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IL RUOLO DEGLI OPPIDA E LA DIFESA DEL TERRITORIO IN ETRURIA: CASI DI STUDIO E PROSPETTIVE DI RICERCA a cura di Franco Cambi ARISTONOTHOS Scritti per il Mediterraneo antico Vol. 5 (2012)

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Il ruolo deglI oppIda e la dIfesa del terrItorIo In etrurIa:

casI dI studIo e prospettIve dI rIcerca

a cura di Franco Cambi

arIstonotHosScritti per il Mediterraneo antico

Vol. 5(2012)

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Il ruolo degli oppida e la difesa del territorio in Etruria: casi di studio e prospettive di ricercaa cura di Franco CambiCopyright © 2012 Tangram Edizioni ScientificheGruppo Editoriale Tangram Srl – Via Verdi, 9/A – 38122 Trentowww.edizioni-tangram.it – [email protected]

Prima edizione: giugno 2012, Printed in ItalyISBN 978-88-6458-044-9

Collana ARISTONOTHOS – Scritti per il Mediterraneo antico – NIC 05

DirezioneFederica Cordano, Giovanna Bagnasco Gianni

Comitato scientificoCarmine Ampolo, Pietrina Anello, Gilda Bartoloni, Maria Bonghi Jovino, Giovanni Colonna, Tim Cornell, Michel Gras, Pier Giovanni Guzzo, Jean-Luc Lamboley, Mario Lombardo, Nota Kourou, Annette Rathje, Henry Tréziny

La redazione di questo volume è di Enrico Giovanelli

Le ricerche effettuate per la preparazione del volume sono state sostenute con i fondi del PRIN 2008

In copertina: Il mare e il nome di Aristonothos.Le “o” sono scritte come i cerchi puntati che compaiono sul cratere.

Progetto grafico di copertina:

Stampa su carta ecologica proveniente da zone in silvicoltura, totalmente priva di cloro. Non contiene sbiancanti ottici, è acid free con riserva alcalina.

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Sommario

Introduzione 9Franco Cambi

Parte I: Sezione tarquiniese

Introduzione alla sezione tarquiniese 19Giovanna Bagnasco GianniLa “fortificazione” prima degli “oppida”. Posizioni territoriali strategiche e controllo del territorio tra fase protostorica e periodo orientalizzante 23Lucio G. PeregoLe fortificazioni di confine: l’organizzazione del territorio tarquiniese al tempo della conquista romana 69Luca PulcinelliL’organizzazione del territorio di Cerveteri e dei Monti della Tolfa a confronto con l’agro tarquiniese (prima età del Ferro-età alto arcaica) 121Orlando CerasuoloInsediamenti fortificati di età medievale in un territorio di confine: l’area dei Monti della Tolfa e la valle del Mignone 173Fabrizio VallelongaI castelli lungo la valle del Marta 223Giulia MaggioreDalla conoscenza alla conservazione: il territorio della Civita di Tarquinia 251Susanna Bortolotto, Piero Favino, Andrea Garzulino, Raffaella Simonelli

Parte II: Sezione etrusco-settentrionale

Confini e fortezze d’altura del territorio di Populonia: indagini preliminari 261Giorgia Di Paola, Paola PianiIl castellum di Poggio Civitella (Montalcino, Siena) 299Luca CappucciniIl sito di Monte Giovi nell’ager Faesulanus 323Luca CappucciniConsiderazioni sul Poggio di Moscona (Roselle) 331Luigi DonatiLe fortezze d’altura dell’isola d’Elba: lo stato della questione 347Alessandro Corretti

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Il ruolo deglI oppIda e la dIfesa del terrItorIo In etrurIa:

casI dI studIo e prospettIve dI rIcerca

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IntroduzioneFranco Cambi*

Franco Cambi

Questo numero della rivista “Aristonothos” è essenzialmente frutto di due occorrenze. La prima è rappresentata dal contributo del Progetto Ricerca Interesse Nazionale 2008, dal titolo “Mura di legno, mura di terra, mura di pietra: fortificazioni in Etruria” coordinato a livello nazionale da Gilda Bartoloni, del quale fanno parte, oltre al sottoscritto, Giovanna Bagnasco (Università di Milano), Marisa Bonamici (Università di Pisa), Paola Santoro (Consiglio Nazionale delle Ricerche). Sono bastati pochi contatti via e-mail e un incontro romano per trovare un piano di condivisione e di intesa su un tema di grande complessità storica e archeologica come quello delle mura. A ciascuna Unità locale sono stati assegnati compiti precisi, da assolvere nei tempi, come di consueto rapidi, imposti dalle regole del PRIN. Si è visto che uno degli aspetti su cui la ricerca era stata, in un passato anche recente, intermittente in Etruria, anche a prescindere dal livello qualitativo delle sin-gole inchieste, era quello degli insediamenti fortificati di piccola e di media entità. L’importante convegno di Studi Etruschi su “La città murata in Etru-ria”, svoltosi a Chianciano Terme – Sarteano – Chiusi nel 2005 e pubblicato nel 2008, ha avuto il merito di presentare una messe di dati completamente nuovi, spesso relativi a progetti di ricerca ancora in via di elaborazione.

