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Il nuovo c ttadino TRIMESTRALE di informazione politico-sociale N. 1-2012 Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - 70% Commerciale Business Ancona n. 73/2009 D iceva una volta Giorgio Guglielmo Federico He- gel che non si può dare una risposta intelligen- te ad una domanda sciocca. La domanda sulla qua- le si affaticano ormai da qualche tempo le menti mi- gliori del paese, sia al bar dello sport che sui più se- riosi quotidiani è: il posto fisso è bello o brutto? Io mi sono domandato come avrebbe risposto quel saggio di mons. De Lapalisse. Credo che, più o me- no, se la sarebbe cavata così: è bello passare da un posto ad uno migliore, è brutto passare da un posto ad un altro peggiore. Bruttissimo poi è passare dal lavoro alla disoccupazione. Invece di discettare in astratto sulla bellezza del posto di lavoro fisso fa- remmo bene a cercare di capire cosa sta succeden- do nel mercato del lavoro del nostro paese e cosa possiamo fare per aumentare la mobilità positiva (quella in cui si va a stare meglio) e diminuire la mobilità negativa (quella in cui si va a stare peggio). Cominciamo con una affermazione di principio: l’ uomo non è una merce che si può liberamente vendere e comprare e che, se nessuno vuole il suo lavoro, può anche tranquillamente morire di fame. Il lavoro ha due lati. In quanto forza che trasforma la realtà (nel suo aspetto “ oggettivo” direbbe Gio- vanni Paolo II) il lavoro può anche essere una mer- ce, ma il lavoro è anche espressione della persona del lavoratore (ha un lato “soggettivo” direbbe sempre Giovanni Paolo II) e come tale non è semplicemente una merce. Tutta la storia del movimento operaio è centrata sulla tutela del diritto alla dignità e del di- ritto al lavoro indissolubilmente congiunti. Per que- sto istintivamente ogni lavoratore si ribella all’idea che qualcuno abbia il diritto di licenziare in modo arbitrario, senza motivo. > segue a pag. 4 L’uomo non è una merce che si può vendere o comprare Scriveteci a: [email protected] Direttore: Giovanni Fermani Comitato editoriale: Umberto Spalletti, Alessandra De Lucia Lumeno, Antonella Fornaro Grafica: Studio Messa Tipografia: Tecnostampa on. Rocco Buttiglione Editoriale on. Luca Marconi P uò apparire una contraddizione, ma non lo è. In realtà una delle due cose deve accadere, me- glio se avvengono entrambe. La soluzione di un nuovo welfare unito ad un lavoro composto da una più alta partecipazione femminile al mondo della produzione e dei servizi è la nuova grande sfi- da dell’Italia e dell’Europa. Passare dall’attuale 46% fino al 60% di donne al lavoro, è un meccanismo, che mettendo insieme vecchie e nuove provvi- denze fiscali e assistenziali, può offrire alla fami- glia un reddito minimo per campare. Non siamo più dentro gli schemi di una ideologia capitalisti- co/liberista o socialista/assistenziale. Siamo di fron- te ad una realtà di una società italiana contratta dalla produzione del reddito, la crescita economi- co/industriale e lo sviluppo di quasi tutti i settori compreso quello demografico. Non è vero che le donne non lavorano perché fanno i figli e stanno a casa (siamo al più basso in- dice di figlio per donna in Europa: 1,4 contro 1,9 della media continentale); è vero che non si fan- no più figli perché non c’è lavoro, quindi reddito, perché i redditi sono bassi e servono almeno due lavori per famiglia e, per finire, non ci sono suffi- cienti provvidenze pubbliche per garantire alla fa- miglia una vita dignitosa già quando si avventura in cerca del secondo nato. > segue a pag. 4 Reddito minimo vitale familiare e lavoro femminile N elle pagine N elle pagine 1 1 Editoriale on. Luca Marconi L’uomo non è una merce che si può vendere o comprare on. Rocco Buttiglione 2 2 Una buona notizia Una vacanza da... missionario Paolo ciccarelli 3 3 Forse ci siamo. Dopo la stagione dei referendum, la nuova legge elettorale in Parlamento Paolo Zunino 5 5 Contro i luoghi comuni Il sud pre-unitario Umberto Spalletti La ricchezza da produrre pena la fine dell’economia Osvaldo Baldacci 6 6 Cattolici all’attacco “La politica” Sfida della nuova evangelizzazione Salvatore Martinez La Chiesa e l’IMU. Imbrogli giornalistici e falsa informazione Simone Marconi 7 7 Cattolici all’attacco Padre Pio, pregare con la realtà dei suoi gruppi Umberto Spalletti Sulle carceri proposte semplici e possibili Stefania Tallei Un principe della Chiesa Jean Marie Lustigier 8 8 Lezioni sulla Costituzione Antonella Fornaro 9 9 Usa-Israele-Iran Alessandra De Lucia Lumeno La fine delle garanzie Marco Caldarelli 10 10 È mancata sobrietà e si è avuta troppa autoreferenzialità Francesco Garofolo 11 11 Il libro “Il corpo delle donne” Alessandra De Lucia Lumeno Di loro dicono solo bene Carlo Azeglio Ciampi U. S. 11 11 Ne indignati ne rassegnati Il movimento dei movimenti on. Rocco Buttiglione Cosa dopo Todi? Forse un partito leggero Luca Marconi Anno 2012 N. 1 IL NAUFRAGIO DEI MEDIA stessa tragedia diversa attenzione... ...neanche da morti siamo tutti uguali. NC1(2012)OK_SARA_Imp Seconda BozzaN2.qxd 09/03/12 17:33 Pagina 1

Il nuovo cittadino n.1 - 2012

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Il nuovo cittadino n.1 - 2012

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Il nuovo c ttadinoTRIMESTRALE di informazione politico-sociale N. 1-2012 Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - 70% Commerciale Business Ancona n. 73/2009

Diceva una volta Giorgio Guglielmo Federico He-gel che non si può dare una risposta intelligen-

te ad una domanda sciocca. La domanda sulla qua-le si affaticano ormai da qualche tempo le menti mi-gliori del paese, sia al bar dello sport che sui più se-riosi quotidiani è: il posto fisso è bello o brutto? Iomi sono domandato come avrebbe risposto quelsaggio di mons. De Lapalisse. Credo che, più o me-no, se la sarebbe cavata così: è bello passare da unposto ad uno migliore, è brutto passare da un postoad un altro peggiore. Bruttissimo poi è passare dallavoro alla disoccupazione. Invece di discettare inastratto sulla bellezza del posto di lavoro fisso fa-remmo bene a cercare di capire cosa sta succeden-do nel mercato del lavoro del nostro paese e cosapossiamo fare per aumentare la mobilità positiva(quella in cui si va a stare meglio) e diminuire lamobilità negativa (quella in cui si va a stare peggio).

Cominciamo con una affermazione di principio:l’ uomo non è una merce che si può liberamentevendere e comprare e che, se nessuno vuole il suolavoro, può anche tranquillamente morire di fame.Il lavoro ha due lati. In quanto forza che trasformala realtà (nel suo aspetto “ oggettivo” direbbe Gio-

vanni Paolo II) il lavoro può anche essere una mer-ce, ma il lavoro è anche espressione della persona dellavoratore (ha un lato “soggettivo” direbbe sempreGiovanni Paolo II) e come tale non è semplicementeuna merce. Tutta la storia del movimento operaio ècentrata sulla tutela del diritto alla dignità e del di-ritto al lavoro indissolubilmente congiunti. Per que-sto istintivamente ogni lavoratore si ribella all’ideache qualcuno abbia il diritto di licenziare in modoarbitrario, senza motivo.

> segue a pag. 4

L’uomo non è una merce che si può vendere o comprare

Scriveteci a: [email protected]: Giovanni Fermani

Comitato editoriale: Umberto Spalletti, Alessandra De Lucia Lumeno, Antonella Fornaro

Grafica: Studio MessaTipografia: Tecnostampa

on. Rocco Buttiglione

Editoriale on. Luca Marconi

P uò apparire una contraddizione, ma non lo è.In realtà una delle due cose deve accadere, me-

glio se avvengono entrambe. La soluzione di unnuovo welfare unito ad un lavoro composto dauna più alta partecipazione femminile al mondodella produzione e dei servizi è la nuova grande sfi-da dell’Italia e dell’Europa. Passare dall’attuale 46%fino al 60% di donne al lavoro, è un meccanismo,che mettendo insieme vecchie e nuove provvi-denze fiscali e assistenziali, può offrire alla fami-glia un reddito minimo per campare. Non siamopiù dentro gli schemi di una ideologia capitalisti-co/liberista o socialista/assistenziale. Siamo di fron-te ad una realtà di una società italiana contrattadalla produzione del reddito, la crescita economi-co/industriale e lo sviluppo di quasi tutti i settoricompreso quello demografico.

Non è vero che le donne non lavorano perchéfanno i figli e stanno a casa (siamo al più basso in-dice di figlio per donna in Europa: 1,4 contro 1,9della media continentale); è vero che non si fan-no più figli perché non c’è lavoro, quindi reddito,perché i redditi sono bassi e servono almeno duelavori per famiglia e, per finire, non ci sono suffi-cienti provvidenze pubbliche per garantire alla fa-miglia una vita dignitosa già quando si avventurain cerca del secondo nato.

> segue a pag. 4

Reddito minimo vitale familiaree lavoro femminile

Nelle pagineNelle pagine11 • Editoriale on. Luca Marconi

• L’uomo non è una merceche si può vendere o comprareon. Rocco Buttiglione

22 • Una buona notizia Una vacanza da... missionarioPaolo ciccarelli

33 • Forse ci siamo. Dopo la stagionedei referendum, la nuova leggeelettorale in ParlamentoPaolo Zunino

55 • Contro i luoghi comuni Il sud pre-unitarioUmberto Spalletti

• La ricchezza da produrrepena la fine dell’economiaOsvaldo Baldacci

66 Cattolici all’attacco • “La politica” Sfida della

nuova evangelizzazioneSalvatore Martinez

• La Chiesa e l’IMU. Imbrogligiornalistici e falsa informazioneSimone Marconi

77 Cattolici all’attacco • Padre Pio, pregare con la realtà

dei suoi gruppiUmberto Spalletti

• Sulle carceri propostesemplici e possibiliStefania Tallei

• Un principe della ChiesaJean Marie Lustigier

88 • Lezioni sulla CostituzioneAntonella Fornaro

99 • Usa-Israele-IranAlessandra De Lucia Lumeno

• La fine delle garanzieMarco Caldarelli

1010 • È mancata sobrietà e si è avutatroppa autoreferenzialitàFrancesco Garofolo

1111 • Il libro “Il corpo delle donne”Alessandra De Lucia Lumeno

• Di loro dicono solo beneCarlo Azeglio Ciampi U. S.

1111 • Ne indignati ne rassegnatiIl movimento dei movimention. Rocco Buttiglione

• Cosa dopo Todi?Forse un partito leggeroLuca Marconi

Anno 2012 N. 1

IL NAUFRAGIO DEI MEDIAstessa tragedia

diversa attenzione... ...neanche da morti siamo

tutti uguali.

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2Anno 2012 - N. 1

Un anno di duro lavoroe finalmente le agogna-

te ferie. Quest’anno poisconvolgenti, rivoluziona-rie, alternative come nonmai: in India!

Così nel cercare le buonenotizie, i nuovi cittadini, glialberi che crescono (vedi ar-ticolo 04/11) quale miglioretestimonianza se non quelladi chi, in un’epoca in cui iltempo ci schiaccia e vale piùdell’oro, in cui dedicare 5 mi-nuti a chi è bisognoso appa-re utopia, decide di spende-re le proprie ferie per donar-si agli altri.

È questa l’esperienza diAlessandra che parte per unviaggio in India.

“Siamo stati ospiti dellafamiglia di una suora india-na. Quanti insegnamenti! Ilperno della casa è uno spa-zio con immagini sacre, unasorta di mini altare a cui lacomunità dedica un signifi-cato profondo: qui tutta la fa-miglia si riunisce in preghie-ra prima dei pasti.

Poi giorni indimenticabi-li con i bambini di strada ac-colti dai Salesiani. Indimen-ticabile il lavoro creato dallemanine del più piccolo. Unsole che ride. In quel sole era

racchiusa tutta la speranza,la fiducia, la gioia che nono-stante la povertà e le feritedel cuore quel bimbo porta-va con sé.

Al centro disabili abbia-mo condiviso alcune attivitàtra cui la costruzione di col-lane con piccole e banali per-line di plastica. Ricordo chealcune perline erano cadutenel fango: non gli avevamodato peso. Poi un ragazzocon la luce negli occhi, il fan-go nelle mani, e l’orgoglionel cuore, mi mostrava diavere raccolto ogni singolaperlina. Ognuna di essa erapreziosissima: la speranza e lavera gioia si trovano vera-mente nel godere delle pic-cole cose!”

“Quando ci siamo recatipresso una scuola di bambi-ne sembrava l’accoglienzadella Domenica delle Palme.Certo, qualche piccola dif-ficoltà non è mancata, tipoquando mi hanno chiesto ditagliare le unghie dei piediai disabili, situazione per metraumatica, ma è stato unmodo di perdermi ed imme-desimarmi nel contesto rea-le. In realtà dopo 3 settima-ne di vita molto semplice(docce con i secchi di acqua)

tutto era diventato molto na-turale.

Che meraviglia quandodue culture si rispettano e sirendono disponibili all’in-contro! Se penso ora all’Indianon ricordo tanto la povertàquanto lo sguardo intenso e

gli occhi lucenti dei bambiniche scorgono “un sole che ri-de”. Quando poi incontro lapersona indiana non c’è più lostraniero, ma il fratello: la

condivisione di vita, unosguardo sincero, un sorri-so,una carezza bastano, an-che se la lingua non è la stes-sa, per sentire la fratellanza.

