tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando serviziinternazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alte-rati o comunque illegalmente ottenuti ovvero quando gli autoridel fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti (lett.e).

Secondo il comma 3-bis, introdotto dalla lettera c) del comma1, dell’articolo 1 del disegno di legge, se i fatti di cui al comma 3sono commessi ricorrendo due o più delle ipotesi di cui allelettere a), b), c), d) ed e) del medesimo comma, la pena ivi previstaè aumentata.

Il comma 3-ter, introdotto dalla lettera d), comporta unulteriore aumento della pena detentiva (la pena da 5 a 15 anni èaumentata da un terzo alla metà) e di quella pecuniaria (passa da15.000 a 25.000 euro per ogni persona) se i fatti di cui al comma3 (ipotesi aggravata del comma 1) sono commessi al fine direclutare persone da destinare alla prostituzione o, comunque,allo sfruttamento sessuale ovvero riguardano l’ingresso di minorida impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento(lettera a) ovvero al fine di trarne profitto, anche indiretto (letterab).

Tale finalità, sia pure senza il riferimento all’ipotesi indiretta,attualmente costituisce il contenuto del dolo specifico che carat-terizza il reato di sfruttamento della immigrazione clandestina, dicui al vigente comma 3 dell’articolo 12 del Testo Unico, e che,proprio in quanto oggetto del dolo specifico, non deve necessa-riamente realizzarsi. Quest’ultima modifica si è resa necessariaalla luce delle difficoltà frequentemente emerse, sul piano pro-batorio, nel dimostrare la sussistenza del dolo specifico, chedeterminava spesso una derubricazione della fattispecie crimi-nosa, con tutte le relative conseguenze in materia sanzionatoria ecautelare.

Il ddl unifica quindi i due reati attualmente previsti daicommi 1 (favoreggiamento dell’immigrazione clandestina) e 2(sfruttamento dell’immigrazione clandestina) nel reato previstodal nuovo comma 1. Il nuovo comma 3 costituisce una ipotesiaggravata del comma 1. I commi 3-bis e 3-ter costituiscono ipotesiulteriormente aggravate di quella prevista dal comma 3. Oltre a

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disposizioni di natura sostanziale, il testo del Governo contieneanche disposizioni di natura processuale. La lettera e) del comma1, sostituisce il comma 4 dell’articolo 12, che attualmente prevedeper i delitti di immigrazione clandestina l’arresto in flagranza, laconfisca del mezzo di trasporto, e il giudizio direttissimo laddovenon si rendano necessarie speciali indagini.

Con la nuova formulazione il ddl prevede che per i delitti dicui ai commi 1 e 3 sia obbligatorio l’arresto in flagranza.

In relazione all’originaria formulazione del comma 4 dell’ar-ticolo 12, mentre la confisca è ora disciplinata dal successivocomma 4-ter, viceversa, viene meno la previsione di obbligato-rietà del giudizio direttissimo.

Nella relazione di accompagnamento al disegno di legge siprecisa che è stata espunta la previsione dell’obbligo di procederecon rito direttissimo in quanto « tale norma appare confliggerecon la complessità dell’attività investigativa correlata a questeipotesi delittuose ed appare asistematica rispetto alla previsionedell’articolo 233 delle norme di attuazione del codice di proce-dura penale. Si ritiene peraltro che la previsione dell’arrestoobbligatorio in flagranza già consentirà l’utilizzo « ordinario » delsuddetto rito alternativo mediante l’applicazione degli articoli449 e seguenti del codice di rito, senza necessità di introdurreulteriori deroghe alla disciplina generale ».

L’articolo 1, comma 1, lettera f), introduce il comma 4-bisdell’articolo 12 del Testo Unico.

Alla base del ddl è sottesa l’idea che il gravissimo allarmesociale e le devastanti perdite di vite umane cagionate dallacondotta dei cosiddetti « scafisti » rendessero necessario un ri-pensamento dei criteri di proporzionalità e di adeguatezza nellascelta delle misure cautelari, imponendo nei casi aggravati unasorta di « presunzione de jure di sussistenza di gravissime esi-genze cautelari », in modo del tutto analogo a quanto previsto intema di criminalità organizzata. Il testo proposto prevede, quindi,di mutuare l’attuale formulazione dell’articolo 275, comma 3, delcodice di procedura penale, rendendo di regola applicabile lamisura cautelare custodiale qualora vi siano gravi indizi di col-pevolezza in ordine ai reati di cui al comma 3 dell’articolo 12,

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salvo che non risulti dagli elementi acquisiti l’assenza di esigenzecautelari, proprio in considerazione delle efferate modalità concui viene posta in essere la condotta criminosa in esame. L’arti-colo 275, comma 3, del codice di rito configura infatti, alsussistere di gravi indizi di colpevolezza in relazione a determinatireati di particolare gravità (articolo 416-bis del codice penale), lamisura cautelare della custodia in carcere come l’unico strumentodi tutela idoneo a soddisfare le esigenze cautelari previste dall’ar-ticolo 274: a) pericolo di inquinamento delle prove; b) pericolo difuga; c) pericolo di compimento di nuovi delitti. In tal modo èvenuta delineandosi una sorta di presunzione di adeguatezza che,limitatamente ad alcune ipotesi delittuose, ha sostituito l’origina-ria configurazione della custodia in carcere come extrema ratio dadisporre esclusivamente nelle ipotesi di inadeguatezza delle altreforme di intervento a fini cautelari. In presenza, quindi, dideterminate fattispecie di reato il legislatore ritiene che l’unicamisura cautelare adeguata sia la restrizione in carcere, fermarestando, ovviamente, la sussistenza del presupposto dei graviindizi di colpevolezza in relazione ai medesimi reati e sempre chenon siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistonoesigenze cautelari. La Corte costituzionale ha affermato che, se daun lato, possono essere previste delle ipotesi dove la scelta dellamisura da applicare viene effettuata « in termini generali dallegislatore, nel rispetto del limite della ragionevolezza e delcorretto bilanciamento dei valori costituzionali coinvolti », sot-traendo al giudice la valutazione in ordine al « quomodo dellacautela », dall’altro lato, « la sussistenza in concreto di una o piùdelle esigenze cautelari prefigurate dalla legge (l’an della cautela)comporta, per definizione, l’accertamento, di volta in volta, dellaloro effettiva ricorrenza ».

L’articolo 2 del disegno di legge inserisce la fattispecie di cuial comma 3 dell’articolo 12 del testo unico tra quelle previste daln. 7-bis) della lettera a) del comma 2 dell’articolo 407, del codicedi rito, relativo ai termini di durata massima delle indaginipreliminari. In ragione di tale novella, le indagini preliminari peri delitti di cui al comma 3 possono durare due anni anziché perdiciotto mesi. Tale ampliamento è diretto a consentire lo svolgi-

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mento di investigazioni spesso complesse, in quanto volte acontrastare fenomeni internazionali che richiedono l’attivazionedi procedure anche di cooperazione internazionale.

Inoltre, in considerazione del richiamo dell’articolo 303 allalettera a) del comma 2 dell’articolo 407, si ottiene anche unprolungamento della durata massima della custodia cautelare,che nella fase delle indagini preliminari è aumentata da sei mesiad un anno.

10. L’ACQUISTO DELLA CITTADINANZA.

Il disegno di legge approvato dal C.d.M. il 4 agosto 2006abbassa il requisito minimo per ottenere la cittadinanza da diecia cinque anni di residenza legale (come già accade in Francia,Gran Bretagna e Stati Uniti). Altro requisito fondamentale è laverifica della integrazione linguistica e sociale dello straniero.Sarà, altresì, italiano il bambino che nasce da genitori stranieri initalia da almeno cinque anni ovvero da genitori stranieri di cuialmeno uno sia nato in Italia e vi risieda legalmente, senzainterruzioni, da almeno un anno, così come il bambino natooppure entrato in Italia entro il quinto anno di età che vi risiedalegalmente fino al raggiungimento della maggiore età.

11. DISEGNO DI LEGGE DELEGA PER LA MODIFICA DELLA DISCIPLINA

DELL’IMMIGRAZIONE E DELLE NORME SULLA CONDIZIONE DELLO STRA-NIERO.

Il disegno di legge, approvato dal C.d.M. il 24 aprile 2007 epresentato alla Camera dei Deputati ove è stato assegnato alla ICommissione si propone di:

1) favorire l’incontro “regolare” tra la domanda e l’offerta dilavoro straniero, rendendo il collegamento tra soggiorno e lavoropiù realistico e rispondente alle esigenze delle imprese e dellefamiglie;

2) creare una corsia preferenziale per l’accesso di lavoratoriqualificati;

3) adeguare la durata del permesso di soggiorno alla realtà

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del mondo del lavoro e renderne meno gravosi per l’Amministra-zione e per l’immigrato i procedimenti di rinnovo;

4) potenziare le misure dirette all’integrazione degli immi-grati;

5) rendere effettivi i rimpatri incentivando la collaborazionedell’immigrato.

Per raggiungere i predetti obiettivi, il disegno di legge pre-vede una programmazione triennale anziché annuale delle quotemassime di stranieri da ammettere ogni anno sul territorio nazio-nale. La flessibilità del sistema sarà comunque garantita dallapossibilità di revisione annuale dei flussi attraverso una proce-dura più snella. Nel definire le quote di lavoratori da assegnare adogni Regione, si tiene conto anche dell’impegno profuso dairispettivi territori negli investimenti in programmi di istruzione eformazione professionale nei Paesi di origine.

Per agevolare l’ingresso di lavoratori altamente qualificati, siprevede una revisione delle procedure, categorie e tipologie dilavoratori che possono entrare al di fuori delle quote.

Per quanto concerne i lavoratori generici, rimarrà la possibi-lità della chiamata per conoscenza diretta, che, tuttavia, in as-senza di altri canali di reclutamento, ha penalizzato l’immigra-zione regolare favorendo quella clandestina. Accanto allachiamata nominativa, pertanto, sarà messo a punto un sistema diliste, tenute da una serie di soggetti (enti e organismi nazionali einternazionali; autorità dei Paesi di origine) e trasmesse allerappresentanze diplomatiche e consolari a cui potranno iscriversii lavoratori stranieri: si introdurrà così una sorta di collocamentoall’estero per lavoratori stranieri. prevista, inoltre, la costituzionedi una banca dati delle richieste di ingresso per lavoro e delleofferte di lavoro da utilizzare transitoriamente fino alla attiva-zione delle liste.

Sempre nell’ottica di favorire l’incontro per vie legali tradomanda e offerta di lavoro, si introduce la figura dello sponsor,per consentire, da un lato, allo straniero di entrare regolarmentein Italia per cercare lavoro, (sempre nell’ambito delle quotepreviste dalla programmazione sui flussi); dall’altro, al datore di

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lavoro italiano di assumere dopo aver impiegato in prova illavoratore.

Il ruolo di sponsor è stato pensato per enti e organismiistituzionali, come le Regioni e gli Enti locali, per le associazioniimprenditoriali e professionali, per quelle sindacali e per gliistituti di patronato. Ma sarà fissata anche una quota destinataalla cosiddetta “autosponsorizzazione” del cittadino straniero inpossesso di adeguate risorse finanziarie nonché alla possibilità dirichiesta nominativa, limitatamente ad una richiesta per anno, daparte di un cittadino italiano ovvero comunitario o da parte di uncittadino straniero in possesso del permesso di soggiorno CE persoggiornanti di lungo periodo.

Sono previste, nel rispetto dei vincoli derivanti dall’adesioneagli accordi di Schengen, misure di semplificazione delle proce-dure per il rilascio dei visti, e, soprattutto misure di semplifica-zione per il rilascio di nulla osta, permessi di soggiorno e rinnovi.Innanzitutto sarà allungata la durata dei permessi di soggiorno.Quelli legati a lavori a tempo determinato saranno rilasciati perun anno per rapporti di lavoro di durata pari o inferiore a sei mesiovvero per due anni per rapporti di lavoro di durata superiore asei mesi (non, come avviene oggi, per una durata pari a quella delrelativo contratto di lavoro); quelli rilasciati per contratti a tempoindeterminato o autonomo saranno invece rilasciati per tre anni.Il rinnovo del permesso sarà rilasciato per un periodo pari aldoppio di quello previsto per il primo rilascio. Presso i Comunisaranno istituiti sportelli per presentare le richieste e ritirare ildocumento e, dopo una congrua fase transitoria, si prevede ilpassaggio ai Comuni medesimi della competenza per i rinnovi deipermessi.

La durata del permesso di soggiorno “per attesa occupa-zione” rilasciato allo straniero che ha perso il posto di lavoro,anche per dimissioni, con cui lo straniero si iscrive ai centri perl’impiego, sarà estesa ad un anno rinnovabile per un altro se lostraniero dimostra di disporre di un reddito adeguato. Qualora,infine, lo straniero usufruisca di uno degli istituti previsti inmateria di ammortizzatori sociali, il permesso di soggiorno po-trebbe essere rinnovato per lo stesso periodo. Si prevedono anche

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misure dirette a consentire l’assunzione di un cittadino straniero,già titolare di un permesso per lavoro subordinato da almenodiciotto mesi, che abbia perso la regolarità del soggiorno aseguito di cessazione del suo ultimo rapporto di lavoro.

I permessi umanitari, oggi rilasciati dal questore, sarannorilasciati dal prefetto, sentiti il questore ed il Consiglio territorialeper l’immigrazione, anche a favore dello straniero che dimostrispirito di appartenenza alla comunità civile e non sia pericolosoper l’ordine e la sicurezza pubblica.

Previa ratifica del capitolo C della Convenzione sulla parte-cipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta aStrasburgo il 5 febbraio 1992, si prevede l’attribuzione dell’elet-torato attivo e passivo per le elezioni amministrative a favoredegli stranieri titolari del permesso di soggiorno CE per soggior-nanti di lungo periodo alle modalità di esercizio e alle condizionipreviste per i cittadini dell’Unione europea.

Per favorire l’inserimento sociale e civile dei minori stranieri,con il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi familiariallo straniero che, al compimento della maggiore età, risulti acarico di uno o entrambi i genitori, tenuto conto del reddito deglistessi. Viene poi prevista la conversione, al compimento dellamaggiore età, del permesso di soggiorno, rilasciato al minorestraniero non accompagnato, che abbia partecipato ad un pro-getto di accoglienza, in altre tipologie di permesso di soggiorno,compresa quella per accesso al lavoro. Presso il Ministero dellasolidarietà sociale sarà istituito un “Fondo nazionale di acco-glienza e tutela a favore dei minori stranieri non accompagnati”per il finanziamento dei progetti di accoglienza. In caso d’incer-tezza sulla minore età dello straniero, saranno disposti gli oppor-tuni accertamenti medico-sanitari e, ove tali accertamenti nonconsentano l’esatta determinazione dell’età, si applicheranno co-munque le disposizioni relative ai minori.

Sempre in tema di integrazione sono previste misure in favoredelle seconde generazioni nonché delle donne e per potenziarel’intermediazione culturale.

Si abbassa a due anni il soggiorno regolare sul territorio

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sufficiente per maturare il diritto alle provvidenze di assistenzasociale (attualmente è riservato ai lungosoggiornanti).

Per rendere effettive le espulsioni, si introducono programmispecifici di “rimpatrio volontario e assistito”, ai quali potrannoaccedere gli immigrati che collaborano alla propria identifica-zione, con l’istituzione di un “Fondo nazionale rimpatri”, desti-nato a finanziarli, che sarà alimentato con i contributi dei datoridi lavoro e degli sponsor. Per ottenere la collaborazione dell’im-migrato sarà introdotto anche un sistema premiale fondato sullariduzione dei tempi del divieto di reingresso in Italia. Le sanzionisaranno graduate in funzione della gravità e reiterazione delleviolazioni nonché dei motivi dell’espulsione.

Il trattenimento in strutture non sarà, come avviene ora,conseguenza automatica del decreto di espulsione, ma riguarderàsolo i casi in cui, in assenza di collaborazione dell’immigrato,occorre procedere alla sua identificazione, comunque con unariduzione dei tempi oppure per il tempo strettamente necessarioa rendere eseguibile l’espulsione con accompagnamento coattivo(ad esempio temporanea indisponibilità del vettore). In questomodo si avrà una netta riduzione dei soggetti trattenuti nei Centrie un cambio della stessa missione di questi ultimi. Considerandoanche un sostanziale adeguamento strutturale dei CPT, conformealle nuove esigenze e alle indicazioni che sono venute dallaCommissione De Mistura, si potrà così considerare “superata”l’esperienza dei Centri come li abbiamo conosciuti finora. Al loroposto ci saranno un limitato numero di strutture per le espulsioni,destinati a una platea molto più contenuta rispetto ad oggi. estrutture di accoglienza vera e propria riservate al soccorso deiclandestini sbarcati o comunque individuati in condizioni irrego-lari e di bisogno. Queste strutture assicureranno l’assistenzanecessaria, le pratiche sanitarie indispensabili a garantire la salutepubblica e la definizione delle rispettive posizioni giuridiche. Perla gestione di entrambe le tipologie di strutture sono previsteforme di collaborazione con gli enti locali, le AA.SS.LL., leassociazioni umanitarie e la più assoluta trasparenza con unaspecifica regolamentazione dei diritti fondamentali della personatrattenuta e una disciplina dell’accesso alle stesse allargata anche

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agli organi di informazione e di stampa, nel rispetto della riser-vatezza dei cittadini stranieri e senza pregiudizio della funziona-lità dei servizi.

Il disegno di legge prevede, infine, disposizioni che mirano atutelare le vittime di riduzione in schiavitù, tratta e violenza.

La lettera e) prevede, poi, che, in armonia con quantostabilito dal capitolo C della Convenzione sulla partecipazionedegli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgoil 5 febbraio 1992, e ratificata dall’Italia con legge 8 marzo 1994,n. 203, per i soli capitoli A e B, si estenda l’elettorato attivo epassivo per le elezioni amministrative agli stranieri che hannoottenuto nel nostro Paese un permesso di soggiorno CE persoggiornanti di lungo periodo, consentendo l’esercizio di talediritto secondo le modalità e le condizioni già previste per icittadini dell’Unione europea. È necessario, pertanto, procedere,prima dell’approvazione della legge delega, alla ratifica del pre-detto capitolo C della citata Convenzione internazionale, in modoche, in ossequio all’articolo 10 della Costituzione, nella regola-mentazione della condizione dello straniero si possa disciplinarel’elettorato in armonia al trattato internazionale ratificato.

La lettera f) richiede che “conformemente alla normativaeuropea, la disciplina delle cause ostative all’ingresso o al sog-giorno sul territorio nazionale si fondi su di una valutazioneindividuale e non ricollegata automaticamente alla sussistenza dideterminati presupposti”. In tal senso, la legge delega dovrebbenormare le cause ostative all’ingresso e al soggiorno, rivedendo sedel caso l’attuale previsione delle condanne per determinatecategorie di reati (come quelli indicati nell’art. 380 cod. proc.pen.) quali clausole ostative all’ingresso e al soggiorno, perché ilconnesso rifiuto di ingresso e/o di rilascio o di rinnovo o direvoca del permesso di soggiorno (art. 4 T.U. in combinatodisposto con l’art. 5 T.U.) sottende un automatismo rigido, chepriva la valutazione con un margine sufficiente di discrezionalitàdella meritevolezza dei presupposti, relativi al caso concreto. Lanorma di cui all’art. 380 c.p.p., sull’arresto obbligatorio in fla-granza, ricomprende infatti delitti dal disvalore penale assaidiverso, spesso unificati nella disciplina non tanto in ragione del

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loro disvalore, quanto per ragioni probatorie o per evitare ilpericolo di fuga. Sarebbe inoltre possibile per la legge delega-sulla base del suddetto principio — fondare la disciplina dellecause ostative all’ingresso o al soggiorno sul territorio nazionalesull’esigenza di una valutazione il più possibile individualizzatache tenga conto non solo dell’assenza di condanne per particolaridelitti, ma anche di parametri relativi all’assenza di pericolositàsociale della persona. Inoltre, la legge delega potrebbe prevederel’irrilevanza, ai fini de quibus, di condanne per le quali vi è stataapplicazione del beneficio della sospensione condizionale dellapena, che presuppone una valutazione positiva in ordine allapersonalità del soggetto, nonché di condanne a pena pecuniaria(anche a titolo di sanzione sostitutiva di pena detentiva), qualeindice di ridotto disvalore sociale della condotta. Si potrebbeinoltre valorizzare il positivo svolgimento, da parte della personagià detenuta, di un percorso positivo di reinserimento, ad es.anche attraverso la partecipazione a progetti di assistenza eintegrazione sociale previsti dall’art. 18 T.U. o la fruizione dimisure alternative alla detenzione, tali da consentire lo svolgi-mento di attività lavorativa. La legge delega potrebbe altresìdisporre espressamente l’applicabilità delle norme della legge sulprocedimento amministrativo e sull’azione amministrativa (leggen. 241/1990, come modificata ed integrata dalle leggi n. 15 e80/2005) anche ai procedimenti in esame. Ancora, in merito aiprovvedimenti di revoca, annullamento o diniego di rinnovo deipermessi di soggiorno, seguendo la giurisprudenza della Con-sulta, la legge delega potrebbe prevedere espressamente unasospensione ex lege dell’espulsione a seguito della proposizionedi ricorso giurisdizionale, con termine fissato per la decisione delgiudice, per consentire allo straniero di esercitare il propriodiritto alla difesa, scongiurando ogni ipotesi di procedimento inabsentia., Nei casi di diniego di rilascio del primo permesso disoggiorno o espulsione non preceduta da richiesta di rilascio deltitolo di soggiorno, la sospensione potrebbe essere valutata dalgiudice in via cautelare e tenendo conto anche degli elementiindicati dal ricorrente e delle possibilità di acquisizione di unostatus regolare.

