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Il sistema circolatorio 100.000 Km di lunghezza.....343 litri/h da pompare in circolo

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Il sistema circolatorio

100.000 Km di lunghezza.....343 litri/h da pompare in circolo

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Il sistema circolatorio

Si definiscono vasi sanguigni i condotti del sistema circolatorio adibiti al trasporto del sangue attraverso il corpo.

Le tipologie più importanti sono le arterie e le vene, che portano, rispettivamente, il sangue dal cuore al resto dell'organismo e viceversa.

Tutti i vasi sanguigni hanno la stessa struttura di base: la parete interna (tunica intima) è costituita da un pavimento di cellule endoteliali ed è circondata da tessuto connettivo

Attorno a questo si trova uno strato di muscolo vascolare liscio, che è particolarmente sviluppato nelle arterie. Infine, vi è un ulteriore strato di tessuto connettivo (tunica avventizia), che contiene i nervi che servono lo strato muscolare, e i capillari per il trasporto dei nutrienti nei vasi più grandi.

I capillari constano in poco più di uno strato di endotelio e talvolta di tessuto connettivo.

Arteria Vena

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Grandi arterie (arterie elastiche): hanno un diametro che supera i 7mm, con una grossa luce ed una parete particolarmente elastica, necessaria per smorzare le forti pressioni conferite al sangue da parte del cuore. Sono definite anche arterie di conduzione; ne sono esempi l'aorta ed i suoi rami principali, e le arterie polmonari.

Arterie di medio calibro o arterie muscolari: hanno un diametro compreso tra i 2,5 ed i 7 mm, con una grossa luce ed una parete forte ma non troppo elastica; inoltre offrono una bassa resistenza al flusso sanguigno. Sono considerate arterie di distribuzione; ne sono esempi le arterie coronarie e quelle renali.

Arterie di piccolo calibro o arteriole: ricche di tessuto muscolare, presentano una piccola luce ed una parete spessa e contrattile, grazie alla quale regolano e controllano la resistenza del flusso nel letto capillare. Sono governate da una ricca innervazione di fibre simpatiche e da diversi fattori locali. Le arteriole rappresentano le estreme ramificazioni dell'albero arterioso e continuano nei capillari.

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Il calibro e l'elasticità delle arterie decrescono progressivamente dall'aorta verso la periferia, mentre aumenta, di riflesso, la componente muscolare liscia.

Anche pressione e velocità del sangue diminuiscono mano a mano che ci si allontana dal cuore; la sezione trasversa totale, invece, aumenta, perché il calibro della somma dei rami collaterali e terminali di ciascuna arteria è sempre maggiore rispetto a quello del vaso di origine.

Esistono quindi graduali passaggi da un tipo di arteria all'altro; si possono così individuare anche arterie di tipo misto, che presentano caratteristiche intermedie tra le differenti tipologie vasali.

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Le Protesi Vascolari

Le protesi vascolari sono dispositivi medici che vengono impiantati permanentemente allo scopo di ripristinare l’efficacia di un tratto vascolare che, per qualsiasi motivo, non sia più in grado di trasportare correttamente il sangue.

Gli impianti vascolari sono, nella quasi totalità dei casi, impianti arteriosi: ciò dipende dal fatto che le patologie venose sono molto meno frequenti e molto meno gravi in quanto la pressione venosa è inferiore a quella arteriosa (5-10 mm Hg ciò limita il danno vascolare) e solitamente si generano dei circoli collaterali che drenano comunque il sangue venoso.

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Le Protesi Vascolari

Per quanto concerne il letto arterioso, esistono diverse possibili patologie della parete vascolare che conducono alle due principali cause di malfunzionamento: stenosi ed aneurisma.

La stenosi è sostanzialmente un restringimento del diametro dell’arteria causato dalla crescita di una placca aterosclerotica o dalla formazione di un coagulo; una arteria stenotica non è più in grado di trasportare efficacemente il sangue verso i distretti più periferici e quando la stenosi è molto grave i tessuti a valle possono diventare ischemici.

L’ischemia grave riduce o annulla l’apporto di ossigeno ai tessuti con possibile necrosi; nell’organo colpito da necrosi si ha infarto, che produce una parziale o totale perdita della funzione dell’organo medesimo.

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Le Protesi Vascolari

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Le Protesi Vascolari

L’Aneurisma è l’ allargamento dell’arteria causato da cedimento progressivo della parete vascolare.

La parete può rompersi provocando una emorragia interna e non trasportando più il sangue a valle.

L’aneurisma causa inoltre anomale condizioni fluidodinamiche, che possono condurre alla trombosi (coagulazione nella zona intravasale) della zona dilatata.

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Le Protesi Vascolari

Nel caso di un importante aneurisma, la protesi viene impiantata all’interno del vaso, riducendone l’allargamento.

