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Il Palazzo Vescovile di Lodi Scuola media F.Cazzulani Alunni 3D - prof Ferrarese a.s.2008/09

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Il Palazzo Vescovile di Lodi

Scuola media F.Cazzulani

Alunni 3D - prof Ferrarese a.s.2008/09

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IL VESCOVADO

•Introduzione•Struttura del Palazzo•Il rifacimento nel ‘700 ad opera del Veneroni

•I prospetti interni•I prospetti esterni•Le fasi costruttive dalle origini ai primi del ’900

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INTRODUZIONE

Siamo nell’anno 1111.Da tempo la borghesia milanese cercava di espandersi e di conquistare nuovi territori e nuovi mercati.Fu così che le truppe di S. Ambrogio attaccarono, misero a ferro e fuoco Laus Pompeia e la distrussero.La popolazione lodigiana, spaurita e sbandata, viveva nei campi, in baracche improvvisate, tra le macerie.L’unico edificio risparmiato dai Milanesi fu la Basilica dove riposava il Patrono S. Bassiano.Laus Pompeia cercò di risollevarsi ma, a distanza di pochi anni e nonostante la protezione dell’Imperatore Federico Barbarossa e gli accordi stipulati con la Dieta di Roncaglia, dovette subire una nuova distruzione ad opera dei Milanesi: era il 24 aprile 1158.Questa volta però l’Imperatore volle che Laus venisse riedificata ed in una posizione strategicamente più opportuna e più difendibile.Così domenica 3 agosto 1158 nacque la Nuova Lodi, sul monte Eghezzone e vicino al grande e navigabile fiume Adda.

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STRUTTURA DEL PALAZZO

Il palazzo, come appare oggi, risale al 1700 ed è opera dell’architetto pavese Giovanni Veneroni. Esso si sviluppa attorno ad un cortile quadrato. Ha quindi quattro ali; di queste però solo tre furono realizzate nel 1700, mentre la quarta, quella meridionale, che doveva anche essere la più sontuosa, non fu portata a compimento e venne realizzata in tempi recenti, come è chiaramente visibile.

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Portone su Piazza del Mercato

Il palazzo ha due ingressi: a sud, su via Cavour, a nord, su Piazza del Mercato. Delle altre ali del palazzo, l’una si affaccia a est sul giardino, l’altra si collega a ovest con il Duomo.

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Le facciate interne sono state realizzate su tre lati, perché manca l’ala sud. In basso vi è il portico; ogni lato del portico presenta una serie di 5 archi (con chiave di volta), basati su altissime colonne accoppiate, che negli angoli sono riunite a gruppi di tre.

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Sopra il portico, separato da un marcapiano che imita una balconata, vi è il piano nobile con finestre decorate in alto con tondi che presentano, con ritmo alterno, piccoli fiori e grappoli d’uva in ferro. Sopra il piano nobile è poi visibile l’ammezzato con piccole specchiature.

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Particolari delle decorazione dei tondi delle finestre al piano nobile

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La parte interna del portico è a rustico in cotto, perché non fu mai terminata: mancano le decorazioni a stucco e tutti gli intonaci.

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Alle cinque campate rettangolari di ogni lato, si aggiungono le due campate angolari quadrate e più grandi. Tutte hanno volte a crociera con tessiture a spina di pesce.

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Prospetti esterni : sono tre e presentano molte differenze, perché alcuni sono stati terminati altri no.

Il prospetto est verso il giardino è l’unico realizzato in tutte le sue parti secondo il progetto del Veneroni.Questa facciata è compiuta nelle decorazioni dei tre piani. Sulla destra vi è una torretta sopraelevata; essa, nella parte dove si collega all’ala nord, appare incompiuta come si può vedere dai fori, ancora visibili, dei punteggi.

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Il giardino comunica con il portico grazie ad un’apertura ad arco, chiusa da un cancello in ferro battuto.

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Il prospetto nord si affaccia su Piazza Mercato. Esso è stato realizzato solo parzialmente. Di quest’ala, la seconda ad essere edificata, si costruirono solo le strutture essenziali, mentre quelle decorative mancano del tutto; infatti la facciata appare liscia a intonaco con solo delle aperture e delle finestre. Sull’estrema destra della facciata vi è un ampio portale, che consente l’accesso al portico.

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L’ultima ala ad essere realizzata fu quella ovest. I lavori furono interrotti e ripresi più volte; presenta una facciata rustica in mattoni. Ci sono finestre, oculi a ellissi e i fori per i ponteggi, il tutto a testimoniare la brusca interruzione dell’opera.

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I punti in cui l’ala est e l’ala ovest dovevano congiungersi con quella sud mostrano mattoni a vista: altra prova della incompiutezza del Palazzo.

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IL VENERONI

Nel corso del 1700 l’architetto pavese Giovanni Antonio Veneroni fu incaricato della ricostruzione totale del Palazzo dal vescovo Ambrogio Mezzabarba. Per il Palazzo Vescovile, il Veneroni realizzò 3 piante e 1 progetto di facciata. La pianta del piano inferiore del Nuovo Palazzo Vescovile presenta un disegno a penna, acquerellato, numerato nelle singole parti e correlato da legende.Le novità più significative, volute dal Veneroni, consistono nell’ampliamento del portico, nella sua forma perfettamente quadrata, nella sostituzione dei pilastri con colonne e nello sviluppo del colonnato su tutti e quattro i lati.

