4
Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero Sé Alice Miller commento di Francesco Roat "Diversamente dall'animale che, di regola, è autonomo poco tempo dopo la nascita, il cucciolo dell'uomo necessita a lungo, molto a lungo, di aiuto. [...] Ogni bambino dipende dagli altri per il soddisfacimento dei propri bisogni perché non può provvedere a se stesso. Può piangere e gridare, è vero, chiedere aiuto, ma poi occorre vedere se coloro che gli stanno attorno danno retta alle sue invocazioni. [...] L'unica possibilità che al neonato rimane di aiutare se stesso quando non si ascolta la sua invocazione consiste nella rimozione del dolore che, a sua volta, comporta una mutilazione del suo animo, poiché la rimozione provoca un turbamento delle facoltà di sentire, percepire, ricordare. Se queste innate facoltà non hanno modo di svilupparsi, arriverà il giorno in cui l'individuo - per esempio - non saprà più cosa significa essere senza protezione, e non sarà nella condizione di poter dare a suo figlio la protezione di cui questi avrà, a sua volta, urgente bisogno. Genitori che non abbiano mai avuto amore, che nel venire al mondo non abbiano trovato altro ad accoglierli che freddezza, insensibilità, indifferenza e cecità, e che siano vissuti in quest'atmosfera nel corso dell'infanzia e della giovinezza non possono donare amore: e come potrebbero, del resto, visto che non sanno che cosa è e che cosa può significare l'amore? Eppure i loro figli sopravviveranno. E a loro volta, esattamente come i loro genitori, non ricorderanno affatto i traumi ai quali sono stati esposti in passato, perché sia questi traumi, sia i relativi bisogni sono stati da loro rimossi, vale a dire completamente banditi dal livello di coscienza. Se un essere umano nasce in un mondo freddo e indifferente, lo considera come l'unico mondo possibile. Tutto quello che in seguito crederà, sosterrà, riterrà giusto, sarà basato su queste prime esperienze formative. Oggi si può anche dimostrare che questo prezzo è non solo troppo alto per il singolo individuo, ma implica anche un gravissimo pericolo per la collettività." Con queste ed altre parole, semplici e comprensibili, la nostra autrice introduce "L'infanzia rimossa" (titolo originale "Das verbannte Wissen"), uscito in Svizzera e in Germania alla fine degli anni ottanta e tradotto da noi qualche anno più tardi. Ma di chi stiamo parlando? Di Alice Miller, una psicologa che vive e lavora a Zurigo. Oggi dovrebbe essere un'energica signora non più tanto giovane. Non la conosciamo ancora di persona ma apprezziamo molto i suoi libri, il suo lavoro, il suo stile asciutto. Condividiamo le sue battaglie contro gli abusi all'infanzia, la pedagogia nera, i limiti e il conservatorismo della psicoanalisi freudiana più ortodossa, per superare la paura e l'incapacità degli adulti di mettersi dalla parte dei bambini e dei più giovani. Le sue tesi ci hanno convinto così tanto da divenire un punto di riferimento per molti di noi che hanno praticato e praticano tuttora lavoro di base con bambini, adolescenti e giovani in quartieri operai alla periferia di Milano. Alice Miller ci ha offerto spunti di riflessione, strumenti di analisi e vario materiale esemplificativo a sostegno di una delle nostre convinzioni: che esiste, insieme ad altre oppressioni, un'oppressione generazionale. Un'oppressione che viene esercitata sui bambini, sugli adolescenti e si esplicita in generale nel dominio degli adulti

Il dramma del bambino dotato

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Recensione del libro "Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero Sé" di Alice Miller; commento di Francesco Roat

