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IL LEGIONARIO COMMENTARIVS DEL SOLDATO ROMANO
NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE
ANNO IV N.36 – OTTOBRE 2017 -
Testo e struttura a cura di TETRVS
ESERCITI DI ROMA NEL QUINTO SECOLO
ESERCITI DI ROMA NEL QUINTO SECOLO Parte I
PREMESSA
Quando si parla di esercito romano del tardo impero con riguardo soprattutto alla parte
finale (V secolo), si è soliti pensare ad un esercito di sbandati, pieno di barbari indisciplinati e rozzi,
poco addestrato e scarsamente incline al combattimento. Tenendo conto che alcuni di questi aspetti
possono anche essere – in certa misura – accettabili, non vi sono però prove concrete che vi sia stato
un generale e costante declino della forza bellica. Anzi, proprio verso la seconda metà del V secolo,
per le aumentate esigenze di difesa dei confini gli eserciti di Ezio, Ricimero, Maggioriano (tanto per
citare alcuni degli ultimi condottieri) ottengono importanti vittorie negli scontri campali (ad es Ezio
contro gli Unni nei Campi Catalaunici,451; Ricimero contro i Vandali nei pressi della Corsica 456;
Maggioriano contro i Burgundi, nella valle del Rodano, 458/459). E se alcune grandi campagne
belliche (es. quella di Maggioriano contro i Vandali, 459) sono destinate al fallimento ciò è dovuto
a tradimenti e lotte intestine piuttosto che ad errori di strategia o alla tattica impiegate.
Ad ogni modo, verso la fine del V secolo, le forze armate imperiali d’occidente si
avvieranno verso una “drammatica mutazione”, una mutazione che consisterà in una sorta di
processo di sostituzione delle truppe regolari all’interno dell’ esercito romano.
Questo mutazione o dissolvimento (in certi casi) coincidono con quello dello Stato Romano
e ne sono la reciproca conseguenza: l’Impero perde i pezzi e i mezzi di sostentamento per l’esercito
che si riduce di contingenti, la riduzione delle forze armate non consente la difesa dei territori
imperiali che vanno perduti; si genererà un effetto domino circolare in cui si innestano i fenomeni di
“barbarizzazione”. Infatti, mentre le truppe regolari abbandonano progressivamente i territori
(all’inizio del V secolo ci fu il caso della Britannia) i gruppi barbarici ne prendono il posto sia come
popolo sia come “fornitori” di soldati che andranno a costituire quasi totalmente (quindi mai
esclusivamente) i contingenti occidentali verso gli ultimi anni dell’impero.
Come vedremo, le truppe regolari (composte nella maggioranza da Romani, Italici e
provinciali romani) – ormai in numero inferiore rispetto a quelle cd “barbare” – si troveranno
sempre più isolate nei territori rimasti.
Ricostruire caratteristiche, dimensioni, modalità d’impiego dell’esercito romano (o dei
diversi eserciti romani) del V secolo presenta una certa difficoltà dovuta essenzialmente a due
ordini di motivi:
- Limitato interesse per il periodo da parte di storici, studiosi, ecc;
- Scarsità di rilievi, testimonianze, monumenti rispetto all’Alto Impero.
Per contro, alcuni aspetti, notizie ed elementi possono essere ricavati (con maggiore o minore
profondità) su fonti storiche quali:
- Anonimo, De Rebus Bellicis (337-377 ca.), per la parte propedeutica
- Ammiano Marcellino,Res Gestae(353-378), per la parte propedeutica;
- Vegezio, De Rei Militari (fine IV sec. – inizio V secolo); sulle tecniche militari
- AA.VV., Notitia Dignitatum… (inizi IV secolo), per la descrizione delle unità militari
- Teodosio II (a cura di), Codex Theodosianus (438), raccolta di leggi
- Maurizio (a cura di ), Strategikon (fine VI secolo); tecniche dell’esercito d’Oriente (con
richiami storici del passato).
Ovviamente, quanto si verificherà nel V secolo è il risultato di un processo di trasformazione
che prende avvio nella parte centrale del III secolo e si determina pienamente nel IV secolo.