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Caratteristiche di una protesi ideale

1. Biocompatibile

2. Strutturalmente duratura

3. Resistente alle infezioni

4. Facile da sterilizzare e conservare

5. Disponibile in differenti dimensioni

6. Facile da impiantare e da suturare

7. Impermeabile al sangue

8. Non trombogenica

9. In possesso di buona compliance (distensibilità)

10. Di basso costo e facile fabbricazione

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Caratteristiche di una protesi ideale

Grosso calibro (diametro interno > 6mm)

Le protesi di medio e grosso calibro vengono usate per sostituire l'aorta e le sue diramazioni, cioè le arterie che originano dall'arco aortico e dalle arterie iliache.

La velocità del flusso ematico è elevata e solo una piccola percentuale di sangue che fluisce attraverso il vaso viene a contatto con la parete, per cui i fenomeni trombotici sono meno preoccupanti

Piccolo calibro (diametro interno < 6mm)

Proprietà essenziali per una protesi di piccolo calibro sono:

• superficie liscia a basso coefficiente di attrito, non trombogenica.

• dimensioni e proprietà meccaniche simili a quelle delle arterie che devono essere sostituite.

Le protesi di piccolo calibro artificiali sono difficili da realizzare e di problematico funzionamento!!!

Vita media maggiore della aspettativa di vita dell’ospitante

Nessuna reazione biochimica indesiderata

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Caratteristiche di una protesi ideale

L’attrito, può dar luogo a sforzi locali di taglio causando perturbazioni nel flusso, ed anche turbolenze, in prossimità della parete del vaso. Questo a sua volta può provocare aggregazione piastrinica e trombosi.

Questo processo, che una volta innescato è autopropagante, è un problema più grave nelle protesi a piccolo diametro che in quelle a largo diametro.

Perché:

a) lo strato fluido più vicino alla parete (lo strato limite) è proporzionalmente più spesso nei vasi più piccoli;

b) il rivestimento biologico che si forma sulla parete riduce il lume e, in alcuni vasi a piccolo diametro, agisce come una stenosi.

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Come rendere una superficie non trombogenica?

1. rendere porosa la parete della protesi, con la speranza che venga promossa la formazione di neointima (nuova superficie completamente naturale = endotelio)

Ma una neointima «vera» non si riforma e, specialmente attorno alle anastomosi, il tessuto neoformato può crescere in modo abnorme (iperplasia intimale) e quindi occludere il vaso

2. rivestimenti interni non porosi, in materiale sintetico inerte, come il carbonio turbostratico, o opportunamente funzionale in senso biologico.

Tentativi in questo secondo senso (ad es. legando chimicamente o fisicamente un anticoagulante come l’eparina in superficie) hanno incontrato scarso successo clinico a causa di vari motivi, tra cui le difficoltà di dosare la quantità e l’attività dell’eparina legata, il costo elevato, la mancanza di riproducibilità 3. ricreare un endotelio naturale tramite inseminazione della protesi con

cellule endoteliali Tentativi che non sono riusciti a dare i risultati sperati a causa dell’incapacità di tali cellule di rimanere aderenti alla superfici della protesi e di proliferare normalmente. Con i progressi dell’ingegneria tissutale, tuttavia, si stanno facendo molti passi in avanti in questa direzione.

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Caratteristiche di una protesi ideale

Dimensioni e proprietà meccaniche simili a quelle delle arterie che devono essere sostituite. Per minimizzare disturbi nel flusso le dimensioni di protesi e arteria naturale dovrebbero essere uguali, e per il trasferimento ottimale di energia pulsatile anche le proprietà elastiche dovrebbero essere le stesse. Un cattivo accoppiamento anastomotico è inefficiente e l'inefficienza in vivo è aggravata dal fatto che per ogni innesto protesico ci sono due anastomosi. Il grosso problema è la compliance

Le protesi vascolari hanno dei problemi a riprodurre fedelmente il comportamento meccanico dei vasi ematici….ciò equivale a dire che possiedono scarsa compliance

La compliance (C) è una misura della distensibilità di un vaso in direzione radiale ed è data da:

( )P

DDC

×∆=

100

ressionepdivariazioneP

diametrodivariazioneD

vasodeldiametroD

=∆

=∆

=

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Caratteristiche di una protesi ideale

I materiali protesici che determinano i risultati più soddisfacenti sono, ovviamente, quelli biologici ed in particolare quelli autologhi (vene e arterie) grazie alle loro caratteristiche anatomiche (endotelio integro che regola i processi coagulativi, tonaca media che garantisce la corretta tonicità e avventizia che nutre le pareti)