Citation preview

Page 1: Il dramma del bambino dotato

Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero Sé

Alice Miller

commento di Francesco Roat "Diversamente dall'animale che, di regola, è autonomo poco tempo dopo la nascita, il cucciolo dell'uomo necessita a lungo, molto a lungo, di aiuto. [...] Ogni bambino dipende dagli altri per il soddisfacimento dei propri bisogni perché non può provvedere a se stesso. Può piangere e gridare, è vero, chiedere aiuto, ma poi occorre vedere se coloro che gli stanno attorno danno retta alle sue invocazioni. [...] L'unica possibilità che al neonato rimane di aiutare se stesso quando non si ascolta la sua invocazione consiste nella rimozione del dolore che, a sua volta, comporta una mutilazione del suo animo, poiché la rimozione provoca un turbamento delle facoltà di sentire, percepire, ricordare. Se queste innate facoltà non hanno modo di svilupparsi, arriverà il giorno in cui l'individuo - per esempio - non saprà più cosa significa essere senza protezione, e non sarà nella condizione di poter dare a suo figlio la protezione di cui questi avrà, a sua volta, urgente bisogno. Genitori che non abbiano mai avuto amore, che nel venire al mondo non abbiano trovato altro ad accoglierli che freddezza, insensibilità, indifferenza e cecità, e che siano vissuti in quest'atmosfera nel corso dell'infanzia e della giovinezza non possono donare amore: e come potrebbero, del resto, visto che non sanno che cosa è e che cosa può significare l'amore? Eppure i loro figli sopravviveranno. E a loro volta, esattamente come i loro genitori, non ricorderanno affatto i traumi ai quali sono stati esposti in passato, perché sia questi traumi, sia i relativi bisogni sono stati da loro rimossi, vale a dire completamente banditi dal livello di coscienza. Se un essere umano nasce in un mondo freddo e indifferente, lo considera come l'unico mondo possibile. Tutto quello che in seguito crederà, sosterrà, riterrà giusto, sarà basato su queste prime esperienze formative. Oggi si può anche dimostrare che questo prezzo è non solo troppo alto per il singolo individuo, ma implica anche un gravissimo pericolo per la collettività." Con queste ed altre parole, semplici e comprensibili, la nostra autrice introduce "L'infanzia rimossa" (titolo originale "Das verbannte Wissen"), uscito in Svizzera e in Germania alla fine degli anni ottanta e tradotto da noi qualche anno più tardi. Ma di chi stiamo parlando? Di Alice Miller, una psicologa che vive e lavora a Zurigo. Oggi dovrebbe essere un'energica signora non più tanto giovane. Non la conosciamo ancora di persona ma apprezziamo molto i suoi libri, il suo lavoro, il suo stile asciutto. Condividiamo le sue battaglie contro gli abusi all'infanzia, la pedagogia nera, i limiti e il conservatorismo della psicoanalisi freudiana più ortodossa, per superare la paura e l'incapacità degli adulti di mettersi dalla parte dei bambini e dei più giovani. Le sue tesi ci hanno convinto così tanto da divenire un punto di riferimento per molti di noi che hanno praticato e praticano tuttora lavoro di base con bambini, adolescenti e giovani in quartieri operai alla periferia di Milano. Alice Miller ci ha offerto spunti di riflessione, strumenti di analisi e vario materiale esemplificativo a sostegno di una delle nostre convinzioni: che esiste, insieme ad altre oppressioni, un'oppressione generazionale. Un'oppressione che viene esercitata sui bambini, sugli adolescenti e si esplicita in generale nel dominio degli adulti