Pertanto, secondo alcuni Storici «… oggi per descrivere quanto accadde tra il III e V secolo si
ricorre al concetto di trasformazione del mondo romano. Proponendo questa immagine non si
vuole sminuire o negare la drammaticità dell’impatto delle migrazioni dei popoli germanici nei
territori occidentali dell’Impero, bensì sottolineare come il mondo germanico e quello romano,
dopo secoli durante i quali agli scontri si alternarono anche i contatti pacifici, si siano
progressivamente compenetrati dal punto di vista dell’organizzazione politica e sociale. Allo stato
attuale si è propensi a considerare la fine dell’impero romano d’occidente in una più ampia
prospettiva di trasformazione della società antica individuando nell’arco di tempo tra il III e l’VIII
secolo una fase da studiare unitariamente e leggendo in essa lo scenario di un lento tramonto
dell’antichità e di un lungo inizio de Medioevo. » [G. De Luna – M. Meriggi – Il segno della Storia
1 – Paravia].
Di conseguenza questa impostazione o chiave di lettura risente di ciò che gli studiosi
Tedeschi chiamano rispettivamente “primo Medioevo (V-VIII secolo)” e “Alto medioevo (IX e XI
secolo)”, confermando l’idea di un V secolo come “proto medioevo” (vedi IL LEGIONARIO n. 2).
Sappiamo cosa abbia rappresentato il III secolo nell’ambito sociale e militare di Roma e
quindi il significato anche delle riforme partite con Gallieno e proseguite da Diocleziano in quello
che si considera il punto di avvio del “basso impero”. E queste riforme si riflettono nel secolo
successivo. Scrive LeBohec che «… non ci fu un solo esercito nel IV secolo, ma cinque: si tratta
dell’esito di modifiche avvenute essenzialmente, sotto il regno di Diocleziano, di Costantino I, di
Costanzo II e di Giuliano … e anche l’esercito romano del V secolo, o quanto meno l’organismo
indicato con questo nome , presenta caratteristiche tutte sue..» [ Y. LeBohec :Armi e guerrieri di
Roma Antica; da Diocleziano alla Caduta dell’impero, pag.24- 2009]
Una sostanziale differenza tra il V secolo e quello precedente è rappresentata anche dal
diverso ruolo degli imperatori: si tende, infatti, a parlare di Imperatori soldato (SoldatenKaiser) per
il IV secolo e di imperatori bambini (Kinderkaiser) per il V secolo ((cfr: J. W.P. Wijnendaele –
L’Ultimo Romano – 21 Editore). Secondo questa visone “germanica”, si afferma una nuova
concezione dell’autorità imperiale. Con la morte di Teodosio e l’ascesa ai troni di Onorio ed
Arcadio si crea «… un vero e proprio spartiacque tra il tempo dei potenti SoldatenKaiser del
quarto secolo e la lunga serie di inermi ed isolati Kinderkaiser bambini dei decenni successivi» (J.
W.P. Wijnendaele – l’Ultimo Romano – pag. 55 - 21 Editore).E difatti la fine convenzionale
dell’Impero romano d’Occidente coincide con un imperatore adolescente seduto sul trono. Ma se
l’imperatore non sembra più rivestire il comando supremo dell’esercito, restando soprattutto a
palazzo con funzioni di cerimonia e rappresentatività, protetto da una guardia imperiale, ecco che si
affacciano nuove e forti figure a sostegno, condottieri e comandanti quasi sempre di origine
germanica o barbara che tendono a gestire sia l’aspetto militare sia quello politico. Ma questa ascesa
di “Magister militum” (da Stilicone ad Odoacre, ad esempio) si mantiene e si rafforza anche quando
a regnare (almeno formalmente) non sono imperatori bambini ma figure di copertura, imperatori di
facciata la cui esistenza terrena si interrompe quasi sempre bruscamente dopo pochissimo tempo di
permanenza sul trono.