Suddividendo la grande mole dei contributi in sezioni si possono fare una se-rie di osservazioni. Nella prima parte del volume viene dato spazio agli aspetti generali e terminologici della questione delle cinte murarie d’Etruria, urbiche e non (contributi di G. Camporeale, A. Cherici, M. Nielsen, H. Becker). Succes-sivamente vengono illustrati alcuni aspetti di carattere tipologico e topografico (L. Gasperini, M. Michelucci, G. Ciampoltrini e M. Cosci, D. Briquel). Seguo-no, quindi, contributi specifici mirati alla descrizione di alcuni casi di studio di carattere urbano, oggetto, in tempi recenti di significativi progressi conoscitivi: Veio (F. Boitani), Tarquinia (G. Baratti, M. Cataldi, L. Mordeglia), Vulci (A. M. Moretti Sgubini), Todi (P. Bruschetti), Roselle (M. Cygielman, G. Poggesi),

* Università degli Studi di Siena.

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10 Introduzione

Populonia (A. Romualdi, R. Settesoldi), Volterra (A. M. Esposito, R. Sabelli, M. Bonamici), Marzabotto (L. Malnati, G. Sassatelli), Capua (V. Sampaolo), Bologna ( J. Ortalli). In questa sezione vanno inseriti anche le osservazioni di S. Steingräber sui casi di insediamenti fortificati dell’Etruria meridionale interna; una riflessione di P. Fontaine sugli aspetti archeologici dell’arte della fortifica-zione in Etruria; una di M. Torelli sui contenuti ideologici della medesima arte; una di A. Maggiani su oppida e castella. Il caso di Genova (P. Melli) appare di grande interesse anche se eccentrico rispetto alle diverse aree dell’Etruria storica.

Per quel che resta, il volume appare nettamente segnato dal tema degli abi-tati fortificati di media e di piccola dimensione, collocati nelle fasce di confine oppure in aree che necessitano di un controllo strategico (chiamarli abitati mi-nori non ha senso). Vale la pena di fornire un succinto elenco. Le ricerche di L. Donati e di L. Cappuccini a Poggio Civitella (Montalcino) sono importanti perché, per la prima volta, il profilo di una fortezza d’altura viene descritto nelle implicazioni di carattere cultuale oltre che nella sua consistenza topografica. Fra l’altro il sito, oggetto di una attenta opera di valorizzazione effettuata al termine delle ricerche, è oggi aperto al pubblico e munito di un ricco apparato di pannelli esplicativi, ciò che ne fa, in certo senso, un modello da seguire o, comunque, al quale ispirarsi. Di rilevante importanza appaiono le ricerche fran-cesi e tedesche presso la Castellina del Marangone, nel settore settentrionale del territorio cerite, poi acquisito dalla colonia romana di Castrum Novum. Il caso di Ghiaccioforte, paradigmatico ai fini della comprensione della ricolonizzazio-ne della valle dell’Albegna operata da Vulci nel IV secolo, rappresenta uno dei casi più complessi, trattandosi di un sito fortificato con caratteri di embrionale urbanizzazione. Sono ancora da approfondire le fisionomie di alcuni abitati situati nell’Etruria settentrionale interna, come Petroio, Monte Acuto, Pietra-marina, Monte Murlo di Umbertide. Altri casi specifici sono: i siti fortificati di IV secolo a.C. dell’Italia centrale appenninica (A. Averini, O. Cerasuolo) le fortezze situate al confine fra Caere e Tarquinia (O. Cerasuolo, L. Pulcinelli), il caso di Rofalco, nell’agro vulcente (O. Cerasuolo, L. Pulcinelli, F. Rubat Borel).

La tipologia insediativa della fortezza d’altura era stata oggetto di un cer-to interesse nel periodo compreso fra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, con particolare riferimento all’Etruria settentrionale costiera e al distretto populoniese in maniera specifica. Era allora noto il caso della fortezza di Poggio Castiglione, oggetto di ricerche da parte di D. Levi1 in

1 D. LEVI, La necropoli etrusca del Lago dell’Accesa e altre scoperte archeologiche nel territorio di Massa Marittima. c) Saggi di scavo su Poggio Castiglione, MonAL 1933, pp. 121-135.

