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A11 · Il costruttivismo in didattica delle scienze 2.1. L’epistemologia, 25 – 2.2. La psicologia dell’educazione, 26 – 2.3. Le indica- ... ciclopedia dei saperi scientifici,

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Carlo Fiorentini

Rinnovare l’insegnamento delle scienze

Aspetti storici, epistemologici, psicologici, pedagogici e didattici

Aracne editrice

[email protected]

Copyright © MMXVIIIGioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale

[email protected]

via Vittorio Veneto, Canterano (RM)

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I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: luglio

Indice

Parte I

Capitolo ILa crisi dell’insegnamento scientifico

.. Il problema epistemologico nel rinnovamento dell’educazione scientifica, – .. I metodi della scienza, – .. Le discontinuità del curricolo, – .. Qualeformazione iniziale degli insegnanti, – .. Presentazione del libro, .

Capitolo IIIl costruttivismo in didattica delle scienze

.. L’epistemologia, – .. La psicologia dell’educazione, – .. Le indica-zioni metodologico–didattiche, – .. Riflessioni conclusive, .

Capitolo IIIIl ruolo del paradigma vygotskiano nella individuazione di un modelloeducativo centrato sulla discussione

.. Il ruolo della mediazione semiotica, – .. Un modello per tutti gli ambitidisciplinari, – .. Il ruolo dell’insegnante, – .. L’approssimazione aiconcetti scientifici, – .. Problemi irrisolti, .

Parte II

Capitolo IConsiderazioni epistemologiche

.. Il contributo scientifico e filosofico di Einstein, – .. Che cos’è la scien-za?, – .. Nella scienza normale l’insegnamento è dogmatico, – .. Comesi sviluppa la conoscenza scientifica?, – .. Le teorie sono incommensura-bili?, – .. Il relativismo e il problema della verità, – .. L’irrazionalismoe l’idea di progresso, – .. Propaganda e retorica, – .. Gli ultimi scrittidi Kuhn sull’incommensurabilità, – .. La matematizzazione della natu-ra, – .. Tradizioni matematiche e tradizioni sperimentali, – .. Ilriduzionismo, – .. Il problema delle due culture, .

Indice

Parte III

Capitolo IIl contributo di Piaget

.. La teoria degli stadi, – .. Gli aspetti fondamentali della teoria piagetia-na, – .. Il concetto di schema, – .. La conoscenza di sé e degli oggetti, – .. Dall’intelligenza senso–motoria al pensiero concettuale, – .. Azione edoperazione, – .. La rappresentazione del mondo nel fanciullo, – .. Lagenesi delle strutture logiche elementari, – .. Lo sviluppo delle quantitàfisiche nel bambino, – .. Lo stadio delle operazioni formali, .

Capitolo IIAlcune riflessioni sul contributo di Vygotskij

.. Linguaggio egocentrico e linguaggio interno, – .. Lo sviluppo dellefunzioni psichiche superiori, – .. Lo sviluppo del significato delle parole, – .. L’indagine sperimentale sullo sviluppo dei concetti, – .. Concettispontanei e concetti scientifici, – .. Un esempio dell’utilizzo del costruttovygotskiano, – .. Zona di sviluppo prossimale: quale relazione tra apprendi-mento e sviluppo, – .. Fondamenti di difettologia. Sviluppo sociale e percorsiindiretti, – .. L’illusione del passaggio spontaneo dalle forme naturali alleforme culturali, – .. Il deficit e i processi di compensazione, – .. Ibambini sordomuti, – .. I bambini ciechi, – .. I bambini con ritardomentale, – .. La teoria vygotskiana principale punto di riferimento dellapsicologia dell’educazione, .

Capitolo IIIConsiderazioni psicologiche e pegagogiche

.. I limiti della pedagogia di ispirazione piagetiana, – .. Il fallimento diuna proposta pedagogica ispirata a Piaget, – .. Piaget uno dei principalipunti di riferimento in ambito pedagogico–didattico, – .. L’insostituibileruolo pedagogico–didattico della concezione vygotskiana, – .. La psico-logia culturale bruneriana e il debito nei confronti di Vygotskij, – .. Ilcambiamento di paradigma sul ruolo della cultura determina in Bruner unaconcezione profondamente innovativa del ruolo dell’educazione, – .. Lacomplementarità tra Piaget e Vygotskij, – .. Riflessioni sul contributodi Ausubel, – .. Gli schemi e la percezione, – .. Lo sviluppo dellecompetenze percettive, – .. La teoria degli schemi, – .. Conoscenzaschematica e concetti operativi, .

Indice

Parte IV

Capitolo ILa nostra proposta sull’insegnamento scientifico

.. Sistematicità della scienza e significato dei concetti, – .. L’insegnamentoscientifico nella scuola di base, – .. Il ruolo degli esperimenti, – .. Lafondamentale importanza della scelta dei contenuti, – .. La discussionecollettiva e il fare ipotesi, – .. Il contributo di Arons: le definizioni opera-tive, – .. Competenze osservativo–logico–linguistiche e formazione delcittadino, .

Capitolo IIIl curricolo scientifico nella scuola di base

.. Il modello metodologico delle fasi, – .. Le competenze di cittadinan-za, – .. Una proposta di curricolo di educazione scientifica nella scuola delprimo ciclo, – .. Percorsi curricolari di scienze, – .. Le soluzioni: unesempio di percorso e di una terza modalità di svolgimento della discussionecollettiva, – .. Riconoscimento di tre polveri: sale, zucchero, polvere dimarmo, – .. Le soluzioni, – ... Proposta A, – ... Proposta B, .