Purtroppo in alcuni casi, l’impiego di materiali biologici non è possibile, ed ecco emergere l’importanza della ricerca scientifica nel progettare nuovi materiali sintetici per i quali sono fondamentali tre aspetti:

• Bassa trombogenicità

• Buone caratteristiche di incorporazione

• Cicatrizzazione e stabilità nel lungo periodo

Le protesi sintetiche attualmente in commercio sono solitamente soddisfacenti per il trattamento ricostruttivo dei grossi vasi, mentre presentano ancora dei limiti nel trattamento dei vasi di piccolo calibro (<6 mm)

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Fattori da valutare per l’impianto

Soggettivi (legati al paziente)

• luogo di impianto

• estensione e decorso della patologia (arteriosclerosi)

• patologie associate (diabete, ipertensione, infezioni,…)

• fattori di rischio (fumo, …)

Oggettivi (legati al tipo di innesto o graft)

• tipo e qualità del materiale

• tecnologia

Fattori legati all’intervento chirurgico

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Tipologie di Impianti Vascolari

ORIGINE SINTETICA

• in politetrafluoretilene (PTFE)

• in polietilentereftalato (PET)

• in poliuretano (PUR)

ORIGINE BIOLOGICA

• non trattati chimicamente

• trattati chimicamente

• ingegneria dei tessuti

PROTESI VASCOLARI

fabbricate industrialmente per trasformazione tecnologica di materiali di origine non biologica

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Impianti Vascolari di Origine Biologica

non trattati chimicamente

• vena del paziente stesso

• arteria del paziente stesso

• vena di altro soggetto umano

• arteria di altro soggetto umano

trattati chimicamente

• vena ombelicale umana

• vaso bovino

• protesi prodotta con pericardio bovino

ingegnerizzati (con/senza supporto sintetico, bio/non-bioriassorbibile)

• protesi fabbricata per coltura di tessuti viventi

• protesi prodotta all'interno di un animale

• protesi prodotta all'interno del paziente stesso

OMOLOGHI

ETEROLOGHI

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Impianti Vascolari di Origine Biologica

non trattati chimicamente (vena e arteria del paziente stesso)

A tutt’oggi la vena safena autologa è ottimale per bypass arteriosi di diametro < 6 mm, incluse arterie distali e le coronarie mentre le arterie autologhe (iliaca interna ed esterna, femorali superficiali, mammaria interna) sono ideali nei bypass delle arterie cardiache e delle arterie periferiche Ma entrambe presentano lo svantaggio della limitata disponibilità dei siti donatori.

A causa della eccellente pervietà a lungo termine, l’arteria mammaria interna è considerata la scelta migliore per bypass aorto-coronarico in pazienti più giovani.

Per altri pazienti, quando la mammaria interna non è disponibile o non indicata, l’alternativa è rappresentata dall’arteria gastrica destra o da quella intercostale. Anche l’arteria radiale è stata utilizzata con successo per il bypass coronarico.

Vantaggi:

• presenza di lining (i.e. pavimento, rivestimento) di cellule endoteliali;

• proprietà meccaniche paragonabili a quelle delle arterie native;

• assenza di colonizzazione batterica.

Kunlin ha realizzato il primo bypass di vena safena nel 1948, e gli esiti di questa procedura sono stati soddisfacenti al punto che prima della fine degli anni ’50 è stato introdotto nella pratica clinica l’uso di innesti venosi nel sistema arterioso.

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Impianti Vascolari di Origine Biologica

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Impianti Vascolari di Origine Biologica

non trattati chimicamente

• arteria del paziente stesso

L’uso delle arterie iliaca interna o splenica ha avuto successo in casi di stenosi dell’arteria renale perché non degenerano e presentano una buona flessibilità.

L’iliaca esterna e le femorali superficiali sono impiegate nei bypass dell’arteria viscerale o per la sostituzione dell’arteria poplitea, che implica l’inserimento attraverso l’articolazione del ginocchio.

Gli autograft arteriosi presentano adeguata funzionalità anche in presenza di infezioni.

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Impianti Vascolari di Origine Biologica

trattati chimicamente

• vena ombelicale umana

• vaso bovino

• protesi prodotta con pericardio bovino

Il trattamento chimico consiste nella “fissazione” con glutaraldeide (reticolazione chimica delle molecole di collagene), che elimina l’antigenicità (risposta immunitaria) e aumenta la resistenza a trazione, ma anche la fragilità.

Queste bioprotesi non sono vitali, ed il lining di endotelio è assente.

I fattori limitanti sono quindi l’assenza di potenzialità riparative (healing) e fragilità strutturale della parete di collagene.

Eterograft Bovini (arterie carotidi di vitello, arterie mammarie interne bovine)

Le maggiori complicazioni sono state dilatazioni, biodegradazione (calcificazione, disintegrazione), infezione e formazione di cisti.

