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Giuseppe D'011orio IL COMPLESSO MONUMENTALE DI SANT'ERASMO INVEROLI Estro tto dd Volttml' "Studi in Men1oria di Carlo Valeri" A cura cli Biancarnaria Vl1leri Ferl'utino 1998

IL COMPLESSO MONUMENTALE DI SANT'ERASMO INVEROLI · 2021. 2. 10. · GIUSEPPE D'ONORIO IL COMPLESSO MONUMENTALE DI SANT'ERASMO IN VEROLI L'origine benedettina La b_asilica di S. Erasmo

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Giuseppe D'011orio

IL COMPLESSO MONUMENTALE DI SANT'ERASMO

INVEROLI

Estro tto dd Volttml' "Studi in Men1oria di Carlo Valeri"

A cura cli Biancarnaria Vl1leri Ferl'utino 1998

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GIUSEPPE D'ONORIO

IL COMPLESSO MONUMENTALE DI SANT'ERASMO IN VEROLI

L'origine benedettina

La b_asilica di S. Erasmo è una delle chiese più vetuste della città di Veroli. La tradizione vuole che sia stato S. Benedetto a fondare la basilica ed il monaste­

ro durante il viaggio di trasferimento da Subiaco a Montecassino, dopo aver distrutto il tempio dedicato ad Apollo 1 e aver dedicato la chiesa al martire Erasmo di cui era molto devoto2

Il fondamento di tale tradizione si rinviene negli Acta S. Placidi riportati da J. Mabillon3 •

Tutto ciò che gli storici locali scrivono· sulla sosta di S. Benedetto a Veroli trova conferma nella tradizione cassinense, la quale riferisce che probabilmente il percorso che il santo fece per recarsi da Subiaco a Cassino fu il seguente: Altipiani di Arcinazzo, Trevi nel Lazio, Torre Gaetani, Guarcino, Alatri, Veroli4

Questi sono i luoghi che ancora oggi conservano monumenti che perpetuano da secoli il ricordo e il culto di S. Benedetto. La tappa più certa, sembra quella fatta. dal Santo nella badia di S. Sebastiano, posta in territorio di Alatri, al confine di Veroli, dove fu ospite del monaco Servando5

, Da.Veroli, il Santo discese poi nella pianura attraversata dalla via Latina (Casilina attuale), su cui percorse gli ultimi chilometri, prima di arrivare a Cassino.

Il Martirologio

Una sicura prova della presenza dei benedettini in S. Erasmo la offre il codice membranaceo del Martirologio, conservato nell'Archivio della chiesa6 e studiato, già nel XVIII sec., dallo storico Vittorio Giovardi7

, il quale lo ritenne peculiare di questa chiesa. Nel manoscritto S. Benedetto viene chiamato con l'appellativo di Padre e fon­datore dell'edificio sacro, secondo la consuetudine monast~a, Nel giorno XV geruia­io, infatti, commemorazione di S. Mauro, si legge: "Ipso die Sa~cii Maun· discipuli Sancti Bmedicti Patris nostris fundatori.s i.stius Ecdesiae, cujus disciplinis ab infanticl regulan'ter educatu.s,

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208 Git.mppr D 'Onorio

quantum in eis proficerit inter nonnulla quae apud eum positus gessit, etiam super aquas pedester incedens patefecit u.

Nel codice vi sono indicati i giorni di dedicazioni delle chiese benedettine limi­trofe, come quella di San Domenico di Sora e di San Cesario, eremo quest'ultimo anch'esso benedettino, divenuto, nella metà del secolo XI, dipendente dal monastero di S. Erasmo8

• Si tratta, dunque, di un martirologio prettamente benedettino9 .

Il monastero

Un'altra testimonianza della presenza dei benedettini in S. Erasmo è data dalla struttura edilizia del monastero, una parte della quale è rimasta finora integra, addos­sata sul lato sinistro della chiesa. Le sue dimensioni considerevoli permisero di ospita­re dal 1170 al 1173 Alessandro III e la numerosa corte pontificia.

_ "Dell'impianto originario restano solo i muri perimetrali, in particolare quello che dà su via Garibaldi. Esso è formato da un severo paramento murario in pietre ben squadrate, in cui si aprono tre porte con architravi triangolari su mensole ed un arco a tutto sesto, notevolmente rialzato dal piano stradale. Questo lascia supporre che verso il Tre-quattrocento in quel punto si doveva addossare alla costruzione un grosso profferlo o una scala, di cui non rimane più traccia"10

In alto su questo muro si aprono delle feritoie e delle finestre corrispondenti alla sala del vecchio dormitorio del monastero, che non era diviso in celle. Tra le finestre, di non grandi dimensioni, c'è tanto spazio per un letto ed un sedile; tutto è conforme alla Regola di S. Benedetto, nella quale si legge: "Si potestfieri, omnes in uno loco dormian~ sin autem multitudo non sinit, deni aut vicen~ cum senioribus qui super eos solliciti sint., pausent. Candela iugiter in eadem cella ardeat usque mane" 11

Inglobata nella struttura vi erano un cortile, un chiostro, un orto e la residenza dell'abate, ora destinata ad abitazione del parroco.