Capitolo IIIL’insegnamento scientifico nella scuola dell’infanzia

.. Un equivoco di fondo: obiettivi educativi e didattici, – .. In principioera l’esperienza, – .. Da soli o in gruppo, – .. Dall’individuale alcollettivo: quando, come, cosa?, – .. Una parola sull’errore, .

Capitolo IVL’insegnamento scientifico nella scuola secondaria di secondo grado

.. Capacità scientifiche e cultura scientifica, – .. Il mito dell’insegna-mento scientifico contenutisticamente aggiornato, – .. Le competenzescientifiche ed i manuali, – .. Di meno è di più, – .. Mondo ma-croscopico e mondo microscopico, – .. Il che cosa insegnare? Il casodella chimica, come esempio emblematico, – .. Il modello alternativodi insegnamento della chimica, – .. La centralità della narrazione anchenell’insegnamento scientifico, – .. L’esempio della legge di Proust, – .. L’insegnamento della biologia e il riduzionismo, – .. Ed infine:alcune considerazioni sull’insegnamento della fisica, .

Capitolo VIl rinnovamento del curricolo della chimica

.. I cinque ambiti principali delle conoscenze chimiche, – .. Fenomeno-logia chimica e educazione scientifica nella scuola di base, – .. Il concettofenomenologico di acido, – .. La nascita del concetto di gas, – .. Le

Indice

leggi macroscopiche della chimica, – .. I concetti fondamentali dellachimica, – .. Il concetto di composto, – .. La chimica degli ato-mi, delle molecole e delle formule, – .. Qual è stata la grande novitàdell’atomismo daltoniano?, – .. Il significato degli strumenti scientifi-ci nell’apprendimento, – .. Il ruolo del laboratorio e degli esperimentinell’insegnamento / apprendimento della chimica, – .. Metodologiequantitative e qualitative, .

Parte V

Capitolo ILa valutazione delle competenze scientifiche

.. Le competenze scientifiche e le indagini OCSE PISA, – .. Le LineeGuida per la certificazione delle competenze nel primo ciclo di istruzione, – .. Verso la valutazione delle competenze, – .. Qualche esempio diverifica, – .. Il quaderno di lavoro e l’osservazione sistematica del processodi apprendimento, .

Capitolo IIAutonomia scolastica e curricolo

.. Il curricolo, i progetti e le educazioni, – .. Il curricolo scientifico el’educazione ambientale, – .. Le nuove indicazioni del primo ciclo, –.. Le nuove Indicazioni nazionali per il secondo ciclo, – .. L’istituziona-lizzazione nelle scuole di laboratori di ricerca e sperimentazione. I laboratoridel sapere scientifico promossi dalla Regione Toscana, – .. Neutralità dellascienza o moralità della scienza?, .

Bibliografia

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Capitolo I

La crisi dell’insegnamento scientifico

È diffusa da alcuni decenni tra gli esperti di didattica delle scienze la consa-pevolezza della crisi drammatica dell’insegnamento scientifico nella scuolapreuniversitaria. Sono state conseguentemente avanzate proposte innova-tive, che non hanno, tuttavia, incrinato il paradigma dominante. Questo èsolidamente resistente al cambiamento perché è solidale con la formazioneculturale di generazioni di insegnanti, caratterizzata dall’identificazione deisaperi accademici specialistici con i saperi che devono essere trasmessi nelcorso della scolarità preuniversitaria.

Negli ultimi decenni, con la trasformazione della scuola in tutti i paesiindustrializzati in scuola di massa, l’impianto tradizionale è entrato in crisiper una molteplicità di problemi, tutt’altro che riducibili a questioni dirinnovamento di tecniche didattiche. La crisi dell’insegnamento scientifico— e probabilmente dell’insegnamento della maggior parte delle discipline— o detto, in altre parole, il problema dell’individuazione di un curricoloadeguato a una situazione economica, sociale e culturale radicalmentediversa da quella di alcuni decenni fa, impone la necessità di ricercaresoluzioni nuove su un terreno molto più complesso di quello su cui sierano collocate molte proposte innovative del passato (Fiorentini , pp.–).

È entrata in crisi l’idea che sia possibile trasmettere in modo efficace l’en-ciclopedia dei saperi scientifici, linearizzati dalla secolare pratica scolasticadi adeguamento dei pacchetti di verità scientifiche, purificate dalle scoriedella complessità della reale ricerca scientifica, che meritavano di esseretrasmesse alle nuove generazioni. Ormai da molto tempo viene prospettatala necessità di un approccio totalmente diverso, basato sull’assunto chesia necessario « scegliere e concentrarsi », insegnare « alcune cose bene ea fondo, non molte cose male e superficialmente », e che sia quindi indi-spensabile individuare « nuclei fondanti » (Maragliano , p. ). Questaè tuttavia un’operazione particolarmente impegnativa perché postula lanecessità di destrutturare i saperi tramandati dalla tradizione manualisticae di iniziare a costruire nuove architetture di conoscenze scientifiche chepossano entrare in consonanza con le strutture cognitive e motivazionalidegli studenti. Queste nuove ipotesi di curricolo dovranno indubbiamente

Rinnovare l’insegnamento delle scienze

essere caratterizzate da determinate metodologie didattiche, diversamentearticolate in relazione sia all’età dei discenti che alla specificità dei saperidisciplinari. Ma tutto ciò, per non ricadere nell’illusione didatticistica delleinnovazioni passate, dovrà saldarsi, da una parte, a un profondo ripensamen-to epistemologico del sapere scientifico scolastico, tuttora ancorato ad unavisione cumulativa e dogmatica della scienza, alla luce dei contributi dellafilosofia e della storia della scienza del Novecento, e dall’altra, alla necessitàdi prospettare un modello psicopedagogico per l’insegnamento scientificoconsapevole di ciò che rimane ancora oggi significativo, di là delle modee delle infatuazioni momentanee, dei contributi più alti della pedagogia edella psicologia dell’educazione degli ultimi cento anni.

