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LAURA CATERINA CHERUBINI IL RECUPERO DEI MATERIALI CROLLATI E LA SCELTA DELLA RICOSTRUZIONE L A R ACCOLTA ARCH EOLOG ICA DEl FRAMMENTI E LO RGA- IZZAZI ONE DEL CANTI ERE Anche ogg i, dopo tanti a nni da ll a notte dell'esplosio- n e, ripre nd e nd o qu ei doc um enti, ri guarda nd o qu e ll e fot ogra fi e, ril egge nd o la tr atta ti sti ca sul << bu on restau- ro», riscava nd o nei temi del «minim o interve nto », par- la nd o de ll a reversibilità, de ll a patina, di opere d'a rte a cui nulla si pu ò togli ere e nulla i pu ò agg iungere, di bra ndi ana memoria, il dubbio, che se mpre sorge di fronte a momenti e decisioni così gravi, viene subito res pinto da ll a necessità o bi e tti va de ll a ri cos tru zione. La m att ina de l 28 lug li o 1993 di fro nte a ll a chi esa di San Giorgio in Ve la bro si vedeva il cumulo di mace - rie nel qu a le era stato rid otto il po rtico e gra n parte de ll a facciata de ll a chiesa. Sul posto si u·ovavano la Po li zia scientifica, i Vigili del fu oco ed i Vigili urb an i. Era stata c hiu sa al tr a ffi co ed a ll e pe rsone la via del Velabro sia dal lato di via di San Teo d oro sia dal lato de ll 'Arco di Giano. Una gr an fo ll a si era assiepata sul- le u·anse nn e da tutti e du e i l ati. I..:immagine che si prese ntava era qu esta: era a nd ato qu asi tota lme nt e distrut to il p ortico medioevale a nti- sta nte la chi esa, de ll a truttur a restavano in piedi solo l - ROtv!A, CHI ESA DI SAN GIORGIO IN VELABRO, VEDUTA DEL PORTICO SUBITO DOPO I ONE DEL 1993 La colonna delfJortico abbattu ta da lla deflagrazione sulla cancellata, tra i detriti della copertum e le trava tur e lignee divelt e. 51 ©Ministero dei beni e delle attività culturali-Bollettino d'Arte

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LAURA CATERI NA CH ERUBI NI

IL RECUPERO DEI MATERIALI CROLLATI E LA SCELTA DELLA RICOSTRUZIONE

L A RACCOLTA ARCH EOLOG ICA DEl FRAMMENTI E LO RGA­

IZZAZIONE DEL CANTIERE

Anche oggi, dopo tanti anni da lla notte dell'esplosio­ne, riprendendo quei documenti , riguardando que lle fotografie, rileggendo la trattati stica sul << buon restau­ro», riscavando nei temi de l «minimo intervento», par­lando de lla reversibilità, della pa tina, d i opere d 'arte a cui nulla si può toglie re e nulla i può aggiungere, di brandiana memoria, il dubbio, che sempre sorge di fronte a momenti e decisioni così gravi, viene subi to respinto dalla necessità obiettiva della ri costruzione.

La mattina de l 28 luglio 1993 d i fronte a ll a chiesa di Sa n Giorgio in Velabro si vedeva il cumul o d i mace­ri e ne l quale era sta to ridotto il portico e gran parte de lla facciata de lla chiesa. Sul posto si u·ovavano la Polizia scientifica, i Vigili de l fuoco ed i Vigili urban i. Era sta ta chiusa a l tra ffi co ed alle persone la via de l Velabro sia da l lato d i via di San Teodoro sia dal lato dell 'Arco di Gia no . Una gran folla si era assiepata sul ­le u·ansenne da tutti e due i lati.

I..:immagine che si presentava e ra questa: era a ndato quasi to ta lmente distrutto il portico medioevale anti­stante la chiesa, della truttura res tavano in piedi so lo

l - ROtv!A, CHI ESA DI SAN GIORG IO IN VELABRO, VEDUTA DEL PORTI CO SUBITO DOPO I~ES PLO IONE DEL 1993 La colonna delfJortico abbattu ta da lla deflagrazione sulla cancellata, tra i detriti della copertum e le travature lignee divelte.