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Introduzione 11

tempi remoti. Gli scavi di A. Maggiani (Soprintendenza Archeologica della Toscana) a Monte Castello di Procchio e di O. Pancrazzi (Università di Pisa) al Castiglione di San Martino, i primi condotti stratigraficamente all’isola d’Elba, aprirono un’intensa fase di ricerche sugli abitati fortificati d’Etru-ria. Un primo problema era rappresentato dall’inquadramento cronologico delle fortezze, solitamente basato su criteri eminentemente storiografici. La maggior parte dei siti fortificati era infatti genericamente attribuita al lun-go periodo compreso fra le età classica ed ellenistica utilizzando una serie di punti di riferimento evenemenziali enucleati dalle fonti testuali. In que-sto modo, se una fortezza risultava di probabile cronologia classica, veniva spontaneo vedervi l’esito delle grandi trasformazioni geopolitiche succedute alla battaglia di Cuma oppure delle incursioni siracusane nel medio Tirreno (453-451 a.C.) oppure, ancora, il tentativo di difesa nei confronti delle ulte-riori minacce siracusane dei primi decenni del IV secolo a.C.; se di cronolo-gia ellenistica, si prendevano in considerazione altri eventi: l’espansionismo punico oppure la crescente pressione romana a partire dalla fine del IV se-colo. Non molto diverso, del resto, era l’approccio seguito per la definizione cronologica delle cinte murarie urbiche. I casi elbani, illustrati in occasione del Convegno di Studi Etruschi su “L’Etruria mineraria”, cominciarono a far intravedere una realtà che, almeno dal punto di vista archeologico, si presentava assai più complessa e articolata2. I siti di alcune delle fortezze rivelavano preesistenze, forse di carattere cultuale, le fasi costruttive degli edifici erano più di una e non tutte di facile inquadramento, in alcuni casi figuravano tracce di distruzione violenta e in altri tracce di rioccupazione nel pieno periodo romano. Alle difficoltà opposte dal versante cronologico della questione si aggiungeva, fra l’altro, lo stato ancora acerbo delle ricer-che relative alle tipologie strutturali, alla scala di grandezza e alle tecniche costruttive impiegate3. Altri casi di fortezze d’altura emersero fra gli anni ’80 e gli anni ’904.

2 Una sintesi della questione in F. Cambi, Populonia e l’isola d’Elba. Territorio e viabi-lità delle fortezze d’altura, in M. L. Gualandi, C. Mascione (a cura di), “Materiali per Populonia” 3, 2004, pp. 291-307, con bibliografia precedente. 3 L’unica eccezione è rappresentata da A. Giovannini, Tipologia strutturale e costrut-tiva delle fortezze d’altura, in “Studi Classici e Orientali” 35, 1985, pp. 283-306, un contributo importante, purtroppo rimasto senza seguito. 4 Rimando a due miei contributi: F. Cambi, I confini del territorio di Populonia: stato della questione, in F. Cambi, D. Manacorda (a cura di), “Materiali per Populonia” 1,

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12 Introduzione

Sfortunatamente, gli scavi elbani degli anni ’70 e ’80 sono rimasti inediti5.Questo volume rappresenta, a mio avviso, un momento di novità e di svolta

(grazie ai contributi dei giovani studiosi e alla tenacia di Giovanna Bagnasco) tanto in relazione alle ricerche, elbane e non, di alcuni decenni fa quanto rispet-to a “La città murata in Etruria”, un volume costretto a una limitata diffusione dal paradossale prezzo di copertina.

In questo caso, invece (e questa è la seconda occorrenza), la squisita ospita-lità dei Colleghi, e Amici, milanesi, cui si deve la bella iniziativa del periodico on-line, hanno consentito di ottenere come risultato, a mio parere eccellente, il numero monografico della rivista in tempi relativamente rapidi e con una spesa ridottissima. Il volume parte da un punto di osservazione “tarquiniese” ed è, appunto, articolato in una sezione etrusco-meridionale e in una etrusco-settentrionale. La sezione relativa al territorio di Tarquinia prende l’avvio con la Introduzione di Giovanna Bagnasco Gianni ed è aperta dal contributo di Lucio Perego sul territorio tarquiniese fra età del Ferro ed età orientalizzante, con particolare riferimento agli aspetti embrionali dei fenomeni di fortifica-zione. L’aspetto innovativo del paper consiste nell’avere enucleato, sulla scorta di una analisi dettagliata della documentazione archeologica disponibile, il ri-lievo da dare alle “precise progettualità relative a forme di difesa del territorio già in epoca tardo villanoviana o per lo meno orientalizzante arcaica…”, una progettualità basata su oppida/castella il cui impianto, prevalentemente avve-nuto lungo le vie di transito, è il riverbero della nuova gerarchizzazione imposta dal centro urbano in via di consolidamento, precocemente attento al controllo dei bacini di approvvigionamento e consapevole della importanza strategica della struttura gerarchizzata di controllo, molto tempo prima che si profilasse all’orizzonte lo scontro con Roma. La gerarchizzazione si riflette, dal punto di vista urbanistico, nelle diverse scale di fondazione: dagli abitati medio-grandi come Tuscania, Norchia, San Giuliano, San Giovenale, Sorrina agli oppida/castella di diverse dimensioni. Il contributo di Orlando Cerasuolo, anch’esso assai ricco di dati, offre la possibilità di utilizzare, come termine di confronto, i dati provenienti dall’agro Cerite approssimativamente nello stesso periodo, e fornisce utili elementi per la ricostruzione del confine fra Tarquinia e Cae-