La consapevolezza della crisi dell’insegnamento scientifico è diventatagenerale di fronte al calo drammatico delle iscrizioni ai corsi di laurea acarattere scientifico. Il Gruppo di lavoro per lo sviluppo della cultura scientificae tecnologica, presieduto da Luigi Berlinguer, che è stato costituito nell’agostodel per iniziativa di quattro ministri, ha individuato come una delle causeprincipali il fatto che « in Italia la scienza è oggetto di apprendimento scolasticoprevalentemente cartaceo, normativo, deduttivistico. Non è adeguatamenteapplicato il metodo scientifico sperimentale » (Gruppo di lavoro , p. ).Carlo Bernardini aveva affermato a questo proposito, durante i lavori dellaCommissione dei Saggi, nel : « L’insegnamento delle scienze della natura,così come è ancora oggi, non mostra alcuna parentela stretta con formegenerali del pensiero razionale. [. . . ] I veri programmi li fanno gli editori,che si basano su un modello di insegnante molto conservatore in vista delleadozioni e dei conseguenti profitti (basterebbe citare il caso dei manualidi e più pagine/anno, concepiti con l’idea che così gli insegnanti litrovano completi avendo un margine di scelta personale per le pagine cheeffettivamente impiegheranno) » (Bernardini , pp. , ).

Durante i lavori del gruppo di scienze della commissione De Mauro,nel gennaio , discutendo animatamente, avanzammo, nella prima fase,proposte e riflessioni divergenti su quasi tutto, tranne che su due o tre aspet-ti; uno di questi, su cui l’accordo fu unanime, fu la valutazione sullo statodell’insegnamento scientifico usuale: « Si constata, tuttavia, sia nella popola-zione adulta che tra i giovani, un sempre più diffuso analfabetismo scientifico,rinforzato da una profonda demotivazione all’approfondimento e alla parte-cipazione. Non si tratta solo di preoccupanti carenze logico–linguistiche, maanche di un’evidente incapacità di orientamento culturale di base in ambitoscientifico, che spesso degrada in atteggiamenti superficiali ed ingenui ».

. Si tratta di un documento, che non è stato alla fine pubblicato, redatto dal gruppo di scienzecostituito da circa venti esperti, in rappresentanza di tutte le associazioni di didattica delle scienze edi alcune associazioni professionali.

. La crisi dell’insegnamento scientifico

Considerazioni analoghe erano state fatte, negli anni precedenti, da moltiesperti che, sulla base di ricerche sulle conoscenze scientifiche, avevanoevidenziato che molti studenti di diciannove–venti anni, dopo molti an-ni di insegnamento scientifico, continuavano a utilizzare soltanto le loroconoscenze di senso comune. Queste ricerche, effettuate sia da pedago-gisti e psicologi, sia da esperti di didattica delle scienze, costituiscono unapietra miliare per la rifondazione pedagogica dell’insegnamento scientifi-co. Diversamente dalla maggioranza delle ricerche piagetiane esse eranorivolte in generale a soggetti di maggiore età, a studenti della scuola se-condaria di primo e secondo grado, dell’università ed anche ad adulti. Irisultati mostrano l’insignificanza delle metodologie didattiche più diffu-se dell’insegnamento scientifico e confermano nelle linee generali, purpartendo molte volte da presupposti pedagogici diversi, le critiche che latradizione deweyana–piagetiana aveva rivolto all’insegnamento tradizionale.Le ricerche hanno, infatti, mostrato che molti studenti alla fine della scuolasecondaria, nonostante molti anni d’insegnamento scientifico formalizzato,continuano a condividere concezioni derivate dal senso comune e alternativealle conoscenze accreditate e continuano ad adottare strategie cognitive ditipo prescientifico; si comportano e pensano, cioè, come se non avesseroricevuto alcun insegnamento scientifico. Le spiegazioni che, generalmente,vengono fornite dei risultati di queste ricerche sono le seguenti: quandole conoscenze formali sono presentate in modo prematuro, come gene-ralmente avviene, esse non sono in grado di interagire con le conoscenzespontanee degli studenti e non sono quindi capaci di modificarle né di contri-buire all’evoluzione delle loro strutture cognitive. Conoscenze scientifiche econoscenze spontanee si strutturano così in due mondi totalmente separati:mentre le prime finiscono per essere necessarie soltanto durante le ore discienze per andare bene a scuola, le seconde continuano invece a essere gliunici strumenti utilizzati per interpretare la realtà.

Mentre condividiamo totalmente quest’analisi, siamo più cauti quando sipassa a prospettare le soluzioni pedagogiche. Si afferma in generale, infatti,che occorre contemporaneamente tener conto maggiormente delle conce-zioni spontanee degli studenti e attuare un avvicinamento più graduale alleconoscenze formali. E fin qui nulla da eccepire, concordiamo completamen-te; i problemi, tuttavia, sorgono quando si passa all’attuazione di queste dueindicazioni. Ci sembra, infatti, che in molti casi vi sia una sopravalutazionedella prima indicazione. Cerchiamo di spiegarci meglio: l’impressione è

. I risultati delle ricerche effettuate in Italia sono in consonanza con quelle effettuate nelcontesto internazionale. Fra le pubblicazioni italiane sono particolarmente preziose le seguenti due:N. G T, G. S, Conoscenze scientifiche: le rappresentazioni mentali degli studenti, LaNuova Italia, Firenze ; G. C, La formazione dei concetti scientifici, La Nuova Italia, Firenze.