Con il termine “rating” ci si riferisce ad una valutazione, e in particolare ad un metodoutilizzato generalmente per classificare le imprese in base al loro livello rischio. Que-

sto compito è da oltre un secolo demandato alle agenzie di rating, che esprimono attra-verso un voto in lettere il merito creditizio, in base al quale il mercato stabilisce un premioper il rischio da richiedere all’azienda per accettare quel determinato investimento. Quan-do il giudizio diminuisce, aumenta il premio per il rischio richiesto e quindi l’emittentedeve pagare uno spread maggiore rispetto al tasso privo di rischio. Si tratta di un mecca-nismo sulla carta perfetto, costruito agli inizi del secolo scorso per tutelare gli investitorifornendo loro informazioni precise e sintetiche, espresse da una sola lettera dell’alfabeto,ed elaborate da soggetti “indipendenti”.

Questa credibilità sembra però essersi incrinata sempre più negli anni, e la realtà ap-pena descritta sembra soltanto una storia assai lontana dai tempi attuali. I fondatori diqueste imprese, perché di aziende si tratta, e questo dettaglio non va mai dimenticato, chesono più o meno quelle di oggi, col crescere degli affari e con l’ampliarsi della borsa, in-clusero nel loro capitale nuovi azionisti, spesso coincidenti con alcune delle istituzioni cheesse, un tempo, valutavano.

Col passare del tempo questa situazione ha comportato per queste organizzazioni nonpochi “errori” di valutazione. Perché si arrivasse a ciò ha sicuramente giocato un ruolo im-portante la politica con la sua debolezza. Oggi la classe politica europea critica aspramen-te le agenzie e cerca in tutti i modi di prenderne le distanze, dimenticando un passato –nient’affatto remoto – in cui erano considerate i terminali di un sistema perfetto e ogget-tivo in grado di valutare le performances di un’azienda ed in seguito, purtroppo, di unostato, in maniera “oggettiva”. Permettendo loro di condizionare la sorte anche dei paesi,si è accettato l’assunto secondo cui potessero esprimere giudizi e indicazioni di merito neiconfronti del potere esecutivo di un Paese identificato come una sorta di managementdell’“azienda-stato” di turno.

Negli ultimi giorni si è osservato, tuttavia, che i mercati hanno reagito ai recenti de-classamenti e le Borse hanno chiuso le loro sedute con il segno positivo, e anche lo spread,cioè la misura del rischio finanziario dei nostri titoli, è sceso, conferma evidente di comegli investitori hanno quindi ponderato opportunamente l’ultima pagella stilata dalle agen-zie di rating. Compito della politica sarà, pertanto, quello di impegnarsi per approntare que-gli interventi normativi che ne regolino l’operato per un corretto e non perverso funzio-namento dei mercati finanziari.

* Segretario Generale, Associazione Nazionale fra le Banche Popolari

Associazione Nazionale fra le Banche Popolari

Una nuova centralità della politica nell’economiadi Giuseppe De Lucia Lumeno*

La buona notizia

Una vacanza da... missionariodi Paolo Ciccarelli

Come guarda e ascolta il Nuovo Cittadino

• Bene il Padrino di Michele Placido. Sobrio, serio, docu-mentato e originale. Semplice e realistica anche la sce-neggiatura. Un po’ di sano patriottismo nella lotta allamafia fa bene e induce ad orgoglio e fiducia nelle forzedell’ordine.

• Dopo decenni di Tg4 di Emilio Fede è evidente un da-to che fa riflettere. Mai nei suoi Tg viene nominato l’UDCo i suoi leader. Mai. Sempre la sinistra estrema che fa pau-ra e che solo Berlusca può fermare. Ma la censura fasci-sta (o comunista fate voi!) dell’UDC da parte di Fede ri-vela la vera paura del Kavaliere verso quel piccolo parti-to che non si è mai piegato e che oggi rappresenta l’uni-ca alternativa credibile per i moderati al fallimento po-pulista della destra muscolare.

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Sembrano proprio altritempi: la legge elettorale

proporzionale in vigore dal1946 viene cancellata da unreferendum e sostituita dadue leggi successivamente in-trodotte: il c.d. Mattarellum,maggioritario al 75% con col-legi uninominali e propor-zionale al 25% con lista bloc-cate senza preferenze e conil c.d. Porcellum, maggiori-tario totale con liste blocca-te senza referendum e con ri-porta proporzionale dei seg-gi fra i vincitori prima e glisconfitti poi.

Sistemi un po’ complica-ti e artificiosi. Sempre con re-ferendum si è tentata l’enne-sima riforma, ma la Corte Co-stituzionale ha detto no. Aste-niamoci da inutili commen-ti. Diciamo invece che la sto-ria elettorale torna in Parla-mento, meditata e ragionata,non frutto di una “cassata”qualsiasi a colpi di referen-dum o sentenza di Corte. Lamateria elettorale è com-plessa e i pesi e contrappesida considerare sono moltis-simi. Possiamo affermare chela legge elettorale fa la poli-

tica, la disegna e la destina afortune o sfortune a secondadi quanto è saggia.

I criteri di questa saggez-za largamente riconosciutisono: rappresentatività, go-vernabilità e democrazia po-polare, possibilità di un ri-cambio reale.

La rappresentatività è da-ta dal proporzionale: non puòesistere un sistema che me-glio consente tutte le espres-sioni politiche.

La governabilità è assicu-rata dalla non eccessiva fram-mentazione delle forze poli-tiche che riescono a farsi rap-presentare in Parlamento, equesto può venire solo da unasoglia di sbarramento signi-ficativa, almeno del 5%.

La democrazia popolaresi realizza quando la leggeelettorale è capace di foto-grafare le culture prevalentidel paese; questo si ottienecon liste di molti candidaticon preferenza e collegi elet-torali ampi al fine di scon-figgere i localismi, le lobby ei gruppi di pressione econo-mici e finanziari.

Il ricambio reale è neces-sario e si ottiene con la for-mazione di due schieramen-ti alternativi, con due rispet-tivi partiti guida, e questo sipuò avere con un piccolo pre-mio di maggioranza in capoalla formazione prima arri-vata, così che non abbia adessere ricattata dalle forma-zioni più piccole e sia anchechiara la responsabilità di chiregge la maggioranza e for-nisce l’indicazione del can-didato alla Presidenza dalConsiglio dei Ministri.

L’insieme di questi ele-menti, con la riduzione delnumero dei parlamentari, cisembra fattibile, ragionevo-le e largamente condiviso dal-le forze dell’attuale maggio-ranza pro Governo Monti.

LampodiGenio

GENITORI CON PROLE, I VERI EROI DELLA VITA

La notizia è verificata: negli ospedali i medici che attuanola 194 sono un miraggio. Tra 5 anni potrebbero essere

estinti. Infatti il 70% dei ginecologi sono obiettori:i nonobiettori faticano a fare le ferie e hanno turni massacranti,finiscono per essere de professionalizzati facendo solo abor-ti. Vendola ha indetto nella Regione Puglia, un bando per me-dici non obiettori. Comprendiamo il bisogno della Regionedi abortisti per soddisfare le richieste delle pazienti, ma que-sto significa che c’è una grave mancanza da parte delle Isti-tuzioni, nel sostegno psicologico ed economico alle neo-mamme con disagi.

Nel frattempo forse potremmo cominciare a ben applica-re la 194: maggiore sostegno psicologico alle ragazze madri ealle donne in quanto una delle principali cause che induconoall’aborto è la solitudine, una attenta prevenzione anche conl’aiuto dei familiari, per cercare di ottenerne il sostegno; perle minorenni il coinvolgimento di un genitore, dato che in fon-do si tratta di “eliminare” un componente della famiglia e co-munque per tutte, la responsabilizzazione del padre.

Un sostegno finanziario diretto che segni una qualcheforma di vicinanza.

Un’approfondita educazione sessuale nelle scuole, performare una nuova generazione che comprenda a pienol’importanza della vita, invece che del denaro: infatti un’al-tra motivazione per l’aborto è proprio quella della carrierae della libertà dai figli. Rivoluzionare il mondo del lavoro: al-cune aziende non assumono donne perché andranno in ma-ternità, e non rinnovano il contratto alle ragazze che han-no intenzione di avere un figlio.

Alla luce di queste nostre carenze non possiamo limitar-ci alla semplice condanna di chi ha deciso di abortire perqualsiasi ragione, anche perché, è evidente che la 194 vieneapplicata solo per fare l’aborto.

Punterei invece il dito contro l’educazione genericamenteofferta nelle famiglie e nelle scuole, che produce “muli dasoma” senza etica né morale, con slanci solo verso la carrie-ra e il consumismo, perché se sei un ricco professionista, seiqualcuno da ammirare, mentre se hai quattro figli e lavori10 ore al giorno per mantenerli sei un fesso che non ha ca-pito niente della vita.

Questi sono i veri Eroi della società, coloro che decidonodi fare carriera con la prole contribuendo al ripopolamentodella nostra bella Italia.

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Forse ci siamo. Dopo la stagione dei referundum, la nuova legge elettorale in Parlamentodi Paolo Zunino

NASCITE E ABORTI IN ITALIAANNO NASCITE ABORTI

crescono di poco calano di poco 1999 514.437 139.2132000 532.528 135.1332001 529.156 132.2342002 530.443 134.1062003 531.274 132.178 2004 553.770 138.1232005 544.030 132.7902006 552.019 131.0182007 555.589 126.562 2008 576.659 121.301 2009 568.857 116.933

OSSERVAZIONI LAICHE:• Le nascite crescono troppo poco• Calano i consumi• Arrivano più stranieri• L’aborto ha fatto mancare all’appello 1.500.000 italiani• In dieci anni avremo meno soldi per le pensioni del futuro• Una società con più vecchi perde la spinta all’innovazio-

ne e allo sviluppo

I MEDICI OBIETTORI IN ITALIAProfessione 2005 2006 2007 2008 Personale Infermieristico 38,6% 43,3% Anestesisti 45,7% 52,6% Ginecologi 58,7% 69,2% 70,5% 71,5%

Regioni (% obiettori sul totale dei ginecologi).Fonte: Relazione 2010 Ministero della Salute sull’attuazione della legge 194

Lazio 85,6% Basilicata 85,2% Campania 83,9% Molise 82,8% Sicilia 81,7% Veneto 80,0% Puglia 79,9% Alto Adige 79,3% Abruzzo 78,5% Calabria 74,5% Trentino 74,3% Umbria 69%Lombardia 66,9% Piemonte 65,1% Friuli V. G. 63% Marche 62% Toscana 59,6% Sardegna 55%Liguria 57,3% E. Romagna 51,6% Valle d’Aosta 18,2%

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•Stupidario•

AMBIENTALISTA L’ultima bufala sul riscaldamento globale

riguarda proprio la Groenlandia, la Terra Verde, ed è proprio emblematica.

Una nota rete televisiva mondiale spara un servizio sul-la diminuzione drammatica dei ghiacci in Groenlandia.La dimostrazione viene dall’alto ed è dato da migliaiadi foto e rilevazioni “scientifiche”.Dopo neanche un giorno dall’uscita del servizio un grup-po di scienziati veri smontano la clamorosa rivelazionedimostrando che avevano scambiato le nevi per altra co-sa e che i ghiacci sono tutti lì, come da mille anni, com-patti e belli freddi. La rete televisiva, per bocca del suostesso proprietario, si è scusata col mondo intero e conla Danimarca (proprietaria dell’immensa isola). Perchéla Groenlandia è emblematica? Perché testimonianzestoriche inconfutabili ci dicono che qualche secolo fa l’i-sola era verde e produceva un discreto vino. Siamo so-pravvissuti anche quando la Groenlandia era senzaghiacci o ne aveva veramente pochi. Sopravviveremo an-che oggi che i ghiacci la coprono quasi completamen-te. E tanto per stare sulla cronaca, nel mese di settem-bre quando da noi ha fatto un caldo infernale con re-lativo e ulteriore scioglimento di ghiacci e nevi sulle al-pi, in Siberia e in Canada si è registrato il freddo piùnero dell’ultimo secolo con meno 20 gradi, neve e ghiac-cio in abbondanza.Semplicemente la terra subisce da sempre cicli mete-reologici che alternano il caldo al freddo: questo è unfatto. Il perché non si è ancora scoperto con certezza,per cui ogni conclusione è poco seria e sicuramente nonscientifica. Forse tali soluzioni affrettate sono guidateda chi sta facendo affari d’oro con i soldi stanziati daiGoverni per l’antinquinamento con risibili decisioni frut-to di accordi internazionali ambientalisti.

STATISTICA ENERGIA

Mix medio nazionale utilizzato per la produzione dell’energia elettrica immessa nel sistema elettrico

Fonti primarie utilizzate Anno 2009 (%) Anno 2010 (%) Fonti rinnovabili 26,8% 35,2% Carbone 13,3% 12,8% Gas naturale 47,8% 43,1% Prodotti petroliferi 3,9% 1,7% Nucleare 1,3% 1,2% Altre fonti 6,8% 5%

Molti politici non sanno quanto sia brut-to essere disoccupati. Il mondo ti dice: nonabbiamo bisogno di te, il tuo lavoro non ci ser-ve e della tua vita non ci importa. È come larottura di un rapporto di lealtà originario chelega l’uomo all’uomo e ci rende membri del-la stessa comunità. Dio ha creato la terra el’ha ha data agli uomini, a tutti gli uomini, per-ché da essa attraverso il loro lavoro potesse-ro trarre il loro sostentamento. Attraverso illicenziamento è come se la società escludes-se il disoccupato da questo dono originariodi Dio, è come se gli dicesse: il dono dellaterra non è per te. Non bisogna sottovaluta-re l’umiliazione e l’insicurezza esistenzialeche sperimenta il disoccupato, soprattutto ildisoccupato di lunga durata. Di questa si-tuazione esistenziale T.S.Eliot ci ha lasciatoun descrizione fenomenologica di straordi-naria intensità:

“ Nessun uomo ci ha impiegato.Con le mani in tasca e la testa bassaCi aggiriamo all’ aperto oppureRabbrividiamo in stanze senza luce.Solo il vento si muoveSui campi vuoti, non coltivatiDove l’aratro giace oziosoAd angolo col solco.In questa terra ci sarà una sigaretta per

due uomini.