Dal monastero si accedeva in chiesa tramite una porta, oggi murata ma ben visibile sul lato destro nell'interno del portico. Adiacente ad essa vi è una piccola stanza che certamente era açlibita ad uso di portineria, sempre secondo quanto stabili-to dalla Regola benedettina 12

Conferma tale tesi è anche lo storico verolano Veccia il quale scrive: "S. Benedet­to nell'anno 529 fondò in Veroli la chiesa di Sant'Erasmo ed i gloriosi santi Placido e Mauro con i denari trasmessi dai loro padri da Roma, perfezionarono il Monasterio, il quale in buona parte persevera al presente, e massime il dormitorio del quale i canonici di detta chiesa si servono per granaro ... lungo tempo la chiesa e Monastero di S. Erasmo fu abbitato da monaci cassinensi, perciocché partendosi da Jubiaco, qui giungevano la sera, ed il medesimo commodo era ai monaci, che partivano da Cassino" 13

.

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li wmplmo monummtalt di Sant'Erusmo in Vero/i 209

I canonici

La presenza dei monaci benedettini in S. Erasmo si protrasse per diversi secoli, dopo di che subentrarono i canonici regolari. Non si conosce esattamente la data di tale avvenimento, ma è probabile che questo cambiamento si sia verificato nei secoli X e XI, quando la vita comunitaria del clero appare ben organizzata in luoghi comuni: la chiesa, il capitolo, il refettorio, il dormitorio 14 • È questo il periodo in cui si diffusero i monasteria canonicorum, i cui membri si dettero una regola di vita basata su due elementi principali: separazione dal mondo e autonomia. Nella diocesi verolana già alla fine del 1110 esistevano alcuni monasteri di tal genere a Ceprano, Monte S. Gio­vanni Campano, Ripi, Arnara, Castro dei Volsci 15 •

Vittorio Giovardi, nella sua Histon·a Verulana, sostiene che già nell'anno 1156 la chiesa era stata trasformata in collegiata. A dimostrazione di ciò trascrive un atto di permuta di beni sottoscritto dall'abate di San Erasmo e dai monaci di Casamari 16

,

facendo notare che i nomi Fratum e Congregationi erano pertinenti a coloro che condu­cevano vita comune sotto lo stesso istituto canonico.

Sergio Mottironi, studiando le pergamene cli Sant'Erasmo, anticipa di circa un secolo il passaggio, ritenendo che molto probabilmente l'abbadia si trasformò in collegiata con Gerardo I, tra la fine del X e il principio del secolo XI. In una carta del 10 gennaio 1039 Gerardo è chiamato "venerabilis abas" 17

, mentre in un documento del 26 ottobre 1059 lo stesso Gerardo viene chiamato con il nome di "arcicanonicus" 18 .

È molto probabile che sia questo il periodo in cui l'abbazia si trasformò in collegiata, poiché nel 1035 alcuni sacerdoti e laici di Veroli, volendo entrare a far parte dell'ordine benedettino, si recarono nel monastero di S. Domenico di Sara, da dove, dopo la loro professione ripartirono per fondare il monastero dei santi Giovanni e Paolo in Casamari. Probabilmente ciò non sarebbe accaduto se il monastero benedet­tipo di Sant'Erasmo non fosse stato già trasformato in collegiata.

Verso l'inizio del secolo XIII, nella collegiata di S. Erasmo si sostenne che l'ele­zione dei nuovi investiti appartenesse più all'abate ed ai canonici che al vescovo. Nac­que anche una questione sul diritto di suffragio che i canonici avevano nell'elezione del vescovo diocesano. Fu lo stesso pontefice Gregorio IX ad intervenire, eleggendo Egidio, cardinale diacono dei santi Cosma e Damiano;· uditore tra la cattedrale e la collegiata di Sant'Erasmo. Il cardinale, con diploma inviato all'abate e al capitolo di Sant'Erasmo, confermò che l'elezione dell'abate, come era allora in uso, dovesse essere fatta dai canonici e l'intervento del vescovo era limitato a quei casi in cui fosse avve­nuta al di fuori del tempo stabilito o fosse stato eletto qualcuno indegno per tale incarico; che i benefici rimanessero presso i ca,nonici e l'abate della collegiata; che la chiesa fosse immune da qualsiasi soggezione alla cattedrale, tuttavia i canonici erano tenuti a pagare una decima al vescovo. Nulla innovò circa il diritto del suffragio e stabilì a 13 il numero dei canonici della collegiata 19 • ~ ,

Negli anni successivi, però, il numero dei canò'n-Icr ·.in sant'Erasmo aumentò oltre il numero stabilito dalle bolle pontificie tanto da intaccare in maniera consisten-

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210 Giustppe D'Onorio

te il patrimonio della chiesa. Si ridussero, così, a 10 i capitolari con la condizione che gli eletti fossero sacerdoJ:i..o almeno chierici da ordinarsi entro l'anno della nomina. Così prescriveva il pap~ Mà1tino V con la lettera apostolica indirizzata a Bartolomeo abate di Casamari, dando' a quest'ultimo il mandato dell'autorità apostolica di soppri­mere tre prebende20 . Poco tempo dopo si venne meno alle disposizioni racchiuse nella bolla di Martino V e si promossero canonici coloro che non avevano preso gli ordini sacri. Eugenio IV emanò un altro diploma che riconfermò Je disposizioni del suo predecessore21 • •

Oltre a questi fatti, che si protrassero anche negli anni successivi, va ricordato che i canonici della collegiata dì S. Erasmo, ottennero diversi privilegi: all'abate era concessa la facoltà dì portare la mitra, dì benedire le vesti sacerdotali, gli indumenti ed i paramenti sacri, le campane, le immagini e Je croci; poteva indossare, in coro, la mozzetta e la mantelletta di colore nero sul rocchetto, come i prelati delle Curia Ro­mana22.

L'epoca in cui cessò la vita in comune dei canonici non è registrata nelle fonti storiche locali.