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Il Veneroni realizzò il progetto della facciata con calma dopo l’inizio della costruzione, visto che il braccio meridionale avrebbe dovuto essere edificato per ultimo. Sfortunatamente né l’ala meridionale né la bellissima facciata furono mai realizzate, a causa della morte del vescovo Mezzabarba.Della facciata ci è rimasto solo il disegno del Veneroni, oggi esposto in una sala del Palazzo.

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Nel disegno della facciata è leggibile in alto a destra:“1739 - Gio. Ant. Veneroni – Ing. et Arch. di Pavia delg.”

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La facciata doveva essere un po’ più alta rispetto al resto dell’edificio; essa ha tre piani e 15 assi di finestre.Nell’asse principale si nota un bellissimo portale, sovrastato da un ampio balcone.

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LE ORIGINITra le prime fabbriche della nuova roccaforte ghibellina vi furono sicuramente, oltre al Castello, la Cattedrale e il Vescovado. Primo vescovo di Lodi Nuova fu Alberigo I da Merlino sotto il quale, però, la costruzione del Palazzo Vescovile ebbe un lentissimo progresso; al contrario avanzò in modo significativo, la costruzione della Cattedrale, che era fra gli edifici più necessari. Nel 1163 il corpo di San Bassiano venne traslato da Lodi Vecchio alla nuova Cattedrale.Sotto Alberigo quindi esisteva solamente un primo nucleo del Vescovado.

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Il vero fondatore del palazzo viene considerato il vescovo Alberto Quadrelli; il Vescovado tuttavia cominciò ad avere forma solo sotto il suo successore, Alberigo del Corno, che ottenne nel 1177 il trasferimento della sede vescovile da Lodi Vecchio a Lodi Nuova.Solo nella prima metà del 1200, sotto il vescovo Ottobello Soffientini, la fabbrica del Vescovado giunse a compimento. Di nuovi interventi nel Palazzo Vescovile si ha notizia solamente a più di un secolo di distanza con il vescovo Bonifacio Bottigelli, che nel 1400 avviò considerevoli e importanti interventi di restauro e abbellimento del Vescovado.

Nel medesimo secolo il vescovo Carlo Pallavicino operò un consistente ampliamento del giardino del palazzo; infatti egli chiese la restituzione di un luogo esistente nel recinto del Vescovado e chiamato comunemente “stallazza”; in questo spazio si tenevano per il mercato cavalli e granaglie, dato che, pur appartenendo di diritto al Vescovado, esso era stato dato in uso a privati. La richiesta di restituzione venne accolta. Nella primavera del 1482, il vescovo fece gettare a terra tutte le botteghe che si addossavano al giardino; questo incorporando la stallazza, venne ad assumere il perimetro e l’area attuali.

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Sotto il vescovado di Ottaviano Maria Sforza ebbe inizio un periodo buio e difficile. In città c’era il caos completo. Ottaviano non poteva risiedere in città e la sua prolungata assenza ebbe come conseguenza che il palazzo fosse lasciato in una incuria tale da renderlo inabitabile, tanto che Ottaviano, nei suoi brevi soggiorni a Lodi, alloggiò presso privati. Dopo questo periodo di precarietà i due vescovi seguenti cercarono di rimettere in sesto il palazzo, ma i lavori intrapresi furono di poco conto.

Al contrario dei predecessori, Monsignor Ludovico Taverna intraprese un’opera di rifacimento davvero grandiosa.Incaricò per la realizzazione dei progetti, uno dei più importanti architetti lombardi del ‘500: Martino Bassi. Monsignor Taverna però non riuscì a vedere il termine dei lavori; infatti sarà solo con il vescovo Pietro Vidoni che la fabbrica fu terminata: era il 1657. La spesa fu di 6000 scudi.Sempre in questo stesso secolo si iniziò la realizzazione della galleria detta dei ritratti, in quanto decorata con una serie di dipinti ad olio, rappresentanti i vescovi lodigiani.Siamo così giunti al secolo XVIII.

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Allora era vescovo Carlo Ambrogio Mezzabarba. Sotto di lui fu avviata una ricostruzione integrale del palazzo, su progetto dell’architetto Antonio Veneroni.Al Veneroni abbiamo dedicato un approfondimento.E’ importante ricordare che il Palazzo Vescovile, che noi conosciamo e vediamo oggi, è quello del progetto sentecentesco del Veneroni.

Dopo la morte del Mezzabarba, il vescovo fu Giuseppe Gallarati. Egli riprese subito i lavori in Vescovado, senza però terminarli.Seguirono anni di guerra e di instabilità politica. Il 10 giugno 1796 le truppe francesi giunsero a Lodi. Napoleone Bonaparte soggiornò nell’Episcopio, ospite del vescovo.Dopo il conseguimento dell’unità italiana, il dissidio tra Stato e Chiesa non permise più ai vescovi lodigiani di possedere beni temporali, così per molti anni il vescovo dimorò in Seminario.Successivamente venne riconosciuto al vescovo il diritto di possedere beni e quindi anche il suo palazzo. Questo però dopo decenni di abbandono era in condizioni pessime e aveva bisogno di notevoli riparazioni.Compiuti i lunghi e costosi lavori, nella primavera del 1879, il vescovo Domenico Maria Gelmini ritornò nel palazzo abbandonando dopo quasi trentacinque anni il Seminario.