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Il Regno degli Ascolti · 2019-02-13 · guito da Regina Spektor in presa di - retta. Una delle mie tracce preferite è la 3, Prisoners: il cantato è doloroso, a tratti sembra prendere

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Un diffusore austriaco che sembra inglese, un design moderno che sembra vintage, unlook accattivante che finge di essere modesto, una morsettiera che pare semplice maalla fine è stramba... In tutto questo teatro della finzione quali certezze sapranno dare lebelle ART di Trenner & Friedl? Ascoltiamo la loro voce.

44 FDS 255▼ Il Regno degli Ascolti

di Dimitri Santini

IL NOME DELLA ROSA

DIFFUSORI BOOKSHELFTRENNER & FRIEDL ART

Un scatola anonima apre isuoi petali e svela un’altrascatola. Sembra fatta su mi-sura per la prima, tanto è

preciso l’incastro. La seconda scatolaapre anch’essa i suoi petali, e mascherail contenuto con un risguardo: solle-vato il risguardo appaiono due scato-le uguali fra loro, color cartone e logorosso. Le due scatole piccole aprono iloro petali e - strano a dirsi - c’è un ul-teriore risguardo che cela il contenu-to. Ma una volta aperto l’ultimo petaloecco che arrivano le venature del le-gno. L’estrema cura che va riposta nel-l’estrazione e la lunga attesa vengonoripagate da uno spettacolo da subitobello: i bookshelf ART. Ho scomoda-to Umberto Eco perché il desiderio del-la scoperta della Rosa da parte diAdso da Melk è stato pari al mio, e po-trei citare il molto meno aulico DanBrown che ne “Il Codice Da Vinci” alungo parla della Rosa e del suo si-gnificato nella simbologia del Fem-minino Sacro... Insomma, fu amore aprima vista, tanto che le volli sulla li-breria ancor prima di poterle ascolta-re. Viene naturale quindi presentare unascolto tutto al femminile, eccezion fat-ta per un Nick Cave che comunquecon una Rosa ha a che fare: quella sel-vaggia. In particolare però mi è pia-ciuto ascoltare tantissimo “Songs” diRegina Spektor, un disco particolare diun’artista a cui sono (siamo) arrivato(arrivati) quasi per caso.Lo metto in cima alla lista delle sco-perte piacevoli regalate da questeART, proprio per alcune delle carat-teristiche dei diffusori di Trenner &Friedl che ne esaltano la bellezza.

DESCRIZIONELa società è stata fondata nel 1994 daAndreas Friedl (designer e progettista)e Peter Trenner (manager). Mi sono let-to con piacere una divertente cartellastampa, perché tutto è iniziato quan-do Andreas era alla ricerca di un PCper misurare i suoi diffusori DIY. In unpiccolo negozio di computer Andreasconobbe Peter Trenner, il proprietario,che gli chiese il tipo di programma dafar girare. Ma la passione di Peter eral’Hi-Fi ed essendo un uomo spicciopropose ad Andreas :”Costruisci perme i diffusori e io ti do il PC”. Visto ilrisultato, pochi mesi dopo i due pas-sarono ad altre realizzazioni in ma-niera più professionale: nacque laTrenner & Friedl.Ho già detto di come questi bookshelfabbiano da subito catturato la mia at-tenzione dal punto di vista visivo

(pardon, ripetizione inevitabile), maoccorre entrarci in contatto di perso-na per capire quanto abbiano lavora-to bene i designers austriaci. Tra l’al-tro, da uomini di stirpe teutonica ci siaspetta più rigore funzionale che este-tica accattivante, eppure… proprio

nel design asciutto e nella linearità dicerti accostamenti, cromatici e di-mensionali, risiede la bellezza di que-sti due piccoli parallelepipedi. La stes-sa proiezione dell’ingombro verso laprofondità, con altezza e larghezzacontenute, rende già intriganti le ART