Per due donne soltanto mezza pinta dibirra.

Amara. In questa terra nessun uomo ciha impiegati.

La nostra nascita non è salutata con gioia.La nostra morte non è ricordata dal

Times. Il movimento dei lavoratori in tutte le

sue varianti ha cercato di salvare l’uomo daquesta condizione di irrilevanza, ha cerca-to di dare sicurezza e dignità. Nel cuore diogni uomo c’è un fondo di insicurezza, didubbio radicale su se stesso, sulla propriadignità e sul proprio valore. La disoccupa-zione sembra essere la conferma evidente diquesto dubbio. Il movimento dei lavorato-ri, laico, socialista e cristiano, ha cercato dinon lasciare solo l’uomo in questa situa-zione. Quando parliamo di mercato del la-voro dobbiamo sempre dire prima di tuttoche facciamo nostra quella storia di solida-rietà, che non intendiamo abbandonare nes-suno. Se rivisitiamo i meccanismi di soli-darietà che tutelano i lavoratori nella nostrasocietà non lo facciamo per lasciare gli uo-mini soli ed abbandonati davanti al biso-gno ma per migliorare l’efficienza di queimeccanismi e, in definitiva, per fare in mo-do che gli uomini abbiano un lavoro più si-curo e migliore.

> segue da pag. 1

L’uomo non è una merce che si può vendere o comprareon. Rocco Buttiglione

Lo scenario è quello di un paese che invecchia, che non fafigli, che non ha lavoro e quindi non cresce.

Il nuovo welfare può essere questa miscela di interventiche mettono in moto un processo virtuoso. Studi recenti(professoressa Alessandra Casarico e Paola Profeta dellaBocconi) ci dicono anche che un’occupazione femminile al60% porterebbe ad un aumento di ben 7 punti di Pil: unabotta di vita per l’economia nazionale. Recupereremmo il c.d.“giacimento di Pil potenziale”. Al tempo stesso i risparmiche andiamo a fare sulle pensioni, e che ci porranno in bre-ve su posizioni fra le più virtuose in Europa, lasciano spa-zi ad interventi finanziari a favore delle famiglie e in specialmodo delle donne che lavorano, per consentire la copertu-ra dei tempi di cura della prole senza dover rinunciare al-l’impiego o alla professione.

In questa logica lo strumento del reddito minimo vitalefamiliare mette a riparo le coppie da tensioni che spesso in-ducono alla rinuncia ad avere nuovi nati. Potrebbe inne-scarsi un meccanismo doppiamente virtuoso: da una partel’impiego dell’immenso potenziale lavorativo e creativo del-le donne nel mondo della produzione e in quello dei servi-zi pubblici e privati, dall’altro l’arrivo di nuovi bambini checancella l’appuntamento con la morte demografica dell’Ita-lia che sembra ineluttabile con gli attuali tassi di crescita(la stima è che nel 2050 saremo, pardon, saranno 16 milio-ni di italiani in meno!).

> segue da pag. 1

Reddito minimo vitale familiare e lavoro femminileon. Luca Marconi

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O rmai ne siamo fuori epossiamo dirlo; il 150°

anniversario dell’unificazio-ne territoriale italiana è sta-to un’occasione sprecata. Po-teva essere il momento giustoper mostrare che quelle vi-cende possono essere rac-contate e interpretate abban-donando i toni da propagan-da risorgimentale, e che lastoriografia non si è fermataagli autori del 1900.

Nessuno si attendeva chesi parlasse male di Garibaldio del Conte di Cavour (qual-che argomento non minoreci sarebbe pure), però la re-torica con cui sono stati ce-lebrati i riti e i miti dell’epo-pea che ha portato all’Unitàitaliana ha toccato vertici im-barazzanti.

Pensiamo al Benigni diSanremo; siamo ancora al Ri-sorgimento che avrebbe li-berato l’Italia dagli oscuran-tismi clericali e borbonici, ro-ba che non va più neanchenei manuali di storia per lascuola media.

I Borboni e il loro Regnodelle due Sicilie sono forsel’esempio più evidente di co-me i luoghi comuni, anchein ambito storico, siano dif-ficili da superare; borboni-co è per moltissimi sinonimodi reazionario, retrogrado,inefficiente. Per contro ci so-no non pochi storici che, in-curanti delle accuse di revi-sionismo, descrivono il Re-gno dei Borboni come unasorta di paradiso che sareb-be stato spazzato via dallaprepotenza dei Savoia.

C’è del vero in entrambe leprospettive; il Regno delleDue Sicilie aveva la terza flot-ta mercantile d’Europa, po-che tasse, debito pubblicoinesistente, una moneta mol-to apprezzata, una buona vi-ta culturale ed artistica. Il ro-vescio della medaglia: un go-verno paternalistico e inca-pace di cogliere i segnali dicambiamento, corruzionediffusa nelle forze dell’ordinee nell’esercito, agricolturanon al passo dei tempi.

Non era il paradiso; macerto non lo divenne dopo l’ar-rivo dei piemontesi, che si af-frettarono a incamerare le cas-se dell’erario e quelle del Ban-co di Napoli per coprire, par-zialmente, l’enorme debitopubblico del regno di Sarde-gna (le guerre costano). Le in-dustrie regie furono chiuse edi macchinari trasferiti al nord,le tasse passarono da 5 a 17,fu introdotta la leva obbliga-toria, metà dell’esercito ita-liano (120.000 uomini) im-pegnato al Sud per la cosid-detta guerra al brigantaggio.

Non stupisce che dopol’annessione se ne siano an-dati in 14 milioni da quelleterre, nel giro di 40 anni.

Occhio vivo dunque coni luoghi comuni, da qualun-que parte vengano, e prima di

squalificare come borbonicoqualcuno o qualcosa pensia-moci due volte.

Contro i luoghi comuni

Il sud pre-unitariodi Umberto Spalletti

L’ origine della crisi che stia-mo vivendo è finanziaria

e consiste nella separazioneche si è verificata tra denaroe merci. Si è cominciato a fa-re denaro dal denaro, anchecon operazioni fittizie, sen-za investire nella produzio-ne. Le quotazioni e gli inve-stimenti sono dipesi dalle va-lutazioni astratte e non piùdal valore reale delle azien-de. Bisogna ritornare a con-frontarsi con la realtà. Peral-tro l’Italia ne trarrebbe anchevantaggio perché ha un tes-suto reale migliore di moltialtri e una minore esposizio-ne alla speculazione finan-ziaria. Allo stesso tempo nonci si può nascondere dietroun dito. Stiamo vivendo unacrisi che è anche strutturaleed economica. Ci sono aspet-ti internazionali ed altri lo-cali. La globalizzazione e la

crescita di molti paesi delMondo produce una modifi-ca nella distribuzione dellericchezze, e chi come noi neaveva in sovrappiù deve pre-pararsi a una riduzione del-la propria quota. Ma perchéquesta riduzione non sia ec-cessiva occorre darci da fare:stringendo la cinghia con unritorno di serietà e sobrietà,ma anche con un maggioreimpegno dedito alla creazio-ne della ricchezza reale. C’èancora un filone di pensieroche crede che ogni problemasi possa risolvere con la di-stribuzione aprioristica di ric-chezza, un filone che in realtàderiva dall’intreccio di duematrici: quella marxista del-la difesa a oltranza di presuntidiritti acquisiti che lo Statoin qualunque modo deve ga-rantire (l’idea di stato-balia),e la matrice derivante dall’a-

bitudine degli anni passati agodere di un benessere e diuna ricchezza quasi senzasforzi, per rendita di posi-zione. Non è così: non c’è piùmolto da dividere, da ridi-stribuire. Non ci sono solodiritti, ma anche doveri. E c’èla necessità di darsi da fare. Ilprimo obiettivo del prossimofuturo quindi non deve esse-re la difesa di privilegi nonpiù sostenibili e che ci fareb-bero naufragare tutti, com-presi i presunti privilegiati,ma l’impegno per darci tuttida fare, singolarmente e co-munitariamente, per inven-tarci il modo di produrre nuo-va ricchezza. Insomma, rim-boccarsi le maniche, comecittadini, ma anche come po-litica e istituzioni, e per farequesto la via migliore è ri-partire dai solidi valori dellatradizione italiana.

La ricchezza da produrrepena la fine dell’economiadi Osvaldo Baldacci

CALCOLO SPESA PUBBLICA 2010Amministrazioni, acquisti e trasferimenti

per 807 miliardi di euro

Amministrazione centrale 182 Miliardi Previdenza 298 Miliardi Interessi sul debito 72 MiliardiRegioni (sanità 115 Miliardi) 170 MiliardiComuni 73 MiliardiProvince 12 Miliardi

LampodiGenio

È RICORRENTE: IN ITALIA MANCA UNA CLASSE DILIGENTE,

FIRMATO DA GIUSEPPE DE RITA

Èl’ennesima analisi che evidenzia l’assenza di una auten-tica classe dirigente nel nostro paese e che nei paesi d’ol-

tralpe viene normalmente prodotta da una borghesia sag-gia, illuminata e sobria.

In Italia il ceto medio non è mai nato: troppo “corpac-cione” e normalmente ipertrofico, rapace e ricco di “pulsio-ni individualiste”.

Una fotografia reale, e per questo geniale, sulla quale siriflette sempre troppo poco.

Ancora De Rita: “Ho abbandonato da tempo l’idea che daquesto ceto medio potesse emergere una classe borgheseautentica. Il salto di qualità, in questo imborghesimento col-lettivo che non ha mai avuto un riflesso morale, ma solo eco-nomico, non c’è stato.”

E ancora: “Il ceto medio è sempre rimasto impiegatizio,facendo solo il proprio interesse con orizzonti mentali di-versi, e di conseguenza senza altre ambizioni”.

L’ambizione più grande che De Rita si sarebbe auguratoera quella di guidare l’Italia verso il bene comune.

Adesso a chi verrà questo lampo di genio che per l’occa-sione dovrebbe essere anche un raggio di buon senso e di ge-nerale bontà?

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La prima sfida della nuovaevangelizzazione della

politica è impedire che siamarginalizzata la nostra fedecristiana nella vita pubblicadelle Nazioni. Come ha ri-cordato Benedetto XVI, «laChiesa non ha soluzioni tec-niche da offrire» e non pre-tende «d’intromettersi nellapolitica degli Stati». “Comu-nità ecclesiale” e “Comunitàpolitica” sono realtà distin-te, con rappresentanze di-stinte, ma devono tornare adialogare. Noi possiamo per-mettere che questo dialogointerrotto si ristabilisca e siafecondo, credibile, che ri-ponga al centro l’uomo, inuna società a misura d’uomo,per uno sviluppo umano in-tegrale. Non possiamo per-mette che la nostra laicità cri-stiana sia messa a tacere, chevenga relegata nella sfera pri-

vata. Sant’Agostino ci am-monisce: «Non riducete ilVangelo a verità privata pernon esserne privati». È inac-cettabile che, in molte Na-zioni, «i credenti debbanosopprimere una parte di se

stessi – la loro fede – per es-sere cittadini attivi». Non do-vrebbe mai essere necessariorinnegare Dio per potere go-dere dei propri diritti, ancorpiù grave è il “dare a Cesarequel che è di Dio!”.

La seconda sfida dellanuova evangelizzazione del-la politica è data dall’aspettoeconomico e mercantile del-la globalizzazione. Stimo-lando il consumismo irra-zionale si sta ponendo al cen-tro l’aspetto materiale del-l’uomo, pregiudicando cosìl’apertura dell’uomo stessoalla trascendenza, a Dio. Sivorrebbe un “cristianesimoutilitario”, utile a risolvere iproblemi materiali dell’uo-mo, riducendo la portata sal-vifica della nostra fede ad unpuro umanesimo, ad un’ateafilantropia. Dio confinato nel-l’al di là e l’uomo sconfinatonell’insignificanza.

L’attuale scenario dellastoria, ben lo sappiamo, è diprofonda crisi, una crisi pla-netaria che è prima di ognicosa “crisi spirituale”. La cri-si economica e politica deinostri giorni è la conse-guenza della crisi spiritualeche sta attraversando la vitadegli uomini, anche di mol-ti credenti. Ecco perché ab-biamo il dovere di pensaread una nuova evangelizza-zione degli stili di vita e del-le istituzioni che sovrinten-dono al destino degli uomi-ni e dei popoli.

CATTOLICI ALL’ATTACCO

“La politica”Sfida della nuova evangelizzazione di Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito

UN MONDO CHE PREGACON PADRE PIO

Gruppi registrati presso il Centro Internazionaledi S. Giovanni Rotondo

2.711 in Italia e 646 all’estero distribuiti

in 56 stati

ITALIA 2.711 così divisiAbruzzo 181Piemonte 99 Basilicata 53 Puglia 300 Calabria 170 Sardegna 78 Friuli Venezia Giulia 24Sicilia 369 Emilia Romagna 146Toscana 132 Lazio 380 Trentino Alto Adige 17Liguria 45 Umbria 66 Lombardia 166 Valle D’Aosta 1 Marche 119 Veneto 64 Molise 28

EUROPA 373 così divisiBelgio 42 Svizzera 35 Francia 29 Polonia 48 Inghilterra 63

AMERICA 106 così divisi Argentina 68 Canada 22 Usa 85

MEDIO ORIENTE 3 ASIA E PACIFICO 29AFRICA 24

Recenti polemiche sulla tassa per le abi-tazioni, dell’IMU, ex ICI, vogliono far

vedere nella Chiesa cattolica un qualcosa ditruffaldino e fuori dalla legalità che vive diprivilegi.