Page 2: Il dramma del bambino dotato

sui giovani, attraverso una serie di mezzi, comportamenti ed istituzioni. Un'oppressione distinta da quella di classe, ad esempio, o da quella etnica, o da quella esercitata degli uomini sulle donne, ma che ad esse si somma, con conseguenze disastrose. Su cosa ci fa riflettere dunque, questa studiosa dell'infanzia? Ha scritto molti saggi sulla realtà infantile, sulle conseguenze di una educazione violenta, repressiva o anaffettiva sulla formazione della personalità. Sulle possibilità e i limiti della psicoterapia. Per chi avesse curiosità ed interesse di approfondire e verificare per proprio conto, ricordiamo, tra gli altri: "Il bambino inascoltato: realtà infantile e dogma psicoanalitico", "Il dramma del bambino dotato", "La persecuzione del bambino: le radici della violenza", "La fiducia tradita", "L'infanzia rimossa", "La chiave accantonata". Una delle tesi di fondo di questi saggi è la seguente. Ogni bambino normalmente dotato, e quindi pronto e sensibile, ha la capacità di captare le aspettative e i bisogni inconsci dei genitori e di adattarvisi. Più sono pressanti e inconsapevoli tali richieste degli adulti e più il bambino, per la vitale necessità di sentirsi amato e accettato, tenderà a questo adattamento, mettendo a tacere i suoi sentimenti più spontanei (la rabbia, la gelosia, l'indignazione, l'invidia, la paura) che risultano inaccettabili ai grandi. In questo consiste "il dramma": così facendo, il bambino non riesce a integrare nella sua personalità la parte più vitale del suo vero Sé. Nascono da qui insicurezza affettiva e una sorta di impoverimento psichico, che poi sfociano nella depressione o si celano dietro una facciata di grandiosità, o sono destinati a produrre comportamenti violenti e oppressivi ai danni di altri soggetti più deboli. Durante i primi anni di vita dunque, il bambino subisce i traumi più forti e dolorosi. Ma, dal momento che l'unica sua risorsa contro il dolore è la rimozione immediata, il piccolo dimentica subito la ferita fisica e psicologica che gli viene inferta da chi dovrebbe invece provvedere ai suoi bisogni. Nessun bambino può infatti sopportare e neanche concepire l'idea di non essere al centro dell'amore disinteressato dei propri genitori. Ecco l'importanza e l'estrema pericolosità del meccanismo di rimozione, sulle cui conseguenze l'autrice torna molto spesso, ne " Il dramma", ne "L'infanzia rimossa" e in altri saggi. La conservazione di questa rimozione, che è stata necessaria al bambino per garantirgli la sopravvivenza, spiega la Miller, ha nell'adulto conseguenze devastanti. Molti "[...] ritengono che bisogna rassegnarsi perché non conoscono alternative. Non sanno che è senz'altro possibile dissolvere la rimozione dell'infanzia e imparare a sopportare la verità nel corso di un processo graduale [...] Ciò che vale per il singolo, vale anche per l'evoluzione della coscienza collettiva". via ilfarodelavita.com È un bravo bambino, per questo sarà infelice. A leggere il bel libro di Alice Miller (psicoterapeuta, nonché psicoanalista alquanto eterodossa), fin dalle prime pagine appare evidente come il dramma del bambino dotato non sia problema di appartenenza esclusiva ai bambini dotati, bensì

Page 3: Il dramma del bambino dotato

interessi un po’ tutti quanti gli ex fanciulli troppo desiderosi di soddisfare le aspettative genitoriali; ma tant’è: il titolo è suggestivo, sia nella puntuale traduzione italiana che nell’originale tedesco: Das Drama des begabten Kindes (Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero Sé). Veniamo però alla tesi del saggio. Secondo la ricerca della Miller, va innanzitutto ribaltato il luogo comune per cui i figli considerati l’orgoglio dei loro genitori avrebbero, da adulti, una salda consapevolezza del loro valore e una chance in più per realizzarsi. Al contrario, secondo l’autrice, spesso da grandi essi rivelano una scarsa autostima, soffrono di sensi di colpa o depressione e vengono colti con frequenza dal timore di aver tradito l’immagine ideale che di se stessi si erano costruiti o, meglio, mamma e papà avevano finito col fabbricare per quei loro figli così ubbidienti e in gamba. Riassunto in parole povere: gli ex bravi ragazzi non necessariamente diverranno uomini (o donne) felici e realizzati. Anzi. Prima di illustrare la sua tesi, la Miller pone all’attenzione del lettore alcune premesse, secondo le quali in primis bisogno essenziale di ogni bambino è il venir considerato (amato) per quello che realmente è e per ciò che egli emotivamente prova o esprime in ogni fase del suo sviluppo infantile. Solo se sia presente un siffatto clima di accettazione/comprensione, infatti, sarebbe possibile un “sano sviluppo”, atto a favorire successivamente la separazione dalla figura materna e l’autonomia. Ma se i padri e le madri di tali bambini sono un tempo cresciuti in uno “stato di carenza affettiva” e senza la comprensione partecipe dei loro genitori; se sono rimasti essi stessi degli insicuri, non permetteranno una crescita armonica ai propri figli che perpetueranno fatalmente il loro disagio. Stanti tali premesse, ne consegue che il cosiddetto “bravo bambino” altri non si rivela che un piccolo essere il quale, per paura di perdere l’amore di mamma e papà, evita di manifestare sentimenti (soprattutto negativi: quali rabbia, invidia o paura) che vede non tollerati dalla coppia genitoriale e finisce per adattarsi invece con docilità a quei modelli di comportamento e condotta che i due membri più presenti e autorevoli della famiglia finiscono più o meno consciamente per imporre al bimbo. Ma ciò fa sì vengano compressi e soffocati i tratti maggiormente autentici della personalità, con tutto il corollario di insicurezza, impoverimento ed alienazione psichica che ne deriva. Per non parlare dei casi, cui si tratta nel saggio, nei quali il falso Sé – come lo chiama la Miller – si maschera dietro a una fragile grandiosità e supponenza maniacale: schermo inautentico che presto o tardi tende ad incrinarsi, facendo magari scivolare il soggetto nei gorghi di un micidiale stato depressivo. La domanda da porci, allora, credo sia una sola: può giovare la psicoterapia in casi siffatti? L’autrice, ovviamente, ne è convinta, insistendo sull’opportunità di rielaborare il lutto del disamore patito durante l’infanzia dai bambini dotati o troppo buoni che dir si voglia. Unita alla necessità di far comprendere loro come l’ammirazione, il plauso e l’accettazione dei grandi non era davvero rivolta ai piccoli adulti ma giusto all’ubbidienza o alle prestazioni brillanti loro. “A questo punto” scrive ottimista la Miller “succede che il vero Sé, dopo decenni di silenzio, può risvegliarsi alla vita con una rinnovata capacità di sentire”; sostenendo altresì come per tali persone, solo la capacità di rivivere i sentimenti infantili rimossi ? con tutta l’impotenza ad essi collegata ? consente di rinforzare sicurezza, autonomia ed autostima.