2002, pp. 9-27; F. Cambi, I confini del territorio di Populonia e il Puntone Vecchio di Scarlino, in S. Bruni, T. Caruso, M. Massa, Archaeologica Pisana, Studi in onore di Orlanda Pancrazzi, Pisa, 2004, pp. 72-88. 5 Anche se vi è qualche speranza di vedere presto pubblicato il Castiglione di San Mar-tino (comunicazione personale di Alessandro Corretti).

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Introduzione 13

re. Cerasuolo propone una periodizzazione che parte dal villanoviano maturo per arrivare alla prima età arcaica. Oltre a descrivere i siti caratterizzati da un profilo difensivo, Cerasuolo tenta di approfondire il rapporto tra siti fortificati e altri siti contestuali attraverso approcci metodologici diversi. Quantunque nel passaggio fra età del Ferro ed età Orientalizzante il forte incremento delle testimonianze renda, a un tempo, più complessa la situazione e più plausibili le ipotesi di ricostruzione del confine Caere-Tarquinia, siamo ancora in una fase interlocutoria. Il confine va collocato in una fascia compresa tra i corsi d’acqua Mignone e il Marangone. Lo studio, mettendo bene in evidenza la difficoltà di delimitare con precisione i rispettivi territori di Cerveteri e di Tarquinia, pro-pone una attenta valutazione delle ‘aree’ di confine e degli ‘ambiti di conviven-za’. L’area del Mignone e la fascia costiera di Civitavecchia sembrano costituire due di queste situazioni di contatto sfumato.

Il contributo di Luca Pulcinelli sui confini e sulle fortificazioni del territorio tarquiniese all’epoca della romanizzazione, estremamente complesso, parte da un approccio geografico-storico più che storico-archeologico, utilizzan-do le poche fonti testuali disponibili, lacunose e, e soprattutto, parziali. Il tema degli oppida tarquiniesi e volsiniesi (Cortuosa e Contenebra, Kastola, Kaprion) e il ruolo dei medesimi negli anni cruenti della guerra romano-tarquiniese ottengono qui il meritato rilievo.

Questa guerra, che arriva a mettere in forse il controllo romano sulla foce del Tevere, con il saccheggio delle salinae operato dai Ceriti, si risolse con una vit-toria etrusca anche abbastanza pesante, adombrata da parte romana dal passo di Livio relativo alla sanguinosa esecuzione di prigionieri ormani nel foro di Tarquinia, da parte etrusca dalle formidabili e inequivocabili iconografie della Tomba François. Pulcinelli fa giustamente rilevare come le ostilità solo mar-ginalmente coinvolgano oppida o centri abitati e come la strategia prevalente sia ancora quella arcaica del saccheggio e delle rapide incursioni in territorio nemico.

I castella del territorio volsiniese fanno la loro comparsa alla fine del IV se-colo, quando la rinnovata strategia imperialistica di Roma assume un vettore più tiberino e meno costiero, almeno per qualche tempo. Una delle argomen-tazioni centrali del contributo di Pulcinelli riguarda la definizione e l’organiz-zazione delle frontiere, interstatali e interetniche. Il dibattito, relativamente avanzato per le età orientalizzante e arcaica, appare singolarmente bloccato per il periodo della romanizzazione, anche a causa della scarsezza degli indicatori cronologici. Mi permetto di aggiungere che uno dei fattori di condizionamen-

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14 Introduzione

to, arrivati a questo punto, è anche di carattere disciplinare e accademico. Da un lato si tende a considerare ancora pertinente al periodo etrusco (e quindi di competenza degli etruscologi) la fase detta “ellenistica” (fine IV-III secolo a.C. e oltre) mentre l’epoca romana a pieno titolo comincerebbe soltanto con il II secolo o, meglio, con la guerra sociale, facendo finta di ignorare che i Romani avevano cominciato a conquistare l’Etruria agli inizi del IV. Appare più oppor-tuno, giunti a questo punto della storia dell’archeologia, superare gli attuali steccati disciplinari, stabilendo una comune metodologia di approccio al tema e una serie di protocolli di intervento.

