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Il V congresso del CKBG dagli occhi di una studentessa Io ed altri due studenti del corso di laurea di Formazione e Gestione delle Risorse Umane di Bari siamo partiti martedì 8 settembre a mezzanotte per il V congresso del “Collaborative Knowledge Building Group” dal nome “Innovazione e Tecnologie digitali: tra continuità e cambiamento”. La scelta di partire per Trieste è stata quasi viscerale e raccontare il congresso significa rivivere il modo in cui le idee e le motivazioni hanno assunto una nuova forma nel corso dei tre giorni. Scesi dal treno intorno all'ora di pranzo del 9 settembre, si respirava una bella aria nella stazione di Trieste. Il sole illuminava la piazza e la temperatura era mite e piacevole. Intorno alle 16.00 abbiamo effettuato la registrazione, giusto in tempo per seguire la sessione pomeridiana del congresso, all'insegna della lingua inglese. Il primo intervento è stato quello del Professor Bereiter. Carl Bereiter, insieme a sua moglie Marlene Scardamalia, ha dato vita ad una teoria dell'educazione cui nome è “Knowledge Building Theory”. I due docenti hanno fornito un fondamentale contributo alle ricerca sull'apprendimento collaborativo supportato da computer (CSCL) ed insieme hanno progettato una piattaforma dal nome Knowledge Forum. Il primo intervento di Bereiter dal titolo “Does Knowledge Building Have a Heart? Does it Have a Soul?” mirava a sottolineare l'importanza delle emozioni nei processi di apprendimento. Bereiter ha mostrato come, nelle scienze cognitive, le teorie sui processi computazionali (comprensione, decisione, apprendimento) tendano a separare in maniera dicotomica i processi razionali, della logica e del ragionamento, rispetto a quelli emozionali, dei sentimenti e della spiritualità; questa dicotomia è evidente nella teoria di Khaneman del doppio processo. Secondo Khaneman esistono due sistemi di elaborazione dell'informazione: il sistema uno - intuizione: genera impressioni involontarie e spesso non immediatamente consapevoli in maniera rapida, è poco costoso dal punto di vista computazionale; il sistema due - ragionamento: genera giudizi, lenti, seriali, costosi e sempre espliciti ed intenzionali. Secondo Bereiter, la scuola ha da sempre focalizzato la propria attenzione sul sistema due ignorando l'importanza del primo sistema,

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Il V congresso del CKBG dagli occhi di una studentessa

Io ed altri due studenti del corso di laurea di Formazione e Gestione delle Risorse Umane di Bari siamo partiti martedì 8 settembre a mezzanotte per il V congresso del “Collaborative Knowledge Building Group” dal nome “Innovazione e Tecnologie digitali: tra continuità e cambiamento”.La scelta di partire per Trieste è stata quasi viscerale e raccontare il congresso significa rivivere il modo in cui le idee e le motivazioni hanno assunto una nuova forma nel corso dei tre giorni.

Scesi dal treno intorno all'ora di pranzo del 9 settembre, si respirava una bella aria nella stazione di Trieste. Il sole illuminava la piazza e la temperatura era mite e piacevole. Intorno alle 16.00 abbiamo effettuato la registrazione, giusto in tempo per seguire la sessione pomeridiana del congresso, all'insegna della lingua inglese.Il primo intervento è stato quello del Professor Bereiter. Carl Bereiter, insieme a sua moglie Marlene Scardamalia, ha dato vita ad una teoria dell'educazione cui nome è “Knowledge Building Theory”. I due docenti hanno fornito un fondamentale contributo alle ricerca sull'apprendimento collaborativo supportato da computer (CSCL) ed insieme hanno progettato una piattaforma dal nome Knowledge Forum.Il primo intervento di Bereiter dal titolo “Does Knowledge Building Have a Heart? Does it Have a Soul?” mirava a sottolineare l'importanza delle emozioni nei processi di apprendimento. Bereiter ha mostrato come, nelle scienze cognitive, le teorie sui processi computazionali (comprensione, decisione, apprendimento) tendano a separare in maniera dicotomica i processi razionali, della logica e del ragionamento, rispetto a quelli emozionali, dei sentimenti e della spiritualità; questa dicotomia è evidente nella teoria di Khaneman del doppio processo. Secondo Khaneman esistono due sistemi di elaborazione dell'informazione:

● il sistema uno - intuizione: genera impressioni involontarie e spesso non immediatamente consapevoli in maniera rapida, è poco costoso dal punto di vista computazionale;

● il sistema due - ragionamento: genera giudizi, lenti, seriali, costosi e sempre espliciti ed intenzionali.