Ma in questi momenti di crisi la ChiesaCattolica è chiamata a raddoppiare i suoiinterventi di carità. Da conti appurati conprecisione, si tratta di 100 milioni di eurodi “presunta evasione”, da ripartire con al-tri soggetti no-profit. Sono cifre ridicole nelmare magno del debito pubblico e insuffi-cienti, se andiamo a considerare i beneficidegli interventi che la Chiesa e le mille as-sociazioni di volontariato fanno a favoredella collettività, in conseguenza poi del-l’aumento vertiginoso del numero di pove-ri e di bisognosi.

Quanto costerebbe alla Stato affrontareuna simile ‘emergenza povertà’? E’ stato cal-colato che costerebbe quattro o cinque vol-te tanto il mancato incasso dell’IMU.

BASTA! con questi imbroglioni, chediffondono false informazioni nell’unico in-

tento di distruggere quel poco di buono cheè rimasto nella nostra società.

Questi imbroglioni, per lo più laicisti di si-nistra, sono i titolari di mille privilegi di castache paghiamo tutti senza alcun ritorno pernessuno soprattutto per i più poveri e deboli.

Popolo cristiano hai bisogno di una ban-diera, di organizzarti per affrontare gli at-tacchi in maniera adeguata, stimolando l’o-pinione pubblica, e restituendo orgoglio, di-gnità e verità al sacrificio di tanti cattoliciimpegnati.

Troppo spesso la bontà è un alibi per star-sene tranquilli in casa a vedere gli altri chesi azzuffano. Dobbiamo buttarci nella mi-schia e lottare, per noi, per la nostra storia,per difendere gli ideali veri ed autentici di li-bertà, di sviluppo della moralità, di parteci-pazione democratica, di serietà e impegnonella società civile.

Ecco quello che chiediamo ai politici cat-tolici, di prendere una posizione forte e dipartire armati alla guerra. Noi della base, sa-remo lì, a combattere al loro fianco!

La Chiesa e l’IMUImbrogli giornalistici e falsa informazionedi Simone Marconi

283. La proprietà privata e pubblica nonché i vari mec-canismi del sistema economico devono essere predispo-sti per un’economia a servizio dell’uomo; in modo checontribuiscano ad attuare il principio della destinazioneuniversale dei beni.

In tale prospettiva diventa rilevante la questione re-lativa alla proprietà e all’uso delle nuove tecnologie econoscenze, che costituiscono, nel nostro tempo, un’al-tra forma particolare di proprietà, di importanza non in-feriore a quella della terra e del capitale. Tali risorse,come tutti gli altri beni, hanno una destinazione uni-versale; anch’esse vanno inserite in un contesto di nor-me giuridiche e di regole sociali che ne garantiscano unuso ispirato a criteri di giustizia, di equità e di rispettodei diritti dell’uomo.

I nuovi saperi e le tecnologie, grazie alle loro enor-mi potenzialità, possono dare un contributo decisivo al-la promozione del progetto sociale, ma rischiano di di-venire fonte di disoccupazione e di allargare il distaccotra zone sviluppate e zone di sottosviluppo, se rimangonoaccentrati nei paesi più ricchi o nelle mani di ristrettigruppi di potere.

Dottrina della Chiesa Cattolica

VERSO LA QUARESIMA IL DIGIUNO TELEVISIVO

Il beato Papa Giovanni Polo II suggerì nel 1996 la pra-tica del “digiuno televisivo”:

Il digiuno penitenziale lo si può considerare la terapiadell’anima. Il consumismo, invece di placare i bisogni, ne creasempre di nuovi generando spesso un attivismo smodato.

È allora più che mai attuale il monito di Sant’Agosti-no: “Rientra in te stesso”.

Il digiuno penitenziale, tra gli altri significati, ha ap-punto quello di aiutarci in questo recupero dell’interiorità.Sobrietà, raccoglimento e preghiera vanno di pari passo.

Un’applicazione di tale principio si può fare opportu-namente per quanto riguarda l’uso dei mezzi di comu-nicazione di massa. Un certo “digiuno” anche in questoambito può essere salutare: più tempo per la riflessione,la preghiera e per coltivare i rapporti umani, a partiredalla famiglia.

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C he cosa succederebbe se tutti dicessero “no” ?Mettiamo che l’intera categoria dei ginecologi

facesse obiezione di coscienza: sarebbe ancora pos-sibile per le donne interrompere la gravidanza in Ita-lia?”.

Poche righe da L’espresso del 27 dicembre scorsoe già si intuisce come Natascia Galgano abbia il den-te avvelenato contro l’obiezione di coscienza. Di si-curo la sua non è una battaglia solitaria. È un dibat-tito questo che si inserisce in una ben ampia polemica:l’obiezione di coscienza sarebbe infatti per molti (an-tiabortisti) un diritto da abolire.

Troppi obiettori, poche interruzioni di gravidan-za. È questa l’equazione che sembra preoccupare.Eppure forse questo è solo un altro tentativo di ne-

gare l’identità diquel piccolo am-masso di celluleche è per moltiil feto.

Nella quoti-diana routineospedaliera unoperatore sani-tario infatti nonpuò rifiutarsi disomministrareuna terapia, nédi strumentare

un intervento chirurgico: non può non garantire tut-te quelle attività previste dal suo codice deontologicovolte a garantire il benessere di un paziente. È solonel caso delle interruzioni di gravidanza che viene la-sciata aperta tale possibilità: l’opportunità di lascia-re libero un ginecologo, un’infermiera, un’ostetricadi sostenere e credere che quel puntino quasi invisi-bile all’occhio umano è già un uomo, una donna po-tenzialmente in essere, con il suo completo patri-

monio genetico su cui è già scritto tutto, a partire dalcolore dei suoi occhi e quello della sua pelle.

Passando dunque per la via dell’abolizione del-l’obiezione di coscienza, sarà mica questo l’ennesi-mo escamotage (neanche troppo misterioso) per eli-minare una volta per tutte quel piccolo ammasso dicellule senza ancora una voce da poter ascoltare e unnome con cui chiamare?.

di Michele Brizi (27 anni) L’abortista perde il pelo, ma non il vizio:

cancellare ogni libertà per avere l’aborto sempre e comunque

di Miriam Giuggioloni (21anni)

Scriveteci a:[email protected]

Direttore: Giovanni Fermani Comitato editoriale:

Michele Brizi e Daniele MarconiGrafica: Studio CM Roma Tipografia: Tecnostampa

Giovani in movimentoInserto de Il Nuovo Cittadino n. 1-2012

In questo inserto

Giovani in movimento1 • Editoriale di M. Brizi

• L’abortista perde il pelo ma non il viziodi M. Giuggioloni• La foresta che cresce di A. Poeta

2 • Pil e benessere: due facce della stessa medaglia? di E. Rinaldi• L’Italia ha bisogno del lavoro delle nuove ge-nerazioni! di E. Fabraccio• Digitale terrestre ed è tutto intorno a te di D. Marconi

La foresta che crescedi Alessandro Poeta (27 anni)

Èproprio vero. Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce! Quante volte abbiamo senti-to parlare di giovani fannulloni o buoni a nulla, che abusano di alcool e droghe, immersi in un mondo in

cui quello che conta è l’Io e gli altri sono soltanto ostacoli che si frappongono fra l’individuo ed il proprioobiettivo da raggiungere.

Un mondo in cui i rapporti umani sono stati sostituiti da quelli virtuali, una nuova realtà in cui viene me-no la paura di confidarsi con gli altri e dove tutti si mostrano, o si fanno credere, belli e “sicuri di se”.

E’ di qualche giorno fa’ la notizia che si è iniziato a curare la dipendenza da computer, persone che nonvivono più la propria vita se non attraverso uno schermo ed una tastiera.

Quello che non sentiamo mai dire è che la musica è cambiata. Sarà colpa della crisi, sarà che i ragazzi sisono stufati di essere considerati una generazione di parassiti, sta di fatto che ci sono sempre più giovaniimpegnati nel volontariato e in attività di aiuto alla persona. Sono le basi per un futuro diverso in cui tut-ti posso dare il loro contributo, sia per migliorare la vita degli altri, sia rendendosi disponibili per qualcu-no in difficoltà.

Un mondo in cui si vive di rapporti personali veri, in cui ci si guarda negli occhi per dirsi qualcosa, in cuiper essere speciale non occorrono le parole, ma i fatti e non servono chissà quali azioni, basta soltanto es-sere se stessi.

Questo è il mondo dei giovani che non viene mai raccontato. Un mondo pieno di opportunità che piano piano vi faremo scoprire e conoscere.

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Anno 2012 - N. 1

I n questo clima di fortedissenso nei confronti

delle riforme del sistemafiscale e assistenziale, do-vuto alla presunta iniquitàdelle stesse, avverto conurgenza la necessità dichiarire la differenza so-stanziale tra benessere ecrescita economica. L’at-tuale crisi che sta sconvol-gendo il mondo, l’Europae l’Italia più che mai, nonè da intendere come “sem-plice” crisi di mercato e deivalori azionari; bensì unavera e propria crisi di si-stema. Un crollo che tra-volge l’economia reale el’intera struttura sociale. Negli ultimi tempi è capi-tato spesso di confondereun aumento del PIL, comeun miglioramento o unaripresa dalla crisi, soprat-tutto da parte dell’opi-nione pubblica. Molti in-

fatti, forse troppi, vedonola crescita di questo valo-re come un ancora di sal-vezza, alla quale aggrap-parsi nella speranzadi una svolta.

Ma in realtà il PILè un indice che vienecalcolato sulla basedei beni e servizi pro-dotti all’interno delpaese, riporta quindi ilflusso di denaro legale efiscalmente denunciato.È per questo che osser-vando i beni e le merci, cheogni giorno cercano divenderci utilizzando pub-blicità sempre più spudo-rate ed indecenti; perce-pisco come questa srego-lata attività produttiva ciabbia portato ad essereconsumatori difettosi diun mercato ormai saturo.

Inoltre mi sorge spon-tanea una domanda: il PIL

tiene conto anche dei be-ni naturali che la popola-zione distrugge? Oppurefiniscono anche loro nel-l’elenco dell’ISTAT, comecomponente positiva?

Precisamente il PIL leg-ge le attività riparatorieche lo stato effettua, manon i danni generati dallestesse attività. Inquina-mento dell’aria, consumo

del territorio,produzione diarmamenti, ma-nifestazioni vio-lente; ma anche

calamità naturalie speculazione so-

no tutti eventi chedanno vita ad unaumento del Pro-dotto Interno Lordoe testimoniano comeviene a mancare il be-nessere del cittadino.

In conclusione: noiabitanti di un pianeta

dalle risorse limitate nonpossiamo pensare di pro-seguire sempre nella dire-zione della crescita infini-ta, nell’ammassare senzafine beni terreni. Dobbia-mo pensare al futuro: nonsolo da cittadini quali sia-mo, ma anche da sempliciospiti temporanei del Pia-neta Terra.

Pil e benessere:

Due facce della stessa medaglia? di Edoardo Rinaldi (19 anni)

T ra il 5 e il 21 dicembre anche leMarche sono passate al digita-

le terrestre. I vantaggi sono notevoli: mi-

gliore qualità audio/video, un mag-gior numero di canali, maggiore in-terazione con i programmi , possi-bilità di avere l’audio multilinguae programmi in alta definizione.Quindi si è passati ad una tecnolo-gia oggettivamente migliore chesembra non avere difetti.

Ma qualche neo, purtroppo èvisibile.

Innanzitutto il famoso switch-off, ovvero il passaggio alla tra-smissione in digitale, è avvenuto inmaniera non troppo efficiente. Nonsono rari i casi in cui interi pacchettidi canali (Rai, Mediaset, ecc) nonsono affatto visibili. Una soluzionepuò essere contattare l’antennistaper una nuova orientazione del-l’antenna o contattare il Ministerodello Sviluppo Economico all’800.022.000.

A parte questa inefficienza tec-nica è possibile notare un gran nu-mero di nuovi canali (oltre mtv, cie-lo, real time, ecc) che trasmettonoper lo più programmi america-ni. Ciò che accomuna queste tra-smissioni è il fatto di trattare si-tuazioni particolari della vita (dipersone particolari!) con la tecni-ca del reality. Diventa quindi faci-le vedere teenagers incinte con iloro pianti, ragazzi con problemidi obesità perdere chili davanti al-le telecamere o ristoranti in crisiriprendere vita e avanti così.

Situazioni problematichequindi, a cui però la “magia” del-la TV e il carisma dei conduttori por-tano rimedio e tutti sono felici. Eb-bene ciò che si vede sembra essereun documentario sugli esseri uma-ni, con una inevitabile perdita didignità degli interessati. Il digitaleterrestre resta comunque una tec-nologia utilissima, che rende l’I-talia un paese più all’avanguardia,ma c’è un avviso sempre valido: at-tenti a non accendere la TV e spe-gnere il cervello!

Digitale terrestre,ed è tutto

intorno a tedi Daniele Marconi

(20 anni)

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N. 1-2012 Inserto de Il Nuovo Cittadino n. 1-2012

Una delle poche regioni in Italia con i conti in or-dine nella sanità che si può permettere ancora di

programmare. Tante cose scritte nelle quasi 300 pa-gine del piano.

Ne prendiamo quattro fra le più significative.Primo: si attuano le linee guida nazionali che pre-

vedono la chiusura dei punti nascita sotto a 500 po-sti (entro il 2011) e a 800 posti (entro il 2013) e si av-via la riconversione di posti per acuti in posti di lun-godegenza per anziani non autosufficienti secondole evidenti esigenze della popolazione marchigiana,sempre più longeva e bisognosa di cura in questa fa-scia di età.

Secondo: si organizzano 5 grandi ospedali, unoper area vasta, Marche Nord (Pesaro e Fano), Jesi,Macerata, Fermo, Marche Sud (Ascoli Piceno e Sanbenedetto del Tronto), che unitamente agli ospedaliriuniti di Ancona-Torrette costituiranno l’eccellenzaper acuti, la rete per l’emergenza, i centri per la ri-cerca avanzata in collaborazione con le cliniche uni-versitarie.