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tre co lonne (una di granito, una di cipollino, ed una di marmo greco) ed il pilastro angolare sini tro che era gravemente lesionato (jìg. l ). Tutta la parte in muratura sembrava irrimediabilmente perduta (jìg. 2), mentre apparivano più facilmente recuperabili e re lativamente in buone cond izioni, i grandi elementi marmorei quali: le co lonne, la trabeazione con iscri­zion e e le cornici (jìg. 3); si vedevano invece in fram­menti le fasce marmoree decorate a lo anghe e roset­te dei pilastri angolari e due dei quattro cap ite lli jonici . Analogamente si trovavano a terra la cancella­ta in ferro seicente ca e le trava ture clell'orclitura !ignea del tetto (jìg. 4).

Si era aperta una grande breccia nella parete eli facciata della chiesa in corrispondenza della navata latera le destra e la muratura era fortemente disse­stata nell 'angolo di ammorsatura con il convento. All'interno si riscontravano les ioni in corrisponden­za del primo e dell 'ultimo arco della navata destra (fig. 5). Appariva anche molto evidente il di tacco della facciata dalle murature trasversali attribuibile a ll 'onda d 'urto che battendo nel muro dell'ab icle era tornata verso il fronte. Caffresco del catino abs i­dale non sembrava aver ri entito dell 'esplosione. Il grande portone !igneo era stato proiettato al centro della navata ed un'anta era stata parzialmente distrutta (cfr. fig . 83 dell 'articolo di P. L. Porzio in questo volume). Lo scopp io aveva provocato La caclu-

ta di un framm ento eli affre co alto-medioeva le, raf­figurante la te ta di un sa nto, situato tra la parete de l campanile e qu ella perimetrale de ll a chi esa (cfr. articolo eli F. Di apo li Rampolla in questo volume).

I.:intonaco che ricopriva la facciata era caduto per qua i i due terzi a segu ito dell'esplosione e del cro llo del portico lasciando in vi ta la muratura antica (fìg. 6).

l l campanile non sembrava aver subito danni visibi­li . La situazione del convento appariva invece partico­larmente critica, era stato distrutto il pilastro in ango­lo, che sorreggeva un arco nel punto di attacco con la chiesa. ln conseguenza l'angolata del convento ver o la ch iesa presentava evidenti intomi di sch iacc iamen­to e di rotazione (cfr. figg. 25 e 27 dell'articolo eli P. L. Porzio). All'interno le strutture vo ltate del piano terre­no, benchè lesionate, non avevano perduto l'equ ilibrio tatico, mentre preoccupante era la situazione dei olai, de~le .tramezzature e delle coperture dei due pia­

m upenon. La Polizia scientifica dichiarò subito di voler co ll a­

borare con la Soprintendenza, instaurando un rap­porto costruttivo u·a le due istituzioni e segnando così, in modo determinante, a poche ore dalla sua distru­zione, la possibilità del recupero integrale dell 'opera perduta (jìg. 7).

Senza questa offerta di co llaboraz ione tutto il mate­riale crollato sarebbe stato rimosso senza ordine e con­fuso con qualsia i altro tipo eli macerie.

2- LA COPERTURA DEL PORTICO, ANTISTANTE LA FACCIATA DELLA CIIIESA DI SAN GI ORG IO IN VELAJ3RO, TOTALMENTE DISTRUTIA

DelfJortico restavano in piedi soltanto tre colonne e un jJilastro in nmratnm sul lato sinistro.

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Qualche ora dopo arrivarono i tecn ici de ll ' Istituto Centrale per il Restauro che dichiararono la loro d ispon ibil ità im mediata a mettersi a l lavoro, rendendo operativo quanto era appena stato stabil ito.

Ne lle prime ore del pomeriggio, ottenuta l'autoriz­zazione dalla Polizia scientifica , ven iva iniziata la cam­pagna fotogra fica che diven ne il primo capito lo d i una lunga serie d i documentazion i.