Gli indicatori, come si sa, possono essere anche molto diversi a seconda dei tempi e dei luoghi. I santuari di frontiera, proprio perché straordinariamente ben rappresentati dal punto di vista archeologico, hanno avuto un ruolo cen-trale nella descrizione delle chorai magno-greche e siceliote, i cippi e le stele in molti contesti centro-italici di età classica e dopo.

Le conclusioni di Pulcinelli consentono di individuare, in seno alle vicende del territorio tarquiniese del IV secolo, due principali dinamiche: la trasfor-mazione in senso agricolo e fondiario della base economica di Tarquinia come delle altre città costiere meridionali, a seguito del declino degli scambi mercan-tili; l’attivismo della città e il varo di una politica espansionistica e di potenza, reso possibile dagli stretti rapporti commerciali e politici con Falerii. Queste dinamiche si imperniano su una gerarchizzazione del controllo del territorio e dei bacini di approvvigionamento fattasi ancora più articolata rispetto al remoto passato orientalizzante. La gerarchia si dirama da Tarquinia, che con-trolla direttamente la fertile pianura costiera, è innervata nella parte orientale e meridionale del territorio da abitati medio grandi (Norchia, Castel d’Asso, Musarna, Blera e S. Giuliano) ed è sostenuta da piccoli insediamenti militari nelle aree limitanee, marginali o montane.

Vi sono, a questo punto del volume, due contributi di contenuto medievisti-co. Quello di Giulia Maggiore verte sull’incastellamento nella valle del Marta nel periodo medievale e appare importante soprattutto dal punto di vista tipo-logico e nell’ottica di una progettazione strategica di studi storico-archeologici su questo importante contesto; quello di Fabrizio Vallelonga è impostato sugli insediamenti fortificati medievali dell’area di confine compresa fra i Monti della Tolfa e la valle del Mignone, seguendo un approccio molto diacronico, che parte dalla fine delle ville romane per arrivare al basso Medioevo. Vi è as-soluta consapevolezza del rischio per cui, operazioni di questo genere, possano condurre a una generica ipervalutazione degli aspetti tipologici della questione (insediamenti di altura) e allo svilimento dei rispettivi profili storici. Appare

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Introduzione 15

del tutto evidente che le diverse fasi di controllo strategico di un territorio o di un bacino di approvvigionamento non sono solo differenti fra periodi storici lontani fra loro come il periodo etrusco e il Medioevo, per motivi di carattere storico e istituzionale sui quali è superfluo qui dilungarci. Le difficoltà di com-parazione sussistono anche fra fasi di nascita-crescita degli abitati urbani (fine dell’età del Ferro-età orientalizzante) e fasi, più mature, di controllo/difesa contro sollecitazioni esterne (espansionismo siracusano verso il Tirreno setten-trionale, pressione romana); oppure fra la fase di destrutturazione dei paesaggi antichi (guerra greco-gotica) e la fase dell’incastellamento (X-XI secolo d.C.). I problemi, semmai, investono il tema dei siti/sistemi di successo che, buoni per certi periodi, non lo sono stati per altri e quali possono essere state, even-tualmente, le cause del successo o dell’insuccesso; e, in aggiunta, quali sono stati i rapporti fra siti/sistemi di controllo, tipologie delle comunità e bacini di approvvigionamento.

Vi è anche, e con questo si passa dalla prima alla seconda sezione del volume, un motivo di carattere metodologico o, se si vuole, meramente procedurale e disciplinare. Si sa che gli oppida/castella sono scavati, normalmente, da etrusco-logi o da archeologi classici così come le curtes e i castelli sono scavati, normal-mente, da archeologi medievisti. Da un punto di vista generale non si può che auspicare che si vada avanti così, nella prospettiva di un sempre più consapevole approfondimento tematico. Possono presentarsi, però, casi in cui più ampie conoscenze, che non possono essere quelle dell’etruscologo, del classicista, del medievista singolarmente prese, si rendano necessarie, conoscenze che possono essere originate soltanto dal concerto fra specializzazioni diverse (non esclusi-vamente archeologiche) che contemplino fonti anche molto diverse fra loro: testuali, epigrafiche, archivistiche, toponomastiche, iconografiche, immagini remote, ambientali e via dicendo.