Anche se questa caratteristica di imperatori deboli non fu sempre presente (si pensi a figure
forti come Maggioriano, ad esempio) il quinto secolo fu comunque attraversato da costanti lotte
interne - che abbinate ai disastri bellici (es.: i sacchi di Roma del 410 e del 455) o al tracollo delle
frontiere con le conseguenti incursioni – portarono al lento, inesorabile deterioramento
dell’apparato militare e alla perdita di intere province che aggravarono tale situazione.
IL QUINTO SECOLO E GLI ESERCITI DI ROMA
L’ultimo periodo dell’impero romano d’Occidente copre ¾ di secolo ma si caratterizza per
la scarsità di fonti e documenti che comportano una certa frammentarietà anche nel dare
un’immagine quanto più plausibile e fedele degli eserciti di tale epoca.
Infatti, « il quinto secolo è stato uno dei periodi più critici della storia europea. È un
periodo denso di avvenimenti di grande importanza e i cambiamenti che lo attraversarono
trasformarono l’Europa più radicalmente di ogni altra fase di avvenimenti politici che s i sia
verificata in seguito … Non vi è una storia degli eventi contemporanei e il resoconto degli
avvenimenti deve essere ricostruito a partire da frammenti, cronache ridotte all’osso, riferimenti
accidentali presenti negli scritti di poeti, retori, teologi. » [John Bury, Hystory of the Later
ROMAN Empire. From the death of Theodosius I to the death of Justinian (A.D: 395 toA.D: 565)
Vol. I London 1923]
Il V secolo vede la trasformazione degli eserciti romani, non solo a livello di
equipaggiamento e di tattiche. Questa trasformazione è stata definita da Storici, autori esperti, come
“lento declino”, “dissoluzione”, “evoluzione”. Indubbiamente nulla scompare immediatamente e
per sempre in un semplice dato istante, per cui può essere prudente parlare di un processo
metabolico che, legato alla disgregazione dell’impero romano d’occidente e alla sua trasformazione
nei regni romano-barbarici, conduce ad un passaggio delle armate “romane” a truppe - variamente
dislocate, variamente armate, variamente denominate – al servizio dei nascenti regni europei che
oramai definiscono la struttura geopolitica dell’Europa alto-medioevale.
Innanzitutto, pur parlando di “esercito romano”, “armate romane” e così via, occorre
specificare che di romano non era poi rimasto molto nelle forze militari romane. Anche se operanti
sotto insegne romane, ai comandi di condottieri romani (ma non sempre) l’esercito imperiale era -
oramai – un coacervo di truppe cd. “regolari” e armate di foederati.
Il principale elemento di questo processo di trasformazione fu comunque il crescente peso
che ebbero le truppe straniere e le milizie autonome (ad es. si pensi ai Buccellarii) provenienti dai
popoli germanici o di altra etnia stanziati ormai da tempo nei territori imperiali (o che lo erano
stati). Difatti, a cavallo tra il IV e il V secolo, e secondo LeBohec [op. cit., pag.25-] tra il 378 e il
410, “… l’esercito Romano d’occidente cessa di essere un esercito vero e proprio e si trasforma
lentamente in una milizia che non sussiste se non di nome”… Nel corso del V secolo, i residui di
questo organismo si dissolvono lentamente … e si trasformano altrettanto lentamente in Oriente
per dare vita all’esercito bizantino”.
Ciò è visibile anche in ciò che può essere definita l’ultima vittoria romana di rilievo, quella
conseguita da Ezio (Flavius Aetius) contro gli Unni di Attila ai campi Catalaunici (o Battaglia di
Chalons – Francia) nel 451.
Ma già intorno alla seconda metà del 400, la situazione dell’impero occidentale era oramai
in una fase di discesa senza fine.
Difatti il potere centrale di Roma, almeno come immagine si stava dissolvendo in quanto la
capitale dell’Impero d’ Occidente non era più l’Urbe ma Ravenna (dal 402, dopo che lo era stata
Mediolanum); inoltre presero il soppravvento i vari gruppi etnici (Goti, Burgundi, Franchi, ecc.)
stanziati all’interno dei confini, gruppi che mutarono la loro posizione da foederatiin istituzioni
giuridicamente distinte e autonome rispetto all’autorità imperiale.