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Particolarmente significativi, per le prospettive di politica deldiritto che vi sono sottese, sono i principi e i criteri direttivi di cuialle lettere g), h), q), di seguito riportati.

g) rendere effettivi i rimpatri, graduando le misure d’in-tervento, anche al fine di migliorare il contrasto dello sfrutta-mento dell’immigrazione clandestina, incentivando la collabora-zione, a tale fine, dell’immigrato, attraverso:

1) la previsione di programmi di rimpatrio volontario eassistito indirizzati anche a cittadini stranieri non espulsi privi deinecessari mezzi di sussistenza per il rientro nei Paesi di origine odi provenienza, finanziati da un « Fondo nazionale rimpatri », daistituire presso il Ministero dell’interno, alimentato con contri-buti a carico dei datori di lavoro, degli enti o delle associazioni,dei cittadini che garantiscono l’ingresso degli stranieri e deglistranieri medesimi;

2) la differenziazione della durata del divieto di reingressoper gli stranieri espulsi in considerazione della partecipazione aiprogrammi di rimpatrio di cui al numero 1), nonché dei motividell’espulsione;

3) la rimodulazione delle scelte sanzionatorie correlate allaviolazione delle disposizioni in materia di immigrazione mediantela previsione di un meccanismo deterrente graduale, anche conriferimento al tipo di sanzione da irrogare, amministrativa openale, in relazione alla gravità e alla reiterazione delle violazioni,nonché ai motivi dell’espulsione;

4) la riconduzione, per i casi in cui si preveda il ricorso allasanzione penale, delle procedure correlate alla violazione delledisposizioni in materia d’immigrazione nell’alveo degli istituti edei princìpi stabiliti in via generale dai codici penale e di proce-dura penale;

5) la revisione delle modalità di allontanamento, con sospen-sione dell’esecuzione per gravi motivi, tenendo conto della naturae della gravità delle violazioni commesse ovvero della pericolositàper l’ordine pubblico e per la sicurezza dello Stato dello stranieroespulso;

6) l’attribuzione delle competenze giurisdizionali al giudiceordinario in composizione monocratica;

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h) superare l’attuale sistema dei centri di permanenzatemporanea e assistenza, promuovendone e valorizzandone lefunzioni di accoglienza, di soccorso e di tutela dell’unità familiaree modificando la disciplina relativa alle strutture di accoglienza,nonché il sistema di trattenimento degli stranieri irregolari, inmodo da assicurare comunque sedi e strumenti efficaci perl’assistenza, il soccorso e l’identificazione degli immigrati e ilrimpatrio di quanti sono legittimamente espulsi attraverso:

1) la revisione delle caratteristiche strutturali e gestionalidelle strutture finalizzate all’accoglienza, al soccorso, con parti-colare attenzione alla tutela delle esigenze di rispetto e protezionedei nuclei familiari con minori, e all’identificazione degli stranieripresenti irregolarmente sul territorio nazionale e privi di mezzi disostentamento per il tempo strettamente necessario a tali fini,prevedendo misure di sicurezza strettamente limitate e propor-zionate in relazione alle loro finalità, con un congruo orario diuscita per gli stranieri già identificati o anche non identificati, perragioni a loro non imputabili, dopo un congruo termine per leoperazioni d’identificazione, e con l’individuazione di forme digestione in collaborazione con gli enti locali, le aziende sanitarielocali e le associazioni o le organizzazioni umanitarie, intese adassicurare un’informazione specifica sulle procedure di asilo,sulla normativa vigente in materia di tratta e di grave sfrutta-mento del lavoro, nonché sulle modalità di ingresso regolare nelterritorio nazionale e sui programmi di rimpatrio volontario eassistito;

2) l’introduzione di procedure amministrative per identifi-care gli stranieri durante l’esecuzione di misure idonee a incideresulla libertà personale, finalizzate a escludere la necessità di unsuccessivo trattenimento a tale fine;

3) la previsione di strutture per le espulsioni destinate esclu-sivamente al trattenimento dei cittadini stranieri da espellere chesi sono sottratti all’identificazione, con congrua riduzione delperiodo di permanenza, e l’utilizzo delle medesime strutture peril tempo strettamente necessario nei confronti dei cittadini stra-nieri identificati o che collaborano fattivamente alla loro identi-ficazione, quando non è possibile eseguire con immediatezza

IMMIGRAZIONE E DIRITTI UMANI184

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l’espulsione con accompagnamento coattivo, con la previsione diforme di gestione delle strutture per le espulsioni anche mediantela collaborazione e la previsione dei servizi di cui al numero 1),nonché la specifica regolamentazione dei diritti fondamentalidella persona trattenuta;

4) la revisione della disciplina delle visite ai cittadini stranierie dell’accesso alle strutture di cui ai numeri 1) e 3), prevedendoin particolare l’accesso dei familiari dei cittadini stranieri rego-larmente identificati, del sindaco, del presidente della provincia edel presidente della regione, nei cui territori è collocata lastruttura, o di consiglieri o assessori, del responsabile delleassociazioni che per finalità statutarie forniscono servizi di orien-tamento, informazione e tutela per cittadini stranieri, nonché dirappresentanti degli organi di informazione e di stampa, nelrispetto della riservatezza dei cittadini stranieri e senza pregiudi-zio della funzionalità dei servizi;

q) favorire un’adeguata tutela delle vittime di riduzione o dimantenimento in schiavitù o in servitù, delle vittime di tratta,delle vittime di violenza o di grave sfruttamento e garantire il loroaccesso ai diritti previsti dalla normativa vigente attraverso:

1) la revisione della disciplina delle espulsioni che tengaconto della necessità di sospendere il provvedimento di espul-sione nei casi in cui vi siano fondati elementi per ritenere che lostraniero sia stato assoggettato a una situazione di violenza e digrave sfruttamento nel territorio nazionale;

2) la revisione della disciplina e della procedura di ricongiun-gimento familiare che consenta l’adozione di procedure accele-rate e la semplificazione dei requisiti quando i familiari dellostraniero che sia stato vittima di tratta o di grave sfruttamentocorrano rischi per la loro incolumità in ragione dell’assoggetta-mento alla situazione di violenza o di grave sfruttamento di cui lostraniero stesso è vittima;

3) l’esclusione della punibilità per i reati e per le infrazionirelativi alla condizione di soggiorno illegale, per mancata ottem-peranza all’ordine di espulsione, commessi dallo straniero incondizioni di assoggettamento alla violenza e al grave sfrutta-mento.

FEDERICA RESTA 185

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In considerazione delle difficoltà riscontrate nel rendere ef-fettive le espulsioni, soprattutto per i problemi collegati all’iden-tificazione dell’immigrato, la lettera g) mira a incentivare lacollaborazione a tale fine degli stranieri, graduando le misured’intervento. A tale scopo viene istituito il « Fondo nazionalerimpatri », presso il Ministero dell’interno, destinato a finanziareprogrammi di rimpatrio volontario e assistito, alimentato concontributi dei datori di lavoro, dei garanti che fanno da sponsor,nonché degli stranieri medesimi. A tali programmi potrannoaccedere anche gli stranieri non espulsi che non hanno i mezziper rientrare nel proprio Paese. Per ottenere la collaborazionedell’immigrato si prevede anche un sistema premiale fondatosulla riduzione del divieto di reingresso normalmente conse-guente al decreto di espulsione, sul quale inciderà anche lamaggiore o minore gravità dei motivi di espulsione.

Si prevede, inoltre, la revisione della disciplina dell’allonta-namento, rapportata alla gravità delle violazioni commesse e allapericolosità dello straniero, con possibilità di sospensione del-l’esecuzione del provvedimento di allontanamento per gravi mo-tivi.

In generale è prevista la revisione della disciplina sanziona-toria per violazione delle disposizioni in materia di immigrazione,con il superamento del cosiddetto « diritto speciale » dello stra-niero, il cui trattamento va ricondotto ai princìpi dei codicipenale e di procedura penale, con un meccanismo deterrentegraduale in relazione alla gravità e alla reiterazione delle viola-zioni e ai motivi dell’espulsione, anche alla luce della recentesentenza della Corte costituzionale (n. 22 del 2007), che hasottolineato l’esistenza di « squilibri, sproporzioni e disarmonie,tali da rendere problematica la verifica di compatibilità con iprincìpi costituzionali di uguaglianza e di proporzionalità dellapena e con la finalità rieducativa della stessa ».

La competenza giurisdizionale nella materia sarà riportata algiudice ordinario in composizione monocratica, in considera-zione dell’incidenza della normativa in esame sui diritti fonda-mentali della persona. Tale principio direttivo — di assolutaimportanza, anche sotto il profilo simbolico-performativo —

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potrebbe fondare una previsione, in sede di legge delega, volta adunificare la giurisdizione su tutti i provvedimenti relativi allacondizione giuridica dello straniero, oggi divisa in due giurisdi-zioni e davanti a tre giudici differenti (rispettivamente il giudiceamministrativo, il giudice di pace ed il tribunale ordinario).

Il principio direttivo di cui al numero 4) potrebbe inoltreindurre il legislatore delegato al riordino, in conformità allariserva di giurisdizione prevista dall’art. 13 Cost. , di tutti i tipi diprocedimenti di adozione degli attuali provvedimenti ammini-strativi di espulsione, prevedendo che ogni tipo di provvedi-mento di espulsione che non sia già disposto dall’autorità giudi-ziaria e che sia da eseguirsi con accompagnamento alla frontieraa cura delle forze di polizia, sia adottato con ordinanza motivata,ricorribile in Cassazione.

Quanto alla lettera h), essa prevede, tenendo conto delleconclusioni della relazione della Commissione De Mistura, ilsuperamento dell’attuale sistema dei CPT, valorizzandone lafunzione di accoglienza e di soccorso e di tutela dell’unitàfamiliare (attualmente, il trattenimento nei cpt configura unasorta di “incidente di esecuzione” dell’accompagnamento imme-diato alla frontiera, mediante il quale deve eseguirsi il provvedi-mento di espulsione o il provvedimento di respingimento dispo-sto dal Questore). A tale fine si prevede poi la revisione dellecaratteristiche strutturali e gestionali delle strutture finalizzateall’accoglienza, al soccorso, con particolare riguardo per i nucleifamiliari con minori, e alla identificazione degli stranieri irregolarie privi di mezzi di sostentamento per il tempo necessario a talifini, con misure di sicurezza strettamente proporzionate allefinalità perseguite e con la previsione di un congruo orario diuscita per gli stranieri, con modalità differenziate a seconda chelo straniero sia stato o meno già identificato. Per la gestione di talistrutture, ma anche per i CPT, si prevedono anche forme dicollaborazione con gli enti locali, le aziende sanitarie locali e leassociazioni od organizzazioni umanitarie, al fine di informare glistranieri sulle procedure di asilo, sulla normativa in materia ditratta e di grave sfruttamento del lavoro, nonché sulle modalità diingresso e di rimpatrio.

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È prevista, poi, l’introduzione di nuove procedure per con-sentire l’identificazione dello straniero in carcere, al fine di evitarela necessità di un successivo trattenimento a tale fine. Tutto ciòallo scopo dell’utilizzo residuale degli attuali CPT, peraltro alcunigià in fase di chiusura, solo per gli stranieri da espellere che sisono sottratti all’identificazione, con congrua riduzione dei tempidel trattenimento, ovvero per gli stranieri identificati o checollaborano fattivamente alla loro identificazione, quando non èpossibile eseguire con immediatezza tale accompagnamento e peril tempo strettamente necessario e in misura ulteriormente ri-dotta. La nuova normativa, con riguardo a tutte le struttureesaminate, dovrà contenere una specifica regolamentazione deidiritti fondamentali degli stranieri trattenuti e una disciplinadell’accesso, in particolare dei familiari dei cittadini stranieri,oltre che dei rappresentanti degli enti territoriali e delle associa-zioni che forniscono servizi di informazione e di tutela percittadini stranieri, nonché degli organi di informazione e distampa, nel rispetto della riservatezza e delle esigenze di funzio-nalità delle strutture.

12. LA DIRETTIVA INTERMINISTERIALE IN MATERIA DI IDENTIFICAZIONE E

ESPULSIONE DEGLI STRANIERI ARRESTATI O DETENUTI.

Tale direttiva (risalente al 30 luglio 2007) permette l’identi-ficazione in carcere dei detenuti extracomunitari da espellere erende più efficiente il sistema dei rimpatri.

Si introducono, infatti, nuove procedure che, attraverso unapiù stretta collaborazione tra le autorità carcerarie e le forze dipolizia, consentiranno l’espletamento di tutte le pratiche neces-sarie all’identificazione durante la permanenza in carcere degliextracomunitari. Una volta ottenuta l’identificazione il detenutosarà poi trasferito in un penitenziario quanto più possibile vicinoal luogo di partenza del vettore prescelto. E da qui, al momentodella scarcerazione — che sarà comunicata con debito anticipodalle autorità carcerarie alla Questura — lo straniero sarà rim-patriato.

Si intende così rendere più efficiente il sistema delle espul-

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sioni, che si è dimostrato, almeno a partire dall’anno 2003, moltopoco efficace proprio per la difficoltà a identificare i soggetti daallontanare. E si alleggerirà, nello stesso tempo, la pressione suiCpt, dove questi soggetti venivano destinati al momento dellascarcerazione per essere identificati (con un tempo massimo di 60giorni, dopo essere stati in carcere spesso per anni).

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PAOLA PELLEGRINO

L’ASSISTENZA LEGALEAL RICHIEDENTE ASILO. CASISTICA

1. La nostra Costituzione, all’art. 10 comma 3, stabilisce che« lo straniero al quale sia impedito nel proprio paese l’eserciziodelle libertà democratiche garantite dalla costituzione italiana hadiritto di asilo nel territorio della Repubblica secondo le condi-zioni stabilite dalla legge ».

Tuttavia, una legislazione organica di attuazione diretta delprincipio costituzionale non è stata ancora messa a punto. Con-cernono però la materia talune norme del d.lgs. 25 luglio 2998, n.286 (art. 5 comma 6) (1), successivamente più volte modificato, ilregolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dellostatus di rifugiato di cui al d.P.R. 16 settembre 2004 n. 303 e ild.lgs. 30 maggio 2005 n. 140, che attua la direttiva 2003/9/CE,che fanno espresso riferimento non al diritto di asilo, ma allostatus di rifugiato.

Peraltro, l’art. 2 lett. a) del d.lgs. n. 140 del 2005, cherecepisce la direttiva della Comunità Europea sovra indicata,fornisce una definizione del richiedente asilo in questi termini:“Si definisce richiedente asilo lo straniero richiedente lo status dirifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951relativa allo status di rifugiato, così come modificata dal Proto-collo di New York del 31 gennaio 1967, resa esecutiva in Italiacon la legge 24 Luglio 1954 n. 722”.

(1) L’art. 5, comma 6, d.lgs. 286/1998 così recita: « In nessun caso può disporsil’espulsione od il respingimento verso uno stato in cui lo straniero possa essere oggettodi persecuzione per motivi di razza, sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, diopinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essererinviato verso un altro stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione ».

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Il d.lgs. 286/98 contiene due norme riferite alla condizionegiuridica del rifugiato: l’art. 19, che si richiama al divieto direspingimento previsto dall’art. 33 della Convenzione di Ginevradel 1951 e al divieto di espulsione del rifugiato di cui all’art. 32della stessa Convenzione, e l’art. 29, che prevede che il rifugiatosia esonerato, rispetto all’immigrato, dall’obbligo di presenta-zione della documentazione richiesta per il nulla osta al ricon-giungimento familiare.

Prima dell’introduzione del d.P.R. 303/2004, che regola at-tualmente le procedure per il riconoscimento dello status dirifugiato, lo straniero (ove per straniero si intende il cittadino diStati non appartenenti alla Unione Europea), appena fatto in-gresso sul territorio nazionale, una volta inoltrata la domanda perla richiesta del riconoscimento del diritto di asilo o dello status dirifugiato alla Questura competente per territorio, veniva poisentito dalla Commissione Centrale per il riconoscimento dellostatus di rifugiato con sede in Roma e alla quale spettava decideresu siffatte domande. Nelle more della procedura, peraltro noninnovata sul punto, al richiedente veniva (e viene) rilasciato unpermesso di soggiorno per richiesta asilo con durata a termine,rinnovabile fino alla convocazione dell’interessato per l’esamedella domanda.

A tal proposito, occorre sottolineare che la legge 30 luglio2002, n. 132 (c.d. Bossi-Fini), all’art. 32, comma 1, ha introdotto(nel d.l. 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni,nella l. 28 febbraio 1990, n. 39 ) la previsione per cui il Questore,al quale è presentata la predetta domanda, ha facoltà di disporreil trattenimento del richiedente presso un centro di identifica-zione od un centro di permanenza temporanea in tre casi: quandosia necessario verificare o determinare la nazionalità del richie-dente, quando occorra verificare gli elementi su cui si basa ladomanda di asilo e quando sia pendente il procedimento con-cernente il riconoscimento del diritto ad essere ammesso sulterritorio dello Stato. In due casi il Questore dispone obbligato-riamente il trattenimento: quando la domanda è presentata dallostraniero fermato per aver eluso o tentato di eludere i controllialla frontiera e quando lo straniero, che ha presentato la do-

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manda, sia già stato in precedenza destinatario di un provvedi-mento di espulsione o di respingimento.

In precedenza, la Commissione Centrale esaminava la do-manda, sentiva l’interessato e decideva: o di riconoscere lo statusdi rifugiato, se riteneva che sussistessero i presupposti stabilitidalla Convenzione di Ginevra e dal Protocollo di New York, o dirigettare la domanda, esprimendo un diniego al riconoscimento;tuttavia, in questa seconda ipotesi, valutando le conseguenze delrimpatrio alla luce degli obblighi derivanti dalle convenzioniinternazionali ed in particolare dell’art. 3 CEDU, di riconoscereal richiedente un permesso di soggiorno per motivi umanitari(art. 5, comma 6, del T.U. sull’immigrazione).

In caso di diniego, il destinatario del provvedimento aveva lapossibilità di richiedere un riesame della domanda davanti allostesso organo amministrativo che l’aveva pronunciato, oppure diricorrere impugnando tale decisione di diniego, in sede di volon-taria giurisdizione, davanti al Giudice ordinario.

Con l’art. 12 del d.P.R. 303/2004, sono state poi istituite 7Commissioni Territoriali per il riconoscimento dello status dirifugiato (Gorizia, Milano, Roma, Foggia, Siracusa, Crotone,Trapani), che esaminano le istanze presentate nelle circoscrizioniterritoriali. Questa più recente normativa prevede, dunque, che laCommissione Territoriale proceda all’audizione del richiedenteasilo entro 30 giorni dalla trasmissione della documentazionerelativa da parte della Questura e che la decisione venga poiadottata entro i successivi tre giorni.

La procedura per il riconoscimento dello status di rifugiatodavanti alle Commissioni Territoriali è analoga a quella che sisvolgeva davanti alla Commissione Nazionale e con le stessepossibilità di soluzione: accoglimento dell’istanza con relativoriconoscimento dello status di rifugiato, diniego con possibilità diriesame, ma solamente nel breve termine di cinque giorni dallanotifica del diniego oppure riconoscimento di un permesso disoggiorno per motivi umanitari.