Questi graft sono riservati a pazienti che richiedano procedure di accesso ematico secondario in emodialisi, plasmaferesi e/o chemioterapia.

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Impianti Vascolari di Origine Biologica

trattati chimicamente

• vena ombelicale umana (HUV)

Si ottiene dal cordone ombelicale umano, lungo 50 cm e che contiene in genere una vena e due arterie ricoperte da una sostanza gelatinosa protettiva (la gelatina di Wharton).

La vena è più larga (può raggiungere i 7 mm di diametro) e non presenta valvole né rami collaterali.

Inizialmente, a causa dell’inadeguatezza delle tecniche di conservazione impiegate i risultati erano deludenti ma attualmente, grazie al trattamento con glutaraldeide che rende più stabili i legami del collagene, si può disporre di una protesi stabile e scarsamente antigenica.

I cordoni ombelicali vengono puliti e conservati a freddo in sala parto; successivamente in fabbrica viene eliminato ogni residuo di tessuto attorno alla vena che viene montata su un mandrino e trattata con glutaraldeide

Una volta rimossi eccessi di materiale gelatinoso e proteico con trattamenti a base di etanolo, i cordoni sono rivestiti da una rete di Dacron per migliorarne le caratteristiche di resistenza

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Impianti Vascolari di Origine Biologica

trattati chimicamente

• vena ombelicale umana (HUV)

Difetti: biodegradazione del collagene, con progressiva dilatazione e, in alcuni casi, formazione di aneurismi e colonizzazione batterica.

Ci sono problemi associati all’assorbimento di lipidi in relazione al metabolismo dell’organismo ospite che possono favorire il processo di biodegradazione.

Le attuali indicazioni per la HUV sono limitate all’uso come dispositivo per l’accesso ematico e per bypass negli arti inferiori quando non sia disponibile una vena autologa (alternativa a safena in pazienti con scarsa life expectancy).

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Impianti Vascolari di Origine Biologica

ingegnerizzati (con/senza supporto sintetico, bio/non-bioriassorbibile)

• protesi prodotta all'interno del paziente stesso

Graft autologhi “Sparks mandril” (ELIMINATI)

Il concetto del dispositivo a mandrino di Sparks (fine 1960) in sé era geniale.

Si doveva far crescere una protesi vascolare nel paziente impiantando sottocute un mandrino rigido (in silicone o acciaio) circondato da una rete di Dacron vicino al sito della futura ricostruzione vascolare.

Dopo un periodo di maturazione di 4-8 settimane il mandrino veniva rimosso e il tubo di Dacron-collagene veniva impiantato come bypass arterioso.

I risultati su animale e l’esperienza clinica sono stati deludenti.

Il tubo di collagene è formato da tessuto fibroso non orientato e la protesi non riesce a sopportare la pressione ematica pulsatile; si dilata progressivamente, diventa aneurismatica e infine trombizza o sanguina al punto di sutura.

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Complicanze

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Impianti Vascolari di Origine Sintetica

Nel tempo, molti materiali di sintesi sono stati studiati ed impiegati sperimentalmente come protesi di sostituzione dei vasi (Vinyon, Nylon, Ivalon, Orlon, Teflon e Dacron), tuttavia le prime esperienze cliniche fallivano per rapida degenerazione dell’impianto.

Attualmente Dacron e Teflon rappresentano i gold standard per la fabbricazione delle protesi

in polietilentereftalato (PET o Dacron)

• woven o knitted

• velour

• rinforzato

• rivestito (collagene, carbonio pirolitico)

in politetrafluoretilene (PTFE o Teflon)

• Tessuto

• espanso (Gore-Tex)

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Le fibre di Dacron

Le protesi tessili in Dacron rappresentano i sostituti più impiegati per arterie di grosso e medio calibro.

Ogni filo che compone la protesi è composto dall’associazione di monfilamenti a geometria variabile ottenuti mediante passaggio di polimeri fusi di PET in una filiera.

Tali fili vengono quindi allungati mediante trattamento termico capace di conferire aspetto anulare.

Successivamente i singoli filamenti vengono riuniti (a spirale od elica) in un’unica fibra multifilamento

Il fatto di essere multifilamento rende la fibra elastica e maneggevole

Il filo così tessuto viene impiegato per fabbricare protesi a tessuto (woven) o a maglia (knitted)

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Le fibre di Dacron

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Flessibilità

Problema: le protesi impiantate in corrispondenza di un'articolazione quale l'anca o il ginocchio tendono ad occludersi per flessione

Soluzione: la protesi viene corrugata a fisarmonica (plissettatura) con corrugamenti circolari o a spirale

• la protesi può flettersi in quanto è possibile l'allungamento della superficie più esterna del tubo e l'accorciamento della superficie più interna

• la protesi è più adattabile alle variazioni di lunghezza durante l'impiego

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Impianti Vascolari di Origine Sintetica

Le protesi vascolari fabbricate con tessuto poliestere (Dacron, polietilentereftalato PET) sono le più usate nella chirurgia vascolare periferica per la sostituzione di vasi di medio e largo calibro.

