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E.I.O.M INSTITUTE FOR OSTEOPATHIC MEDICINE SCUOLA DI OSTEOPATIA DI PADOVA TITOLO DELLA TESI Il trattamento osteopatico nelle allergie alimentari Tesi in osteopatia Relatore Presentata da Anna Lisa Tirelli (D.O. M.R.O. I.) Massimo Tranchina Correlatore Dott. Alberto Battistini (Pediatra) Anno Accademico 2002/2003

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E.I.O.M INSTITUTE FOR OSTEOPATHIC MEDICINE

SCUOLA DI OSTEOPATIA DI PADOVA

TITOLO DELLA TESI

Il trattamento osteopatico nelle allergie alimentari

Tesi in osteopatia

Relatore Presentata da Anna Lisa Tirelli (D.O. M.R.O. I.) Massimo Tranchina Correlatore Dott. Alberto Battistini (Pediatra)

Anno Accademico 2002/2003

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PREMESSA III  CAPITOLO 1 – Le allergie alimentari IV  

Storia e definizione ....................................................................................................................... IV  Cos’è l’allergia alimentare IV  Distinzione tra allergie ed intolleranze alimentari V  

Allergia alimentare ........................................................................................................................ VI  Frequenza VI  Alimenti responsabili VI  Meccanismi di sensibilizzazione VIII  

Aspetti Clinici ............................................................................................................................... IX  Sindromi allergiche IgE-mediate IX  Sindromi allergiche alimentari non IgE-mediate X  

Diagnostica .................................................................................................................................... XI  I test allergologici XII  

Trattamento allopatico ............................................................................................................ XXIV  Storia naturale XXV  Prevenzione XXVI  Terapia Farmacologica XXVII  

Bibliografia ............................................................................................................................ XXVII  

CAPITOLO 4 - Obiettivi Materiali e Metodi XXX  Campione dei pazienti e schede anamnesiche .......................................................................... XXX  

CAPITOLO 5 - Diagnosi e terapia osteopatica XLII  Sintesi delle sintomatologie piu’ frequenti riscontrate all’inizio della ricerca ......................... XLII  Le disfunzioni osteopatiche piu’ comuni riscontrate all’anamnesi .......................................... XLIII  

A livello cranio-sacro XLIII  A livello viscerale XLIII  Abbiamo riscontrato a livello neurovegetativo le seguenti disfunzioni osteopatiche XLIII  

I trattamenti osteopatici ............................................................................................................ XLIV  Riequilibrio neurovegetativo e cranio-sacrale XLV  

CAPITOLO 6 - Verifiche e conclusioni XLVIII  Sintomatologie riscontrate alla fine dei trattamenti .............................................................. XLVIII  

Considerazioni XLIX  Variazioni IgE alimenti per classi e per singolo paziente ............................................................... L  

Commento agli esami in vitro: LVI  Istogrammi finali per gli alimenti piu’comunemente riscontrati pre e post Rast per differenza di classi allergiche ......................................................................................................................... LVII  

Commento per classe di allergie per singolo alimento LVIII  Conclusioni Osteopatiche: .......................................................................................................... LIX  

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III

PREMESSA L’osteopatia è una terapia manuale che mira al riequilibrio globale del corpo, trattando le

restrizioni di mobilità del corpo al fine di stimolare le capacità di adattamento e di difesa del nostro organismo.

L’osteopata ha nelle proprie mani il suo strumento diagnostico e terapeutico: attraverso la sensibilità delle mani valuta e tratta le diverse strutture del corpo, alla ricerca della restrizione di mobilità primaria: “Il movimento è vita” afferma Still fondatore dell’osteopatia e nella ricerca di tutto ciò che può bloccare il movimento, il terapeuta indaga la totalità dei tessuti corporei, dalla struttura [ossa, legamenti, articolazioni, fasce, muscoli], ai visceri [fegato, stomaco , polmoni ecc.] fino ad arrivare al sistema profondo Cranio-Sacrale.

Si può definire una disciplina olistica in quanto valuta la persona nella sua globalità, nella sua interezza e soprattutto nella sua funzionalità, nella sua fisiologia, nel suo “essere” viva.

Si può definire una disciplina energetica in quanto non si preoccupa di togliere solo il sintomo ma piuttosto di ridare all’organismo le sue capacità di reazione e di autoguarigione, agendo sulle sue potenzialità immunitarie e di adattamento posturale, cercando di liberare e ridare energia all’intero sistema ed è proprio su questi principi che ho sviluppato questo lavoro di esperienza sul campo, di ricerca bibliografica e di assemblaggio. La ricerca bibliografica è stata effettuata soprattutto con internet, ma anche nei testi messi a disposizione dal dott. Battistini Alberto e dalla Dott.ssa Lalatta Stefania, Pediatri e soprattutto amici di vecchia data e di grande cuore che operano nella provincia di Bologna e che si sono sempre resi disponibili alle mie incessanti richieste senza mai dare segni di insofferenza per un lavoro lungo (sette mesi) e faticoso.

In più vorrei sottolineare l’aiuto datomi dalla Dott.ssa Zappi che mi ha procurato alcuni dei suoi piccoli pazienti senza essere a conoscenza di principi e tecniche osteopatiche ma accordandomi fiducia sul lavoro da svolgere.

Non è stato sicuramente facile assemblare un lavoro che ha coinvolto un argomento cosi' difficile e complesso nella risoluzione sintomatologica .

Se sono riuscito, perlomeno a portare a termine la tesi, lo devo principalmente alla mia infaticabile relatrice Anna Lisa Tirelli che mi ha sempre dato fiducia e morale in ogni momento difficile e non del percorso fatto con questi bambini.

Un profondo ringraziamento anche alla mia tutor professionale dott.ssa Sandra Natalini che mi ha dato la possibilità di usufruire del suo ambulatorio e della sua esperienza con i bambini che quotidianamente tratta in ambito odontoiatrico e ortodontico.

Un’ ultima nota: gli studi trovati sono tutti di carattere medico-pediatrico mentre quelli osteopatici sono stati tutti da me applicati con la supervisione e l'aiuto della mia esperta relatrice.

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IV

CAPITOLO 1 – Le allergie alimentari

Storia e definizione Già nell'antichità medici come Ippocrate (460-370 A.C.) e Galeno (131-210 D.C.) curavano

l'allergia alimentare essi avevano gia’ osservato che l’ingestione di latte vaccino puo’ provocare turbe gastriche, orticaria e cefalea. Lucrezio affermava “quello che per un individuo è cibo, puo’ essere per un altro veleno”.

Attualmente il problema ha una maggiore rilevanza anche a causa della progressiva diminuzione degli allattati al seno e l'inizio parallelo delle produzioni di latte animale per l'alimentazione del bambino. Le prime documentazioni di allergia si riferiscono ai primi decenni di questo secolo relativamente alle proteine del latte e dell'uovo; successivamente sono state dimostrate allergie ed intolleranze ai più svariati alimenti. Le manifestazioni di allergia e intolleranza agli alimenti sono state osservate con maggiore frequenza nei paesi a più elevato tenore di vita in conseguenza al maggiore uso di alimenti di produzione industriale. I fattori scatenanti sono rappresentati nella maggior parte dei casi da alimenti ma spesso è in gioco un'allergia agli acari della polvere. Le manifestazioni cliniche fanno il loro esordio verso il terzo mese di vita con eritema roseo, pruriginoso che assumerà poi un aspetto eczematoso con fissurazioni superficiali e formazione di croste. L'eczema inizia dal cuoio capelluto (crosta lattea) e dalle guance per poi estendersi alle superfici flessorie dei polsi e gomiti, ai genitali, a mani e piedi.

Sondaggi dimostrano che circa il 20% della popolazione adulta crede di avere allergie alimentari; quando si compiono valutazioni e diagnosi più approfondite si scopre che in realtà solo l’1-2% è veramente allergico. I bambini sono più predisposti rispetto agli adulti avendo un sistema immunitario non ancora completamente sviluppato.

Cos’è l’allergia alimentare L’allergia alimentare è una reazione del sistema immunitario nei confronti di un alimento o di un

suo componente. Altre risposte negative all’assunzione di alimenti, che non coinvolgono il sistema immunitario, si definiscono intolleranze alimentari e comprendono sia forme di avvelenamento, sia carenze enzimatiche, come quelle ad esempio che coinvolgono il lattosio (lo zucchero del latte).

Una reazione allergica, per essere tale, deve avere tre requisiti essenziali:

• Contatto con l’allergene presente nell’alimento (reazioni provocate da una sostanza, di solito una proteina)

• Aumento del livello di Immunoglobuline E (IgE), anticorpi, prodotti dal sistema immunitario, in risposta a un agente estraneo

• Presenza di mastociti (cellule tissutali) e cellule basofile (cellule del sangue) che rilasciano istamina o altre sostanze quando entrano in contatto con le IgE, provocando i sintomi dell’allergia.

Quando il sistema immunitario riconosce la presenza di un allergene in un alimento produce anticorpi in risposta all’agente estraneo. Contemporaneamente l’organismo manifesta sintomi quali: ingrossamento delle labbra, crampi allo stomaco, vomito, diarrea, orticaria, eruzioni cutanee o eczemi, raffreddore e problemi respiratori. Un tipo di reazione più seria, ma anche molto più rara, è lo shock anafilattico, che può essere letale e richiede cure mediche immediate.

Le reazioni allergiche sono rare ma in teoria tutti gli alimenti, e in particolare tutte le proteine, possono causarle. Il CODEX ALIMENTARIUS e molte altre istituzioni pubbliche hanno redatto liste degli alimenti che più frequentemente causano reazioni allergiche, nelle quali figurano:

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V

arachidi, cereali che contengono il glutine (avena, frumento, orzo, segale), crostacei, uova, pesce, soia, latte, noci, sesamo, sedano e alcuni frutti della famiglia delle prunoidee (prugne, albicocche, ciliegie, pesche). L’ILSI (International Life Sciences Institute) ha inoltre pubblicato un documento che stabilisce i criteri per giudicare l’allergenicità di un alimento.

Distinzione tra allergie ed intolleranze alimentari L'allergia alimentare rappresenta l'effetto che hanno sul nostro organismo le sostanze contenute

nei cibi che fanno parte della nostra dieta abituale, compresi quegli alimenti che assumiamo occasionalmente. Parlare di allergia significa parlare di una sintomatologia scatenata entro pochi minuti dall'assunzione di un determinato alimento o gruppo di alimenti (da 2-3 minuti a 30-120 minuti), che mette in azione il nostro sistema immunitario. L'allergia alimentare è mediata immunologicamente e i sintomi sono scatenati dall'assunzione anche di piccole quantità dell'alimento responsabile.

L'Intolleranza alimentare invece agisce in relazione alla quantità di alimenti non tollerati ingeriti, tale fenomeno determina l'insorgere di sintomi spesso sovrapponibili a quelli delle allergie, ma che se ne differenziano in quanto non interessano il sistema immunitario.

Per migliorare il gusto, l'aspetto e la conservazione dei cibi, questi vengono addizionati con sostanze particolari (conservanti, coloranti, antiossidanti, sapidificanti). Le sostanze aggiunte (additivi), come pure gli alimenti stessi possono essere causa di manifestazioni a carico sia degli organi interni, per esempio a livello dell'intestino ed anche all'esterno a carico della pelle. Gli eventi organici che accadono a seguito all'ingestione di cibi vengono generalmente definiti con il termine di "reazioni avverse agli alimenti" e comprendono tutti quegli effetti indesiderati che vengono determinati dall'assunzione di cibi, con additivi e/o contaminanti. L'intolleranza alimentare è sempre legata alla quantità di alimento assunto, quindi dose-dipendente ed è determinata da particolari molecole che sono farmacologicamente attive e che sono presenti negli alimenti, oppure da disfunzioni dell'apparato digerente da un disturbo della digestione o delle catene enzimatiche devolute all'assorbimento attivo dei principali costituenti alimentari. Negli ultimi decenni (circa dal 1940) queste reazioni sono divenute via via più frequenti, anche perché molte sono state le variazioni che si sono verificate nell'ambito delle abitudini alimentari, con particolare riguardo nel nostro mondo occidentale. Uno dei cambiamenti che assumono maggiore importanza è rappresentato dalla minore incidenza della frequenza dell'allattamento al seno materno: infatti sostituire il latte materno con altro latte di origine animale o vegetale, proprio perché nei primi mesi di vita l'apparato gastroenterico del neonato non ha ancora raggiunto la sua piena maturità funzionale, può creare le premesse per una sensibilizzazione nei confronti di antigeni alimentari. Inoltre l'uso indiscriminato di insetticidi, diserbanti e fitofarmaci impiegati nella coltivazione di prodotti alimentari, spesso provoca reazioni organiche spiacevoli. Un uso eccessivo di additivi alimentari o mangiare quantità esagerate di cibi esotici, contro i quali il nostro organismo non ha potuto sviluppare eventuali meccanismi di difesa, può certamente peggiorare ulteriormente la situazione. Oggi possono essere fatte analisi chimiche piuttosto sofisticate degli alimenti che, insieme ad una maggiore conoscenza dell'apparato gastrointestinale e a metodiche diagnostiche specifiche nella pratica clinica, permettono di fare una maggiore chiarezza sui meccanismi che sono alla base delle reazioni avverse ai cibi.

Gli alimenti contengono un elevato numero di molecole con potere di antigeni (oltre 6000), ma fortunatamente solo in alcuni individui queste inducono una sensibilizzazione. In condizioni normali il sistema immunitario associato alle mucose, l'acidità del succo gastrico, gli enzimi del pancreas e dell'intestino, la motilità intestinale e la flora batterica enterica evitano che molecole alimentari immunologicamente attive attraversino la parete intestinale, oltrepassino il fegato ed entrino in circolo.

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VI

Allergia alimentare Gli alimenti possono produrre fondamentalmente due tipi di reazioni da ipersensibilità:

(a) Reazioni allergiche propriamente dette (“food allergy” degli autori anglo

sassoni), sempre dovute a meccanismi immunologici e generalmente dose indipendenti (v. Tab. 16).

(b) Reazioni pseudo-allergiche (PAR = Pseudo-Allergic Reactions degli autori

anglosassoni) o da intolleranza, spesso dose-dipendenti, in cui risultano sempre operanti meccanismi extra-immunologici. Ad esempio, rientrano nelle PAR le sindromi reattive da additivi alimentari.

Tab. 1. Reazioni allergiche da alimenti.

¥ IgE-mediate, di tipo I ¥ Non IgE-mediate: - di tipo I, dovute a IgG-STS - di tipo III, complemento-mediate - di tipo IV, cellulo-mediate (reazione al glutine nel morbo celiaco)

Per quanto concerne le vere e proprie reazioni allergiche da alimenti, si possono distinguere, dal punto di vista patogenetico, reazioni IgE-mediate,dovute a formazione di anticorpi specifici di tipo reaginico nei confronti di un allergene alimentare, ovvero reazioni non IgE-mediate. Queste ultime possono essere determinate, almeno teoricamente, da anticorpi specifici della classe IgG ad attività simil-reaginica, ma con potere sensibilizzante di breve durata (IgG STS = IgG - Short Term Sensitizing), ovvero può trattarsi di reazioni di tipo III, da immunocomplessi, anche di tipo IgE, mediate dal complemento, con formazione di anafilotossine (C3a, C4a, C5a), che sono in grado di produrre attivazione mastocitaria e liberazione di mediatori chimici; inoltre, anche nell'allergia alimentare possono risultare operanti immunoreazioni di tipo IV, cellulo-mediate, di cui un esempio costituito dalla reazione al glutine nel morbo celiaco.

Appare indubbio, comunque, che la maggior parte delle reazioni allergiche da alimenti sia dovuta ad immunoreazioni di tipo 1, IgE-mediate.

Frequenza La frequenza dell'allergia alimentare propriamente detta è notevolmente elevata nell'età infantile

(1-5% nel primo anno di vita, soprattutto per allergia alle proteine del latte vaccino, 6-8% sotto i 3 anni), ma diminuisce poi nettamente nell'adolescenza e nell'età adulta (1-2%); molto spesso, infatti, si osserva la risoluzione spontanea delle sindromi da allergia alimentare dopo il secondo anno di vita. La frequenza delle reazioni avverse agli alimenti è comunque molto più alta quando si considerino anche le reazioni da intolleranza (ad esempio, molte delle sindromi cliniche da latte vaccino sono sostenute da meccanismi extra-immunologici, come un deficit di lattasi).

Alimenti responsabili In merito agli alimenti responsabili, non si può escludere, almeno in teoria, che qualsiasi

alimento possa produrre una sensibilizzazione di tipo allergico. In pratica, comunque, gli alimenti

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VII

più frequentemente responsabili sono rappresentati dal latte vaccino, dall'uovo, da numerosi vegetali e da alcuni tipi di pesce.

Sebbene gli allergeni siano di natura proteica, non tutte le proteine sono allergeniche, per esempio la carne di manzo che contiene moltissime proteine è poco implicata nelle patologie di natura allergica. Ogni alimento quindi è potenzialmente in grado di indurre reazioni allergiche.

Tra gli allergeni si possono distinguere quelli stabili (più attivi) i quali meglio resistono alla cottura, come per esempio la Beta-lattoglobulina del latte, l’ovoalbumina del bianco d’uovo, gli allergeni del merluzzo e delle arachidi e gli allergeni labili al calore. Esempi di questi ultimi sono gli allergeni vegetali.