Terzo: l’ospedale di Ancona Sud con l’INRCA so-no il polo regionale e nazionale per la cura dell’anziano,sviluppando tecnologie e terapie fondate sulla domi-ciliarità e sul ricovero solo come estrema necessità.

Quarto: l’integrazione socio sanitaria caratteriz-zata dalla centralità della famiglia e delle struttureospedaliere minori, dai poliambulatori, i dipartimentisanitari, i distretti in rapporto agli ambulatori socia-li, i punti di accoglienza dei cittadini utenti, i medicidi base, le farmacie; tutto orientato a ridurre l’ospe-dalizzazione, a personalizzare la cura il più possibi-le, rendendola sempre più umanizzante e volta al-l’accoglienza del malato, visto come soggetto di tut-te le possibili attenzioni e non un numero qualsiasidi un processo standard dei servizi sanitari.

Quattro punti fermidel Piano socio sanitario regionaleApprovato il nuovo piano triennale

MACERATA PROVINCIA E COMUNIMARCHE REGIONE

REGIONE MARCHE: 2011 l’anno della svolta

Riforme e provvedimenti per il taglio dei costi delle istituzioni e degli apparati burocraticiLA RIFORMA DELLO STATUTO proposto dalla Giunta al Consiglio – Gli Assessori passano da 10 a 6 – Un solo Assessore esterno – I Consiglieri scendono da 43 a 31

I PROVVEDIMENTI GIÀ ASSUNTI DALLA GIUNTA• Eliminazione auto blu.• Sanità: soppressione delle 13 Zone terri-

toriali, così ridotte alle sole 5 Aree Vaste,una per provincia.

• Soppressione delle 5 amministrazioni pro-vinciali delle Case Popolari.

• Soppressione Consigli d’Amministrazionedell’ERSU.

• Soppressione Autorità d’Ambito per gestione rifiuti e servizio idrico.• Riordino Enti Parco.• Taglio di dirigenti regionali, organismi, spese di rimborso e trasferta.

di Giovanni Fermani

REGIONE MARCHE - SERVIZI SOCIALI E FAMIGLIABILANCIO ANALITICO ANNO 2012

Non autosufficienza - integrazione rette a favore delle famiglie dei 3410 assistiti 44.000.000,00Disabilità 25.800.000,00 Non Autosufficienza 9.100.000,00 Fondo Unico Politiche Sociali a favore dei Comuni montani, dei piccoli Comuni, per la premialità 6.400.000,00 di progetti sperimentali e per il sostegno del reddito minimo vitale Infanzia 6.200.000,00Minorenni Fuori famiglia 6.000.000,00 Per Famiglie numerose, casalinghe e donne sole in gravidanza 2.800.000,00Funzionamento e gestione degli AmbitiTerritoriali Sociali 2.500.000,00 Dipendenze patologiche 2.400.000,00 Fondo per asili nido e nidi domiciliari 2.400.000,00 Fondo anti crisi per disoccupati 1.500.000,00 Carcerati per progetti regionali 800.000,00Contributo ad Associazioni che operano nel sociale 650.000,00 Oratori 600.000,00 Funzionamento commissione per l’accertamento dell’invalidità 500.000,00 Progetti speciali a favore di anziani e disabili 500.000,00 Immigrati 450.000,00 Povertà 450.000,00 Cooperazione 250.000,00 Volontariato 120.000,00 Tratta delle persone 80.000,00 Totale 113.700.000,00

ENTRATEDa fondi statali (anche di anni precedenti) 9.000.000,00Dal fondo sanitario 58.500.000,00 Da fondi regionali propri 46.200.000,00Totale 113.700.000,00

• Riduzione del costo del persona-le regionale.

• Taglio dei Consigli d’Ammini-strazione di diversi Enti.

• Blocco delle assunzioni del per-sonale regionale (attualmentecomposto da circa 1.300 unità).

• Prevista al 70% la sostituzione deipensionamenti del personale sa-nitario (attualmente circa 20.000dipendenti).

• Incarichi agli stessi dirigenti perla gestione di più strutture.

• Estensione agli Enti dipendentidella Regione delle misure di con-tenimento della spesa.

Nella Regione Marche netta prevalenza di spesa a favore del socialedi Massimiliano Grufi

Relativamente al Bilancio per i Servizi sociali si evidenzia in maniera chiara il gran-de impegno della Regione Marche a favore di questi e per i quali si conservano tut-

ti gli stanziamenti previsti per il 2011 ed in alcuni casi, disabilità e non autosuffi-cienza, addirittura un aumento di spesa per un totale di circa 113 milioni, ai quali van-no aggiunti altri 180 milioni circa che i Comuni impegnano in compartecipazione su-gli interventi regionali o in proprio, per loro specifiche iniziative. Va poi evidenziatoche, a fronte di un intervento statale che sarà impegnato nel 2012 e che non raggiun-ge i 9 milioni di euro sul totale dei 113 milioni del bilancio sociale regionale, la granparte di esso è frutto di accantonamenti e residui, cioè prudenziali risparmi operatidall’Assessorato ai Servizi Sociali.

Altra considerazione riguarda la notevole cifra che viene impegnata con i fondidella sanità, per l’integrazione socio-sanitaria a favore di anziani, disabili e dipen-denze, per un importo pari a quasi 59 milioni. Infine, ultimo qualificante punto ri-guarda il modo attraverso il quale i fondi regionali vengono distribuiti: solo 7 milio-ni in forma diretta per progetti e contributi da parte dell’ente Regione; 61 milioni tra-sferiti ai Comuni a beneficio di famiglie, disabili, anziani e strutture erogatrici di ser-vizi; 44 milioni alle residenze protette per non autosufficienti finalizzate all’abbatti-mento delle rette a carico degli assistiti e delle loro famiglie.

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La Giunta Regionaledelle Marche

Il Nuovo Cittadino - Regione Marche1 • Regione Marche: 2011 l’anno della svolta

• Quattro punti fermi del Piano socio sanitario regionale diG. Fermani• Nella Regione Marche netta prevalenza di spesa a favoredel sociale di M. Grufi

2 • “Star bene... tutti! Riflessioni su un nuovo welfare alservizio del bene comuneIniziativa a cura de Il Nuovo Cittadino• Giornata delle Marche a Recanati di A. Taddei• Terzo settore famiglia al centro del nuovo sistema welfaremarchigiano di A. Carusone

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Un nutrito gruppo di par-tecipanti, perlopiù pro-

venienti dal variegato mon-do del terzo settore e del vo-lontariato ha gremito sabato3 dicembre la Sala degli Stem-mi di San Severino Marche inoccasione della tavola roton-da “Star bene… tutti! Rifles-sioni su un nuovo welfare alservizio del bene comune”.L’iniziativa è stata promossadall’Assessorato ai Servizi So-ciali del Comune di San Se-verino Marche in collabora-zione con l’associazione “IlNuovo Cittadino”. Associa-zione quest’ultima che, haspiegato il presidente Fran-cesco Garofolo, nasce per pro-muovere una forte presenzadei cattolici in politica, nel se-gno di un’autentica testimo-nianza cristiana, per diffon-dere la cultura di Pentecoste,secondo gli insegnamenti diGiovanni Paolo II e, infine,

per sviluppare iniziative di for-mazione culturale e sociale.

Moderatore della tavolarotonda e animatore dell’i-niziativa Tarcisio Anto-gnozzi, da lungo tempo im-pegnato nel terzo settore, sianell’ambito sportivo educa-tivo, sia nella promozionedegli oratori.

Dott. Vincenzo Felicioli,Assessore ai Servizi Socialidel Comune di San SeverinoMarche;

Prof. Massimo Sargolini,presidente diocesano di Azio-

ne Cattolica per Camerino eSan Severino Marche;

Pacifico Papa sindacatoCisl;

Americo Eugeni, Caritas;Don Donato De Blasi, Isti-

tuto Croce Bianca;Stafano della Ceca, Cen-

tro Sperimentale di Educa-zione Interculturale;

Silvia Marinsalti, presi-dente Ente Sportivo Italianodi San Severino Marche;

Fernando Taborro, a capodell’equipe diocesana di Pa-storale Familiare;

Stefano Ferraro, dirigenteregionale del Rinnovamentonello Spirito.

Il sindaco di San SeverinoMarche, Cesare Martini.

Le conclusioni della lunga ma-ratona di interventi sono statedell’on. Luca Marconi, Asses-sore Regionale ai Servizi Socia-li e al Sostegno alla Famiglia.

Un obiettivo semplice del Piano Sociale Regionale: riuscire con le risorse a disposizio-ne, che non potranno più crescere, a offrire prestazioni al maggior numero di perso-

ne evitando soprattutto duplicazioni e diseguaglianze.Altra previsione è la realizzazione di un nuovo Testo Unico dei Servizi Sociali grazie al

quale ripensare il welfare per evitare azioni di smantellamento selvaggio, e per assicurarela necessaria solidarietà ai più deboli in un contesto civile di garanzia e tutela dei dirittifondamentali.

Particolare attenzione è rivolta alla famiglia. Soggetto beneficiario centrale del welfare,viene presa in considerazione anche come soggetto attivo nell’assistenza dei minori, deglianziani e dei disabili. Quindi la famiglia insieme al Terzo Settore, il cosiddetto privato so-ciale, viene individuata come il fulcro della domiciliarità dei servizi secondo l’ovvia con-siderazione che chiunque, finché può, preferisce essere assistito e curato in casa piuttostoche in una struttura.

Ciò non significa che la famiglia deve essere lasciata sola in quest’opera, ma vuol direche va continuamente seguita attraverso la presa in carico dei suoi soggetti più deboli euna organizzazione fondata sull’integrazione dei servizi socio-sanitari (ospedali, ambula-tori, assistenza domiciliare integrata).

Terzo settore famiglia al centro del nuovo sistema welfare marchigianodi Antonio Carusone

“Star bene... tutti! Riflessioni su un nuovowelfare al servizio del bene comune”Iniziativa a cura de Il Nuovo Cittadino

I SERVIZI SOCIALI NELLE MARCHESERVIZI RESIDENZIALI NUMERO UTENTIE SEMI RESIDENZIALI NEL 2011Disabilità 9.924Non autosufficienza 5.570Minori fuori famiglia 632Asili nido 7.057Anziani 2.361Soggetti vari in difficoltà 1.149Fondo anticrisi 1.200TOTALE 27.893

LA RIPARTIZIONE ANNO 2012DEGLI INTERVENTI (risorse in euro)Attraverso i Comuni per servizi e contributi a favore dei singoli 61.400.000e delle famiglieDirettamente alle famiglie 1.500.000Alle residenze protette per l’abbattimento delle rette 44.000.000pagate dalle famiglie: (spesa prevista per fine 2013)

1.000 euro ad anziano assistito Per progetti e contributi gestiti direttamente dalla Regione 6.800.000Totale 113.700.000

Giornata delle Marche a Recanatidi Armando Taddei

Evidentemente è la riaffermazione del pre-stigio della nostra città, madre di gran-

di talenti della cultura internazionale. Re-canati è una cittadina di rilievo per le Mar-che, sia per i suoi personaggi illustri che perle industrie d’eccellenza. La scelta di Reca-nati è anche legata al 150°anniversario dell’unità d’Italia. “O Patria mia....” declama Leo-pardi, le Marche, l’Italia, un filo condutto-re tra le tante manifestazioni iniziate il 9 di-cembre con la testimonianza dei tanti mar-chigiani all’estero e l’ inaugurazione dellamostra “Nostalgia Gaucha” alla presenzadell’assessore regionale Luca Marconi reca-

natese doc. I riconoscimenti consegnati al-le imprese marchigiane attraverso il premio“Valore Lavoro” e a conclusione della pri-ma giornata di lavori, la conferenza di Cor-rado Augias sul tema “ Leopardi e l’Italia”.La seconda giornata ha visto, nella splendi-da cornice del teatro Persiani, la presenta-zione del volume “Le Marche a 5 cerchi” incollaborazione con la federazione CONI. Inquesto testo sono raccolte le storie dei nu-merosi marchigiani protagonisti alle olim-piadi e alle paraolimpiadi svoltesi nel corsodegli anni. A seguire la cerimonia ufficialedella giornata delle Marche ,con la tradi-zionale consegna da parte del presidenteSpacca del “Picchio d’Oro” alle autorità in-ternazionali intervenute. A chiusura dellemanifestazioni, l’esibizione della banda deiCarabinieri.

La tavola rotonda

Da sinistra Marconi, Martini e Garofolo.

Tarcisio Antognozzi

MACERATA PROVINCIA E COMUNI MARCHE REGIONE

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CATTOLICI ALL’ATTACCO

Padre Pio non finisce distupire; lui stesso aveva

detto “farò più rumore damorto che da vivo”... l’enne-sima predizione puntual-mente avverata.

I numeri che lo riguarda-no stanno lì a dimostrarlo;che si parli di pellegrinaggi aS.Giovanni Rotondo o deiGruppi di Preghiera da luivoluti all’inizio degli anni ‘50,ormai diffusi davvero in tut-to il mondo, i numeri dun-que sono impressionanti:3357 gruppi di preghiera(2711 in Italia) e 7 milioni dipellegrini ogni anno. Davve-ro non male per un frate chenon si è praticamente maimosso dal convento, se esclu-diamo le numerose biloca-zioni con cui padre Pio haconfessato, guarito, salvatoda morte improvvisa e persi-no celebrato la S.Messa; a Bu-dapest o a Bologna, su uncampo di battaglia o sopral’oceano Pacifico.