Secondo Bereiter, la scuola ha da sempre focalizzato la propria attenzione sul sistema due ignorando l'importanza del primo sistema, rapido ed utilizzato spontaneamente per risolvere problemi nella pratica quotidiana. Il sistema uno è legato alle emozioni che gli studenti provano quando svolgono un compito e risolvono un problema e agli effetti degli stati affettivi sull'attenzione e sulla motivazione. Per risolvere la dicotomia tra logica ed irrazionalità, Bereiter propone il concetto di “ideas”: le idee sono prodotti della mente razionale e dell'intelligenza emotiva, il frutto della creatività e dell'equilibrio tra ragione e sentimento. Dunque, la scuola oggi dovrebbe lavorare sulle idee degli studenti e sull'esperienze emotive legate ai processi creativi. Certo, più facile a dirsi che a farsi. Ma perché non iniziare a provarci?Nel corso del pomeriggio ci sono state altre presentazioni ed una di quelle che mi ha colpito di più s'intitola “Building Ecologies for Knowledge Building”. Un docente dell'università di Oslo ha presentato un'applicazione per tablet e per cellulari di realtà aumentata (augmented reality): la realtà aumentata è un'opportunità offerta da una tecnologia di creare continuità tra la realtà fisica e le interfacce di un dispositivo digitale. L'applicazione presentata dal team di ricerca norvegese consente di osservare sullo schermo del proprio tablet e/o smartphone il monumento che si ha di fronte in epoche storiche diverse. Ad esempio, puntando la fotocamera del dispositivo verso il Colosseo di Roma, è possibile osservare come appariva in età Augustea o, ancora, puntandolo verso il porto di Oslo come questo apparirà nel 2200. Cosa c'è d'interessante in questa applicazione? Innanzitutto essa consente di comunicare via chat o tramite messaggi vocali con altre persone impegnate nell'attività di osservazione del sito, condividendo in diretta impressioni e formulando ipotesi ingenue sulle cause dei cambiamenti climatici ed architettonici. Perché il Colosseo assumeva questo aspetto? Quali sono le cause del cattivo tempo ad Oslo? Come mai hanno sostituito dei parchi con dei grattacieli? Il lavoro

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d'indagine continua in classe secondo il modello dell'inquiry based learning ovvero l'apprendimento tramite indagine progressiva: gli

studenti si pongono domande, riflettono sulle possibili cause, effettuano delle ricerche, verificano la plausibilità delle loro ipotesi e formulano teorie. In questo caso gli studenti possono porsi delle domande sui processi storici e politici che hanno portato alla trasformazione architettonica del porto di Oslo, ai processi atmosferici che hanno causato i cambiamenti climatici, all'impatto di tali cambiamenti sulla salute degli abitanti. In sostanza i ragazzi, semplicemente spostando il loro sguardo dal monitor del loro dispositivo alla realtà, sono stimolati a riflettere sui rapporti di causa ed effetto tra gli eventi in un'ottica storico-culturale individuando continuità tra passato, presente e futuro. Penso che questa applicazione sia riutilizzabile in diversi contesti formativi a partire dagli studenti di scuola primaria e secondaria sino agli studenti universitari di Architettura, Beni Culturali e Storia dell'Arte (e non solo).

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Piazza Unità D'Italia, Trieste

La prima giornata di convegno è giunta così a termine. Noi studenti ci siamo accodati ai docenti per una passeggiata a Trieste e, con la guida della professoressa Gisella Paoletti, ci siamo imbattuti nella splendida Piazza Unità D'Italia, la più grande piazza d'Europa sul mare. A quel punto io, Adriano e Maurizio abbiamo proseguito il nostro tour per la città in autonomia, lasciandoci ammaliare dal fascino delle scalinate, dei parchi e di antiche muraglie attorno ai castelli.