Rinnovare l’insegnamento delle scienze

che molti esperti di didattica, nonostante condividano il principio di unapproccio più graduale alle conoscenze formalizzate e siano quindi dispostia rimandare l’apprendimento dei concetti più duri della scienza, continui-no, tuttavia, a pensare che molti altri concetti specialistici siano accessibiligià nella scuola primaria e sicuramente nella scuola secondaria di primogrado, a condizione che essi siano insegnati non in modo trasmissivo, acondizione di farli interagire con le concezioni spontanee degli studenti,con le loro ipotesi. Sono emblematiche di questa proposta pedagogica leseguenti considerazioni della Driver:

L’insegnamento deve collegarsi a ciò che è familiare ai bambini non solo riguardoall’ambito degli eventi e delle esperienze ma anche riguardo a quello delle loro idee.Se li si incoraggia ad esplicitare maggiormente le loro teorie, queste possono essereindagate e verificate in classe senza ostacoli. In effetti le idee personali dei bambinipossono fornire la materia grezza necessaria per esemplificare la natura pluralisticadella teoria scientifica, e funzionare come punto di partenza per gli alunni nellaprogettazione di prove cruciali allo scopo di cogliere in che cosa si diversificanointerpretazioni differenti (Driver , p. ).

Con questa proposta non concordiamo; pensiamo, infatti, che i concettidella struttura specialistica delle discipline possano essere affrontati nel-la scuola secondaria superiore, perché, altrimenti si finisce, al di là delleintenzioni, nel ricadere in un insegnamento formalistico. Ci rendiamo per-fettamente conto della discutibilità di queste nostre considerazioni: sullabase delle argomentazioni che svilupperemo in questo lavoro e rifacendociindubbiamente all’analisi piagetiana del pensiero del fanciullo, riteniamoche nella scuola di base l’approccio debba essere soltanto operativo. Per lostudente della scuola secondaria di primo grado la situazione è più proble-matica, ma pensiamo che la fascia di età compresa tra undici e quattordicianni sia tutt’altro che quella delle operazioni formali. D’altra parte, comesottolineeremo, questo è proprio uno degli aspetti più criticati della teoriapiagetiana, ed è uno degli aspetti che Piaget stesso ha rivisto negli ultimianni. Vi è poi in Italia, rispetto agli USA ed all’Inghilterra una specificitàtutt’altro che irrilevante: l’insegnamento scientifico ha una presenza nelcurricolo della scuola di base molto minore; le ore a disposizione sonoal massimo due ore alla settimana, due ore per affrontare problematicheconnesse ad ambiti fenomenologici molto diversi, quali quelli della chimica,della fisica, della biologia, della geologia, ecc. Non capiamo questa bramadi specialismo precoce tenendo conto che lo spazio orario a disposizioneè ben poca cosa rispetto alla grande quantità di conoscenze operative efenomenologiche scientifiche adeguate alla scuola di base.

. La crisi dell’insegnamento scientifico

.. Il problema epistemologico nel rinnovamento dell’educazione scien-tifica

La maggior parte degli esperti che hanno avanzato negli ultimi decenni nuoveproposte per l’insegnamento scientifico ha quasi sempre fatto riferimento allarivoluzione epistemologica della seconda metà del Novecento, nella consapevo-lezza che essa ha generato una nuova visione della scienza, radicalmente diversada quella usualmente presente nell’insegnamento scientifico. Generalmente,tuttavia, il nodo epistemologico non è stato da loro considerato centrale nelripensamento culturale e pedagogico–didattico dell’insegnamento scientifico,ad eccezione di alcuni, quali Rosalind Driver, alle cui riflessioni dedicheremoil prossimo capitolo. La nostra visione è invece opposta: riteniamo che sianecessaria una rivoluzione copernicana nell’insegnamento scientifico, perchéesso è ancora spesso ancorato ad una visione della scienza di stampo ottocen-tesco, di tipo cumulativo e dogmatico, che costituisce, a nostro parere, la causafondamentale della sua inefficacia formativa.

Le rivoluzioni scientifiche dei primi decenni del Novecento (relatività emeccanica quantistica) e la successiva rivoluzione epistemologica (Bache-lard, Popper, Kuhn, ecc.) hanno fornito una nuova concezione della scienzache ha messo totalmente da parte la nozione di verità assoluta per porre alcentro la dimensione dell’ipotesi, non solo in riferimento al contesto dellascoperta ma anche a quello della giustificazione. Nella nuova visione dellascienza, anche le teorie più solide devono essere considerate ipotesi: scienzaè continua rimessa in discussione anche delle conoscenze più consolidate,è atteggiamento critico, è critica della tradizione. La scienza rappresenta,d’altra parte, il tentativo di spiegare il noto per mezzo dell’ignoto, di spiegareil comune mondo dell’esperienza quotidiana per mezzo di congetture chesono quasi sempre molto al di là o addirittura in contraddizione con le cono-scenze di senso comune. Lo sviluppo della scienza è quindi costantementecaratterizzato da elementi di discontinuità (Popper ).

Le considerazioni precedenti delineano gli aspetti più significativi dellascienza rivoluzionaria, ma vi è anche una scienza normale che ha caratteri-stiche ben diverse e per molti aspetti opposte (Kuhn ). L’immagine dellascienza che si ricava dal dibattito epistemologico successivo alla pubblicazio-ne del libro di Kuhn La struttura delle rivoluzioni scientifiche è indubbiamentepiù articolata e complessa di quella delineata da Popper. Tuttavia, il dualismoscienza normale–scienza rivoluzionaria, e più in generale questo dibattito,non hanno minimamente indebolito la caratteristica della discontinuità.Anzi, gli epistemologi che hanno preso le distanze dalla visione di Popper,ritenendola idilliaca, hanno vieppiù accentuato l’aspetto della discontinuitàtra le varie teorie, fino ad arrivare a sostenere l’incommensurabilità tra idiversi paradigmi (Feyerabend ).