Nel 461, dopo la morte di Maggioriano - forse l’ultimo grande imperatore romano – la
Britannia era stata ufficialmente abbandonata da tempo, l’Africa del Nord era perduta ad opera dei
Vandali che ne avevano fatto il loro regno, parte della Gallia era occupata da Franchi, Burgundi e
Visigoti, mentre la Penisola Iberica vedeva la presenza dei Suebi (Svevi) e ancora di Visigoti
nell’area che oggi corrisponde, all’incirca, alla Galizia (tra Portogallo e Spagna attuali).
La perdita di vasti territori o di intere province comportò – altresì – la riduzione del gettito
fiscale che, per la maggior parte serviva al finanziamento delle spese militari – la perdita di capitale
umano per il ricambio dei contingenti armati e la sostituzione, nei territori perduti, degli eserciti
imperiali con quelli dei cd. “barbari”.
La riduzione di entrate finanziarie comportava – dunque – la difficoltà di pagare in modo
regolare e soddisfacente le restanti truppe ormai a difesa di un territorio imperiale che si stava
riducendo alla penisola italica e a qualche altro “spezzone” (Illiria e alcune aree della Gallia). Gli
ultimi soldati imperiali iniziarono, pertanto, a non sentirsi più in dovere di mantenere il rapporto
con le gerarchie militari romane ed imperiali anche perché queste ultime erano oramai quasi allo
sbando e non garantivano più un regolare coordinamento e flusso informativo. Difatti gli ultimi
imperatori romani altro non erano che figure di copertura di altri personaggi, come Ricimero, ad
esempio, o comandanti militari di origine germanica o barbara che avevano il potere di gestire in
modo personale e vantaggioso le milizie, non potendo ambire – per la loro origine – a vestire la
porpora.
Si presume che dopo la morte di Valentiniano III (455), «… i reggimenti regolari
dell’esercito romano dovevano esistere ormai solo sulla carta e nei fatti il governo si serviva solo
di mercenari germanici» [Federico Marazzi – Gli Ostrogoti, i più «romani» dei barbari – in
Invasioni barbariche – Medioevo Dossier 4/2013 – ed. My Way Media]
Pertanto, mentre le forze armate romane si dissolvevano, quelle ancora rimaste in Italia (e
nei pochi territori ancora fedeli all’Impero) risultavano composte quasi esclusivamente da non
italici e comandate da alti ufficiali barbari.
Infatti nel 475, le forze militari romane dovevano essere costituite «… principalmente da
gruppi di barbari variamente assortiti, dai nomi suggestivi, quali quelli degli Eruli, Sciri, Turcilingi
e Rugi» [F. Marazzi, op. cit.]
Dopo la destituzione di Romolo Augusto da parte di Odoacre e cessato il potere dell’autorità
imperiale d’occidente (476) ciò che restava delle forze armate romane ancora operanti in alcuni
territori rimase definitivamente isolato, e allo sbando. Le conseguenze furono che la maggior parte
di questi soldati e legionari, non conoscendo altro mestiere che quello delle armi, finirono per
essere ingaggiati dai vari regni barbarici come alleati (o anche come mercenari), capovolgendo così
i ruoli che si avevano solo qualche decennio prima.
Difatti, nel VI secolo Procopio [le Guerre Gotiche, I, 12] testimonia il fatto in cui «… i
soldati romani che erano stati posti di presidio nella Gallia estrema, che non avendo modo di
ritornare a Roma, né volendo passare ai loro nemici, cedettero se stessi, con le loro insegne ed il
territorio che difendevano, agli Arborichi e ai Germani; trasmettendo ogni tradizione ai loro
posteri, conservando i costumi patrii, che sono tuttora rispettati, poiché ancora si distinguono a
seconda delle legioni nelle quali militavano anticamente, e vanno in battaglia preceduti dalle
proprie insegne, osservando costantemente le leggi patrie; mantengono la foggia romana anche nei
calzari e in ogni parte …» [in: Giuseppe Cascarino – Carlo Sansilvestri “L’esercito Romano:
armamento e organizzazione – vol. III – Il cerchio , Rimini 2009].