I Gruppi di Preghiera na-scono con la precisa inten-zione di “affiancare” spiri-tualmente la Casa Sollievodella Sofferenza, l’ospedaleche negli anni è diventato unpolo di eccellenza ad elevataspecializzazione. È infatti ilFondatore a scrivere “ ..essi (iGruppi di preghiera) sono le

posizioni avanzate di questaCittadella della Carità, vivaidi fede, focolai d’amore...è lapreghiera, questa forza unitadi tutte le anime buone, chemuove il mondo, rinnova lecoscienze, sostiene la “Casa”,conforta i sofferenti, guari-sce gli ammalati, santifica illavoro, eleva l’assistenza sa-nitaria, dona forza moralenella umana sofferenza espande il sorriso e la benedi-zione di Dio su ogni languo-re e ogni debolezza. Pregatemolto figli miei, pregate sem-pre, senza stancarvi, perchè èproprio alla preghiera che ioaffido questa Opera, che Dioha voluto e che continuerà areggersi e a prosperare conl’aiuto della Provvidenza e ilcontributo spirituale e cari-

tativo di tutte le anime chepregano.”

Non si potrebbe esprime-re meglio di così quella sin-tesi tra fede e opere che è lavera forza del cattolicesimo;fedeli all’insegnamento di pa-dre Pio i suoi Gruppi di pre-ghiera coniugano dunque fe-de e carità, obbedienti al Pa-pa e alla Chiesa, che li ha ri-conosciuti definitivamentenel 1986.

Padre Pio continua ad at-trarre milioni di persone; unsanto straordinariamente “at-tuale” a dispetto delle appa-renze “medievali” con quel-le sue stimmate che sanno dicarne e di sangue; forse peròci parlano di come Gesù ciama, meglio di tante strategiepastorali.

Padre Pio, pregare con la realtà dei suoi gruppidi Umberto Spalletti

Breviario Sturziano

Se la democrazia moderna ha dellegrosse tare, la colpa va direttamen-

te a coloro che, pur vedendole, non sisforzano di rimediarvi. In prima filametto coloro che hanno le convinzio-ni cristiane (e quindi morali) e se letengono ben conservate nel cervello onell’ambito delle loro case, come il ser-

vo del Vangelo che ebbe un talento e l’andò a nascondereper paura di perderlo: il Signore lo chiamò serve nequam,servo cattivo.

C hi oggi visita un car-cere vede che man-

cano persino i materassi,sente dire che scarseggia-no i soldi per il cibo, e cheè così in tutta Italia. Si èraggiunto un sovraffol-

lamento quale mai prima d’ora, per cui l’Italia è stata an-che condannata, nel 2009, dalla Corte di Strasburgo. Nonè solo un problema di spazio. I tagli a risorse e persona-le pesano sulle condizioni di vita, e anche sulla tutela del-la salute. Sono in troppi a dividere il necessario: la cella,l’acqua calda, il cibo, le medicine, il personale. E questorende impossibile qualsiasi progetto di rieducazione ereinserimento.

In carcere sono sempre entrati soprattutto i più poveri.Oggi più che mai. La crisi, insieme ad alcune recenti leg-gi, hanno moltiplicato la presenza di tossicodipendenti,stranieri, psichici, senza dimora: è più difficile l’accesso al-le comunità di recupero e alle strutture di accoglienza. Mol-ti non hanno alloggio, residenza, documento di identità. Al-cuni, malati gravi che il giudice farebbe uscire, restano incarcere perché le strutture sanitarie non li accolgono.

Sul carcere è intervenuto più volte il Presidente Napo-litano. Papa Benedetto XVI, nell’incontro di Natale a Ro-ma coi detenuti di Rebibbia, ha parlato di una inammissi-bile “doppia pena”, e di un “Abisso tra la realtà carcerariareale e quella pensata dalla legge, che prevede come elementofondamentale la funzione rieducativa della pena e il ri-spetto dei diritti della persona”.

Con la Comunità di Sant’Egidio entriamo in carcere daoltre 20 anni, in molte città. Incontriamo una grande sof-ferenza. Molti detenuti provengono da vite difficili, per lastrada e senza cure. Finire in carcere è come un naufragio,e hanno bisogno di tutto: dal sapone agli indumenti. Lenostre visite restituiscono dignità e la certezza di avere de-gli amici. Questa solidarietà è una grande risorsa. Fa rina-scere la forza per lottare contro la droga, la scelta di vive-re o di sfidare la malattia in chi vuole morire, la decisionedi uscire dalla marginalità, superando rassegnazione e sfi-ducia, per ricominciare, per uscire e non tornare più.

La legge italiana prevede diverse alternative alla semplicedetenzione: uscire per lavorare, detenzione domiciliare,programmi sociali, libertà condizionale o vigilata ... e fun-zionano! Chi vi accede, 3 su 4 non tornano! Oggi sono so-lo poche migliaia, potrebbero essere di più. Qualche an-no fa ad un campione di datori di lavoro fu chiesto: “assu-meresti un detenuto?”. L’80% rispose :NO. A chi aveva giàassunto un detenuto fu chiesto: “ne assumeresti un altro?”.L’80% rispose SI.

C’è bisogno di una nuova attenzione ai buoni risultatidelle soluzioni alternative e ai programmi di reinserimen-to, che aiutano a non tornare più in carcere, a diventaremigliori, a ricominciare con una prospettiva per il futuro.

Vescovo e Cardinale di Parigi

Qualcuno crede che nonpossa essere sufficiente-

mente libero colui che pos-siede delle certezze. E si illu-

de di essere lui adeguatamen-te libero perché, non avendoconvinzioni che lo impegnino,si mantiene aperto e disponi-bile ad accogliere di volta involta contenuti ideali e orien-tamenti pratici sempre mute-voli. Ma questa è la liberta del-la foglia caduta dall’albero, cheè in balìa di ogni soffio di ven-to autunnale. Alla fine è la li-bertà di essere schiavi di tut-ti e di tutto.

Gesù ha colto il nessoprofondo che c’è tra il cultodella verità e la possibilità disussistenza di una condizio-ne effettiva di libertà, quan-do ha affermato: “La verità vifarà liberi” (cf Gv 8,32). Inrealtà, solo gli uomini chehanno il culto della verità so-no davvero liberi; e inversa-mente solo gli uomini dav-vero liberi possono serviresul serio la verità.

Un principe della Chiesa

Jean Marie LUSTIGIER

Sulle carceriproposte semplicie possibili

di Stefania Tallei, Comunità di Sant’Egidio

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«P rovveda chi di doverea diffondere la cono-

scenza della Costituzione,prima che sia troppo tardi».Fu il monito di Enrico DeNicola, nel discorso inau-gurale della prima sedutapubblica della Corte Costi-tuzionale nel 1956. A ses-sant’anni dalla sua emana-zione, niente della società è

rimasto uguale. Ieri: classi einterclassismo; oggi: indivi-dualismo di massa. Ieri: ope-rai, contadini, intellettualitradizionali; oggi: tante e cre-scenti specializzazioni da in-novazioni tecnoscientifiche;ieri: famiglia fondata sul ma-trimonio; oggi: unioni di fat-to; ieri: laicità dello Stato in-tesa come libertà di co-

scienza; oggi: ostilità al cat-tolicesimo.

La Costituzione è vecchiae va cambiata? Ai tanti cheventilano come necessaria lamodifica della Costituzione,diciamo: nessuno tocchi iprincipi fondamentali! Il pri-mo: la Repubblica fondatasul lavoro; il secondo: gli es-seri umani e le formazioni

sociali sono titolari di dirit-ti inviolabili, preesistenti al-lo Stato; il terzo: l’ugua-glianza senza discrimina-zioni di sorta. E se tutti han-no diritti, hanno altresì do-veri inderogabili di solida-rietà politica, economica esociale.

Oggi viviamo in un’era diforte individualismo, conta-no solo i diritti fino al dis-senso sistematico, sicchésembra lontana quella sta-gione dei doveri, senza laquale, diceva Aldo Moro,questo paese non si salverà.

E ancora: la tutela delleminoranze linguistiche, la lai-cità dello Stato, la libertà del-la cultura e della ricercascientifica, la tutela dell’am-biente e del patrimonio sto-rico e artistico, l’asilo politi-

co allo straniero, il ripudiodella guerra, le limitazionidella sovranità.

Si potranno mai modifi-care queste fondamenta del-la Repubblica? Grazie a lorola nostra Costituzione appa-re a politici e studiosi stra-nieri come una delle più mo-derne e sagge del nostro tem-po. Secondo Mortati, il do-vere inderogabile di solida-rietà è una norma con cui laCostituzione ha voluto «af-fermare che non è l’uomo infunzione dello Stato, ma que-st’ultimo in funzione del-l’uomo».

Anche da questo punto divista deriva il corretto rap-porto fra tutti i cittadini, cre-denti e non. Cattolici e poli-tica non vuol dire contrap-posizione fra chi crede e chino. I cattolici non possonoesigere leggi che non valganoper tutti. Secondo Enrico DeMita, se i cattolici ritengono,come in passato, di fondarepartiti di ispirazione propria,si trovano solo di fronte aduna scelta di libertà: non so-no obbligati a farlo, ma nonhanno di fronte un veto.

Lezioni sulla CostituzionePer non dimenticare i principi fondamentalia cura di Antonella Fornaro

Negli ultimi mesi si sono acuiti i segnali di incertezza che possono rallentare ulte-riormente la ripresa. Le preoccupazioni legate ai conti pubblici di alcuni paesi eu-

ropei, anche di primo piano nell’Unione, rischiano infatti di avere ripercussioni forte-mente negative sulla situazione economica italiana, già indebolita dalla crisi e dal pesodi una mancata soluzione dei suoi, ormai storici, problemi strutturali. Il forte peso deldebito pubblico, il ridimensionamento del rating sui titoli di stato italiani e l’ampliamentodello spread rispetto a quelli tedeschi, la necessità di un riordino dei conti pubblici, evi-denziano già le problematiche che la nostra economia dovrà affrontare nei prossimi me-si, rischiando di accentuare ancora di più, in senso negativo, quel divario che già carat-terizza l’andamento del PIL italiano rispetto a quello di altri paesi europei simili al no-stro. In merito, le recenti previsioni del Fondo Monetario Internazionale mostrano unacontrazione per l’anno in corso del PIL sia nell’area Euro che in Italia, rispettivamentedello 0,5% e del 2,2%.

Durante i mesi più critici della crisi economica, le banche del territorio si sono rivela-te un formidabile strumento che ha permesso al tessuto economico nazionale e, in parti-colare, alle piccole e medie imprese, che rappresentano la quasi totalità delle unità produttive,di sopravvivere e superare i momenti peggiori della fase recessiva del ciclo.

Le Banche Popolari, in quanto espressione delle comunità, non sono venute meno a que-sto impegno, dimostrando concretamente quanto siano rimaste fedeli alla loro storia, allatradizione e ai valori di cui sono portatrici. I più recenti dati aggiornati a dicembre mostrano,infatti, il solido legame di questi intermediari con il territorio, con una quota di mercatosuperiore al 28,3%, mentre continuano a far registrare incrementi degli impieghi che so-no cresciuti su base annua del 2,2%, in particolare, nelle regioni nord-orientali e meridio-nali del Paese.

Le piccole e medie imprese nel 2011 sono state ancora una volta i terminali dell’azionedi intermediazione, con oltre 40 miliardi di euro di nuovi crediti. Questo valore, nel me-se di dicembre, rappresenta uno dei più elevati se confrontato con quello degli anni pas-sati, anche quelli precedenti alla crisi finanziaria, e testimonia l’attenzione degli istituti del-la Categoria nei confronti della piccola e media imprenditoria, soggetto centrale del no-stro tessuto economico. Le Banche Popolari hanno proseguito, inoltre, nella loro attivitàdi sostegno alle famiglie italiane: i nuovi crediti erogati per l’acquisto di abitazioni nel 2011hanno superato i 12 miliardi di euro. La minore onerosità dei prestiti, come risulta stori-camente dalla dinamica del relativo tasso d’interesse (attestatosi a dicembre al 3,75%, unvalore inferiore di circa 10 basis point rispetto al dato medio nazionale), dimostra il per-manere della mission originaria del Credito Popolare: sostegno ai territori e alle comunitàdi riferimento nell’ottica di una crescita condivisa ed equilibrata.

Associazione Nazionale fra le Banche Popolari

L’azione della cooperazione bancaria di fronte alla crisidi G. D. L. L.

•Stupidario•

OLANDESE In Olanda si è passati dai 1800 casi

di eutanasia del 2003 a circa 2600 del 2009 Preoccupato il Ministero della Salute

Confermata la tendenza peggiorativa delle cure per imalati terminali. Attenzione quasi nulla per le cure pal-liative (non prolungano la vita del malato, ma provve-dono al suo sollievo prima della morte).Sempre maggiore facilità nelle autorizzazioni alla dol-ce morte senza badare troppo alle cause del richiedente,come già avvenuto per l’aborto d’altronde.Secondo l’Associazione dei Medici Olandesi il criterio ba-se è l’intollerabilità del dolore quando non è chiara lavolontà del paziente, per procedere all’eutanasia. Ma come faranno a misurarlo? Comunque sia suggeriamo una raccomandazione pertutti.Se doveste finire in un ospedale del paese dei tulipaninon lamentatevi mai, non piangete, non urlate: sempresorridenti e distesi se volete tornare vivi a casa!!!

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I l ministro israeliano degliAffari strategici, Moshe

Yaalon, il 15 gennaio avevaespresso il suo “dispiacere”di fronte alle “esitazioni” del-l’amministrazione di BarackObama su un inasprimentodelle sanzioni contro il pro-gramma nucleare iraniano.“La Francia e la Gran Breta-gna comprendono che biso-gna inasprire le sanzioni, ilSenato americano è favore-vole, ma il governo esita e te-me un aumento del prezzodel petrolio proprio nell’an-no delle elezioni presiden-ziali”. Interpellato sulla pos-sibilità di un’azione militareisraeliana contro Teheran,Yaalon -che è anche vice delprimo ministro Benjamin Ne-tanyahu- ha commentato“Israele deve essere pronto adifendersi. Ma spero che que-sto non servirà”.