Tabella n° 2

Gli allergeni alimentari vengono distinti in:

allergeni alimentari completi

Agenti in grado di indurre una sensibilizzazione IgE-medita, di legarsi alle IgE specifiche e di dar luogo a vere e proprie reazioni IgE-mediate (parvalbumina del pesce e l’ovoalbumina)

"non sensitizing elicitors" Agenti in grado di legarsi mediante un fenomeno di cross-reattività a IgE specifiche preformate e di reagire con esse, dando luogo a manifestazioni cliniche (allergeni vegetali che cross-reagiscono con le IgE dei pollini.)

"non elicitors" Agenti in grado di legarsi per cross-reattività a IgE specifiche preformate, senza dar luogo a manifestazioni cliniche IgE-mediate.

Tabella n° 3: Allergie alimentari in relazione alle abitudini alimentari nei vari paesi:

Paesi scandinavi l’allergia al pesce Stati Uniti allergia alle arachidi Paesi mediterranei crostacei e molluschi Portogallo Lumache Svizzera tedesca Sedano Italia mela, pesca, kiwi, noci, arachidi; verdure: pomodoro e sedano.

Al momento attuale, purtroppo, risultano ancora molto lacunose le conoscenze sui determinanti antigenici dei vari alimenti (più sicuramente identificati sono quelli del latte, dell'albume d'uovo, del merluzzo e dei crostacei:). In linea di massima si ritiene che gli allergeni termostabili, resistenti alla cottura dei cibi, siano da considerare “allergeni maggiori”. Negli ultimi decenni è stata segnalata una possibile cross-reattività tra pollini ed alimenti vegetali, per cui pazienti pollinosici vanno non di rado incontro a manifestazioni cliniche di allergia alimentare (sindrome allergica orale, in particolare).

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Tabella n° 4: Cross-reattività

Reattività crociate (cross-reazioni) tra allergeni inalanti ed alimentari Betulla Mela, pera, pesca, albicocca,prugna, ciliegia, banana, noce, nocciola, sedano, finocchio, carota. Nocciolo Mela, pesca, ciliegia, carota, limone Parietaria Gelso, basilico, ciliegia, melone Graminacee Pomodoro, melone, anguria, arancia, kiwi, frumento Composite Sedano, mela, melone, anguria Ambrosie Melone, banana Acari Gamberetti, lumache

Meccanismi di sensibilizzazione Per quanto riguarda i meccanismi di sensibilizzazione, risulta dimostrato che in condizioni

normali la digestione enzimatica degrada quasi completamente le proteine alimentari in frammenti non antigenici. Infatti, le proteine alimentari vengono degradate dall'acido cloridrico in peptoni, che sono poi sottoposti all'azione degli enzimi intestinali e pancreatici; alla fase intraluminale segue un ulteriore processo di membrana, a livello dei microvilli intestinali, ad opera degli enzimi pancreatici adsorbiti e delle peptidasi intestinali secrete. Questo ulteriore processo digestivo porta alla formazione di oligopeptidi (con 2-6 aminoacidi residui), che vengono poi idrolizzati ad aminoacidi dalla digestione lisosomiale intracellulare.

Anche meccanismi immunologici, rappresentati dalle IgA secretorie, che costituiscono una “vernice protettiva” a livello della superficie dell'epitelio, contribuiscono a creare quella barriera intestinale che in condizioni normali impedisce il passaggio di molecole antigeniche.

Alcune molecole antigeniche, anche di grande peso molecolare, riescono comunque a superare intatte l'epitelio intestinale, passando attraverso gli enterociti, mediante processi di esocitosi o pinocitosi, ovvero negli interstizi tra gli stessi enterociti, per un processo di "perassorbimento".

Le molecole antigeniche che sono riuscite a superare la mucosa possono immettersi direttamente nel sistema portale, arrivando al fegato ed essendo degradate dal sistema di Kupffer, ovvero possono legarsi nella sottomucosa ad IgA specifiche monomeriche, giungendo nel sangue portale sotto forma di immunocomplessi antigene-IgA, che vengono poi distrutti dalle cellule di Kupffer.

La formazione di complessi antigeni alimentari-IgA appare, in condizioni nomali, estremamente importante per l'induzione di uno stato di “tolleranza specifica a bassa zona” nei riguardi dell'allergene alimentare.

Malgrado tutti questi meccanismi difensivi, in alcuni casi le molecole antigeniche di un alimento possono raggiungere le cellule immunocompetenti nella sottomucosa, nei follicoli linfatici, nella milza, nei linfonodi ed in circolo, dando luogo a risposte immuni, che possono risultare IgE-mediate ovvero non IgE -mediate.

Varie ipotesi possono essere formulate per spiegare il superamento dei vari meccanismi difensivi da parte degli allergeni alimentari, con conseguente produzione di una risposta immunitaria:

Aumentato passaggio di molecole antigeniche intatte, quale può verificarsi nella prima infanzia a causa dell'immaturità delle cellule epiteliali, o in qualsiasi età per alterazioni della mucosa intestinale di natura diversa: - lesioni dagli enterociti (ad opera di tossine o di virus), - diminuzione delle mucoproteine e della relativa pellicola protettiva sulla superficie dell'epitelio

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(ad esempio, in seguito a proliferazione batterica nell'intestino tenue o a somministrazione di antiflogistici non steroidei), - fenomeni di vasodilatazione locale (dovuti, ad esempio, ad ingestione di alcolici o di lassativi ad azione irritante). Tra le altre cause di incrementato passaggio di grosse molecole antigeniche alimentari, deve essere ricordato un deficit di IgA e di IgA secretorie (sIgA), come dimostrato da numerose indagini cliniche e sperimentali per la mancanza della formazione dei complessi che impedirebbero l’assosrbimento e la sensibilizzazione.

Diminuita depurazione dei complessi antigeni alimentari-IgA, per alterazione della fagocitosi o per deficit del sistema complementare (ad esempio, per deficit di C2, che riveste notevole importanza nei processi di opsonizzazione cioè nel processo che crea il legame che deve formarsi fra l’anticorpo e l’antigene) .

Rottura della “tolleranza a bassa zona” nei confronti di un antigene alimentare, che può verificarsi, in via di ipotesi, per variazioni nella concentrazione dell'antigene e, soprattutto, nel contatto incostante dell'antigene alimentare con le cellule immunocompetenti, oppure per scavalcamento (by-pass) della tolleranza in seguito a modificazioni molecolari dell'antigene, ad ingestione di antigeni alimentari cross-reattivi o a stimolazione ad opera di sostanze solubili ad attività potenziante la risposta allergica.

Aspetti Clinici Gli aspetti clinici dell'allergia alimentare appaiono caratterizzati dall'estrema varietà dei quadri

sintomatologici. Se è vero, infatti, che nella maggior parte dei casi predominano i sintomi a carico dell'apparato gastro-enterico, è pur vero che frequentemente si osservano manifestazioni a carico della cute e/o dell'apparato respiratorio, mentre più di rado sono coinvolti altri organi o apparati e fortunatamente eccezionali sono i casi di reazioni sistemiche, anche a tipo di shock allergico.

E’ possibile distinguere due gruppi di disordini, quelli IgE-mediati e quelli non IgE-mediati:

Sindromi allergiche IgE-mediate Insorgono in soggetti di tutte le età, generalmente a breve intervallo di tempo dall'ingestione

dell'allergene alimentare. Sono di tipo intestinale o extraintestinale:

Sindrome allergica orale Si manifesta, in seguito al contatto con l’allergene nell’orofaringe, con edema delle labbra e

fenomeni irritativi a carico del cavo orale, che a volte però si associano ad edema della glottide. A volte questi sintomi precedono altre manifestazioni allergiche.

Gastropatia acuta E’ caratterizzata da dolori addominali, nausea, vomito, diarrea o la combinazioni di queste in

seguito all’ingestione dell’allergene.

Manifestazioni extraintestinali Dermatite atopica

Questa è forse la la più tipica manifestazione di allergia alimentare. Anche se probabilmente i soggetti con questa patologia hanno peculiarità cutanee che li rendono esposti a manifestazioni cliniche anche indipendentemente da fattori allergici esistono molte evidenze della relazione fra questa patologia e meccanismi allergici.

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Clinicamente l’espressione più tipica è l’eritema cutaneo con microvescicole, essudazione e croste e con ispessimento dello strato corneo e lichenificazione. Il prurito è sempre presente, a volte con intensità notevole.

La sede delle lesioni è tipica e varia con l’età del bambino. Un’alta percentuale di bambini con dermatite atopica guarisce spontaneamente con tempo (2/3

entro il primo anno ed ¼ entro i 4-5 anni). Orticaria ed angioedema

Di solito si manifesta nel bambino più grandicello. Esistono varie forme cliniche, quella tipica è caratterizzata da un ponfo bianco circondato da eritema. Se sono interessati anche gli strati profondi del derma si parla di angioedema. Le cause dell’orticaria sono diverse, a volte non sono individuabili; le forme chiaramente allergiche sono nell’infanzia sostanzialmente poche.

Anche il decorso clinico è imprevedibile con forme che si esauriscono con l’esordio ad altre con carattere cronico (diversi mesi). A volte le manifestazioni orticariodi precedono quelle sistemiche dell’anafilassi.

Manifestazioni respiratorie

Rinite Le forme legate ad allergia alimentare sono spesso associate a Dermatite Atopica e si hanno nei

primi due anni per sensibilizzazione al latte vaccino. I sintomi sono quelli classici con rinorrea sierosa che determina ostruzione nasale e prurito. Gli starnuti sono frequenti specialmente al mattino dopo il risveglio. Asma bronchiale

Come per la rinite allergica raramente l’asma è dovuta ad allergia alimentare e spesso in questi casi si associa a Dermatite Atopica.

La sintomatologia tipica è caratterizzata da respiro sibilante con espirio prolungato e tosse. Polmonite ricorrente (Sindrome di Heiner)

Si tratta di rari casi con emosiderosi polmonare (reazione del polmone in seguito a sanguinamenti negli alveoli) in cui esiste una relazione con l’allergia lle proteine del latte in associazione ad altri sintomi allergici ed a difficoltà nella crescita. La dieta senza questo alimento risolve in genere il quadro.

Anafilassi sistemica (Shock allergico) In seguito all’assunzione dell’alimento verso cui l’individuo è sensibilizzato si presenta un

quadro clinico caratterizzato da pallore, ioptonia a volte accompagnati da vomito e spesso da angioedema. Nel primo anno di vita la causa più frequente è il latte vaccino mentre nelle età successive si osserva più spesso con pesce ed uovo. Si tratta di quadri clinici gravi e potenzialmente letali per l’individuo in assenza di un trattamento adeguato e tempestivo.

Sindromi allergiche alimentari non IgE-mediate Si osservano prevalentemente nell'infanzia e che spesso scompaiono con l'età, sono

caratterizzati, più che da una gastro-enteropatia acuta (che sussiste quasi esclusivamente nelle forme prodotte da ipersensibilità al latte), da una gastro-enteropatia cronica (con diarrea modesta ed intermittente, malassorbimento, presenza di sangue occulto nelle feci) spesso dovuta ad allergia al latte vaccino, da varie manifestazioni cutanee e, forse, da manifestazioni vascolari (vasculiti), renali (sindromi nefrosiche) osteo-articolari (idrartro).

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XI

Ben nota è, inoltre, una sindrome a carattere generale, la cosiddetta sindrome tensione-fatica; piuttosto discussa, invece, risulta la possibilità che alcune forme di cefalea e di emicrania rientrino nell'ambito delle manifestazioni cliniche dell'allergia alimentare. Altri quadri clinici su cui non c’è accordo rispetto ad una origine allergica sono: i disturbi del sonno nel primo anno di vita, sindrome iperattiva, stomatite afosa ricorrente, Morbo di Crohn, colite ulcerosa, enuresi, periostiti recidivanti.

Proprio per questo suo polimorfismo, e talora per l'induzione di quadri clinici del tutto anomali, spesso erroneamente attribuiti ad altre cause, l'allergia alimentare è stata considerata “la grande simulatrice”. Ad esempio, recentemente è stata descritta, ed associata all'allergia alimentare, la cosiddetta PIMS (PsycAological, Irritable Bowel, Migraine Syndrome), caratterizzata da depressione psichica, diarrea alternata a stipsi, emicrania, astenia, malessere generale.

Una forma clinica particolare è costituita dalla cosiddetta enteropatia da glutine (morbo celiaco o sprue non tropicale), molto frequentemente associata alla presenza degli antigeni B8 e Dw3 del sistema maggiore di istocompatibilità, dovuta ad ipersensibilità alla glindina, componente alcool-solubile del glutine, il cui quadro sintomatologici è dominato da una gravissima sindrome da malassorbimento, che può condurre ad uno stato di estrema denutrizione; i reperti bioptici della mucosa digiunale mostrano una mucosa piatta, con atrofia dei villi, che avvalora l'ipotesi dell'intervento di meccanismi immunologici di tipo cellulo-mediato. Nel siero si riscontrano frequentemente anticorpi anti-gliadina (in particolare, IgA ed IgG specifiche per la subunità alfa della gliadina).

Diagnostica La diagnostica dell'allergia alimentare presenta alcuni aspetti particolari, correlati da un lato alla

notevole frequenza di reazioni avverse ad alimenti a patogenesi extra-immunologica e dall'altro alla deficiente caratterizzazione degli allergeni alimentari impiegati per i tests diagnostici.

Un'anamnesi ben condotta fornisce elementi di sospetto molto indicativi in alcuni casi, ad esempio nella sindrome allergica orale, che si manifesta entro pochi minuti dall'ingestione di un alimento, mentre in molti altri casi, soprattutto quando vi sia un lungo intervallo di tempo tra l'assunzione di un alimento e la comparsa delle manifestazioni cliniche, i dati ricavati dall'anamnesi risultano assai scarsi e poco orientativi.

D'altra parte, i tests cutanei ed i tests sierologici per la ricerca di IgE specifiche risentono della scarsa qualità degli estratti allergenici per uso diagnostico (in uno stesso soggetto, infatti, possono risultare negativi i tests cutanei con l'estratto commerciale e, viceversa, positivi quelli eseguiti con alimenti freschi, ovvero possono essere positivi soltanto i tests sierologici per l'individuazione di IgE specifiche). In un discreto numero di casi, inoltre, si possono rilevare, sia con i tests cutanei che con i tests sierologici, false negatività o false positività; in altri casi, invece, si riscontrano positività, soprattutto dei tests sierologici per la ricerca di IgG specifiche, per alimenti di uso comune, assolutamente ben tollerati dal paziente. E’ allora spesso necessario ricorrere a diete di eliminazione, che debbono essere condotte con l'impiego di criteri obiettivi di valutazione (ad esempio, confronto di uno score clinico ottenuto in due settimane a dieta libera con uno score clinico ottenuto durante le settimane in cui il paziente viene sottoposto a dieta di eliminazione). Se con le diete di eliminazione sono stati conseguiti miglioramenti clinici significativi, possono essere reintrodotti nella dieta altri alimenti, uno per volta, in modo da giungere all'identificazione dell'alimento responsabile

Quando le diete di eliminazione abbiano determinato la scomparsa del quadro clinico, o almeno un suo notevole miglioramento, e se non vi siano precedenti anamnestici di particolare gravità (shock allergico, edema della glottide), è possibile, per una precisa individuazione dell'alimento responsabile, passare a tests di scatenamento, che andrebbero eseguiti in doppio cieco, in ambiente ospedaliero e con un'osservazione protratta per almeno 24 ore. Va rilevato che le diete di

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eliminazione ed i tests di scatenamento non forniscono alcuna informazione sui meccanismi patogenetici, immunologici o extra-immunologici, della sindrome reattiva presentata dal paziente in esame, ma consentono comunque di identificare l'alimento responsabile di un'allergia o di un'intolleranza alimentare.

I test allergologici I test allergologici possono essere effettuati direttamente sul paziente, o in vivo, oppure su

prodotti biologici come sangue e secreti, cioè in vitro.

Test allergologici in vivo Comprendono: i test cutanei; i test di provocazione (congiuntivale, nasale e bronchiale per le

allergopatie respiratorie, orale per quelle alimentari).

I test cutanei Lo scopo fondamentale del test cutaneo è quello di verificare se i mastociti cutanei del soggetto

in esame possiedono IgE specifiche per l’allergene da testare. In questo contesto il test cutaneo può essere considerato un test biologico che determina la presenza di IgE legate al mastocita, così come il test in vitro determina l’eventuale presenza di anticorpi di tipo IgE circolanti. Diversamente dal test in vitro, però, il test cutaneo determina una vera e propria reazione allergica in miniatura che consegue alla liberazione di mediatori (essenzialmente istamina) e che porta alla produzione entro pochi minuti di un ponfo e di un eritema circostante. La reazione immediata può essere seguita da una reazione tardiva, di tipo eritematoso, che inizia dopo 12 ore, raggiunge un picco dopo 6-12 ore, e si esaurisce in 24-48 ore. La reazione tardiva è dovuta alla liberazione da parte dei mastociti di citochine che richiamano altre cellule infiammatorie, in particolare linfociti T ed eosinofili. Il test cutaneo consiste praticamente nell’introduzione della sostanza che si vuole testare nella cute del soggetto tramite varie tecniche: prick test, test intradermico, scratch test. Attualmente il prick test è il test maggiormente adoperato; le indicazioni ai test intradermici sono infatti relativamente limitate, mentre lo scratch test è praticamente obsoleto.