L’art. 21 del d.P.R. 303/2004 ha previsto l’istituzione di una“costola” della Commissione Centrale, divenuta in seguito allemodifiche Commissione Nazionale per il riconoscimento dello

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status di rifugiato, e cioè la Commissione Nazionale sezionestralcio. che esamina tutte le domande presentate prima dell’in-troduzione del regolamento di attuazione. Questa Commissionesta ancora esaminando le domande presentate con la procedurain vigore prima del 21 aprile 2005.

Poiché le controversie giudiziarie a seguito di diniego sononumerose, la Commissione Nazionale Stralcio, in accordo con ilCapo Dipartimento per le libertà civili e per l’immigrazione, invia di autotutela, sta procedendo all’esame di tutti i casi dicontenziosi pendenti, richiedere alle varie Questure il rilascio diun permesso di soggiorno per motivi umanitari subordinato allarinuncia da parte del richiedente asilo agli atti del giudizio incorso, con conseguente cessazione della materia del contendere.

In sede di attuazione operativa delle Commissioni Territorialie della Commissione Nazionale Stralcio, la Commissione Cen-trale ha continuato ad occuparsi delle domande di riesameavverso i dinieghi del riconoscimento dello status da essa emanati.

2. Fatta questa doverosa premessa, intenderei illustrate qui leconseguenze del diniego del riconoscimento della domanda dirifugiato da parte delle Commissioni, facendo riferimento allamia personale esperienza di avvocato.

Il provvedimento di diniego viene, dunque, inviato alla Que-stura territorialmente competente e viene notificato all’interes-sato: in alcuni casi, unitamente al provvedimento di diniego,viene notificato al richiedente anche il decreto di espulsione conl’ordine del Questore di lasciare il territorio nazionale entroquindici giorni.

In questa ipotesi, può procedersi nei seguenti modi: predi-sporre un ricorso al Tribunale ordinario in via di volontariagiurisdizione, iscrivendo la causa a ruolo, e, nel contempo,impugnare, con un ricorso ex art. 13, comma 8, della d.lgs.286/98, il provvedimento di espulsione davanti al giudice di paceentro 60 giorni dalla sua notifica (è appena il caso di ricordareche, in base al d.l. 29 dicembre 2007, n. 249, poi decaduto, cheprevedeva misure urgenti in materia di espulsioni e di allontana-

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menti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicu-rezza, in materia di espulsioni non sarebbe stato più competenteil Giudice di Pace, ma il Tribunale ordinario in composizionemonocratica). Tale modo di procedere trascura però la possibilitàdi richiedere in prima battuta alla stessa Commissione Nazionale,che abbia emesso il provvedimento, un riesame del caso con unricorso corredato da tutta la documentazione esistente e compro-vante il buon diritto del richiedente. Occorre però avvertire comela via del ricorso alla autorità giudiziaria del luogo in cui dimo-rava il ricorrente si sia rivelato non percorribile in seguito allapronuncia della Corte di Cassazione (ordinanza n. 11211 del 26maggio 2005 sez.1), che ha dichiarato l’incompetenza dei Tribu-nali locali ove il diniego fosse pervenuto dalla CommissioneNazionale a favore della competenza del Foro Giurisdizionale diRoma, ove ha sede l’organo che ha emanato il provvedimento (2).Sul punto delle competenze periferiche, è intervenuta inveceun’altra ordinanza della Corte di Cassazione (sez. 1 n. 10028 del28 aprile 2006), che ha affermato la competenza del Tribunale nelcui circondario ha sede la Commissione territoriale che ha adot-

(2) Corte Suprema di Cassazione, sez. I, ord. n. 11211 del 26 maggio 2005 “Ilricorso dello straniero avverso il diniego di asilo politico emesso dalla CommissioneCentrale per i rifugiati (nel vigore del regime di cui all’art. 1 del d.l. 30 dicembre 1989n. 416 convertito in legge 28 febbraio 1990 n.39, e sino alla data di applicabilità delledisposizioni di cui all’art. 32 della legge 30 luglio 2002, n. 189 che, introducendo neltesto del citato d.l. n. 416 del 1989 gli articoli da 1-bis a 1-septies, ha istituito,nell’ambito della procedura semplificata per le richieste formulate dagli stranieriristretti per identificazione in centri di permanenza temporanea ed assistenza, commis-sioni territoriali e previsto la competenza del tribunale territorialmente competente -data coincidente, ai sensi dell’art. 34 della stessa legge, con l’entrata in vigore del nuovoregolamento previsto dal citato art.1-bis, comma 3, d.l. n. 416 del 1989) rientra nellacompetenza per materia del tribunale ai sensi dell’art. 9 cod. proc. civ., trattandosi dicontroversia avente ad oggetto lo “status” del richiedente, e nella competenza territo-riale, ai sensi dell’art. 25 cod. proc. civ. del Tribunale di Roma, luogo in cui ha sede ilsoggetto convenuto, che è l’Amministrazione centrale dello Stato, senza che possaprendersi in considerazione l’ipotesi del foro del luogo nel quale è stata presentatal’istanza e nel quale la Commissione ha effettuato le proprie audizioni decentrate ed haassunto e comunicato la decisione negativa, attese l’assenza di una soggettività giuridicadella Commissione(mero organo del Ministero dell’Interno) e l’impossibilità di ridurrelo “status” ad oggetto di una obbligazione ex art. 1182 cod. civ.”.

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tato la decisione contestata e non quella del Tribunale distret-tuale.

Personalmente ho seguito in diversi casi la strada del ricorsoimmediato davanti alla Commissione Nazionale, che aveva pro-nunciato il diniego, richiedendo il riesame con modalità del tuttoanaloghe ad un ricorso ordinario, cioè con completezza di ele-menti sia in fatto, sia in diritto, e producendo documentazionecon richiesta di nuova audizione dell’esaminato con l’assistenzadel difensore. In quattro casi, è bastata la notifica alla Commis-sione Nazionale del ricorso per ottenere per i miei assistiti, duecurdi e due liberiani, il riconoscimento del permesso di soggiornoper motivi umanitari.

Un altro caso, che ricordo volentieri, è relativo ad un diniegoda parte della Commissione territoriale di Milano su una richiestadi un cittadino turco di etnia curda. In quell’occasione, era statonotificato al ricorrente anche il decreto di espulsione, per cui hoinoltrato richiesta di riesame alla Commissione territoriale entrocinque giorni dalla notifica del provvedimento (tali sono i terminiper poter chiedere riesame e sul punto vorrei sottolineare cometale termine sia troppo breve, perché in così poco tempo non èsempre possibile reperire tutta la documentazione necessaria perredigere un ricorso completo con documentazione ed esposizionedei fatti adeguate): Ho poi depositato un ricorso davanti alTribunale di Milano, territorialmente competente, sezione volon-taria giurisdizione, per richiedere il riconoscimento al mio assi-stito del diritto di asilo e/o dello status di rifugiato e, nello stessoricorso, ho richiesto, con un provvedimento di urgenza ex art.700 c.p.c., il rilascio un permesso di soggiorno per motivi uma-nitari. Ho quindi impugnato l’espulsione dinnanzi al Giudice diPace di Genova, competente in quanto il richiedente risiedeva aGenova e l’espulsione stessa era stata disposta dal Prefetto diGenova. Ho ottenuto l’annullamento dell’espulsione altresì unpermesso di soggiorno per motivi umanitari dalla Commissioneterritoriale di Milano ci aveva convocati per il riesame.

Il ricorrente non ha poi più voluto coltivare la causa, prefe-rendo rimanere con il solo permesso di soggiorno per motiviumanitari, anche se, a mio parere, ci sarebbero state ottime

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probabilità di ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato.Il motivo per cui tanti richiedenti lo status di rifugiato poirinunciano alla causa sta nel fatto che ritengono e sperano in cuorloro che, con il permesso di soggiorno per motivi umanitari,possano fare rientro in patria per trovare i familiari, mentre conuno status di rifugiato ciò non sarebbe possibile.

Da ultimo, mi sono occupata di alcune cause di diniegoprovenienti dalla già ricordata Commissione Nazionale SezioneStralcio. Purtroppo, i casi che sto seguendo davanti a questaCommissione, riguardavano richiedenti che non avevano inprecedenza instaurato una causa davanti al Giudice ordinario,ma erano solo stati destinatari di un diniego da parte dellaCommissione stralcio: a vantaggio di costoro, ho ritenuto co-munque di predisporre un ricorso tendente al riesame, richie-dendo, anche se ciò non è previsto dall’art. 17 del regolamento,la presenza di un difensore, allegando la violazione dell’art. 24della Costituzione, poiché ritengo che il diritto di difesa debbaessere garantito anche in un procedimento amministrativo, comequello in questione, che ha ad oggetto diritti fondamentali dellapersona.

Vorrei infine ricordare che il Consiglio dei Ministri del 9novembre 2007 ha approvato, su proposta del Ministero degliinterni, due decreti legislativi in materia di asilo che recepisconodue direttive comunitarie: la 2004/83/CE, recante norme mi-nime sull’attribuzione a cittadini di Paesi terzi o apolidi dellaqualifica di rifugiato o di persona altrimenti-bisognosa di pro-tezione internazionale nonché norme minime sul contenuto dellaprotezione riconosciuta e la 2005/85/CE, recante norme minimeper le procedure applicate negli stati membri ai fini del ricono-scimento e della revoca dello status di rifugiato. Il primo diquesti due decreti prevede la possibilità di esercitare il diritto diasilo attraverso la richiesta di protezione internazionale. Lanovità consiste nel fatto che l’autorità preposta all’esame puòriconoscere lo status di rifugiato, se ritiene che vi siano ipresupposti previsti dalla Convenzione di Ginevra, oppure laprotezione sussidiaria in considerazioni delle gravi conseguenzea cui verrebbe sottoposto il richiedente asilo in caso di rientro

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nel paese di origine (3). La particolarità di questo permesso disoggiorno, che ha durata triennale, rinnovabile previa verificadelle condizioni che hanno consentito il riconoscimento dellaprotezione sussidiaria, consiste nel fatto che è considerato unpermesso di soggiorno convertibile in permesso di soggiorno permotivi di lavoro e di studio (art. 23 c. 2 del decreto legislativo).

Infine, l’art. 34, comma 4, del d.lgs. 151/2007 prevede unanovità interessante in materia di rifugiati e cioè che al titolare dipermesso di soggiorno per motivi umanitari, ottenuto primadell’entrata in vigore del decreto legislativo di cui si tratta, èrilasciato al momento del rinnovo il permesso di soggiorno perprotezione umanitaria il che comporta un notevole vantaggio inquanto abbiamo visto che questo tipo di permesso di soggiornoha durata triennale ed è convertibile in permesso di soggiorno permotivi di lavoro subordinato e/o autonomo. Il comma 5 delmedesimo articolo dispone che ai titolari del permesso di sog-giorno per motivi umanitari siano riconosciuti gli stessi dirittistabiliti dal decreto per i titolari dello status di protezione sussi-diaria: ciò che, a mio parere, apre la strada alla conversione di talipermessi di soggiorno, qualora vi siano i requisiti richiesti, inpermessi di soggiorno per motivi di lavoro.

(3) Cfr. l’art. 14 d.lgs. 19 novembre 2007 n. 251 “Ai fini del riconoscimento dellaprotezione sussidiaria, sono considerati danni gravi: a) la condanna a morte o all’ese-cuzione della pena di morte; b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumanoo degradante ai danni del richiedente nel suo paese di origine; c) la minaccia grave eindividuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminatain situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.

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MAURIZIO GUAITOLI

IL RICONOSCIMENTO DELLO STATUS DI RIFUGIATOE DEL DIRITTO DI ASILO

SOMMARIO: 1. Quadro normativo. — 2. Problematiche emerse. — 2.1. Riconoscimentodella protezione umanitaria. — 2.2. Ambiti di applicazione dell’art. 17 del d.P.R.n. 303/2004 — 2.3. Riconoscimento e mantenimento dello status per cittadinineo-comunitari. — 2.4. Il diritto d’asilo, a norma dell’art. 10 cost. — 3. L’impattodella normativa comunitaria sul diritto d’asilo. — 4. Brevi cenni sul nuovo SistemaInformativo (S.I.) sull’Asilo.

1. QUADRO NORMATIVO.

La genesi degli organi collegiali per il riconoscimento deldiritto d’asilo, in applicazione dei principi della Convenzione diGinevra del 1951, ha inizio con la Commissione paritetica dieleggibilità, istituita con decreto interministeriale del 12 gennaio1989, successivamente trasformata in Commissione centrale per ilriconoscimento dello status di rifugiato, in base al d.l. 30 dicembre1989, n. 416, alla quale la legge affidava il compito di:

1. esaminare le richieste per il riconoscimento dello status dirifugiato, procedendo all’audizione del richiedente asilo, qualoral’interessato ne avesse fatto esplicita richiesta. In quella sede, eraprevisto che il richiedente potesse esprimersi nella propria lingua,sempre che almeno un membro della Commissione ne fosse aconoscenza. In alternativa, l’asilante poteva esprimersi in unadelle lingue francese, inglese o spagnolo, ovvero, in carenza, laCommissione aveva facoltà di farsi assistere da un interprete;

2. disporre d’ufficio l’audizione del richiedente, con le ga-ranzie di cui al punto 1.) precedente;

3. pronunziarsi sulle richieste d’asilo nei 15 gg. successivi alricevimento della domanda;

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4. rilasciare allo straniero, riconosciuto rifugiato, un appositocertificato.

In base al punto 4) precedente, poi, il questore era tenuto arilasciare allo straniero in possesso del certificato un permesso disoggiorno nel territorio nazionale.

Al contrario, in caso di diniego, il richiedente era tenuto a“lasciare il territorio dello Stato, nel rispetto dei limiti di cui all’art.7, comma 6, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito,con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, salvo chevenga ad esso concesso un permesso di soggiorno ad altro titolo.,”In ogni caso, veniva fatto salvo il principio di “non-refoulement”,stabilito dal c. 10 dell’art. 7 del d.l. 416/89, che non consentiva nél’espulsione, né il respingimento alla frontiera dello stranieroverso uno Stato ove potesse essere oggetto di persecuzione permotivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, diopinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero po-tesse rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale nonfosse protetto dalla persecuzione.

La Commissione centrale per il riconoscimento dello status dirifugiato era :

— nominata con decreto del Presidente del Consiglio deiMinistri, su proposta congiunta dei Ministri dell’interno e degliaffari esteri;

— presieduta da un prefetto;— composta da:— un funzionario dirigente in servizio presso la Presidenza

del Consiglio dei Ministri;— un funzionario del Ministero degli affari esteri con qua-

lifica non inferiore a consigliere di legazione;— due funzionari del Ministero dell’interno, di cui uno

appartenente al Dipartimento della pubblica sicurezza ed unoalla Direzione generale dei servizi civili, con qualifica non infe-riore a primo dirigente o equiparata.

Alle riunioni della Commissione era chiamato a partecipare,con funzioni consultive, un rappresentante del Delegato in Italiadell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati.

Inoltre, la legge prevedeva che, tenuti fermi i criteri per la

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composizione della Commissione Centrale, il Presidente del Con-siglio dei Ministri potesse costituire più sezioni, anche per areegeografiche di provenienza dei richiedenti il riconoscimento.

Nell’ipotesi della costituzione di più sezioni, era previstal’istituzione di un Consiglio di Presidenza, tenuto a fissare ledirettive e i criteri di massima per le attività delle sezioni,composto dai presidenti delle singole sezioni e presieduto dalpresidente della prima sezione. Ciascuna amministrazione inte-ressata designava, poi, un supplente per ogni componente spet-tantele nella Commissione e nelle sezioni.

Con la riforma Turco-Napolitano prima e con la LeggeBossi-Fini poi, la Commissione centrale per il riconoscimento dellostatus di rifugiato prevista dall’articolo 2 del d.P.R. 136/90, ètrasformata in Commissione nazionale per il diritto di asilo,denominata « Commissione nazionale », la quale è: — nominatacon decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su propostacongiunta dei Ministri dell’interno e degli affari esteri; — presiedutada un prefetto;

— composta da:— un dirigente in servizio presso la Presidenza del Consiglio

dei ministri;— un funzionario della carriera diplomatica;— un funzionario della carriera prefettizia in servizio presso

il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione;— un dirigente del Dipartimento della pubblica sicurezza.Alle riunioni partecipa un rappresentante del delegato in

Italia dell’ACNUR. Ciascuna amministrazione designa, altresì, unsupplente. La Commissione nazionale, ove necessario, può esserearticolata in sezioni di analoga composizione. Inoltre, la Com-missione nazionale ha compiti di:

— indirizzo e coordinamento delle commissioni territoriali;— formazione e aggiornamento dei componenti delle mede-

sime commissioni;— raccolta di dati statistici, oltre che poteri decisionali in

tema di revoche e cessazione degli status concessi.Le modalità di funzionamento della Commissione nazionale e

di quelle territoriali sono poi rimandate all’adozione di uno

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specifico regolamento, approvato, poi, con d.P.R. n. 303/2004con cui vengono:

a) istituite le Commissioni territoriali di:— Gorizia con competenza a conoscere delle domande pre-

sentate nelle Regioni: Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Trentino-Alto Adige;

— Milano con competenza a conoscere delle domande pre-sentate nelle Regioni: Lombardia, Valle d’Aosta, Piemonte, Li-guria, Emilia Romagna;

— Roma con competenza a conoscere delle domande pre-sentate nelle Regioni: Lazio, Campania, Abruzzo, Molise, Sarde-gna, Toscana, Marche, Umbria;

— Foggia con competenza a conoscere delle domande pre-sentate nella Regione Puglia;

— Siracusa con competenza a conoscere delle domande pre-sentate nelle Province di Siracusa, Ragusa, Caltanissetta, Catania;

— Crotone con competenza a conoscere delle domandepresentate nelle Regioni Calabria, Basilicata;

— Trapani con competenza a conoscere delle domande pre-sentate nelle Province di Agrigento, Trapani, Palermo, Messina,Enna.

Inoltre, la competenza a conoscere le domande presentate dairichiedenti asilo presenti nei centri di identificazione o nei centridi permanenza temporanea e assistenza è affidata alla Commis-sione territoriale nella cui circoscrizione territoriale è collocato ilcentro. Negli altri casi è competente la Commissione nella cuicircoscrizione è presentata la domanda.

Con ordinanza Presidente del Consiglio dei Ministri(O.P.C.M.) n. 3620 del 12 ottobre 2007, contenente “Ulterioridisposizioni urgenti di protezione civile per il contrasto e lagestione dell’eccezionale afflusso di cittadini stranieri extracomu-nitari giunti irregolarmente in Italia”, al fine di consentire ilrapido espletamento delle attività connesse all’esame delle istanzedi asilo degli stranieri giunti irregolarmente in Italia, all’art. 3,comma 1, stabilisce che il Ministro dell’interno è autorizzato, conproprio decreto, ad istituire presso le Prefetture-Uffici territorialidi Governo ulteriori Commissioni territoriali per il riconosci-

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mento dello status di rifugiato, fino ad un massimo di tre,definendone con lo stesso provvedimento l’ambito territoriale dicompetenza.

Alle nuove Commissioni si applica quanto previsto dal Re-golamento di attuazione (d.P.R. 303/2004), fatta salva la designa-zione del rappresentante dell’ente territoriale nelle Commissionistesse, che viene affidata -in deroga all’art. 1-quater della citatalegge n. 39/1990- ai sindaci dei comuni presso i quali hanno sedele Commissioni medesime, che sono tenuti a darne comunica-zione alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali. La Com-missione Nazionale, valutato l’andamento dell’afflusso di richie-ste di riconoscimento nelle circoscrizioni regionali e/oprovinciali, così come individuate dall’art. 12 del d.P.R. n. 303/2004, d’intesa con l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per iRifugiati, ha proposto di istituire le tre nuove CommissioniTerritoriali presso le Prefetture-Utg di Torino, Bari e Caserta.

b) stabilite le procedure relative alla Convocazione; Audi-zione; Decisione; Riesame. Ovvero:

b.1) Convocazione. La comunicazione della convocazioneall’interessato avviene tramite la questura territorialmente com-petente. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 1-ter, comma 4,del d.l. 416/89, qualora non sia stato possibile eseguire la notificadella convocazione nonostante nuove ricerche dell’interessato,particolarmente nel luogo del domicilio eletto e dell’ultima di-mora, la Commissione, dopo aver accertato che il permesso disoggiorno rilasciato allo straniero per richiesta asilo è scaduto el’interessato non ne ha richiesto il rinnovo, decide in ordine alladomanda di asilo anche in assenza dell’audizione individuale,sulla base della documentazione disponibile.