Non è possibile la realizzazione di protesi in Dacron di diametro inferiore a 8 mm per la facilità di occlusione per formazione di trombi.

Gli impianti in posizione aortica e iliaca hanno dato un follow-up di oltre 15-20 anni

Dacron (grandi vasi, elevati flussi)

• tessitura

• geometria

• plissettatura

• rinforzo

• coatings

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Proprietà del Dacron

Meccaniche

• la fibra stirata, oltre ad aumentare la sua resistenza a rottura, ha anche una maggiore stabilità dimensionale essendo più rigida

Chimiche

• buona inerzia chimica

• alta idrofobia (in genere sono inibiti i fenomeni di degradazione per idrolisi delle fibre)

Sterilizzazione

• sia in autoclave a vapore, sia con ossido di etilene o con raggi gamma senza provocare significativi fenomeni di degradazione

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Tipi di tessitura: woven

Nelle protesi a tessuto (woven) ogni filo dell’ordito (parte longitudinale del tessuto) passa sopra e poi sotto ad ogni filo della trama (parte trasversale), costituendo dunque un tessuto intrecciato regolare caratterizzato da grande stabilità dimensionale nelle direzioni delle fibre, perpendicolari tra loro. Le protesi woven presentano bassa elasticità nelle varie direzioni perché, per evitare sfilacciamenti nei punti di taglio, vengono fabbricate a trama stretta e pertanto presentano bassa porosità, ed elevata resistenza e rigidità In genere una delle direzioni delle fibre corrisponde alla direzione dell’asse della protesi.

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Tipi di tessitura: knitted

• Le tecniche di tessitura e confezione “a maglia” (knitted) sono molteplici perché possono essere impiegati diversi fili e quindi prodotte protesi più o meno compatte e spesse.

• Nelle protesi knitted i fili sono orientati generalmente in direzione longitudinale ed avvolti attorno ad un ago in modo da formare una catena di anse interconnesse.

• La dimensione dei pori (ossia degli spazi che si formano tra un filo e l’altro) dipende dalla dimensione degli aghi e dal raggio di curvatura assunto dal filo nell’avvolgimento attorno all’ago.

• Grazie alle anse così formate, capaci di ruotare le une rispetto alle altre, queste protesi sono caratterizzate da ottima suturabilità, flessibilità ed elasticità, ed hanno una buona compliance meccanica (capacità di distendersi al passaggio dell’onda pressoria)

• Per contro l’elevato grado di porosità richiede un trattameno pre-coagulativo prima dell’impianto per ridurre le perdite ematiche, e riduce la resistenza meccanica.

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Tipi di tessitura: knitted

•La tessitura weft knitted è caratterizzata dal fatto che le fibre sono tessute in direzione circonferenziale nella protesi.Fra i principali svantaggi delle protesi weft knitted c’è la tendenza a smagliarsi quando vengono tagliate (specie se il taglio non è perpendicolare all’asse delle protesi)

•Le protesi warp knitted hanno stabilità dimensionale superiore rispetto alle weft knitted ed hanno le fibre tessute secondo la direzione longitudinale della protesi. Per via dell’alto numero di curvature e connessioni tra le fibre la resistenza alla smagliatura del tessuto tagliato è maggiore rispetto all’altro tipo riducendo così anche il rischio di possibili rotture di una protesi a seguito di dilatazioni.

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Problematiche del Dacron

Il comportamento di una protesi in Dacron nei confronti degli stress meccanici cui è sottoposta dopo l’impianto, è essenzialmente determinato dal tipo di intreccio dei filamenti In generale, comunque, è stato osservato che tutte le protesi tendono ad esibire una lenta ma progressiva dilatazione nel tempo. Tale fenomeno può incrementare la deposizione di materiale trombotico sulle pareti che va a compensare l’aumentato calibro. Dacron knitted: aumento medio 63%

Dacron woven: aumento medio 33%

I fenomeni dilatativi possono comportare patologie che mettono a rischio la pervietà e la durata dell’innesto (es. aneurismi)

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Le protesi in Teflon

in politetrafluoretilene (PTFE o Teflon)

• Tessuto

• Espanso (Gore-Tex)

