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RIVISTA PERIODICA DI AGGIORNAMENTO SCIENTIFICO E CULTURA MEDICA Vol. 19, n° 1 - 2017 il caduceo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. 70% - Roma Pubblicazione a cura dell’U.S.I. Unione Sanitaria Internazionale S.p.A. - via Eschilo, 191 - Roma

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RIVISTA PERIODICA DI AGGIORNAMENTO SCIENTIFICO E CULTURA MEDICA

Vol. 19, n° 1 - 2017

il caduceo

Poste

Italiane

S.p.A

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Pubblicazione a cura dell’U.S.I. Unione Sanitaria Internazionale S.p.A. - via Eschilo, 191 - Roma

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SOMMARIO

2. Istruzioni agli Autori

3. Alimentazione e disbiosi intestinale – comemantenere sano il nostro “secondo cervello”

D. Tognozzi

7. Scelti dal Web: cibo e malattia A. Speciani

9. Le competenze richieste nella Governance dei processi a rischio in Sanità: dal ClinicalRisk Management al Risk Based Thinking

A. Cabrini

22. Predittività di un pattern di attaccamentodisorganizzato nell’insorgenza di disturbi di tipo esternalizzante in età evolutiva

S. Lauria

24. Kinesio Taping: il cerotto degli sportivi e nonsolo

F. V. Torres, A. Gallo

26. Un caso clinico molto particolare di febbre"sine materia" ma cercando si trova...

L. Arciero

L’esame Urodinamico T. Shestani

28. Il Soccorso Alpino S. Del Bufalo

30. Nasce la prima Associazione Scientifica per la Sanità Digitale (ASSD)

F. Capuano

32. Lo Spazialismo dell’Anima L. Cutrufo

34. Nuovi prodotti biostimolanti e revitalizzanti del viso

S. Dima

Rivista medica periodica a distribuzione gratuita,edita a cura dell’U.S.I. (Unione SanitariaInternazionale) S.p.A. Le pubblicazioni o ristampe degli articoli della rivista devono essere autorizzate per iscritto dall’editore. Il contenuto degli articoli e degli insertipubblicitari de Il Caduceo sono redatte sotto laresponsabilità degli autori e degli inserzionisti.

Associato USPIUnione Stampa Periodica Italiana

Redazione:Via Machiavelli, 22 - 00185 RomaTel. 06.32.868.331Fax [email protected]

Il CaduceoRivista di aggiornamento scientifico e cultura medica

REGISTRAZIONE

AL TRIBUNALE DI ROMA

AUT. N° 196/99 DEL 27/04/1999

DIRETTORE RESPONSABILEF. Barbati

DIRETTORE SCIENTIFICOCO-EDITORB. Trinti

COORDINAMENTO EDITORIALES. Trinti

SEGRETARIA DI REDAZIONEA. Cecchi

EDITOREU.S.I. S.p.a.Via Eschilo, 191 - Roma

STAMPATi Printing S.r.l. Via delle Case Rosse, 2300131 Roma

FINITO DI STAMPARE

IL 20 MARZO 2017TIRATURA: 10.000 COPIE

Foto di CopertinaTitolo opera: Marijadi Lucrezia CutrufoOlio su tela con cristalli - Ø 60 cm2016

il caduceoVol.19, n° 1 - 2017

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II Caduceo pubblica articoli originali, rapporti di gruppi di lavoro,presentazioni di casistica, note tecniche, lettere all'Editore, che ab-biano come argomento le scienze mediche e biologiche ovvero opi-nioni pertinenti il campo biomedico.Gli articoli vanno inviati alla redazione. Si accettano solo articolinon pubblicati, in tutto o in parte, in altri giornali. I testi debbonoessere presentati in triplice copia dattiloscritti, con spaziatura dop-pia ed ampi margini laterali. Al testo scritto va accluso un CD regi-strato con programmi di Word processor IBM compatibili (Word2003-2010). Ogni articolo deve essere preceduto da una prima pa-gina su cui vanno indicati: titolo del lavoro; nome e cognome degliAutori; denominazione dei reparti di appartenenza; titolo corrente;nome, indirizzo e numero telefonico dell'Autore responsabile deirapporti con la rivista. Previo accordo con la redazione si accettano anche articoli, con lecaratteristiche su citate, inviati come allegati e-mail.

Gli articoli originali debbono essere di regolaimpostati seguendo uno schema costituito da:

1) SOMMARIO

2) INTRODUZIONE

3) MATERIALI E METODI

4) RISULTATI

5) DISCUSSIONE

6) EVENTUALI RINGRAZIAMENTI

7) BIBLIOGRAFIA

1. SOMMARIO. Non deve superare le 250 parole. Deve da solo

poter esprimere il significato del lavoro: comprende una frase in-

troduttiva, la presentazione della entità della casistica, i risultati

fondamentali e un commento conclusivo. In calce al sommario

debbono essere indicate le Parole chiave: da un minimo di tre a

un massimo di sei.

2. INTRODUZIONE. Deve comprendere una breve ricapitolazione

dell'argomento con richiami bibliografici essenziali, illustrando

il punto da cui si è partiti per iniziare lo studio in oggetto. Deve

chiarire in modo particolare lo "scopo dello studio".

3. MATERIALI E METODI. Deve comprendere una completa ma

breve descrizione della casistica in esame e dei metodi usati per

valutarla. Casistiche ampie e/o complesse possono giovarsi di

presentazioni mediante una o più tabelle.

4. RISULTATI. Devono essere espressi in modo chiaro e conciso,

senza interpretazioni e commenti, anche per essi possono essere

utili una o più tabelle. L’iconografia a completamento della de-

scrizione dei risultati deve essere chiara ed essenziale.

5. DISCUSSIONE. Deve interpretare e commentare i risultati, fa-

cendo riferimento alla letteratura esistente, specificando e spie-

gando eventuali discordanze con la stessa. Nei lavori di tipo cli-

nico, sarà utile paragonare i risultati ottenuti con quanto dimo-

strabile con altre metodiche e presentare l'eventuale impatto dei

risultati nella pratica quotidiana.

6. RINGRAZIAMENTI. Eventuali ringraziamenti e riconoscimenti

debbono essere riportati su una pagina separata.

7. BIBLIOGRAFIA. Deve essere essenziale, ma completa ed aggior-

nata. Deve comprendere i soli Autori nominati nel lavoro, elen-

cati in ordine di citazione. I titoli delle riviste vanno abbreviati

attenendosi a quanto riportato nell’esempio:

Bosch F.X, Munoz N. The causal relation between HPV and cer-vical cancer. J Clin Pathol 2002;55:244-65.

L’accuratezza della bibliografia è sotto la responsabilità degli

Autori; le citazioni blibliografiche, inserite nel testo, vanno

evidenziate con numerazione progressiva in apice: esempio ci-

tazione[1].

Figure, immagini o foto

- formato TIFF, JPG, EPS o PDF

- risoluzione delle immagini/foto da 300dpi in su

- ordinate in modo progressivo e usando numeri arabi.

Tabelle

Devono essere ordinate in modo progressivo, usando numeri

romani, con numerazione separata rispetto a quella delle illu-

strazioni, anch'esse vanno inviate in formato elettronico.

Didascalie

A corredo delle figure e delle tabelle, devono essere dattiloscritte,

a parte, su uno o più fogli formato Word.

I lavori di Presentazione di Casistica devono essere più concisi e

accompagnati da un breve sommario. È necessario peraltro met-

tere ben in evidenza lo scopo del lavoro e descrivere in modo ac-

curato, ma non prolisso, il caso clinico. Si consiglia di non supe-

rare le dieci voci bibliografiche.