Rinnovare l’insegnamento delle scienze

Negli ultimi decenni, come abbiamo già detto, molte ricerche hannoevidenziato l’inefficacia dell’insegnamento scientifico e ne hanno individua-to la causa principale nella lontananza tra le conoscenze scientifiche chevengono insegnate e le concezioni spontanee e le strutture cognitive deglistudenti. Conseguentemente sono state effettuate analisi epistemologichemolto interessanti di alcuni concetti, o sono state prospettate significativeproposte didattiche in riferimento a specifiche problematiche, ma riteniamoche generalmente delle precedenti considerazioni epistemologiche non siastato evidenziato il ruolo pedagogico–didattico fondante per un rinnovamentosignificativo dell’insegnamento scientifico.

Noi pensiamo che uno degli obiettivi principali dell’insegnamento scien-tifico, di carattere trasversale alle specifiche discipline scientifiche, sia quellodi costruire un’immagine la più adeguata possibile della scienza. E un aspet-to importante di questa immagine aggiornata è indubbiamente costituitodal superamento della concezione lineare e dogmatica della conoscenzascientifica. Se ciò, tuttavia, costituisse soltanto una pur importante esigenzaculturale, ma estrinseca alle dinamiche psicologiche dell’apprendimento,probabilmente essa continuerebbe a rimanere una buona intenzione pedago-gica, d’altra parte inutilmente proclamata da moltissimo tempo. Riteniamo,invece, che la causa fondamentale dell’inefficacia dell’insegnamento scientifi-co tradizionale risieda proprio nella sua impostazione epistemologica, sostan-zialmente ancora tardo ottocentesca, contraddistinta da molteplici aspettitra loro solidali, quali il dogmatismo, l’enciclopedismo, il riduzionismo, ilformalismo e il continuismo.

La deriva scientista è approdata a degli esiti paradossali sul piano peda-gogico–didattico, in quanto ha contribuito a sviluppare in molti studentiun’immagine della scienza opposta a quella che ha ispirato i grandi scienziatidegli ultimi quattro secoli, ad identificare nella scienza una nuova scolasti-ca o una moderna magia: infatti molte conoscenze scientifiche sono cosìastruse, esoteriche, nei loro tecnicismi, da risultare incomprensibili ai più eperspicue soltanto a pochi eletti.

.. I metodi della scienza

Fanno parte del senso comune alcuni slogan sul metodo della scienza, spes-so etichettato come metodo galileiano o metodo sperimentale. E nonostanteche la riflessione epistemologica abbia da molto tempo evidenziato unamaggiore complessità del problema, non risulta molto più sofisticato il sen-so comune generalmente presente nella formazione universitaria e nellamanualistica scientifica. Spesso la descrizione che viene fornita del metodoscientifico è sostanzialmente quella del procedimento induttivo anche in

. La crisi dell’insegnamento scientifico

quei casi in cui si fa ricorso, avendo evidentemente captato per lo menoqualche termine dal dibattito epistemologico, all’etichetta di procedimentoipotetico–deduttivo, come metodo caratteristico della scienza sperimentale.Ci troviamo di fronte ad un nodo di fondo, perché le metodologie di tipo in-duttivo sono cosa radicalmente diversa dai procedimenti ipotetico–deduttivi.C’è anche chi confonde il metodo ipotetico–deduttivo con il procedimen-to deduttivo. Il senso comune misconosce tutto ciò, miscela brandelli dinozioni eterogenee ed in modo magico ripropone l’ormai mitico metodoscientifico; ma soprattutto, e a maggior ragione, neanche immagina le con-seguenze pedagogico–didattiche di queste distinzioni. La diversità non stanel fatto che il metodo ipotetico–deduttivo sia la riproposizione di un mododi fare scienza pregalileiano, ma consiste nel ritenere che molti concettiscientifici non siano stati ricavati principalmente con procedimenti osserva-tivo–sperimentali, ma con attività di tipo creativo. Il procedimento induttivopresuppone, invece, che una mente sgombra da pregiudizi individui uncerto problema, inizi a fare osservazioni e arrivi quindi alle ipotesi, per poitrovare gli esperimenti adatti per verificarle o confutarle. Lo sviluppo dellascienza sarebbe quindi avvenuto in modo cumulativo e lineare attraversoattività di osservazione sistematica della natura.

Ovviamente i grandi scienziati che in modo creativo hanno propostonuove ipotesi, e quindi nuovi concetti e teorie in un determinato campodisciplinare, conoscevano a fondo quel problema sia sul piano teorico cheosservativo–sperimentale; tuttavia, le nuove conoscenze scientifiche signi-ficative sono emerse per mezzo di processi inventivi che andavano moltoal di là dell’esperienza, del quotidiano, del percettivo, delle conoscenzeconsolidate, dove il quotidiano per lo scienziato è rappresentato non tantodalle conoscenze di senso comune, quanto dai paradigmi dominanti. Nuoveteorie emergono dalla capacità di alcuni scienziati di andare oltre i paradigmiaccettati e di creare ipotesi che le teorie consolidate non fanno neppure im-maginare, e che le osservazioni, di per sé, non fanno percepire. Quasi tutti iconcetti fondamentali delle diverse discipline scientifiche hanno rappresen-tato una rottura, una discontinuità rispetto alle concezioni accreditate nellediverse comunità scientifiche in un determinato periodo storico. In molticasi, la discontinuità è stata di tale portata da impedire la comunicazionetra gli innovatori e gli scienziati più anziani. La storia della scienza fornisceinfatti innumerevoli esempi di affermazione delle nuove teorie solo dopo lamorte dei sostenitori dei paradigmi precedenti. È stato introdotto il concettodi riorientamento gestaltico per indicare il fatto che i nuovi concetti spessonon si siano limitati ad ampliare la conoscenza, ma abbiano determinato unmodo radicalmente diverso di percepire la realtà (Kuhn ).