Giovedì 10 settembre abbiamo seguito il Congresso a partire dalle 9.30 del mattino.Il primo intervento è stato quello di Kriistina Kumpulainen http://www.kristiinakumpulainen.fi/who-am-i/, docente ordinario dell'Università di Helsinki. La presentazione mirava a fornire degli stimoli teorici per la ri-concettualizzazione dei processi d'apprendimento, focalizzando l'attenzione sul ruolo che assumono lo spazio ed il tempo durante l'esperienza d'uso delle nuove tecnologie digitali. La docente ha fatto riferimento al concetto di Cronotopo (CT): introdotto dalla fisica della relatività ristretta, il CT è composto dalle tre dimensioni dello spazio (lunghezza, larghezza e profondità) e del tempo. Perché è importante considerare il CT quando trattiamo lo studio dei processi di apprendimento?Il primo “umanistico” a trasportare il concetto di cronotopo nella letteratura è stato Michail Bachtin, studioso russo d'estetica, il quale definisce il CT come “l'interconnessione sostanziale dei rapporti temporali e spaziali”. Il CT è dunque un luogo nel quale il tempo si condensa, si estrinseca, si manifesta, trasformando e rimodellando tale luogo. La ricerca contemporanea indaga il modo in cui, tramite l'uso delle nuove tecnologie, le persone co-costruiscono nuovi assetti spazio-temporali. La multimedialità e la multimodalità offrono la possibilità di spostarsi in una moltitudine di spazi diversi nello stesso momento. Gli studenti possono abitare lo spazio fisico della classe, una piattaforma collaborativa e la chat del proprio cellulare nello stesso momento (eterotopia).La ricerca della docente di Helsinki mira a concettualizzare l'apprendimento come un fenomeno complesso, che dilata lo spazio ed il tempo oltre l'hic et hunc. Il progetto, della durata di un anno, consisteva nel fornire agli studenti di scuola primaria diversi dispositivi digitali per la costruzione collaborativa di copioni, testi, canzoni di un musical creato interamente dagli studenti. Al termine del progetto, il musical è andato in scena nel teatro scolastico.Dall'analisi dei discorsi degli studenti emerge come tale progetto abbia permesso loro di riformulare obiettivi, idee, pratiche tramite il confronto e la negoziazione con gli altri. Il processo di apprendimento si è così tradotto in crescita e ristrutturazione identitaria degli studenti. Tra i più interessanti vantaggi di questa metodologia didattica ne evidenzio due: il primo è l'inclusività, ovvero la possibilità per ciascuno studente di scegliere l'attività a cui partecipare e di gestire in autonomia i

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tempi di apprendimento tramite l'asincronia delle tecnologie digitali. Il secondo è quello di tirar fuori il talento degli studenti che possono dare libero sfogo alla creatività, non essendo vincolati da una consegna standardizzata. La docente ha sottolineato come nella scuola vi sia ancora una certa resistenza nell'introduzione delle metodologie collaborative e che progetti come quello presentato nel suo studio, attualmente, non sono integrati nella pratica quotidiana dell'insegnamento. La progettazione didattica è costosa in termini di tempo e di risorse tecnologiche da impiegare: pensare d'impostare una didattica socio-costruttivista senza le tecnologie digitali risulterebbe al quanto complesso. Basti pensare che gli attuali paradigmi teorici dell'apprendimento si sono affermati in concomitanza con l'avvento di internet, dei personal computer e del web 2.0. In che modo le tecnologie supportano l'apprendimento collaborativo?

1. Possibilità di comunicare e lavorare in maniera asincrona;2. Superamento dei limiti spaziali: tramite l'uso delle nuove tecnologie posso comunicare con il

mio compagno di classe che vive in un'altra città fuori dall'orario scolastico, senza necessariamente doverlo incontrare di persona;

3. I docenti e i tutor possono utilizzare delle piattaforme per monitorare lo sviluppo delle discussioni e le bozze dei progetti condivise dagli studenti. Possono inoltre fornire uno

scaffolding tempestivo, in modo da prevenire gli errori e valorizzare le pratiche positive;

4. Maggiori occasioni di valutazioni in itinere e formative;5. Personalizzazione del materiale di studio tramite la ricerca autonoma su diversi motori di

ricerca.

In seguito allo stimolante intervento della Professoressa Kumpulainen, io ed Adriano abbiamo cambiato aula per seguire una discussione sulle implementazioni da realizzare sulla piattaforma di Knowledge Forum. La Professoressa Scardamalia ha posto diverse questioni inerenti a come rendere visibili i processi taciti ed impliciti di sviluppo della conoscenza, fornendo ad esempio agli studenti la possibilità di citare il contributo di altri studenti. Inoltre si è discusso del modo in cui andrebbero usate le note e le annotazioni e dell'interpretazione delle reti di partecipazione al forum. Scardamalia, tramite l'uso della Social Network Analysis, ha mostrato come le configurazioni delle reti

all'interno di comunità di discenti si modificano nel tempo. La traiettoria di partecipazione dell'insegnante ha una direzione inversa rispetto a quella delle piccole comunità di discenti: queste

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progrediscono gradualmente verso il centro e man mano s'infittiscono le relazioni tra i nodi (gli studenti) di tutte le sotto comunità, mentre il docente assume una posizione progressivamente meno centrale. Questi dati quantitativi, combinati con materiale discorsivo, offrono un patrimonio importante per la ricerca e lo studio dei processi di apprendimento nelle learning community.