a prima vista, mentre l’inversionedella posizione dei driver è come se di-cesse che c’è della personalità in esse:si tratta certamente di una scelta tec-nica, ma a vederle così sembra il vez-zo stiloso e in qualche modo un po’nordico di mescolare le carte sul pia-no color panna del baffle, incornicia-to splendidamente dalle venature del-l’impiallacciatura. Forse avrei preferitoil midbass nero, ma anche la tinta al-luminio si integra tutto sommatobene. Critico, e criticherò sempre, l’as-senza di mascherine antipolvere: odiovedere la polvere sui tweeter e fran-camente è fastidioso dover passarespesso il pennello morbido per evita-re che ciò accada. Pazienza, il resto del-l’ammiccante pacchetto si fa perdonarel’assenza, immagino dovuta anch’es-sa a una scelta stilistica ben precisa.Dove le ART fanno veramente pensa-re che qualcuno abbia spremuto le me-ningi per estrarne succo di creativitàè nel set di connessioni posteriore,composto da una specie di slitta conrotellina a stringere: i due conduttori

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L’armonia tra le proporzioni e i bei driver rendono l’estetica di queste ART vera-mente accattivante.

Ve lo dico tra poco,ma anticipo che gli au-striaci hanno fatto unbuon lavoro sia lì che piùsopra, grazie anche alcrossover Mundorf.

dei cavi vanno infilati tra la base del-la morsettiera e la piastra che viene poispinta e serrata da un morsetto a vite.Molto bello e particolarmente sco-modo.

TECNICASiamo davanti ad un classico due viecon reflex posteriore. Sette strati di lac-catura, legni di betulla di differentedensità, connettori Cardas e cablaggiosempre Cardas, crossover fatto a manoda Mundorf con componenti di elevata

qualità… La scheda tecnica di questeART mi fa pensare ad un pedigree.Non si sbottonano, gli ingegneri, sul-la provenienza dei driver: 1 midbassda 5” con cono in alluminio e rifasa-tore centrale e 1 tweeter ad anello, conmagnete al neodimio, camera poste-riore chiusa e dissipatore. Non sonoabbastanza esperto per dirlo io da chisono prodotti, ma fidatevi: suonanobene.Quello che dovrebbe rendere, almenosulla carta, poco colorite queste T&F

è la miserrima sensibilità di 85 dB: cre-do che peggio di così solo le Sonus Fa-ber Minima, quindi mi aspetto di do-ver girare la manetta dell’A200 un po-chino di più in senso orario e allo stes-so tempo di avere un buon risultato so-nico.Del dato di targa dei 44 Hz mi fidereirelativamente, anche se entriamo nelmondo delle frequenze di accordodel bass-reflex… Il problema di que-sti diffusori con trasduttori di piccolodiametro non è quanto riescano ascendere, ma piuttosto come riescanoa riempire la gamma bassa tra il bot-tom end del woofer e l’accordo del re-flex. Ve lo dico tra poco, ma anticipoche gli austriaci hanno fatto un buonlavoro sia lì che più sopra, grazie an-che al crossover Mundorf.

ASCOLTOÈ passato un po’ di tutto nei coni diqueste ART e devo dire che in generalesi sono sempre comportate bene. Dal-la classica alla black, transitando peralcuni generi a loro assolutamentecongeniali, ovvero tutte le incisionidove la voce e il piano la fanno da pa-droni. Hanno un carattere sornione,appena le accendi sembra che non vo-gliano dar fastidio e si presentanosenza particolari accenti o inclinazio-ni. Con questo non voglio dire che sia-no impersonali o fredde e asettiche,semplicemente entrano a voce bassacome ospiti educati e rispettosi.Quello che mi ha impressionato da su-bito – e non so se avessero mai suo-nato, i miei esemplari – è la purezza ela nitidezza di certe inflessioni vocaliche riportano ad un realismo misura-to e composto della scena, dell’esecu-zione, del posizionamento degli stru-menti. Non ci sono vuoti in nessunpunto della gamma, segno che i duedriver incrociano molto bene dove de-vono e occorre fare onore alla capaci-tà riproduttiva in gamma medio bas-sa a dispetto delle dimensioni minimaldel cono. Ovviamente mancano i bas-si profondi che solo i grandi volumi dirisonanza possono dare, ma se qual-cuno ha già letto le mie recensioni didiffusori sa che non ne sento la man-canza.Riprendendo le tradizioni tornereipertanto a Regina Spektor, che atten-de da 4491 battute per presentarciun’opera singolare e sotto molti aspet-ti eccellente. Intanto voglio dire che èsolo grazie a Peter Gabriel e al suo“Scratch my back” che sono arrivato aconoscere questa artista americana diorigini russe, perché fu il vecchio dei