Una testimonianza ci viene da un monaco di nome Eugippio, sulla base degli scritti da lui
lasciati in onore del suo superiore , un santo di nome Severino.
Severino morì nel gennaio del 482 ed Eugippio ne scrisse l’agiografia tra il 509 e il 511
(Vita Severini) raccogliendone le storie dallo stesso Severino narrate o da chi gli fu vicino. In
sostanza, da questa opera se ne ricava l’idea che alcuni contingenti di truppe romane di tipo
frontaliero sopravvissero ancora alla fine del V secolo e agli inizi del VI secolo nel Norico
(corrispondente all’attuale Austria centrale, parte della Baviera, della Slovenia e dell’arco alpino
italiano orientale).
In alcuni dei passi, la “Vita di San Severino”, tratta dei soldati romani stanziati in quell’area
provinciale tra il 455-460.
Difatti « … ai tempi in cui ancora esisteva l’impero romano, i soldati di molte città erano
mantenuti dall’erario pubblico per la guardia che facevano lungo il muro [la frontiera del
Danubio]. Quando questa situazione cessò di esistere le formazioni militari si dissolsero e il muro
fu lasciato andare in rovina. Ma la guarnigione di Batavis [Passau] resisteva ancora. Alcuni
soldati andarono dunque in Italia a sollecitare per i loro compagni l’ultimo pagamento, ma lungo il
cammino i barbari li attaccarono senza che nessuno lo venisse a sapere. Un giorno, mentre si
trovava nella sua cella a leggere, all’improvviso Severino chiuse il libro e cominciò a sospirare
tristemente e a spargere lacrime. E a quelli che erano presenti disse di andare subito sul fiume
[l’Inn] che, come egli disse, a quell’ora doveva essere rosso di sangue umane. In quel preciso
momento arrivò la notizia che i corpi di detti soldati erano stati gettati a riva dalla corrente. »
[Eugippio - Vita Severini, in : Peter Heather – La Caduta Dell’impero Romano: una nuova storia –
Garzanti 2010]
(continua…)
Doppio impegno per ROMARS nella suggestiva cornice del Castrum del GSR in Via Appia Antica 18.
Nell’ambito dell’evento SPQR, i banchi didattici di ROMARS hanno riscosso un meritato e lusinghiero successo a conferma degli sforzi profusi in questi ultimi tempi sia nella Legio II Britannica sia nella Cohors X Vrbana, entrambe rappresentate nella manifestazione.
La didattica ha riguardato ovviamente il tardo impero, punto di forza dell’associazione che ne fa autentica esponente nel panorama romano ed italiano. In questo settore, sono stati illustrati in chiave dinamico-comparativa i cambiamenti avvenuti nell’esercito romano in termini di equipaggiamenti, armi e tattiche. Altro elemento che ha catturato l’interesse di dei visitatori è stata l’esposizione degli strumenti di tortura e repressione quali il flagellum, lo scorpio, l’eculeus, e, soprattutto, la riproduzione del braccio crocifisso.
Immancabili i “classici” della dimostrazione di accensione del fuoco e delle segnalazioni luminose a codice.
Altro aspetto che ha riscosso interesse e plauso è stata la cartografia militare romana, ossia la riproduzione (secondo modo conforme) di quelle che potevano essere mappe e carte, tra cui una riguardante la Britannia tardo imperiale, in base alla tavola Peutingeriana.
(Ken Randall – ripr. Ris.)
28 ottobre 312: LA BATTAGLIA DI PONTE MILVIO
Il magistrale lavoro del modellinista Guido Giusti (Montecatini) per ricordare l’epica battaglia. L’artista, oltre
a dedicarci (nel retro dello scudo è riportato il suo nome) un soldato (quello con lo scudo della II britannica), ci ha
ricordati così “… Altro doveroso ringraziamento va all’amico Paolo Belocchi, per i suoi preziosi consigli e note
storiche che ha gentilmente,messo a mia disposizione, fondamentali per l’accuratezza storica del progetto.”