Discutere del metodo scientifico non è quindi una disquisizione accade-mica, ornamentale, da collocare, come fanno tutti i manuali nel primo

Rinnovare l’insegnamento delle scienze

capitolo, e ininfluente rispetto alla trattazione successiva delle varie pro-blematiche. Comprendere la centralità, nello sviluppo della scienza, delmetodo ipotetico–deduttivo, pur senza arrivare alle posizioni popperianedi antinduttivismo radicale, significa prendere consapevolezza della cen-tralità nella scienza della discontinuità e delle connesse implicazioni peda-gogico–didattiche. Qui sta il bandolo della matassa: capire effettivamente leconsiderazioni precedenti, e cioè il nesso inscindibile tra procedimentoipotetico–deduttivo e discontinuità, permette di fornire una spiegazionegenerale ai risultati delle ricerche, già menzionate, sulle concezioni deglistudenti. Dalle ricerche emerge che la maggioranza degli studenti alla finedella scuola secondaria superiore ha conoscenze inadeguate nei vari ambitidisciplinari ed un atteggiamento prescientifico; entrambi (conoscenze eatteggiamento) fanno sostanzialmente riferimento al senso comune. Vistele premesse, occorrerebbe stupirsi non tanto di questi risultati, ma se essifossero invece sostanzialmente diversi (Borsese, Fiorentini, Roletto, ,pp. –).

La mancanza di comprensione si riferisce anche ai concetti più elemen-tari della struttura delle varie discipline scientifiche e non solo a quelli piùformalizzati. Ora è sufficiente pensare a quale riorientamento gestalticoabbiano dato origine, per esempio, le teorie di Galileo, Newton, Lavoisier eDarwin, per rendersi conto come i concetti basilari dell’organizzazione specia-listica delle discipline scientifiche siano tutt’altro che elementari sul pianoepistemologico e psicologico. Ad esempio, l’attrazione gravitazionale diNewton per quasi un secolo venne percepita da molti scienziati continen-tali come la riproposizione del pensiero magico (Rossi ), e la teoriadell’evoluzione non è da molti accettata neppure oggi.

Mentre nella concezione tradizionale della scienza, dogmatica e lineare,ogni nuovo concetto appare come un ovvio ampliamento di quelli preceden-ti, nella nuova concezione, ogni nuovo concetto significativo è il prodottodel superamento di un ostacolo epistemologico (Bachelard, ). Per la vecchiaconcezione, ogni concetto è di per sé evidente grazie alla sua collocazionenell’ordine deduttivo della disciplina, nel nuovo approccio, ogni concettopuò essere compreso nella misura in cui si colgono le connessioni e lediscontinuità con le problematiche che ne hanno permesso l’invenzione(Bruner ). Mentre la prima concezione contempla una struttura delleconoscenze scientifiche di tipo logico–deduttivo, grammaticale, la secondaipotizza una organizzazione delle conoscenze di carattere problematico,contestuale e semantico, grazie all’utilizzo della storia e dell’epistemologia.

Dovrebbe esser nata da tempo la domanda del perché l’insegnamentoscientifico più diffuso continui ad essere quello tradizionale, ispirato ad unavisione della scienza superata, nonostante i risultati catastrofici sul pianoformativo. Le motivazioni sono sia di carattere generale, culturale e po-

. La crisi dell’insegnamento scientifico

litico, che di carattere specifico. Le motivazioni generali, che riguardanonon soltanto l’insegnamento scientifico, ma tutte le discipline scolastiche,consistono nella sfasatura storica che si è verificata in Italia negli ultimicinquanta anni tra la realizzazione della scuola di massa e la comprensionedelle condizioni di carattere culturale, pedagogico, curricolare e conseguen-temente istituzionale che avrebbero potuto effettivamente garantirne laqualità formativa. La scuola italiana è diventata da molti decenni di massa,ma l’insegnamento scientifico è ancora oggi improntato ad un modello discuola selettiva ed elitaria, nel quale l’obiettivo fondamentale non è quello diutilizzare alcune conoscenze significative delle scienze per contribuire allaformazione di tutti i cittadini, ma è quello di individuare i pochi eletti chesaranno in grado di comprendere sofisticati formalismi e potranno quindicontinuare la ricerca nei vari ambiti specialistici.

I limiti ed i punti di forza dell’insegnamento scientifico tradizionale eranostati evidenziati più volte nel passato. È sufficiente ricordare le considera-zioni di Kuhn quando afferma che, da una parte « si tratta di un’educazionerigida e limitata, forse più rigida e limitata di ogni altro tipo di educazio-ne, fatta eccezione della teologia ortodossa », e dall’altra, « che prepara lostudente a diventare membro della particolare comunità scientifica. [. . . ]Per la ricerca all’interno delle scienza normale, per risolvere rompicapoall’interno della tradizione definita dai manuali lo scienziato viene preparatoquasi alla perfezione » (Kuhn , p. ). In Italia, i dati nuovi, di granderilevanza rispetto al , che è casualmente l’anno sia della riforma dellascuola media che della pubblicazione del libro di Kuhn La struttura dellerivoluzioni scientifiche, sono la radicale modifica con la scuola di massa delcontesto scolastico e la constatazione dell’inefficacia formativa del modellotradizionale dell’insegnamento scientifico.