L’audizione può essere rinviata qualora le condizioni di salutedel richiedente asilo, adeguatamente certificate, non la rendanopossibile ovvero qualora l’interessato richieda ed ottenga il rinvioper gravi e fondati motivi. La mancata presentazione all’audi-zione individuale non impedisce la decisione della Commissioneterritoriale sulla domanda d’asilo.

b.2) Audizione. La Commissione territoriale in seduta nonpubblica procede all’audizione del richiedente asilo. Dell’audi-

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zione viene redatto verbale e ne viene consegnata copia allostraniero unitamente a copia della documentazione da lui pro-dotta.

Il richiedente può esprimersi nella propria lingua o in unalingua a lui nota. Se necessario la Commissione nomina uninterprete.

La Commissione territoriale adotta le idonee misure pergarantire la riservatezza dei dati che riguardano l’identità e ledichiarazioni dei richiedenti lo status di rifugiato, nonché lecondizioni dei soggetti di cui all’articolo 8, comma 1 del d.P.R.303/04. Il richiedente asilo ha facoltà di farsi assistere da unavvocato.

L’audizione dei minori richiedenti asilo non accompagnativiene disposta dalla Commissione territoriale alla presenza dellapersona che esercita la potestà sul minore. In ogni caso l’audi-zione del minore avviene alla presenza del genitore o del tutore epuò essere esclusa nei casi in cui la Commissione ritenga di averacquisito sufficienti elementi per una decisione positiva.

Il richiedente asilo può inviare alla competente Commissioneterritoriale ed alla Commissione nazionale per il diritto di asilomemorie e documentazione in ogni fase del procedimento.

b.3) Decisione. A tali fini, la Commissione territoriale è:— validamente costituita con la presenza di tutti i compo-

nenti previsti dall’articolo 1-quater del d.l. 416/89 e delibera amaggioranza;

— adotta, entro i tre giorni feriali successivi alla data del-l’audizione, una delle seguenti decisioni con atto scritto e moti-vato:

i) riconosce lo status di rifugiato al richiedente in possessodei requisiti previsti dalla Convenzione di Ginevra;

ii) rigetta la domanda qualora il richiedente non sia inpossesso dei requisiti previsti dalla Convenzione di Ginevra;

iii) rigetta la domanda, qualora il richiedente non sia inpossesso dei requisiti previsti dalla Convenzione di Ginevra ma,valutate le conseguenze di un rimpatrio alla luce degli obblighiderivanti dalle Convenzioni internazionali delle quali l’Italia èfirmataria e, in particolare, dell’articolo 3 della Convenzione

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europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertàfondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848,chiede al questore l’applicazione dell’articolo 5, comma 6, deldecreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

La decisione è comunicata al richiedente unitamente alleinformazioni sulle modalità di impugnazione nonché, per leipotesi di cui all’articolo 1-ter, comma 6, del d.l. 416/89, sullapossibilità di chiedere il riesame e l’autorizzazione al prefetto apermanere sul territorio nazionale.

Allo straniero al quale sia stato riconosciuto lo status dirifugiato la Commissione territoriale rilascia apposito certificatosulla base del modello stabilito dalla Commissione nazionale.

Lo straniero al quale non sia stato riconosciuto lo status dirifugiato è tenuto a lasciare il territorio dello Stato, salvo che glisia stato concesso un permesso di soggiorno ad altro titolo.Fermo restando quanto previsto dall’articolo 16, comma 1, ilquestore provvede, ai sensi dell’articolo 13, comma 4, del decretolegislativo 25 luglio 1998, n. 286, nei confronti dello straniero giàtrattenuto nel centro di identificazione ovvero di permanenzatemporanea e assistenza e, ai sensi dell’articolo 13, comma 5, deltesto unico, nei confronti dello straniero cui era stato rilasciato ilpermesso di soggiorno per richiesta di asilo.

b.4) Riesame. La procedura (c.d. “semplificata”) del rie-same riguarda gli stranieri richiedenti asilo trattenuti presso unodei centri di identificazione, di cui all’articolo 1-bis, comma 3, deld.l. 416/89. In tali casi, il richiedente può presentare, entrocinque giorni dalla decisione che rigetta la domanda, ai sensidell’articolo 1-ter, comma 6, del d.l. 416/89, richiesta di riesameal Presidente della Commissione territoriale. In attesa della de-cisione sul riesame l’interessato permane nel centro di identifica-zione.

Inoltre:— la richiesta di riesame ha ad oggetto elementi sopravve-

nuti ovvero preesistenti, non adeguatamente valutati in primaistanza, che siano determinanti al fine del riconoscimento dellostatus di rifugiato;

— entro tre giorni dalla data di presentazione della richiesta

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di riesame, il Presidente della Commissione territoriale chiede alPresidente della Commissione nazionale di provvedere all’inte-grazione della Commissione territoriale con un componente dellaCommissione nazionale;

— La Commissione territoriale integrata può procedere aduna nuova audizione dell’interessato, ove richiesto dallo stesso odal componente della Commissione nazionale. La Commissionedecide con provvedimento motivato, comunicato all’interessatonelle quarantotto ore successive e contro cui è ammesso ricorso,nei quindici giorni successivi alla comunicazione, al tribunaleterritorialmente competente, che decide in composizione mono-cratica.

In pratica, le norme citate introducono due percorsi, di cuiuno privilegiato ed il secondo a carattere ordinario, per l’esamedelle domande d’asilo. La l. 189/2002, con il relativo Regola-mento di attuazione (d.P.R. 303/2004), infatti, distingue netta-mente le richieste di riconoscimento dello status di rifugiato traquelle che comportano casi di intrattenimento del richiedentepresso Centri di identificazione o di permanenza temporanea edassistenza, e quelle che, invece, non comportano tale necessità e,quindi, seguono la via ordinaria. Le prime, quindi, osservano la c.d. Procedura semplificata, mentre le seconde la Procedura ordina-ria.

L’elemento discriminante tra le due è la diversità dei terminidettati per la decisione che deve intervenire entro 35 gg. per laprocedura ordinaria e entro 20 gg. per la procedura semplificata.In proposito, è sorto un problema di applicazione, per le proce-dure legate all’asilo, delle previsioni contenute nell’art. 10-bisdella l. n. 241/1990, così come modificata dalla l. n. 15/2005. Nelmerito, in materia di procedimento amministrativo, la legge citataprevede che, nei procedimenti ad istanza di parte e nell’ipotesi incui si intenda adottare un provvedimento negativo, l’Amministra-zione procedente deve preventivamente comunicare all’interes-sato i motivi ostativi dell’accoglimento dell’istanza, con relativainterruzione dei termini per la conclusione del procedimento e lapossibilità, per il richiedente, di presentare osservazioni scritte,corredate da ulteriore documentazione.

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L’art. 13 della l. n. 15/2005 disapplica la disciplina contenutanell’art. 10-bis per quei procedimenti diretti all’emanazione diatti: normativi; amministrativi generali; di pianificazione; di pro-grammazione; relativi a procedimenti tributari. Stando, quindi,alla lettera della norma, in teoria l’art. 10-bis andrebbe applicatoanche ai procedimenti relativi all’asilo. Essendo, in effetti, lostatus di rifugiato un diritto soggettivo (v. Sent. Corte di Cass.Sezioni Riunite n. 907/99), il giudizio di impugnazione del di-niego di status rientra nella piena giurisdizione del Giudiceordinario, con esclusione, quindi, della giurisdizione amministra-tiva.

Ad un’attenta disamina, le norme sull’asilo, introdotte con lac. d. Legge Bossi-Fini, non sembra possano costituire un proce-dimento speciale, di deroga alla norma generale ma, semmai, siatteggiano alla stregua di un sub-procedimento — che, in effetti,interrompe i termini per la conclusione della procedura —,all’interno di quello principale per il riconoscimento del diritto diasilo. Tuttavia, ad un esame più approfondito, se nulla quaestioall’applicazione rigorosa dell’art. 10-bis, per quanto riguardal’attività amministrativa svolta sia dalla Commissione Nazione perl’Asilo, sia dalla Commissione Stralcio, che non agiscono sullabase di termini procedimentali predefiniti, nel caso di tratteni-mento del richiedente asilo presso i Centri è fondato avvalersi delprincipio di deroga, stando al parere rilasciato in merito dallaCommissione Nazionale.

In particolare, in merito è stato osservato che, per quantoriguarda:

la Sezione Stralcio, pur non individuando la legge terminientro i quali deve essere concluso il procedimento ad istanza diparte, tenuto conto che le convocazioni stesse avvengono anche anotevole distanza di tempo dalla presentazione dell’istanza, ri-sulta inopportuno — per evidenti motivi di sicurezza — che lacomunicazione degli eventuali motivi ostativi venga effettuata altermine dell’audizione del richiedente asilo. È preferibile, infatti,che la comunicazione avvenga tramite le Questure territorial-mente competenti, che notificano tempestivamente la comunica-

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zione all’interessato, con l’indicazione della possibilità di presen-tare proprie osservazioni entro i 10 gg. previsti dalla legge.

Decorso tale termine, del cui inizio di decorrenza gli Uffici diQuestura sono tenuti a dare comunicazione alla Sezione Stralcio,quest’ultima dovrebbe far seguire l’invio — per la conseguentenotifica — delle eventuali decisioni negative alla Questure com-petenti;

la procedura semplificata, attivata per i richiedenti asilo trat-tenuti nei Centri, presenta un carattere paragiurisdizionale, es-sendo espressa-mente regolata in tutti i passaggi, previsti da unanormativa che può definirsi senz’altro speciale. Infatti, la proce-dura semplificata si caratterizza per le sue garanzie particolari —anche riguardanti la giurisdizione —, quali il riesame, che inqualche modo svolge la funzione assegnata dal legislatore in baseall’art. 10-bis., L’applicazione di quest’ultimo alla procedurasemplificata, del resto, andrebbe a stravolgere l’intero sistemadella l. “Bossi-Fini”, per l’inevitabile superamento del termine dei20 gg.

Particolare interesse riveste, poi, l’art. 17 “Autorizzazione apermanere sul territorio nazionale in pendenza di ricorso giurisdi-zionale”, per quanto riguarda le prerogative dell’autorità prefet-tizia, competente ad adottare il provvedimento di espulsione.Infatti, il richiedente asilo che abbia usufruito della procedurasemplificata e presenti successivamente ricorso al tribunale, puòchiedere al prefetto di essere autorizzato, ai sensi dell’articolo1-ter, comma 6, del d.l. 416/89, a permanere sul territorionazionale fino alla data di decisione del ricorso. In tal caso ilrichiedente è trattenuto nel centro di permanenza temporanea edassistenza, secondo le disposizioni di cui all’articolo 14 del de-creto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

La richiesta dell’autorizzazione a permanere deve essere pre-sentata per iscritto ed adeguatamente motivata in relazione a fattisopravvenuti, che comportino gravi e comprovati rischi perl’incolumità o la libertà personale, successivi alla decisione dellaCommissione territoriale ed a gravi motivi personali o di saluteche richiedono la permanenza dello straniero sul territorio delloStato. L’autorizzazione è concessa qualora sussista l’interesse a

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permanere sul territorio dello Stato ed il prefetto non rilevi ilconcreto pericolo che il periodo d’attesa della decisione delricorso possa essere utilizzato dallo straniero per sottrarsi all’ese-cuzione del provvedimento di allontanamento dal territorio na-zionale.

La decisione del prefetto è adottata entro cinque giorni dallapresentazione in forma scritta e motivata ed è comunicata all’in-teressato nelle forme di cui all’articolo 4. In caso di accoglimento,il prefetto definisce con il provvedimento le modalità di perma-nenza sul territorio, anche disponendo il trattenimento dellostraniero in un centro di identificazione o di accoglienza edassistenza.

In caso di autorizzazione a permanere sul territorio delloStato, il questore rilascia un permesso di soggiorno di durata nonsuperiore a sessanta giorni, rinnovabile nel caso che il prefettoritenga che persistono le condizioni che hanno consentito l’au-torizzazione a permanere sul territorio nazionale.

Nota sulla prassiIn merito al campo di applicazione dell’art. 17 è stato ravvi-

sato il rischio di disparità di trattamento tra i soggetti richiedentiasilo, sottoposti alla procedura ordinaria, e quelli per cui siprocede con procedura semplificata, nei casi espressamente pre-visti da legge, dato che, stando allo spirito dell’art. 1, c. 5 del d.l. 416/1989, il rilascio ivi contemplato del permesso di soggiornodovrebbe intendersi valido ‘fino alla definizione del giudizio ordi-nario sul ricorso presentato’.

In effetti, alla luce del c. 2 dell’art. 17 del d.P.R. n. 303/2004,la presentazione del ricorso giurisdizionale dà titolo al richie-dente asilo — sottoposto alla procedura semplificata, di cui al c.6 dell’art. 1-ter del d. l. 416/89 — di proporre istanza motivata alPrefetto (le cui fattispecie sono tassativamente elencate dallanorma in oggetto) per l’autorizzazione a permanere sul territorioitaliano, fino alla data di decisione del ricorso. In tal caso, ilrichiedente è trattenuto nel centro di permanenza temporanea edassistenza, secondo le disposizioni dell’art. 14 del d.lgs. 286/98.

Pertanto, nel caso specifico, la presentazione del ricorsogiurisdizionale è successiva al preventivo esperimento della pro-

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cedura del riesame (che abbia dato esito negativo, ovviamente).In tutti gli altri casi, evidentemente, il ricorso giurisdizionale puòessere azionato in qualunque momento della procedura perl’asilo, senza che per questo vengano sospese le procedure diesecuzione dell’eventuale provvedimento di espulsione.

In considerazione dei punti precedenti, la Commissione Na-zionale per l’Asilo, onde evitare ipotesi di disparità di tratta-mento, che discrimini i richiedenti asilo assoggettati alla proce-dura ordinaria da quelli che, invece, vengono sottoposti allaprocedura semplificata, nelle more di approvazione del d.lgs. direcepimento della Direttiva comunitaria sull’asilo, ha ritenutoopportuna una ulteriore valutazione del Prefetto, sulle eventualirichieste di autorizzazione a permanere sul territorio italiano,anche per quei richiedenti asilo che si siano avvalsi della proce-dura ordinaria.

L’art. 18 del d.P.R. 303/2004 regola il funzionamento dellaCommissione nazionale per il diritto di asilo, che opera presso ilDipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministerodell’interno ed è attualmente articolata in due Sezioni, denomi-nate, rispettivamente dello Stralcio e del Riesame. La prima ha ilcompito di decidere sulle richieste di riconoscimento dello statusdi rifugiato pendenti presso la ex Commissione centrale alla datadi entrata in vigore del suddetto regolamento. Sia la Commis-sione che le Sezioni sono nominate dal Presidente del Consigliodei Ministri, su proposta congiunta dei Ministri dell’interno edegli affari esteri

In base al Regolamento, la Commissione nazionale, nell’am-bito delle funzioni attribuitele dalla legge, provvede:

a) alla realizzazione di un centro di documentazione sullasituazione socio-politico-economica dei paesi di origine dei ri-chiedenti asilo, sulla base delle informazioni raccolte e del suocontinuo aggiornamento;

b) all’individuazione di linee guida per la valutazione delledomande di asilo, anche in relazione alla applicazione dell’arti-colo 5, comma 6, del testo unico;

c) alla collaborazione nelle materie di propria competenzacon il Ministero degli affari esteri, ed in particolare con le

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Rappresentanze permanenti d’Italia presso le organizzazioni in-ternazionali di rilievo nel settore dell’asilo e della protezione deidiritti umani;

d) alla collaborazione con gli analoghi organismi dei Paesimembri dell’Unione europea;

e) alla organizzazione di corsi di formazione e di aggior-namento per i componenti delle Commissioni territoriali;

f) alla costituzione e all’aggiornamento di una banca datiinformatica contenente le informazioni utili al monitoraggio dellerichieste d’asilo;

g) al monitoraggio dei flussi di richiedenti asilo, anche alfine di proporre, ove sia ritenuto necessario, l’istituzione di nuoveCommissioni territoriali o di Commissioni territoriali straordina-rie;

h) a fornire, ove necessario, informazioni al Presidente delConsiglio dei Ministri per l’eventuale adozione del provvedi-mento di cui all’articolo 20, comma 1, del Testo unico.

quindi, dalla presenza di più Commissioni territoriali chia-mate a decidere sulle istanze volte al riconoscimento dello statusdi rifugiato, grande rilievo assumono le funzioni di indirizzo ecoordinamento che spettano alla Commissione Nazionale. Alriguardo, essa ha il compito di fissare criteri organizzativi, garan-tire uniformità di orientamento delle Commissioni Territoriali efornire alle stesse efficaci strumenti volti a garantire che l’esamedei richiedenti asilo si svolga nel modo più approfondito possi-bile.

La Commissione è ben consapevole del fatto che l’audizioneè un momento cruciale del percorso relativo al riconoscimentodello status di rifugiato. Pertanto, tenendo in debita considera-zione le difficoltà insite nell’impegnativo compito della condu-zione dell’intervista, la Commissione Nazionale ha dedicato par-ticolare attenzione alla formazione e all’aggiornamento deimembri delle Commissioni Territoriali.

Per soddisfare questa esigenza sono stati organizzati dei corsipresso la SSAI (Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’In-terno).

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Di particolare interesse si è rivelato il corso che si è svolto dal26 febbraio al 2 marzo 2007.

Sul piano giuridico sono stati autorevolmente illustrati eapprofonditi temi di grande attualità e rilevanza pratica, soprat-tutto alla luce degli allora emanandi decreti di recepimento delledirettive UE su “qualifiche” e “procedure”, grazie ai quali sonostate introdotte importanti innovazioni in chiave garantista.

In particolare, un tema ampiamente dibattuto è stato quellorelativo all’insufficienza della nozione di rifugiato, di cui allaConvenzione di Ginevra, a comprendere una serie di ipotesiritenute ugualmente meritevoli di tutela. Come è noto, il ricono-scimento dello status di rifugiato è basato sull’accertamento dellasussistenza in capo al richiedente di un fondato timore di essereperseguitato per motivi attinenti alla razza, alla religione, allanazionalità, all’appartenenza a un determinato gruppo sociale,ovvero per le opinioni politiche professate. Tale requisito, tutta-via, non consente di accordare protezione a coloro che, pur nonsubendo una persecuzione su base individuale, vivono ugual-mente in contesti rischiosi per la loro incolumità ad esempio inpaesi caratterizzati da disordini o situazioni di conflitto genera-lizzato.

Sono stati, pertanto, analizzati gli ulteriori strumenti di pro-tezione internazionale, sulla base della normativa e della giuri-sprudenza internazionale, europea e italiana, in modo da fornireun quadro completo della variegata casistica delle circostanzeresiduali, rispetto a quelle previste dalla Convenzione di Ginevra,con particolare attenzione al rapporto tra status di rifugiato eprotezione umanitaria e sussidiaria.

Infine, nella consapevolezza che ciascun colloquio con irichiedenti asilo debba essere svolto con la dovuta attenzione alcontesto personale o generale, che ha dato origine alla domanda,e avendo cura di considerare l’origine culturale e la vulnerabilitàdel richiedente, è stata illustrata la situazione esistente in varipaesi (quali l’Eritrea , l’Etiopia, la Nigeria, l’Iraq e il Ruanda) esono state approfondite le tecniche d’intervista, con particolareriferimento alla verifica della credibilità e alla comunicazioneinterculturale.

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È agevole intuire che, nel processo volto ad accertare lacredibilità del richiedente asilo, occorra tener conto di alcunifattori particolari che possono influenzare negativamente il col-loquio.

I richiedenti asilo sono persone che, verosimilmente, hannosubito dei traumi, i cui effetti possono tradursi in silenzi prolun-gati, in riluttanza a narrare i fatti accaduti, in racconti caratteriz-zati da incoerenza, contraddizioni o omissioni. importante,quindi, riuscire a distinguere questi casi da quelli in cui lecontraddizioni riscontrate sono indice di inattendibilità.

Ed è in quest’ottica che si inquadra l’organizzazione di corsispecifici, relativi all’identificazione e alla cura delle vittime diviolenza e tortura. Con riferimento alla più recente iniziativa,assunta dalla Commissione Nazionale nell’ambito dei suoi com-piti di coordinamento, rileva il progetto relativo alla costituzione,presso le ASL di riferimento delle Commissioni Territoriali, diuna struttura socio-sanitaria qualificata, in grado di supportare lestesse Commissioni nella valutazione di soggetti ad alta vulnera-bilità.