Altra citazione è stata per la Cohors X Vrbana (schieratasi con Massenzio) di cui è stato riprodotto il nostro vessillo
SCHERMA CON LA DAGA (2a parte) Si dibatte spesso – in sede di rievocazione storica ed archeologia sperimentale – sull’effettivo uso
di queste armi corte e del pugio in particolare. I ritrovamenti di rudis raffiguranti pugi o daghe
potrebbero dimostrare l’uso all’addestramento (e quindi in battaglia) di queste armi bianche corte e
quindi non un solo impiego meramente decorativo o di prestigio. Anche se i soldati romani possono aver utilizzato il pugio (o una daga) per scopi non militari, ciò
non deve significa che il suo impiego principale, fosse quello di un’arma da guerra” ( cfr.I.P. Sthephenson
-Roman Infantry Equipment, The Late Empire). Difatti, «L’uso di un pugnale nel contesto di una battaglia
comporta una tipologia di combattimento che è quella del “corpo a corpo”, dove i due combattenti sono
impegnati in uno scontro a distanza ravvicinata, come descrive Vergilius Maro Grammaticus (vedi
Epitomae, cap. 4) » [Marco Saliola Fabrizio Casprini + Pugio Gladius brevis est – storia e tecnologia del pugnale
da guerra romano – ArborSapientiae - Roma 2012] Gli autori Antichi ci danno un’idea di come poteva svolgersi un combattimento con questa arma
bianca. In particolare, Tacito (De Vita et Moribus Iulii Agricolae, XXXVI e XXXVII, I), in merito agli scontri
tra le popolazioni della Britannia e i legionari romani, dice che “… al primo scontro si combatté da
lontano, mentre i Britanni con calma e insieme con perizia, deviavano le nostre armi da getto con le loro
lunghe spade o le evitavano con i loro piccoli scudi di cuoio. Essi, poi, coprivano i nostri con una pioggia
di dardi, finché Agricola ordina a quattro coorti di Batavi e a due di Tungri di iniziare la battaglia a
corpo a corpo con le spade, poiché essi, per la lunga pratica delle armi, erano esperti di tal modo di
combattere, mentre i nemici, che avevano piccoli scudi ed enormi spade, non erano in condizione di
sostenere tale assalto. Le spade dei Britanni erano, infatti, senza punta e non permettevano di
incrociare le armi e di combattere in uno spazio ristretto” (continua)
NUMERI DISPONIBILI 5) LE COORTI URBANE 7) BURGH CASTLE 8) IL PERIODO ROMULEO 9) L’ARCO RACCONTA … LA CAMPAGNA D’ITALIA DI COSTANTINO 10) ZENOBIA, REGINA DI PALMIRA 11) 284-395, IL PRIMO TARDO IMPERO 12) IL PRETORIANO DI CRISTO 13) MAGNVS MAXIMVS 14) IL GIORNO DELL’ALLIA 15) I MISTERIOSI ARCANI 16) LA VIA DEL TRIONFO 17) L’ASSEDIO DI MASADA 18) DE REDITV SVO 19) I DUE VOLTI DELL’IMPERO ROMANO 20) L’ETRUSCO UCCIDE ANCORA 21) TERRA DESOLATA
22) SEGNALI DI FUOCO 23) CORNELIO IL CENTURIONE 24) LA BATTAGLIA DELL’ALLELUJA 25)395-476, IL SECONDO TARDO IMPERO 26) LE CARCERI DELL’ORRORE 27) TARRACINAE, OBSEDIT! 28)MEDIO IMPERO ROMANO 29)INDAGINE SU UN SOLDATO ROMANO DEL TERZO SECOLO 30)SOTTO PONZIO PILATO 31)UTUS 32) RIVOLTA NELL’URBE 33) TORTURA! 34)IL TRAMONTO DEGLI DEI 35)ULTIMI GIORNI AD OCCIDENTE 36)ESERCITI DI ROMA NEL QUINTO SECOLO
CONTATTI:
3332765818---3883683997
ROMARS legiosecunda britannica
legioiibritannica.altervista.org/ [email protected]