.. Le discontinuità del curricolo

Le considerazioni precedenti sul metodo ipotetico–deduttivo e sulla discon-tinuità hanno delle implicazioni divergenti sull’impostazione dell’insegna-mento scientifico nella prima fase della scolarità (fino a – anni) e nellaseconda fase (fino a – anni). Per quest’ultima, che coincide con la scuolasecondaria di secondo grado, le conseguenze culturali e metodologiche so-no immediatamente ricavabili dalle considerazioni precedenti. È necessariomettere da parte l’impostazione specialistica, nozionistica e enciclopedicausuale ed iniziare a porre come variabile fondamentale il contesto entrocui è inserita una qualsiasi disciplina scientifica. Mentre oggi ci troviamodi fronte all’insegnamento della stessa struttura concettuale, in realtà dellastessa enciclopedia di nozioni, in alcuni indirizzi nel biennio ed in altri nel

Rinnovare l’insegnamento delle scienze

triennio, in determinati casi in un solo anno scolastico con due o tre oresettimanali, ed in altri per più anni, in futuro, occorrerà, invece, ribaltaretale logica, partendo primariamente dal contesto, nella consapevolezza dellanecessità di tempi lunghi per potere comprendere qualsiasi problematicaimportante, per non limitarsi più soltanto alla memorizzazione di nozioniscientifiche senza significato per lo studente.

L’insegnamento dovrebbe essere caratterizzato da un’impostazione ditipo problematico e contestuale, che permetterebbe di affrontare molte delleconoscenze generalmente presenti anche nell’impostazione tradizionale,seppur in una prospettiva completamente diversa, quella che cercheremodi delineare nei capitoli dedicati alla scuola secondaria di secondo grado.L’obiettivo fondamentale dovrebbe essere quello di realizzare la compren-sione dei concetti elementari della struttura specialistica delle varie disci-pline. Aspetti più specialistici potrebbero essere affrontati soltanto in corsipluriennali nel triennio. Per esempio, nel caso della chimica, nel bienniooccorrerebbe trattare le teorie ed i concetti della chimica classica, quali ilconcetto di elemento, composto, di trasformazione chimica, le leggi classi-che, ecc., e rimandare al triennio le teorie del Novecento, quali quelle dellegame chimico.

Per la prima fase della scolarità, le implicazioni curricolari delle prece-denti considerazioni epistemologiche sono invece quelle di non includerenel curricolo neppure i concetti elementari della struttura specialistica del-le discipline scientifiche (da rimandare al biennio come si è già detto) inquanto la loro comprensione presuppone, da una parte, lo sviluppo nellostudente di determinate competenze operative, logiche e linguistiche, edall’altra, contemporaneamente, l’acquisizione di specifiche conoscenze ecompetenze di tipo fenomenologico.

Pensiamo che sia indispensabile un curricolo longitudinale all’internodi una prospettiva di continuità educativa, ritenendo superato ormai damolto tempo il curricolo tradizionale, e non solo per le scienze sperimentali,caratterizzato dalla discontinuità fasulla attualmente esistente tra i tre gradiscolastici. E immaginiamo la continuità educativa connessa al curricoloverticale, non tanto come una melassa indistinta, ma come la progettazionedi una proposta educativa maggiormente in consonanza con le discontinuitàreali che si realizzano durante la crescita del soggetto. Nello specifico delcurricolo longitudinale delle scienze sperimentali, noi pensiamo che sianonecessarie alcune discontinuità, e che indubbiamente quella più rilevantesi dovrebbe realizzare nel passaggio tra scuola secondaria di primo gradoe scuola secondaria di secondo grado. I motivi che ci portano ad indivi-duare questa età sono innanzitutto di tipo teorico (psicologici, pedagogicied epistemologici), ma vi è anche un aspetto più pragmatico, legato allatradizione culturale e scolastica italiana, lo spazio limitato che le scienze

. La crisi dell’insegnamento scientifico

sperimentali continuano ad avere nella scuola del primo ciclo, nonostante leriforme significative che hanno caratterizzato questi gradi scolastici.

.. Quale formazione iniziale degli insegnanti

Abbiamo iniziato questo capitolo indicando nella formazione iniziale, sol-tanto di tipo disciplinare, degli insegnanti di scuola secondaria di primo esecondo grado, uno degli ostacoli principali al cambiamento. Rappresentainvece un’antica consapevolezza la necessità per l’insegnamento, oltre alleconoscenze disciplinari specifiche, di conoscenze di psicologia dell’appren-dimento, di pedagogia e più in generale di scienze dell’educazione. TristanoCodignola, padre della riforma della scuola media, per parte sua aveva vistocon chiarezza come nessuna riforma di struttura potesse funzionare sen-za una corrispondente trasformazione delle competenze professionali diquanti avrebbero dovuto realizzarla. Già durante gli anni sessanta avanzavaproposte di riforma dell’Università tendenti a formare anche professio-nalmente all’origine i futuri insegnanti, per evitare il probabile rischio diriscontrare a distanza di qualche decennio il fallimento della riforma dellascuola media.

Se l’insegnante non dà a sufficienza, è l’organizzazione della nostra scuola la re-sponsabile di questo stato di fatto, sia perché tende a mortificare la capacità creativasia perché non li forma, non li sceglie, non li prepara, non li aggiorna se non sullabase di quella cosiddetta spontaneità che ricorda molto da vicino la spontaneitàdella economia liberale, una spontaneità che germina sulla costrizione del censo,del caso, della fortuna. [. . . ] È a livello universitario che i giovani indirizzati allascuola devono essere assunti in carica dallo Stato, indirizzati al completamentodella cultura, ma anche attrezzati ad applicare la cultura alla professione, perchéinsegnare non è solo trasmettere, ma soprattutto liberare; ed esistono metodologie,conoscenze psico–pedagogiche, strumenti didattici da applicare. Si dia a questigiovani una certezza economica, si offra loro una sicura prospettiva già nel momen-to in cui iniziano la carriera di insegnante, li si sottragga all’avvilente pratica deiconcorsi, si immettano nell’insegnamento coloro che siano risultati validi in istitutipost–universitari destinati appositamente alla creazione di personale insegnantee li si considerino già a pubbliche spese nel momento della loro preparazioneprofessionale (Codignola , p. ).