In tal senso, si è tenuto un seminario preliminare, nell’aprile2007, organizzato da Ministero dell’Interno, ANCI e CIR, incollaborazione con l’ACNUR e il Centro per il trattamento dellepatologie post traumatiche da stress della Azienda ospedaliera S.Giovanni di Roma, che ha consentito di veder riuniti allo stessotavolo diversi operatori, coinvolti a vario titolo nelle tematicheattinenti all’asilo e alla richiesta di protezione.

Altro tema che, come accennato in precedenza, è oggetto dicostante aggiornamento, riguarda le tecniche di documentazionesui Paesi di origine dei richiedenti asilo, dato che, anche in questocaso, sono molti i fattori e i condizionamenti culturali chepossono ostacolare la corretta comprensione dei fatti rappresen-tati dal richiedente, nelle varie occasioni in cui gli viene richiestodi illustrare i motivi che lo hanno condotto all’espatrio (modelloC3, dichiarazioni rese in sede di audizione, etc.).

A titolo esemplificativo, è possibile fare riferimento ai tabùche condizionano le donne richiedenti asilo provenienti da paesi

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con culture profondamente diverse dalla nostra, ovvero alleparticolari dinamiche che si instaurano all’interno delle tribù dirispettiva appartenenza. Alcune reticenze ed omissioni incom-prensibili per la cultura occidentale sono, al contrario, frutto dicontesti e tradizioni peculiari dei paesi di origine.

Per soddisfare le esigenze di documentazione, la Commis-sione Nazionale ha avviato il Progetto Arif, in base a specificaconvenzione, sottoscritta con il CIR (Centro Italiano Rifugiati).Analogamente a quanto accade per il sito internazionale“C.O.I.”, si è trattato di creare una sorta di agenzia on line inlingua italiana ( reperibile sul sito www.arifonline.it), o servizio diinformazione permanente, che contiene informazioni essenzialiaggiornate sui Paesi di origine dei richiedenti asilo.

In tal senso, l’ARIF — gestito dal CIR — svolge la sua attivitàin collaborazione con il Ministero dell’Interno - Dipartimentoper le libertà civili e l’immigrazione e con il contributo dellaCommissione Europea, programma Argo, volto alla coopera-zione amministrativa comunitaria in materia di visti, asilo, immi-grazione, nel cui ambito la Commissione Europea ha approvatoil progetto Arco (ARIF - Country of origin).

Quest’ultimo progetto -presentato dal Ministero dell’Interno-Dipartimento per le libertà civili e l’Immigrazione-, attuato dalCIR, in qualità di partner operativo, prevede la durata di un annoe si inquadra nell’ambito del processo europeo di armonizzazionein materia di asilo, intendendo favorire la collaborazione tra gliStati membri nell’elaborazione, verifica e applicazione delle in-formazioni sui paesi di origine, le c.d. COI information (Countryof Origin Information).

Tra gli obiettivi vi è quello di favorire una uniforme applica-zione della normativa italiana e comunitaria da parte degli organidella P.A. nel settore asilo, grazie all’uso delle COI information.previsto, al riguardo, che l’unità COI italiana (formata da trecomponenti scelti tra i funzionari della Commissione Nazionaleper il diritto di asilo, CIR e Ministero dell’Interno) svolga unmonitoraggio sul reale impatto dell’uso delle informazioni COInelle decisioni adottate sulle domande di asilo.

L’unità COI, inoltre: curerà i rapporti con i partners trasna-

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zionali; effettuerà missioni nei paesi di origine e, sulla base delleesigenze prospettate dalle Commissioni Territoriali, stilerà la listadelle schede paese da approfondire o realizzare.

Altro obiettivo è quello volto a potenziare l’ARIF. In propo-sito, è prevista:

— l’integrazione del sito grazie ad apposite sezioni tematichesui paesi di origine e di transito particolarmente significativi peri flussi di rifugiati.

— La creazione di una rassegna delle interpretazioni giuri-sprudenziali italiane ed europee (Corte Europea dei diritti del-l’uomo) prodotte nei confronti dei cittadini dei paesi di origine diriferimento.

— Una raccolta delle normative nazionali relative alla garan-zia dei diritti umani in quei paesi.

— La pubblicazione di testimonianze di rifugiati al fine didare l’effettiva percezione della situazione vigente nei paesi diorigine.

Una rassegna stampa internazionale volta a garantire l’aggior-namento quotidiano sugli avvenimenti nei paesi considerati.

Infine, l’art. 20 del Regolamento detta disposizioni in materiadi Cessazioni e revoche dello status di rifugiato. In particolare:

— Ai sensi dell’articolo 1-quinquies, comma 2, del d.l. 416/89, i casi di cessazione o revoca dello status di rifugiato, di cuiall’articolo 1 della Convenzione di Ginevra, debitamente istruitidalle questure competenti per territorio, sono esaminati dallaCommissione nazionale;

— la convocazione per l’audizione, ove ritenuta necessaria,deve essere notificata all’interessato tramite la questura compe-tente per territorio. L’interessato può, per motivi di salute o peraltri motivi debitamente certificati o documentati, chiedere diessere convocato in altra data; non può essere chiesto più di unrinvio. La Commissione decide entro trenta giorni dall’audizione;

— la Commissione decide sulla base della documentazionein suo possesso nel caso in cui l’interessato non si presentiall’audizione senza avere presentato richiesta di rinvio.

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2. PROBLEMATICHE EMERSE.

2.1. Riconoscimento della protezione umanitaria.

La “Legge Martelli”, precedente alla “Turco-Napolitano” edalla “Bossi-Fini”, non faceva menzione della protezione umani-taria, limitandosi al solo riconoscimento dello status di rifugiato,ai sensi della Convenzione di Ginevra. Solo in anni recenti, si èintrodotta con procedura amministrativa tale forma di permesso,rilasciato dalla Questura competente a seguito di una decisionedella Commissione Centrale, prima, e di quella Nazionale e delleCommissioni Territoriali attualmente. Nello specifico, per i casiritenuti meritevoli di una protezione sussidiaria, nel provvedi-mento di diniego del riconoscimento dello status di rifugiato siattesta la contestuale sussistenza delle condizioni necessarie per laconcessione della protezione temporanea.

Con il concetto di protezione umanitaria si è inteso — inqualche modo, anche se per via amministrativa — attualizzare irequisiti piuttosto restrittivi stabiliti dalla Convenzione di Gine-vra per il riconoscimento dello status di rifugiato. Questi ultimi,infatti, non tengono conto delle situazioni ad alto rischio perl’incolumità e la vita delle persone, che si possono verificare incaso di guerre tribali, conflitti etnici, etc. In altri termini, si è, percosì dire, provocata una “smagliatura” a carattere umanitario,nelle maglie strette dei principi fissati dalla Convenzione diGinevra, tenuto conto del contesto globale, dove in molti Paesid’origine sono in corso sanguinosi quanto prolungati conflittiinterni, nei quali sempre più le vittime sono civili che, quindi,hanno diritto, anche per un periodo limitato di tempo, di potersirifugiare in aree sicure, di protezione e di cura dalle conseguenzedelle violenze in atto.

Nella prassi attuale che riguarda le procedure per l’asilo, laprotezione umanitaria ed il relativo permesso di soggiorno ven-gono concessi sulla base della raccomandazione espressa dalleCommissioni Territoriali per il riconoscimento dello status dirifugiato (e dalla Commissione Nazionale, nonché dalla SezioneStralcio, per quanto riguarda il riesame in autotutela), contestual-mente alla decisione motivata di diniego del riconoscimento dello

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status., Come già accennato, nel provvedimento negativo, laCommissione riconosce che ricorrono altresì le speciali condi-zioni di tutela previste dalla legge, raccomandando alle Questurela concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

La protezione umanitaria ha carattere temporaneo (diversa-mente dallo status, riconosciuto a tempo indeterminato, fattesalve le decisioni motivate di cessazione/revoca, da parte dellaCommissione Nazionale), così come il permesso di soggiornoconcesso per motivi umanitari e che, pertanto, è soggetto arinnovo, a seguito della verifica, da parte della Commissione,della permanenza in capo all’interessato delle condizioni chehanno condotto alla concessione della protezione umanitaria neisuoi confronti.

Il riferimento normativo è riconducibile agli artt. 5 comma 6e 19 comma 1 del T.U. 286/98 e successive modificazioni, nonchéall’art. 11 comma c-ter del Regolamento di attuazione di cui ald.P.R. 394/99, in cui è previsto che il permesso di soggiorno èrilasciato per motivi umanitari, nei casi di cui agli art. 5, comma6 e 19, comma 1, del Testo Unico, previo parere delle Commis-sioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato,ovvero a seguito dell’acquisizione dall’interessato di documenta-zione riguardante i motivi della richiesta, relativi ad oggettive egravi situazioni personali, tali da non consentire l’allontanamentodello straniero dal territorio nazionale.

A questa tipologia di figura giuridica corrispondono una seriedi diritti esercitabili dai soggetti beneficiari della protezioneumanitaria, quali:

— Permesso di soggiorno— Diritto ai documenti— Diritto al lavoro— Diritto allo studio e alla formazione professionale— Diritto alla salute— Diritto all’assistenza— Ricongiungimento familiare— Cittadinanza italiana.In base al comma 2 c dell’art. 15 del regolamento di attua-

zione (d.P.R. n. 303/04) sono stabiliti in modo chiaro in quali

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casi sia opportuno disporre il rilascio del permesso umanitario,formalizzando quanto già avviene nella pratica. La protezione,secondo le disposizioni introdotte, è concessa in seguito allavalutazione dei possibili pericoli in cui incorrerebbe lo stranieroa seguito dell’espulsione, pur in assenza di persecuzioni indivi-duali, che sono invece requisito per il riconoscimento dello statusdi rifugiato.

Quindi, in sintesi, l’autorità competente per il rilascio delpermesso di soggiorno per motivi umanitari è il Questore, ai sensidell’art. 5 comma 6 della Legge “Bossi-Fini”, ma a chiederne ilrilascio è la Commissione territoriale. In definitiva, un modo peraccedere alla procedura di riconoscimento di questo tipo diprotezione è certamente quello di presentare domanda per ilriconoscimento dello status di rifugiato.

2.2. Ambiti di applicazione dell’art. 17 del d.P.R. n. 303/2004.

Sull’art. 17 del d.P.R. n. 303/2004, per quanto riguardal’autorizzazione a permanere sul territorio nazionale in pendenzadi ricorso giurisdizionale, è stato richiesto alla CommissioneNazionale un parere di merito sulla procedura relativa, in quantoveniva ravvisato, in particolare, il rischio di disparità di tratta-mento tra i soggetti richiedenti asilo, sottoposti alla proceduraordinaria, rispetto a quelli per cui si procede ex lege con proce-dura semplificata. In effetti, si sottolineava come, stando allospirito dell’art. 1, c. 5 del d. l. 416/89, il rilascio ivi contemplatodel permesso di soggiorno avrebbe dovuto intendersi valido ‘finoalla definizione del giudizio ordinario sul ricorso presentato’.

Del resto, alla luce del c. 2 dell’art. 17 del d.P.R. n. 303/2004,la presentazione del ricorso giurisdizionale dà titolo al richie-dente asilo — sottoposto alla procedura semplificata, di cui al c.6 dell’art. 1-ter del d.l. 416/89 — di proporre istanza motivata alPrefetto (le cui fattispecie sono tassativamente elencate dallanorma in oggetto) per l’autorizzazione a permanere sul territorioitaliano, fino alla data di decisione del ricorso. In tal caso, ilrichiedente è trattenuto nel centro di permanenza temporanea edassistenza, secondo le disposizioni dell’art. 14 del d.lgs. 286/98.

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Pertanto, nel caso specifico, la presentazione del ricorsogiurisdizionale è successiva al preventivo esperimento della pro-cedura del riesame (che abbia dato esito negativo, ovviamente).In tutti gli altri casi, evidentemente, il ricorso giurisdizionale puòessere azionato in qualunque momento della procedura perl’asilo, senza che per questo vengano sospese le procedure even-tuali di esecuzione dell’eventuale provvedimento di espulsione.

In considerazione dei punti precedenti, onde evitare ipotesidi disparità di trattamento, tali da discriminare i richiedenti asiloassoggettati alla procedura ordinaria, da quelli che, invece, ven-gono sottoposti alla procedura semplificata, nelle more di appro-vazione del d.lgs. di recepimento della Direttiva comunitariasull’asilo, la Commissione Nazionale ha ritenuto compatibile edopportuno, rispetto allo spirito della norma, una ulteriore valu-tazione del Prefetto, sulle eventuali richieste di autorizzazione apermanere sul territorio italiano, anche per quei richiedenti asiloche si siano avvalsi della procedura ordinaria.

2.3. Riconoscimento e mantenimento dello status per cittadinineo-comunitari.

Con il recente ampliamento dei Paesi facenti parte del-l’Unione Europea (UE), la Commissione Nazionale, competenteper il coordinamento delle Commissioni Territoriali, ha preso inesame le problematiche relative sia al mantenimento dello statusper i cittadini neo-comunitari, che si erano visti riconoscere ildiritto all’asilo “prima” dell’ingresso nell’Unione dei loro Paesid’origine, sia sulla linea da seguire, per quanto riguarda le nuovedomande d’asilo.

In merito al primo aspetto, anche in base ai pareri ministerialiresi al Presidente della Commissione Nazionale, si è ritenuto dinon dover procedere d’ufficio, erga omnes, ad una revisione — aifini della cessazione — di tutte le posizioni di rifugiato ricono-sciuto, per i cittadini neo-comunitari. In capo alla CommissioneNazionale, infatti, permane l’esclusiva competenza del potere dicessazione/revoca tenuto conto che l’eventuale rivalutazione nonpossa che avvenire su base individuale, una volta che siano

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introdotti elementi innovativi, da parte o degli Uffici di Questura,o dai diretti beneficiari.

Nel secondo caso, prevale il criterio di Paese di origine sicuroe, quindi, si ritiene inaccoglibile la domanda. Un caso esemplaredi specie è quello della domanda cumulativa d’asilo proposta dacittadini rumeni che esercitano la professione di Consiglierigiuridici. In pratica, l’Associazione dei Consiglieri giuridici ro-meni ha richiesto direttamente al Presidente del Consiglio ita-liano la concessione dell’asilo, motivandola con il fatto che, inRomania, non sono garantite le libertà di associazione e diimpresa, adeguatamente tutelate, al contrario, dalla Costituzioneitaliana. La disparità ipotizzata — illustrata nella domanda stessa— si fonda sul fatto che, con sentenza a Sezioni Riunite dellaCorte di Cassazione romena, ai Consiglieri giuridici è stataimpedita la costituzione di società di consulenza (simili alle S.r.l.),pur garantite loro dalla legge, così da inficiarne gravementel’indipendenza, l’autonomia professionale e gli statuti.

La domanda è stata ritenuta inammissibile dalla Commis-sione Nazionale, alla luce di quanto contenuto nel Protocollo suldiritto d’asilo per gli Stati membri, allegato ai Trattati europei edin forza del quale i Paesi membri dell’Unione si consideranoreciprocamente Paesi d’origine sicuri, a tutti i fini giuridici epratici inerenti l’asilo.

2.4. Il diritto d’asilo, a norma dell’art. 10 cost.

In materia di diritto d’asilo, negli anni si è stratificato unnutrito contenzioso giurisdizionale, riguardante l’immediata ap-plicabilità della previsione contenuta al comma 3 dell’art. dellaCostituzione, in si prevede che Lo straniero, al quale sia impeditonel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garan-tite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio dellaRepubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. Poiché, atutti gli effetti, non è stata mai adottata una legge specifica perl’asilo, ex art. 10, la giurisprudenza della Corte di Cassazione èintervenuta a più riprese per chiarire gli ambiti di applicazionedel comma 3 citato.

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In particolare, i richiedenti asilo che si siano visti negare in viadefinitiva il riconoscimento dello status di rifugiato, hanno fattoricorso ai Tribunali, richiedendone il riconoscimento attraversol’applicazione diretta dell’art. 10 della Costituzione. La SupremaCorte ha tracciato, negli anni, un percorso interpretativo del tuttochiaro, che prende le mosse dalle seguenti considerazioni preli-minari:

1. (sent. 4674/1997 Sezioni riunite) al richiedente asilo“non” possono applicarsi le disposizioni disciplinanti il ricono-scimento dello status di rifugiato politico. In sintesi, precettocostituzionale e normativa sui rifugiati politici “non” coincidono,dal punto di vista soggettivo, in quanto il primo farebbe riferi-mento ad una categoria più ampia di aventi diritto. Mentre,infatti, il fattore determinante per l’individuazione del rifugiato(cfr. Convenzione di Ginevra) è quello di un fondato timore diessere perseguitato (ovvero, della persecuzione in concreto), talerequisito non è considerato necessario dall’art. 10 per il ricono-scimento del diritto d’asilo.

In altri termini, l’art. 10 garantisce asilo a chiunque provengada Paesi in cui non sia consentito l’esercizio delle libertà fonda-mentali, indipendentemente dal fatto che abbia subito, o temapersecuzioni. Talché la norma costituzionale attribuisce allo stra-niero il diritto soggettivo all’asilo, ed ha carattere precettivo,operando perciò in via immediata. Tuttavia, la rivendicazione delrichiedente asilo, ex art. 10, all’ingresso ed al soggiorno nelterritorio dello Stato italiano deve essere inteso a solo titoloprovvisorio, nelle more dell’accertamento per il suo riconosci-mento, in base alle stesse procedure valide per il riconoscimentodello status di rifugiato;

2. alla diversità di requisiti cui sono subordinate le duesituazioni soggettive di status di rifugiato e richiedente l’asilo,corrisponde un’analoga disparità di trattamento, nel senso cheallo straniero il quale chiede il diritto d’asilo null’altro vienegarantito, se non l’ingresso nello Stato, mentre il rifugiato poli-tico, ove riconosciuto tale, viene a godere, in base alla Conven-zione di Ginevra, di uno status di particolare favore;

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3. (sent. 8423/2004) pur non avendo trovato attuazione nellalegislazione nazionale l’art. 10 Cost. , comma 3, non mancanoformulazioni normative tali da ritenere che la domanda d’asilodebba essere assistita dalle medesime formalità previste per larichiesta di riconoscimento dello status di rifugiato;

4. (sent. Del 17 maggio 2006) il diritto d’asilo è esercitabile,ma nell’ambito del quadro normativo esistente, che è rappresen-tato dalla legislazione sui rifugiati. Pertanto, il diritto di asilo deveintendersi non tanto come un diritto all’ingresso nel territoriodello Stato, quanto piuttosto, e anzitutto, come il diritto dellostraniero di accedervi al fine di essere ammesso alla procedura diesame della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato.Il diritto di asilo, quindi, non ha contenuto più ampio e diversoda quello del diritto a ottenere il rilascio di un permesso disoggiorno temporaneo per la durata dell’istruttoria volta al rico-noscimento dello status di rifugiato ed è risolutivamente condi-zionato al mancato accoglimento della relativa domanda.

5. In base alle statistiche giudiziarie in possesso della Com-missione Nazionale, l’atteggiamento dei Tribunali aditi, per ilriconoscimento del diritto d’asilo ex art. 10 Cost. , è statopiuttosto “ondivago”, con significativi comportamenti differen-ziati e, talvolta contrastanti, su base territoriale.

3. L’IMPATTO DELLA NORMATIVA COMUNITARIA SUL DIRITTO D’ASILO.

Riguardo all’attuazione delle Direttive comunitarie in materiadi asilo, è sul punto di essere emanato il d.lgs. “Procedure”, cheattua la Direttiva Comunitaria 2005/85/CE. La norma, com’ènoto, intende stabilire le procedure per l’esame di protezioneinternazionale, presentate nel territorio nazionale da cittadini diPaesi non appartenenti all’Unione Europea (Ue), o da apolidi.

Anche in questo caso, tuttavia, l’asilo è equiparato allo statusdi rifugiato, cui si aggiunge lo status di protezione sussidiaria, cheassume così rango normativo primario e non più regolamentare.La definizione di rifugiato è quella di un cittadino di un Paesenon appartenente alla Ue il quale ha diritto alla protezioneprevista dalla Convenzione di Ginevra, purché risulti fondato il

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motivo della persecuzione per i motivi di: i) razza; ii) religione;iii) nazionalità; iv) appartenenza ad un determinato grupposociale; v) opinione politica.