Le protesi in Teflon sono state inizialmente proposte nel 1963 da Edwards ma, a causa della bassa resistenza e della tendenza allo sfilacciamento, furono accantonate a favore del Dacron Tuttavia la scoperta della possibilità di lavorare il teflon in modo da ottenere un polimero espanso ha dato inizio all’impiego di questo materiale, fabbricato mischiando polvere di PTFE con naftalene. La miscela viene compattata ad alta pressione e quindi estrusa attraverso una filiera che produce un tubo retto e compatto. L’esposizione a temperature elevate provoca l’organizzazione dei cristalli in una struttura microporosa, mentre un successivo trattamento meccanico di allungamento ed espansione attraverso uno stampo, origina un materiale poroso dalla tipica struttura costituita da nodi solidi interconnessi da sottili fibrille

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Le protesi in Gore-Tex

La lunghezza di queste fibrille determina la dimensione dei pori (che è dell’ordine dei 30 micron).

Il materiale, che può essere foggiato come protesi tubulare, è chimicamente inerte, elettronegativo, idrorepellente e altamente ipotrombogeno.

A differenza del Dacron la superficie luminare è liscia e ciò giustifica la minore tendenza a promuovere fenomeni di trombosi.

Per migliorare le resistenza, le protesi in Gore-Tex possono essere rivestite di un sottile ordito esterno il PTFE con fibre orientate circolarmente o a spirale.

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Le protesi in Gore-Tex

La microporosità e l’idrorepellenza annullano i problemi legati al sanguinamento dopo l’impianto ma riducono notevolmente i processi di migrazione cellulare e di incorporazione

Le protesi in PTFE sono meno maneggevoli di quelle in Dacron, tendono a sanguinare nei punti di sutura ed hanno una compliance ridotta

È stata registrata una maggiore resistenza alle infezioni del PTFE rispetto al Dacron, forse grazie alla superficie liscia che consente una minore adesione batterica.

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Materiali alternativi

Il tessuto connettivo umano è elastico, tenace e compliant.

Solo due classi di materiali polimerici si avvicinano alle caratteristiche fisicomeccaniche del tessuto connettivo: i poliuretani e i siliconi.

I siliconi sono biostabili, istocompatibili ed emocompatibili, ma meccanicamente deboli. Le deboli proprietà meccaniche potrebbero essere aumentate aumentando lo spessore dei prodotti fabbricati con siliconi, ma questo è possibile solo in poche applicazioni.

I poliuretani (PU) possono essere resi flessibili, rigidi o semirigidi dosando opportunamente i costituenti principali. Essi hanno dimostrato elevata emocompatibilità, eccellente resistenza all’abrasione, proprietà meccaniche eccezionali e resistenza a fatica in flessione senza pari.

Grazie alla grande versatilità strutturale e di lavorazione e alle ottime proprietà elastomeriche, è possibile costruire innesti tubulari di piccolo calibro con modulate ed opportune caratteristiche chimico-fisiche, di compliance radiale e di emocompatibilità.

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In sintesi…

Compatibilità morfologica

avere forma e dimensioni che ne consentano l’impianto

Compatibilità biologica

la sua presenza non deve indurre nell’organismo ospite alcuna reazione che possa danneggiare sia l’organismo che la protesi stessa

Compatibilità funzionale

in esercizio deve replicare, senza subire rotture, il comportamento meccanico (strutturale, fluidodinamico) del vaso sostituito

Protesi vascolare ideale

compatibile con le strutture adiacenti

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Performances delle protesi vascolari

Compliance

Porosità/Permeabilità

Resistenza Meccanica Statica

Resistenza a Fatica

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Compliance

Nei vasi naturali la compliance varia in rapporto

• alla localizzazione anatomica (ossia alla maggiore o minore vicinanza al cuore, quindi al gradiente di pressione a cui sono sottoposti i vasi),

• all’età

• allo stato di salute (alla presenza o meno di placche aterosclerotiche, ad esempio)

• al tipo di vaso (vena o arteria; ci si riferisce generalmente ad arterie essendo queste sottoposte a maggiori stress pressori)

• al diametro D; nel caso in cui lo spessore, S, del vaso sia tale che D>>S (vasi sottili) , allora il valore di D è assimilato al diametro esterno o interno, mentre per vasi il cui spessore non sia trascurabile, si assegna a D il valore del diametro esterno.

Dal momento che una protesi vascolare è tanto migliore quanto più fedelmente riproduce le caratteristiche dei vasi naturali, è interessante confrontare gli andamenti della funzione ∆V o ∆D = f(∆P) per i diversi materiali.

( )P

DDC

×∆=

100

ressionepdivariazioneP

diametrodivariazioneD

vasodeldiametroD

=∆

=∆

=

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Compliance

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Compliance (segue)

Osservando il grafico a sinistra (il valore della compliance è dato dal valore della pendenza delle curve) si può osservare che i vasi naturali presentano un comportamento spiccatamente non lineare.