PRICK TEST Inizialmente descritto da Lewis nel 1924, il prick test si è diffuso solo a partire dagli anni ’60

dopo le modifiche introdotte da Pepys. Consiste nel deporre una goccia di ogni estratto allergenico da testare sulla superficie volare dell’avambraccio (e occasionalmente anche sulla schiena), a una distanza di 2-3 cm l’una dall’altra, e pungere la cute sotto la goccia con un ago sterile La puntura della pelle può essere eseguita con tecniche diverse a seconda del tipo di ago che si adopera. È inoltre assolutamente necessario utilizzare un ago o una lancetta per ogni singolo prick, per evitare falsi positivi. La pulizia dello strumento utilizzato è difficilmente totale e anche piccolissime quantità residue sono in grado di determinare reazioni positive in soggetti sensibili. In ogni caso la manovra deve essere delicata per evitare il sanguinamento. Dato che non è possibile valutare l’esatta quantità di materiale introdotto con il prick, la risposta cutanea dipende dall’affidabilità dello strumento, dalla lunghezza dell’ago, dalla forza e durata della applicazione, dallo stato della reattività cutanea del soggetto al momento del test e dalla potenza e stabilità dell’estratto allergenico. La tecnica del prick test è relativamente semplice, ma alcuni errori sono comunque possibili e va fatto ogni sforzo per evitare reazioni falsamente positive o falsamente negative (tabella 5).

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Inoltre si tratta di un metodo sicuro, anche se sono state segnalate reazioni sistemiche. In particolare le reazioni con gli estratti commerciali sono molto rare, mentre una certa attenzione va rivolta ai bambini piccoli se si adopera la tecnica del prick by prick e se sono affetti da dermatite atopica di una certa entità.

Il prick by prick è un metodo utilizzato per alcuni allergeni alimentari labili (come la frutta) e consiste nel pungere l’alimento e successivamente la cute. Un’altra situazione in cui è necessaria una certa prudenza è l’esecuzione del prick by prick con latte intero nei soggetti molto sensibili (specie in lattanti e bambini piccoli). In questi soggetti è necessario far precedere il prick dal cosiddetto “test della goccia”, che consiste nel poggiare semplicemente la goccia sulla cute e attendere 2-3 minuti per osservare eventuali reazioni; se non si verificano, si può effettuare il prick. Analogamente, nei soggetti con reazioni molto intense all’ingestione di frutta, il prick by prick va effettuato dopo aver deposto un piccolo pezzetto di frutta sul braccio per pochi minuti. Da queste considerazioni si deduce che il prick by prick va sempre effettuato dopo il normale screening allergologico con gli estratti in commercio. In ogni caso, è sempre opportuno, quando si esegue un test cutaneo, adottare alcune precauzioni, in particolare avere a portata di mano farmaci e strumenti per il trattamento delle eventuali reazioni sistemiche. TEST INTRADERMICO

Il test intradermico consiste nell’iniettare circa 0,02-0,05 ml di estratto allergenico nella cute per mezzo di una siringa da tubercolina, che deve essere posta con un angolo di circa 45 gradi rispetto alla cute, producendo un rigonfiamento di circa 3 mm di diametro Il test intradermico è più difficoltoso e meno standardizzato rispetto al prick e può dare luogo a vari errori Inoltre è più pericoloso e si associa a un certo numero di reazioni sistemiche (circa lo 0,5% dei soggetti testati), possibilmente mortali. Soggetti a rischio sono i pazienti trattati con betabloccanti o ACE inibitori, i soggetti molto sensibili e quelli con pregressa anafilassi. In questi, i test intradermici, oltre che essere preceduti dai prick test, devono iniziare da diluizioni molto elevate. Infatti, se di solito si usano diluizioni 1.000-10.000 volte superiori rispetto a quelle utilizzate per il prick test, nei soggetti a rischio si inizia il test intradermico con diluizioni 100.000 volte superiori. Quando si eseguono i test intradermici (ma, in generale, ciò vale per tutti i test cutanei), è necessario avere a

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disposizione i farmaci per l’emergenza (adrenalina, cortisonici e antistaminici iniettabili) e un’attrezzatura per ossigeno terapia, infusione di liquidi ecc.

Il test intradermico è più sensibile rispetto al prick, e consente quindi di diagnosticare alcuni casi di allergia negativi al prick test, tuttavia è lungo e difficoltoso, specie per il bambino piccolo, e complessivamente svantaggioso rispetto al prick test (tabella 6).

PATCH TEST Il patch test (definito atopy patch test dagli anglosassoni quando viene utilizzato nella diagnosi

di allergia alimentare) è stato recentemente proposto nella diagnosi di allergia alimentare. Esso valuta essenzialmente la risposta tardiva all’esposizione allergenica della cute, e quindi non è assimilabile ai prick test a e alle intradermoreazioni che valutano essenzialmente la risposta immediata. L’alimento in forma liquida viene deposto su carta da filtro e poi applicato su cute non lesa per mezzo di coppette di alluminio con nastro adesivo (Finn Chambers). Il tempo di contatto è di 48 ore e la lettura del risultato va fatta dopo mezza ora dalla rimozione del patch test. Una risposta positiva è caratterizzata da eritema con infiltrazione. La sensibilità e la specificità del patch test non sono ancora concordemente definite, per cui l’uso generalizzato di questo test non è ancora consigliabile. TEST DI CONTROLLO

In ogni esecuzione di test cutanei vanno sempre inseriti un controllo positivo e uno negativo. Negli Stati Uniti come controllo positivo per il prick test si usa l’istamina alla dose di 1 mg/ml (corrispondente a 5,43 mmol/l), mentre per il test intradermico si impiega un dosaggio di 0,01 mg/ml (corrispondente a 0,0543 mmol/l). In Europa invece si usano 10 mg/ml di istamina cloridrato per il controllo positivo dei prick test e 0,1 mg/ml per il controllo positivo delle intradermoreazioni. Non esiste al momento un test di controllo positivo per il patch test. Il test di controllo negativo viene effettuato di solito con il diluente usato per conservare l’estratto allergenico. Il test di controllo è particolarmente importante per determinare la reattività al trauma indotto dalla puntura. In presenza di una risposta cutanea significativa al test di controllo con il diluente, l’interpretazione generale dei test cutanei risulta difficile.

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CRITERI DI POSITIVITÀ E GRADAZIONE DELLA RISPOSTA CUTANEA I test cutanei devono essere letti dopo 15 minuti. Le risposte cutanee ponfoide ed eritematosa si misurano come media (in mm) della somma del

diametro più largo e del suo diametro ortogonale. Se si vuole ottenere una registrazione visiva, il contorno delle reazioni può essere sottolineato con una penna e trasferito con un nastro adesivo trasparente. Per quello che riguarda il prick test, reazioni ponfoidi di 2 mm con eritema e prurito possono essere considerate positive per la presenza di IgE specifiche. Le reazioni indicative di allergia clinica sono però di solito superiori a 3 mm di diametro per il ponfo (corrispondenti a un’area di 7 mm quadrati) e a 10 mm per l’eritema. Un sistema di gradazione del prick test basato sulla relazione tra la reazione indotta dall’allergene e quella di riferimento indotta dall’istamina è stato usato a lungo in Scandinavia. Questo tipo di gradazione della risposta cutanea evita la risposta tutto o nulla (positivo o negativo), consente un raffronto fra grandezza della risposta cutanea e storia clinica, l’individuazione di piccole reazioni cutanee in fase iniziale e l’attuazione di opportune misure preventive, ma non tiene in nessun conto la potenza dell’estratto usato.

Per quel che riguarda il test intradermico, la reazione si considera positiva se il diametro del ponfo è superiore a 5 mm (area > 20 mm quadrati). Se invece la reazione viene espressa in relazione a quella indotta dall’istamina (0,1 mg/ml) è considerata positiva se il ponfo indotto è da 1/2 a 1 volta quello provocato dall’istamina Non vi è accordo su quale sia il miglior sistema di espressione della sensibilità cutanea tra quello basato sulla misurazione del ponfo e quello basato sull’equivalenza della risposta istaminica. Per il momento, entrambi possono essere utilizzati proficuamente nella pratica clinica. Esistono anche tecniche più sofisticate per la determinazione e la gradazione della risposta cutanea (scanner computerizzato, flussometria Doppler) che sono però difficilmente applicabili nella routine.

I TEST CUTANEI DA EFFETTUARE E LA FREQUENZA DI ESECUZIONE Il numero di test cutanei da effettuare varia a seconda della storia clinica e dell’età del bambino

(tabella 7).

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XVI

Nel bambino allattato al seno pochi allergeni alimentari (quelli per cui è stato dimostrato il passaggio transplacentare: latte, uovo e archide) sono sufficienti. Successivamente il pannello può essere allargato in relazione al tipo di dieta e alla storia clinica.

Raramente è necessario eseguire test per allergeni inalanti prima dei 2-3 anni di età. Inoltre la sensibilizzazione ai pollini è più tardiva rispetto a quella per allergeni ambientali.

Il numero di test da effettuare in ogni singola seduta (di solito non più di 20-30), va limitato (a 5-10) in soggetti particolarmente sensibili o con pregressi episodi di anafilassi. In casi particolari può essere necessario, in fase iniziale e per gli allergeni particolarmente sospetti, diluire ulteriormente i normali estratti del commercio. Nei soggetti con anafilassi e storia clinica poco significativa per un allergene specifico, il numero totale degli allergeni da testare (divisi ovviamente in varie sedute) è ampio.

La frequenza di esecuzione varia anch’essa in relazione a storia clinica ed età. In particolare è la storia clinica a indurre o meno la ripetizione (o l’allargamento del pannello) dei test cutanei. Particolare importanza va attribuita a un peggioramento dei sintomi non giustificato dalla diagnosi eziologica precedente, da un cambiamento delle abitudini di vita, da un trasferimento dell’abitazione, dall’eventuale possibilità di contatti anche indiretti con animali domestici. Tenere comunque conto che l’acquisizione di nuove sensibilizzazioni è molto frequente in età pediatrica. In particolare il bambino molto allergico (highly atopic infant) inizia a sensibilizzarsi precocemente per gli allergeni alimentari, poi per quelli respiratori ambientali e successivamente o contemporaneamente con i pollini e le muffe. La ricerca di eventuali allergeni crossreagenti (soprattutto pollini, alimenti vegetali, in particolare legumi) deve essere guidato dalla storia clinica (crossreazioni cliniche) e non dai risultati della letteratura di crossreazioni solo immunologiche.

In generale, comunque, in mancanza di un motivo specifico, il test cutaneo con un pannello standard di allergeni può essere ripetuto nel bambino ogni 2-3 anni. Il pannello standard degli allergeni deve tener conto della localizzazione geografica (tipo di pollini prevalenti) e degli usuali allergeni presenti negli ambienti interni, ma va anche considerata la crescente mobilità della società moderna che porta molti soggetti a risiedere in località geografiche diverse durante l’anno.

FATTORI CHE POSSONO INFLUENZARE LA RISPOSTA CUTANEA La sede di esecuzione del test influenza il risultato: sul dorso le risposte cutanee sono maggiori

(di circa il 30%) rispetto a quelle delle braccia. Sono state riportate anche differenze di risposta per esempio all’interno del braccio, con reattività minima al gomito e massima nella fossa anticubitale, e con reattività superiore sulla superficie volare rispetto a quella dorsale. Per questo motivo si consiglia di eseguire i test sempre nella stessa sede (di solito si preferisce la superficie volare dell’avambraccio) e di escludere le aree intorno al gomito e alla fossa anticubitale.

La distanza fra ogni singolo test è anche importante, e deve essere di almeno 2-3 cm, per evitare fenomeni di sovrapposizione e quindi risposte falsamente positive.

La risposta cutanea è dipendente dall’età: la reattività allergene specifica è minore nel bambino piccolo (< 2 anni) rispetto all’adulto, vi è poi un progressivo incremento fino ai 20-30 anni e poi una graduale riduzione, in particolare dopo i 50 anni. Anche la risposta all’istamina è più bassa nei primi 6 mesi di vita e dopo i 50 anni. È opportuno sottolineare che i test cutanei possono essere eseguiti, a qualsiasi età e, benché la reattività sia minore, sono affidabili anche nel primo anno di vita quando sussiste concordanza tra positività del test all’allergene e sospetto clinico.

La risposta cutanea può anche essere influenzata dall’ora del giorno e dalla stagione in cui viene effettuato il test, risultando maggiore al mattino e durante la stagione pollinica nei soggetti sensibili. Queste modificazioni non sono tuttavia tali da modificare l’interpretazione clinica del test.

Studi epidemiologici effettuati negli Stati Uniti hanno rilevato che non vi sono differenze nella risposta cutanea fra uomini e donne, né fra diverse etnie (va tenuto comunque conto che l’eritema è

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più difficilmente misurabile nei soggetti di pelle scura). La prevalenza di reattività cutanea agli allergeni è aumentata nelle famiglie a reddito elevato rispetto a quelle a basso reddito e vi è anche un’ associazione positiva fra numero di anni di studio e prevalenza di reattività cutanea.

La risposta cutanea è influenzata dall’assunzione di farmaci, in particolare degli antistaminici La durata della inibizione indotta dai farmaci antistaminici è legata alla farmacocinetica del farmaco e dei suoi metaboliti attivi. La soppressione dei test cutanei è variabile ed è in genere compresa fra 3 e 10 giorni per gli antistaminici maggiormente usati (cetirizina, loratidina, azelastina, ebastina, mizolastina). È pertanto opportuno effettuare sempre i test cutanei dopo 10 giorni di sospensione, specie se il trattamento con antistaminici è stato prolungato. Anche gli antistaminici per via locale (nasale e congiuntivale) possono dare luogo a una certa inibizione della risposta cutanea, dato che concentrazioni plasmatiche del farmaco possono essere misurate 12 ore dopo la somministrazione. I corticosteroidi (CS) per inalazione non sembrano modificare la risposta cutanea, mentre la somministrazione, specie se a lungo termine di CS per os può inibire la risposta cutanea immediata. La somministrazione di CS topici per periodi superiori a una settimana riduce la risposta cutanea sia immediata sia tardiva all’allergene limitatamente alla zona di applicazione del farmaco. I Beta 2 agonisti e gli antiH 2 possono determinare una modesta inibizione della risposta cutanea di irrilevante importanza diagnostica.

Un altro fattore molto importante che influenza la risposta cutanea è la potenza degli estratti. La composizione di estratti non standardizzati può variare notevolmente fra diversi produttori e nello stesso produttore, da lotto a lotto, con variazioni riportate anche di 1.000 volte dell’attività biologica per estratti che avevano riportata la stessa potenza. Recentemente sono stati individuati criteri specifici per la selezione di estratti di riferimento sotto gli auspici della Organizzazione Mondiale della Sanità. Una volta che l’estratto di riferimento è stato selezionato, viene usato un test in vivo per assegnare le unità allergiche di bioequivalenza (unità biologiche o UB). In questo modo, gli estratti di vari allergeni possono essere comparati sulla base della bioequivalenza. La concentrazione ottimale proposta per gli estratti di sostanze inalanti standardizzati è di 30.000 UB/ml che corrispondono a circa 30 µg di allergene maggiore. La potenza degli estratti diminuisce con il tempo, la diluizione e le temperature elevate. Gli estratti allergenici per test cutanei vanno quindi periodicamen te sostituiti e conservati a basse temperature (46 °C) per assicurarne la stabilità. Particolare attenzione va rivolta agli allergeni alimentari, ancora titolati in modo non soddisfacente (peso/volume). Recentemente è stato proposto per questi allergeni un nuovo tipo di stanzardizzazione, in accordo alle linee guida del Comitato sulla standardizzazione del Nordic Council on Medicine, basato sulla mediana della concentrazione proteica del preparato allergenico (mediana Ch 10) capace di indurre un’area di ponfo della stessa misura di quella indotta dal prick con istamina 10 mg/ml. Con questi presupposti, la mediana Ch 10 del latte è risultata di 0,56 mg/ml, quella dell’uovo 0,88 mg/ml, quella del grano 5,4 mg/ml, quella della nocciola 2,1 mg/ml e quella del pesce 0,017 mg/ml. Risulta evidente la necessità di utilizzare concentrazioni diverse per i vari alimenti, per poter indurre la stessa risposta biologica. È auspicabile che questi nuovi studi rendano possibile in un prossimo futuro la disponibilità di estratti diagnostici per allergeni alimentari meglio standardizzati e quindi forniti di migliore valore diagnostico. VALORE DIAGNOSTICO DEI TEST CUTANEI

Tutte le posizioni ufficiali sui test cutanei (European Academy of Allergy and Clinical Immunology, US Joint Council of Allergy, Asthma and Immunology) concordano sul fatto che il prick test, se eseguito in maniera corretta e con estratti adeguati, è il test più conveniente e sicuro per la diagnosi della maggior parte delle malattie IgE mediate di tipo respiratorio o alimentare, mentre il test intradermico va limitato a pochi casi che presentano storia clinica positiva e prick negativi o dubbi. Tuttavia, quando anche i falsi negativi e i falsi positivi siano stati eliminati, l’interpretazione clinica del test richiede una accurata storia clinica e un attento esame obiettivo. Va sottolineato che un test cutaneo positivo non indica automaticamente un’allergia clinica, anche se

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più intensa è la risposta cutanea e maggiori sono le possibilità di un’allergia clinicamente manifesta. Per gli allergeni inalanti, i test cutanei rappresentano la prova più efficace.

In presenza di una storia clinica positiva, un test cutaneo positivo consente di identificare l’allergene causale e, d’altro canto un test negativo in presenza di una storia clinica negativa consente di escludere una patologia allergica. Quando invece non vi è concordanza fra storia clinica e test cutanei, l’interpretazione è meno agevole e possono essere necessari i test in vitro o quelli di provocazione.

L’interpretazione dei test cutanei per allergeni alimentari è ancora più complessa in quanto il potere predittivo varia in relazione all’età del bambino, al tipo di allergene e al tipo di manifestazioni cliniche presentate. In generale, solo una parte minoritaria dei soggetti con test cutanei positivi presentano una reazione positiva se sottoposti a test di provocazione specifico.