Lo status di rifugiato, quindi, attiene esclusivamente al rico-noscimento da parte dello Stato di considerare un cittadinostraniero, a seguito dell’accoglimento della domanda di prote-zione internazionale, in base alle procedure definite nell’ema-nando d. legs. di attuazione. La norma, tuttavia, introduce anchela fattispecie di persona ammissibile alla protezione sussidiaria,con riferimento a quei cittadini non comunitari che, pur nonpossedendo i requisiti per essere riconosciuti come rifugiati, siritiene che possano correre un rischio effettivo di subire un gravedanno se instradati nel loro Paese d’origine. Agli aventi diritto è,pertanto, riconosciuto lo status di protezione sussidiaria.

Il d.lgs. in itinere prevede, tra l’altro, che:— le Commissioni Territoriali attuali mantengano le stesse

funzioni, pur cambiando la loro denominazione in CommissioniTerritoriali per il riconoscimento della protezione internazionale edil cui numero è fissato nel massimo di dieci;

— il richiedente asilo o protezione sussidiaria sia autorizzatoa rimanere sul territorio italiano ai fini esclusivi del perfeziona-mento della procedura, fino al momento, quindi, della decisionesulla sua istanza, da parte della Commissione territoriale compe-tente;

— alla richieste di asilo non si applicano termini per larelativa presentazione da parte degli interessati e si dettano regolequalitative per l’esame delle domande, con particolare approfon-dimento della situazione nei Paesi di origine;

— la decisione di diniego deve essere adeguatamente moti-vata e deve recare l’indicazione sui mezzi di impugnazione am-missibili;

— distingue nettamente i casi di accoglienza da quelli deltrattenimento, elencando le diverse situazioni giuridiche e di fattoin cui è disposta l’una o l’altra misura, che deve essere stabilita,in entrambi i casi, con provvedimento del questore che, al di fuoridei casi citati, rilascia al richiedente un permesso di soggiorno

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valido per tre mesi, rinnovabile fino all’adozione della decisioneda parte della Commissione Territoriale competente;

— sia possibile il trattenimento nei centri di accoglienza, acondizione che la residenza nel centro non incida sull’eserciziodelle garanzie inerenti la sua domanda, né sulla sfera della vitaprivata, garantendo libertà di movimento nelle ore diurne eprevedendo un’autorizzazione specifica del Prefetto (che ne mo-tiva l’eventuale rifiuto), per periodi più lunghi, per gravi ecomprovati motivi personali del richiedente asilo;

— sia nel caso dell’accoglienza che della permanenza, vienegarantito l’accesso all’Achnur, agli organismi di tutela dei rifugiaticon esperienza consolidata nel settore, purché autorizzati dalMinistero dell’Interno, ed agli avvocati dei richiedenti asilo.

In buona sostanza, il testo normativo emanando recepisce edassorbe l’intero quadro normativo-regolamentare esistente, fis-sando i principi per:

a) esame prioritario (per persone particolarmente vulne-rabili e per i richiedenti asilo trattenuti in uno dei centri previsti);

b) casi di inammissibilità;c) decisione; revoca e cessazione; impugnazione.

4. BREVI CENNI SUL NUOVO SISTEMA INFORMATIVO (S.I.) SULL’ASILO.

La Commissione Nazionale sovrintende, altresì, all’esecu-zione del nuovo S. I. (denominato VESTA-net e realizzato dallaSocietà Sviluppo Impresa), che dovrà a breve sostituire l’appli-cativo obsoleto Dublinet., L’obiettivo dichiarato è quello dellacreazione e gestione informatizzata dei fascicoli dei singolirichiedenti-asilo (attraverso il coinvolgimento capillare degli Uf-fici di Questura, responsabili della compilazione dei così detti“Modelli C3”, in cui sono sintetizzati i dati essenziali dei richie-denti asilo e delle condizioni del loro ingresso sul territorioitaliano), in modo di un aggiornamento in tempo reale delleposizioni individuali e della trattazione statistica dei dati aggior-nati sull’asilo.

Qui di seguito, si riproduce — per completezza di trat-tazione — un prospetto di sintesi provvisorio sulle funzionalità

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previste per il nuovo S. I. “VESTA-net”, con riserva di ulteriorecomunicazione ed aggiornamento, una volta esaurite le fasi pre-liminari della formazione generalizzata degli operatori addetti(Commissioni Territoriali; Uffici di Questura) e del collaudofinale dell’applicativo.

ALLEGATO

“Progetto per la realizzazione della rete intranet per “dubli-net” tra la Commissione Nazionale, la sezione stralcio e leCommissioni territoriali per il riconoscimento dello status dirifugiato e per l’asilo”.

1. OGGETTO.

Analisi funzionale per lo sviluppo di un sistema di controllo,coordinazione e attuazione di una Rete Intranet per Dublinet,atta a supportare le operazioni e l’interoperatività tra la Commis-sione Nazionale, le Commissioni Territoriali e la Sezione Stralcio.

La specifica delle funzionalità e caratteristiche richieste alsistema in oggetto, nonché la descrizione dell’architettura e delletecnologie che saranno impiegate, costituiscono la base del pre-sente documento, il cui fine ultimo è la costituzione delle lineeguida per l’analisi tecnica ed il conseguente sviluppo del sof-tware.

2. REQUISITI GENERALI.

Il software dovrà integrarsi perfettamente con l’ambienteinformatico attuale in modo da impattare il meno possibile intermini di utilizzo delle risorse informatiche presenti. Il sistemadovrà fornire un elevato controllo delle varie fasi di avanzamentodelle pratiche senza complicare i processi organizzativi e senzaaumentare il lavoro delle risorse umane esso, infatti, dovrà gestiregli eventi automatizzando ove possibile le azioni da intrapren-

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dere. Si riporta uno schema sintetico delle componenti chesaranno implementate:

Per soddisfare le esigenze riscontrate, il sistema informativodovrà disporre di una infrastruttura di dati e funzioni atta a gestire:

— Specifica delle diverse tipologie di utenti e dei relativiruoli e permessi;

— Riconoscere la Commissione o Sezione di pertinenzadell’utente in accesso e mostrare funzionalità e dati in base apermessi e privilegi accordatigli;

— Raccolta delle pratiche di richiesta per lo Status di Rifu-giato e per l’Asilo (conversione elettronica del modulo C/3);

— Gestione dell’iter di valutazione delle pratiche;— Gestione delle fasi successive alla valutazione delle prati-

che (riesame, ricorso, revisione in via di auto-tutela);— Tracciamento dello storico delle convocazioni, delle va-

lutazioni e dei documenti associati alle pratiche;— Gestione delle pratiche multiple (per le famiglie di richie-

denti) e dell’estensione dell’esito;— Rilevazione statistica accurata, con parametri di ricerca

flessibili ed in grado di definire un livello di dettaglio del quadrodei risultati personalizzato in base alle esigenze dell’utente (con-sentendo sia ricerche specifiche rispetto ad uno o più singolicampi, che analisi globali che forniscano risultati di insieme);

Figura 1. Schema delle componenti del sistema.

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— Generazione automatizzata e personalizzabile dei docu-menti associati alle pratiche di richiesta per il riconoscimento diStatus di Rifugiato e per l’Asilo;

— Log delle attività degli utenti e delle operazioni effettuateall’interno del sistema informativo;

— Supporto alla comunicazione e scambio di messaggi enotifiche tra la Commissione Nazionale, le Commissioni Territo-riali, la Sezione Stralcio e tutte le entità collegate alla ReteIntranet per Dublinet;

— Predisposizione di tutte le attività concernenti sicurezza,tutela della privacy e supporto alla dematerializzazione ed infor-matizzazione della Pubblica Amministrazione, come richiestodalle indicazioni emesse dal C.N.I.P.A.

Una volta messo in esercizio il sistema informativo, inoltre, sidovrà provvedere alla migrazione dei dati attualmente memoriz-zati nel software in utilizzo presso la Commissione Nazionale.

Nel prossimo capitolo sono descritte le funzionalità checomporranno il sistema in progettazione. Esse permetteranno digestire in modo efficiente, usabile e intuitivo tutte le caratteristi-che su elencate.

3. ANALISI DELLE FUNZIONALITÀ.

L’analisi delle esigenze e delle necessità degli utenti chedovranno interfacciarsi con il software ha permesso di definire uninsieme di funzionalità e requisiti necessari alla riuscita delprogetto Intranet per Dublinet.

Al fine di realizzare un sistema informativo in grado disupportare in maniera ottimale le funzionalità richieste, verrannosviluppati moduli specifici, che saranno esplicitati nei prossimiparagrafi.

L’interfaccia utente sarà web-based, in modo da garantirefamiliarità ed usabilità al software. I layout grafici, la scelta deicolori e la disposizione dei contenuti saranno finalizzati a rendereil prodotto user-friendly e di rapido e semplice apprendimento.

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3.1. Gestione utenti e Commissioni Territoriali/Nazionale o Se-zione Stralcio.

Gli accessi al sistema informativo saranno regolati in base alruolo dell’utente che effettua il login ed alla Commissione di suaappartenenza.

In generale, ogni Commissione Territoriale (o Nazionale),nonché la Sezione Stralcio, avrà accesso ai dati relativi, esclusi-vamente, alle pratiche di sua competenza.

La Commissione Nazionale avrà accesso a tutti i dati presentinella Rete Intranet per Dublinet.

Ciò significa che essa potrà visualizzare e/o modificare sia leinformazioni di sua pertinenza, che quelle relative alle singoleCommissioni Territoriali o alla Sezione Stralcio.

Ovviamente, tali regole di accesso ai dati fanno da cornice aquelle, eventualmente più restrittive, connesse ai privilegi relativiai ruoli dei singoli utenti.

Il sistema informativo prevedrà una serie personalizzabile diruoli e permessi a svolgere determinate attività. In particolare,ogni interazione con il software (ad es. creazione di una nuovarichiesta per lo Status di Rifugiato o per l’Asilo, elaborazionestatistica, visione delle pratiche ecc.) può essere consentita omeno a uno o più ruoli presenti nel sistema.

Ad ogni utente sono assegnati uno o più ruoli, e, di conse-guenza, i permessi associati agli stessi.

Un esempio di struttura del modulo per l’assegnazione deiprivilegi ai ruoli è proposto nella figura seguente:

Figura 2. Layout per il modulo di definizione dei permessi associati aciascun ruolo. Nella figura, a titolo di esempio sono riportati dei ruoliche saranno effettivamente considerati.

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L’Amministratore del sistema (o un qualsiasi utente avente ilpermesso sulla gestione degli utenti) potrà provvedere alla defi-nizione dei permessi per ciascun ruolo, alla creazione degli utentied alla loro associazione ai relativi ruoli.

Ogni volta che un utente intenderà accedere al software,dovrà provvedere al proprio riconoscimento mediante l’opera-zione di login, digitando i propri username e password.

Il sistema, se le credenziali saranno corrette, riconosceràl’utente permettendogli di accedere al software e gli mostrerà soloi dati e le funzionalità a cui ha accesso, adattando automaticamentei contenuti, in maniera del tutto trasparente all’operatore umano,il quale avrà “solo” la sensazione di usufruire di un software per-fettamente confacente alle sue esigenze di operatività.

La creazione di un nuovo utente avverrà usufruendo di unamaschera che permetterà di inserire, oltre al ruolo, tutte le infor-mazioni specifiche dell’utente, compresa, eventualmente, la suae-mail, che sarà utilizzata per la notifica di informazioni o per loscambio di messaggi all’interno della Rete Intranet per Dublinet.

A titolo di esempio, viene di seguito mostrata una schermataindicativa di quella che sarà la struttura della maschera per lacreazione di un nuovo utente:

Un utente è identificato da un insieme di campi obbligatori(nome, cognome, ruoli e username e password per l’accesso alsoftware), e da alcune informazioni opzionali aggiuntive.

Figura 3. Esempio di maschera per la creazione di un nuovo utente.

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3.2 Gestione delle pratiche per il Riconoscimento Status diRifugiato e per l’Asilo Chiaramente, il core del sistema non puòche essere la gestione delle pratiche per il Riconoscimento delloStatus di Rifugiato e per l’Asilo.

L’implementazione di tale funzionalità avverrà perseguendotre obiettivi primari:

— massima semplicità e familiarità d’uso, preservando, co-munque, una ottimale efficienza;

— predisposizione alla raccolta dei dati per una approfon-dita e dettagliata analisi statistica;

— tracciamento di tutte le informazioni relative allo storicodelle pratiche ed alle attività ad esse correlate (Contenzioso, esitidelle convocazioni, documenti associati…).

La creazione di una pratica avviene mediante compilazionedel modulo C/3. Attualmente, tale operazione viene eseguitamanualmente all’interno delle Questure che, successivamenteinviano il documento (in formato cartaceo) alla CommissioneTerritoriale, la quale inserisce la pratica nel sistema.

Il sistema mostrerà all’utente un’interfaccia grafica estrema-mente simile al modulo C/3 cartaceo, consentendo un rapido edintuitivo inserimento dei dati. Le informazioni immesse costitui-ranno il cosiddetto “modulo C/3 elettronico”; esso rappresenteràil prospetto informativo relativo a ciascun richiedente il Ricono-scimento di Status Rifugiato o Asilo.

L’utente potrà inserire direttamente tutte le informazioniriportate sul modulo, nonché i dati relativi alla Questura che haoriginariamente compilato il modulo cartaceo, pervenuto inCommissione.

Ad ogni pratica viene associato un identificativo (ID uni-voco), che renderà unica la pratica all’interno del sistema. Inoltre,un campo relativo alla Questura di residenza, sarà, di default,impostato col nome della Questura che ha compilato il moduloC/3 cartaceo. Ovviamente, come gli altri parametri del modulo,anche quest’ ultimo potrà essere successivamente modificato.

Come suddetto, le informazioni contenute nel modulo C/3elettronico costituiscono l’insieme di informazioni fondamentalirelative a ciascuna pratica, ma, al fine di consentire la correzione

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di possibili errori di battitura o l’aggiunta/modifica di eventualiinformazioni di cui si è venuti a conoscenza successivamente, gliutenti, ovviamente purché abilitati, potranno modificare i datiinseriti, eccetto quelli considerati “definitivi”, come, ad esempio,la Questura che ha originato la pratica o, chiaramente, l’IDunivoco.

Chiaramente, il sistema memorizzerà tutte le operazioni dimodifica o cancellazione di un dato, o di inserimento di unanuova informazione. Ciò permetterà di tenere traccia dell’utenteche ha eseguito l’operazione, del suo tipo (inserimento, modificao cancellazione) e della data in cui essa è avvenuta. Sarà inoltrepossibile associare a tale log dell’operazione un’eventuale nota ditesto, in modo da specificare una motivazione o delle informa-zioni aggiuntive.

Ciascuna pratica, inoltre, è automaticamente associata allaCommissione Territoriale (o alla Sezione Stralcio) che l’ha inse-rita nel sistema, per cui, evidentemente, le modifiche potrannoavvenire solo da parte di utenti di tale commissione, ovvero, dellaCommissione Nazionale, la quale avrà visibilità e controllo com-pleto su tutte le pratiche e i dati presenti nel sistema.

Una volta memorizzata, ogni pratica è legata ad un proprioiter di valutazione, il quale prevede una o più convocazioni,ciascuna con un documento ed una decisione (o esito) associati.

Durante tale processo, è possibile associare al fascicolo deidocumenti, variare lo stato della pratica o, nel caso di Conten-zioso, aggiungere nuove informazioni relative al ricorso. Il si-stema provvederà, sempre, a tenere traccia di tutte le operazionieffettuate, memorizzandone date, decisioni ed eventuali notecorrelate.

Per ogni fascicolo, un’accurata sezione dedicata allo “storico”permetterà di visualizzare, in qualsiasi momento, tutte le infor-mazioni ad esso collegate, consentendo di ripercorrere, in ordinecronologico, tutti gli eventi salienti nel processo di valutazione edeventuale riesame (e/o Contenzioso) della pratica.

L’immagine seguente mostra un esempio di griglia per lavisualizzazione dello storico di un determinato fascicolo. Una

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tabella analoga sarà predisposta per la visualizzazione dello sto-rico dei Contenziosi.

In seguito al raggiungimento di un esito definitivo, la pratica,eventualmente, potrebbe essere oggetto di riesame, revisionedella decisione in via di auto-tutela, o di un Contenzioso.

In ogni momento, inoltre, a seguito di rinuncia da parte delrichiedente, o di decisione presa dalla Commissione di compe-tenza (in tal caso si parla di revoca o di cessazione), lo Status diRifugiato o l’Asilo può essere annullato e, quindi, la pratica vieneposta in uno stato che attesti tale evento.

Situazione analoga può verificarsi nel caso di Contenzioso, alquale il richiedente può rinunciare in qualunque momento delsuo processo.

Il seguente diagramma di flusso mira a rappresentare inmaniera sintetica, ma, per quanto possibile, esaustiva, l’iter dicreazione e valutazione di una pratica per il RiconoscimentoStatus di Rifugiato o per l’Asilo, e i possibili stati successivi ad unesito finale.

In pratica, il diagramma raffigura quello che potrebbe esseredefinito come “ciclo di vita” di una pratica all’interno del sistema.

Nella gestione delle pratiche, particolare attenzione dovràessere posta su alcuni punti chiave, quali, ad esempio, la diffe-renziazione tra procedure ordinarie e procedure semplificate, latrattazione dei casi di minori non accompagnati, e la creazione dipratiche multiple, Mentre nei primi due casi, sostanzialmente, èrichiesto al sistema l’aggiunta di campi appositi per la memoriz-zazione del tipo di procedura associata al fascicolo, o per la

Figura 4. Struttura della griglia di visualizzazione dello storico di unfascicolo.

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specifica di minore accompagnato o meno, la gestione di pratichemultiple richiede delle specificità aggiuntive al sistema. In parti-colare, nel caso di famiglie che facciano richiesta per il Ricono-scimento di Status di Rifugiato o per l’Asilo, sarà possibileassociare tutte le richieste ad un unico capofamiglia. In questomodo l’utente avrà la possibilità di compilare un minor numerodi campi (accelerando, così, le operazioni di inserimento dellepratiche nel sistema), e il software riconoscerà le richieste comecollegate, estendendo automaticamente gli esiti della pratica delcapofamiglia a tutte quelle associate.

Figura 5. Ciclo di vita di una pratica di richiesta per il RiconoscimentoStatus Rifugiato o per l’Asilo.

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In maniera analoga, sarà possibile estendere lo status di uncapofamiglia ai figli o al coniuge, anche solo dopo l’esito dellapratica, senza aver precedentemente creato una richiesta multi-pla. In pratica, sarà possibile effettuare l’estensione delle statusanche per pratiche presentate singolarmente (ad esempio qualorai componenti la famiglia siano entrati in Italia separatamente edin momenti differenti), ma, successivamente, riferite ad un’unicafamiglia.

3.2.1. Strumenti aggiuntivi.

Per snellire e semplificare le operazioni degli utenti delsoftware in progettazione, alcune funzionalità aggiuntive sarannopredisposte, in modo da accelerare i tempi per il reperimento diinformazioni utili al lavoro della Commissione Nazionale, delleCommissioni Territoriali e della Sezione Stralcio.

Il software permetterà agli utenti di definire un elenco diconvocati in una specifica data. In questo modo, l’addetto alsistema dovrà, semplicemente, specificare una data di convoca-zione ed indicare le pratiche che saranno esaminate in tale giorno.Automaticamente il software aggiornerà ogni pratica con lanuova data di convocazione.

Ovviamente, la suddetta operazione sarà uno strumento diagevolazione del lavoro nel caso di più richieste da valutare nellostesso giorno, ma resta la possibilità di definire direttamente peruna singola pratica una specifica data di convocazione.

In ogni caso, ogni volta che viene definita una nuova data diconvocazione per una o più pratiche, automaticamente verràprevista una data di esame per lo stesso giorno, ferma restando,ovviamente, la possibilità di modificare tale data. Naturale ag-giunta a questa funzionalità sarà la possibilità di visualizzare, edeventualmente stampare su carta, l’elenco di tutti i convocati o ditutti gli esaminati in una specifica data o in un determinatointervallo di tempo.

Il modulo preposto per questa funzionalità permetterà al-

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l’utente di definire una data (o un intervallo di date) e, eventual-mente, la Questura di interesse tra quelle facenti capo allaCommissione Territoriale cui appartiene l’utente interagente colsoftware. Ovviamente, nel caso di utente della CommissioneNazionale, sarà anche possibile scegliere la Commissione Terri-toriale di interesse (oltre, chiaramente, alla Questura).