Israele, quindi, è prontoa fare la guerra all’Iran? Se-condo quanto riporta il WallStreet Journal, gli Stati Uni-ti ne sarebbero sempre piùconvinti, tanto da aver ap-prontato un piano d’emer-genza per salvaguardare gliinteressi nella regione delGolfo. Stando a MondoWeiss, sito di notizie dedi-cate alla politica estera ame-ricana in Medioriente, inrealtà l’Iran si è detto d’ac-cordo ad una missione ispet-tiva ONU e a discutere del

proprio programma nuclea-re in colloqui che si tenganoin Turchia con i cinque mem-bri permanenti del Consigliodi sicurezza ONU. Ma Israe-le sembra impegnata a cer-care di far naufragare qual-siasi opzione diplomatica.

Gary Sick, analista ame-ricano di affari mediorienta-li, ha scritto che sia gli USAche l’Iran vogliono che i ne-goziati abbiano corso. Men-tre Israele non ne ha il mini-mo interesse.

A parere di Daniel W.Drezner, economista politi-co, Obama avrebbe cinquebuone ragioni per distanzia-re la propria amministrazio-ne dalla “politica degli as-sassinii” condotta da Israele:scrupoli legali; timori per leconseguenze di un’analogacampagna omicida condottada Teheran; convinzione dipoter rovesciare il regime; vo-lontà di riportare Teheran altavolo del negoziato; confu-sione sugli obiettivi strategi-ci da perseguire unita allasensazione che, in ogni caso,le mosse israeliane non sonodi alcun aiuto.

Tanto Israele quanto gliStati Uniti si oppongono al-l’acquisizione dell’arma ato-mica da parte dell’Iran. Ciònon significa, tuttavia, cheWashington e Gerusalemmesiano dalla stessa parte dellabarricata. Chiarificante, a tal

proposito, è la vicenda rac-contata da Mark Perry, eco-nomista, su Foreign Policy:alcuni agenti del Mossad sisono fatti passare per agentidella Cia allo scopo di reclu-tare membri dell’organizza-zione terroristica pakistanaJundullah da utilizzare nellaguerra sotterranea controTeheran. Un comportamen-to che ha fatto indurire ulte-riormente i rapporti tra l’A-merica e Israele.

Dunque, non solo Usa-Isreale contro Iran, ma an-che Usa contro Israele. Un

tutti contro tutti che com-plica ulteriormente la piùimportante tra le partite me-diorientali. L’opposizione diWashington a un attaccopreventivo israeliano con-tro l’Iran, infatti, non esclu-de affatto un analogo attac-co americano. Il senatore JoeLieberman, ad esempio, fanotare che “gli iraniani sisbagliano di grosso se pen-sano che Obama non ordi-nerà, in qualsivoglia circo-stanza, un attacco contro leloro installazioni nuclearinell’eventualità in cui le san-

zioni non producano i ri-sultati auspicati”. Sul sitoMondo Weiss il reporteramericano Alex Kane sotto-linea, quindi, come la stra-da che porta alla guerra conl’Iran sia diventata moltoconcreta e pericolosa. GliStati Uniti sono su quellastrada ed Israele sta mali-ziosamente cercando di far sìche la guerra si scateni dav-vero. Come scrive Sick:«Quello che ci serve ora èuna rapida via di uscita dal-la crisi» – ma essa non sem-bra passare da Tel Aviv.

Usa-Israele-IranLa rotta di collisione Obama-Netanyahue le due guerre possibili

Washington cerca di impedire per ora un attacco, mentre Israele vuole far saltare ogni azione diplomatica?di Alessandra De Lucia Lumeno

I l nostro giornale si pregia di dimostrarecon i numeri le affermazioni che sostiene.

Questo mio intervento, invece, non vuoleessere più che un’opinione aperta al con-fronto. Non riporterò dati né numeri, con-dividerò solo alcune sensazioni, in ordinesparso. La tesi è che stiamo entrando in unperiodo ‘post sociale’. Dei tanti post dei qua-li si discute (post sessantotto, post comuni-smo ecc.), questo è il meno astratto per chideve sbarcare il lunario. Per lungo tempo ab-biamo ritenuto che l’idea di uno Stato cheassiste in tutto i suoi cittadini fosse una ve-rità di fede, acquisita e intoccabile. Lo Sta-to, nel pensiero di molti, pur corrotto e inef-ficiente, veniva tollerato proprio in quantoerogatore, a fondo perduto, di quel povero pa-ne quotidiano che, pur non saziando la fa-me, ne attenuava i morsi. Mi riferisco ai si-stemi di assistenza sociale che, per noi qua-rantenni, hanno sostituito nell’immaginarioBabbo Natale e la Befana. Quali? L’art. 18 del-lo statuto dei lavoratori, la cassa integrazio-ne, le pensioni di invalidità, l’assegno di ac-compagno, le assunzioni protette, il postoalle poste per eredità familiare, l’impiego inbanca, la cattedra di 18 ore settimanali, l’U-SL-ASL, per esempio. Ma la lista può essere

integrata. Queste ‘opere pie’ laiche sono sta-te un antidoto alla depressione sociale e han-no consentito all’Italietta nostra di traghet-tarci dalle secche sanguinarie degli anni ’70alle verdi praterie dell’Europa dei banchie-ri… Ma la festa sembra finita. Ho fissato il ti-tolo dell’articolo prima che la Fornero af-frontasse il tema: l’attuale discussione sul-l’art. 18 è quindi una conferma sconcertan-te di quello che cerco di dirvi. Così come lediscussioni su cassa integrazione, posto fis-so, pensioni, riduzione delle prestazioni sa-nitarie a carico di Pantalone, e via discor-rendo. Dopo aver mangiato alla modestamensa statale, è arrivato il conto, salato. Chenon è di Monti, più di quanto lo potesse es-sere di Berlusconi o di Prodi, è un conto cheha solo il nome dell’ultimo che lo presenta.Questa fine delle garanzie di uno stato mo-desto, ma rassicurante come verrà declina-ta? E come coglierà l’italiano che da un latogrida ‘piove governo ladro’ e dall’altro cam-pa con la pensione della nonna? La mia sen-sazione è che la compressione della spesasociale complessiva comporterà l’esplosio-ne della spesa sanitaria specifica, quella pergli psicofarmaci. A meno che anche quellinon passino a carico del paziente.

La fine delle garanziedi Marco Caldarelli

LA CASTA DEGLI EVASORIL’ITALIA SENZA EVASIONE FISCALE AVREBBE

• ALMENO 124 MILIARDI DI GETTITO IN PIÙ • UNA RIDUZIONE DEL 16% DELLE ALIQUOTE FISCALI E

CONTRIBUTIVE • RETRIBUZIONI PIÙ ALTE DI 1200 EURO NETTI • UN COSTO DEL LAVORO PIU’ BASSO DI 1600 EURO • UNA PRESSIONE FISCALE RIDOTTA AL 42% DAL 51%

REALE • UN RAPPORTO DEBITO/PIL TRA I PIÙ BASSI D’EUROPA

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I l nostro punto di partenzaè sempre lo stesso: difen-

dere l’interesse del cittadino.Ma qual è il vero suo in-

teresse in questa vicenda deicosti e privilegi veri o pre-sunti dei politici? Riteniamoprioritario l’interesse ad es-sere ben rappresentati. Nonsarà mai possibile stabilire ilgiusto compenso e il rim-borso spese più adeguato per

i rappresentanti democraticidel popolo presso le Istitu-zioni.

Non troveremo mai para-metri e criteri adeguati e co-sti per stabilire quanto dob-biamo dare a parlamentari,consiglieri regionali, presi-denti e assessori di provin-cia, sindaci e assessori co-munali, e amministratori no-minati in migliaia di altri en-

ti. Non è facile anche perchédi molti di questi si denunciada tempo persino l’inutilità.Ma il punto è un altro. Al cit-tadino hanno tolto i partitiperché pesanti e corrotti, oravorrebbero togliere la politi-ca perché troppo costosa. Mapoi chi governerà? Chi oc-cuperà il potere loro sottrat-to? Poteri forti, media, fi-nanza allegra sono già all’o-

pera per fare le scelte che par-titi e politica non sono più ingrado di fare.

La soluzione che auspi-chiamo: ai politici chiedia-mo più sobrietà e meno au-toreferenzialità perché torni-no ad essere gli autorevoli,capaci e competenti rappre-sentanti del popolo sovrano.Ce ne sono tanti così e li vo-gliamo di nuovo all’operaperché il cittadino che li vo-ta torni a contare veramentee non si suicidi decretandolui stesso la morte dei parti-ti e della politica, unici stru-menti in suo possesso per es-sere protagonisti della vitademocratica del paese e delsuo destino sociale.

È mancata sobrietà e si è avutatroppa autoreferenzialitàProviamo a fare un ragionamento sereno intorno ai veri o presunti privilegidella c.d. casta politica per evitare il suicidio democratico del popolo italianodi Francesco Garofolo

Nella cornice del Circolo della Stampa di Milano lo scorso 12 gennaio i presidenti diFedercasse Alessandro Azzi e dell’Associazione Nazionale fra le Banche Popolari Car-

lo Fratta Pasini hanno tenuto una conferenza stampa sul ruolo anticiclico della coopera-zione bancaria dall’inizio della crisi, sulle proposte di emendamento alla bozza di diretti-va Basilea 3, sulle implicazioni delle recenti decisioni dell’Eba in materia di requisiti pru-denziali e sulle strategie di sviluppo comune per migliorare ancora di più in questa fase lapropria azione di banche locali a sostegno dell’economia reale.

È stata questa un’ulteriore occasione per sottolineare come le banche cooperativehanno lo scopo di favorire i soci e i clienti delle comunità locali nelle operazioni e nei ser-vizi bancari, perseguendo il miglioramento delle condizioni morali, culturali ed economichedegli stessi e promuovendo lo sviluppo della cooperazione e l’educazione al risparmio ealla previdenza nonché la coesione sociale e la crescita responsabile e sostenibile del ter-ritorio nel quale operano.

L’iniziativa congiunta di Assopopolari e Federcasse, si inserisce a sua volta nel-l’ambito del “Patto di consultazione e collaborazione permanente” siglato nei mesi scorsitra le Banche di Credito Cooperativo/Casse Rurali e le Banche Popolari, con l’intento divalorizzare la funzione e il ruolo delle banche cooperative nell’economia italiana.

Il 2012 che è appena cominciato, che è stato proclamato Anno Internazionale del-le Cooperative, e fin dall’inizio le banche cooperative italiane intendono riaffermare l’in-sostituibile funzione stabilizzatrice per i sistemi bancari e finanziari, nel promuovere la te-nuta e lo sviluppo dei territori, nel diffondere la cultura della partecipazione nella gestio-ne del risparmio nelle stesse comunità dove esso viene generato.

Le Banche Popolari e le Banche di Credito Cooperativo/Casse Rurali costituisco-no i due intermediari diversi dalla “Banca Spa” ammessi oggi nell’ordinamento italiano,entrambi caratterizzati dalla governance democratica che si basa sui principi del voto ca-pitario, del limite al possesso azionario e del gradimento per l’ammissione a socio. Esse com-plessivamente contano oggi oltre 500 Istituti con circa 14 mila sportelli e 2 milioni e 200mila soci. I dipendenti sono più di 120 mila. Nell’ultimo anno gli impieghi all’economiareale erogati nel complesso delle banche cooperative nel nostro Paese ha superato i 500miliardi di euro.

* Segretario Generale, Associazione Nazionale fra le Banche Popolari

Associazione Nazionale fra le Banche Popolari

Assopopolari e Federcasse unite nel riaffermare i valori della cooperazionee della sussidiarietà di Giuseppe De Lucia Lumeno*

LA NOTIZIAESISTE UN GROSSOEXTRAGETTITO FISCALE

Nel 2011 l’agenzia delleentrate ha incassato 11miliardi di imposte nonversate. Nel 2012 se neaspettano 12 miliardi,con altro che può venireda autotassazione e IVA.Un bel tesoretto. Comespenderlo? Imparandodalla leggerezza del Go-verno Prodi che lo dila-pidò in mille rivoli, con-solidando spesa correnteanche negli anni succes-sivi, il Nuovo Cittadino sipermette di suggerireuna cosa semplice: metàper abbattere il debitopubblico, così da far ca-lare i tassi sui titoli pub-blici, e metà per alleg-gerire la pressione fisca-le sulle famiglie, a co-minciare dalle più pove-re e numerose, così dafacilitare i consumi pri-vati e più virtuosi proprioperché necessari, rilan-ciando economia e pro-duzione.

INDENNITÀRIMBORSI E VITALIZI O PENSIONIVISTI IN MODO EQUILIBRATO E CORRETTO

L’indennità ricono-sciuta a chi è elettoal Parlamento èuna grande con-quista democrati-ca: il suo spirito, in-fatti, è di garanti-re anche al cittadi-no non abbiente la

possibilità di impegnarsi in prima persona nella sedepiù alta della politica nazionale. Allo stesso tempo, l’in-dennità (e il Vitalizio che poi spetta a chiunque sia sta-to senatore o deputato per un certo periodo di tempo)dovrebbe essere un risarcimento proporzionato al tem-po, e quindi al denaro, che, dedicandosi all’attività dilegislatore, si è sottratto alla propria professione. Ciòvale, in particolare, per i liberi professionisti prestatialla politica (avvocati, ingegneri, architetti, medici ecc..assai numerosi a Montecitorio e Palazzo Madama), glistessi per i quali la manovra-bis prevedeva un cospicuotaglio dell’indennità parlamentare oltre una certa so-glia di reddito. Ebbene, nel testo approvato dal Sena-to, questo taglio è quasi scomparso, nel silenzio dellamaggioranza e delle opposizioni. A cose fatte, abbia-mo scoperto il “ripensamento”, l’ennesimo di questa tor-mentata manovra.Ma non è certo di questo genere di ripensamenti chesi sentiva il bisogno.