Mi concedo una piccola nota fuori campo: è stato bellissimo vedere come, durante le presentazioni della Scardamalia, Bereiter intervenisse con stima ed interesse professionale, quasi come se non conoscesse sino in fondo il pensiero della compagna. Noi ragazzi abbiamo anche ironizzato sulla possibilità che i due coniugi concordino prima dei convegni le domande da porsi ma, sinceramente, io penso che non sia così. Mi sono chiesta quanto a casa parlino di lavoro e se la Knowledge building theory sia nata come “figlia del vero amore”: la teoria ha i loro geni, assomiglia al modo in cui loro apprendono l'uno dall'altro?

Dopo aver pranzato, abbiamo seguito gli interventi della sessione pomeridiana. Sono rimasta affascinata dalla presentazione di Vindice De Plano, che ha proposto una ridefinizione del concetto di Learning Object (LO). Secondo la definizione mainstream https://it.wikipedia.org/wiki/Learning_object, un LO è una risorsa digitale riutilizzabile per l'apprendimento, le cui caratteristiche sono:

1. Interoperabilità2. Autoconsistenza3. Reperibilità (grazie alla marcatura dei metadati)4. Modularità5. Granularità

De Plano afferma che l'orientamento ideologico all'autoconsistenza e alla modularità, assolutamente valido nell'ingegneria del software, non si adatti alla natura dinamica e complessa dei processi di apprendimento. Secondo tale impostazione, infatti, un Serious Game non dovrebbe poter interagire con il mondo circostante, con internet e nemmeno con altri LO. Un LO è autoconsistente nel momento in cui, al proprio interno, contiene tutta la conoscenza sufficiente a comprendere un determinato concetto. Uno studente, qualora volesse apprendere il concetto di minimo comune multiplo, dovrebbe poter trovare tutte le nozioni necessarie in unico LO (autoconsistenza), formato da piccole e semplici unità d'apprendimento (granularità). Il dottor De Plano si è mostrato inorridito nei confronti di tale catastrofica prospettiva dell'apprendimento e ha illustrato quali sono i suoi elementi-guida nella progettazione di Serious Game (SG). Secondo il relatore, l'apprendimento è un processo

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che richiede tempo e per questo motivo un gioco “serio” non deve essere semplificato allo stremo ma, al contrario, deve essere difficile da risolvere. Un compito complesso, motivante e sfidante catalizza energie cognitive, di problem solving e creatività. Ogni studente deve essere messo nelle condizioni di risolvere un problema seguendo una propria strada, oltrepassando i confini del ristretto campo dell'autoconsistenza, ricercando informazioni su internet e confrontandosi con i pari. Il discente deve coinvolgersi, provare sensazioni realistiche mentre impara e vivere una gamma complessa di emozioni, dalla frustrazione all'eccitamento. De Plano ha mostrato, ad esempio, come in un SG abbia scelto d'inserire un'acida e frettolosa segretaria ad introdurre il più complesso dei compiti del gioco. Tutti, almeno una volta, avranno avuto a che fare con un impiegato pubblico con tali caratteristiche e l'ipotesi di fondo è quella che, se i giochi ricreano situazioni note per i fruitori, il livello di coinvolgimento aumenta. In conclusione per De Plano un SG (o un LO) dovrebbe essere difficile, valido per un preciso contesto formativo, collegato ai social network e comunicante con l'ambiente fisico. Gli scenari futuri dei SG sono, a suo avviso, quelli della realtà aumentata: i LO modificheranno ed entreranno in relazione con l'ambiente tramite sensori, microfoni, telecamere ed attuatori (interruttori, motori e anche veri e propri robot).