La facciata e il portico

L'aspetto attuale della struttura di Sant'Erasmo risale al secolo XII. Le parti originali di quest'epoca sono le absidi, coronate da archetti ciechi e da

colonnine su mensole, una parte del campanile e il portico antistante la chiesa. Topograficamente questo sacro edificio è situato nella direzione d'occidente. Vi si eccede attraverso due gradinate quasi semisferiche che immettono nell'atrio

o vestibolo avente tre arcate sostenute da colonne. "Anche coloro che ricordano le sommarie nozioni di storia delJ'arte apprese sui banchi di scuola, dovranno ammette­re di trovarsi, qui a Sant'Erasmo, di fronte ad un portico indiscutibilmente romanico non solo per la severità delle strutture, tutte in pietra squadrate e rivestite di una patina dorata, ma anche per i massicci archi a tutto sesto e per l'ornamento delle cornici che corrono sopra gli archi stessi. In particolare, le figure dei mostri, poste alla base delle comici laterali e dalle cui fauci spalancate prende il via una sobria decora­zione, sono il segno del travagliato mondo medievale, ossessionato dai racconti dei "bestiari" e suggestionato dalle fantastiche forme del misterioso oriente. Per quanto riguarda la cornice dell'arcata centrale, le crocette a punta di diamante, le fusaiole, gli ovoli e i trifogli, fanno parte delle decorazioni eseguite da maestranze benedettine che operarono nel vicino Abruzzo"B.

Diversi sono gli elementi in bassorilievo presenti sulla facciata, che la rendono carica di mistero e di splendore. Alcuni sono simboli cosmologici e microcosmici, espressi tramite la raffigurazione di cerchi concentrici intrecciati tra loro con una linea che va a formare quattro ovali, ìl tutto con il significato di stretto rapporto tra Dio e il mondo, tra il Divino e l'umano24

• Tra i bassorilievi spicca per la qualità di

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Il complmo mon11mmtalt di Sani 'Erasmo in Vtroli 211

fattura l'Agnello Pasquale, animale mite, innocente e puro, simbolo di Cristo e del suo

sacrificio supremo. . . . . La parte superiore del vestibolo era destinata ad orator_,o pe~ 1 ~on~ct. Sul fian-

co nord-est é ancora visìbile una bifora rettangolare, provvista d1 ptlastnno centrale che testimonierebbe questo primitivo stato. L'ambiente subì delle modifiche quando, nel 1575 i canonici di Sant'Erasmo chiamarono l'architetto Martino affinché provve-

' desse ai lavori dì restauro della chiesa. Questo lasciò ai posteri il ricordo del suo nome scolpendo nelle facciata le seguenti parole:

EST MANIBUS FACTUS MARTIN! QUEM PROBAT ARCUS

La scritta rimanda ad un'altra iscrizione (0P)US MARTIN!, che si trova incisa su due pietre nella parte interna dell'arco centrale. Probabile è anche l'ipotesi che Martino facesse riferimento all'arco laterale dove è incisa la parola THSTIM'ONIA25

L'architetto apportò vistose trasformazioni nella parte superiore del portico dove vennero aperte tre enormi finestre che certamente hanno compromesso l'antico aspet­to della facciata di S. Erasmo.

Il campanile

Addossata sul lato sinistro della facciata è la torre campanaria della basilica di S. Erasmo. Essa è a pianta quadrangolare e costruita a blocchi squadrati di pietra.

Nella parte inferiore, vi è qualche concio di epoca romana dove è inciso il gioco del fùetto (tris) e un frammento di trabeazione di tempio pagano con "solchi verticali di scanalature cui si affianca un piccolo festone circolare"26 •

Nella parte superiore della torre emerge, in bassorilievo sulla pietra, la figura di S. Erasmo con mitra e pastorale.

Il campanile ha due piani: quello inferiore si present~ con tre grandi aperture da dove si espande l'armonioso suono della mezzana e del campanone; quello superiore, che ospita le tre campane più piccole) ha ai quattro lati, finestre ad arco con doppia colonnina centrale. Prima dei lavori di ristrutturazione e di consolidamento, avvenuti nel secondo dopo guerra, al di sopra di questo piano ne correva un altro ancora, molto basso con archetti a sesto acuto sormontati da cornice.

Interno della basilica

La pianta della basilica di S. Erasmo è a croce latina, a tre navate di cui quella centrale più grande delle laterali.

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212 Ciustppt D'Onan·a

A sinistra di chi entra si incontra la prima cappe1la dedicata alla Vergine Addo-lorata. ~--~.,, ..

Subito dopo è il f~~t/battesimale, posto all'interno di un artistico armadio di legno, sopra il quale è collocata una tela raffigurante il Battesimo di Gesù di autore anonimo. La rappresentazione "è molto elegante, anche se i gesti delle figure risultano un po' convenzionali e articolati secondo uno schema composito assai vicino al Bat­tesimo di Gesù del Maratta, nella certosa di S. Martino a Napoli"27

.

Dedicata a Santa Caterina è la successiva cappella che, come scrive Vittorio Giovardi, fu edificata dal capitolo di seconda erezione della collegiata. Questa è chia­mata anche Coretto, qui nei giorni feriali officiavano i canonici. Tuttora è ornata con stalli di noce. Sopra lo stallo centrale una tela rappresenta la santa al cospetto di Gesù Bambino e della Madonna.