Ciò risulta evidente diagrammando il valore della compliance C in funzione della pressione media, per un vaso naturale e una protesi in ePTFE (Teflon)

Il valore della C dipende comunque non solo dal materiale di cui la protesi è composta (quindi dalle proprietà macroscopiche), ma anche dal tipo di struttura della protesi e quindi anche dalle sue proprietà microscopiche).

( )P

DDC

×∆=

100

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Compliance (segue)

Materiale C

Protesi a maglia in Dacron 1.9

Protesi in Dacron rivestita di gelatina 0.9

Protesi a rete in Dacron 0.8

Protesi Poliuretano in media porosità 2.9

Protesi ePTFE con parete standard 0.2

Protesi ePTFE con parete sottile 0.6

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Compliance (segue)

La differenza tra la compliance di vasi naturali e protesi sintetiche è un parametro fondamentale per il successo di un impianto vascolare.

Quando un’arteria è sostituita con una protesi vascolare avente compliance minore (quindi più rigida) si possono verificare disturbi:

per turbolenze fluidodinamiche dovute alla discontinuità della velocità di propagazione delle onde di pressione. La discontinuità dipende dalle caratteristiche elastiche delle pareti, che variano nel passaggio tra il vaso ospite e la protesi, e può causare la formazione di aneurismi, la non crescita o la lacerazione del rivestimento endoteliale del lume del vaso, la proliferazione cellulare con possibile occlusione della protesi;

per la natura pulsatile della sollecitazione pressoria non smorzata. Essa può ridurre la durata della protesi (legata a fenomeni di fatica); infatti le proprietà elastiche dei vasi naturali consentono la loro dilatazione radiale quando la pressione del sangue è nel picco sistolico ed il loro recupero dimensionale durante la diastole.

per lo stress meccanico a livello di anastomosi dovuto alla non congruenza delle deformazioni (il vaso si dilata normalmente sottoposto a pressione mentre la protesi tende a mantenere la forma originale essendo più rigida), che può comportare l’apertura della sutura.

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Incorporazione della protesi

Il processo reattivo che si origina quando il materiale sintetico entra in contatto con i tessuti umani da luogo a fenomeni di cicatrizzazione che sono precursori dell’integrazione protesica, ossia dell’incorporazione nel tessuto ospite.

Normalmente questo processo si conclude in maniera ottimale, ma può accadere che l’incorporazione sia esuberante con ecessiva produzione di tessuto fibroso. Questa condizione riduce la distensibilità vascolare e, nei casi più gravi, può indurre stenosi, specialmente a livello dell’anastomosi.

Tra i principali fattori che favoriscono l’incorporazione (colonizzazione da parte dei tessuti dell’ospite) citiamo

la porosità (definita come il rapporto tra gli spazi vuoti ed il volume totale del materiale, comprese le zone di vuoto)

la permeabilità (si definisce permeabilità all’acqua il volume di acqua che passa durante un periodo di tempo noto attraverso l’unità di area del materiale della protesi, per una ben nota pressione, standardizzata a 120 mmHg. Si esprime solitamente in ml/(min*cm2).

Per protesi di tipo tessile (detta appunto anche “porose”) i concetti di porosità e

permeabilità all’acqua coincidono, intendendo la porosità come caratteristica

macroscopica del tessuto e non microscopica del materiale

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Permeabilità

Il valore di permeabilità rende conto di due fenomeni contrastanti che si verificano nelle protesi sintetiche tessili: la riabitazione e il rischio di emorragia.

Per riabitazione si intende il processo di incorporazione della protesi nei tessuti dell’ospite, che si ottiene in più stadi:

1. coagulo dei filamenti di fibrina intorno alla protesi;

2. penetrazione del coagulo nei pori del tessuto;

3. proliferazione di fibroblasti che si sostituiscono al coagulo formando tessuto fibroso altamente cellulare e ben vascolarizzato;

4. diminuzione della componente cellulare e aumento delle fibre di collagene;

5. formazione di endotelio vascolare sulla base fibrosa.

Una maggiore porosità/permeabilità permette una migliore riabitazione, ma d’altra parte aumenta il rischio di emorragia.

Per diminuire il rischio di emorragia si possono effettuare sulle superfici delle protesi trattamenti specifici come il precoagulo di sangue (trattamento standard prima dell’inserimento di una protesi) o trattamenti con sostanze chimiche (carbonato di calcio o alginato di sodio)

A

QP = 2cm in espressa campione del area = A

ml/min in acqua di flusso del velocità = Q

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Porosità

piene zone delle totale area = A

vuote zone delle totale area = A

P

V

100×+

=PV

V

orAA

AP

××−×=

etA

MPor 1100

3

2

g/mm in densità della media = e

mm in parete della spessoredello media = t

mm in totale area = A

g in totale massa = M

La porosità di una protesi può essere stimata mediante metodo planimetrico o gravimetrico.