Venerdì 11 settembre è stata una giornata ricca di stimolazioni.Il primo intervento è stato quello della Professoressa Patrizia Marti, docente ordinario presso l'università di Siena e di Eindhoven. Il suo intervento è intitolato “Pervasive, dirompenti, seducenti, abilitanti: tecnologie interattive per l'innovazione sociale e il cambiamento”. La professoressa Marti ha introdotto il suo intervento sottolineando quanto sia importante apprendere dalla pratica, tramite la riflessione su essa. La professoressa afferma: “i prototipi sono ipotesi fisiche di una teoria”. Questa affermazione mi ha fatto riflettere e ripensare alla funzione delle “bozze” nei processi di apprendimento collaborativo. Le bozze sono stadi intermedi, esternelizzazioni di congetture e di ipotesi sulle relazioni di causa-effetto; queste vengono elaborate non solo con la logica, lenta e seriale, ma anche intuitivamente. Riflettere sulla conoscenza tacita, impiegata nella creazione di prototipi, cercando di esplicitare ciò che ciascuno usa in maniera implicita, amplifica la consapevolezza di Sé e aiuta le persone a riconoscere il proprio potenziale grezzo. La professoressa propone come modello pedagogico una ciclica alternanza di pratica e riflessione che mi fa pensare ai cicli di expansive learning di Engestorm. Per Engestorm (1999) la ricerca dovrebbe essere "una dialettica e dialogica relazione con l'attività".

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La docente applica tale modello educativo sugli studenti dell'Università di disegno industriale di Eindhoven, riprendendo l'ideale dell'artigianato, cui valori sono l'attenzione per l'estetica e per gli aspetti culturali e semiotici di un prodotto. L'obiettivo degli studenti è creare qualcosa di bello e che generi emozioni nei fruitori. Sono stati presentati dei progetti realizzati dai giovani aspiranti designer di Eindhoven. Il primo a colpirmi è stato uno strumento musicale “invisibile”, una chitarra che funziona grazie a sensori di movimento applicati sulle mani degli users. La chitarra è stata utilizzata in un contesto clinico per la rieducazione linguistica di bambini dislessici. I bambini utilizzando due strumenti, un giradischi di cartone ed una chitarra "invisibile", hanno composto delle canzoni rap migliorando la capacità di fluency e diminuendo il numero di errori di lettura.Sono stata affascinata da un progetto dedicato all'allestimento di una mostra realizzata a Siena “La Ballata delle Donne”.

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Per la mostra, la fondazione Monte Dei Paschi di Siena ha fornito tre quadri: uno di Santa Lucia, donna che incarna il tema della violenza sulle donne, uno di Maria Maddalena, simbolo dell'autodeterminazione femminile, e infine un ritratto di Cleopatra che, nell'immaginario comune, è la rappresentante indiscussa dell'emancipazione femminile. I quadri sono stati frammentati in digitale e, con i ritagli, sono stati realizzati dei pannelli sospesi per aria. I pannelli erano legati a dei motori a loro volta collegati ai social network. Ogni volta che su Twitter veniva condiviso un tweet sui temi della femminilità, uno dei tre pannelli girava su se stesso. È stato osservato, nel corso della mostra, che il pannello che girava più velocemente è stato quello di Santa Lucia; ciò ha indicato come, sui social network, il tema prevalente sia quello della violenza sulle donne. Il giorno della morte di Margherita Hack il pannello di Maria Maddalena, simbolo dell'autodeterminazione femminile, girava più rapidamente degli altri. I visitatori potevano Tweetare in diretta e osservare la reazione dei pannelli alla loro attività sui social. La mostra è stata progettata secondo i criteri dell'estetica, dell'etica e dell'interattività tra uomo, tecnologia ed ambiente.Il progetto che più ha commosso il pubblico del congresso, ha mostrato uso terapeutico della relazione uomo-macchina con pazienti affetti da Alzheimer. Il protagonista è Paro, un morbido peluche robotico dalle sembianze di un cucciolo di foca; risponde alle voci e al tocco, memorizza i comportamenti che hanno generato risposte positive ed emette suoni. La professoressa Marti ha presentato un video con un anziano, quasi impossibile da toccare o da accudire, che in presenza di Paro diventava disponibile al contatto con il terapista e si rivolgeva al robot dicendogli “Perché tu sei calmo ed io sono agitato?” Sono stati mostrati altri video in cui i pazienti, seduti attorno ad un tavolo, accarezzavano insieme il loro cucciolo e, tranquillizzati dalla presenza della foca-robot, interagivano tra loro e sorridevano. L'aspetto interessante di questo lavoro è la possibilità di ridurre la quantità di farmaci per pazienti affetti da Alzheimer, con una terapia alternativa: i pazienti non vengono sedati,

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ma stimolati a rivivere dei sentimenti caratterizzanti della la loro identità, come l'attaccamento verso qualcosa che necessita di cure e attenzioni. Paro è una tecnologia che restituisce ai pazienti, che perdono progressivamente le loro memorie, l'identità dispersa nell'oblio della loro mente.