Sempre nella navata di sinistra vi è la cappella dedicata alla Immacolata. Una pietra tombale, al centro del pavimento, ricorda il patronato della famiglia Spani In essa è scritto:

D.O.M. I ANGEL. SPANA I PRO SE POSTE I RISQ. REPO I SUIT ANN. D. I MDCCIII

A Dio Ottimo Massimo. Angelo Spani pose per sé e per i posteri neJl'anno del Signore 1703

Sulla parete di destra è collocato un dipinto ad olio del prof. Giuseppe Trulli, che rappresenta la Beata Maria Fortunata Viti. La monaca di clausura del monastero di S. Maria dei Franconi, beatificata da Paolo VI 1'8 ottobre 1967, in questa basilica ricevet­te il Battesimo.

Segue quindi la sacrestia che immette nelle stanze destinate all'archivio e all'abi­tazione del parroco.

Addossata alla parete sinistra del presbiterio è posta una grande tela (m. 5 x m. 4), che rappresenta l'imperatore Federico Barbarossa in atto di riconciliazione con Ales­sandro III. Il dipinto, attribuito dai più a Sebastiano Conca, anche se una recente tesi sostiene che sia opera di Taddeo Kuntze28

, presenta in primo piano l'imponente figura del papa mentre l'imperatore, in ginocchio, ha tra le mani la corona in segno di osse­quio di fronte al capo della cristianità. Ben rappresentato è il teocentrismo, teoria che sosteneva la superiorità del potere spirituale su quello temporale. Fra i personaggi "spicca in primo piano a destra una figura in abito e berretta purpurei avente tra le mani un grosso libro aperto. Questo personaggio è da identificarsi nel cardinale Cesa­re Baronio, celebre storico della Chiesa, sorano di origine ma che ricevette in Veroli i primi gradi di istruzione. Si notino la sua singolare collocazione nel contesto della composizione, il suo sguardo rivolto non ai protagonisti dell'incontro ma agli spetta­tori della scena rappresentata, il libro, infine. che sta a simboleggiare il volume degli Annali dove egli narra lo storico incontro tra il papa e i legati imperiali"29

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fl compfr550 monummtalt di Sli71l 'Erasmo in Vtroli 213

In basso alla rappresentazione vi è un cartiglio con la seguente iscrizione:

FRIDERICI I IMPERATORIS CUM S. ROM. ECCLESIA RECONCILIATIONIS ANNO MCLXXVII VENETIIS ABSOLUTAE MONUMENTUM COLORIBUS EO TUNC IN ABSIDE ANTIQUISSIMI ORATORII SUB ARA MAXIMA EXPRESSUM UBI SCILICET ANTE ANNOS SEPTEM ALEXANDER PAPA IIl EX HIBITA AB EPISCOPO BAMBERGENSI CAESARIS ABLEGATO FOEDERIS INEUNDI CA­PITA LONGOBARDORUM LEGATIS EPISCOPIS PLURIMIS XV CARDINALIBUS ITALIAEQUE DINASTIS FERE OMNIBUS PRAESENTIBUS EXPENDIT PROBAVITQUE CUM NUPERA HUIUS TEMPLI MOLITIONE PERIISSET NI ILL.MUS ET R.MUS D. VICTORIUS GIOVARDI lN UTRAQUE SIGNATURA SUFFRAGANTIUM DECANUS SACRAE ANTIQUITATIS PATRIAEQUE AMANTISSIMUS EX ARCHETIIPI SCHEMATE REDIVIVUM HAC IN TABULA EXTARE VOVISSET ANNO REPARATAE SALUTIS MDCCLXVII

Il ricordo della riconciliazione dell'Imperatore Federico I con la Santa Romana Chiesa, avvenuta a Venezia nel 1177, precedentemente dipinta nell'abside dell'anti­chissimo oratorio sottostante l'altare maggiore, dove cioè sette anni prima Alessandro lii ricevette e accolse favorevolmente l'ambasceria dei Lombardi presentata dal vesco­vo di Bamberga, Legato dell'imperatore a trattare i preliminari (della pace), presenti i vescovi legati, quindici cardinali e quasi tutti i Signori d'Italia, sarebbe andato perduto con la demolizione di questo tempio se l'Illmo e Rev.mo Signore Vittorio Giovardi, Decano di entrambe le Segnature, amantissimo delle Antichità sacre e della patria, non avesse provveduto a farlo rivivere in questa tela secondo lo schema dell'originale. L'anno della salvezza· 176l3°.

Nella parete dell'abside centrale, l'unica visibile in quanto quelle laterali vennero richiuse, nel secolo scorso, per rafforzare la stabilità della basilica, è conservato il coro principale dei canonici formato da 12 stalli più quello dell'abate mitrato.

Nella parte alta vi sono affreschi del '700 dove spiccano, tra le diverse rappresen­tazioni di santi, le figure del fondatore S. Benedetto, del titolare della chiesa S. Erasmo e del diacono Cesario.

Davanti al coro, è posto il pregevole altare maggiore di marmo intagliato, limita-to ai lati da due graziosi putti. ·

Nel lato destro del presbiterio si apre la cappella di S. Michele Arcangelo adibita dai monaci a coro per la stagione invernale. Sopra la porta è collocata una lapide fatta incidere da Vittorio Giovardi per ricorda.re l'ordinazione a Cardinale Diacono del­l'abate Leone del monastero di Casauria da parte del pontefice Alessandro III. In essa si legge:

ALEXANDER III P. M. / EX APULIA REDUX / AWIBUS HUIUS BASILICAE SUCCESSIT I LEONEM HYPODIACUNUM ABB. CASAURIENSEM / IN EADEM BASILICA I INTER S. ROM. ECC. DlACONOS CARDINALES COAPTAVIT /