L’utente potrà digitare la data di interesse manualmente outilizzando un apposito “calendarietto”. In tale strumento sa-ranno evidenziate le date in cui è prevista una convocazione, inmodo da semplificare la scelta all’operatore umano, il quale, tral’altro, potrà anche richiedere specificatamente di vedere i con-vocati dell’ultima riunione effettuata o della prossima in pro-gramma. In tal caso sarà il software a determinare opportuna-mente la data di interesse.

Un modulo analogo sarà realizzato per la visualizzazionedell’elenco di esaminati in una specifica data o in un intervallo ditempo.

È importante notare che, in entrambi i casi, l’elenco risultantepresenterà i dati principali del richiedente, quali nome, cognome,data di nascita e nazionalità, e l’esito della pratica; d’altra parte,semplicemente cliccando su un link opportuno, sarà possibile

Figura 6 (a). Eesempio di modulo per la visualizzazione dell’elencoconvocati.

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visualizzare direttamente i dettagli del fascicolo di ciascun richie-dente presente nell’elenco.

Inoltre, sempre allo scopo di snellire il compito degli opera-tori umani nonché di accomunare ed accelerare operazioni ripe-titive, l’utente potrà associare uno stesso esito ad un gruppo dipratiche aventi una caratteristica in comune: ad esempio tuttequelle esaminate lo stesso giorno, aventi la stessa data di convo-cazione, ecc.

Questa utilità è frutto dell’analisi delle attività delle Com-missioni che, spesso, si ritrovano a determinare uno stesso esito(ad esempio “Negativo, Irreperibile”) per tutte la praticheesaminate nel medesimo giorno. L’operatore umano, in talmodo, anziché dover gestire singolarmente ciascuna pratica,potrà associare la stessa decisione a tutti i fascicoli medianteun’unica operazione.

3.2.2. Generazione documenti.

Alle pratiche, tipicamente, ogni qualvolta viene effettuato unesame o stabilito un esito, viene associato un documento atte-stante la decisione presa. Tali documenti, usualmente, vengonostampati, firmati, ed inseriti nel fascicolo cui sono collegati.

Fermo restando la possibilità di preservare questa metodolo-gia di lavoro, il sistema permetterà, agli utenti aventi il propriodispositivo di firma digitale, di sottoscrivere il formato elettroni-

Figura 6 (b). Quando l’utente clicca sul calendarietto, questo siespande consentendo di scegliere una data specifica. I giorni in cui sonopreviste (o sono state effettuate) delle convocazioni sono evidenziati.

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co del documento, evitando, in tal modo, di stampare ulterioremateriale cartaceo. Il documento elettronico firmato digitalmente(valido, a tutti gli effetti di legge come un documento cartaceofirmato manualmente) rimane comunque associato al suo fasci-colo digitale, e sarà comunque sempre consultabile ed eventual-mente stampabile.

Come sempre, nel massimo rispetto delle esigenze degliutenti ed al fine di garantire la più totale flessibilità, il sistemasupporterà in maniera ottimale sia la gestione “classica” cartaceadei fascicoli, sia quella elettronica, sia una gestione mista, garan-tendo, sempre, la creazione e memorizzazione di tutti i docu-menti associati ad ogni fascicolo, permettendo di visualizzarli estamparli in qualunque momento.

Tutti i documenti memorizzati nel sistema, inoltre, sarannotutelati da avanzati sistemi di crittografia e protezione dei dati,garantendo, non solo l’impossibilità di modificarle, ma anche laverifica di autenticità, integrità e di non corruzione sicurezza, lafirma digitale e la protezione dei dati sono approfonditi nelparagrafo 3.6. degli stessi.

Dagli incontri svolti, inoltre, si è evinta la necessità, in talunicasi, di generare documenti ad hoc, ad esempio in situazioniparticolari, o in aggiunta ad altri documenti già stampati.

Il sistema permetterà all’utente, senza percorrere l’iter diaccesso ad una specifica pratica, di creare o stampare un deter-minato documento e, eventualmente, associarlo ad un fascicolo.In ogni momento sarà possibile creare documenti dai template diformule predisposte dal software, personalizzare tali moduli pre-compilati, generare nuovi modelli, o creare un nuovo documentoex-novo attraverso uno specifico editor testuale.

Ogni nuovo documento creato attraverso il software potràessere associato ai fascicoli memorizzati, come pure, potrannoessere aggiunti ai fascicoli documenti generati attraverso altriapplicativi (ad esempio editor di file pdf, ecc.). Anche in questocaso, il sistema garantirà la massima flessibilità, permettendo digestire sia documenti “propri” che file generati da applicazioniesterne.

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3.2.3. Accessibilità e visibilità delle pratiche.

Un problema spesso connesso alla valutazione di una praticaè quello legato alla relazione tra la stessa ed un’altra (ad esempioesibita da un consanguineo del richiedente) presentata presso unaQuestura collegata ad una differente Commissione Territoriale.

Più in generale, questa tematica apre alla questione dellavisibilità e accessibilità delle informazioni presenti nelle singoleCommissioni Territoriali, nella Sezione Stralcio o presso la Com-missione Nazionale. Come già accennato, in linea di principio efatti salvi i privilegi accordati ai singoli utenti, ogni CommissioneTerritoriale, nonché la Sezione Stralcio, ha accesso, sia in letturache in modifica, a tutti e soli i dati di sua pertinenza, mentre laCommissione Nazionale ha il controllo completo su tutti i datipresenti nella Rete Intranet per Dublinet.

Premesso ciò, appare tuttavia evidente come sia necessariopredisporre un sistema di condivisione di dati per casi particolari.

Il sistema della Rete Intranet per Dublinet, a tal fine, sup-porterà in maniera ottimale la notifica di richieste di visibilità e lacondivisione delle informazioni, qualora questa risulti effettiva-mente importante.

Quando un utente di una Commissione Territoriale ha l’esi-genza di visualizzare i dati relativi ad una pratica non di sua

Figura 7. Editor di generazione di un nuovo documento.

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competenza, potrà utilizzare un apposito strumento presente nelsoftware, attraverso il quale notificherà alla Commissione chedetiene le informazioni delle quali è desiderata la visibilità, larichiesta di accesso alla pratica, specificandone le motivazioni edassociando un’eventuale priorità.

Presso la Commissione destinataria della richiesta, verrà no-tificata la proposta e un utente responsabile della condivisionedei dati potrà acconsentire o meno alla visibilità ed eventual-mente inviare un messaggio di risposta.

Dal momento che, usualmente, l’esigenza di visibilità di unfascicolo è legata al caso di consanguinei che presentino laRichiesta per il Riconoscimento dello Status Rifugiato o perl’Asilo, presso Questure appartenenti a Commissioni Territorialidifferenti, potrà essere predisposta la condivisione bilaterale, nelsenso che le due pratiche “collegate” potranno essere condivisetra le due Commissioni Territoriali in cui sono state inserite.

Va ricordato che, in ogni caso, vigerà sempre il criterio inbase al quale ogni Commissione Territoriale potrà al più, visua-lizzare i dati presenti in un’altra Commissione, ma non potrà innessun modo modificarli.

3.3. Scambio di informazioni, messaggi e notifiche all’interno dellaRete Intranet per Dublinet.

Come si può evincere dal paragrafo precedente, la ReteIntranet per Dublinet costituirà un supporto eccellente alla pos-sibilità di condividere dati e richiedere informazioni tra le diverseentità collegate al Sistema, nel rispetto dei principi di sicurezza,privacy e gestione decentralizzata delle pratiche per il Riconosci-mento dello Status di Rifugiato e per l’Asilo.

Più in generale, chiaramente, il software estenderà tale carat-teristica allo scopo di garantire, non solo un’estrema flessibilitànella trasmissione e nell’interscambio di dati, ma, soprattutto, difavorire quello che mira a diventare un canale privilegiato per lacomunicazione tra i soggetti connessi alla Rete Intranet perDublinet.

Lo scambio di messaggi e notifiche sarà alla base di veri e

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propri dialoghi virtuali , che permetteranno agli utenti di comu-nicare tra loro attraverso tastiera e monitor in tempo reale,ottimizzando, in tal modo, i tempi altrimenti necessari al reperi-mento di informazioni presenti in altre Commissioni Territoriali.

L’invio di file, informazioni o altri dati concernenti le attivitàdelle Commissioni, otterranno un’accelerazione notevole, con-sentendo, al tempo stesso, di minimizzare il carico di materialecartaceo o di documentazione varia da inviare attraverso i canali“ordinari” (posta, fax…) o da conservare fisicamente nei propriarchivi.

L’utilizzo della firma digitale (si veda il paragrafo 3.6), inol-tre, permetterà di inviare documenti riconosciuti, autenticati ed atutti gli effetti validi, per legge, come atti firmati manualmente. Lacomunicazione attraverso la Rete Intranet per Dublinet saràsoggetta alle più avanzate tecniche e metodologie di garanziadella sicurezza, privacy e protezione dei dati, in modo da preve-nire qualsiasi accesso dall’esterno o manomissione o corruzionedelle informazioni veicolate attraverso di essa.

3.4. Analisi dei dati, Rilevazione statistica e Ricerca delle infor-mazioni.

Un aspetto fondamentale del software in progettazione è ilsupporto all’analisi statistica dei dati in esso memorizzati.

Gli utenti abilitati all’elaborazione statistica dei dati avrannoa disposizione un potente, flessibile ed avanzato strumento dianalisi, ricerca, raggruppamento e reperimento di tutte le infor-mazioni.

La ricerca ed esame delle informazioni non sarà limitata soloalle informazioni attualmente rilevanti, ma consentirà una detta-gliata analisi degli storici delle pratiche, dei Contenziosi e di tuttoquanto concerne l’attività delle Commissioni Territoriali, dellaSezione Stralcio e della Commissione Nazionale.

Il modulo per la ricerca delle informazioni e per l’elabora-zione statistica dei dati sarà altamente personalizzabile, consen-tendo di definire numerosi filtri, indicare i campi di interesse e

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richiedere di raggruppare o ordinare (sia in ordine crescente chein ordine decrescente) i risultati secondo uno specifico parame-tro.

I risultati delle ricerche potranno essere di carattere mera-mente statistico, e quindi il software fornirà una serie di valorinumerici in base ai campi di interesse e consentirà la creazione evisualizzazione di grafici, oppure potranno avere finalità di ri-cerca di specifici fascicoli (ad esempio per la consultazione,modifica o valutazione), e, quindi, consisteranno nell’elenco deinominativi le cui pratiche soddisfino i criteri di ricerca specificati.

In ogni caso, l’utente potrà passare da una modalità di ricercaall’altra in maniera immediata, preservando i medesimi parametriutilizzati. Ad esempio, è ipotizzabile uno scenario in cui l’opera-tore umano effettui un’analisi statistica sul numero di pratichesoddisfacenti uno specifico requisito comune, dopodichè ri-chieda l’elenco dei nominativi collegati a tali pratiche per ricer-care un’informazione contenuta in una di esse.

Un aspetto su cui sarà prestata la massima cura sarà lapossibilità di definire, con estrema flessibilità, il grado di dettagliorichiesto all’analisi statistica dei dati.

Ciò implica che, per tutti i parametri di interesse, sia possibilereperire un’informazione globale (ad esempio, il numero totale dipratiche aventi uno o più specifici requisiti in comune), ma ancheuna valutazione più dettagliata, sia temporalmente (considerandosolo pratiche presentate in uno specifico anno, mese, giorno oarco temporale personalizzato), che localmente (considerandosolo la pratiche presentate in una specifica Questura, o soggettead una precisa Commissione Territoriale), sia rispetto alla pro-venienza dei richiedenti (anche in questo caso si può andare daun riscontro globale, cioè per area geografica, ad uno più parti-colare, cioè per nazionalità), che per fasce di età (considerandopratiche di maggiorenni, minori, minori accompagnati, o defi-nendo fasce d’età personalizzate), e così via…

Ovviamente, sarà possibile definire più parametri di inte-resse, filtri e gradi di dettaglio dei risultati per ciascuna ricerca,garantendo una flessibilità nel motore che consentirà di definire

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qualunque operazione possa essere utile agli utenti. La figuraseguente mostra un esempio di form per la ricerca delle infor-mazioni a fini statistici o per individuare determinate prati-che.

Le ricerche relative ai Contenziosi seguiranno le stesse indi-cazioni e, ovviamente, anche per esse sarà possibile definire filtripersonalizzati e combinare tra loro i parametri di ricerca in mododa ottenere esattamente le informazioni desiderate.

Nel form di ricerca, l’utente potrà specificare se richiedere lavisualizzazione di informazioni utili per la statistica (quindi tuttol’insieme di valori numerici, sia particolareggiato che globale,correlati alla ricerca effettuata), o l’elenco delle pratiche corri-spondenti ai parametri di ricerca indicati.

Figura 8. Esempio di modulo per la ricerca. Ogni filtro può esserepreso in considerazione (selezionandone un valore di interesse) oignorato (ad esempio lasciando in bianco i campi delle date o il valore“tutto” o “entrambi” negli altri casi.

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Il modulo di visualizzazione dei risultati, sia per le ricerchesulle pratiche che per i Contenziosi, consentirà all’utente un’ul-teriore personalizzazione, permettendogli di riordinare le righe inbase ad uno specifico valore, di visualizzare o nascondere deter-minati campi, o, nel caso di insieme molto grande di risultati, diimpaginarli, o di espandere/minimizzare gruppi di risultati logi-camente correlati.

Come al solito, la scelta non sarà mai vincolante e l’utentepotrà passare da una visualizzazione dei risultati ad un’altra inmaniera estremamente semplice e rapida.

3.5. Log delle attività.

Tutte le attività svolte dagli utenti vengono registrate erilevate dal sistema. Il software permette all’operatore abilitato

Figura 9. Esempio di form per la ricerca dei Contenziosi.

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alla visualizzazione di tali informazioni, di leggere un log detta-gliato delle azioni svolte dagli utenti.

L’analisi permetterà di monitorare le attività, consentendo ditenere sempre sotto controllo il corretto funzionamento dellaRete Intranet per Dublinet.

Ovviamente, tale reportistica non sarà finalizzata - né lopermetterà - in alcun modo alla visualizzazione di informazionisensibili od alla violazione della privacy degli utenti, ma permet-terà di correggere eventuali malfunzionamenti del sistema, non-ché di tenere traccia delle operazioni per rilevamenti statistici,per correggere eventuali errori nelle operazioni, per individuarequalsiasi tipo di problematica connessa all’interazione degliutenti col software.

Il log delle attività permetterà di vedere le informazionirelative ad un singolo utente o all’intero sistema, specificando unintervallo di tempo di interesse e, eventualmente, il tipo dioperazione da monitorare.

Il modulo per la definizione del log di interesse sarà analogoal form di ricerca visto al paragrafo precedente, e presenterà lestesse caratteristiche di flessibilità e semplicità d’uso.

Anche in questo caso, inoltre, i risultati potranno essereordinati (sia in maniera crescente che decrescente), secondo unospecifico campo di interesse.

Va ricordato che, come pure per i dati relativi alle pratiche,

Figura 10. Esempio di form per il montaggio delle attivita degli utenti.

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anche per il log delle attività, ciascun utente (naturalmentepurché abilitato) potrà visualizzare solo il resoconto delle attivitàconcernenti operazioni della sua Commissione. Ovviamente, talerestrizione decade per quanto riguarda la Commissione Nazio-nale che, invece, avrà visibilità di tutte le attività svolte all’internodella Rete Intranet per Dublinet e, quindi, anche delle singoleCommissioni Territoriali.

3.6. Strategie di tutela e protezione dei dati.

Il software in progettazione dovrà trattare una grande mole didati sensibili, nonché di importanza estremamente rilevante.

Tutte le informazioni contenute dovranno essere tutelate eprotette da qualsiasi accesso non autorizzato, da copie o modifi-che non consentite, da qualunque operazione illegale, dalla cor-ruzione fisica dei file.

Questo aspetto, pur rappresentando una caratteristica invisi-bile del sistema, in effetti, costituisce un requisito assolutamentefondamentale ed imprescindibile per un software dedicato all’at-tività a cui sarà preposta la Rete Intranet per Dublinet.

Come già anticipato, l’accesso al sistema sarà regolato da unavanzato strumento di riconoscimento e gestione dei permessi,che, automaticamente, definisce il tipo di operazioni che puòessere effettuata dall’utente.

Tale funzionalità si basa sul principio di A.C.L. (AccessControl List), che permette di definire l’insieme di utenti abilitatiall’accesso al sistema, i loro ruoli ed i permessi associati a ciascunruolo.

Ogni permesso abilita o meno l’uso di una o più specifichefunzionalità offerte dal software.

È evidente come un attento uso di tale strumento permetta digarantire non solo un accesso controllato ai dati, ma anche diprevenire un uso improprio degli stessi, giacché solo utentiabilitati potranno accedere a tutte e sole le operazioni ad essipermesse. Il riconoscimento degli utenti, come già detto, avvienemediante l’inserimento di username e password. Tali credenzialisaranno trattate nell’assoluto rispetto della normativa vigente in

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materia di tutela della privacy e gestione dei dati sensibili.Ovviamente, la protezione di tali informazioni non si realizza solocontrollando l’accesso al sistema, ma anche impedendo utilizziimpropri dei file che contengono i dati utilizzati.

Si consideri, ad esempio, il caso dei documenti associati ad unfascicolo: se questo venisse generato in formato .doc e salvatofisicamente sul disco fisico, impedire l’accesso al software ad unutente non abilitato non preserverebbe il documento qualora lostesso utente potesse accedere indisturbatamente al file system.Tale utente, non solo potrebbe leggere dati sensibili non di suacompetenza, ma, addirittura, potrebbe corrompere, o, persino,rimuovere il documento dal disco e, quindi, rendere inattendibileil fascicolo memorizzato nel sistema.

Nella Rete Intranet per Dublinet, invece, si prevedrà disalvare tutte le informazioni, compresi i documenti, direttamentenel database del sistema, in modo da impedirne l’accesso se nonattraverso il software stesso.

Inoltre, al fine di garantire, in ogni caso, la certezza assolutadell’integrità dei dati, assieme ai documenti sarà memorizzato illoro codice hash1, in modo da poter verificare, in ogni momento,la loro autenticità: il sistema segnalerà qualsiasi incongruenzadovesse essere riscontrata tra un documento ed il suo codicehash (1).

La predisposizione all’integrazione con i dispositivi di firmadigitale, inoltre, permetterà agli utenti che lo desiderino, difirmare digitalmente i documenti presenti nel sistema.

Come già anticipato nei precedenti paragrafi, tale funzionalitàpermetterà, a discrezione degli utenti, di gestire i fascicoli inmaniera elettronica.

In generale, un fascicolo è composto da un modulo C/3, un

(1) Il codice hash di un file è una codifica di quest’ultimo in formato esadeci-male. Tale codifica è a sua volta un nuovo file univocamente calcolato (ad ogni filecorrisponde un unico codice hash), di dimensioni estremamente ridotte, dal quale nonè possibile risalire all’originale. Dal momento che il codice hash è univocamentecalcolato, qualunque modifica al file originale altererebbe la sua codifica hash, per cui,da un confronto, risulterebbe tale differenza e si evincerebbe la non autenticità del fileritenuto originale.

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insieme di informazioni aggiuntive, ed una serie di documenti. Ilsistema, in maniera intuitiva ed automatica, tiene traccia di tuttitali dati costituendo quello che può essere considerato un vero eproprio fascicolo elettronico.

A richiesta, dunque, l’utente potrà usufruire del propriodispositivo di firma digitale per firmare i documenti elettronici,evitando così di stamparli, firmarli manualmente ad aggiungerli alfascicolo cartaceo. Chiaramente, in nessun caso il software op-porrà un vincolo alle preferenza dell’utente e sarà sempre possi-bile scegliere, di volta in volta, quale comportamento adottare.

Inoltre, la scelta non sarà mai vincolante, e l’utente potràsempre stampare (per la firma) un documento precedentementefirmato digitalmente o firmare digitalmente un documento pre-cedentemente stampato.

Ovviamente, anche per quanto riguarda le funzionalità difirma digitale e riconoscimento dei dispositivi, saranno adottatetutte le tecnologie più avanzate, nell’assoluto rispetto della nor-mativa vigente in tale materia.

La sicurezza e la tutela dell’integrità dei dati, inoltre, saranno,chiaramente, alla base degli strumenti di comunicazione attra-verso la Rete Intranet per Dublinet. La rete, garantendo integritàe protezione dei dati, costituirà sempre un canale rapido, effi-ciente ed affidabile per la comunicazione, la trasmissione econdivisione di informazioni e file, la notifica di messaggi orichieste.