Ai manoscritti deve essere acclusa la seguente dichiarazione, fir-

mata da tutti gli Autori: “Il (i) sotto-scritto (i) trasferisce (scono)

il copyright concernente il presente articolo a: il Caduceo - Sede

redazione - Via Machiavelli, 22 – 00185 Roma.

Egli (Essi) dichiara (no) che l'articolo, non è stato pubblicato in

tutto o in parte e che non è presente nell'attesa di accettazione

presso altre riviste".

N.B. Si invitano gli Autori, prima di inviare il manoscritto,ad una attenta rilettura dello stesso, sia per quanto riguar-da la parte linguistica formale che quella dei contenuti,poiché la redazione, non riproponendo sempre la revisionedelle bozze agli Autori, declina ogni responsabilità sullemodifiche interpretative apportate nella stesura definitivadel lavoro.

ISTRUZIONI AGLI AUTORI

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Alimentazione e disbiosi intestinale:come mantenere sano il nostro“secondo cervello”

Deborah Tognozzi Biologa Nutrizionista

Specialista in Applicazioni BiotecnologicheU.S.I. - unità locale Piazza Vittorio - Via Machiavelli, 22 U.S.I. - unità locale Serpentara - Via G. Pacchiarotti, 95

Tutto ha inizio nell’apparato digestivo

L’apparato digestivo, che nelle sue varie componentipossiamo immaginare come un lungo condotto cheparte dalla bocca e arriva all’ano, è l’interfaccia più va-

sta con il mondoesterno ed è l’or-gano endocrinoed esocrino piùgrande del corpoumano. La fun-zione di assorbi-mento, determi-nata da una cor-retta digestione,è essenziale per ilmantenimentoin vita di tutti glialtri organi.L’intestino è il ve-ro responsabile

dell’assorbimento dei principi nutritivi, è l’organo piùefficace nella disintossicazione, svolge funzioni immu-nitarie, sintetizza sostanze fondamentali come alcunevitamine e produce alcuni neurotrasmettitori secretianche dal cervello.L’apparato digerente è infatti rivestito da una rete dineuroni (cellule nervose) di così ampia portata che al-cuni scienziati lo hanno chiamato “secondo cervello”.All’interno del nostro intestino è presente anche unorgano soprannumerario fondamentale di cui igno-riamo quasi tutte le funzioni, senza il quale la vita pe-rò sarebbe impossibile: il Microbiota intestinale.

Il Microbiota

Con Microbiota si identifica la comunità eterogenea enumerosa composta all’incirca da 100 trilioni di batte-

ri che vive in perfetta simbiosi con noi e che colonizzail nostro apparato digestivo, dalla bocca all’orifizioanale, e in particolare nell’intestino colon e tenue.Il Microbiota, che costituisce una tra le più interessantirivelazioni della ricerca medica degli ultimi anni dopoche ne è stata intuita l’importanza e l’azione all’internodel nostro organismo, tuttora oggetto di intenso stu-dio per approfondirne il ruolo, è un vero e proprio or-ganismo con delle incredibili attività metaboliche enon, le cui alterazioni qualitative e quantitative hannoinevitabilmente ripercussioni sulla nostra salute.Nel nostro intestino i batteri hanno trovato l’ambien-te ideale in cui vivere: caldo, umido, senza ossigeno,buio e con cibo costante. In cambio, il Microbiotasvolge delle precise funzioni metaboliche e immuno-logiche che dalla nascita in poi possono modificarsi inrelazione al nostro stile di vita, stress, fumo, attività fi-sica, farmaci, cibo ingerito e da altri fattori ma soprat-tutto dall’alimentazione.L’equilibrio del Microbiota, definito Eubiosi, è determi-nato da presenze batteriche che si autolimitano masoprattutto che si confrontano con le altre specie vi-venti.Da un punto di vista immunologico, Il Microbiota e ilnostro sistema immunologico intestinale crescono in-sieme imparando a tollerarsi a vicenda, condizione in-dispensabile giacché circa il 70% del sistema immuni-tario dell’uomo è localizzato nell’intestino. Alla fun-zione immunitaria si associa quella metabolica conregolazione dell’assorbimento di energia, la produ-zione di vitamine e la funzione protettiva della barrie-ra intestinale.

La Disbiosi intestinale

L’alterazione della flora batterica umana, la cosiddettaDisbiosi, può causare conseguenze più o meno gravi.

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“Noi siamo quello che mangiamo” affermava il filosofo Ludwig Feuerbach, perché da sempre il cibo di cui ci nutriamo in-fluenza sia il corpo sia i processi energetici, psicologici e spirituali; migliorare l’alimentazione può migliorare la qualitàdella nostra vita perché il cibo influenza non solo il fisico ma anche la coscienza e il modo di pensare. Già Ippocrate, considerato il padre della medicina, aveva osservato la responsabilità dell’alimentazione per alcune ma-lattie e come alcuni individui non tollerassero determinati alimenti che invece altri assumevano senza danni fino ad af-fermare: “Lascia che il cibo sia la tua medicina e che la tua medicina sia il cibo”.Per questo è importante fare attenzione a ciò che viene ingerito, riflettendo sul fatto che quella sostanza diventerà partedi noi, influenzando il nostro benessere: se quella sostanza è conciliabile con il nostro organismo, ne trarremo beneficio,in caso contrario il nostro corpo ne resterà intossicato, e faticherà per neutralizzarne gli effetti negativi.

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Alcuni batteri patogeni, per esempio, hanno la facoltàdi innescare processi infiammatori locali che indebo-liscono la barriera intestinale e ne aumentano la per-meabilità – anche nei confronti del glutine. Negli individui sani, quindi, la composizione del Mi-crobiota intestinale è estremamente diversificata, coni ceppi batterici protettivi in quantità superiori rispet-to a quelli potenzialmente dannosi. Tale composizio-ne assicura una divisione efficiente e benefica delleattività che si svolgono nell’intestino. La perdita diquesta diversificazione, unita alla comparsa di squili-bri tra le proporzioni dei ceppi batterici, può averegravi conseguenze.Questa perdita di equilibrio, la Disbiosi, è associata a unavasta gamma di disturbi, tra cui la diarrea, la sindromedel colon irritabile (IBS) o malattia infiammatoria dell’in-testino (IBD), il tumore del colon retto e alcune patolo-gie epatiche e allergie, nonché malattie collegate all’ali-mentazione come obesità, diabete di tipo 2 o celiachia. Le composizioni alterate del Microbiota intestinalehanno effetti anche sul sistema nervoso centrale, per-ché intestino e cervello sono connessi da una moltitu-dine di percorsi di comunicazione utilizzati da tra-smettitori e metaboliti batterici.L’assunzione di farmaci è determinante per la Disbiosiintestinale; è stato infatti dimostrato che medicinali divaria natura ed origine come antinfiammatori, anti-biotici, lassativi, cortisonici, distruggono milioni di