Il giorno successivo seguirono le visite d i auto ri tà, stud iosi, uom ini d i cul tura, che cominciarono a dibat­te re sulla poss ibili tà de ll a rico truz ione che dai pi ù, vi­sto lo stato de i luoghi , venne ritenu ta inattuab ile .

Nel cantiere che si stava organ izzando (fig. 8), erano arrivati nel frattempo anche i restauratori della Soprintendenza Archeologica d i Roma e della Soprin­tendenza ai Beni Artistici e Storici che presero subito parte alle operazioni insieme alla Poli zia scientifica ed ai Vigili del fuoco. Si formò così un gruppo d i lavoro spontaneo, a cui si affi ancarono in segui to alcuni restauratori vo lontari, assolutamente originale, in cui Po li zia, Vigili del fuoco e restauratori lavorarono fian­co a fia nco ciascuno cercando in quelle macerie ele­men ti utili alla propria materia di competenza.

Nei giorni che segui rono si orga nizzò il cantiere propriamente detto; con un'autogru furono spos tati i cancelli di ferro che si sovrapponevano all e macerie e ne impedivano la raccolta . Con lo stesso mezzo furono anche u·asportati su una piattafo rma di legno che nel frattempo era stata predi sposta, gli archiu·avi marmo­rei e la colonna caduta, mentre proseguiva la rea lizza­zione de lla recinzione che avrebbe costi tuito una mag-

4- VISTA DELL INTERNO DEL PORTICO, VERSO LARGO DI GIANO Le travatm-e lignee del tetto crollato si apjJOggiano alla cancellata.

3 - ELEMENTI MARMOREI RECU PERAll iLI TRA l FRAMMEN-Il DEL PORTI CO Si leggono alcuni camtteri dell 'iscrizione duecentesca della trabeazione, spezzatct in più jJarti.

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giore protezione di tutto il materiale crollato che an-cora giaceva a terra (fig. 9). _,

Durante questo periodo che va dal 28 di luglio fino ai primi dieci giorni di agosto l'opera di recupero e catalogazione dei frammenti provenienti dal crollo è stato articolato nelle seguenti fasi:

a) acquisizione della suddivisione per quadranti già approntata dal gruppo di recupero della polizia scien­tifica (jìgg. l l e 12);

b) recupero dei frammenti per classi omogenee di materiali (mattoni, mattoni con bollo laterizio, into­naco, marmo, travertino, tegole e mattoni sagomati);

c) numerazione delle cassette utilizzate per il recu­pero dei frammenti con indicazione del numero del quadrante, dell'ora del recupero, del giorno, del nu­mero progressivo della cassetta;

d) raccolta dei materiali e u-asporto delle cassette, in un luogo riparato;

e) recupero dei particolari dei rilievi architettonici di maggiori dimensioni (jìg. l 0), non collocabili in cas-

5 - VISTA DELI~ INTERNO DELLA CHIESA Attmverso la breccia aperta nel rnum di facciata, sulla quale Testa

ancora. in equilibTio pTecario lo stipite in pietm della finestr-a, a.pjJare il primo ano a. destr-a della navata centrale, spezzato dal

contraccolpo dell 'esplosione.

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sette, dopo la marcatura dei frammenti eseguita in vista della loro ricomposizione (segnatura con matita del numero d 'ordine, compilazione di una scheda di riconoscimento acclusa a ciascuno dei framm emi all'imerno di buste di plastica) ;

f) documemazione grafica delle fasi di raccolta per consentire la memoria della collocazione di ciascuna delle cassette di materiale, vista in senso stratigrafico.

I frammenti così raccolti furono coll ocati in un to­tale di l 050 cassette che vennero sistemate all'inter­no del convento insieme agli elementi marmorei di minori dimensioni, quali capitelli, cornici e lastre decorate.

Sotto al primo strato di macerie giaceva in posizio­ne di crollo la muratura sovrastante l'architrave mar­moreo del portico. Le cinque piattabande di mattoni avevano mantenuto nella caduta la loro forma geome­trica leggermente arcuata e, ribaltate, poggiavano il fronte esterno sul selciato stradale.