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Posteriore convenzionale? No, grazie. Insieme al consueto reflex, troppo banale for-se, ecco una morsettiera veramente inusuale…

Genesis a proporre nel suo masterpieceuna cover (eccelsa) di Après moi dellaqui presente Regina. L’album in cui ècontenuto questo brano sarà forse og-getto di futuri ascolti, ma dato il ca-rattere delle ART ho preferito portaresulla carta le impressioni di “Songs”,perché è il loro terreno naturale di con-fronto.Questo disco è stato registrato in ma-niera molto live in un giorno solo, piùprecisamente il 25 dicembre del 2001con Joe Mendelson degli AntennaStudios di NYC ed è interamente ese-guito da Regina Spektor in presa di-retta. Una delle mie tracce preferite èla 3, Prisoners: il cantato è doloroso, atratti sembra prendere quasi una con-notazione liturgica, con note classichee un uso molto particolare – quasi dis-sacrante – della voce nel finale. La resaè chiara, morbida nelle espressioni e

dura nelle asprezze. Nonostante ci siauno strumento solo si vede la sala, checi si immagina piccola, e ogni piccolasfumatura è rappresentata con gliesatti volumi. Regina è bravissima e dàprova di tecnica canora nella traccia 5,Consequence of Sound, un pezzo dal rit-mo sincopato ed un’articolazioneestremamente elaborata della voce, conmolti salti di registro. Il feltro sulle cor-de del piano produce esattamentequei silenzi stoppati che ci si aspette-rebbe di sentire da uno strumentosuonato a tre metri da noi in una salanon troppo risuonante. Ancora unavolta la voce è bellissima e vera, dalsussurrato, reso intimo dalla raffina-tezza con cui le ART interpretano la di-namica, alla voce piena, chiara e po-tente. I lunghissimi fiati che l’artistaproduce danno modo a questi book-shelf di far sentire il calo dell’aria, il re-lativo abbassarsi della potenza voca-le, la leggera fatica di arrivare ad ar-ticolare le ultime sillabe. Sono statoportato con estrema soddisfazionefino alla fine del disco, in religioso si-lenzio per godere ogni nota e ogni co-lore del carattere vocale di ReginaSpektor. Sulla traccia 9, Lounge, larabbia mista a dolore emerge velocis-sima, la grana delle ART è quasi ine-sistente e i passaggi alti e nitidi di-ventano pazzia nel finale. Sapevo chemi sarei divertito, ma questo ascolto èandato oltre le mie aspettative.

Nella stessa scatola del negozio onli-ne (che non cito) da cui provenivanoi due CD di Regina Spektor c’era an-che “Under the Pink” di Tori Amos. Per-ché? Perché alla mia dolce metà ReginaSpektor ha ricordato in alcune infles-sioni la connazionale Tori, e poi sonoentrambe pianiste.In questo disco gli arrangiamenti sonopiù ricchi e il cantato, sebbene a trat-ti molto più melodioso, è diversa-mente muscolare. Molti conoscerannoCornflake Girl, che passò parecchioper radio, ma l’orchestrazione in ge-nerale di tutto il disco è bella e ben riu-scita. Pur aggiungendo elementi in più,le ART regalano ancora una volta unameravigliosa neutralità e trasparenza,riuscendo a mettere le doti canoreavanti nella sensazione di ascolto manon avanti nella scena. Mi spiego me-glio: alcune elettroniche o diffusori ten-dono a sparare in mezzo alla stanza chila voce, chi le percussioni, ecc. e per-tanto guadagnano un carattere che ten-derà a far suonare bene QUELLE cosee porterà a standardizzare le ripro-duzioni di tutti i dischi in QUELLEcose. Le ART, pur mantenendo un pal-coscenico profondo a sufficienza, nonschiaffeggiano l’ascoltatore, ma lo ac-compagnano davanti alla scena perfargliela godere e misurare bene.La voce di Tori, bellissima e molto evo-cativa, come sempre ruba la scena perchiarezza e limpidezza e il pianofor-