queste piccole cellule che l’evoluzione ha reso perfet-tamente compatibili con il nostro apparato gastroin-testinale, con il rischio di essere colpiti da ulcere, poli-pi, adenomi, stitichezza, aerofagia, meteorismo, alito-si, spasmi e dolori intestinali.Tra le cause esterne di Disbiosi, lo stress è il maggioreimputato: stress ambientali, inquinamento, rumore,stress chimico, stress da conservanti, stress da agentiinfettivi, ma anche stress sociali e psichici, sono tuttifattori che portano al malfunzionamento del sistemaimmunitario.È quindi del tutto evidente l’importanza della valuta-zione dello stato di salute del Microbiota intestinalenell’analisi dello stato di salute dell’organismo ospite,e come, intervenendo sulla salute del Microbiota siapossibile influenzare la salute dell’organismo ospite.Ad esempio, molti studi indicano chiaramente che lacomposizione del Microbiota delle persone grasse èdifferente da quello delle persone magre, anche senon è ancora chiaro se l’alterazione dell’uno sia lacausa dell’altro o viceversa. Da sperimentazioni effet-tuate, è stato verificato che il trapianto del Microbiotadi un animale grasso in uno magro fa sì che quest’ul-timo diventi grasso e viceversa. È stato inoltre consta-tato che agendo sul Microbiota di un diabetico è pos-sibile sorvegliarne la glicemia e l’insulino-resistenza.Attualmente è possibile diagnosticare la Disbiosi inte-stinale, senza necessariamente effettuare costosi test diintolleranza alimentare, attraverso un semplice test sul-le urine, che consente di evidenziare l’eccesso o l’assen-za di metaboliti derivati dalle attività metaboliche inte-stinali. Il Disbiosi test rileva la presenza nelle urine del-l’indicàno e dello scatòlo, due metaboliti del triptofano.Il test è praticabile negli studi specializzati in medicinafunzionale e permette di individuare l’entità qualitativae quantitativa del dismicrobismo in atto e di monitorarenel tempo l’efficacia della terapia impostata: una sortadi check-up della corretta capacità funzionale del no-stro apparato gastroenterico, con la possibilità di con-trollare l’andamento delle terapie fisiologiche e naturaliin grado di ripristinarne la corretta funzionalità. La terapia della Disbiosi intestinale prevede innanzitut-to un cambiamento consapevole delle abitudini ali-mentari del soggetto: la corretta alimentazione risultaessere infatti una delle migliori terapie per il ripristinodella Eubiosi intestinale, questo deve essere associato aterapie di disintossicazione e pulizia intestinale (rimo-zione - riparazione e ripopolazione) e drenaggio. Alle persone che presentano questo problema è con-sigliato di ripulire l’intestino in maniera drastica, pri-ma di colonizzare nuovamente il tratto intestinale coni fermenti lattici, cosicché la risposta risulti più rapidaed efficace. È importante però non confondere alimentazione enutrizione: questi due termini, spesso usati come si-nonimi, hanno significati completamente diversi. PerAlimentazione si intende il mero riempimento del tu-bo digerente, mentre la Nutrizione è il processo di tra-sformazione dell’alimento ed il suo successivo assor-bimento. Se un soggetto mangia cibi scadenti ed haun sistema digestivo inefficiente la nutrizione ne ri-sentirà fino alla compromissione dello stato di salute.

D. Tognozzi

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Prebiotici e Probiotici

Appare evidente come il ruolo dell’alimentazione edello stile di vita diventi cruciale: una dieta ben bilan-ciata favorisce la formazione e la manutenzione di unacomunità microbica dove le diverse specie di batteri vi-vono in un sistema di “controllo e bilanciamento reci-proco”. Il raggiungimento di questo obiettivo includel’utilizzo di prebiotici e probiotici, due elementi ampia-mente studiati nel campo del Microbiota intestinale.Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondialedella Sanità, i probiotici sono «organismi vivi che,somministrati in quantità adeguata, apportano unbeneficio alla salute dell’ospite». Per definirsi “probio-tico” un microrganismo deve essere sicuro per l’im-piego nell’uomo ed essere in grado di raggiungerel’intestino in forma attiva e vitale, persistere e molti-plicarsi per colonizzare la mucosa e conferire un be-neficio fisiologico specifico e dimostrato. La colonizzazione intestinale da parte dei probioticiha carattere temporaneo e termina alcuni giorni do-po la sospensione della loro assunzione.I prebiotici, invece, sono sostanze di origine alimenta-re non digeribili che sono utilizzate come nutrimentodalla flora intestinale e che promuovono selettiva-mente la crescita e/o l’attività di uno o più batteri giàpresenti nel tratto intestinale (autoctoni) o assunticontestualmente al prebiotico.

La proliferazione selettiva di batteri salutari non com-porta solo un miglioramento dell’assetto e dell’equili-brio della flora colica, ma stimola anche la produzionedi sostanze come gli acidi grassi a catena corta (SCFA)che svolgono un ruolo fondamentale per assicurare ilcorretto apporto di nutrienti e la corretta funzionalitàdelle cellule intestinali, contribuendo a mantenerel’intestino in buona salute.I principali prebiotici sono, per esempio, i frutto-oli-gosaccaridi (FOS), l’inulina, il lattulosio, gli oligosacca-ridi della soia. Come tra noi esseri umani c’è chi prefe-

risce il dolce al salato, la pasta alla bistecca, così ogniceppo batterico avrà un “cibo” preferito che gli per-metterà di crescere meglio di altri. I prebiotici miglio-rano l’attività metabolica del Microbiota intestinaleaumentando la produzione di acidi grassi a catenacorta e la proliferazione di specie benefiche come ilFaecalibacterium e l’Akkermansia.L’uso congiunto di probiotici e prebiotici porta allosviluppo di alimenti definiti “simbiotici”.

La corretta alimentazione

Le strategie alimentari, attualmente testate in modo si-stematico, aprono scenari promettenti. Cibi mirati all’au-mento delle specie batteriche benefiche possono pre-venire o migliorare le malattie collegate alla Disbiosi.Una dieta sana regola, modifica e migliora la qualitàdel nostro microbioma intestinale che produce le vi-tamine importanti per mantenere il cervello sano ol-tre che conservare l’integrità del rivestimento intesti-nale che, se compromesso diventa permeabile au-mentandone l’infiammazione, caratteristica comunea tutti i disturbi cerebrali, dal morbo di Alzheimer allasclerosi multipla (SM), passando per il morbo di Par-kinson e l’autismo. Le nostre scelte alimentari hannoun effetto determinante sulla qualità dei batteri inte-stinali e conseguentemente sulla nostra salute.Risulta fondamentale seguire un’alimentazione chemantenga un’infiammazione fisiologica, assumendocibi integrali, crudi, non geneticamente modificati epossibilmente biologici, favorendo i cibi tradizional-mente fermentati e coltivati come i crauti, o il kimchi(piatto tradizionale coreano fatto di verdure fermen-tate con spezie), la kombucha (tè addolcito e fermen-tato), e gli alimenti ricchi di fibre prebiotiche comeinulina, topinambur, aglio e tarassaco. Usare con moderazione sale, carboidrati complessiraffinati, zuccheri e grassi raffinati, limitare il consumodi bevande gassate e zuccherate e cibi industriali. Èdimostrato che in soggetti geneticamente predispo-

sti, la dieta ricca in acidi grassi saturi èresponsabile di significative altera-zioni delle condizioni microambien-tali intestinali soprattutto in terminidi caratteristiche fenotipiche del Mi-crobiota.Alcuni grassi sono invece molto im-portanti e benefici quindi nutrizional-mente utili come quelli che troviamonell’olio extravergine di oliva, nellafrutta secca, nel pesce e nell’avocado.Evitare o limitare cibi pro-infiamma-tori vuol dire anche limitare l’uso delglutine, glutammato monosodico,dolcificanti artificiali, succo di gluco-sio e sciroppo di mais. Inoltre in casodi Disbiosi è utile ridurre il consumodi carne nell’alimentazione, perchégli animali allevati assumono antibio-tici che modificano il loro microbio-ma, promuovendo i batteri resistentiagli antibiotici.