3.7. Migrazione dei dati.

Il software in progettazione per la Rete Intranet per Dublinetusufruirà di tutte le più moderne tecniche e metodologie direalizzazione.

Ciò significa, non solo una grande efficienza ed ottimizza-zione dei tempi, ma anche l’utilizzo dei paradigmi e delle strate-gie più evolute e diffuse.

Il risultato di tale filosofia sarà un sistema estremamenteflessibile, usabile, scalabile e di facile modificabilità, manuten-zione ed eventuale aggiornamento.

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Un tale lavoro, inoltre, poggiando su una piattaforma sof-tware estremamente solida e stabile, sarà predisposta all’integra-zione di dati provenienti dalle applicazioni attualmente in usopresso la Commissione Nazionale.

Dopo la messa in esercizio della Rete Intranet per Dublinet,si provvederà ad un’analisi scrupolosa dei software e dei sistemidi memorizzazione dei dati da essi utilizzati, allo scopo di con-sentire una accurata migrazione dei dati, preservando tutte leinformazioni necessarie all’attività della Commissione Nazionale,delle Commissioni Territoriali e della Sezione Stralcio.

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GIOVANNI VESCO

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

1. Ringrazio il Preside del Corso di Laurea specialistica inDirezione sociale e servizi alla persona, professor Pasquale Co-stanzo, per avermi invitato a questo importante e delicato mo-mento di riflessione sul quadro normativo vigente in materia diimmigrazione.

Desidero complimentarmi con la Facoltà di Giurisprudenzaper aver dedicato tanta attenzione a una materia così complessae controversa. Ritengo che la scarsa conoscenza del fenomenomigratorio e soprattutto dell’impianto di leggi che il nostro paesesi è dato per rispondere ai profondi cambiamenti che sta speri-mentando, sia spesso alla base del modo distorto e poco obiettivocon cui si guarda al fenomeno della permanenza di cittadinistranieri in Italia.

È un atto di grande sensibilità e intelligenza mettere adisposizione degli studenti – delle nuove generazioni che con talicambiamenti devono quanto prima imparare a convivere cer-cando di trarne il più possibile opportunità di crescita ed arric-chimento culturale – la competenza e la professionalità deirelatori di questa conferenza.

Anche nel mondo universitario sono da anni in aumento glistudenti stranieri, seppur in modo più contenuto rispetto allescuole medie superiori, che questo anno in Liguria hanno vistoun autentico boom delle iscrizioni. Ritengo che questo sia unelemento di rilievo, da curare con estrema attenzione.

In proprio luogo per il contributo che tali studenti possonodare al sistema universitario, dato il buon livello di preparazionecon cui molti di loro giungono all’Università. Ritengo infatti chedaranno sempre più filo da torcere agli studenti italiani e saranno

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di stimolo per il nostro sistema scolastico, favorendo l’acquisi-zione di nuove conoscenze.

In secondo luogo, perché l’Università rappresenta ancoraoggi uno strumento di mobilità sociale: avere una preparazioneadeguata e un titolo utile a svolgere professioni essenziali alfunzionamento della nostra società rappresenta per eccellenza lavia all’integrazione e alla costruzione di una società multicultu-rale.

Per queste ragioni mi è sembrato un gesto importante portarenel cuore dell’Università tali tematiche, per favorire l’acquisi-zione di consapevolezza da parte dei cittadini italiani e stranieridelle caratteristiche di un fenomeno tanto complesso. Mi auguroche da questo possano scaturire nuove passioni, stimoli all’ap-profondimento e allo scambio e forse nuove professioni.

È sicuramente giunto il momento di spronare i nostri giovaniall’assunzione di responsabilità collettive, per il semplice fattoche il mondo e il futuro appartengono a loro. Soprattutto ritengofondamentale che conoscano gli aspetti più problematici, lecostrizioni e le limitazioni nel godimento dei diritti fondamentaliche affrontano i cittadini stranieri, ma anche il sistema di chancee opportunità che vengono offerte loro, con una particolareattenzione alla Regione Liguria.

2. Desidero quindi darvi un quadro generale delle azioniintraprese dal mio Assessorato in questi anni al fine di ‘limitare idanni’ di una normativa sostanzialmente repressiva e contropro-ducente, che non solo ha prodotto clandestinità, ma ha osteggiatola piena acquisizione di una cittadinanza attiva e consapevole e ilgodimento dei diritti sociali garantiti dalla nostra amata Costitu-zione.

A questo proposito, da due anni abbiamo realizzato unaedizione multilingue dei primi capitoli della Costituzione italiana,tradotti in nove lingue tra quelle più parlate nella nostra regione,che abbiamo provveduto a distribuire agli istituti scolastici, alleassociazioni che lavorano con gli immigrati e alle istituzioni ditutta la Regione.

Prima di parlare delle iniziative del mio assessorato, ritengo

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opportuno darvi alcuni numeri relativi alla presenza di cittadiniimmigrati in Liguria, con particolare riferimento al mercato dellavoro e all’istruzione.

Al primo gennaio 2007, gli stranieri regolarmente residentinella nostra Regione erano 80.735, di cui 38.300 uomini e 42.430donne, le quali rappresentano il 52% del totale.

Questo primo dato è in controtendenza rispetto a quellonazionale e caratterizza la nostra Regione con una migrazioneprevalentemente al femminile, frutto delle peculiarità demogra-fiche della Liguria, che comporta per il governo regionale e glienti locali la necessità di dedicare una particolare attenzione allatematica delle pari opportunità e di declinare i servizi territorialitenendo sempre conto delle esigenze delle donne e delle madristraniere che lavorano soprattutto nel settore dei servizi di curaalla persona.

Rispetto all’anno passato l’immigrazione è aumentatadell’8%, e sono aumentate più le donne degli uomini, ma nono-stante questo ci troviamo al di sotto della media nazionale, infattila popolazione straniera in Liguria si attesta ancora al 2,7%.

I dati di cui vi sto parlando, elaborati dall’Osservatorio sulMercato del lavoro della Regione Liguria, mostrano delle diffe-renze rispetto a quelli presentati dal Dossier statistico dellaCaritas per il 2007. Sono più contenuti anche perché contem-plano unicamente i cittadini stranieri presenti regolarmente sulnostro territorio.

Bisogna considerare che l’aumento della popolazione stra-niera è dovuta anche all’aumento delle nascite di bambini stra-nieri e questo fenomeno è legato ad un altro aspetto, quello dellaforte rappresentatività dei giovani tra i migranti, (i minori inci-dono per il 22% sul totale).

Per quanto riguarda le nazionalità di provenienza, il grupponumericamente più rilevante è quello dell’Ecuador, seguito daAlbania, Marocco e Romania, mentre i permessi di soggiornovengono rilasciati prevalentemente per motivi di lavoro e fami-glia.

Gli studenti stranieri presenti nelle scuole liguri ammontanoa 15.219 unità, pari al 7,8% della popolazione scolastica della

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nostra regione, con un aumento graduale e costante negli ultimidue anni grazie al quale oggi oltre due terzi dei nuovi studentisono stranieri.

Il maggior numero delle iscrizioni sono state registrate nellescuole elementari, seguite dalle scuole medie superiori e dallescuole medie inferiori. Questo dato la dice lunga in merito allaproblematica dei ricongiungimenti familiari con figli oramai ado-lescenti. Spesso, infatti, per i genitori non è possibile fare altri-menti a causa dei limiti temporali imposti dalla legge italiana, perla quale non si possono ricongiungere figli che abbiano raggiuntola maggiore età.

Questi ragazzi però si trovano ad affrontare enormi cambia-menti e vengono inseriti in istituti scolastici nei quali trovano fortidifficoltà, a partire dalla barriera linguistica.

Un ultimo accenno al mondo del lavoro: il mercato del lavoroimmigrato è un mercato vivace, in cui si riscontra un aumento ditutte le voci considerate: assunzioni, cessazioni e cambi diazienda. Questo dato conferma però che i lavoratori migrantisono soggetti ad una forte mobilità, per non dire precarietà, comadimostrano i cambi di azienda, che rappresentano la quota piùsignificativa dei movimenti occupazionali.

Anche per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro, quelliavvenuti a lavoratori extracomunitari sono stati il 10% del com-plesso degli infortuni verificatisi nel corso del 2006. I settoriinfine nei quali si impiega maggiormente manodopera immigratasono quelle dell’industria, dei servizi alla persona e dei servizituristico – alberghieri.

3. Per quanto riguarda le concrete risposte date dalla regioneai tanti problemi quotidiani che i cittadini migranti devonoaffrontare per vivere in Liguria, è necessario iniziare dalle leggeregionale n. 7/2007 “Norme per l’accoglienza e l’integrazionedelle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati”, approvatadopo un importante momento di riflessione di portata nazionaleed europea realizzata dal mio Assessorato.

Mi riferisco alla Conferenza Immigrazione tenutasi il 18settembre 2006 presso la Sala del maggior Consiglio di Palazzo

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Ducale, alla quale hanno partecipato i Ministri Amato e Ferrero,il Vicepresidente della Commissione Europea Franco Frattini, iPrefetti di Genova e Savona e i rappresentanti del mondodell’Università, dei sindacati e delle associazioni che si occupanodi immigrazione a livello nazionale.

È stato un momento alto di discussione nel corso del quale siè riflettuto sulle politiche e sulla governance dell’immigrazione alivello europeo, nazionale e locale, che ha rappresentato un puntodi riferimento per la definizione della legge regionale approvatadal Consiglio il 20 febbraio di quest’anno.

Si tratta di una legge trasversale, che, nel pieno rispetto dellanormativa europea e delle leggi nazionali tuttora vigenti, affrontala questione immigrazione nelle sue molteplici dimensioni e cercadi dare risposta ai bisogni e alle problematiche che caratterizzanola vita quotidiana dei migranti, a partire dall’inserimento nellasocietà ospitante.

Con questa legge, la Regione si è impegnata infatti ad affron-tare le problematiche che derivano dalla presenza sul territorio dicittadini stranieri mediante adeguate politiche abitative, dellasanità e dei servizi sociali e cerca contemporaneamente di pro-muovere l’effettiva integrazione degli immigrati nel tessuto so-ciale e culturale della Regione, assicurando il pieno riconosci-mento dei diritti e degli interessi degli stranieri in tema diaccoglienza, formazione professionale, istruzione, tutela e sicu-rezza sul lavoro.

Abbiamo inoltre previsto interventi in materia di alloggi, percontrastare le speculazioni, il rischio di ghettizzazione e margi-nalizzazione di questi cittadini.

Con la garanzia delle cure urgenti ed essenziali e soprattuttocon la precisa definizione del significato di tali termini, abbiamocercato di eliminare il rischio di interpretazioni restrittive e digarantire un diritto umano fondamentale a prescindere dallacittadinanza o dall’origine dei singoli individui qual è il dirittoalla salute.

Ancora, gli interventi su istruzione e formazione sono voltialla qualificazione della presenza immigrata in Liguria, in mododa non disperdere saperi, talenti ed energie che giungono sul

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territorio, affinché possano contribuire allo sviluppo e all’inno-vazione del nostro sistema produttivo ed economico In questosenso è fondamentale il contrasto al lavoro sommerso, la quali-ficazione dei servizi per il lavoro e la formazione degli operatori,tutti aspetti per i quali è strategica la collaborazione delle orga-nizzazioni sindacali e dei datori di lavoro.

Gli interventi in materia di educazione culturale hanno in-vece l’obiettivo di sostenere le strutture scolastiche nello sforzoche da anni stanno compiendo per affrontare i grandi cambia-menti del nostro tempo, i quali però vanno visti come un’oppor-tunità di crescita e di arricchimento culturale per tutti i cittadini,specialmente in un’epoca di interconnessioni globali come lanostra.

4. Frutto di questa legge è anche la Consulta regionale perl’integrazione dei cittadini stranieri immigrati, insediata per laprima volta mercoledi 28 novembre 2007.

Si tratta di un organismo composto da oltre trenta membri inrappresentanza dei cittadini stranieri immigrati, delle associazionidi volontariato, dei sindacati, delle associazioni di categoria edegli Enti Locali, i cui compiti sono formulare proposte prope-deutiche alla stesura del Piano regionale triennale per l’integra-zione dei cittadini stranieri immigrati, esprimere pareri sulleiniziative di settore, formulare proposte per lo svolgimento distudi e approfondimenti sull’immigrazione, sulle condizioni divita e di lavoro dei cittadini stranieri immigrati che risiedono inLiguria.

Con la Consulta, per la prima volta in Regione si avvia unprocesso istituzionale di confronto che coinvolge direttamente icittadini migranti (dodici membri nominati direttamente dalleassociazioni che si occupano di immigrazione) e tutte le realtà chesono state interessate dal fenomeno migratorio in Liguria.

Si tratta, dunque, di un laboratorio di notevole interesse, chemira ad ampliare la partecipazione democratica ai processi deci-sionali, a rafforzare il processo di acquisizione di una cittadinanzaattiva da parte dei migranti ma anche a creare sinergie e uncostruttivo coordinamento tra istituzioni, associazioni, sindacati.

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Vedremo nei prossimi mesi che cosa riusciremmo a produrre,ma da questo momento in poi le politiche dell’immigrazione dellaRegione dovranno necessariamente tenere conto delle opinioni,delle conoscenze e delle proposte di tale organismo.

Senza dimenticare che vogliamo entro la primavera pervenireall’elezione diretta dei membri stranieri nominati in via transitoriadalle associazioni, come previsto dalla legge. Questo perchéritengo fondamentale permettere ai cittadini stranieri, che nonhanno diritto di voto, di esprimersi direttamente scegliendo ipropri rappresentanti. Anche perché è andata crescendo la pres-sione per l’accesso al voto e alla rappresentanza democratica.

Per quanto riguarda invece le azioni che il mio Assessoratosta realizzando per affrontare le problematiche che colpiscono inparticolar modo i giovani migranti, è stato da poco approvatodalla Giunta regionale un progetto, a titolarità delle ProvinceLiguri, di prevenzione della devianza e interventi di inclusionesociolavorativa nei confronti di giovani stranieri presenti sulterritorio.

Il progetto prevede percorsi di inserimento lavorativo, cheverranno realizzati presso i Centri per l’impiego, destinati agiovani di età compresa tra i 16 e i 25 anni, segnalati da istitutiscolastici, distretti sociali o altri soggetti in base a quella che è larete dei servizi sociali nel contesto di riferimento.

Lo scopo è quello di prevenire fenomeni di esclusione me-diante l’inserimento lavorativo e la qualificazione professionale,ovvero attraverso la rilevazione dei bisogni di questi giovani e lastrutturazione di una proposta il più possibile personalizzata.

Ritengo che un progetto di questo tipo, che è il frutto dellaprofessionalità e della conoscenza delle nostre Province, rispondaad alcune tra le problematiche di maggior rilievo che moltigiovani migranti si trovano ad affrontare nella loro permanenza inItalia.

5. Innanzitutto, il problema della scadenza del permesso disoggiorno. Questo è un problema particolarmente drammatico, icui effetti possono essere devastanti per un ragazzo o una ragazzache, pur avendo in Liguria la propria famiglia e i propri punti diriferimento, corre il rischio di cadere nell’irregolarità se non può,

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alla scadenza del permesso per motivi familiari che coincide conil raggiungimento del 18esimo anno di età, rinnovarlo per motividi studio o di lavoro.

Come tutti sappiamo, se non è affatto facile trovare lavoro, enon lo è in particolar modo a 18 anni con una scarsa formazione,non è altrettanto facile poter contare su un percorso di studiavviato e strutturato a sufficienza da consentire l’ottenimento diun permesso per motivi di studio.

E a questo si lega il secondo problema: per molti ragazzi, inparticolar modo coloro che giungono in Italia in età adolescen-ziale, spesso dopo un ricongiungimento familiare che ha compor-tato dolorose distanze dai propri genitori e altrettanto difficiliadattamenti al momento di arrivo, non è facile inserirsi in nuoviistituti scolastici e lo è ancor meno scegliere il percorso di studiadeguato.

Tutto questo si può facilmente tradurre in dispersione sco-lastica e in problemi di natura personale e sociale.

La città di Genova in particolare, con il famoso problemadelle bande, come sempre molto mediatizzato, ha dimostratocome l’energia di questi ragazzi si possa canalizzare in fenomenicomplessi e articolati che in alcuni casi possono sfociare nellamicrocriminalità o nella devianza.

Più in generale, il problema della scelta del percorso scola-stico è comunque di grande rilevanza, come dimostra la fortepropensione per percorsi professionalizzanti. Al di là delle pro-spettive individuali e delle motivazioni che spingono ciascuno ascegliere il percorso che ritiene più idoneo alla proprie aspetta-tive, questo aspetto desta la preoccupazione di una scarsa mobi-lità sociale per i giovani stranieri.

Un problema che mi auguro si ponga in misura minore con ilpassare del tempo e in particolare per i bambini nati in Italia oche sono stati inseriti sin da piccoli nel nostro sistema scolasticoResta comunque il problema delle pari opportunità e dellebarriere da abbattere, in particolare quelle economiche, dato ilcosto che comporta ancora oggi portare a termine un percorso distudi superiori.

Infine, sono al momento oggetto di istruttoria i progetti

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pervenuti all’Ufficio politiche dell’immigrazione a seguito di duebandi destinati a finanziare, uno, progetti e recuperi di strutturediretti alla creazione di occasioni di incontro tra cittadini didiverse nazionalità e l’altro interventi di integrazione e comuni-cazione interculturale.

Vedremo quale sarà l’esito di tale istruttoria, ma direi chedalla risposta ricevuta questi due bandi sono stati capaci distimolare la capacità progettuale degli Enti Locali e delle asso-ciazioni e cooperative sociali liguri che si occupano di immigra-zione.

Questo quanto fatto per il momento, ma vi assicuro che leenergie e la voglia di dare risposte alla gente è ancora molta, anziposso dire che da questo momento in poi le nostre attività sifaranno sempre più significative ed importanti, anche perchécredo che da queste dipenda il benessere non solo dei cittadinistranieri presenti in Liguria, ma anche degli stessi cittadini italianiche devono quanto prima abituarsi a convivere con questi nuoviconcittadini e che beneficeranno della coesione sociale e dell’in-tegrazione reale che tutti dobbiamo contribuire a realizzare.

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NOTIZIE SUGLI AUTORI E I CURATORI

MARIO ANGELELLI, Avvocato del Foro di RomaPAOLA BALBO, Procuratore onorario presso il Tribunale di TorinoANNA BANCHERO, Dirigente presso il Settore “Attività Distrettuali e

Servizi Sociali” della Regione Liguria, Professore a contratto diProgettazione Sociale e Tecniche di Analisi dei Servizi e Accredi-tamento nell’Università degli Studi di Genova

FRANCESCO CATANI, Condirettore della Caritas Diocesana di GenovaPASQUALE COSTANZO, Ordinario di Diritto Costituzionale nell’Università

degli Studi di GenovaELENA FIORINI, Avvocato del Foro di GenovaGRAZIELLA GALLIANO, Ordinario di Geografia umana nell’Università

degli Studi di GenovaMAURIZIO GUAITOLI, Viceprefetto, Ministero degli InterniENRICO IVALDI, Dottore di ricerca Dipartimento di Economia e metodi

quantitativi dell’Università degli Studi di GenovaLIA MASTROPAOLO, Psicologa, Direttore della Scuola Genovese di Me-

diazione e Counselling sistemico, Professore a contratto nelleUniversità degli Studi di Genova, Madrid e Barcelona

SILVANA MORDEGLIA, Componente del Consiglio nazionale dell’Ordinedegli Assistenti sociali, Professore a contratto nelle Università degliStudi di Genova e Firenze

ROSA PALOMBO, Funzionario dell’Ufficio Immigrazioni della Questura diGenova

ANTONIO PAPPALARDO, Dirigente del Centro per la Giustizia Minorile diPiemonte, Valle d’Aosta e Liguria del Dipartimento per la Giusti-zia Minorile

PAOLA PELLEGRINO, Avvocato del Foro di GenovaFEDERICA RESTA, Avvocato, Consulente giuridico del Ministero degli

InterniANGELA TESTI, Professore associato di Economia applicata nell’Univer-

sità degli Studi di GenovaLARA TRUCCO, Ricercatrice universitaria e docente di “Diritti di libertà

e diritti sociali” nell’Università degli Studi di Genova, Avvocato ecollaboratore regionale

GIOVANNI VESCO, Assessore alle Politiche attive del lavoro e dell’occu-pazione e alle Politiche dell’immigrazione della Regione Liguria.