Come premesso, venerdì è stata una giornata ricchissima.La dottoressa Loperfido, ricercatrice presso l'Università degli Studi di Bari, ha presentato uno studio intitolato “Innovare tra partecipazione e apprendimento: la ricerca di una tecnologia flessibile nella formazione dei docenti”. La ricerca-azione è stata svolta su un corso di formazione per insegnanti di religione. La didattica è stata progettata a partire da tre modelli psico-pedagogici di riferimento:

1. Comunità di pratiche (Wenger);2. Teoria della partecipazione periferica Legittimata (PPL, Lave e Wenger);3. Teoria dell'attività storico-culturale (CHAT, Engestorm).

La modalità di svolgimento del corso è stata quella blended learning. Sono stata affascinata dalle scelte metodologiche adoperate in questo studio, in particolare per la continuità logica tra le teorie di riferimento e gli strumenti impiegati per la raccolta dati e la valutazione dei processi di apprendimento. Le due metodologie proposte sono state:

1. Analisi quanti-qualitativa del contenuto: analizzando le discussioni online ed offline sono state rilevate occorrenze e co-occorrenze di tre macro-categorie, ereditate dal triangolo della CHAT, ovvero a) soggetto b) strumenti c) oggetto.

2. Analisi qualitativa della partecipazione: ciascun soggetto era invitato a disegnare con un puntino la propria posizione all'interno di alcuni cerchi concentrici che rappresentano la comunità d'appartenenza.

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L'apprendimento delle pratiche di una comunitàcorrisponde ad una progressivo spostamento verso il centro

3. Questo strumento consente di valutare la percezione che ciascun soggetto ha della qualità della propria partecipazione alle attività del gruppo. Confrontando il posizionamento all'inizio del corso e alla fine del corso si otterrà una traiettoria (una freccia) che collega il puntino al tempo 1 ed al tempo 2. Secondo la PPL esistono tre tipi di traiettorie, ovvero periferica, marginale e centrale; quando la punta della freccia è rivolta verso il centro, i discenti hanno acquisito, negoziato e co-costruito le pratiche della comunità. In poche parole, le hanno apprese.

Una ricerca che mi ha colpito per la mia totale ignoranza del costrutto, è stata svolta sull'ANS, sistema numerico approssimativo. La relatrice ha spiegato che L'ANS è un sistema matematico rudimentale, presente anche negli animali, che consente di compiere scelte rapide tramite l'osservazione e la stima approssimativa di una quantità: l'ANS è impiegato nel calcolo dello spazio in un parcheggio o del tempo necessario per fare il biglietto al cinema quando di fronte a noi abbiamo una lunghissima fila di gente. L'ipotesi dello studio è che l'ANS sia positivamente correlata alle capacità di calcolo aritmetico, tuttavia lo studio non ha mostrato risultati significativi a tale proposito.

Intervento illuminante quello del professor Fornasari dell'Università di Bari. Il docente ha presentato un app di realtà aumentata, volta a migliorare l'esperienza di fruizione del museo “Pianelle” di Martina Franca. Puntando la fotocamera del proprio dispositivo mobile verso un oggetto del museo sullo schermo appaiono una serie di funzioni: un'immagine tridimensionale dell'oggetto da manipolare con le dita, informazioni storiche sull'oggetto e così via. Lo studio ha coinvolto otto classi, quattro delle quali hanno fatto l'esperienza di realtà aumentata e quattro che hanno costituito il gruppo di controllo. L'ipotesi è stata che l'utilizzo di un'app interattiva potesse aumentare la quantità di informazioni apprese. I risultati hanno confermato tale ipotesi: con l'integrazione di un oggetto virtuale nell'ambiente fisico è possibile creare un'esperienza coinvolgente ed immersiva per gli studenti. Secondo lo statuto dell'International Council of Museums un museo è “aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell'umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio,educazione e diletto.” I dati di questa ricerca sono importanti perché aprono interessanti scenari per coloro che dovranno progettare gli ambienti museali nei prossimi tempi.