Il test cutaneo è invece un eccellente metodo per escludere un’allergia IgE-mediata con alcune eccezioni: l’allergia ad alcuni tipi di frutta e vegetali (mele, pere, banane, meloni, patate, carote, sedano), in cui l’allergene è labile e viene denaturato durante la preparazione commerciale dell’estratto; in questi casi un prick by prick con il cibo fresco si è dimostrato un metodo semplice, riproducibile e affidabile per la ricerca di IgE specifiche verso questi cibi; nei bambini piccoli, sotto l’anno di età, vi può essere un’allergia alimentare IgE-mediata con test cutanei negativi o con piccole positività, probabilmente dovute alla diminuzione della reattività cutanea che si verifica in questa età.

I test intradermici non sono raccomandati nella diagnosi di allergia alimentare perché poco specifici e potenzialmente pericolosi.

In conclusione, i test cutanei rappresentano un metodo semplice ed economico per la diagnosi di allergia respiratoria o alimentare IgE-mediata. Essi devono essere considerati i test di prima scelta, dato che consentono nella stragrande maggioranza dei casi di effettuare una diagnosi eziologica senza ricorrere ai più costosi test in vitro, i quali peraltro non offrono maggiori garanzie di sensibilità o di specificità.

I test di provocazione sono indicati solo raramente (quando vi è una discordanza fra storia clinica e risultato dei test allergologici) e vanno eseguiti da personale esperto in centri attrezzati a trattare eventuali reazioni gravi.

I test di provocazione I test di provocazione specifici con allergeni comprendono i test di provocazione congiuntivale,

nasale e bronchiale per lo studio delle allergopatie respiratorie e il test di provocazione orale per lo studio delle allergie alimentari.

TEST DI PROVOCAZIONE CONGIUNTIVALE Il test di provocazione congiuntivale può essere considerato lo skin test dell’occhio. Consiste

nell’applicazione di quantità note di allergene sulla superficie oculare e nella registrazione della risposta clinica (arrossamento congiuntivale, lacrimazione, prurito). Questo test viene usato prevalentemente a scopo di ricerca in quanto possono essere dosati facilmente i mediatori nelle lacrime e possono essere anche agevolmente prelevati frammenti di tessuto per lo studio delle cellule. TEST DI PROVOCAZIONE NASALE

Il test di provocazione nasale è il più usato nella diagnosi di allergopatie respiratorie: consiste nell’applicazione nel naso del materiale allergenico attraverso varie tecniche (spray, polvere, instillazione, applicazione di un disco di carta contenente l’allergene). La polvere allergenica viene di solito inalata attraverso un opportuno inalatore o deposta direttamente sulla mucosa con particolari strumenti (spatole, cucchiai ecc.). Il limite del test di provocazione nasale con polveri è la distribuzione non omogenea e per questo motivo si preferisce di solito utilizzare estratti in

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sospensione. Si inizia con basse concentrazioni e si sale gradualmente (a concentrazioni 5 volte superiori) fino a una dose soglia che discrimina i soggetti sensibili da quelli non sensibili. La valutazione della risposta si effettua attraverso la misurazione dei sintomi clinici (starnuti, prurito, rinorrea e congestione nasale). Di solito per graduare la risposta si usano delle scale analogiche. Si possono anche ottenere alcune misure più obiettive, come ad esempio il numero di starnuti in un determinato periodo di tempo dopo il test, oppure la misurazione del volume delle secrezioni nasali (con sistemi di suzione, uso fazzolettini di carta prepesati ecc.). L’ostruzione nasale può essere determinata soggettivamente o con tecniche di rinomanometria.

Le secrezioni e le cellule raccolte durante la prova possono essere utilizzate per molteplici esami volti di solito all’individuazione dei mediatori della flogosi allergica (istamina, leucotrieni, prostaglandine, triptasi, prodotti di derivazione dell’eosinofilo) e all’identificazione delle cellule presenti nelle secrezioni. Il secreto nasale viene di solito trasferito su un vetrino per essere poi colorato per la caratterizzazione dei tipi cellulari. Una delle colorazioni più usate è quella di MayGrunwald/ Giemsa, che consente di identificare neutrofili, eosinofili e basofili. I soggetti con rinite allergica presentano di solito una predominanza di eosinofili, che può essere graduata a seconda del numero di cellule per 10/HPF (High Power Fields). I soggetti con forme infettive e irritative hanno invece una predominanza di neutrofili. L’esame del secreto nasale è comunque solo un test di supporto e non consente, da solo, di effettuare diagnosi sulla patogenesi della rinite. La quantificazione e la caratterizzazione delle cellule infiammatorie dopo test di provocazione può essere effettuata attraverso il prelievo diretto di campioni della superficie nasale. Sia la biopsia nasale che lo scraping o il brushing possono fornire campioni di tessuto; la biopsia si esegue sulla porzione anteriore del turbinato inferiore perché è la sede più accessibile. Lo scraping e il brushing sono meglio tollerati della biopsia nasale, ma non consentono di valutare la mucosa nasale al di sotto dello strato epiteliale. Cellule infiammatorie si ottengono anche con la raccolta delle secrezioni, ma il loro studio non fornisce indicazioni sull’integrità della superficie epiteliale o sull’aspetto della sottomucosa. Il test di provocazione nasale è utiliz zato principalmente per scopi di ricerca e limitato ai soggetti con storia clinica suggestiva di rinite allergica, ma con test cutanei e sierici negativi o dubbi. TEST DI PROVOCAZIONE BRONCHIALE

Il test di provocazione bronchiale specifico consiste nella somministrazione di allergeni in forma di aerosol in dosi crescenti e nella contemporanea determinazione delle eventuali modificazioni cliniche e/o spirometriche. È potenzialmente pericoloso e utilizzato solo a scopo di ricerca. TEST DI PROVOCAZIONE ORALE

Il test di provocazione orale con alimenti è un test utilizzato nella diagnosi di allergia alimentare da vari anni: esso si basa sulla storia clinica e sul risultato dei test in vivo e in vitro precedentemente eseguiti. Quando se ne individua la necessità, va discusso preventivamente con il soggetto o i suoi genitori, e ne vanno chiaramente spiegati lo scopo, i benefici e i potenziali rischi. Va quindi richiesto un consenso informato e lasciato tempo al paziente o ai genitori per decidere Il test non può essere eseguito in presenza di malattie acute intercorrenti, con o senza febbre, o di sintomi (rinorrea, diarrea, vomito, tosse o fischio, eruzioni cutanee di qualsiasi tipo) che potrebbero confondere la valutazione e l’interpretazione del risultato. È anche sconsigliato in pazienti con asma instabile e nei pazienti con pregressa convincente storia di anafilassi dopo ingestione isolata del cibo specifico. Prima dell’esecuzione del test dovrebbero essere sospesi tutti i farmaci potenzialmente in grado di influenzarne il risultato, in particolare gli antistaminici (96 ore o anche più a seconda della durata della terapia), i beta agonisti (12 ore), i cromoni (12 ore). Va tenuto anche conto del fatto che in alcuni casi la sospensione dei farmaci può causare confusione fra i sintomi eventualmente provocati dal test di provocazione e quelli che eventualmente riaffiorano per la sospensione della terapia. In queste circostanze il test va ripetuto e possibilmente modificato nelle restrizioni farmacologiche a seconda dei casi specifici. La selezione del cibo (o dei cibi) da testare va fatta in base al risultato dei test cutanei e sierici, alla storia clinica, alla maggiore o

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minore importanza alimentare del cibo in questione, al risultato di eventuali precedenti diete di eliminazione.

Da un punto di vista tecnico il test può essere eseguito in aperto o in cieco. Il test in aperto si effettua nei soggetti con storia clinica dubbia o positiva e consiste nella somministrazione del cibo in questione preparato nello stesso modo in cui si è sospettato che abbia provocato i sintomi. Le dosi iniziali da somministrare e gli intervalli fra una dose e la successiva non sono precisamente codificati e variano a seconda dell’intensità della risposta cutanea e/o anticorpale (IgE specifiche) alla dose che si ritiene abbia provocato i sintomi e alla gravità della patologia provocata dall’alimento. Tanto più grave è stata la manifestazione clinica indotta dall’alimento, tanto maggiore è la risposta cutanea al prick test (o la quantità di IgE sieriche) e tanto minore è la dose che si ritiene abbia provocato i sintomi, tanto più prudente sarà l’esecuzione del test di provocazione. Recentemente sono state identificate le reazioni cutanee predittive al 100% (100% diagnostic SPT levels) e sono anche stati riportati, soprattutto dalla scuola americana, i livelli di IgE specifiche per i principali alimenti (latte, uovo, noccioline, pesce, soia, grano) con i quali si ha il 95% di probabilità di avere una reazione clinica al test (decision point) La valutazione della risposta cutanea e la ricerca delle IgE sieriche sono quindi indispensabili prima di eseguire un test di provocazione in quanto sono in grado di eliminare la necessità di un test di provocazione in un numero considerevole di bambini. Va comunque sottolineato che nessun test è di per sé in grado di escludere o di prevedere con certezza l’esito del test di provocazione con alimenti. Anche il tipo di reazione (immediata o tardiva) e il tipo di sintomi (solo cutaneo o gastrenterico o anche respiratorio e sistemico) ha la sua importanza nell’identificare la dose iniziale del test di provocazione. Con queste considerazioni, il test di provocazione con il latte vaccino, per esempio, può iniziare con una goccia di latte non diluito, oppure con una goccia di latte alla diluizione di 1/10 o 1/100 se vi sono fattori di rischio I successivi incrementi (che si effettuano ogni 15-30 minuti) possono essere variabili in modo da raggiungere la dose totale (di solito 150 ml) in 4-10 somministrazioni. In alcuni casi non è necessario raggiungere la dose finale, specie nei casi in cui si sospetti una tolleranza a bassa soglia e si voglia solo liberalizzare un po’ la dieta.

Il test di provocazione può anche essere eseguito in cieco singolo o doppio. Nel test di provocazione cieco singolo, il paziente è ignaro del tipo di alimento che ingerisce, mentre nel test in doppio cieco sia il paziente che l’operatore non sono informati sul tipo di alimento utilizzato. In questi casi il cibo (di solito in forma deidratata) deve essere mascherato in un veicolo appropriato (succo di frutta, formule elementari, capsule opache). La dose iniziale di cibo deidratato è di solito di 0,5 g e la dose totale di 10 g circa. Il test in cieco è molto utile nei soggetti adulti per ridurre i patient bias, ma nel bambino è raramente necessario. Quando si decide di effettuare il test di provocazione con alimenti è necessario avere a disposizione i farmaci per trattare una eventuale reazione. Nei casi in cui si ritiene che vi sia una reale possibilità di reazioni o nei soggetti con pregresse reazioni severe è opportuno stabilire un accesso venoso per un tempestivo e ottimale intervento medico. È anche sempre opportuno richiedere ai genitori un consenso informato.

Test allergologici in vitro I test allergologici in vitro sono un valido supporto per il medico nella diagnosi, nel controllo e

nello studio epidemiologico delle malattie IgE-mediate. Dopo la scoperta delle IgE, la diagnosi in vitro di allergia fu introdotta nel 1970 con i primi test per il dosaggio delle IgE totali e specifiche. Durante i successivi 30 anni sono stati fatti notevoli progressi nella diagnostica delle patologie IgE-mediate, grazie sia a una tecnologia altamente sofisticata sia alla determinazione delle caratteristiche molecolari degli allergeni. Tra i vantaggi di questi test vanno indicati soprattutto la sensibilità, specificità ed efficienza notevolmente elevate, la buona riproducibilità e l’assoluta innocuità per il paziente. L’indagine in vitro che riveste un reale significato nella pratica clinica è rappresentato essenzialmente dalla ricerca delle IgE specifiche e dei markers di degranulazione. La determinazione dei valori delle IgE totali appare invece di minore significato clinico.

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XXI

Determinazione delle IgE totali Le IgE costituiscono solamente lo 0,004% di tutte le immunoglobuline. La loro concentrazione

sierica varia con l’età; mentre nei neonati tale concentrazione è di poche kU/L, aumenta poi progressivamente e raggiunge i livelli dell’adulto intorno al 10° anno di vita. Inoltre i valori normali delle IgE presentano ampie oscillazioni. La determinazione delle IgE può essere effettuata con metodica radioimmunologica (ad esempio PRIST, paper radioimmunosorbent test) o con metodiche immunoenzimatiche. Nel primo caso anticorpi antiIgE legati con sistema di covalenza a una fase solida vengono messi ad incubare insieme alle IgE del campione da esaminare (siero o altro liquido biologico). Si forma così un complesso disco anticorpi antiIgEIgE al quale vengono aggiunti, dopo lavaggio, anticorpi purificati anti IgE marcati con 125 I. La radioattività del sistema sarà tanto maggiore quanto maggiore è il titolo di IgE nel campione in esame. In ciascun test vengono analizzati anche un siero di soggetto non allergico (controllo negativo) e uno di soggetto allergico (controllo positivo) per valutare eventuali legami aspecifici. Il principio del test rimane invariato se si impiegano metodiche immunoenzimatiche che attualmente sono le preferite in quanto il marcatore è rappresentato da un enzima invece che da un radioisotopo.

Le applicazioni cliniche e l’interpretazione delle concentrazioni sieriche di IgE totali hanno uno scarso valore. Infatti questo test può essere predittivo di allergopatie in studi epidemiologici, ma è meno utile nella valutazione di rischio di malattia allergica su una base individuale; infatti, un aumento dei livelli di IgE in presenza di infestazione parassitaria può mascherare un aumento moderato dovuto a un particolare allergene dando un quadro di falso negativo. Tuttavia, il rilievo di elevati valori di IgE totali, soprattutto quando i test cutanei e il dosaggio delle IgE specifiche risultano negativi, devono richiedere ulteriori ap profondimenti diagnostici. Le IgE totali sono inoltre aumentate in molte malattie o sindromi (Tabelle 8° ed 8b).

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(Ul/ml) - 2DS - 1DS Med. G. +1DS +2DS 0-3 mesi 0.47 0.97 2.02 4.18 8.67

4-6 m 0.76 1.7 3.84 8.58 19.3 7-12 m 0.57 1.5 4.04 10.7 28.5

14-24 m 0.59 2.14 7.81 28.22 102.51 25-36 m 1.51 4.22 11.9 33.12 92.76 3-5 anni 2.72 7.92 23.23 67.36 196.37

6-8 a 2.59 7.54 22.16 56.07 186.79 9-11 a 2.18 7.61 26.8 92.76 323.76

12-15 a 3.42 9.03 23.92 62.8 165.67 Determinazione delle IgE specifiche

La misurazione delle IgE specifiche verso un determinato allergene rimane il più importante test di laboratorio per testare l’ipersensibilità di tipo I. Per tale determinazione sono stati proposti numerosi test basati sull’impiego di differenti metodi e immunoreagenti (radioimmunologici, immunoenzimatici, fluorimetrici, test di agglutinazione o di precipitazione). Per quanto riguarda i test radioimmunologici, il RAST (radioallergosorbent test) è stato il primo. In seguito si sono aggiunti numerosi metodi immunoenzimatici che utilizzano enzimi quali marcatori in alternativa ai radioisotopi. I vantaggi di questi test sono soprattutto di ordine pratico, in quanto i coniugati risultano stabili e possono essere conservati per lungo tempo e le procedure tecniche sono del tutto esenti da rischio per il personale di laboratorio, mentre sensibilità, specificità e riproducibilità delle metodiche immunoenzimatiche sono sovrapponibili a quelle delle metodiche radioimmunologiche. I sistemi immunoenzimatici attualmente disponibili presentano numerose differenze in base alla marcatura antiIgE, alla presenza di allergeni coniugati in fase solida o in fase liquida, alle differenti caratteristiche del supporto cui sono adesi gli allergeni (PVC, cellulosa, biglie, sfere di polistirene ecc.), ai differenti antisieri (anticorpi policlonali o monoclonali antiIgE), ai differenti enzimi coniugati (ureasi, fosfatasi alcalina, perossidasi ecc.), al differente substrato, alla differente modalità di lettura dei risultati.

La sensibilità e la specificità dei diversi sistemi risultano legate soprattutto alla qualità della fase solida o liquida, dell’allergene e dell’antisiero utilizzati. Per questo motivo vengono studiati nuovi materiali che aumentino la capacità legante dell’allergene al supporto solido o liquido e riducano la formazione di legami aspecifici. Gli allergeni prodotti sono, nella maggior parte dei casi, miscele di proteine che variano per peso molecolare, punto isoelettrico, contenuto proteico e allergenicità. La composizione dell’allergene coniugato alla fase solida o liquida del test varierà anche in funzione della stagione in cui l’allergene naturale è stato raccolto, del grado di difficoltà nell’identificare la sorgente del materiale stesso, della presenza di materiali simili che possono crosscontaminare il preparato e delle caratteristiche dei processi di estrazione dell’allergene che possono variare fra le varie case produttrici. Anche l’antisiero antiIgE utilizzato è una componente critica poiché conferisce la specificità del test stesso. Questi reagenti devono avere una specificità ristretta a un unico determinante antigenico della catena pesante delle IgE umane e non devono crossreagire con i determinanti antigenici degli anticorpi IgG, IgA, IgM e IgD. Attualmente a tale scopo vengono usate miscele di anticorpi monoclonali e policlonali antirecettore Fc delle IgE per garantire la massima sensibilità e specificità del test. I vari test diagnostici per le IgE specifiche mettono in evidenza la diversità nell’espressione dei risultati riportati. Questa risulta dall’uso di differenti metodi di riferimento e di calibrazione per convertire la risposta IgE allergenespecifica in un dosaggio quantitativo. I nuovi test diagnostici hanno adottato un metodo generico detto interpolazione eterologa, con cui una curva con valori di IgE totali (calibrata in unità internazionali

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di IgE per volume, UI/ml) viene usata per convertire in dosaggio quantitativo le IgE allergene specifiche. Mediante linee guida approvate dal National Committee on Clinical Laboratory Standards (NCCLS) sono stati stabiliti criteri per suddividere la determinazione delle IgE specifiche in test qualitativi, semiquantitativi e quantitativi:

test qualitativi: i risultati delle IgE specifiche vengono riportati come negativi o positivi rispetto a pool di sieri di riferimento; un esempio di tale test è lo screening multiallergenico che usa un singolo reagente contenente cinque o più allergeni;

test semiquantitativi: i risultati vengono espressi in classi. La classe 0 è negativa, la classe 1 è da considerare molto dubbia, mentre le classi comprese tra 2 e 6 sono da considerare positive (tanto più alta è la classe, tanto maggiore è il livello delle IgE specifiche per un determinato allergene), questi test non sono riferibili a uno standard comune;

test quantitativi: usano i sistemi di calibrazione più progrediti al momento disponibili. Vengono impiegate curve di calibrazione omologhe (stessa specificità allergenica) o eterologhe (specificità multiallergenica) per definire una correlazione dose-risposta.