Page 4: Il dramma del bambino dotato

Si magnifica insomma qui il ruolo dello psicoterapeuta (psicoanalista o meno) cui vengono richiesti in primo luogo disponibilità all’ascolto, capacità empatica e assoluto rispetto per il vissuto emozionale – quale che sia ? del paziente. Ma, dice bene la Miller, attenti alle illusioni, perché il significato profondo della psicoterapia non sta nel “correggere il destino del paziente” o, peggio ancora, nel prospettargli esaustive soluzioni/razionalizzazioni sanatrici, “bensì nel consentirgli l’incontro col proprio destino”. E ciò non mi sembra davvero cosa di poco conto. Citazione dal testo: Non possiamo cambiare neppure una virgola del nostro passato, né cancellare i danni che ci furono inflitti nell'infanzia. Possiamo però cambiare noi stessi,"riparare i guasti", riacquisire la nostra integrità perduta. Possiamo far questo nel momento in cui decidiamo di osservare più da vicino le conoscenze che riguardano gli eventi passati e che sono memorizzate nel nostro corpo, per accostarle alla nostra coscienza. Si tratta indubbiamente di una strada impervia, ma è l'unica che ci dia la possi bilità di abbandonare infine la prigione invisibile - e tuttavia così crudele - dell'infanzia e di trasformarci, da vittime inconsapevoli del passato, in individui responsabili che conoscono la propria storia e hanno imparato a convivere con essa. Indice del volume: 1. Il dramma del bambino dotato e come siamo diventati psicoterapeuti 2. Tutto fuorché la verità 3. Il povero bambino ricco 4. Il mondo perduto dei sentimenti 5. Alla ricerca del vero Sé 6. La situazione dello psicoterapeuta 7. Il cervello d'oro 8. Depressione e grandiosità due forme della negazione 9. Destini dei bisogni infantili 10. L'illusione dell'amore 11. Fasi depressive durante la terapia 12. La prigione interiore 13. Un aspetto sociale della depressione 14. La leggenda di Narciso 15. Il circolo vizioso del disprezzo 16. La mortificazione del bambino, il disprezzo della debolezza e le loro conseguenze. Esempi tratti dalla vita quotidiana 17. Il disprezzo alla luce della terapia 18. Postfazione 19. Ringraziamenti http://conosci-te-stesso.blogspot.com/2008/03/il-dramma-del-bambino-dotato-e-la.html