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ANNO MCLXX SABATO ANTE DOMINICUM DIEM PASSI0NIS I REI GESTAE MEMORIAM / PRIV1Jl~ TABULIS SERVATAM / VICT0RIUS GI0VARDUS VERULANUS UTRIUS@È SIGNAT. DECANUS / PUBBLICO MONUMENTO IN SCRIBI S.P.F. I ANNO MDCCLXXXV

Alessandro III, di ritorno dalla Puglia, passò alla residenza di questa basilica, nella quale annoverò tra i cardinali diaconi di Santa Romana Chiesa il suddiacono Leone, Abate di Casa uria, il sabato prima della domenica di Passione dell'anno 1170. Il ricordo del fatto, conservato in documenti privati, il verolano Vittorio Giovardi, decano dell'una e dell'altra Segnatura, fece incidere a sue spese su questa lapide, l'anno 1785 31

Si incontra poi la cappella del SS.mo Sacramento, che è più grande rispetto a tutte le altre, originariamente dedicata a S. Gregorio. Qui, nella Pasqua del 1570, si verificò il miracolo Eucaristico.

Sull'altare si nota una tela di buona fattura, probabilmente settecentesca, rappre­sentante la famiglia di Nazaret che fugge in Egitto. In questa cappella, "in cornu Evangelii" vi è un reliquiario che racchiude oggetti preziosi di alto valore artistico.

Segue la cappella dedicata alla Madonna degli Angeli, con tele, affreschi e monu­menti a ricordo del Miracolo Eucaristico. L'evento prodigioso viene qui ricordato poiché la cappella di S. Gregorio, dopo l'evento straordinario, venne destinata a ripor­vi il SS.mo Sacramento.

Sopra la volta sono affrescati due angeli che sorreggono un calice dove splende un'ostia trina. Sull'altare è posta una tela che rappresenta Gesù con i simboli eucaristie~ mentre sulla parete di sinistra, è collocata un'altra tela che raffigura i confratelli della Compagnia del Buon Gesù, che durante l'adorazione del SS.mo "osservano ammirati il calice splendente sopra il quale, contornato da diversi putti, domina la figura del Bambino Gesù. Simili rappresentazioni erano presenti sullo stendardo commissio­nato, agli inizi del sec. XVII, e su un altro acquistato nel 1695 dal canonico Biagio Suffi, priore della Compagnia, per disposizione del vescovo Domenico de Zaulis" 32

In questa cappella è collocata la scultura bronzea di Francesco Nagni, realizzata nel 1970 per consentire a tutti di poter meglio ammirare e venerare il calice.

La scultura è così descritta da A. Lipinsky: "Nel gruppo bronzeo (alto un metro circa) due angeli sono scesi sulla terra per sollevare il calice, mentre altri quattro si librano sopra di esso, disposti a piramide con un suggestivo effetto di prospettiva che fa sì che essi sembrano avvicinarsi dall'alto, in distanza, verso il basso in avanti. Men­tre uno con gesto di viva sorpresa guarda nella coppa, gli altri tre esultano guardando verso l'alto, donde il miracolo proviene"33

L'ultima cappella è dedicata alla Madonna del Carmine, qui si conserva una immagine miracolosa della Vergine proveniente dalla zona di Selva-piana, come ricor­da la seguente epigrafe:

HANC CARMELI / MlRACULIS CLARAM / CUI EREXIT / CUM DOTE SACELLUM / S0LEMNI RITIJ / E SILVA PLANA/ TRANSTULIT I CAITEDRALIS

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Il compltssu monummlafe di Sant 'ErtLSmo in Vero/I 215

CANONICUS DOMINICUS TRULLIUS / 27 AUGUSTI MDCCXLIX I CLEMENS PAPA XIII I ALTARE PRIVILEGIATUM PERPE(TUUM) / PRO EO SUISQUE INDULSIT / MDCCLIX

Questa immagine della Vergine del Carmelo famosa per i miracoli, alla quale eresse una cappella dotandola, fu fatta qui trasferire da Selva Piana dal canonico della cattedrale Domenico Trulli il 27 agosto 1749. Il papa Clemente XIII concesse l'altare privilegiato perpetuo per lui e per i suoi l'anno 1759.

Il pavimento della basilica, in cotto, presenta diverse lapidi funerarie, che ricor­dano le sepolture dei canonici e dei laici che avvenivano all'interno dell'edificio sacro. Un cimitero vero e proprio, di una certa grandezza e di pertinenza della parrocchia di S. Erasmo, era collocato sul lato destro della chiesa, dove attualmente c'è una graziosa piazzetta.

L'antico oratorio

Nel secolo XII fu costruita la nuova chiesa, così l'antico oratorio, fondato da San Benedetto ed affrescato con l'immagine del Patriarca del monachesimo occidenta­le, restò sotto la crociera.

Questo aveva un altare semilunare sorretto da una colonna, che venne consacra­to nell'anno 1104 da Ago.stino monaco di Casamari e vescovo di Ferentino. Il vescovo di Veroli Francesco Angelucci (16-60-1675) rinnovò il luogo nel 1664 e fece dipingere sull'altare la SS.ma Trinità con .i santi Silvestro e Egidio. Nel 1890 i canonici decisero di a'.bbassare il livello del presbiterio della basilica e, l'altezza dell'antico oratorio ven­ne dimezzato; compromettendone così definitivamente la secolare testimonianza e l'antico splendore. Troncato nella parte superiore, è ancora oggi visibile e vi si accede p·er mezzo di una scala situata in sacrestia.