Data la difficoltà di ottenere notevoli quantità di siero umano per una calibrazione allergene specifica, con anticorpi IgE specifici per le centinaia di allergeni importanti dal punto di vista clinico, la maggior parte delle case produttrici ha adottato le curve di calibrazione eterologhe. Più recentemente alcune aziende calcolano i risultati delle IgE speci fiche usando un sistema di interpolazione con una curva di calibrazione per le IgE totali ( rappresentata dal siero standard 75/502 indicato dal World Health Organization).

Non sempre la determinazione quantitativa delle IgE specifiche è correlata al grado della sensibilizzazione e, tanto meno, alla gravità della sindrome clinica. Infatti, si possono osservare allergopatie gravi con una modesta positività delle IgE specifiche e, viceversa, sindromi clinicamente lievi con intensa positività dei test sierologici specifici.

In genere c’è una buona concordanza fra i test cutanei e i test sierologici per le IgE specifiche (8090%) soprattutto per gli allergeni da inalazione mentre nelle allergie alimentari è possibile che

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gli anticorpi IgE specifici circolanti non siano rilevabili. Questi anticorpi possono infatti essere diretti contro allergeni che vengono alterati durante i processi di preparazione industriale, di cottura o di digestione.

I test per la determinazione sierica delle IgE specifiche andrebbero quindi limitati in quei casi in cui i test cutanei non possono essere effettuati in particolari condizioni cliniche (Tabella 10)

Dosaggio della proteina cationica degli eosinofili La proteina cationica degli eosinofili (ECP) costituisce uno dei principali mediatori rilasciati

dagli eosinofili attivati. Il numero di eosinofili nel polmone correla con il grado di iperreattività delle vie aeree e con la severità dell’asma. Quando attivate, queste cellule rilasciano vari mediatori fra cui l’ECP, una proteina altamente basica che ha azione citotossica, inducendo un danno della mucosa bronchiale. La determinazione di questa proteina si esegue con metodica immunoenzimatica. Nei soggetti normali i livelli sierici sono compresi fra 2,3-15 ng/ml mentre negli allergopatici, in particolare negli asmatici e nei pazienti con dermatite atopica, si riscontrano valori notevolmente più elevati. Va rilevato che l’emivita dell’ECP è nei soggetti normali di poco superiore a 1 ora; il turnover dell’ECP sembra modificarsi nelle fasi acute, per esempio nelle crisi asmatiche indotte dall’esposizione all’allergene, in cui l’emivita si riduce a 15-30 minuti. Dosaggio della triptasi I mastociti attivati liberano vari mediatori fra cui la triptasi. Poiché la triptasi si ritrova esclusivamente nei mastociti (e, in quantità minime, nei basofili), la determinazione dei livelli di triptasi nel siero o in altri liquidi biologici può fornire un buon indice di attivazione mastocitaria. A differenza di quanto accade per l’istamina che è degradata rapidamente, i livelli ematici di triptasi rimangono stabili per più di 4 ore dopo il suo rilascio. Esistono 2 geni per la triptasi sul cromosoma 16 che codificano per lÕalfa-triptasi e la beta triptasi e che mostrano un 92% di omologia a livello di mRNA. LÕ alfa-triptasi è secreta di base dai mastociti ed è la forma predominante nel siero di soggetti normali e di pazienti con mastocitosi sistemica, mentre la beta-triptasi è rilasciata dai mastociti in seguito a degranulazione anafilattica. Sono stati sviluppati test per misurare la triptasi sierica e plasmatica. Un test immunoenzimatico contiene un anticorpo monoclonale (clone G5) che si lega agli epitopi della beta-triptasi. La sensibilità analitica di questo test è di 2,5 ng/ml. Un altro monoclonale (clone B12) si lega sia alla alfa-triptasi che alla beta-triptasi e quindi misura la concentrazione ematica totale dell’enzima. Dal punto di vista clinico, i valori sierici di beta-triptasi sono inferiori a 1 ng/ml in individui sani mentre dopo shock allergico livelli elevati (>5 ng/ml) si rinvengono 12 ore dopo l’inizio della sintomatologia clinica. Livelli aumentati di triptasi possono essere normalmente evidenziati fino a 36 ore dopo reazione anafilattica. I livelli ritornano nella norma dopo 12-14 ore dal rilascio. Il dosaggio della beta-triptasi in campioni ematici postmortem può essere utile per evidenziare una anafilassi come causa di morte.

Trattamento allopatico La terapia specifica si basa sull'eliminazione degli alimenti responsabili, quando essi siano stati

individuati. Il trattamento dietetico deve essere condotto in maniera rigorosa, escludendo eventualmente anche quei componenti alimentari che risultino strettamente correlati all'alimento responsabile (ad esempio, vegetali appartenenti alla stessa famiglia botanica) e rispettando sempre tutti i fabbisogni calorici c nutrizionali, anche in rapporto all'età del paziente. Per il trattamento dietetico nei casi di allergia alle proteine del latte vaccino nel periodo neonatale.

Deve essere ricordato che dopo un trattamento dietetico adeguato, soprattutto in età pediatrica, si osserva spesso il ritorno ad una situazione di “tolleranza” verso un determinato alimento,

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dimostrata dalla negativizzazione del test di scatenamento, anche se può persistere la positività dei tests cutanei e/o sierologici. Pertanto, dovrebbero eseguiti periodicamente tests di scatenamento (ad esempio, ogni sei mesi nei bambini ed ogni anno negli adulti), onde accertare se la dieta di eliminazione debba essere proseguita ovvero se possa essere effettuato il tentativo di far tornare il paziente ad un'alimentazione normale. Non appare consigliabile, invece, un'immunoterapia specifica per allergeni alimentari, per la quale mancano studi clinici controllati che possano fornire la necessaria dimostrazione della reale efficacia del trattamento.

Storia naturale Conoscere la storia naturale dell'allergia al cibo è premessa indispensabile per il trattamento

dietetico, in quanto condiziona la durata dello stesso. Spesso in tempi più o meno lunghi, soprattutto nel bambino, si acquisisce spontaneamente una tolleranza per il cibo non tollerato. Ma quando il paziente con allergia al cibo assume una dieta di eliminazione per il cibo che provoca disturbi, si può acquisire la tolleranza in minor tempo. L'adulto tende a conservare più del bambino la sensibilità al cibo, e questo vale soprattutto per arachidi, crostacei, pesce, frutta secca oleosa (13). Per quanto riguarda gli altri cibi, circa un terzo dei pazienti adulti ha acquisito la tolleranza dopo aver tenuto una dieta di eliminazione per un anno (61). Nel bambino tenuto a dieta di eliminazione, la tolleranza si acquisisce più facilmente, come già detto. In studi prospettici sull'allergia al latte vaccino e ad altri cibi, circa il 50% diveniva tollerante a 1 anno di età, il 70% a 2 anni, l'85% a 3 anni, il 92% a 10 anni (lett. in 26). In uno studio norvegese, 2/3 dei bambini con disturbi provocati dal cibo guarivano entro sei mesi (62). Quando sono presenti disturbi non IgE mediati, essi tendono a prolungarsi meno che i disturbi IgE mediati. Infatti nel caso di allergia al latte vaccino, i disturbi non IgE mediati guariscono in genere dopo 1-2 anni di dieta senza latte (14). Inoltre differenziando bambini di un anno con disturbi da latte vaccino in base alla positività dei test cutanei per il latte stesso, si osservava che tutti quelli con test cutanei negativi acquisivano la tolleranza entro 3 anni, mentre nel 25% di quelli con test cutanei positivi, l'allergia persisteva fino a 3 anni. Anche lo sviluppo di allergia ad altri cibi correlava con la presenza di IgE sieriche positive per il latte vaccino. Infatti, quando ad un anno erano presenti IgE sieriche positive per il latte vaccino, si sviluppavano allergie verso altri cibi entro i tre anni nel 35% dei casi ed entro dieci anni nel 25% dei casi (lett. in 13). Gli altri cibi verso cui si sviluppavano le allergie erano soprattutto uovo, soia, arachidi, agrumi, pesci e cereali (14). Bishop e coll. già dal 1990 avevano osservato che, su 100 bambini nei primi anni di vita con allergia al latte vaccino provata da test di provocazione, erano già presenti o si sviluppavano dopo qualche tempo allergia a uovo (58% dei casi), soia (47%), arancia (35%), arachidi (34%), idrolisati di caseina (22%) (!), banana (18%), grano (16%), carne bovina (14%), pesce (13%), pomodoro (12%), fragole (11%), pollo (9%), pera (8%), agnello (7%), mela (5%) (63). Queste allergie multiple si limitavano a pochi cibi, e vanno distinte dalla sindrome "intolleranza a multiple proteine del cibo" dell'infanzia, più grave. La buona prognosi dell'allergia al latte vaccino e ad altri cibi, soprattutto non IgE mediata, non vale naturalmente in tutti i casi. C’è il classico esempio dell'allergia permanente al glutine o celiachia, che dura tutta la vita.

Lo sviluppo di allergie ad allergeni inalanti, nei bambini con reazioni da latte vaccino IgE mediate, accade in un numero molto elevato di casi: nel 50% dei bambini entro i tre anni, nell'80% prima della pubertà (14), per cui viene considerato prudente, in questi bambini, applicare misure preventive durante l'infanzia contro le allergie agli inalanti e contro sostanze irritanti nell'aria respirata, p.e. controllo di acari, muffe, animali domestici, fumo di tabacco (14). Di queste misure si è già parlato precedentemente a proposito dei test cutanei e della utilità delle informazioni da essi fornite.

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Prevenzione I tentativi di prevenzione dell'allergia alimentare sono, per quanto a nostra conoscenza, limitati

all'infanzia. Infatti le rassegne delle reazioni avverse al cibo dedicate a tutte le età o solo agli adulti non ne fanno cenno (p.e. 1, 8, 12). Ciò accade perché l'infanzia è l'età in cui si manifestano le prime allergie ad uno o più cibi, che col tempo si possono dapprima estendere ad altri cibi e poi trasformare in allergie agli inalanti. Si cerca quindi, attraverso la prevenzione, di limitare l'insorgenza di intolleranze a uno o più cibi nei primi anni di vita, che possono essere fonte di disturbi talvolta importanti. Si è cercato altresì di prevenire l'insorgenza di allergia agli inalanti e l'asma conseguente quando l'allergia al cibo va scomparendo, interrompendo così la cosiddetta "marcia allergica" (17), anche se la capacità di ottenere quest'ultimo scopo mediante misure dietetiche è stata messa in dubbio dalla maggior parte degli autori (lett. in 67). Prevenzione della sensibilizzazione in utero e nel periodo neonatale. Gli studi finora eseguiti hanno dimostrato che non è utile alcuna restrizione dietetica per la donna in gravidanza, ad eccezione forse dell'esclusione delle arachidi (15, 30). E' stato tra l'altro segnalato che restrizioni dietetiche possono compromettere la crescita del feto (69). Per quanto riguarda il neonato, viene raccomandato di evitare la somministrazione di formule a base di proteine del latte vaccino non idrolisate nei primi giorni di vita, in attesa della montata lattea nella madre (17, 70). Prevenzione nella popolazione generale, senza familiarità per allergia. Non ci sono molti studi al riguardo. I primi risalgono al 1936, quando Grulee e Sanford riportarono che un gruppo di bambini alimentati con latte vaccino ebbero eczema 7 volte più frequentemente di un gruppo di bambini alimentati al seno. Studi successivi hanno confermato tali dati, anche se con qualche discordanza (lett. in 17). Oggi si ammette un effetto preventivo dell'allattamento al seno nelle allergie alimentari, anche se è controversa la durata dell'effetto stesso (lett. in 15). Va segnalato un importante studio finlandese abbastanza recente, in cui neonati non selezionati per rischio di allergia, allattati esclusivamente al seno per almeno sei mesi e seguiti fino a 17 anni, hanno presentato una minore percentuale di eczema e allergia al cibo, nonché un minore "punteggio di allergia respiratoria" (lett. in 30). Viene pertanto fortemente raccomandato, per prevenire manifestazioni allergiche, l'allattamento esclusivo al seno per i primi 4-6 mesi di vita (15). Quando non fosse disponibile il latte materno, nel lattante senza familiarità per allergia si può usare un normale latte vaccino formulato, poiché non ci sono prove sull'utilità di latti a ridotta allergenicità in questi casi (15). Per quanto riguarda l'età d'introduzione nella dieta del bambino dei cosiddetti cibi solidi (Beikost degli autori tedeschi), cioè l'età del divezzamento dal latte sia umano che vaccino, viene raccomandato d'introdurre i nuovi cibi non prima del 5° mese di vita (15). Possiamo aggiungere che questo va fatto gradualmente, un cibo alla volta, partendo da quelli meno allergizzanti. Del resto l'Accademia Americana di pediatria già nel 1958 raccomandava di aggiungere i primi cibi solidi tra il 5° e il 7° mese di vita (71). Va segnalato uno studio inglese del 1990, che ha dimostrato un maggior rischio di dermatite atopica fino a 10 anni, in un gruppo di bambini che avevano assunto cibi solidi entro i primi 4 mesi di vita (lett. in 15). Prevenzione nei bambini ad alto rischio di allergia. Si considerano ad alto rischio di allergia i bambini con storia familiare di allergia: due genitori, un genitore, fratelli e sorelle (30). Si consiglia di allattare questi bambini esclusivamente al seno, possibilmente per il primo anno di vita e anche più a lungo e, nello stesso tempo, di eliminare dalla dieta della nutrice arachidi e frutta secca oleosa (30). Secondo molti autori andrebbero eliminati dalla dieta della madre anche latte vaccino, uovo, pesce, ma non c'è un consenso unanime su questo provvedimento (15, 17, 70). Un autorevole comitato raccomanda tali restrizioni dietetiche quando ci sia: a) una storia familiare importante di allergia; b) una madre altamente motivata (1). Se la nutrice è posta a dieta senza latte, la sua dieta va integrata con calcio, come già detto prima a proposito delle diete di eliminazione terapeutiche. Nella dieta dei bambini a rischio si dovrebbero includere i cibi solidi non prima dei sei mesi di vita, latte vaccino e derivati a un anno, uova a due anni, pesce-arachidi-frutta secca oleosa a tre anni (30). Quando fosse necessaria un'integrazione al latte materno o una sua sostituzione, nel lattante a rischio non vanno usate le normali formule a base di latte vaccino. Entrano in discussione le formule con proteine parzialmente idrolisate, le formule con proteine estensivamente idrolisate e

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il latte di soia. Si è accumulata una vasta letteratura al riguardo (lett. in 15, 17, 30). Si discute ancora molto se i latti con idrolisati parziali di proteine siano altrettanto efficaci dei latti con idrolisati estensivi; sembra che siano ambedue efficaci, anche se è stato pubblicato un solo lavoro, per quanto è a nostra conoscenza, che li compara e che ha dimostrato la maggiore efficacia dei latti a base di idrolisati estensivi (72). In ogni caso, recenti messe a punto di autorevoli comitati non hanno detto una parola definitiva su quale di questi due tipi di idrolisati sia più efficace nelle prevenzione delle allergie, auspicando ulteriori studi (15, 30), anche se precedentemente altrettanto autorevoli autori si erano espressi a favore degli idrolisati estensivi (1, 70). Per quanto riguarda il latte di soia, il suo uso in questa circostanza è maldefinito (15, 30). se la dieta di eliminazione debba essere proseguita ovvero se possa essere ef'f'ettuato il tentativo di far tornare il paziente ad un'alimentazione normale.

Non appare consigliabile, invece, un'immunoterapia specifica per allergeni alimentari, per la quale mancano studi clinici controllati che possano fornire la necessaria dimostrazione della reale efficacia del trattamento.

Il trattamento del morbo celiaco consiste nella completa eliminazione dalla dieta di tutti gli alimenti contenenti glutine (prodotti a base di frumento, segale ed orzo) e nella loro sostituzione con alimenti privi di glutine. Deve essere ricordato che tracce di glutine, impiegato come addensante, possono essere presenti in vari alimenti commerciali. Al fine di fornire corrette informazioni ai medici ed ai pazienti, l'Associazione Italiana per la Celiachia compila perio dicamente elenchi di prodotti alimentari commerciali sicuramente privi di glutine.