6- LA TESSITURA MURARIA DELLA CHIESA MESSA IN LUCE DALLA CAD UTA DELLINTONACO SOTTO AL PORTICO

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Il buono stato di conservazione di que ti e lemenLi architettonici avrebbe consigliato il recupero nella loro integrità, senza disfarne la tess itura di mattoni. Ma i tempi neces ariamente ri tretti impo ti dalle indagini dell 'aulOrità giudiziaria non permisero che il recupero di una sola piattabanda (quella centrale) che i presen­tava in migliore stato di conservazione e che avrebbe reso le operazioni più brevi. Di tutta la struttura in laterizio fu tuttavia eseguito un rilievo in ca la l : l , mediante la sovrapposizione di un foglio di acetato sul quale fu di egnata l'esalta orditura dei mattoni e g li interspazi di malta. Lavoro che si è rivelato fondamen­tale nel rimontaggio di questo elemento architetton i­co (cfr. anche l'articolo di P. L. Porzio).

La preoccupazione costante di quei giorni fu la ne­cessità di documentare tutte le operazion i che si sus­segu ivano, anche con una certa apprensione, per il timore di cancellare una qualsiasi notizia che in quel momento poteva sembrare insign ificante ma che in seguito avrebbe potuto rivelarsi preziosa . Pertanto fu deciso di filmare tutte le operazioni di raccolta dei mate­riali ed in seguito tutte le operazion i di restauro. Attuai-

7- l VIGILI DEL F OCO, LA POLIZIA ED l RESTA RATORI CO LLA-

130RANO NEL RECUPERO E NELLA SEL EZIONE DEl MATERIALI

mente esistono a disposizione degli studiosi presso l'ar­chivio de lla Soprintendenza otto ore di ripre e video che documentano gran parte di queste operazioni.

Contestualmente fu eseguito il rilevamento gra fico in scala 1: 50 (cfr. l'a rticolo di M. G. Turco in que to vo lum e) delle strutture architettoniche investite dal cro llo del portico, leso a lla individuazione della geo­metria originaria dei singoli e lementi struttura li e de­corativi e all 'accertamento puntuale della loro co lloca­zione nel contesto arch itetton ico primitivo. In un pri­mo momento fu escluso quanto esu lava dalle finalità di documentazione, rinviando acl una seconda fase il rili evo eli dettaglio degli a ltri blocchi per eventuali nuovi studi storico-critici.

Esaurita la fase di recupero eli tutti i materiali riuti­li zzabili e l'acquisizione eli ogn i possibile dato scientifi ­co, fu rapidamente attuata la messa in opera dei presi­eli statici più urgenti.

Fu puntellata come primo intervento, la breccia in corrispondenza della parete frontale della navata de­stra. Questo punto si era rivelato tra quelli maggior­mente critici fin dai primi i tanti, in quanto lo tipite

8 - PRIME OPERE DI PUNTELLA lENTO DELLE PARTI PERICOLANTI

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in marmo della fin es tra che si apriva u questo pro­spe tto era rimas to sospeso nel vuo to (cfr. fig. 5) crean­do una animata discu ione tra gli operatori per la scelta dei metodi di in te rven to, tutti fortemente ri schiosi anche per le persone.

Seguirono le operazioni di punte llaLUra del ca nto­nale di a ttacco tra la chiesa e il convento e del primo ed ultimo arco nella parete che divide la navata de­stra da lla nava ta centrale.

Fu in seguito costruito un ponteggio esteso a tutta la navata centrale de ll a chie a per as tenere il controsof­fitto !igneo. Ques to ad un ispez io ne eseguita con una gru, e ra ri sulta to di tacca to per la schiodatura dei tiranti dal tavola to orizzonta le.

LA SCEL'Tì\ PROG Er r UA LE

I.:impre sione che maggiormente colpiva, percor­rendo la zona del Velabro in quei primi g iorni dopo l'esplosione, era quella di trovarsi di fronte uno spaz io vuoto, privo di ·ignificati storici.

Il rapporto tra il porti co e le a rchi te tture de ll 'in tor­no aveva assunto e so stesso un va lo re storico che non solo si leggeva nel guardare l'a rchi te ttura, ma che ri portava a lla me nte le immagini che incisioni , disegni e dipinti ci aveva no tramandato rendendo poss ibil e la conoscenza proronda della sua evoluzio ne storica.