Tuttavia, la proposta della formazione professionale degli insegnanti hadovuto attendere più di trenta anni, nonostante che essa sia stata fatta oggettofin dagli anni sessanta di studi e di sperimentazione pedagogiche in diverseuniversità. Soltanto nel è stata approvata una legge che istituiva la laureaper i maestri ed un corso biennale di specializzazione post–laurea per gliinsegnanti di scuola secondaria; essa è rimasta per molti anni inapplicatafino al decollo nell’anno accademico / dei primi corsi di laurea per

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insegnanti di scuola primaria e dell’infanzia, e nel dei corsi delleSSIS (scuole di specializzazione dell’insegnamento secondario) che, tuttavia,dopo alcuni anni sono stati interrotti. Successivamente sono state formulatenuove ipotesi, e finalmente nella legge del luglio è stata inserita unadelega sulla formazione degli insegnanti della scuola secondaria dove sonoformulate delle proposte molto interessanti (Luzzatto ), che è diventatalegge con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, a metà maggio del :prevede, dopo un concorso pubblico nazionale, indetto su base regionaleo interregionale, un successivo percorso triennale di formazione iniziale,tirocinio e inserimento nella funzione docente, ed infine la procedura diaccesso ai ruoli a tempo indeterminato.

Negli ultimi decenni si è d’altra parte maggiormente compreso che ac-canto alle conoscenze psicopedagogiche sono indispensabili le conoscenzedi carattere epistemologico e didattico disciplinare.

Chi ha esperienza di ricerca in didattica disciplinare sa che i riferimenti propri delladidattica generale presentano gravi limiti, e risultano in larga misura inattendibilidi fronte alla specificità dei singoli problemi che si devono affrontare nell’insegna-mento. Di fronte a compiti conoscitivi e didattici specifici, occorre rivedere moltidei modelli e delle teorie della pedagogia, e della psicologia della conoscenza edell’apprendimento, generali. Si incontrano problemi e aspetti ignorati dalla ricercapsicologica e pedagogica generale, che così finisce per risultare lacunosa e generica(Cavallini , p. ).

D’altra parte, gli interventi degli esperti del settore delle scienze dell’educazione,scissi da quelli degli esperti della didattica disciplinare, finiscono col rappresentareoccasioni in cui si esprimono intenzioni su cui si è tutti d’accordo, ma che noncambiano, di fatto, il comportamento del docente in classe (Borsese , p. ).

Nella scuola preuniversitaria, a nostro parere, non ci sono fasi, come lascuola dell’infanzia e primaria, dove sarebbero più importanti la pedagogiae la psicologia, ed altre fasi, come la scuola secondaria di primo e secondogrado, dove dovrebbero essere fondamentali soltanto i contenuti disciplinari.Gli uni e le altre sono essenziali sempre, per potere formulare delle ipotesirazionalmente fondate su “che cosa, come e con quali relazioni insegnare”nelle varie fasi del processo educativo. D’altra parte a chi rilevasse critica-mente una certa astrattezza nel proporre certe discipline psicopedagogiche,va osservato che soltanto esse possono fornire indicazioni sulle finalità esugli obiettivi fondamentali del processo educativo, sui caratteri cognitivi,affettivi, motivazionali della personalità nella varie fasi evolutive, sugli aspet-ti generali delle varie metodologie didattiche. Esse non sono però in grado,da sole, di tradurre in proposte didattiche operative questo essenziale patri-monio di conoscenze. Sono le altre competenze, quelle epistemologiche equelle relative alle didattiche disciplinari, che, realizzando una mediazionetra le scienze dell’educazione e le singole discipline, possono permettere

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di enucleare ipotesi di un curricolo longitudinale adeguato alla formazioneculturale, morale, sociale della personalità degli alunni. Spesso, la traduzio-ne didattica immediata di teorie pedagogiche o psicologiche ha prodottorisultati tutt’altro che innovativi, perché la mancanza di mediazioni episte-mologiche e didattiche specifiche ha portato ad assumere, generalmente inmodo implicito, le discipline, nella loro tradizionale organizzazione scolasti-ca, come la certezza, come qualcosa di immodificabile che andava accettatoo rifiutato in toto. Se ripercorressimo la storia della pedagogia e della didatti-ca negli ultimi cinquant’anni ritroveremmo innumerevoli esempi ricorrentidell’uno o dell’altro atteggiamento.

.. Presentazione del libro

Ci proponiamo con questo libro di approfondire i vari aspetti che abbia-mo indicato in questa introduzione, di dedicare, quindi, i primi capitoliagli aspetti epistemologici, psicologici e pedagogici e i successivi capitolialla delineazione della nostra proposta. I prossimi due capitoli completanola prima parte del libro, quella introduttiva, ponendo all’attenzione duecontributi importanti degli ultimi decenni che si situano, il primo, nell’am-bito della didattica delle scienze ed il secondo, nell’ambito della riflessionepsico–pedagogica–didattica. La seconda parte del libro è dedicata ad un ap-profondimento epistemologico. Nella terza parte saranno affrontati alcuniaspetti importanti delle concezioni di Piaget, di Vygotskij e di altri psicologie pedagogisti. Nella quarta parte verrà presentata la nostra proposta perl’insegnamento scientifico per i vari livelli della scuola preuniversitaria, perla scuola dell’infanzia e primaria, e per la scuola secondaria di primo esecondo grado. Nella quinta parte saranno, infine, affrontati la problematicadella valutazione delle competenze scientifiche e alcuni aspetti strutturalidel sistema scolastico italiano.