Terapia Farmacologica La terapia farmacologica prevede la somministrazione di farmaci ad azione preventiva (sodio

cromoglicato, chetotifene) o sintomatica (antistaminici, citoprotettivi). L'allergia atimentare propriamente detta, che deve essere ben distinta dalle piu’ comuni reazioni di intolleranza ad alimenti, relativamente poco frequente.é di estrema importanza, anche se spesso difficile, giungere all'identificazione dell'alimento responsabile, in quanto la terapia si basa essenzialmente su un trattamento dietetico appropriato, cioè sull'esclusione (non obbligatoriamente perenne) degli alimenti risultati positivi ai tests di scatenamento.

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alimentare. In: CAVAGNI G. et al., op. cit., p. 61. 7. BONIFAZT E., GAROFALO L., MONTERISI A. et al. - Food allergy and atopic dermatitis. Actu Dermato-Venereol. 58: 349, 1978. 8. BROSTOFF J., CHALLA Msr S. - Food allergy and intolerance. Baillire Tindall, London Philadelphia-Toronto, 1987. 9. BUSINCO L., BENINCOR] N., CANTANI A. - Epidemiology, incidence and clinical aspects of food allergy. Ann. Allergy 53: 615, 1984. 10. CAVAGNI G., BERNASCONI S., GIOVANNELLI G. (Eds) – Allergie e alimento. Corso Ed., Ferrara, 1985. 11. DUSK M., MARSEGLIA G. L., ARRIGHINI A., VERTUA G., UGAO A. G. - Allergia alimentare: un approccio alla terapia. In: BARDARE M. (Ed.): Alimentuzione ed allergia. Congress Studio, Milano, 1986, p. 59. 12. FERGUSON A., ZIEGLR K, TROBEL S. - Gluten intolerance (coeliac disease). Ann. Allergy 53: 637, 1984. 13. FRANKL1N A. J. - The recognition and management of food allergy in children. Partenon, Carnforth, 1988. 14. KETTELHUT B. V., MFTCALFE D. D. - Adverse reaction to foods. ln: MIDDLETON E. JR, REED C. E., ELLIS E. F., ALJKINSON N. IC R, YUNCINCER l. W. (Eds): Allergy Princilles and practice (3rd ed.). Mosby, St. Louis - Washington - Toronto, 1988, p. 1481. 15. LESSOF M. H. - Clinical reoctions to food. Wiley & Sons, London, 1983. 16. LUNARDI C., PACHOR M. 1., NICOLIS F., CORTINA P., ACCORDINI C., MARCHI G., PEROL P., CORROCHER R., DE SANDRE G. - Frequenza deila PIMS in pazienti affetti da intolleranza alimentare. Folia Allergol. Immunol. Clin. 34: 217, 1987. 17. MAY C. D., BOCK 8. A. - A modern clinical approach to food hypersensitivity. Allergy 33: 166, 1978. 18. METCALFF D. D., SAMTER M. CONDEM|. |. - Reactions to foods. In: SAMTER M. (Ed.): Immunological diseases. Little, Brown & Co., 1988, p. 1149. 19. MONERET-VAUIN D. A., ANDRƒCI . - Immunopathologie de l'allergie alimentaire et fausses allergies alimentaires. Masson, Paris, 1983. 20. ORROIANI C., PASS0RELLO E. - Le allergie alimentari. Lepetit, Milano, 1989. 21. PAGANELLI R, LEVINSKY R |. - Food antigenes in circulating immune complexes. In: Proc. XIICACI Congress (KERR and GANI)FII10N Eds), London, 1983, p. 169. 22. PASTORELLO E., pRAvrTToN V., BIGI A., QUALIZZA R, SCHILKE M. L., STOCCHI L., TEDESCHI A., ANSAWN R., ZANUSSI C. - IgE-mediated food allergy. Ann. Allergy 59, No. 5 (Part 11): 82, 1987.

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XXIX

23. PURELLO D AMBROSIO F., CERMANE J., ORLANDCJ F., BRUZZESE D., MUSARRA A., TICANO F. - Nostra esperienza in tema di intolleranza alimentare. In: Riass. XIXCongr. Naz. Soc. It. Allergol. Immunol. Clin. (Bari, 12-16 dicembre 1989). O.LC. Med. Press, Firenze, 1989, p. 155. 24. SOOTHILL J. F. - Slow food allergy. Folia Allergol. Immunol. Clin. 35: 37, 1988. 25. TAYIOR S. L., LEMANSKE R. F., BUSH R. K., BUSSE W. W. - Food allergens: structure and immunological properties. Inn. Allergy 59, No. 5 (Part. lI): 93, 1987. 26. ZANNINO L. - Nutrizione nell'età evolutiva. Aspetti clinici e immunoallergici. Verduci, Roma, 1985. 27. ZANUSSI C., ORTOLANI C., TORZUOLI P. - Immunological and clinical problems of food allergy. Masson Italia, Milano, 1980.

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XXX

CAPITOLO 4 - Obiettivi Materiali e Metodi In collaborazione con alcuni medici pediatri della provincia di Bologna (Granarolo dell’Emilia,

Budrio, Castel Maggiore) sono stati identificati 15 bambini dai 3 ai 12 anni con un quadro allergico alimentare piu’ o meno forte.

Dopo una attenta anamnesi medica ed osteopatica i bambini sono stati trattati da gennaio2003 a luglio 2003 con una frequenza di due o tre trattamenti al mese. per un totale circa di 9 trattamenti totali.

I genitori hanno presentato all’inizio del lavoro l’indagine di ogni bambino per la ricerca degli anticorpi IgE alimento specifici nel siero con Rast test (Radio Allergo Sorbent test) o SPT (Skin prick test) test in vivo con estratti allergenici dell’alimento.

Al termine dei trattamenti i pediatri di riferimento hanno fatto ripetere lo stesso esame per verificare l’efficacia dei trattamenti osteopatici.

Il protocollo di lavoro (anamnesi e ricerca)osteopatico delle allergie alimentari è stato individuato ed effettuato sull’analisi e l’anamnesi dei pazienti.

All’inizio dei trattamenti abbiamo spiegato molto attentamente ai genitori scopi e doveri nell’affrontare questo impegno ma purtroppo alcuni hanno abbandonato durante il percorso la serie dei trattamenti.

Siamo quindi riusciti ,dei 15 di partenza, a terminare il lavoro con 11 bambini in questi casi soprattutto grazie alla collaborazione e al coinvolgimento dei genitori.

Il nostro scopo comunque era quello di ipotizzare e successivamente applicare alle esigenze dei pazienti un percorso osteopatico che potesse migliorare la situazione generale di questi bambini non solo per la componente allergica ma anche per le notevoli problematiche che all’anamnesi ci hanno portato a conoscenza.

Percio’è stato per noi importante anche verificare quali tipo di disfunzioni osteopatiche fossero piu’ riscontrabili nei quadri allergici da noi verificati.

Campione dei pazienti e schede anamnesiche I bambini che hanno partecipato a questa ricerca sono i seguenti : Nome e Cognome eta’

B. M. 8 B. V. 11 G. I. 7 C. F. 4 M. S. 7 T. E. 4 Z. S. 4 P. J. 11 P. T. 9 B. V. 12 T. A. 9

Hanno abbandonato durante il periodo dei trattamenti 4 bambini

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XXXI

Colori di riferimento delle analisi: profilo dati in turchese =diminuzione IgE

profilo dati in rosso= aumento IgE Soggetto 1 valori di riferimento IgE specifiche: inf. a 0.35 classe 0 negativo 0.35-0.70 cl.1 negativo 0.71-3.50 cl. 2 pos. debole 3.51-17.50 cl.3 positivo 17.51-52.50 cl.4 pos. forte 52.51-100 cl.5 pos.forte sup. a 100 cl.6 pos.molto forte Nome Cognome - eta’ Numero trattamenti

Profilo inalanti –iniziale N - < 0.3

Profilo inalanti Finale N -< 0.3

Profilo alimenti B iniziale N - < 0.3

Profilo alimenti B Finale N - < 0.3

IgE > 122 iniziali IgE finali

B. M. –anni 8 G6 Phleum Praten. P2 .2.1

7.96

F4 Grano P2 0.80

Grano 1.92

Iniziali 853 Finali 970

Trattamenti 9 W6 Artemisia Vul. P1 1.5

1.33

F9 Riso P2 0.90

Riso 1.58

D1 Derm Pteronys. P2 2.4

2.92

F31Carote P2 0.80

Carote 0.97

D2 Derm Farinae P2 1.6

2.97

F35Patate P1 0.4

Patate 1.46

M1 Penicillum P2 1.1

F5 Segale P2 0.70

Segale NON FATTO

M3 Aspergillus P1 0.6

F6Orzo P2 0.8

Orzo NON FATTO

M5 Candida Alb. P2 1.8

F7 Avena P2 0.80

Avena NON FATTO

M6 Alternaria P4 45.4

F45 Lievito P2 1.20

Lievito NON FATTO

M207 Aspergillus N. P1 0.6

Latte – <0.30

Latte 0.53

Arachidi < 0.3

Arachidi 0.37

Soia < 0.3

Soia 0.84

Pomodoro < 0.3

Pomodoro 0.40

Mela < 0.3

Mela 0.51

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XXXII

Soggetto 2 valori di riferimento IgE specifiche: inf. a 0.35 classe 0 negativo 0.35-0.70 cl.1 negativo 0.71-3.50 cl. 2 pos. debole 3.51-17.50 cl.3 positivo 17.51-52.50 cl.4 pos. forte 52.51-100 cl.5 pos.forte sup. a 100 cl.6 pos.molto forte Nome Cognome - eta’ Numero trattamenti

Profilo inalanti –iniziale N - < 0.3 IgE < 122

Profilo inalanti Finale N -< 0.3 IgE < 122

Profilo alimenti B iniziale N - < 0.3

Profilo alimenti B Finale N - < 0.3

Valori Ematologici Iniziali/finali

B. V. – anni 11 IgE 658 IgE 840 F2 Latte P1 0.4

Latte < 0.3

Trattamenti 9 G2 Cynodon.Dact P3 11.2

80.0 F4 Grano P3 6.5

Grano 5.26

G6 Phleum Pratem P3 6.8

21.17 F9 Riso P3 10.6

Riso 5.67

W6 Artemisia Vul. P3 4.3

2.41 F12 Piselli P2 2.1

Piselli 0.55

W19 Parietaria of. P3 3.6

2.61 F14 Soia P3 4.2

Soia 1.81

W21 Parietaria Ju. P3 4.3

2.28 F17 Nocciole P3 12.2

Nocciole 4.77

D1 Derm. Pteronys P1 0.4

0.59 F25 Pomodoro P3 10.1

Pomodoro 5.59

D2 Derm. Farinae P1 0.4

0.56 F31 Carote P2 2.3

Carote 0.94

F33 Arance P3 9.3

Arance 5.30

F35 Patate P3 6.3

Patate 1.89

F13 Arachidi P3 12.1

Arachidi 5.70

F44 Fragole P4 19.5

NON FATTO

F49 Mela P4 44.9

Mela 20.3

F92 Banana P2 3.5

Banana 1.78

F95 Pesca P4 27.0

NON FATTO

F256 Noci P4 18.9

NON FATTO

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XXXIII

Soggetto 3 valori di riferimento IgE specifiche: inf. a 0.35 classe 0 negativo 0.35-0.70 cl.1 negativo 0.71-3.50 cl. 2 pos. debole 3.51-17.50 cl.3 positivo 17.51-52.50 cl.4 pos. forte 52.51-100 cl.5 pos.forte sup. a 100 cl.6 pos.molto forte Nome Cognome - eta’ Numero trattamenti

Immunoglobuline iniziali IgE ul/ml < 122

Immunoglobuline Finali IgE ul/ml < 122

Profilo alimenti B iniziale N - < 0.3

Profilo alimenti B Finale N - < 0.3

Valori Ematologici Iniziali/finali

F. C. 3 anni

IgE 227 IgE 223 F2 Latte P2 1.8

< 0.3

Trattamenti 9 F92 Banana P1 0.6

NON FATTO

F77 Lattoglob. P2 1.9

< 0.3

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XXXIV

Soggetto 4 valori di riferimento IgE specifiche: inf. a 0.35 classe 0 negativo 0.35-0.70 cl.1 negativo 0.71-3.50 cl. 2 pos. debole 3.51-17.50 cl.3 positivo 17.51-52.50 cl.4 pos. forte 52.51-100 cl.5 pos.forte sup. a 100 cl.6 pos.molto forte Nome Cognome - eta’ Numero trattamenti

Immunoglobuline iniziali IgE totali ul/ml 0-180

Immunoglobuline Finali IgE totali ul/ml 0-180

IgE specifiche inalanti iniziali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche inalanti finali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche alimenti iniziali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche Alimentifinali Inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

Valori Ematologici Iniziali/finali

I. G. anni 7 trattamenti 8

IgE 346 IgE 404 Codolina >100

Cedolina >100

Bianco d’uovo 18.8

Bianco D’uovo 15.2

eosinofili da 7.3 A 7.00 Dentro valori

Betulla 10.3

Betulla >100

Latte 5.49

Latte 15.9

Ves da 12 A 2

Olivo 1.72

Olivo 1.98

Grano 2.59

Grano < 0.35 dentro valori

Paritaria Officinalis < 0.35

Paritaria officinalis 7.03

Arachidi 6.14

Arachidi 3.68

Erba canina 3.03

Erba canina 2.64

Semi di soia 2.25

Semi di soia 2.22

Candida Albicans 0.40

Candida Albicans < 0.35

Pomodoro 7.37

Pomodoro 3.96

Granoturco 5.01

Granoturco 1.19

Piselli 1.49

Piselli 1.93

Tuorlo d’uovo 3.50

Tuorlo D’uovo 3.07

Mela 7.74

Mela 11.5

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XXXV

Soggetto 5 valori di riferimento IgE specifiche: inf. a 0.35 classe 0 negativo 0.35-0.70 cl.1 negativo 0.71-3.50 cl. 2 pos. debole 3.51-17.50 cl.3 positivo 17.51-52.50 cl.4 pos. forte 52.51-100 cl.5 pos.forte sup. a 100 cl.6 pos.molto forte Nome Cognome - eta’ Numero trattamenti

Immunoglobuline iniziali IgE totali ul/ml 0-180

Immunoglobuline Finali IgE totali ul/ml 0-180

IgE specifiche inalanti iniziali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche inalanti finali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche alimenti iniziali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche Alimentifinali Inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

Valori Ematologici Iniziali/finali

S. M. 7 anni trattamenti 9

IgE 1130 IgE 1333 Derm. Farinae 0.68

Grano 5.79

Grano 9.80

Leucociti Da 11.52 A 5.70 Dentro valori

Erba canina > 100

Arachidi 6.49

Arachidi 7.12

Linfociti da 25,6 A 63.6 Uscito dai valori

Cedolina >100

Pomodoro 6.02

Pomodoro 21.4

VES da 42 A 8

Betulla 96.7

Riso integrale 4.17

NON FATTO

Olivo > 100

Bianco d’uov0 0.37

Bianco d’uovo < 0.35

Latte 0.37

Latte < 0.35

Merluzzo 0.44

Merluzzo < 0.35

Grano 3.63

Grano 9.80

Mela 3.47

Mela 7.07

Semi di soia 3.60

Semi di soia 5.75

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XXXVI

Soggetto 6 valori di riferimento IgE specifiche: inf. a 0.35 classe 0 negativo 0.35-0.70 cl.1 negativo 0.71-3.50 cl. 2 pos. debole 3.51-17.50 cl.3 positivo 17.51-52.50 cl.4 pos. forte 52.51-100 cl.5 pos.forte sup. a 100 cl.6 pos.molto forte Nome Cognome - eta’ Numero trattamenti

Immunoglobuline iniziali IgE totali ul/ml 0-180

Immunoglobuline Finali IgE totali ul/ml 0-180

IgE specifiche inalanti iniziali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche inalanti finali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche alimenti iniziali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche Alimentifinali Inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

Valori Ematologici Iniziali/finali

J. P. 11 anni trattamenti 9

IgE 1394 IgE 786 Bianco D’uovo 0.43

Bianco D’uovo < 0.35

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XXXVII

Soggetto 7 valori di riferimento IgE specifiche: inf. a 0.35 classe 0 negativo 0.35-0.70 cl.1 negativo 0.71-3.50 cl. 2 pos. debole 3.51-17.50 cl.3 positivo 17.51-52.50 cl.4 pos. forte 52.51-100 cl.5 pos.forte sup. a 100 cl.6 pos.molto forte Nome Cognome - eta’ Numero trattamenti

Immunoglobuline iniziali IgE totali ul/ml 0-180

Immunoglobuline Finali IgE totali ul/ml 0-180

IgE specifiche inalanti iniziali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche inalanti finali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche alimenti iniziali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche Alimentifinali Inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

Valori Ematologici Iniziali/finali

IgE 7592 IgE 5529 Bianco d’uovo 49.6

Bianco d’uovo 49.1

Mela 9.10

Mela 7.19

Grano 8.64

Grano 21.5

Pomodoro 4.57

Pomodoro 0.43

Piselli 9.93

Piselli 9.14

Merluzzo 20.1

Merluzzo 13.8

Latte 2.35

Latte 7.37

Arachidi 2.96

Arachidi 5.34

Semi di soia 3.85

Semi di soia 4.11

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XXXVIII

Soggetto 8 valori di riferimento IgE specifiche: inf. a 0.35 classe 0 negativo 0.35-0.70 cl.1 negativo 0.71-3.50 cl. 2 pos. debole 3.51-17.50 cl.3 positivo 17.51-52.50 cl.4 pos. forte 52.51-100 cl.5 pos.forte sup. a 100 cl.6 pos.molto forte Nome Cognome - eta’ Numero trattamenti

Immunoglobuline iniziali IgE totali ul/ml 0-180

Immunoglobuline Finali IgE totali ul/ml 0-180

IgE specifiche inalanti iniziali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche inalanti finali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche alimenti iniziali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche Alimentifinali Inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