DA AVVENIRE

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Dedicando oltre un mesealla televisione generali-

sta, Lorella Zanardo, consu-lente organizzativa, forma-trice e docente, assieme a Ce-sare Cantù e Marco Melfi,hanno realizzato un docu-mentario nel quale viene il-lustrato tramite esempi con-creti l’uso che le televisioni adiffusione nazionale fannodell’immagine della donna.Vista come una delle mag-giori agenzie educative del-l’occidente, tramite la televi-sione vengono somministra-ti modelli ai fruitori non sem-pre in grado di cogliere l’ar-tificiosità del tutto. Il mezzotelevisivo diventa la verità.“Il corpo delle donne” è di-ventato anche un libro dovesi dipinge una situazione te-levisiva italiana degradanteattraverso la lente viva delleemozioni e delle domande, siraccontano le reazioni che il

video ha suscitato, l’interes-se inaspettato da parte dellegiovani generazioni, la ne-cessità di uscire dagli stereo-tipi per giungere a una nuo-va definizione del femminilee si mettono a fuoco nuovistrumenti di lettura dell’im-magine televisiva e dei mes-saggi che questa veicola. La-sciano alquanto perplessi lerisposte di autori televisiviche demandano la propria re-sponsabilità nelle scelte deicontenuti ai gusti del pub-blico: ma è davvero questoquello che desiderano i tele-spettatori italiani? No, evi-dentemente, come dimostrala storia della nostra stessatelevisione, che non si lasciòcerto condizionare dal gradodi cultura dei primi telespet-tatori per proporre program-mi educativi e di gradimento.

Doverosa la riflessione sulruolo della tv pubblica che,anziché puntare ad una dif-ferenziazione culturale neiconfronti di quella commer-ciale, si è appiattita negli an-ni sullo stile della secondacontribuendo così ad una de-generazione dei costumi te-levisivi. Per spiegare la nonnormalità delle scene propo-ste, il libro dedica ampio spa-zio al progetto “Nuovi occhiper la tv” e pubblica corag-giosamente, immagine perimmagine, le scene di alcuniprogrammi televisivi. Arre-stando e descrivendo ciò cheaccade in una sequenza tele-visiva, la fruizione passiva la-scia finalmente spazio all’a-nalisi rendendo consapevolidi ciò che si sta guardando: ilteatro dell’assurdo propostocon inquietante disinvoltura.

Il problema sta nella man-cata rilevanza sociale chehanno i comportamenti pa-lesemente offensivi esibiti intelevisione; “se, come abbia-mo appurato, il problemanon è di tipo legislativo e sesi produce una televisione of-fensiva, anche se le leggi lo

vietano, significa che il pro-blema è culturale”. La rispo-sta, quindi, non può prove-nire da regolamenti o legginuove, ma da una modificadella cultura stessa e questorichiede tempi lunghi.

La proposta dell’autricesuscita dibattito: non spe-gnere la TV, ma guardarla ecriticarla, protestando con iresponsabili dei programmi,con le aziende che compra-no pubblicità in questi con-tenitori di nulla. “Di cosa ab-biamo paura?”: la domanda,proprio come al termine deldocumentario, risuona pre-potente anche alla fine dellibro. Questa volta, però, la-scia un’eco maggiore alla ri-flessione personale su ciòche si è diventati e sui dirit-ti di cui non ci si occupa più.Riprendiamoceli, sembra vo-ler dire l’autrice, perché se èvero che questa tv è stata re-sa possibile dal silenzio, èsolo con la voce che si potràcambiarla.

“Il corpo delle donne”:libro-documentario sull’immagine femminile in TVLorella Zanardo dice basta alla donna oggetto e riflette sulla situazione attuale proponendo modelli e risposte diversedi Alessandra De Lucia Lumeno

C iampi nel 1992 da Governatore della Banca d’Italia di-fese la lira così bene contro l’attacco di Soros, bru-

ciando 60.000 miliardi di lire, che alla fine la lira valeva il30% in meno sul dollaro; le imprese italiane poterono es-sere comprate dagli stranieri con lo sconto del 30%. Quel-le a partecipazione statale sarebbero diventate Spa graziead Amato proprio in quei mesi; il Discount Italia era pron-to per i saldi di fine stagione. Incapacità o malafede?

Dobbiamo a Ciampi (e ad Amato) l’internazionalizza-zione del nostro debito pubblico, un fatto che ha messo ildestino dell’Italia nelle mani di (pochi) investitori stranie-ri, come stiamo amaramente sperimentando in questi me-si. Incapacità o malafede?

Scelte strategiche premiate con l’ascesa al Quirinale eun posto tra i Venerabili Padri della Patria; talmente intoc-cabile che in questi mesi di demagogia anticasta mai si è ac-cennato ai 700 mila euro annuali (tra emolumenti e pen-sioni) con cui il popolo italiano gratifica questo umile Ser-vo dello Stato.

Di loro dicono solo bene

Carlo Azeglio CiampiUn altro di cui non si sente parlar “male”nonostante alcuni fatti non proprio trascurabilidi U. S.

DOVE

«Il Pensiero non pesa, non ha forma:

ché quando tu lo dici è ormaiparola che lo tra-duce in fiati,spruzzi, suoni vibrato, umori...

Il Pensiero che pensaè antimateria in movimento,

qualche surriscaldato nanoistante, tanti

invisibili mondi fluttuanti,più affilati e fini dei filamenti

della medusa, assai più trasparenti.

Il Pensiero è un reale negativoIl Pensiero è un reale negativo

Il Pensiero è un reale negativoIl Pensiero è un reale negativo

che modifica a fondo luoghi e eventi, destini,

affetti e azioni, sentimenti.

Il Pensiero è l’essenza dell’umano

animale, che è pari, per il resto,

a qualsiasi altra forma del vivente».

Adesso una domanda: mi sai dire dove vanno i pensieri di chi muore?

di Vanni Pierini

Poesia

IL LIBRO

•Stupidario•

VERONESIDa Ministro della Salute lo“scienziato” Umberto Ve-ronesi aveva definito mor-ti viventi le persone in “sta-to vegetativo permanete”(come Eluana Englaro); pri-vati per sempre dell’atti-vità psichica e di ogni ca-pacità di relazionarsi conl’ambiente esterno.Sono trascorsi più di diecianni da quelle dichiara-zioni, le novità delle neu-roscienze e le testimo-nianze di quelli che si so-no risvegliati hanno smen-tito lo “scienziato” e quel-li che la pensano come lui;ma questo non ha impe-dito loro di uccidere Elua-na Englaro, evidente-mente incapaci di pren-dere atto della realtà echiusi ad ogni cambia-mento. Chi sono i verimorti viventi?

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creo
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P roviamo ad immaginarealcune piste lungo le qua-

li può svilupparsi una ricer-ca ed alcune tappe possibilidello sviluppo che ci sta da-vanti nel percorso comunedei Movimenti Cattolici inpolitica.

È necessario individuarealcuni obiettivi di una politi-ca della cittadinanza e di pro-muovere su di esse una mobi-litazione. Le associazioni ed imovimenti di Todi coinvol-gono milioni di persone. Bi-sogna coinvolgerle su obietti-vi semplici e chiari che que-ste persone possano facil-mente sentire come proprie.Penso a temi come la famiglia,

il lavoro, la scuola, il dirittoalla partecipazione politica…può essere una grande mani-festazione, possono essere di-verse manifestazioni. L’im-portante è che esse siano pre-parate su di una adeguata piat-taforma di valori e di propostee che dopo ci sia la capacità diinterloquire con le forze poli-tiche sulla base delle proprieproposte.

Il movimento deve essereindipendente da tutte le forzepolitiche, ma non deve essereequidistante. Deve essere ca-pace di registrare convergen-ze e divergenze e di premiaregli interlocutori con i qualigiunge a convergenze, e di op-

porsi agli interlocutori con iquali si registrino delle diver-genze. Solo così il movimen-to potrà avere un forte e veroimpatto politico.

È importante il tema delsistema elettorale. Il movi-mento di Todi ha una forzapotenziale tale da consentir-gli di affermarsi con qualun-que sistema elettorale. Il si-stema elettorale può peròavere una funzione decisivanel determinare il modo incui la forza del movimentopotrà esercitarsi sulla politi-ca italiana. Con il sistema at-tuale il movimento può regi-strare solo convergenze e di-vergenze con i partiti nel lo-

ro insieme. Sono infatti i par-titi ad essere votati, con listebloccate. Il movimento può,certo, scegliere un partito, macerto preferirebbe non do-verlo fare, preferirebbe man-tenere una certa distanza datutti i partiti. Questo è più fa-cile se c’è un sistema che con-

sente di scegliere (per esem-pio con le preferenze) la per-sona e non il partito. In que-sto caso il movimento po-trebbe scegliere uomini cheprendono impegno sui temiche gli stanno a cuore anchein diversi partiti o, al limite,in tutti i partiti.

Ne indignati ne rassegnatiIl movimento dei movimention. Rocco Buttiglione

SPECIALE TODI

L’UNIVERSO DEI MOVIMENTI CONVENUTI A TODI

Raffaele Bonanni ISCRITTI: 4.500.000sindacato di ispirazione cristiana Sedi: 1.800

Provinciali: 116 - Regionali: 21

Luigi Marino ISCRITTI: 3.100.000associazione di rappresentanza Unioni Regionali: 22nel mondo cooperativo Unioni Provinciali: 81

Unioni Interprovinciali: 7

Andrea Olivero ISCRITTI: 1.000.000movimento di lavoratori Strutture territoriali: 8.100di matrice cristiana Circoli: 3.500

Provinciali: 106 - Regionali: 21

Sergio Marini ISCRITTI: 1.650.000associazione d’assistenza all’agricoltura Aziende: 1.000.000

Federazioni provinciali: 98Federazioni regionali: 19

Francesco Milano ADERENTI: 360.000associazione di laici impegnati attivamente Diocesi: 219nelle diocesi e parrocchie italiane

Emma Voce ISCRITTI: 2.000.000movimento ecclesiale di rinnovamento Paesi: 194spirituale e sociale

Giorgio Guerrini ASSOCIATI: 700.000associazione che rappresenta il mondo Sportelli territoriali: 1.215 dell’imprenditoria artigiana e delle piccole imprese

Carlo Costalli ISCRITTI: 318.000movimento a carattere sociale, Sedi Nazionali: 109di solidarietà Provinciali: 90 - Regionali: 19

Bernhard Scholz ISCRITTI: 500.000La Compagnia delle Opere promuove Aziende: 34.000reti fra le imprese Unioni provinciali: 81

Sedi sul territorio: 40

Andrea Riccardi ADERENTI: 50.000Movimento impegnato nella comunicazione Paesi: 70 del Vangelo e nella carità

Hanno inoltre partecipato: ASSOCIAZIONE GUIDE E SCOUTS CATTOLICI ITALIANI, CENTRO ITALIANO FEMMINILE, CENTRO SPORTIVOITALIANO, CENTRO TURISTICO GIOVANILE, FEDERAZIONE ORGANISMI CRISTIANI SERVIZIO INTER-NAZIONALE VOLONTARIO, FONDAZIONE PER LA SUSSIDIARIETA’, FONDAZIONE TONIOLO, INTERNATION-AL CATHOLIC RURAL ASSOCIATION, RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO, UNIONE NAZIONALE ISTI-TUZIONI E INIZIATIVE DI ASSISTENZA SOCIALE, FEDERAZIONE UNIVERSITARIA CATTOLICA.

Iparadossi della storia sono proprio curiosi. Potrebbedarsi che la galassia dei movimenti e associazioni cat-

toliche riscoprano in pieno la voglia di un centro poli-tico che ponga fine al bipolarismo. Singolarmente in-tervistati i protagonisti di Todi sembrano proprio pen-sarla così. È buffo, ma sembrerebbe che la storia ripar-ta proprio da lì come se nulla fosse avvenuto in questi18 anni. Riparta cioè da quel 1994 che vide il trionfo delbipolarismo e, sembrò la sconfitta definitiva del centri-smo e del proporzionale. L’emblema di quel dualismoesasperato, rosso o nero, destra o sinistra, fu rappresen-tato dal primo grande scontro: Fini o Rutelli per Sinda-co di Roma. Vinse Rutelli, ma questo non è importante.Importante fu il modello, quello Roma appunto, che siimpose, che piacque, che trionfò. A distanza di quasi unventennio i protagonisti del nuovo centrismo, il Terzo Po-lo secondo l’attualità, sono proprio quei Fini e Rutelli del-l’allora Modello Roma, oggi delusi sia dalla destra che dal-la sinistra, di cui sono stati autorevoli leader.

Completa il quadro Pierferdinando Casini che uscì dalla DC,fondò il CCD, scelse il centro destra di Berlusconi e non mi-se mai piede nel PPI di Martinazzoli, come fecero invece But-tiglione e Bindi. Oggi ambedue vicepresidenti della Camera sidivisero soltanto dopo un anno, quando Prodi impose la scel-ta del nuovo centrosinistra post-occhettiano e spaccò il PPI,perché questo non era, ne poteva essere di centro sinistra, masolamente di centro, con una chiara identità cristiana.

Torna il desiderio di allora, dopo la sbornia dell’antiparti-tismo seguita a tangentopoli, del leaderismo, del populismo,dell’antiparlamentarismo e, di recente, anche dell’antipolitica.

Quei cattolici di allora, oggi un po’ invecchiati, e penso ame, insieme ai più giovani che non sono stati toccati da quel-le vicende, e penso ai miei figli iscritti all’UDC, ce la possonoancora fare.

Forza Rocco, Forza Pier e tutti quelli che vogliono ancoracredere nel partito che Martinazzoli modellò per risponderealle esigenze dei cattolici di allora: un partito nuovo, leggero,onesto, popolare, programmatico, autenticamente democra-tico al suo interno e decisamente estraneo alle vecchie e nuo-ve pastoie del potere.

Un partito così è già al 30% dei consumi, senza il bisognodi fare sondaggi.

Cosa dopo Todi?Forse un partito leggerodi Luca Marconi

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