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IL COMPLESSO MONUMENTALE DI SANT’AGOSTINO A FANO 54

IL COMPLESSO MONUMENTALE DI SANT’AGOSTINO A FANO · tino in atto di pregare la SS. Trinità del parmigia-no Giovanni Battista Draghi.9 Sul primo altare a sinistra c’era una copia

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IL COMPLESSO MONUMENTALE DI SANT’AGOSTINO A FANO

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Restano sconosciuti l’aspetto e le dimensioni del-la primitiva chiesa parrocchiale di Santa Lucia: chiesa ceduta nel 1265 agli eremiti Agostiniani quando decisero di abbandonare il loro convento di Santo Stefano in Padule per trasferirsi in città.Così è ricordato l’avvenimento dallo storico Pie-tro Maria Amiani:

I Frati Eremiti Agostiniani di Santo Stefano in Palude, o Padule accennati da Noi all’anno 1163, procurarono, abbandonato quel loro Convento, di passare in Città, domandando perciò la Chiesa Parrocchiale di Santa Lucia al Cardinale Simon Paltiniero Legato, che a’ 5 di Agosto del 1256, spinto dai motivi di P. Errera nel suo Alfabeto Agostiniano con le seguenti parole registrati: Non ignari quod Ecclesia Sanctae Luciae de Fano lon-ge melius per Fratres Eremitas religiosos Ordinis S. Augustini, quam per Seculares Clericos cultu ipso fovebitur, et in oculis omnium tractabitur, et regetur: ne commise da Fabbriano la conces-sione alla Canonica, attesa la vacanza della no-stra Chiesa per la morte del vescovo Adjuto testé seguita: Dall’Istrumento però, che i Canonici ne fecero col consenso di Pietro Rettore allora di detta Chiesa di S. Lucia a Fra Bene Priore di Bretti-no, e Fra Romano Priore di detto Santo Stefano in Padule, e Fra Rinaldo Sindico divisandosi, che avevano prevenuto le facoltà del Legato, perché la stipolazione si scorge seguita sotto il dì 4 Marzo di detto anno 1265, benché porti in ventre la Lettera del Cardinal Simone de’ 5 Agosto sudetto, come dalla pergamena esistente nell’Archivio de’ medesi-mi Religiosi Agostiniani di Santa Lucia, e da noi riportata al Sommario in pié di queste Memorie; non fi a meraviglia se essi, se essi Eremiti pruden-temente, appena alla nostra Chiesa fu assunto Fra Tommaso Morando Religioso di San Domenico, e precisamente nel mese di Febbrajo del 1266, il supplicarono per la conferma della ricevuta do-nazione, che poi sotto li 5 Aprile di detto anno a petizione del Priore Fra Giacomo, e degli’ altri suoi Religiosi per solenne Istrumento graziosamen-te ottennero; lo che addita ancora il P. Torelli ne’

suoi Secoli Agostiniani, quando delle dette Chiese di Santo Stefano in Padule, e di Santa Lucia va ragionando.1

Unica certezza, l’inversione di orientamento subi-ta da quella antica chiesa dopo il 1563 rispetto a quello della chiesa attuale, dopo che già nel 1409, durante la signoria dei Malatesti, la chiesa era sta-ta rinnovata, così come dimostra all’esterno la su-perstite fi ancata orientale tardogotica con lunghe monofore trilobate tamponate ed elaborato cor-nicione in cotto sorretto da arcatelle pensili.All’interno sopravvivono invece, sui due lati dell’ingresso attuale, i vani delle due cappelle che fi ancheggiavano un tempo l’area presbiteriale: cappelle le cui pareti conservano tratti di aff re-schi tardogotici, in particolare un ciclo dedicato a Santa Lucia il cui racconto, come precisato da Giampiero Donnini:

Si snoda in quattro grandi fi gurazioni, ricche di movimento e di personaggi, il cui carattere fi gura-tivo, pur se talvolta indulgente a soluzioni di ca-rattere popolare e anneddotico, non risulta privo di qualità espressive e cromatiche. Sembrano risentire del clima estetico del primo ‘400, ma in una fase or-mai avanzata, e maturata per l’accoglienza di più evolute soluzioni formali.2

Così, a sua volta, Maria Chiara Jorio scrive:

Il ciclo si svolgeva su tre o quattro registri (la par-te inferiore è andata completamente perduta) su due pareti della cappella: quella di controfacciata e quelle nord orientale, oltre che sul pilastro circolare che delimitava il vano a ovest. La prima scena del ciclo è quella sulla parete laterale in alto, e araffi -gurava Santa Lucia che prega per la madre davanti alla tomba di Sant’Agata, ma attualmente è visibile solo la parte superiore della struttura architettonica: il tempietto entro cui si svolgeva la scena; alla stessa altezza, sulla controfacciata, la Santa distribuisce i suoi beni ai poveri e ai derelitti: la fi gura femminile così come alcune di quelle degli sciancati in primo

Franco BattistelliDa Santa Lucia a Sant’Agostino

A frontePianta di Fano del Blavius (1663), particolare.La chiesa di Sant’Agostino è indicata dal numero 29, mentre la basilica di Vitruvio è segnalata con il numero 74.(Biblioteca Federiciana di Fano)

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Qui e nelle due pagine seguenti

Gli aff reschi quattrocenteschi realizzati

nella ex cappellina a destra dell’ingresso attuale della

chiesa di Sant’Agostino

Pianta schematica dell’ingresso della chiesa con evidenziate le parti

aff rescate

INGRESSO ATTUALE

ex cappella di sinistra ex cappella di destra

Parete sud

Pareti affrescate

Pa

rete

est

CHIESA

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Gli aff reschi quattrocenteschi ed una mensola della ex cappellina a sinistra dell’ingresso attuale della chiesa di Sant’Agostino

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La volta attribuita al Bibbiena in una

antica incisione (Straff orello 1898)

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piano, è ben riconoscibile, ma non sappiamo quan-to sia rimasto del dipinto originario e quanto sia invece frutto di restauro […].Sulla prima parete, nel registro inferiore, si ricono-sce, in posizione centrale, la Santa stante, a mani giunte e con lo sguardo rivolto al cielo che un grup-po di uomini sulla destra, cui è stato comandato di portarla in un postribolo, non riesce a spostare di un passo, nonostante, incitato dalla folla e dal giu-dice sulla sinistra, tiri con grande sforzo una fune passante attorno alla vita di Lucia. Sullo sfondo si intravedono raffi nate architetture. La scena oltre ad essere, come le altre, notevolmente scialbata e lacunosa, appare interrotta da uno strato di into-naco formante un arco e si estende da un’estremità all’altra […]. Sulla parete contigua, alla stessa al-tezza, la Santa è in posizione analoga, nonostante questa volta a tirare le corde vi siano anche dei buoi; lo sfondo è lo stesso della scena precedente, ma sulla sinistra la folla ora appare attonita, men-tre il giudice si contorce sul trono per la rabbia. Se il tempietto sullo sfondo appare piuttosto bel costruito, la pedana del trono è resa di scorcio in maniera alquanto ingenua e inverosimile; questo particolare, insieme alle brevi iscrizioni in caratte-ri gotici visibili ai piedi di Lucia e nella parte cen-trale della cornice che separa questo dall’espisodio soprastante (probabilmente le iscrizioni erano un po’ ovunque), inducono a confermare una data-zione non successiva ai primi anni del XV secolo.3

Preziose tracce superstiti, quindi, del primo ri-cordato rinnovamento della chiesa di Santa Lu-cia, riconsacrata dal vescovo Antonio David nel 1409, al tempo di Pandolfo III Malatesti. Altre tracce di aff reschi quattrocenteschi, risco-perte una decina di anni or sono, restano quelle emerse sotto l’intonaco dell’antica “Sala Capito-lare” a cui si accede dal chiostro, interamente ri-fatto quest’ultimo nella seconda metà del secolo XVI, senza peraltro distruggere le due antiche bifore che tuttora affi ancano l’ingresso di detta sala dove perfettamente integro sopravvive l’ori-ginario bel soffi tto ligneo cuspidato.