Alimentazione e disbiosi intestinale - come mantenere sano il nostro “secondo cervello”

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Conclusioni

Gli schemi nutritivi stabili per lunghi periodi influen-zano e plasmano la composizione del Microbiota in-testinale e le sue attività intestinali. Considerandoquindi l’effetto che il Microbiota intestinale ha sullanostra digestione e sulla salute dell’intestino in gene-rale, sul sistema immunitario e persino sulle funzionicerebrali è giusto dire che in larga parte “siamo quelloche mangiamo”.L’impatto dell’alimentazione sul Microbiota intestina-le è ormai ampiamente riconosciuto e potrebbe giu-stificare l’aumento dell’incidenza di patologie croni-che, comprese quelle infiammatorie, osservato nel-l’ultimo mezzo secolo. Preservare la biodiversità all’in-terno dell’ecosistema microbico, in termini di compo-nenti e funzioni, risulta quindi essere di fondamentaleimportanza per favorire condizioni di salute sia fisicache mentale.

Bibliografia

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D. Tognozzi

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Un trono non è altro che un pezzo di legno rivestito di velluto.Honorè De Balzac

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Scelti dal web (www.nutrizione33.it): cibo e malattia

La stretta relazione tra infiammazioneda cibo e insorgenza della tiroidite di Hashimoto

Esiste una precisa relazione causale tra la presenza diBAFF (B Cell Activating Factor) e la induzione e il man-tenimento di specifici disturbi tiroidei, in particolaredella tiroidite di Hashimoto. Già nel 2012 Vannucchi(1)

ha confermato l’importanza del BAFF nell’ipertiroidi-smo connesso alla malattia di Graves o alla malattia diBasedow, entrambe situazioni in cui autoimmunità einfiammazione si intrecciano a determinare il distur-bo tiroideo. La relazione tra BAFF e alimentazione èstata definita da Lied(2) fin dal 2010 e il BAFF è attivatoin modo importante dall’assunzione eccessiva o ripe-tuta degli alimenti. Il BAFF rappresenta quindi uno deisegnali di allarme che l’organismo attiva di fronte aun’alimentazione scorretta. Per capire come il BAFFpossa agire nel facilitare la comparsa di una malattiaautoimmune si deve ricordare che, come dice il suonome in inglese, determina la proliferazione el’espansione delle cellule B, i linfociti che si occupanodella produzione di anticorpi. Quando una cellula ditipo “B” è attivata da un autoantigene (per esempioun enzima della tiroide, quindi un pezzo “self”), la cel-lula attiva, di solito, un processo di “autodistruzione”che la porta a dissolversi (apoptosi) per evitare di pro-durre anticorpi contro una parte del proprio organi-smo. Alla presenza di una discreta quantità di BAFF,come avviene in caso di sistematica alimentazionescorretta, la cellula continua invece a proliferare e aespandersi, portando alla produzione di autoanticor-pi che possono svolgere un’azione deleteria nell’equi-librio dell’organismo. Una cellula B attivata da autoan-tigeni, in presenza di elevati livelli di BAFF, anziché di-struggersi, continua quindi a produrre autoanticorpi.Lavori del novembre 2015 di Campi e del gruppo diBeck-Pecoz(3) hanno identificato il BAFF come indut-tore della Tiroidite di Hashimoto, e questi stessi risul-tati sono stati confermati nel novembre 2016 dalgruppo di endocrinologi di Taiwan guidati da Lin(4)

che ha evidenziato la stretta relazione tra tutti i tipi ditiroidite autoimmune e livelli aumentati di BAFF. C’èquindi una nuova strada per interferire anche sulle ti-roiditi autoimmuni, attraverso una alimentazionepersonalizzata in senso antinfiammatorio che moduliefficacemente il livello di questa citochina.

Vannucchi G et al, J Clin Endocrinol Metab, May 2012,1.97(5): E755-E759.Lied GA et al, Aliment Pharmacol Ther. 2010 Jul;32(1):66-2.73. Epub 2010 Mar 26).Campi I et al, Thyroid. 2015 Sep;25(9):1043-9. Epub 20153.Aug 13.Lin JD et al, Clin Chim Acta. 2016 Nov 1; Epub 2016 Sep 8.4.

L’artrite si cura nel piatto

Nonostante la mole di lavori scientifici che stannoconfermando i legami tra alimentazione e le varie for-me di artrite (Artrite reumatoide, Artrite reattiva, Ar-trite psoriasica) sono ancora poche le strutture chepropongono specifici cambi alimentari per controlla-re dolore e infiammazione e aiutare chi ne soffre a re-cuperare il proprio stato di benessere in modo natu-

rale. Ci sono due aspetti che legano il cibo e l’infiam-mazione. Il primo dipende dalle citochine del sistemaimmunitario stimolate dall’ingestione di un cibo chegenera una infiammazione alimentare. È legato all’in-nalzamento dei livelli di Baff, di Paf e di altre citochine,che come descritto da Chen (1) sono in grado di attiva-re una risposta autoimmunitaria nell’organismo. Sitratta del meccanismo che molti identificavano con ilnome ormai obsoleto e ascientifico di “intolleranzealimentari”. Il secondo dipende invece dalle adipochi-ne prodotte dalle cellule del tessuto adiposo come ri-sposta alla particolare modalità alimentare, ad esem-pio dalla dominanza di assunzione di carboidrati ri-spetto alle proteine (con produzione di visfatina), daldigiuno prolungato (con produzione di resistina) edal mancato rispetto del fisiologico timing alimentare(in assenza di prima colazione ad esempio la leptinanon viene prodotta). Grazie a queste nuove cono-scenze è possibile affrontare ogni caso di artrite, an-che quando ci sia una forte componente autoimmu-nitaria, partendo dallo studio dell’infiammazione dacibo, del Profilo Alimentare personale e impostandouna proposta nutrizionale individualizzata adatta a ri-durre i livelli di infiammazione locali e sistemici. Oltreal primo importante lavoro di Francisca Lago(2), anchele ricerche di Conde(3), pubblicate su Discovery Medi-cine, hanno considerato gli effetti di induzione del-l’artrite legati alla scorretta distribuzione di proteine ecarboidrati all’interno dei singoli pasti. La ricercascientifica sta infatti confermando oggi il fondamen-tale impatto delle adipochine nella genesi dell’infiam-mazione articolare e dei fenomeni dolorosi che ne so-no correlati. Il sistema alimentare che spesso consi-glio ai nostri pazienti, a partire dalla ricca prima cola-zione, mira specificamente a controllare e orientare laproduzione delle adipochine rilasciate dal tessutoadiposo, e a ridurre la produzione di Baff (B Cell Acti-vating Factor) che, grazie agli studi di Lied(4) spiegatutti i sintomi infiammatori che usualmente sonoascritti al cibo.

Chen M et al, Cytokine Growth Factor Rev. 20141.Jun;25(3):301-5. Epub 2013 Dec 24.Lago F et al, Nat Clin Pract Rheumatol. 2007; 3(12):716-2.724.Conde J et al, Discov Med. 2013 Feb;15(81):73-83.3.Lied GA et al, Aliment Pharmacol Ther. 2010 Jul;32(1):66-4.73. Epub 2010 Mar 26.

Dieta Lemme: pericolosa e contraria alla scienza

Una delle diete oggi più “di moda” in Italia è proposta daAlberico Lemme, un laureato in farmacia che sembranon appartenere a nessun ordine professionale sanita-rio, sfuggendo così ad aspetti di responsabilità che sonoinvece propri degli operatori della salute.