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L’IMPIANTO D’ASCOLTO UTILIZZATO

Sorgente digitale per musica liquida:Mac Book Air, Amarra SimphonySorgente digitale: Sony DVP NS930VLAmplificatore integrato: Musical Fideli-ty A200Diffusori: Audiovector SR1 AvantgardeCavi di segnale: Sound Fidelity Silver,Acrolink 7N-A2200 IIICavi di potenza: Autocostruiti a 24 con-duttori solid coreCavi COAX: Sound Fidelity SilverAccessori: Wyred 4 Sound reclocker USB

CARATTERISTICHE TECNICHE

TRENNER & FRIEDL ARTTIPO: Diffusore bookshelf 2 vie con bassreflex posterioreMORSETTIERA: Monowiring con con-nettori CardasTRASDUTTORI: 1 midbass da 5” concono in alluminio e rifasatore centrale; 1tweeter ad anello, magnete al neodimio.RISPOSTA IN FREQUENZA: 44 Hz (f-6 DB)to 40 kHz (f-3 DB)SENSIBILITÀ: 85 dB (2,83 V/1m)IMPEDENZA NOMINALE: 8 ohm (minimo4.2 ohm)DIMENSIONI: 270 x 180 x 300 mm. (A xL x P)PESO: 7,4 kg

Prezzo: da 3.690,00 a 5.030,00 Euro

Distributore:Yacht Hi-Fi s.a.s.www.yachthifi.com

Nessuna notizia sui driver usati. C’è chi dice Scan Speak, io dico solo che suonano bene.

te, sebbene più effettato di quello delprecedente disco, riesce ad esprimerela ricchezza delle armoniche senza fa-tica e con grande dinamica. Un discopiù difficile e articolato, dove emer-gono molto bene anche le doti preci-se in gamma bassa di questi sorpren-denti diffusori.Non c’è due senza tre, e poi l’ho giàdetto nell’introduzione che la femmi-nilità intrinseca in queste due bellez-ze mi aveva ispirato sin dall’inizio adun ascolto di sole donne. Donne congli attributi, peraltro, tutte capaci diesprimere in maniera personale lecose di cui vanno fiere, un po’ comefanno le ART.Quindi ho dato play a “Horses” di Pat-ti Smith, anche per una sorta di sim-metria o se vogliamo di schema dirima in alternata: dopo un’autrice unpo’ folle (contemporanea) e una piùmelodiosa (contemporanea), ecconeuna eccentrica (della mia infanzia) acui seguirà ancoramelodia (sempreanni ‘70). Saròmonotono, maanche in questaregistrazione, chea buon titolo ènella categoria“pietre miliari”della mia libreria,il piano ampio eaperto ruba la sce-na, mentre la vocesvogliata (il can-tato-parlato) diPatti ha una credibilità che raramen-te prima di queste ART ho ascoltato.Il crescendo di tono, a volte anche unpo’ disturbante, viene reso con pun-tualità estrema e in questo album, fi-glio probabilmente di un’incisioneanalogica compressa, ho scoperto lagrande facilità di movimento all’in-terno della gamma media e la perfet-ta tenuta ai passaggi difficili in cui ladinamica varia rapidamente.Ho poco spazio, ma Joni Mitchell(stessa categoria in libreria, stesso pe-riodo di Patti, cantautrice pure lei epianista come le altre) la devo citare,proprio per la grandezza espressivache le ART mi hanno regalato nel-l’ascoltare il capolavoro che è “Blue”.La voce sottile, le melodie mai scontatesono riprese in un’incisione franca-mente piatta, ma le Trenner & Friedlhanno saputo espandere le emozionipiù intime aprendo il suono, allar-gando la scena e svelando il sottotestodi quanto suonato. Sembra quasi chesiano diffusori donna che conoscono