Valori Ematologici Iniziali/finali

T. A. Anni 9 Trattamenti 8

IgE 146 IgE 783 Albume uovo 0.985

Albume uovo < 0.35

Latte 6.63

Latte < 0.35

Grano 1.73

Grano 4.77

Fagioli bianchi 1.67

Fagioli bianchi 2.64

Pomodoro 2.85

Pomodoro 5.41

Patate 2.17

Patate 3.23

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XXXIX

Soggetto 9 valori di riferimento IgE specifiche: inf. a 0.35 classe 0 negativo 0.35-0.70 cl.1 negativo 0.71-3.50 cl. 2 pos. debole 3.51-17.50 cl.3 positivo 17.51-52.50 cl.4 pos. forte 52.51-100 cl.5 pos.forte sup. a 100 cl.6 pos.molto forte Nome Cognome - eta’ Numero trattamenti

Immunoglobuline iniziali IgE totali ul/ml 0-180

Immunoglobuline Finali IgE totali ul/ml 0-180

IgE specifiche inalanti iniziali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche inalanti finali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche alimenti iniziali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche Alimentifinali Inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

Valori Ematologici Iniziali/finali

E. T. Anni 4 trattamenti 9

IgE 53 IgE 83 Bianco d’uovo 0.41

Bianco d’uovo < 0.35

Piastrine da 483 a 294 Dentro valori

Latte 0.39

Latte < 0.35

Neutrofili da 34.2 a 42.7 Dentro valori

Merluzzo 0.45

Merluzzo < 0.35

Linfociti da 53.6 a 35.6 Dentro valori

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XL

Soggetto 10 valori di riferimento IgE specifiche: inf. a 0.35 classe 0 negativo 0.35-0.70 cl.1 negativo 0.71-3.50 cl. 2 pos. debole 3.51-17.50 cl.3 positivo 17.51-52.50 cl.4 pos. forte 52.51-100 cl.5 pos.forte sup. a 100 cl.6 pos.molto forte Nome Cognome - eta’ Numero trattamenti

Immunoglobuline iniziali IgE totali ul/ml 0-180

Immunoglobuline Finali IgE totali ul/ml 0-180

IgE specifiche inalanti iniziali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche inalanti finali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche alimenti iniziali inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

IgE specifiche Alimentifinali Inf. a 0.35 negativo 0.35-0.70 border line

Valori Ematologici Iniziali/finali

S. Z. Anni 4 Trattamenti 9

IgE 5 IgE 2 Bianco d’uovo 0.49

Bianco d’uovo < 0.35

Monociti da 7.6 a 10.0 fuori valori

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XLI

Soggeto 11 valori di riferimento IgE specifiche: inf. a 0.35 classe 0 negativo 0.35-0.70 cl.1 negativo 0.71-3.50 cl. 2 pos. debole 3.51-17.50 cl.3 positivo 17.51-52.50 cl.4 pos. forte 52.51-100 cl.5 pos.forte sup. a 100 cl.6 pos.molto forte Nome Cognome - eta’ Numero trattamenti

Immunoglobuline iniziali IgE totali ul/ml 0-180

Immunoglobuline Finali IgE totali ul/ml 0-180

Profilo alimenti B iniziale N - < 0.3

Profilo alimenti B Finale N - < 0.3

V. B. anni 12 IgE 540 IgE 570 Soia 0.54 Soia <0.35 Trattamenti 9 Piselli 2.40 Piselli 0.62 Patate 0.39 Patate <0.35 Carota 2.90 Carota 3.10 Mela 3.10 Mela 2.70 Kiwi 0.37 Kiwi 2.90

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XLII

CAPITOLO 5 - Diagnosi e terapia osteopatica

Sintesi delle sintomatologie piu’ frequenti riscontrate all’inizio della ricerca Abbiamo riscontrato alcune comuni problematiche : Apparato respiratorio – 10 bambini su 11 hanno avuto problemi respiratori tipo:

- Asma - Tosse - Bronchiti - - Broncopolmonite – - Raffreddori – solo allergici - Polmoniti - Riniti - - Sinusiti

Tutti hanno reazioni cutanee dermatiti da allergie Molti hanno avuto:

- Dolori di testa - Dolori addome - Dolori al collo

Molto frequenti le Otiti – 9 bambini Solo un bambino ha avuto problemi di vista (ipermetrope) Molto comuni problemi gastroenterici soprattutto diarre e stipsi in uguale misura Quasi tutti i bambini avevano sviluppato Dimorfismi (Problemi posturali Scoliosi) Altro punto anamnesico comune per tutti i bambini riguarda le problematiche del parto in quanto tutte le madri hanno avuto almeno uno dei seguenti problemi:

- Spinte sull'addome durante il parto - Stimolazione muscolatura uterina con prostaglandine o ossitocina - Taglio Cesareo

Tutti hanno problemi di respirazione orale (dormono e guardano la televisionea bocca aperta) e deglutizione atipica ma nessuno faceva ortodonzia al momento. Nei comportamenti caratteriali, sociali e scolastici non abbiamo riscontrato nessun elemento particolare con notevoli differenze tra bambino e bambino collegati principalmente alle loro situazioni famigliari Tutti i bambini avevano un famigliare con qualche problema allergico (madre – padre – fratello o sorella) con quadri più o meno gravi (guarda anamnesi bambini) Cinque soggetti stavano, contemporaneamente al nostro trattamento, seguendo una cura omeopatica Molto interessante è stato invece la variazione dei sopra descritti sintomi durante i sette mesi di lavoro ma viene rimandato il tutto al capitolo verifiche e conclusioni.

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XLIII

Le disfunzioni osteopatiche piu’ comuni riscontrate all’anamnesi Disf. Cranio/sacro

Lesioni Intraosse

Disf. Viscerali

Disf. Strutturali

Disf. Neuroendocrine

Sistema Linfatico

Ipomobilita’ Diaframmatiche’

Compressioni SSB Tutte le suture del cranio Strain/V Strain/L Coccige

Sacro Temporale Sterno Mascellari Sfenoide

Organi emuntori Cardias Polmon Duodeno piloro

dorsali Surreni Timo Ovaie

Drenaggi di tutto il sistema linfatico

Tentorio D.buccale OTS D.toracico D.pelvico

A livello cranio-sacro Sono state riscontrate numerose compressioni della SSB del sacro e numerosi blocchi suturali

cranici oltre a lesioni intraossee dovute a parti abbastanza complessi (vedi anamnesi)

A livello viscerale Il cibo può causare fissazioni in certi organi intendendo “fissazione “ quando ci si riferisce ad

una diminuzione di movimento. Una fissazione viscerale si intende quando un organo perde in parte o in tutto la sua capacità di muoversi.

Abbiamo riscontrato fissazioni sia funzionali (che interessano solo la funzione dell’organo) che posizionali(dove variano le relazioni anatomiche degli organi e le relazioni anatomiche degli organi e le loro articolazioni si modificano).

Molte sostanze commestibili possono bloccare la motilità viscerale (Barral ricerche) e quindi creare allergie.Una sostanza puo’ anche accrescere la vitalità e l’ampiezza della motilità di un organo e nello stesso tempo, diminuire la motilità di un altro. Quello che è importante è l’interazione fra la sostanza e il paziente.

Abbiamo riscontrato a livello neurovegetativo le seguenti disfunzioni osteopatiche - COMPRESSIONE S.S.B. - provoca simpaticotonia per parasimpaticolisi - SACRO BLOCCATO - provoca simpaticotonia per parasimpaticolisi - SACRO ANTERIORE BILATERALE - provoca parasimpaticotonia per anfotonia (ipertonia dei due sistemi) - C0-C1 - C1-C2 - ESPANSIONE DELLA BASE - permettono il passaggio degli influssi interemisferici regolando l’attivita’ del tono para al passaggio del foro lacero posteriore - LESIONE IN FLEX DELLA S.S.B. - provoca parasimpaticotonia generale - LESIONE IN EST. DELLA S.S.B. - provoca simpaticotonia generale - PARADOSSO TRA S.S.B. E SACRO - crea parasimpaticotonia (asma - allergie - depressione - angoscia) - STACKING –problemi sull’ asse ipotalamo-ipofisario - COCCIGE - riequilibrio orto/para - GANGLIO DI RIBES - da riequilibrare in caso di parasimpaticotonia o ipotensione

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XLIV

- GANGLIO SFENO PALATINO - inibizione per ortosimpaticotonia - stimolazione per parasimpaticotonia- GANGLIO CERVICALE SUPERIORE - stimolazione nei problemi funzionali parasimpaticotonici delle viscere craniali o generali, cosi’ come nelle emicranie per vaso dilatazione arteriosa - inibizione nelle simpaticotonie generali e nelle cefalee parietali o frontali di origine circolatoria o posturale- GANGLIO STELLARE - stimolazione nelle simpaticotonie delle viscere mediastinali e degli arti superiori, nelle cefalee posteriori di origine circolatoria o posturale e nelle simpaticotonie generali - GANGLI TORACICI - stimolazione in caso di simpaticolisi locali o regionali - sulle lesioni croniche o vecchie (mai sulle lesioni recenti o acute) - inibizione simmetrica in caso di simpaticotonie- GANGLI DA L2 - per problemi circolatori degli arti inferiori di origine simpaticotonica - GANGLIO IMPARI - inibizione per tocco rettale nei problemi funzionali simpaticotonici addominali, pelvici e genitali - Stimolazione nei problemi di origine parasimpatica - VERTEBRE - articolatorio nelle simpaticolisi metameriche o regionali - (L3 - centro di gravita’ del corpo e della visceromotricita’ pelvica - D9 per le surrenali, fegato, colecisti, milza, pancreas e diaframma D4 - vasomozione generale del corpo - C7/D1 - stellare e prima costa - C4/C5 - frenico (diaframma) - ALTERAZIONE CIRCOLATORIA - liberazione dello S.T.S. - riarmonizzazione 3 diaframmi - attivazione pompa toraco addominale - grande manovra addominale - - LIVELLO FLUIDICO - (da effettuare dopo aver tolto le tensioni fasciali) a) - ROTOLAMENTO BILATERALE DEI TEMPORALI - (induce la fluttuazione longitudinale) da praticare prevalentemente nelle parasimpaticotonie, inducendo un aumento del ritmo/ampiezza (si puo’ praticare per simpaticotonia rallentando il ritmo): stimola il tono orto, inibisce il para - stimola l’epifisi, la tiroide, inibisce il sistema delle gonadi b) - PUSSY FOOT - (induce la fluttuazione trasversale) da praticare in caso di simpaticotonie inducendo un’accellerazione - (si puo’ utilizzare anche nelle parasimpaticotonie rallentando il ritmo): stimola il tono para, inibisce l’epifisi, inibisce l’asse ipotalamo/ipofisario, stimola il sistema delle gonadi c) - C.V.4 - tecnica utilizzata per togliere L.C.R. dal ventricolo e provocare la fluttuazione in periferia, migliorando gli scambi cellulari e regolarizzando l’omeostasi - rallenta la fluttuazione longitudinale inibisce fortemente l’ortosimpatico - rilassaa il tono muscolare e circolatorio - drena la microglia ed il tessuto epineurotico - favorisce la polarizzazione della membrana della cellula nervosa e un rilassamento del tono - agisce sull’asse ipotalamo/ipofisario - inibisce la tiroide e l’epifisi – stimola il sistema gonadico - ha un effetto parasimpaticotonico potente - indicato nelle astenie intellettuali - nelle ortosimpaticotonie - negli squilibri neuroendocrini - negli stati infettivi ed infiammatori – nelle stasi fluidiche - nelle inerzie uterine - RIEQUILIBRIO DELLA CORTECCIA NEUROVEGETATIVA - lift frontale - sutura metopica - fronto etmoidale - fronto sfenoidale - foro occipitale

- LIVELLO RIFLESSO - punti dolorosi del tessuto connettivo, cellulalgie metameriche.

I trattamenti osteopatici Abbiamo all’inizio dell’esperienza tracciato un percorso osteopatico generale che comprendeva i

seguenti punti:

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XLV

1. Lesioni intraossee e traumi: struttura 2. Drenaggio: fegato e grosso intestino poi ots/sterno/coste/timo/scapole dorsali

alte/aponeurosi collo/drenaggio linfatico pompe toraciche e inferiori C0/C1 C/S 3. Immunostimolazione 4. Lavoro Neurologico: SNA cranio e sacro SER piramide 5. Neuroendocrino: gonadi / fegato milza e pancreas / timo tiroide ipofisi 6. Valutazione dell’organo bersaglio 7. Eliminazione di tutte le restrizioni fasciali 8. Dieta

Questo è stato chiaramente un percorso che abbiamo ipotizzato all’inizio del lavoro riadattandolo volta per volta e caso per caso seguendo sempre le grandi regole generali dell’osteopatia: La vita è movimento Il rallentamento del movimento porta alla stasi, la stasi finale è la morte La legge dell’arteria suprema Ogni problema nel buon funzionamento arterioso porta ad un ischemia nella zona irrorata da questa arteria e quindi ad una patologia lontana dal punto di restrizione. La struttura governa la funzione Tutte le anomalie possono portare ad una malattia funzionale ed ulteriormente organica. Ogni rallentamento di mobilità in una struttura , nel senso piu’ largo del termine, puo’ portare a piu’ o meno lungo termine, ad un disequilibrio nella fisiologia e dunque ad una patologia

PRINCIPI - liberare le restrizioni strutturali miofasciali - regolarizzare le funzioni circolatorie e micro-circolatorie - regolarizzare il sistema orto & para

OBIETTIVI - Inibire o stimolare il sistema “orto - para” tramite il meccanismo cranio/sacrale e del sistema

gangliare - regolare gli influssi inter-emisferici per armonizzare le influenze esterne

- riequilibrare l’asse ipotalamo ipofisario (in caso di alterazioni endocrine)- togliere le restrizioni fasciali generatrici di lesioni strutturali e di stasi fluidiche e circolatorie che sono all’origine dell’anabolismo tissutale

- drenare e rigenerare le cellule per migliorare il funzionamento energetico

- trattare a livello locale il metamero e gli organi in disfunzione, sia nella primarieta’ che nel compenso

- togliere le restrizioni strutturali, tanto a livello vertebrale che a livello periferico.

Riequilibrio neurovegetativo e cranio-sacrale E’stato molto importante il lavoro di riequilibrio a livello neurovegetativo e cranio-sacrale senza

dimenticare pero’ i principi osteopatici che sono quelli di liberare le restrizioni strutturali miofasciali, regolarizzare le funzioni circolatorie e micro-circolatorie e regolarizzare il sistema orto e para inibendoli o stimolandoli tramite il meccanismo cranio/sacrale e del sistema gangliare.

A livello neuroendocrino è stato importante riequilibrare l’asse ipotalamo-ipofisario (importante per le alterazioni endocrine), togliere tutte le restrizioni fasciali generatrici di lesioni strutturali e di stasi fluidiche e circolatorie che sono all’origine dell’anabolismo tissutale.

I drenaggi effettuati per rigenerare e migliorare il funzionamento energetico trovato molto basso nei bambini .

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XLVI

Piu’ specificatamente a livello cranio/sacrale

A LIVELLO CRANIO-SACRALE- C0-C1 - C1-C2 per il passaggio degli influssi inter/emisferici - liberazione della S.S.B. per le lesioni non fisiologiche - liberazione del sacro - liberazione della S.S.B. per le lesioni fisiologiche - armonizzazione sacro - cranio - riarmonizzazione dell’asse ipotalamo-ipofisario - - correzione del coccige - foro occipitale e foro lacero posteriore A LIVELLO GANGLIARE - equilibrio del GANGLIO DI RIBES (tra la sutura coronale e il vertice con percussione per stimolare oppure V spread per inibire) da riequilibrare in caso di parasimpaticotonia o ipotensione - GANGLIO SFENO PALATINO - inibizione per ortosimpaticotonia - stimolazione per parasimpaticotonia- GANGLIO CERVICALE SUPERIORE - stimolazione nei problemi funzionali parasimpaticotonici delle viscere craniali o generali, cosi’ come nelle emicranie per vaso dilatazione arteriosa - inibizione nelle simpaticotonie generali e nelle cefalee parietali o frontali di origine circolatoria o posturale- GANGLIO STELLARE - stimolazione nelle simpaticotonie delle viscere mediastinali e degli arti superiori, nelle cefalee posteriori di origine circolatoria o posturale e nelle simpaticotonie generali - GANGLI TORACICI - stimolazione in caso di simpaticolisi locali o regionali - sulle lesioni croniche o vecchie (mai sulle lesioni recenti o acute) - inibizione simmetrica in caso di simpaticotonie - GANGLI DA L2 - per problemi circolatori degli arti inferiori di origine simpaticotonica - GANGLIO IMPARI - inibizione per tocco rettale nei problemi funzionali simpaticotonici addominali, pelvici e genitali - Stimolazione nei problemi di origine parasimpatica A LIVELLO VERTEBRALE L3 - D9 - D4 - C7/D1 - C4/C5 VERTEBRE - articolatorio nelle simpaticolisi metameriche o regionali - (L3 - centro di gravita’ del corpo e della visceromotricita’ pelvica - D9 per le surrenali, fegato, colecisti, milza, pancreas e diaframma D4 - vasomozione generale del corpo - C7/D1 - stellare e prima costa - C4/C5 - frenico (diaframma) A LIVELLO CIRCOLATORIO - liberazione dello Stretto Toracico Superiore - riequilibrio dei 3 diaframmi - armonizzazione del fegato - attivazione della pompa toraco-addominale - grandi manovre delle masse viscerali A LIVELLO DEI PLESSI NEUROVEGETATIVI - riequilibrio fasciale di tutti i plessi nervosi con tecniche funzionali A LIVELLO FLUIDICO (da effettuare dopo aver tolto le tensioni fasciali)- rotazione bilaterale dei temporali - pussy foot

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XLVII

- CV4 A LIVELLO DELLA CORTECCIA NEUROVEGETATIVA - lift frontale - sutura metopica - fronto/etmoidale - fronto/sfenoidale - foro occipitale A LIVELLO RIFLESSO

- tutti i punti dolorosi del tessuto connettivo

TERRENO per trattamento neurovegetativo

ORTOSIMPATICO PARASIMPATICO

Sacro Diaframma toracico + pilastri

Strutturale vertebrale Stimolazione gh. Surrenali

S.S.B rilasciamento viscerale globale

Fulcro di Sutherland 3D

Pussy foot C0/C1 + foro lacero posteriore

CV4 e/o EV4 ganglio di ribes + coccige

C/S rotolamento bilaterale dei temporali

3D C/S

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XLVIII

CAPITOLO 6 - Verifiche e conclusioni Arrivati, dopo otto mesi, al termine di questa esperienza possiamo incominciare a trarre alcune

conclusioni di fondo date sia da elementi di sintomatologia clinica ma sopratutto dai test allergologici in vitro (Rast test).