Riporto e commento un elenco di affermazioni inop-portune e in molti casi socialmente pericolose fatteda Lemme, spesso amplificate dalla sistematica par-tecipazione a talk-show televisivi di successo:– La frutta alimenta il tumore: I dati sul rapporto tra

frutta e il controllo del cancro (non la sua induzio-ne) sono documentati dall’American Institute of

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Cancer Research e dalla World Cancer ResearchFund. L’eccesso di frutta negli obesi può avere qual-che correlazione con la malattia tumorale, ma indosi equilibrate la frutta è altamente protettiva.Salvo che in rarissime occasioni, la frutta apparevietata nei suggerimenti nutrizionali di Lemme;peccato che quasi tutti i prodotti dolciari “dima-granti” in vendita nei suoi shop siano a base di frut-tosio. Qualcosa non quadra.

– La dieta Mediterranea nutre il tumore: la relazione tradieta Mediterranea e riduzione delle malattie de-generative è un dato acquisito e rivalutato scientifi-camente nel tempo anche in mesi recenti. Sentireparlare della dieta Mediterranea come della dietapiù ingrassante conosciuta fa venire i brividi.

– La chemioterapia non serve: nonostante l’intenso di-battito sulla azione non sempre risolutiva dellachemioterapia antitumorale, in moltissime formetumorali la chemioterapia ha fatto e continua a farela differenza tra sopravvivenza e morte. Messaggidi questo tipo sono falsi e negano la speranza aimalati e ai sani.

– L’attività fisica non serve a nulla: L’attività sportiva,sia di tipo aerobico prolungato, sia di tipo anaero-bico ripetuto di breve durata, apre i canali del glu-cosio (GLUT4) e contribuisce sempre al migliora-mento della sensibilità insulinica. Perché si perdamassa grassa l’attività fisica va integrata da una cor-retta alimentazione, ma resta un documentatostrumento di miglioramento delle risposte meta-boliche e di prevenzione antitumorale. I motivi dialcuni iniziali successi:

– Abolizione quasi totale dei carboidrati nella prima fa-se di dimagrimento. Comunque camuffata, la primafase di dimagrimento è proposta in modo apparen-temente individualizzato (telefonata diretta conLemme ogni due giorni) e richiede una dieta disso-ciata a base di quantità libere di proteine della car-ne o del pesce. Questi suggerimenti nutrizionalihanno caratteristiche simili alle diete iperproteichedi Dukan o di Atkins. È documentato che un caricoesclusivo di proteine obbliga fegato e reni ad uneccessivo lavoro di disintossicazione che può rive-larsi pericoloso.

– Apparente libertà alimentare (il messaggio è dimangiare fino a 10 Kg di carne o di pesce in ognisingolo pasto). In realtà l’esperienza pratica inse-gna che dopo un paio di giorni di “eccessi”, quandosi può mangiare un solo componente alimentare, siriduce l’assunzione di cibo e complessivamente siarriva ad una riduzione delle calorie assunte, comein una dieta ipocalorica.

– Uso mattutino della pasta. Nella fase di dimagri-mento, l’unica eccezione all’uso esclusivo di protei-ne è proposto dalla assunzione ritmata di quantitàlibere di pastasciutta cotta senza sale e condita conolio e peperoncino. Le prime ore dopo il risvegliosono quelle in cui ogni mammifero ha una capacitàdi metabolizzazione e di consumo più elevate. Laquantità può essere libera (fino a 10 chili) ma per glistessi motivi appena segnalati c’è una autolimita-zione che ne riduce l’assunzione. Lo stimolo meta-bolico indotto dalla prima colazione è comunqueuno dei pochi punti condivisibili, insieme alla elimi-nazione del saccarosio.

Punti controversi:– Nella dieta è richiesto di abolire completamente il

sale in qualsiasi sua forma, sia per la cottura sia peril condimento. Lavori recenti hanno confermatoche se in genere è buona cosa ridurre il sale, soprat-tutto in soggetti ipertesi, per molte altre personesenza fattori di rischio ipertensivo, la eliminazionedel sale può portare a danni peggiori del continua-re ad usarlo. La risposta è individuale e non può es-sere assoluta.

– Si afferma che il pomodoro sia uno dei vegetali cheinduce resistenza insulinica e genera ingrassamento.Non esiste un solo lavoro scientifico che lo affermi,mentre molti lavori dicono esattamente il contra-rio, come quelli di Tsitsimpiku in cui proprio il po-modoro riduce in modo significativo i fattori di ri-schio della sindrome metabolica.

– La rapida perdita di peso che talvolta si ottiene conuna dieta dissociata e iperproteica (solo 3 pasti su24, nella prima fase, contengono carboidrati) portaad una netta riduzione del metabolismo e ad unadattamento metabolico in riduzione che si man-tiene poi per anni, come ha dimostrato Fothergillche ha visto la riduzione del metabolismo persiste-re anche per 6 anni dopo una veloce e rilevanteperdita di peso, facilitando, nella quasi totalità dellepersone valutate, il ritorno rapido al peso originale.

– Personalmente sostengo i benefici della onnivoritàma l’abuso di carne che viene suggerito è fortemen-te contrario ai fini del dimagrimento. Mozzaffarianha documentato sul New England Journal of Medi-cine i risultati di 20 anni di valutazioni effettuate suoltre 120.000 persone sane, indicando tra i cibi chefanno ingrassare, oltre allo zucchero e alle bevandedolcificate, proprio l’abuso di carne rossa e di carniprocessate.

– Uno studio svizzero effettuato su 2400 persone hadocumentato che una motivazione autonoma araggiungere un obiettivo è determinante affinchéle scelte di salute e l’aderenza a un programma sia-no mantenute nel tempo. Tenendo conto, comepubblicato da Courtney che persone con bassa au-tostima sono ad alto rischio per sintomi depressivie disturbi del comportamento alimentare. Troop hainoltre pubblicato i risultati di uno studio ingleseche ha documentato una risposta anoressica o bu-limica in relazione al tipo di senso di colpa e di ver-gogna indotto nelle persone con disturbi del com-portamento alimentare. Esistono pertanto datiscientifici che obbligano a valutare con molta at-tenzione gli effetti di insulti o affermazioni degra-danti usati in riferimento all’aspetto fisico anche seaccettati in modo esplicito.

Una considerazione su responsabilità inaspettateNel caso in cui una persona con disturbi del compor-tamento alimentare, fragile e già afflitto da sensi dicolpa o di vergogna, dovesse subire da chicchessia in-giurie umilianti o degradanti, (nonostante una accet-tazione espressa) ci sarebbe il documentato rischio dislatentizzare una grave crisi depressiva o crisi bulimi-che o anoressiche.

A. Speciani

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Articoli di Attilio Speciani(Allergologo e Immunologo)

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Le competenze richieste nella Governance dei processi a rischio in Sanità: dal Clinical RiskManagement al Risk Based Thinking

Alessia CabriniSpecialista in Tecniche Sanitarie Diagnostiche (Laurea Magistrale)

U.O.C Microbiologia e Virologia Azienda Ospedaliera Universitaria di PadovaPresidente Confederazione ANTEL Triveneto

Introduzione

Tra i determinanti della Clinical Governance(1,2), la ge-stione del rischio clinico rappresenta uno dei “pilastri”che più si è sviluppato all’interno delle organizzazionisanitarie, anche attraverso l’istituzione di funzioni dedi-cate come il “Clinical Risk Management”(3). Negli ultimianni, tuttavia, si è assistito ad una estensione delle atti-vità di “Risk Management” dallo storico ambito clinico edella sicurezza ambiente/lavoratore(4), verso l’area am-ministrativo-contabile(5), introducendo la necessità diun approccio “sistemico” al rischio, finalizzato alla suaprevenzione nelle varie declinazioni. Anche la più re-cente normativa internazionale(6) sottolinea la necessi-tà di creare nelle organizzazioni una “cultura sistemica”e una “competence trasversale” della sicurezza che neisistemi sanitari è stata inizialmente identificata nellaPatient Safety, ma che, a tendere, dovrà estendersi atutte le componenti professionali che, a diverso titolo,sono chiamate ad operare nei processi assistenzialiidentificati come a “rischio” sia primari che di supporto.