Sant’Agostino Anno 1940L’età non più verde di chi scrive gli consente di ricordare il fastoso interno della chiesa di Sant’Agostino prima che il 17 aprile del 1944 un grappolo di spezzoni incendiari dell’avia-zione angloamericana, diretti sulla vicina linea ferroviaria, ne abbattesse la grande volta aff re-scata e ne devastasse parte dell’area prebiteriale (cappella maggiore e, sulla destra, la cappella Corbelli, lasciando intatta sul lato opposto la cappella Nolfi ).4 L’aspetto della chiesa intorno al 1940 era quello di una vasta aula barocca, resa tale da sei imponenti altari laterali in legno intagliato e dorato, posti al centro di altrettan-te arcate cieche, inserite fra alte paraste binate d’ordine jonico, separate da nicchie a coppie so-vrapposte con statue in stucco di Santi e Sante attribuite all’Amantini (Tommaso Amantini) e all’Alessio (Alessio Pellegrini).5 Un insieme di gusto decisamente fastoso, immaginato intorno alla metà del secolo XVII dal fanese Ludovico Giorgi dopo la ricordata inversione di orienta-mento subita dalla chiesa a partire dal 1563.6 Decisamente spettacolare l’ampia volta a padi-glione (portata a termine nel 1685) con costo-lature a stucco e grande riquadro aff rescato al centro dove un Sant’Agostino in Gloria su sfon-do azzurro campeggiava a coronamento di una scenografi ca prospettiva architettonica nello sti-le di Ferdinando Bibiena: un artista a cui l’opera è stata attribuita senza prova di documenti dalle vecchie guide, ma in realtà realizzata dal pittore-quadraturista fanese Giovanni Battista Manzi.7 Degne di nota le tele poste sui vari altari, a par-tire dalla destra dove si apriva la ricordata cap-pella Corbelli, abbellita allora da una copia del noto dipinto di Simone Cantarini raffi gurante la Vergine che appare a San Tommaso da Villano-va, dopo che l’originale era stato rimosso dagli eredi Corbelli per trasferirlo nel loro palazzo.8 Passando agli altari laterali, il primo, come ri-cordato dal Paolucci, presentava

una tela di nessun valore, ma, sotto di essa, nell’ulti-

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Interno della chiesa in una foto d’archivio anteriore al terremoto

del 1916

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mo restauro, dopo il terremoto del 1930, si è trovato parte di un aff resco del quattrocento, rappresentante il Crocifi sso.

Il secondo altare presentava invece un Sant’Ago-stino in Gloria del pistoiese Giacinto Geminiani, seguito sul terzo altare da un San Nicola da Tolen-tino in atto di pregare la SS. Trinità del parmigia-no Giovanni Battista Draghi.9 Sul primo altare a sinistra c’era una copia della nota Madonna della Cintura dipinta da Simone Cantarini per la chiesa rurale dell’eremo di Bret-tino.10 Sul secondo altare era invece esposto un secondo dipinto del pistoiese Geminiani, una Sacra Famiglia (fi rmata e datata 1654), seguita sul terzo altare da una Santa Filomena, pregevo-le opera realizzata nel 1834 dal bolognese Cle-mente Alberi.11 A sinistra del presbiterio, all’interno della cap-pella Nolfi , campeggiava allora il celebre, am-miratissimo Angelo Custode del Guercino, com-

missionato dal nobile Vincenzo Nolfi per la propria cappella di famiglia nel 1640.12

Sullo sfondo del cappella maggiore era stata po-sta nel 1775 la grande tela di Sebastiano Cecca-rini raffi gurante il Martirio di Santa Lucia,13 af-fi ancata sulle pareti del presbiterio e del coro da ben dodici quadri di diverse dimensioni dovuti al pesarese Giammaria Luff oli, allievo di Simo-ne Cantarini: quadri tutti oggi perduti, essendosi salvata dal bombardamento del 1944 la sola tela del Ceccarini.14 Sui due lati dell’ingresso sottostante la cantoria, si accedeva a quelle che erano in origine, prima della ricordata inversione di orientamento della chiesa, le due piccole cappelle che nel presbiterio affi ancavano quella maggiore: una in particola-re con tracce di aff reschi trecenteschi e quattro-centeschi con le ricordate Storie di Santa Lucia restaurate nel 1933;15 l’altra più tardi riutilizzata come base del campanile, abbattuto per ragioni statiche nel 1922.16 Nell’ex fabbricato conven-tuale adiacente, precisa il Selvelli: “Il Semina-rio possiede pitture del Guerrieri, del Ceccarini, dell’Albertini (detto el Pulitin).17 Di Giovanni Francesco Guerrieri, conservate oggi in Episcopio, restano, già collocate un tem-po nella sala capitolare dell’ex convento agosti-niano poi sede del Seminario Diocesano, le quat-tro note tele (cm 159x80) raffi guranti Le quattro Virtù Cardinali: Prudenza, Giustizia, Temperanza e Fortezza, originariamente appartenute alla col-lezione privata di Pietro Petrucci.18 Dallo stesso fabbricato, proviene anche la piccola tela (cm 62x49) con Ritratto di adolescente (Pippo buono) di Sebastiano Ceccarini, pure trasferita dal Seminario Diocesano in Episcopio.19