Nei casi di insediamenti fortificati registrati e studiati in Etruria settentrio-nale il lavoro degli archeologi è stato frequentemente integrato da contributi di carattere storico, toponomastico, geografico, oltre che dall’analisi delle imma-gini remote. Lo dimostrano i casi illustrati, a diversi livelli di elaborazione. Ac-canto al caso, edito e opportunamente valorizzato, di Poggio Civitella di Mon-talcino (Luca Cappuccini), ci sono quelli del territorio di Populonia (Giorgia Di Paola, Paola Piani), di Monte Giovi presso Firenze (Luca Cappuccini), del Tino di Moscona (Luigi Donati), dell’isola d’Elba (Alessandro Corretti).

Ho lasciato per ultimo l’apporto dei colleghi del Politecnico di Milano (Su-sanna Bortolotto, Piero Favino, Andrea Garzulino, Raffaella Simonelli) sui temi della conoscenza e della conservazione relativi al territorio della Civita

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16 Introduzione

di Tarquinia. Il loro approccio spazia dalla geologia all’idrografia all’altimetria alla toponomastica all’archeologia alla viabilità all’uso del suolo fino ad arrivare alle tecnologie più sofisticate come il LiDAR e la costruzione di modelli tridi-mensionali. Le nuove tecnologie non sono certamente il fine del nostro lavoro ma un supporto da usare con intelligenza e con spirito critico, anche allo scopo di aprire nuovi e stimolanti percorsi di indagine e di saldare in unico intento tutela dei paesaggi e dei luoghi del passato, ricerca, didattica e comunicazione.

Questa strada merita di essere proseguita e ampliata. Con questo volume si crede di avere dato un piccolo ma importante contributo.

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parte I: sezIone tarquInIese

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Introduzione alla sezione tarquinieseGiovanna Bagnasco Gianni*

Giovanna Bagnasco Gianni

Il tema che si affronta ora in ordine al ruolo degli oppida e alla difesa del territorio offre nel caso di Tarquinia l’opportunità di raccogliere lavori de-dicati negli ultimi anni a diverse fasi di vita dell’area dove la critica suppone si estendesse di volta in volta l’influenza della città e si dipanasse la trama delle criticità nei rapporti con i centri limitrofi.

L’occasione è dunque propizia per fare il punto su una situazione mutevole per Tarquinia, così come si verifica in genere per tutti i centri antichi dalla si-gnificativa persistenza sulla scena della Storia.

Emblematico è il caso ad esempio della definizione dei confini della città per ciò che attiene allo studio delle attestazioni epigrafiche. Nel corpus dedicato all’instrumentum tarquiniese, il confine convenzionale scelto corrisponde infatti a quello proposto nella monografia dedicata a Tarqui-nia da Massimo Pallottino (1937) e definito di “età etrusco-romana” (IV-I secolo a.C.)1, comprendente perciò i centri del viterbese. Sono note inve-ro le complesse vicende che pongono a confronto Tarquinia con questo territorio, la cui estensione e problematica è continuamente all’attenzione della critica a partire dagli studi di G. Colonna fino ai più recenti a cura di L. G. Perego2.

Dovendo dunque gestire dati in continuo divenire e continuamente sot-toposti a revisione e critica, diventa indispensabile programmare un’indagi-ne che permetta di studiare il territorio in diacronia, tenendo conto di tutte le emergenze e in particolare di quante abbiano consistenza nella continuità

* Università degli Studi di Milano.1 M. Pandolfini Angeletti, Corpus inscriptionum Etruscarum. Voluminis tertii fas-ciculum primum. Tituli 10001-10520. Inscriptiones in instrumento et Tarquiniis et in agro Tarquiniensi repertae, Roma 1982, p. VII; Bagnasco Gianni 1996, p. 163, nt. 1. 2 G. Colonna, L’Etruria meridionale interna dal Villanoviano alle tombe rupestri, in “StEtr” XXXV, 1967, pp. 3-29; L. G. Perego, Il territorio tarquiniese. Ricerche di topo-grafia storica, Milano 2005.

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20 Parte I: Sezione tarquiniese

fino a epoca più tarda. In proposito si possono citare i casi di Montebello e dell’Ancarano, sedi di castelli medievali impiantatisi su precedenti abitati etruschi3.

Casi come questi invitano dunque a favorire un progetto di documentazione a tutto campo e a elaborare una base di conoscenza il più possibile esaustiva che contenga tutta la documentazione derivante dalle ricerche e dalle attività mul-tidisciplinari pregresse e in corso. Come infatti spesso accade nel caso di città come Tarquinia, dove la ricerca risale assai indietro nel tempo, la documenta-zione appare al contempo ricca e disomogenea tanto da rendere indispensabile il ricorso a tecniche avanzate di archiviazione, recupero e elaborazione dei dati. Nella fattispecie i lavori in corso da parte della Fondazione Lerici, per conto della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale (GIS), e quelli in atto per la ricerca “Mura tarquiniesi” potranno essere integrati e fe-derati in modo tale poter essere agevolmente fruiti.