L’obiettivo dello studio è quello di analizzare l’evoluzio-ne della normativa in ambito internazionale, europeo,nazionale e regionale, così da identificare le compo-nenti trasversali della “competence” (Knowlewdge/Skills/Attitude)(7) richieste ai professionisti sanitari e“non sanitari” responsabili a vario titolo all’interno delleorganizzazioni, della governance dei processi a rischio(clinico, amministrativo-contabile, corruzione, opera-tore/ambiente). Tale definizione è anche l’attività preli-minare richiesta dalla più recente normativa italiana inmateria(8,9) al fine di certificare la “competence” di taliprofessionisti. A tendere tale “competence” dovrà an-che entrare a far parte dei requisiti richiesti per l’Accre-ditamento Istituzionale delle strutture sanitarie(10), incui l’identificazione dei processi a rischio, o delle attivi-tà a rischio all’interno dei processi, diventi una consue-tudine degli operatori quale risultato di un pensierobasato sul rischio (Risk Based Thinking)(11) diffuso econdiviso all’interno delle organizzazioni, per assicu-rarne una sempre più capillare prevenzione e semprepiù strutturato controllo sistemico.

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Sommario

Nelle organizzazioni sanitarie si rileva sempre più la necessità di creare una “cultura sistemica” della sicurezza e diidentificare una “competence trasversale” da estendere a tutte le componenti professionali responsabili, a vario ti-tolo, della governance dei processi a rischio, vista la carenza nei sistemi sanitari della definizione di un “tronco co-mune” di competenze per gli stessi professionisti.Lo scopo di questo studio è quello di analizzare l’evoluzione dei Sistemi di Gestione per la Qualità e del Rischio, sia daun punto di vista metodologico che normativo in ambito internazionale, europeo, nazionale e regionale, per identifi-care e standardizzare la “competence” trasversale, intesa come sommatoria delle conoscenze, competenze e attitudini,richiesta ai professionisti coinvolti nei processi a rischio, anche in previsione di una futura certificazione di tale “compe-tence” a livello nazionale e regionale. Inoltre, considerato le nuove normative sull’argomento, si è ipotizzata la defini-zione di un modello di rappresentazione delle tre aree della “competence” del rischio utile ad un eventuale certificazio-ne delle competenze professionali da parte della regione Veneto. È stata analizzata l’evoluzione della normativa e dellaletteratura Internazionale/UE, Nazionale e Regionale sulle tematiche della Qualità/Accreditamento e del Rischio a par-tire dal 1992 fino ad oggi. Sono stati identificati i determinanti della “competence”, applicando un modello trasversaleche deriva dalla sommatoria delle Technical Skills e delle Non Technical Skills. È stata analizzata la documentazione di-sponibile sul tema della certificazione dei professionisti a livello internazionale, nazionale, regionale.Dall’analisi della normativa e della letteratura ne consegue un percorso specifico di legislazione e di norme relativealla Qualità e al Rischio nelle sue varie declinazioni, che evidenzia una progressiva evoluzione della “competence”dei professionisti deputati alla governance del rischio (Clinical Risk Manager, Internal Auditor, Responsabile ServizioPrevenzione Protezione). Tale evoluzione si caratterizza per la progressiva convergenza nell’utilizzo di metodologiecomuni sia per la mappatura dei processi che per l’analisi del rischio nei rispettivi ambiti di specificità: clinico, am-ministrativo – contabile, corruzione, operatore/ambiente. Il modello che ne deriva presuppone il raggruppamentodei professionisti nella cosidetta “Famiglia professionale del Rischio”, che condividono la “competence” collegata alconcetto del “Risk Based Thinking” ripreso dalla recentissima versione della norma ISO 9001:2015. Sviluppando que-sto approccio “sistemico” al rischio, si ottiene come risultato una matrice di competenze della “Famiglia del RischioProfessionale” che evidenzia la conoscenza e l’applicazione delle Technical Skills e delle non Technical Skills a secon-da dei diversi processi e del contesto di pertinenza dei professionisti stessi.

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Materiali e Metodi

È Stata analizzata la normativa internazionale, euro-pea, nazionale e regionale degli ultimi 23 anni (1992 –2015) sulle tematiche della Qualità/Accreditamento edel Rischio identificandone l’evoluzione e i relativi pas-saggi. Sono stati identificati i determinanti trasversalidella “competence”, intesa come sommatoria delle co-noscenze, competenze e attitudini, che si identificanonelle cosiddette Technical Skills (conoscenze, compe-tenze) e nelle Non Technical Skills (attitudini, abilità),richieste agli operatori coinvolti nella governance deiprocessi a rischio sia primari che di supporto in ambitosanitario. Tra le Tecnichal Skills sono state analizzate leconoscenze sulla mappatura e rappresentazione deiprocessi, le tecniche specifiche di mappatura del ri-schio proattive (Fmea, Audit, Safety Walkaround), letecniche di mappatura del rischio di tipo reattivo-re-trospettivo (Root Analysis Cause, Ishikawa, Protocollodi Londra, Incident Reporting, Non Conformità neiSGQ, Trigger Tool) ed infine le tecniche intermedie traquelle proattive e reattive (Focus Group, Briefing e De-brifing sulla sicurezza). L’analisi delle Non TechnicalSkills è stata effettuata rispetto alle dimensioni cogni-tiva, contesto/dipendente, integrativa, relazionale, af-fettivo/morale, forma mentis con specifico riferimentoalla Capabylity. In questo progetto di studio è stata an-che analizzata la documentazione disponibile sul te-ma della certificazione dei professionisti a livello inter-nazionale, nazionale, regionale e ipotizzata la proget-tazione di un modello regionale Veneto di individua-zione della “competence” richiesta agli operatori cheoperano sulle tematiche del rischio, anche al fine diuna certificazione in coerenza con gli standard dellalegislazione nazionale in materia.

Risultati

Di seguito vengono riportati i risultati dell’analisi del-la normativa internazionale/ UE, nazionale e regiona-le della Qualità e del Rischio.

Normativa Internazionale/ UE:

• Norma ISO 17025:2005 (14) esprime i requisiti gestio-nali e tecnici per la competenza dei laboratori diprova e di taratura.

• Norma ISO 22870: 2006 (12), fornisce i requisiti specifi-ci per la qualità e la competenza applicabili alle ana-lisi decentrate (Point-of-care Testing) ed è destinataad essere utilizzata in combinazione con la normaISO 15189 relativa ai laboratori clinici.

• Regolamento 765/CE/2008(13), pone norme in mate-ria di accreditamento e vigilanza, e stabilisce lacompetenza degli organismi di valutazione/certifi-cazione.

• Norma ISO 9001:2008(14) specifica i requisiti dei siste-mi di gestione per la qualità da utilizzarsi quandoun’organizzazione vuole dimostrare la propria ca-pacità a fornire prodotti che soddisfino i requisitidei clienti.

• Norma ISO 9004:2009(14), fornisce alle organizzazionilinee guida per aiutare a raggiungere il successo du-revole attraverso l’approccio della gestione per laqualità.