Abbiamo intervistato i genitori dei bambini all’inizio di ogni trattamento fino alla fine del lavoro per sapere quali particolari sintomatologie o cambiamenti avevano avuto periodicamente i loro figli.

Le risposte di tali domande sono state nella maggioranza piu’ che positive, nel senso che abbiamo visto per lo piu’ regredire quasi tutti i sintomi piu’ importanti tranne un solo caso di otite che pensiamo pero’ sia stato dovuto ad un fatto traumatico (rottura timpano).

Ed è quindi da questa situazione di miglioramento globale che, a detta dei nostri genitori e dagli stessi pediatri, dobbiamo giudicare il nostro lavoro in termini positivi, infatti in medicina pediatrica il riscontro della clinica risulta piu’ significativo degli esami strumentali (dott. Battistini).

Gli stessi genitori ci hanno chiesto di poter continuare questa esperienza anche nei prossimi mesi fiduciosi di ottenere ulteriori miglioramenti.

Altro punto di notevole interesse è dato anche dalla piacevole e costruttiva esperienza di lavoro con i pediatri di riferimento in quanto l’interscambio di valori, esperienze e conoscenze ha sicuramente arrichito tutti ed in particolare chi come me è all’inizio di un percorso formativo.

Sintomatologie riscontrate alla fine dei trattamenti E’ rilevante per ogni bambino puntualizzare i cambiamenti delle sintomatologie dall’inizio alla

fine dei trattamenti. Partendo da soggetto B. M. sono peggiorati i mal di testa nel primo periodo di lavoro poi sono

regrediti fino a scomparire. In generale invece sono migliorate le situazione posturali della maggioranza dei bambini.

Per la piccola G. I. il dolore al collo avuto nei primi 2 trattamenti è scomparso alla terza seduta. I sintomi gastrointestinali (forte diarrea ) si sono gradualmente regolarizzati e stabilizzati.

Anche per B.V. le reazioni eritematose e i dolori addominali sono scomparsi alla fine dei trattamenti.

La mamma della piccola C.F. ci ha segnalato invece un notevole miglioramento intestinale, che da frequenti scariche diarroiche a portato il bimbo ad una situazione di regolarità intestinale. Molto evidente è risultato il miglioramento caratteriale e sociale , nei riguardi dei compagni all’asilo e dei genitori (meno aggressivo e piu’ tranquillo).

M. S. dopo i nostri sette mesi di incontri, come dice la sua mamma, è piu’ attivo ed energico. Le frequenti otiti (forse per rottura timpano) e le numerose dermatiti dopo i trattamenti sono

invece state le non positive reazioni di T.E. in compenso è scomparsa la reazione allergica, dermatite, all’alimento

Tutto positivo per la P. J. migliorata nelle reazioni allergiche respiratorie e scomparsi i mal di testa.

La sorella, P. T. è forse quella che ci ha dato le maggiori soddisfazioni in quanto dall’inizio alla fine ha avuto i piu’ significativi cambiamenti infatti caratterialmente è piu’ disponibile e aperta è

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XLIX

migliorato il dolore al collo e scomparso il mal di testa infine sono diminuite le reazioni manifestazioni allergiche .allergiche.

T. A. come ci conferma il padre è generalmente migliorato ma soprattutto ha ridotto notevolmente i suoi problemi intestinali invece da capire il suo aumento delle IgE totali.

Infine, pur se migliorato il mal di testa e il male al collo, la sintomatologia è rimasta per il soggetto B. V. ancora violenta.

Considerazioni Tutti questi risultati ci hanno molto incoraggiato e stimolato portandoci a proporre ai genitori di

proseguire nei trattamenti anche nei prossimi mesi. Abbiamo anche pensato che il riscontro in vitro fatto subito dopo l’ultimo trattamento non ha

lasciato tempo per la reazione organica del bambino consigliando ai genitori una possibile ripetizione del Rast test verso il mese di ottobre.

Ci rimane come unico grosso rammarico avere perso durante questi mesi alcuni bambini purtroppo con genitori non troppo determinati o fiduciosi nel percorso che avevamo loro prospettato. Speriamo che questa nostra positiva esperienza dia piu’ forza e credibilità al nostro lavoro e ai nostri sforzi.

Nelle analisi di laboratorio possono essere facilmente riscontrabili errori per motivi principalmente tecnici ma nel nostro caso ,abbiamo avuto la conferma ,dai nostri pediatri, dell’attendibilità delle indagini in quanto tutte le strutture da noi utilizzate sono molto qualificate e precise negli esami effettuati (tutti gli esami provengono da serie strutture pubbliche).Ci è stato anche confermato il fatto che le IgE generali non hanno una grossa importanza nel contesto della reazione allergiche ma sono soprattutto indice di varie problematiche (vedi tabella IgE generali).

Abbiamo anche pensato ,attraverso degli istogrammi, di riprodurre tutte le variazioni alimentari prima e dopo il lavoro osteopatico prendendo come parametri non i valori numerici delle IgE specifiche alimentari di ogni paziente ma le loro classi di appartenenza (vedi tabelle IgE classi alimentari), in quanto sono queste classi ,come ci ha confermato il dott.Battistini, che ci indicano il piu’o meno importante cambiamento della componente allergica.

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L

Variazioni IgE alimenti per classi e per singolo paziente valori di riferimento

IgE specifiche: inf. a 0.35 classe 0 negativo

0.35-0.70 cl.1 negativo 0.71-3.50 cl. 2 pos. debole

3.51-17.50 cl.3 positivo 17.51-52.50 cl.4 pos. forte

52.51-100 cl.5 pos.forte sup. a 100 cl.6 pos.molto forte

B. M. anni 5

Paziente Alimento Diff. Classi Rast pre Rast post

Bollini M. Grano 2 2 Riso 2 2 Carota 2 2 Patata 1 2 Latte 0 1 Arachidi 0 1 Soia 0 1 Pomodoro 0 1 Mela 0 1

00,20,40,60,8

11,21,41,61,8

2

Gra

no

Ris

o

Car

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Pata

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Latte

Arac

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Soia

Pom

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o

Mel

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Bollini M.

Diff. Classi

Rast pre

Rast post

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LI

B. V. anni 11

Paziente Alimento Diff. Classi Rast pre Rast post

Bollini V. Latte 1 0 Grano 3 3 Riso 3 3 Piselli 2 1 Soia 3 2 Nocciole 3 3 Pomodoro 3 3 Carote 2 2 Arance 3 3 Patate 3 2 Arachidi 3 3 Mela 4 4 Banana 3 2

Cavagnoli Filippo anni 4

Paziente Alimento Diff. Classi Rast pre Rast post

Cavagnoli F. Latte 2 0 Lattoglob. 2 0

00,20,40,60,8

11,21,41,61,8

2

Diff. Classi Rast pre Rast post

Cavagnoli F. Latte

Cavagnoli F. Lattoglob.

0

1

2

3

4

Latte

G

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Bollini V.

Diff. Classi Rast pre Rast post

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LII

G. I. anni7

Paziente Alimento Diff. Classi Rast pre Rast post

Gualandi I. Bianco uovo 4 3 Latte 0 3 Grano 2 0 Arachidi 3 3 Semi di soia 2 2 Pomodoro 3 3 Granoturco 3 2 Piselli 2 2 Tuorlo uovo 2 2 Mela 3 3

00,5

11,5

22,5

33,5

4

Bian

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rano

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Gualandi I.

Diff. Classi

Rast pre

Rast post

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LIII

M. S. anni 8

Paziente Alimento Diff. Classi Rast pre Rast post

Magnani S. Grano 3 3 Arachidi 3 3 Pomodoro 3 4 Bianco uovo 1 0 Latte 1 0 Merluzzo 1 0 Grano 3 3 Mela 2 3 Semi di soia 3 3

00,5

11,5

22,5

33,5

4

Gra

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Pom

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Bian

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Mer

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Magnani S.

Diff. Classi

Rast pre

Rast post

P. J. anni 11

Paziente Alimento Diff. Classi Rast pre Rast post

Palmitessa J Bianco uovo 1 0

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

Diff. Classi Rast pre Rast post

Palmitessa J Bianco uovo

Palmitessa J Bianco uovo

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LIV

P. T. anni 8

Paziente Alimento Diff. Classi Rast pre Rast post

Palmitessa T. Bianco uovo 4 4 Mela 3 3 Grano 3 4 Pomodoro 3 1 Piselli 3 3 Merluzzo 4 3 Latte 2 3 Arachidi 2 3 Semi di soia 3 3

T. E. anni 4

Paziente Alimento Diff. Classi Rast pre Rast post

Trombetti E. Bianco uovo 1 0 Latte 1 0 Merluzzo 1 0

0

1

2

3

4

Bia

nco

uovo

Mel

a

Gra

no

Pom

odor

o

Pis

elli

Mer

luzz

o

Latte

Ara

chid

i

Sem

i di s

oia

Palmitessa T.

Diff. Classi Rast pre Rast post

0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9

1

Diff. Classi Rast pre Rast post

Trombetti E. Bianco uovo

Trombetti E. Latte

Trombetti E. Merluzzo

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LV

Z. S. anni 4

Paziente Alimento Diff. Classi Rast pre Rast post

Zanetti S. Bianco uovo 1 0

T. A. anni 9 Paziente Alimento Diff. classi Rast pre Rast post Torcianti A. Albume uovo 2 0 Latte 3 0 Grano 2 3 Fagioli bianchi 2 2 Pomodoro 2 3 Patate 2 2

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

Albu

me

uovo Latte

Gra

no

Fagi

oli

bian

chi

Pom

odor

o

Pata

te

Torcianti A.

Diff. classi

Rast pre

Rast post

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

Diff. Classi Rast pre Rast post

Zanetti S. Bianco uovo

Zanetti S. Bianco uovo

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LVI

B. V. anni 12

Paziente Alimento Diff. Classi Rast pre Rast post

Bertarini V. Carota 2 2 Mela 2 2 Kiwi 1 2 Patate 1 0 Soia 1 0 Piselli 2 1

Commento agli esami in vitro: Le IgE generali sono in 5 casi diminuite e in 6 casi aumentate ma come descritto

precedentemente non è questo un valore cosi’ determinante salvo che, come in 3 casi, le IgE abbiano avuto un valore troppo elevato( possibili altre problematiche).

Generalmente sono piu’ diminuite che aumentate le IgE specifiche per alimenti.

Per la valutazione individuale guardare gli istogrammi di ogni bambino.

0

0,5

1

1,5

2 C

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a

Mel

a

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Bertarini V.

Diff. Classi Rast pre Rast post

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LVII

Istogrammi finali per gli alimenti piu’comunemente riscontrati pre e post Rast per differenza di classi allergiche

Abbiamo anche deciso di provare a verificare con degli istogrammi la variazione delle classi delle IgE specifiche suddividendole per ogni alimento allergizzante.

Grano Latte

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

1 2 3 4 5 6 7 8

Latte

diff.classi totale

Rast pre

Rast post

Arachidi Soia

Pomodori Mela

0

1

2

3

4

1 2 3 4 5 6 7

Grano diff.classi totale Rast pre Rast post

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

1 2 3 4 5

Arachidi diff.classi totale Rast pre Rast post

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

1 2 3 4 5 6

Soia diff.classi totale Rast pre Rast post

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

1 2 3 4 5 6

Pomodoro diff.classi totale Rast pre Rast post

0 0,5

1 1,5

2 2,5

3 3,5

4

1 2 3 4 5 6

Mela diff.classi totale Rast pre Rast post

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LVIII

Bianco uovo Patata

Merluzzo Piselli

Commento per classe di allergie per singolo alimento Per quanto riguarda gli alimenti piu’ comunemente riscontrati nelle analisi abbiamo notato che il cambiamento nei pre-rast e nei post-rast test è stato il seguente: Merluzzo in 5 analisi 4 sono diminuite di una classe e 1 caso è rimasto nella stessa classe Piselli in 5 analisi 1 è diminuito di una classe e in 4 casi è rimasto nella stessa classe Bianco uovo in 6 analisi 5 sono diminuite di una classe e 1 caso è rimasto nella stessa classe Soia in 6 analisi 2 sono diminuite di 1 classe - 1 è aumentata di 1 classe e 3 sono rimaste nella stessa classe Arachidi in 5 analisi 1 è diminuita di una classe - 1 è aumentata di 1 classe e 3 sono rimasti nella stessa classe Mela in 6 analisi 1 è diminuita di 1 classe - 1 è aumentata di una classe e 4 sono rimaste nella stessa classe Latte in 8 analisi 1 è diminuita di 3 classi 1 è diminuita di 2 classi e 3 sono diminuite di 1 classe – 2 sono aumentate di 1 classe – 1 è rimasto nella stessa classe Pomodoro in 6 analisi 2 sono diminuite di 1 classe – 2 sono aumentate di una classe e 2 sono rimaste nella stessa classe Grano in 7 analisi 1 è diminuita di 2 classi e 2 sono diminuite di 1 classe 2 sono aumentate di 1 classe e 2 sono rimaste nella stessa classe Patata in 5 analisi 1 è diminuita di 1 classe 2 sono aumentate di 1 classe e 2 sono rimaste nella stessa classe PER TUTTI GLI ALTRI ALIMENTI MENO COMUNI SI RIMANDA AI GRAFICI PER SINGOLI PAZIENTI

0 0,5

1 1,5

2 2,5

3 3,5

4

1 2 3 4 5 6 7

Bianco uovo diff.classi totale Rast pre Rast post

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

1 2 3 4 5

Patata diff.classi totale Rast pre Rast post

0 0,5

1 1,5

2 2,5

3 3,5

4

1 2 3 4 5

Merluzzo diff.classi totale Rast pre Rast post

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

1 2 3 4 5

Piselli diff.classi totale Rast pre Rast post

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LIX

Conclusioni Osteopatiche: Dal punto di vista osteopatico i nostri piccoli pazienti presentavano compressioni della SSB,

strains, blocchi suturali (maggiori nella sfera anteriore) e sacrali a dimostrazione di quanto tutto il ritmo cranio-sacrale fosse inattivo.

I primi risultati clinici evidenti sono avvenuti in conseguenza del rilancio cranio-sacrale che è stato attivato in piu’ sedute in quanto le patologie allergiche a causa della loro cronicità riducevano sempre il movimento delle meningi fra sacro e cranio.

Il quadro neurovegetativo si è normalizzato in tutti quei pazienti dove all’inizio della terapia si erano riscontrati disturbi gastrointestinali e disequilibri somato-emozionali (turbe del comportamento).

Il riequilibrio e la ricerca della sincronia dei diaframmi diventa di grande importanza poiché sono indispensabili per il buon funzionamento circolatorio e per il mantenimento delle pressioni corporee. Di particolare importanza il diaframma toracico ,a ponte tra la cavità toracica (pressione negativa) e la cavità addominale (pressione positiva): le minime variazioni pressorie perturbano tutte le strutture legamentose e fasciali collegate agli organi viscerali che reagiranno a tali variazioni pressorie con un aumento del peso specifico organico, un irrigidimento dei fasci aponeurotici e tendinei , una nuova barriera meccanica al passaggio dei fluidi.(Barral).

Oltre al sistema cranio-sacrale anche gli organi emuntori (polmoni, intestino crasso e reni) sono stati migliorati nel loro rallentamento circolatorio ,nella stasi linfatica ,nelle congestioni venose e nella mobilità e motilità. Oltre a questi un lavoro importante è stato effettuato sul fegato fondamentale per tutto gli scambi metabolici e biochimici .

L’attivazione neuroendocrina si è concentrata sulla stimolazione surrenalica (ghiandola di maggiore attivazione nei processi allergici)e ,data la giovane età dei pazienti, sulla ghiandola del timo.

Il trattamento si è indirizzato perciò al recupero circolatorio arterioso, venoso e linfatico attraverso tecniche fasciali, liquide come la compressione del terzo e quarto ventricolo, l’espansione del quarto ventricolo, la centralizzazione del fulcro di Sutherland per aumentare i drenaggi e gli scambi biochimici ed enzimatici , per rilanciare il sistema e riattivare la diffusione del liquor cefalorachidiano in modo “ubiquitario”.

Infine, ma per questo non di secondaria importanza , il lavoro osteopatico non può dimenticare il recupero strutturale delle maggiori restrizioni articolari sia vertebrali, sia periferiche e in particolare delle dorsali alte, delle medie, del sacro-coccige e delle coste per la loro importanza nel rilancio del sistema immunitario.