Al sistema di archiviazione e restituzione dati del tipo GIS, che permette letture diacroniche di elementi diffusi, si aggiunge ora la possibilità di or-ganizzare e combinare tra loro informazioni eterogenee, grazie a una rete semantica in grado anche di far interagire esperti di discipline diverse che si applichino a un medesimo obiettivo di ricerca, studio e diffusione di cono-scenza. Nel caso di Tarquinia è già stata sperimentata e è disponibile una rete semantica che consente di mettere in relazione fra loro basi di dati diverse senza doverle modificare (sistema T.Arc.H.N.A.)4. In particolare, il sistema T.Arc.H.N.A. crea le condizioni per rendere efficaci azioni sinergiche grazie a un insieme di servizi ICT interattivi di tipo fruitivo/informativo e di studio.

Per ciò che attiene alla sezione tarquiniese del progetto PRIN, l’estensione del sistema T.Arc.H.N.A. è volta a approfondire e migliorare metodi di elabo-razione e interazione con basi cartografiche di diversa natura dal punto di vista storico e geografico, ivi compreso il lavoro di georeferenziazione di materiale cartografico derivante da rilievo LIDAR e aerofotogrammetrico, ovvero orto-foto acquisite tramite camera digitale e punti quotati, che permettono di resti-tuire l’andamento altimetrico del terreno (Digital Terrain Model) per un’area di 90 ettari centrata sul pianoro della Civita.

3 Si vedano in questa sezione i contributi di G. Maggiore e L. Perego; in particolare per Montebello: L. G. Perego, Montebello: un sito strategico fra Tarquinia e Tuscania. Ri-letture e nuove acquisizioni, in preparazione. 4 G. Bagnasco Gianni (ed.), Bridging Archaeological and Information Technology Culture for community accessibility (Milan, July, 10-11, 2007), Roma 2008.

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Introduzione alla sezione tarquiniese 21

Poste queste premesse, i lavori che qui si presentano costituiscono la base di partenza per concretizzare il progetto “Mura tarquiniesi” secondo i parametri delineati nella proposta progettuale. Il lavoro di L. G. Perego si concentra sul tema delle posizioni territoriali strategiche e di controllo del territorio, tra fase protostorica e periodo orientalizzante, aprendo il discorso con il delicato tema della dialettica fra denominazioni quali “fortificazione” e “oppida” nelle fasi più antiche. L. Pulcinelli affronta il tema dell’organizzazione del territorio tar-quiniese al tempo della conquista romana occupandosi delle fortificazioni di confine che permettono, quale naturale conseguenza, l’aggancio con le emer-genze più visibili di epoca medievale trattate da F. Vallelonga e G. Maggiore per ciò che attiene rispettivamente all’area dei monti della Tolfa con la valle del Mignone e della valle del Marta. Il contributo di O. Cerasuolo propone alcuni esempi dall’areale ceretano, per istituire dei confronti con la situazione tarquiniese e offrire i termini di una dialettica tra i due comprensori confinanti.

A chiusura di questi contributi Susanna Bortolotto, Piero Favino, Andrea Garzulino e Raffaella Simonelli (Politecnico di Milano, Dipartimento di Pro-gettazione dell’Architettura, Laboratorio di Diagnostica per la Conservazione e il Riuso del Costruito; Laboratorio di Macrourbanistica, paesaggio e cartografia tematica) presentano il progetto di studio, raccolta e sistematizzazione su base cartografica della documentazione esistente sul sito, nonché i materiali che si elaboreranno ad hoc per la ricerca stessa al fine di creare un “fondo documenta-rio” disponibile a interagire con il GIS elaborato dalla Fondazione Lerici, per conto della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale.

In conclusione i dati per ora presentati nei contributi qui raccolti verranno elaborati sia dal punto di vista dei dati cartografici, a cura del Politecnico di Mi-lano, sia epigrafici, archeologici, geologici, topografici, storici, antiquari, a cura dell’Università degli Studi di Milano per convergere nel sistema T.Arc.H.N.A. che verrà sviluppato ad hoc dal Dipartimento di Informatica e Comunicazione. Tale sistema permetterà di definire una rete di servizi integrati con il portale geografico in grado di creare un punto di accesso semantico ai beni culturali del territorio di Tarquinia.

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La “fortificazione” prima degli “oppida”.