Perduti sembra invece siano ormai i dipinti ese-guiti da Giovanni Albertini (“el Pulitin”) noto, a detta di Romolo Eusebi, come “fi ne disegna-tore e curioso annotatore di cronache d’arte fa-nesi (architetture, scenografi e teatrali e soggetti a tema naturalistico), vissuto a cavallo fra Sette-cento e Ottocento, frequentatore e spesso ospite delle famiglie nobili del tempo”.20

Uno dei sei altari laterali come si presenta oggi

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L’aula di Sant’Agostino come si presenta oggi

Note

1. P. M. Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano 1751, vol. I, pp. 215-216.2. G. Donnini, La pittura del XV secolo, in F. Battistelli (a cura di) Arte e cutura nella provincia di Pesaro e urbino, Venezia 1986, pp. 127-140, in particolare p. 135.3. M. C. Iorio, I luoghi di culto, in F. Milesi (a cura di), Fanum medievale, Fano 1997, pp. 262-264. 4. G. Perugini, Fano e la seconda guerra mondiale, Bologna 1949, p. 105.5. E. De Blasi, La chiesa di Sant’Agostino e il suo complesso scultoreo: proposte per una nuova ricerca, in “Nuovi studi fanesi”, n. 3, pp. 137-163; L. Arcangeli, Tracce per una storia della scultura nelle Marche, in P. Zampetti (a cura di), Scultura nelle Marche dalle origini all’età contemporanea, Firenze 1993, p. 381; Anonimi Sec. VIII, Pitture d’uomini eccellenti nelle chiese di Fano, Quaderno di “Nuovi studi fanesi”, Fano 1995, pp. 16-18.6. O.T. Locchi, La provincia di Pesaro ed Urbino, Roma 1934, p. 505; C. Selvelli, Fanum Fortunae, V edizione, Fano 1943, p. 147; S. Tomani Amiani, Guida Storico Artistica di Fano, prima edizione a stampa del manoscritto del 1853, Pesaro 1981, p. 82; A. Deli, Fano nel Seicento, Urbino 1989, p. 328.7. O.T. Locchi, op. cit., p. 507; C. Selvelli, Fano e Senigalllia, Bergamo 1931, p. 92; M. Mancigotti, Simone Cantarini, 1975, pp. 82-85; S. Tomani Amiani, op. cit., p. 82-83 e 85; A. Deli, op. cit. pp. 110 e 329.8. C. Selvelli, Fanum Fortunae, Fano 1943, p. 148; S. Tomani

Amiani, op. cit., pp. 84 e 107; AA. VV., La Pinacoteca Civica di Fano, Fano 1993, pp. 56-57 (scheda n. 35 con bibliografi a).9. O.T. Locchi, op. cit., p. 505; C. Selvelli, op. cit., p. 148.10. A.C. Billi, Brettino e Simone Cantarini, Fano 1864; O.T. Loc-chi, op. cit., p. 505; C. Selvelli, op. cit., p. 148; M. Mancigotti, op. cit., pp. 82-83; S. Tomani Amiani, op. cit., pp. 196 e 199; AA.VV., op. cit., pp. 54-56 (scheda n. 34 con bibliografi a).11. O.T. Locchi, op. cit., pp. 505 e 507; C. Selvelli, op. cit., p. 148. S. Tomani Amiani, op. cit., p. 88.12. O.T. Locchi, op. cit., pp. 506-507; C. Selvelli, op. cit., pp. 148-149. AA.VV., op. cit., pp. 59-61 (scheda 41 con biblio-grafi a).13. O.T. Locchi, op. cit., p. 505; C. Selvelli, op. cit., p.148; B. Cleri, Sebastiano Ceccarini, 1992, pp. 160-161 (scheda 91 con bibliografi a).14. O.T. Locchi, op. cit., p. 505; C. Selvelli, op. cit., p. 148.15. O.T. Locchi, op. cit., p. 505; C. Selvelli, op. cit., p. 148; G. Donnini, La pittura del XIV Secolo, in F. Battistelli (a cura di), Arte e cultura nella Provincia di Pesaro ed Urbino, Venezia 1986, p. 109.16. O.T. Locchi, op. cit., p. 505; C. Selvelli, op. cit., p. 147.17. C. Selvelli, op. cit., p. 149.18. A. Emiliani, Giovan Francesco Guerrieri da Fossombrone, Fano 1997, pp. 122-125, scheda 67.19. B. Cleri, op. cit., p. 170, scheda 103.20. R. Eusebi, I disegni ottocnteschi della “cisterna” in G. Volpe (a cura di), Il complesso monumentale di San Paterniano a Fano, Fano 2010, pp. 70-73.