Il Tesoro

Sul lato della Cappella di san Gregorio anticamente sì apriva una porta che immetteva nel coro dei canonici. L'abate mitrato Vincenzo Cocchi ebbe la felice idea di sfruttare questo spazio per realizzare una piccola, ma graziosa cappella delle reli­quie, contenente oggetti di un certo valore religioso ed artistico allo stesso tempo. Un'epigrafe, posta sopra l'ingresso, ricorda questa destinazione.

HONORI ET MEMORIAE VENERANDAE / D. VINCENTIII COCCHI ABBATIS MITRATI / HIC ORATORIUM SS. RELIQUtARl)M / A SOLO FECIT HIC ORATORIUM I SS. SACRAMENTI CUM ARA MARMOREA I ET TELA IMMAGINARIA RESTITUII/ EADEM OPERE TECTORIO ESPOLJVIT / AURO

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216 Giuseppe D'Onorio

ILLUMINAVIT DE SUQ(RECEPTUS EST AD DEUM XIII KAL. AUG. / ANNO MDCCCLXXIX

Ad onore e memoria dell'abate mitrato don Vincenzo Cocchi. Qui innalzò dal suolo l'oratorio delle sante reliquie; qui l'oratorio del santissimo Sacramento con l'altare di marmo fece restaurare, i quadri ed il tutto fece ornare di stucchi e dorare a due spese: fu accolto presso Dio il 20 luglio 1879.

I più preziosi oggetti conservati nel Tesoro-reliquiario sono un encolpio, la patena e il pregevole calice, che fungeva da ostensorio nella lontana Pasqua 'del 1570.

"La patena, con un diametro di cm. 21, ha nel centro un delicato smalto rappre­sentante un santo vescovo, quasi certamente S. Erasmo, titolare della chiesa; intorno ad esso vi sono sei incavi circolari per collocarvi altrettante particole.

La teca cilindrica del XIV o XV sec,, da qualche anno non più tra gli oggetti custoditi nella basilica, poggiava su tre piedi ed aveva un'altezza di circa sei centime­tri; sul coperchio vi erano due stemmi col leone rampante. -

Capolavoro dr-oreficeria liturgica del sec. XIV, è il calice ministeriale, che presen­ta sei figure di smalto nella base ed altrettante nel nodo, sotto cui sono incise le parole del saluto evangelico dell'arcangelo Gabriele: AVE MARIA GRATIA PLENA DOMINUS TECUM"34

Dell' XI secolo è-l'encolpio bronzeo. Quest'ultimo "presenta da un lato il Croci­fisso circondato dalla Vergine e dai Santi Nicola e Giovanni; dall'altro la Madonna col Bambino tra i Santi Demetrio, Giorgio e Procopio, tutti identificati dai nomi abbre­viat~ disordinatamente e confusamente disposti accanto alle rispettive figure.

Il forte contrasto tre le masse morbide e tondeggianti delle immagini e l'istillti­vo, brusco incidere del bulino che definisce sommariamente ma efficacemente parti­colari anatomici e motivi decorativi, rimane forse la caratteristica essenziale di questo

encolpio .. . "35•

Oggi il tesoro sacro di S. Erasmo sarebbe più nutrito se alcuni anni fa non fosse stato perpetrato un furto nel quale vennero rubati un busto in argento, alto circa settanta cm., raffigurante il Santo titolare della basilica realizzato a Roma nel 1795, una pisside e tre statue di cui due in legno del 1600 e una in oro e bronzo del 1400.

Alessandro III

Il papa Alessandro Hl, durante il suo pontificato soggiornò diverse volte e per lungo tempo a Veroli, sicura roccaforte dello Stato pontificio e dimorò presso i cano-

nici di S. Erasmo. Qui nel 1160 consacrò vescovo Fraimondo monaco di Casamari e il 2 ottobre

dello stesso anno ordinò il prete Rodolfo vescovo di Ferentino. Il 13 maggio 1161

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Il complesso monummta!.e di Sanl'Erasmo in Vero/i 217

confermò ad Ugone, arcivescovo Butinense, gli Statuti del clero di quella diocesi. Nel 1170 il pontefice ricevette il vescovo di Bamberga, Everardo, mandato dal­

l'imperatore Federico Barbarossa per trattare la pace con la Chiesa e i Comuni. Non fu possibile concludere un accordo, ma i protagonisti di questo incontro

misero le basi per la riconciliazione, che avvenne ad Anagni e che è conosciuta con il nome di Pactum Anagninum; con essa l'imperatore, sconfitto a Legnano, poneva fine allo scisma, restituiva i benj alla Santa Sede e si impegnava ad accordarsi con i comuni della Lega Lombarda, come poi verrà sancito nella pace di Costanza nel 1183.

Nella chiesa di S. Erasmo, Alessandro III creò cardinale dell'ordine dei diaconi Leone abate dj Casauria, autorizzò con lettere apostoliche la festa della Translazione del corpo del beato Clemente che doveva essere celebrata annualmente il 27 maggio ed eresse, a proprie spese, il lebbrosario della Maddalena fuori porta Romana. Durante il soggiorno in Veroli l'attività del pontefice fu intensa: emanò sentenze, confermò beni e privilegi, risolse controversie e sostenne la causa di S. Tommaso da Canterbury con­tro Arrigo Il d'Inghilterra3".

Il Miracolo Eucaristico

Il 26 marzo 1570 nella chiesa di Sant'Erasmo venne esposto il SS.mo Sacramen­to per le quaranta ore di pubblica adorazione, in memoria delle altrettante ore nelle quali il corpo di Cristo stette rinchiuso nel Sepolcro.