L.:a pe tto del Ve labro dopo l'esplos io ne e ra simile a quella dei cos iddetti sventra menti cioè demo lizio ni in­sensate a ttua te per favorire qualche asse prospeuico, qualche visuale di rili evo, anche se questo co mportava il sacrificio di un 'edili zia che, se pur antica, si amava definire m i n o re.

Veniva da pensare a Sant'Andrea de lla Valle, priva to del suo rapporto originari o con l'a mbito in cui era sta­to progetta to e proie tta to a fare da piatto fondale acl uno stradone di grande scorrimento, o l' esempio più eclatante e più recente del noto sventramento dei Bor­g hi che ha aperto un grande cannocchial e sul porti co berniniano dando la sensaz ione di guardare la faccia ta di San Pie tro attraverso un obie ttivo fish-eye.

Tornando sul luogo del Velabro il rapporto tra a r­chite ttura e ambiente ri ultava, enza il portico, pro-

rl - TRAS FERI~I ENTO DELI :ARCHIT RA\'E ~ I ARMOREO SULLA P l i\T i i\ FO R ~ I A IN LEGNO ALLESTITA El. CA T I ERE PER CONSER\ '.\RE l ~ 1.\TE RIA I.I I.AI'IDEI DI GRAN DI DIM ENSION I

(foto SBA P, 2656)

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I O- l CAJ' ITELI.I !ON ICI DELLE CO I.ONN I·: DEL PORTI CO

API'OCCIATI SULLA PIATII\FOR~IA IN LECNO PRED ISPOSTA IN CAN­T IERE I'ER LA CONSERI'AZIONlè DEl FRA~ I MENTI PI Ù CRAND I

fondamente mutato. Il portico costituiva infatti una sorta di jJendant architettonico, dello spazio urbano in cui si inseriva . L.:istanza irrinunciabile della ricostruzio­ne era quindi strettamente connessa, anche alla ricom­posizione spaziale dell'ambito in cu i la ch iesa insisteva, oltre che dal rapporto biunivoco che la legava all 'Arco di Giano ed all'Arco degli Argentari. Con essi la chiesa formava un insieme compositivo non vincola to da assi di simmetria, ma liberamente orientato, in modo da formare insieme agli altri elementi architettonici, un quadro del quale era impossibile riassumere in una sola immagine visiva tutta la composizione, ma del

...,_[! ~m Sa>t Giorgil al ve/bo ....... !bio il.r.-"'"'"'-Araol>ef/.1Arptni

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Il - GRAFI CO DELLA SUDD IV ISIONE IN QUADRAi\ITI DEL CROLLO

La majJpa disegnala sulle macerie dalla Polizia scientifica è slctla utilizzata anche jJer la catalogazione e per La divisione in casselle

del 1110leriale.

qua le solo percorrendolo si potevano percepire i singo­li episodi, visivamente indipendenti, ma strettamente lega ti nel valore ambientale dell ' insieme.

La facciata dell a chiesa appariva piatta, senza il por­tico, spoglia, senza l'intonaco. Anche se vedere la fac­ciata senza intonaco costituiva un'occasione unica per gli studiosi, R. Krauteime1~ nel suo CorjJus Basilicanmt Christianar111n Romae rimpiangeva di non poter vedere la tessitura muraria, sotto l'intonaco che Mui'ioz aveva d iligentemente provveduto a stendere. Ma chi, pur apprezzando l'occasione che si pre entava davanti ai propri occh i di stud ioso desideroso di leggere e inter­pretare le murature antiche, avrebbe pensato di !asciarle così in vista?

E quindi come si poteva non riproporre insieme all 'in­tonacatura di quella facciata la ricostruzione del portico?

Ma come ricostruirlo ? Ricorrendo per esempio ad una struttura moderna che ne ripetesse la geometria con l'uso di materiali contemporanei. Ma prescinden­do dal risultato estetico, dalla forma e dai materiali, cosa ne sarebbe stato eli tutte le parti originali recupe­rare? Sarebbe andato a costituire uno squallido anti­quariwn, magari in qualche saletta del convento, che una volta passata la prima onda emotiva, quas i nessu­no avrebbe più vi ita to.