• Norma ISO 31000:2010(14), affronta il tema del Ri-schio, proponendo un modello di gestione e di inte-grazione dello stesso nei sistemi di gestione azien-dale. Essa è applicabile a tutte le tipologie di Rischio(da quelli strategici a quelli operativi), e può essereutilizzata da imprese pubbliche o private, associa-zioni, gruppi o individui.

• Direttiva 2011/24/UE(13), stabilisce che l’accredita-mento delle strutture sanitarie deve ottenere laconformità a norme internazionali.

• Norma ISO 19011:2012(14), fornisce linee guida sugliaudit dei sistemi di gestione.

• ISO/IEC 17024:2012(15), È applicabile agli Organismiche effettuano la certificazione delle persone e sioccupa della “Valutazione della conformità- Requi-siti generali per organismi che eseguono la certifi-cazione delle persone”.

• Norma ISO 15189:2013(12), stabilisce i requisiti gene-rali e gli standard relativi alla qualità e alla compe-tenza tecnica nei Laboratori clinici. I requisiti del si-stema di gestione della ISO 15189 sono espressi intermini appropriati alle attività di un Laboratoriomedico, sono in accordo con i principi della ISO9001:2008 per i sistemi di gestione per la qualità, erisultano allineati ai pertinenti requisiti della normastessa.

• Norma ISO 9001:2015(11), è una recente revisionedella normativa ISO 9001:2008 che affronta il temadell’analisi dei rischi nelle organizzazioni, stabilen-do un approccio sistematico per considerare il ri-schio, assicurandone l’identificazione e il controlloin tutta la progettazione e l’uso di un sistema di ge-stione per la qualità. Il “Risk Based Thinking” deveessere considerato fin dall’inizio e in tutto il sistema,rendendo l’azione preventiva inerente alla attivitàdi pianificazione, di funzionamento, di analisi e divalutazione, per assicurare l’identificazione e il con-trollo del rischio nei sistemi e nei processi.

A. Cabrini

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Figura 1 - Modello di approccio sistemico al rischio previstodalla norma ISO 9001:2015; nella progettazione e applicazionedei SGQ; nelle organizzazioni sanitarie.

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Requisiti collegati ad organismi di Certificazione Internazionale

• Joint Commission International (JCI)(16) Individua,quantifica e condivide le pratiche migliori nellaqualità e sicurezza dei pazienti, fornendo leadershipe assistenza alle organizzazioni sanitarie per miglio-rare le performance e gli esiti. Accreditata ISQua.

• Accreditation Canada International (ACI)(17) Definiscegli standard specifici per ogni singola area azienda-le di erogazione dei servizi, sia di carattere sanitarioche amministrativo, fornendo alle organizzazionielementi essenziali (pratiche obbligatorie) al fine diincrementare la sicurezza dei pazienti e minimizza-re il rischio. Accreditata ISQua.

• Australian Council on Healtcare Standard Internatio-nal (ACHSI)(18) principale organismo di accredita-mento sanitario in Australia, con l’obiettivo di facili-tare la capacità delle organizzazioni internazionaliad aumentare i livelli di qualità e sicurezza. Accredi-tata ISQua.

• Haute Autoritè de Santè (HAS)(19) produce raccoman-dazioni (linee guida di buone pratiche) e strumentiper facilitare il loro utilizzo da parte di professionistidel settore sanitario francese, con l’obiettivo di mi-gliorare la qualità e la sicurezza delle cure.

• National Accreditation Board for Hospital e Healthca-re Provider (NABH)(20) Ente Nazionale di accredita-mento per gli ospedali e gli operatori sanitari in In-dia, per istituire e gestire programmi di accredita-mento per le organizzazioni sanitarie.

• Quality Healt New Zealand (QHNZ) (21) Organizzazio-ne di accreditamento in Nuova Zelanda; gli Stan-dard di qualità QHNZ sono basati su quelli utilizzatiin Australia e in Canada.

• Trent UK Accreditation (QHA) (21) è un’organizzazionebritannica la cui missione è di fornire accreditamen-to alle organizzazioni sanitarie.

• United Kingdom Accreditation Forum (UKAF) (21). Èuna rete di organismi di accreditamento sanitaricon l’intenzione di condividere le esperienze e lebuone pratiche in materia in accreditamento.

• International Society for Quality in Health Care(ISQua) (21) Società Internazionale per la Qualità inSanità, è un organizzazione “ombrello” responsabiledell’accreditamento di JCI, ACI, ACHSI, QHNZ.

• International Accreditation Forum (IAF) (22) Associa-zione mondiale degli organismi di valutazione dellaconformità di accreditamento nel campo dei siste-mi di gestione, prodotti, servizi, personale. La suafunzione primaria è quella di sviluppare un unicoprogramma mondiale di valutazione della confor-mità che riduce il rischio.

Normativa Nazionale:

• Legge n. 502/92 (23) ha avviato il processo di regiona-lizzazione ed aziendalizzazione delle strutture sani-tarie ponendo le basi per una diversa articolazionedella sanità pubblica, intesa principalmente comeservizio al cittadino/utente; qualità delle prestazio-

ni ed efficienza sono i principi ispiratori del nuovomodello di sanità, unitamente ai criteri di efficaciadegli interventi, appropriatezza ed economicitànell’uso delle risorse umane, tecniche e strutturali,tutti elementi indispensabili per una peculiare edefficiente Clinical Governance.

• D.lgs n.229 del 29 giugno 1999 (23) o meglio definito“Legge Bindi”, o “Riforma Ter”, che prevede l’attua-zione di due principi fondamentali già affrontati dalDl.gs n.502 del 1992, ossia la regionalizzazione delSSN e l’aziendalizzazione delle UU.SS.LL, con parti-colare attenzione alla valorizzazione delle Regioniattraverso il rafforzamento del loro ruolo e autono-mia in ambito sanitario, e al rafforzamento di com-petenze anche nell’ambito del rischio (Dipartimen-to di Prevenzione).

• Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (24), recan-te “Disciplina della responsabilità amministrativa del-le persone giuridiche, delle società e delle associazionianche prive di personalità giuridica, a norma dell’art.11 della legge 29 settembre 2000, n. 300” ha introdot-to per la prima volta nel nostro ordinamento la re-sponsabilità in sede penale degli enti, che si aggiun-ge a quella della persona fisica che ha realizzato ma-terialmente il fatto illecito. L’art. 6 del Decreto legi-slativo 231/2001 contempla tuttavia una forma di“esonero” da responsabilità dell’ente se si dimostra,in occasione di un procedimento penale per unodei reati considerati, di aver adottato ed efficace-mente attuato modelli di organizzazione, gestionee controllo idonei a prevenire la realizzazione degliilleciti penali considerati; un tema sul quale i RiskManager devono essere coinvolti nell’ambito dellepolitiche aziendali per la gestione dei rischi.

• Modello di Organizzazione e Gestione della Sicurezza(MOGS) ai sensi del D.lgs 231/01.

• Intesa Stato-Regioni 28 Luglio 2005 (12), determinal’obbligo di Accreditamento per i servizi di Labora-torio Antidoping, secondo la norma ISO 17025.

• Raccomandazioni Ministeriali del Ministero della Sa-lute (RM), (25) hanno lo scopo di offrire agli operatorisanitari informazioni su condizioni e procedure po-tenzialmente pericolose, che possono causare gravie fatali conseguenze ai pazienti; inoltre fornisconostrumenti efficaci per mettere in atto azioni che sia-no in grado di ridurre i rischi, e promuovono l’assun-zione di responsabilità da parte degli operatori perfavorire il cambiamento di sistema.

• RM n. 8, novembre 2007- Prevenzione atti di violenzaa danno degli operatori sanitari (25).