L'ostia consacrata, secondo il rito tradizionale, venne chiusa in una teca d'argen­to di forma-cilindrica e questa posta dentro un grande calice ministeriale, anch'esso d'argento, coperto còn la patena. Il tutto, infine, fu avvolto in un elegante drappo di seta i cui lembi venne'ro raccolti e legati all'impugnatura del calice.

Era costume che ogni confraternita della città andasse ad adorare per un'ora il SS.mo Sacramento esposto. Così gli iscritti alla confraternita della Misericordia o della Buona morte, vestiti con i loro sacchi ner~ si accinsero al loro ufficio e si posero tutti in ginocchio per pregare, recitare salmi ed orazioni.

Ad un certo momento il calice divenne trasparente come puro cristallo. I presen­ti videro nel fondo della coppa del calice una stella molto splendente, la cui luce annientava quella delle candele della cappella e sopra detta stella poggiava l'Ostia consacrata. ~ breve distanza di tempo l'Ostia si convertl in un fanciullo vestito di nero per poi ancora trasformarsi, repentinamente, in Gesù Cristo morente sulla croce.

Il giorno seguente, 27 marzo, alla medesima ora, la luce della stella apparve ru nuovo in fondo al calice e poi scomparve. Tutti videro distintamente tre Ostie, di uguale grandezza e tangenti reciprocamente, sollevarsi dal calice. Queste a loro volta scomparvero lasciando il posto a tre fanciulli, dei quali quello centrale era più grande degli altri due; successivamente rimasero visibilì una so1a;ùstia ed un Bambino. Av­vennero ancora altre trasformazioni, che durarono mezz'ora circa, come la sera pre­cedente.

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218 Giustppt D'Onor/o

Terminate le quarai:it~ ore di adorazione, il SS.mo Sacramento non fu riposto nel tabernacolo, in quanto lct 'a1.ùorità ecclesiastiche decisero di prolungare l'esposizione fino al 6 aprile. Nel frattempo si verificarono diverse guarigioni miracolose di cittadi­ni verolani e di altre persone provenienti da paesi limitrofi che, venuti a conoscenza del fatto, erano accorsi a Veroli.

Dopo ben dieci giorni di continua adorazione pubblica, il 6 di aprile si pose fine all'esposizione del Sacramento. La Sacra Ostia non fu consumata ma lasciata dentro la teca, che una volta chiusa accuratamente con filo d'ottone e sigillata, venne riposta dentro il tabernacolo e rimase intatta fino al secolo scorso.

Il vescovo del tempo Ortensio Battisti, con molta tempestività, fece raccogliere le testimonianze mediante regolare processo canonico, che iniziò il 2 aprile, appena sette giorni dopo gli eccezionali avvenimenti37•

NOTE

1 V. Caperna, Storia di Vero/i, Veroli 1907, p. 105. 2 C. Baronia, Martyrologium Romanum, Roma 1598, p.271: "Fuit sanctus Benedictus

eiusdem martyris studiosissimus: nam in eius honorem duas nobilees erigendas curavit ecclesias, Verulis altera, alteram vero Romae"

3 Anna/es Ordinis S. Benedicti Occidentalium monachorum Patriarchae, Parigi 1703-1739, p. 54.

4 B. Fiore, S. Benedetto vita e dottrina, Montecassino 1980, p. 99. 5 La notizia è riportata anche negli Atti di San Placido dove si legge: "Cum iuxta civitatem

Alatemem S. Benedictus devenisset, in monasterio Sancti Martjris Christi Sebastiani ospitio susceptus est". Cfr. inoltre C. Scaccia Scarafonì, Memorie storiche della badia di S. Sebastiano nel tem·ton·oAlatrino, Roma 1919, pp. 7-9; Igino da Alatri, La Badia alatrese di S. Sebastiano e le figlie di S. Chiara, Roma 1961. Secondo la tradizione il monastero venne costruito dal patrizio Liberio. In uno studio Annibale Ilari sostiene che Liberio "negli anni precedenti il soggiorno di S. Benedetto non poteva edificare tale badia perché dal 515 al 533 si trovava nelle Gallie in qualità di prefetto. Durante la carica, inoltre, aveva edificato a proprie spese la basilica di Orange, inaugurata nel 529 con la celebrazione di quel sinodo che condannando il semipelag1anesimo, aveva incrinato le "conferenze" di Giovanni Cassiano, abate di S. Vittore di Marsiglia." Nel medesimo studio si afferma che il cardinale francescano Ferdinando Antonelli collocava la badia di S. Sebastiano non in territorio di Alatri, ma in una località nelle vicinanze di Napoli. Cfr. A. Ilari, La regola benedettina all'origine del movimento francescano fem mini/e pn·ma della morte di S. Chiara (1253), in Potenza e Carita di Dio, 1983, anno XX, n. 4; Idem, Monachesimo sublacense femminile in Alatri: Due lettere inedite di Alessandro IV, in Sacro Speco, suppl. al n. 6, nov.-dic. 1982.

6 Tutto il cartario di Sant'Erasmo è conservato nella Biblioteca Vaticana e comprende 598 pergamene di cui 193 anteriori al secolo XIII. I documenti compresi tra gli anni 937 e 1199 sono stati pubblicati da Sergio Motti.reni, le carie di S. Erasmo di Vero/i, Roma 1956.

7 V. Giovardi1 Historia Verulana, ms. del XVIII sec., f576 bis. 8 S. Mottironi, le Carte di S. Erasmo, cit., pp. 21, 23; cfr. M. Stirpe, Eremi ed eremiti di Vero/i

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Il mmplesso nronummtale di Sant'Erd.Smn in Vero/i 219

dal X al XIX secolo, estratto dalla rivista di Stona della Chiesa in Italia, a. XXXIII, n. 2, lug110-dicembre 1979, p. 43 7.