La “fortificazione” prima degli “oppida”. Posizioni territoriali strategiche e controllo del territorio

tra fase protostorica e periodo orientalizzante

Lucio G. Perego*Lucio G. Perego

[…] questa nota è mossa da una convinzione […], e cioè che la ricerca archeologica, perché sia fruttuosa, non deve mai essere limitata a un solo

periodo o a una sola fase, ma deve analizzare i dati di lungo e talora di lunghissimo periodo per comprendere i caratteri strutturali di un sito e

talvolta anche dettagli storico-archeologici in apparenza minori.(M. Torelli, 2006, p. 348)1

Un’indagine mirante a definire una strategia di difesa del territorio attraverso l’apprestamento di apposite strutture e insediamenti strategici fortificati (si-tuazione cui ben si adatta il termine latino oppidum2) non può in alcun modo prescindere dalle premesse che di questo sistema possono essere rintracciate

* Università degli Studi di Milano.1 M. Torelli, Due ritratti greci, una villa marittima e le coste di Gravisca, in M. Bon-ghi Jovino (a cura di), Tarquinia e le civiltà del Mediterraneo (atti del convegno inter-nazionale, Milano 22-24 giugno 2004), Milano 2006, pp. 347-369. 2 Benché il termine oppidum sia ormai entrato in letteratura, il suo utilizzo per epoche così alte, come quelle trattate nel presente contributo, rischia di apparire fuorviante: caratteristica principale degli oppida è infatti l’esistenza di strutture difensive artificiali e, in genere, di piazzeforti militari munite con presenza stabile di uomini in armi. Tut-tavia, è avviso di chi scrive che anche in assenza di tali elementi un centro abitato possa rappresentare, nelle logiche di gestione del territorio da parte di una grande città, un oppidum, qualora si rispettino determinati caratteri nella localizzazione dello stesso. In tal senso si è deciso di utilizzare il termine nel testo, introducendo talora la specifica “oppidum ante litteram” per evidenziare come il termine venga usato con la consapevo-lezza di un certo anacronismo, ma anche della valenza semantica sottesa al concetto.

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24 Parte I: Sezione tarquiniese

ancora nel passaggio tra la fase villanoviana e quella orientalizzante; in par-ticolare, l’emergere durante l’orizzonte protostorico di dinamiche insediati-ve di tipo centripeto, se evidenzia da un lato il sorgere dei grandi organismi protourbani, comporta dall’altro la conseguente definizione di un territorio necessario alla sopravvivenza della popolazione che si stava concentrando sui pianori tipici dell’Etruria meridionale laziale3. Del resto, l’esistenza di “organismi politici forti, in grado di incidere in modo sensibile sull’assetto territoriale delle comunità” è stata supposta nell’Italia centrale già per l’età del Bronzo recente4: in effetti le scelte insediative tipiche della fase protosto-rica, su alture difese naturalmente circondate da pascoli e aree pianeggianti destinabili all’agricoltura, spesso allo sbocco di valli fluviali, trovano piena attestazione in ambito “protoetrusco” già in epoche alte, e non pare giustifi-cato individuare la loro ragion d’essere solo come risposta al fenomeno del-la colonizzazione greca, come sostenuto da alcuni autori, primo fra tutti M. Cristofani5.

Per quanto riguarda lo specifico caso tarquiniese, è anzi possibile definire l’esistenza di una progettualità di ampio respiro in merito alla gestione del comprensorio sin dalla fine dell’età del Bronzo, sebbene appaia piuttosto com-plesso definire le forme e gli attori precisi di tale organizzazione; in essa sono comunque verosimilmente da scorgersi i germi dello sviluppo in senso “princi-pesco” della società etrusca, in particolare tarquiniese, sfociante nell’emergere della figura del rex riconosciuta nel deposito dei celebri bronzi all’interno del complesso monumentale della Civita6. Tale strategia di gestione dell’inse-diamento e di sfruttamento delle potenzialità economiche naturali del com-prensorio appare dunque attestata, nell’area che comporrà il comprensorio suburbano della città di Tarquinia, dall’ubicazione in zone morfologicamente “peculiari” – quali le bassure sub-costiere – di insediamenti protovillanoviani perilitoranei, come quelli di Fontanile delle Serpi e Casale Pacini (fig. 2). L’or-ganizzazione del territorio non appare in sostanza procedere di pari passo con

3 Bonghi Jovino 2005, passim. Per una riflessione più ampia in merito a tali proble-matiche, cfr. Perego cs (citato infra, nota 15). 4 Pacciarelli 2000, p. 104 (da cui è tratta la citazione virgolettata): l’autore espone la sua tesi sulla scia delle teorie di R. Peroni, che hanno ampiamente influenzato il di-battito sulle origini dell’insediamento nell’Italia protostorica. 5 Cristofani 1987, p. 10. 6 Bonghi Jovino 1987.