Sulla stessa linea d'onda dell'intervento precedente, “The key-role of Peers interaction in ICT: designed for smart cities”, punta a proporre la fusione tra ambienti fisici e tecnologici all'interno delle così dette smart cities. Non è sufficiente la presenza delle tecnologie per rendere una città smart, ma è necessario che esse soddisfino i bisogni dei cittadini, favorendo la comunicazione tra pari. Sono stati presentati, da una designer, diversi progetti facenti parte di un macro-studio sulla “Peers interaction”.In un quartiere di Bologna, con elevati tassi di criminalità e di disinteresse da parte dei cittadini per lo stato della zona, sono stati inseriti dei totem interattivi che narrano episodi sulla storia della città di Bologna: attorno ai totem si è creata aggregazione e la zona è diventata, gradualmente, più frequentata dai cittadini. Si è inoltre osservata una diminuzione dei tassi di criminalità ed un maggior rispetto degli abitanti per le condizioni del quartiere.Il progetto successivo è quello che mi ha lasciato a bocca aperta per la sua semplicità ed efficacia. Una piattaforma progettata per il turismo sostenibile e la condivisione di conoscenza su diversi territori. Cosa c'è di nuovo in questa idea? Le informazioni non sono erogate in direzione “pochi a molti” ma da “tutti a tutti”: gli esperti di turismo sono i cittadini, che condividono la propria conoscenza situata ed impregnata di cultura locale. Gli utenti condividono foto, video e post inserendoli direttamente su una mappa online (potete scaricare, cliccando qui, quella di Bari http://edu.glogster.com/?ref=com). Non è un maxi colosso a proporre i “punti di interesse” per i turisti, ma i cittadini stessi. Mentre la giovane designer presentava il progetto io ed i miei colleghi, ci siamo guardati negli occhi pensando contemporaneamente alla stessa cosa, al nostro progetto presentato per il bando “Twitter4uni” di Twitter Italia. La nostra idea era quella di creare una “sharing

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knowledge” tramite l'uso di hashtag noti e condivisi. L'obiettivo è quello di tirar fuori, la conoscenza locale, situata, “underground” e consentire ai turisti di vivere un'esperienza meno globalizzata e rispettosa della filosofia di chi ama viaggiare: “paese che vai, usanze che trovi”. Questi progetti hanno il vantaggio di promuovere la tradizione e la cultura tramite gli strumenti delle innovazioni tecnologiche, tra continuità e cambiamento. Una Smart Cities non è necessariamente una città distopica e futuristica, ma può essere uno spazio che sfrutta le tecnologie per soddisfare i bisogni culturali, esperienziali e culinari di coloro che ospita.

Nel pomeriggio ci sarebbe dovuto essere uno “showcase” su una piattaforma finanziata per promuovere l'orientamento scolastico ed universitario nella provincia di Pavia. A causa di problemi con la connessione internet non è stato possibile provarla e quindi il tempo è stato dedicato alla discussione delle prospettive teoriche di riferimento e degli obiettivi che si intende raggiungere con l'uso dello strumento. Alla piattaforma di “provinciapaviaorientamento” possono accedere studenti, genitori e docenti interessati alla tematica dell'orientamento dei più giovani. Registrandosi alla piattaforma si può accedere a tre aree: una dedicata all'intrattenimento e al tempo libero, una a video-lezioni e l'ultima è uno sportello online di consulenza con un esperto di orientamento. Si è registrata una presenza massiccia di genitori ed una inferiore d'insegnanti e di studenti. Questo dato è sicuramente indicativo della criticità della fase di transizione per l'intero nucleo familiare.

La giornata di venerdì si è conclusa con un simposio sull'approccio trialogico. Ero molto interessata alle presentazioni del simposio, in quanto la teoria dell'apprendimento trialogico fornirà la “guida” progettuale del mio futuro lavoro di ricerca-tesi.Quando l'ho scoperta grazie alla professoressa Ligorio, ho “incontrato” Sami Paavola e Kai Hakkarainen, due docenti e ricercatori che presso l'università di Helsinki, avevano da tempo lavorato operativamente, adottando l'approccio trialogico, su un tema di mio interesse che è quello della formazione professionalizzante. In alcune scuole di Bari, questo metodo è stato applicato sugli studenti della scuola media secondaria da alcuni docenti coraggiosi, docenti che probabilmente gli studenti ricorderanno per tutta la vita. Gli insegnanti si sono fidati ed affidati alla formazione con la professoressa Ligorio e hanno tentato di applicare le metodologie nei loro contesti didattici. I risultati sono stati entusiasmanti e i ragazzi hanno valutato le attività positivamente. Il problema sottolineato dai docenti è quello della complessità della programmazione didattica e del tempo impiegato per raggiungere dei buoni risultati. I docenti devono necessariamente affrontare una vasta gamma di argomenti inseriti all'interno dei piani di studio e gli approcci socio-costruttivisti sembrano incompatibili con la mole di contenuti da affrontare ogni anno.I docenti volenterosi si trovano, così, ad affrontare un paradosso sistemico: la scuola deve formare alle competenze e trasmettere tutte le conoscenze rispettando le tempistiche imposte dal Ministero. Ammiro quei docenti che non mollano e che sono disposti a rischiare di non “completare il programma” pur di fornire una didattica di qualità.Ci sono docenti che ti cambiano la vita per sempre, quelli che porti dentro perché hanno tirato fuori le tue qualità migliori. Docenti che lavorano in maniera assidua sulla progettazione didattica, che cercano di personalizzare il metodo d'insegnamento a seconda di coloro che hanno di fronte.