Nel caso planimetrico, la porosità viene espressa in percentuale e così calcolata:

Il metodo gravimetrico consiste, invece, nel misurare la massa per unità di area della protesi comparandola con il prodotto della densità per lo spessore della parete campione. La porosità viene espressa in percentuale e viene calcolata come:

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Resistenza a trazione

Le prove sono condotte su campioni di protesi intere, nel caso di trazione longitudinale, e, nel caso di trazione circonferenziale, su anelli di protesi ricavati con tagli trasversali dal campione

La prova in direzione longitudinale viene condotta su una macchina di trazione, comunemente usata nel campo della meccanica, sulla quale viene montato il provino o campione di protesi fissandone le estremità tramite dispositivi di presa e lo stesso viene sottoposto ad allungamenti progressivamente maggiori, a velocità costante (50-200 mm/min). La prova termina al raggiungimento del punto di snervamento o rottura della protesi.

Direzione Circonferenziale Direzione Longitudinale

Materiali sintetici Materiali naturali

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Resistenza a trazione

La prova in direzione circonferenziale con una sezione anulare di protesi è effettuata tramite l’inserimento di perni circolari all’interno, i quali vengono progressivamente allontanati con velocità costante (50-200 mm/min). Il provino assume durante la trazione una configurazione rettangolare, i cui quattro lati subiscono sollecitazioni e deformazioni uniformi da cui è quindi possibile costruire la curva σ-ε

risulta evidente la differenza tra il comportamento in direzione longitudinale e circonferenziale delle protesi sintetiche (anisotropia);

• in direzione circonferenziale la differenza di proprietà tra vasi sintetici e naturali è notevole (le prime risultando molto più rigide), mentre in direzione assiale il comportamento è paragonabile.

Direzione Circonferenziale Direzione Longitudinale

Materiali sintetici Materiali naturali

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Durabilità delle protesi vascolari

Dal punto di vista meccanico la durata di una protesi vascolare è chiaramente associata all’insorgere di fenomeni di fatica.

Il cedimento per fatica diventa rilevante in vasi di grosso diametro per due motivi:

• i grossi vasi sono sottoposti a pressioni più alte e a cicli pulsanti di maggiore ampiezza vista la loro vicinanza al cuore. Come è intuibile, a valori di tensione massima maggiori corrisponde una minore vita utile

• il flusso sanguigno all’interno ha velocità tale da rendere improbabile il manifestarsi di fenomeni occlusivi che comporterebbero il fallimento della protesi per motivi medici.

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Durabilità delle protesi vascolari

Dal punto di vista meccanico la durata di una protesi vascolare è chiaramente associata all’insorgere di fenomeni di fatica. Nei grossi vasi (sottoposti a pressioni più alte) le elevate tensioni possono diminuire la vita utile.

La rottura può avvenire in uno dei seguenti modi:

per cedimento della singola fibra che comporta la ridistribuzione dei carichi su di una sezione resistente effettiva minore, quindi l’aumento di probabilità che altre fibre analogamente cedano essendo aumentata la tensione da sopportare.

Il cedimento è conseguenza della propagazione di difetti nel materiale, prodotti nella produzione, sterilizzazione o manipolazione, da parte del chirurgo, della protesi.

Tale cedimento per fatica può manifestarsi come aumento dimensionale della protesi che risulta in un nuovo aneurisma e aumento di porosità a cui segue rischio maggiore di emorragia;

per cedimento di una sutura, con conseguente perdita di sangue all’anastomosi.

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Durabilità delle protesi vascolari

Le prove di durata si effettuano sottoponendo la protesi a cicli di pressione, simulando il ciclo cardiaco, tramite una pompa.

Agendo sui parametri della pompa possono essere simulate condizioni anche patologiche (ad es. ipertensione).Il campione durante la prova è immerso in un bagno a 37°C e pH di 7.2

Il principale inconveniente delle prove di fatica è costituito dalla loro durata: stimando 70 battiti cardiaci, e quindi 70 cicli di pressione al minuto, per simulare un anno di attività occorre sottoporre una protesi vascolare a circa 35 milioni di cicli

sarebbe possibile accelerare la prova aumentando il numero di cicli al secondo, ma bisogna tenere conto che per molti materiali polimerici la risposta meccanica è dipendente anche dalla frequenza di sollecitazione: per tali materiali variare la frequenza significa alterare significativamente la prova.

La pratica comune consiste nel condurre le prove a frequenza fisiologica per alcuni giorni e successivamente impiantare la protesi su animali (prova in vivo) che verranno poi monitorati a distanza di mesi.

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