le donne…Ma poiché sono in chiusura e poichénon si può basare un test su un solo ge-nere (rileggete la premessa, o voi let-tori critici, ho ascoltato anche altro…)mi concedo di ospitare in questo clubanche un uomo, mantenendo una cer-ta coerenza almeno semantica e rife-rendomi alla Rosa. Pertanto dell’album“Murder Ballads”, di Nick Cave and theBad Seeds, ho scelto Where the wild ro-ses grow. Guarda un po’… c’è anchequi una donna, nella fattispecie KylieMinogue. Ecco che arriva la profonditàdel basso di cui ho parlato. La voce diNick Cave è bella quanto quelle dise-gnate prima dalle ART, piena e ricca diarmoniche, con quella vibrazione suatipica che la fa suonare in modo ancorpiù inquietante. Gli archi evidenzianol’ eccellente capacità di questi book-shelf di creare un’immagine credibile,ma nel contempo riposante e senzamai scadere negli eccessi di dettaglio

che rendono tuttofinto e inverosi-mile. Non si trat-ta di un pezzo im-pegnativo perquanto riguardala dinamica, ma ipassaggi più com-plicati mi hannodato una buonaidea della capaci-tà delle ART di ri-solvere i tessuti edi gestire non soloun duo, ma anche

tanta, tanta roba in più.

CONCLUSIONIAvere un po’ di tempo per scrivere lerecensioni aiuta ad abituarsi al pro-dotto che si sta ascoltando ed io ne hoavuto, di tempo. Pertanto ho potuto ri-vedere lo scritto, verificare le impres-sioni magari troppo entusiastiche figliedel colpo di fulmine un po’ carnale cheebbi, ma non ho cambiato nulla. An-che adesso che sto chiudendo questerighe le ART suonano e sono conten-to che continueranno a suonare anco-ra a casa mia. Non si tratta di un pro-dotto nuovo (il fatto che siano ancoraprodotte sta a significare che il progettoha avuto seguito e riconoscimenti), nédi un entry level a basso costo. Si trat-ta piuttosto di un diffusore ben stu-diato e con una filosofia precisa, conuna sua identità. Neutro, fedele, pre-ciso, riposante e sempre gradevolissi-mo: questo bookshelf fa felici, ne sonosicuro, tutti gli ascoltatori che voglio-no riproduzioni vocali e pianistiche di

livello e che vogliono ascoltarle per oresenza stancarsi. Oltre alle mie solitesorgenti ho collegato altre elettronicheche ho avuto in prova, e che qui noncito, ma il carattere delle ART è rima-sto monolitico. L’unico dubbio, chenon posso fugare in queste pagine, èse pilotate con amplificatori meno“caldi” del mio A200 possano dare luo-go ad un ascolto troppo “monitor”, macredo che valga la pena di provare adascoltarle anche con qualcosa di di-verso dalla classe A. Mi sento di direche, sebbene abbia avuto bookshelf piùemozionanti in alcuni ambiti e aspet-ti, questa delle ART, se piacciono, è unascelta definitiva, da tenersele tutta lavita.

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(...) la grana delleART è quasi inesistente ei passaggi alti e nitidi di-ventano pazzia nel fi-nale. Sapevo che mi sareidivertito, ma questoascolto è andato oltre lemie aspettative.

PRO- Neutre nelle voci, realistiche nel pia-no, bassi notevoli- Belle come il sole- Posizionamento facile

CONTRO- Niente mascherina- Morsettiera scomoda

ALCUNI DEI DISCHI UTILIZZATI:

Begin to Hope – Regina Spektor – SireRecordsUnder The Pink– Tori Amos – WeaHorses – Patti Smith – Arista (Sony)Blue – Joni Mitchell – Warner MusicMurder Ballads - Nick Cave and the BadSeeds - Mute Records