~ Nel tempo vennero inserite altre festività quindi fu aggiornato ed interpolato con altre scritture. Su questo martirologio sono stati fatti diversi studi come quello del Federi ci che, dopo attento esame paleografico, lo ha assegnato al XIII secolo.

10 M. L. Putti, Veroh, in Laz.io medievale, Roma 1980, p.211. 11 A. Lentini, San Benedetto. La Regola, Montecassino 1980, p.256: "S . Benedetto prefen­

sce, in conformità all'ideale della vita cenobitica, anche un dormitorio comune per tutti ... in Egitto e altrove i cenobiti dormivano da soli o in due o tre in celle distinte, in seguito allo sviluppo del lavoro e della preghiera in comune ed ai pericoli contro la povertà, la temperanza e la castità, si era passati in Occidente verso' la fine del secolo V al dormitorio in comune".

12 A. Lentini, S. Benedetto. la Regola, cit., p.610. 13 G. Veccia, Historia di S. Maria di Giacomo, ms. sec. XVII in biblioteca Giorvardiana di

Veroli, lib. VII, f. 2. 14 Cfr. R. Grègoire, La vocazione sacerdotale. I canonici regolari nel medioevo, Roma 1982, p.

410; P. Toubert, Les structures du Latium Mèdieval Le Latium Mèridional et la Sabine du IX siède a la fin du XII siède, Roma 1973, pp. 927-930.

15 C. Caraffa, Monasticon Italiae, Roma e Lazio, I, Cesena 1981 . 16 V Giovardi, HiJtoria Verulana, cit., pp. 577-579 bis, 580 bis. 17 S. Mottironi, Le carte di S. Erasmo, cit., p. 21. 18 Idem, p. 39. 19 Vincenzo Caperna ci dà la notizia nelle Memon'e storiche delle collegiata insigne e basilù:11. di

S. Erasmo V M. in Veroh Roma 1896, p. 17, e cita il documento letto nell'archivio deJla chiesa, mentre Vittorio Giovardi lo riporta per intero nella Hùtoria Verulana, cit., pp. 583 bis, 584 bis, 585 bis.

20 La bolla pontificia di Martino V viene riportata da G. Vecci, Histon'a di S. MarÙJ. di

Giacomo, cit., t. VI, f 2. 21 V Giovar~i, Hist01ia Verulo.na, cit., p. 586. _ _ 22 Cfr. V. Caperna, Memorie storiche delle collegiata insigne e basilica di S. Erasmo, cit., pag. 47. 13 G. Trulli, Monumenti Vero/ani, in G. Spani, Vero/i lafedele a Roma, Veroli 1968, p. 181. 24 Altre chiese di Veroli presentano questa simbologia. Cfr. G. D'Onorio, Ipotesi di lettura

di un simbolo presente sul portale dello. chiesa di S. Martino in Vero/i, in Potenza e Carltà di Dio, n. 4-1997, pp. 37-40.

25 Cfr. Angelo Conti, A proposito di un enigma ... su pietra, in Potenza e Can·ta di Dio, n. 4-1993, pp. 43-44; Marcello Stirpe, La chiave dell'enigma di S. Erasmo a Vero/i, in Potenza e Carità dì Dio, n. 2-1997, pp. 28-31.

26 M. Mezzacapo, S. Benedetln a Vero/i~ in Lazio ten· e Oggi, anno XVlll, n. 1, P- 19. 27 G. Trulli, Monumenti Vero/ani; cit., p. 183. 28 M. Stirpe, Un dipinto sconosciuto di Taddeo Kuntze in S. Erasmo di Vero/i , in Potenza e

CaritÌJ. di Dio, n. 1-1994, pp. 32-36 29 Idem, pp. 32-33 . 3° Cfr. G. Trulli, / segreti di Vero/i in 300 iscn'zionì, Isola del Liri 1998 pp. 89-90. 31 Cfr. G. Trulli, / segreti di Vero/i ... , cit. p. 97. 12 G. D'Onor io, Testimoni di un prodigio. li processo canontco, sul mirtLcolo eucaristico dz' Vero/i,

Veroli 1997, p.37. · · 33 La descrizione di A. Lipinsky, riguardante l'opera artistica di Nagni, è riportata da G.

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220 Giusrppe D'Onorio

Marafmi, li miracolo eucaris_tifQ di Veroh cit., pp. 48-49. Cfr. inoltre Giuseppe Trulli, Tutta Vero/i, antologia storico-artistica dalle origini ai nostri giorni, voi. I, Isola del Liri 1989, pp. 26 7-268.

14 G. D'Onorio, Testimoni di un prodigio, cit., p.33. Cfr. Camilla Scaccia-Scarafoni, li tesoro sacro del Duomo di Veroli ed i suoi dmeli medievali, Roma 1913.

15 G. Trulli, Mònumenti Vero/ani, cit. p.184. Cfr. Camillo Scaccia-Scarafon~ Di un encolpio comervato ne/I.a basilica di S. Erasmo in Vero/i, Roma 1912.

16 Per un approfondimento dell'attività svolta in Veroli da Alessandro 111 vedere V Caperna, Memorie storiche delle collegiata insigne e basilica di S. Erasmo, cit., p. 12-15.

l7 Gli atti processuali sono gelosamente conservati nell'Archivio Campanari, da pochi anni depositato nella biblioteca Giovardiana ed una copia nell'archivio della basilica. Gli atti del processo sono stati pubblicati recentemente nel lavoro Testimoni di un prodigio, cit.

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