La giornata di venerdì si è conclusa in bellezza con una cena presso uno dei ristoranti più conosciuti di Trieste: le Marise. Tutto una prelibatezza e non mi riferisco solo alla la cena ma anche alla compagnia dei ragazzi, nostri ex tutor, dell'Università di Bari con i quali abbiamo condiviso l'esperienza del corso universitario di psicologia dell'e-learning sulla piattaforma di synergeia. Abbiamo conosciuto le persone che si celavano dietro la grande professionalità mostrata durante il nostro corso ed è anche al loro lavoro che dobbiamo la nostra presenza al convegno del collaborative knowledge building group. Sono stata contenta di condividere momenti più informali con loro su una collinetta di Trieste dall'alto della città illuminata.

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La mattina di sabato 12 settembre c'è stata l'ultima giornata del convegno: gli interventi riguardavano la scuola e la scrittura creativa. In particolare mi ha colpito un intervento di una dottoranda che ha effettuato una ricerca il cui obiettivo era sviluppare competenze di scrittura multimodale negli studenti di scuola superiore. Utilizzando la piattaforma glogster http://edu.glogster.com/?ref=com, veniva data agli studenti la possibilità di scrivere un saggio tramite l'utilizzo di diversi tipi di linguaggio: audio, video, grafico, oltre che scritto. Il risultato è stato che, nonostante tale opportunità, il linguaggio prevalentemente utilizzato dagli studenti è quello scritto. Quando i ragazzi usavano i colori, essi assumevano una funzione estetica più che contenutistica: anche la disposizione dei contenuti nel foglio di lavoro era casuale più che simbolica. La dottoranda ha portato come esempio l'uso che i pubblicitari fanno della disposizione spaziale degli oggetti sulle locandine, che mira a comunicare diversi significati. Queste tecniche non sono state utilizzate dai ragazzi. Le foto venivano inserite spesso accompagnate da didascalia ed anche l'uso dei video o della musica era limitato. L'obiettivo futuro delle ricerche nel campo sarà dunque quello di sviluppare competenze espressive multimodali, cercando di trasmettere il potenziale comunicativo di linguaggi alternativi quali quello pittorico, musicale e della disposizione spaziale degli oggetti. Mi sembra un lavoro molto interessante e, in un certo senso, visionario. Marcel Danesi nel suo libro "la comunicazione al tempo di internet" dimostra come l'evoluzione delle lingue segue la regola della "semplificazione della forma" che, al contrario di ciò che molti temono, non corrisponde ad un impoverimento nei contenuti. Inoltre, riprendendo Mc Luhan, "il media è il messaggio". C'è dunque da chiedersi se, con i linguaggi messi a disposizione dai nuovi media, quello scritto rimarrà dominante ed esclusivo o se verrà completamente rivoluzionato il modo di scrivere testi e romanzi. Credo che il lavoro della dottoranda sia dunque predittivo degli sviluppi che la scrittura potrebbe assumere. D'altro canto, credo, che risponda ad un'esigenza formativa di cui la nostra "generazione nel limbo digitale" non è ancora del tutto consapevole: la sfida è quella di entrare in comunicazione con nuove generazioni di nativi digitali che, prima ancora di saper parlare o leggere, sono in grado sbloccare un tablet e cercare il loro video preferito su youtube. Queste generazioni considereranno il linguaggio con cui è scritto questo post il più chiaro ed efficace?

Si chiude con la giornata di sabato l'avventura del convegno di CKBG. Tornando in aeroporto con i raggi del sole che si riflettono su uno splendido mar Adriatico e le montagne sullo sfondo, penso che questa sia stata una degna conclusione della mia estate ed un ottimo modo per iniziare il nuovo anno accademico, alla ricerca di risposte ad una delle domande di ricerca più affascinanti di questo convegno: “Does Knowledge Building Have a Soul?”

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