La scelta della Soprintendenza è stata invece orientata, dopo un periodo di attente riflessioni sia alle correnti di pensiero, sia agli esempi g ià realizza­ti tra cu i hanno avuto partico lare attenzion e le rico­struzioni post-belliche, dall'intenzione predominante eli conservare tutto il materiale così minuziosamente

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12- l'ARTICOLARE DI UNO DEl QUADRANT I

Bozza di cantiere con La numerazione dei reperti e L'individuazione del jJII n/o di ritrovmnenlo.

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13 - IL NUCLEO M RARIO INTERNO DEL PILASTRO DESTRO DEL PORllCO CON LA SUA BASE ORIGINALE

recuperato . E qual e modo migliore di conservazione si poteva proporre se non il conservarl o ne l posto da cui proveniva?

Il momento determinante di questa scelta è stato il primo atto della ricostruzione che ha avuto ini zio dal pilastro di de tra del portico. Questo pilas tro appariva come un moncone del pilastro originale e, spoglio del paramento murario esterno, mostrava il nucleo di mura tura interna privo della cornice basa­mentale in marmo. Si trattava quindi di decidere, prima di tutto, come ricos truire la ba e del pilastro (fig. 13).

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Furono predisposti alcuni campion i d i cornici per il basamento rea li zzati con grande capacità tecnica dal nostro collaboratore Alberto De Angeli , in vari mate­riali : mattoni sagomati, marmo, etc. So tituire questa parte di cornice ci avrebbe poi inevitabi lmente portato per analogia a sostituire tutti quei materiali che fossero risultati danneggiati con alu·i simili diversificati da una lavoraz ione dagli originali r imasti in sila.

Il portico avrebbe quindi assun to quella connotazio­ne da restauro archeologico con i mattoni scalpellati o peggio ancora con un profi lo metallico tra la muratu­ra antica e que lla ricostruita. Ma de lle tante soluzioni pensate l'unica convincente si rivelò quella di riposi­zionare al suo posto la base marmorea originale, che meglio d i ogni altra, benchè fortemente danneggiata, ri spondeva a ll ' istanza della rico truzione.

Si è già parlato della cura particolarmente attenLa che era stata riservata a lla documentazione ed è sta to pro­prio questo che ci ha indirizzato verso una r icomposizio­ne della struttura architettonica crolla ta con minime dif­ferenziazioni e minimi segni dell 'accaduto. li pensiero guida è stato infatti quello per cui i visitatori potes ero riacqui sire un'immagine del contesto nei suoi valori monumentali e ambientali senza correre il rischio di una ripeti zione dei manufatti gelida e pedante, mentre gli studiosi, in qualsiasi momento storico, avrebbero trovato negli archivi della Soprintendenza tutto quel materiale grafico, fotografico, filmato e scritto, che gli avrebbe permesso di individuare, con preci ione cientifica, tutte le operazion i di restauro eseguite e di distinguere nel dettaglio le murature ricosu·uite da quelle originali.

Oggi il Velabro ha riacquistato l' immagine che i viaggiatori attraverso i secoli hanno portato nei loro paes i in quelle immagini dove compai ono scorci de l campanile, del portico con le sue colonne, dei capitel­li , degli intar i marmorei recuperati da edifici pagani in que lla inesauribile cava che furono i Fori e il Palati­no e collocati in una ricomposizi one sommaria secon­do un codice espressivo te o solo al raggiungimento di caratteri cromatici e chiaroscurali .

Questo accostamento co ì apparentemente casuale e così culturalmente complesso, ha reso tanto più difficile il compito d i chi ha intrapreso questo restauro consape­vole della impossibilità di restiluire al portico e a lla chie­sa il valore dell 'opera originale, che per sua peculiare definizione è manufatto dell 'uomo unico e irripetiblle.

Le .foto sono della Soprintendenza per i Beni Ambientali e ATchitellonici di Roma (divenuta jJoi Soprintendenza per i Beni ATchitellonici ed il Paesaggio).

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