• RM n. 1, Marzo 2008 - Corretto utilizzo delle soluzioniconcentrate di Cloruro di Potassio - KCL - ed altre so-luzioni concentrate contenenti Potassio (25).

• RM n. 2, Marzo 2008 - Prevenire la ritenzione di gar-ze, strumenti o altro materiale all’interno del sitochirurgico (25).

• RM n. 3, Marzo 2008 - Corretta identificazione dei pa-zienti, del sito chirurgico e della procedura (25).

• RM n. 4, Marzo 2008 - Prevenzione del suicidio di pa-ziente in ospedale (25).

• RM n. 5, Marzo 2008 - Prevenzione reazione trasfu-sionale da incompatibilità ABO (25).

Le competenze richieste nella Governance dei processi a rischio in Sanità

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• RM n. 6, Marzo 2008 - Prevenzione morte maternacorrelata al travaglio e/o parto (25).

• RM n. 7, Marzo 2008 - Prevenzione della morte, comao grave danno derivati da errori in terapia farmaco-logia (25).

• D.lgs 9 aprile 2008 n. 81 (4) Il decreto legislativo, ha ri-formato, riunito e armonizzato, abrogandole, le di-sposizioni dettate da numerose precedenti norma-tive in materia di sicurezza e salute nei luoghi di la-voro succedutesi nell’arco di quasi sessant’anni, alfine di adeguare il corpus normativo all’evolversidella tecnica e del sistema di organizzazione del la-voro. In particolare l’art. 28 del decreto definisce itermini per la valutazione dei rischi alla salute e allasicurezza dei lavoratori.

• SGSL è il sistema di gestione della sicurezza sul lavo-ro (26), ai sensi della legge italiana, indica un sistemaorganizzativo aziendale finalizzato a garantire il rag-giungimento degli obiettivi di salute e sicurezzacercando, attraverso la strutturazione e la gestione,di massimizzare i benefici minimizzando al contem-po i costi. L’art. 30 del Decreto 81/08 – modelli di or-ganizzazione e di gestione – al comma 4 stabilisceche “il modello organizzativo deve altresì prevedereun idoneo sistema di controllo sull’attuazione delmedesimo modello e sul mantenimento nel tempodelle condizioni di idoneità delle misure adottate”.L’attività dell’organo di controllo e di vigilanza di-venta fondamentale per la puntuale ed efficienteapplicazione del modello stesso e per la esimenzaprevista dalla norme di cui al 231/2001.

• RM n. 9, Aprile 2009 - Prevenzione eventi avversi con-seguenti al malfunzionamento dei dispositivi medi-ci/apparecchi elettromedicali (25).

• Legge Nazionale n.85 del 30 Giugno 2009 (13), stabili-sce l’obbligo di Accreditamento per i servizi forensidi analisi del Dna, secondo la norma ISO 17025.

• Legge nazionale n.88 del 7 Luglio 2009 (13), stabiliscel’obbligo di Accreditamento per i servizi di laboratorioSicurezza Alimentare, secondo la norma ISO 17025.

• RM n. 10, Settembre 2009 – Prevenzione dell’osteo-necrosi della mascella/mandibola da bifosfonati (25)

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• RM n. 11, Gennaio 2010 - Morte o grave danno con-seguenti ad un malfunzionamento del sistema ditrasporto (25).

• RM n.12, Agosto 2010 - Prevenzione degli errori in te-rapia con farmaci “Look-alike/sound-alike” (25).

• RM n.13, novembre 2011 - Prevenzione e gestionedella caduta del paziente nelle strutture sanitarie(25).

• Patto della Salute 2010-2012”Valorizzazioni di ruoli ecompetenze professionali” (Art.5) (27). Il Patto convie-ne sull’importanza di ridefinire ruoli, competenze erelazioni professionali “con una visione che assegnaa ogni professionista responsabilità individuali e diequipe”, accantonando “una logica gerarchica” per“perseguire una logica di governance responsabiledei professionisti coinvolti”. A questo scopo sonopreviste “sia azioni normativo/contrattuali che per-corsi formativi a sostegno di tale obiettivo”, al fine dimigliorare l’efficienza del settore delle cure primarie(Quotidiano sanità.it Governo e Parlamento 16 Lu-glio 2014).

• RM n.14, ottobre 2012 - Prevenzione degli errori interapia con farmaci antineoplastici (25).

• Intesa Stato-Regioni 20 Dicembre 2012 (13), approvaun disciplinare sulla revisione dell’accreditamento,che deve ottenere la conformità a norme interna-zionali, garantire l’omogeneità tra le Regioni italia-ne, essere basato su verifiche esterne indipendenti.(http//www.agenas.it/accreditamento).

• Legge 8 Novembre 2012 n.189 (Decreto Balduzzi) (28)

Descrizione e contenimento del rischio attraversoLinee Guida e percorsi assistenziali (PDTA), con con-seguente diminuzione del contenzioso e della me-dicina difensiva.

• Legge 6.11.2012 n.190 (29) disciplina le disposizioniper la prevenzione, repressione, corruzione e l’ille-galità nella Pubblica Amministrazione, al fine di pre-venire il Rischio amministrativo-contabile.

• AGENAS (30), ha promosso e recentemente realizza-to, nell’ambito di una specifica ricerca, quattro ma-nuali operativi, che declinano e puntualizzano i re-quisiti e le evidenze del citato Disciplinare per diver-se tipologie di strutture. A risultato di tale ricerca, siconferma la specificità dei servizi Medicina di Labo-ratorio nell’ambito delle strutture sanitarie (ospeda-li residenziali ambulatori), a cui è dedicato uno spe-cifico manuale. I contenuti dei manuali AGENAS so-no riconducibili a quelli elaborati in ambito interna-zionale per i sistemi di gestione della qualità e per lacompetenza degli organismi di valutazione dellaconformità di cui al Regolamento (CE) n. 765/2008.

• Dl.gs n.13 del 16/01/2013 (8) “Definizione delle normegenerali e dei livelli essenziali delle prestazioni perl’individuazione e validazione degli apprendimentinon formali e informali e degli standard minimi diservizio del sistema nazionale di certificazione dellecompetenze anche in funzione del riconoscimentoin termini di crediti formativi in ambito europeo.

• RM n.15, febbraio 2014 - Errata attribuzione del codi-ce di triage nella Centrale Operativa 118 e/o all’in-terno del Pronto soccorso (25).

• RM n. 16, aprile 2014 - Prevenzione della morte o di-sabilità permanente in neonato sano di peso>2500grammi non correlata a malattia congenita (25).

• RM n. 17, dicembre 2014 - La mancata Riconciliazio-ne della terapia farmacologica può causare gravidanni ai pazienti (25).

• DM 2Aprile 2015, n.70 (10), regolamento recante defi-nizione degli standard qualitativi strutturali, tecno-logici e quantitativi relativi all’assistenza ospedalie-ra (GU n.127 del 4/6/2015).

• Decreto 30/06/2015(9), “Definizione di un quadrooperativo per il riconoscimento a livello na zio na -le delle qualificazioni regionali e delle relativecompetenze, nell’ambito del Repertorio na zio na -le dei titoli di istruzione e formazione e delle qua-lificazioni professionali di cui all’articolo 8 del de-creto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13”.

Normativa Regionale del Veneto

• Legge Regionale n. 22 del 16 Agosto 2002, (31) discipli-na i processi di autorizzazione all’esercizio e accredi-

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tamento delle strutture sanitarie, attraverso la valu-tazione di requisiti strutturali, tecnologici, organiz-zativi e funzionali, finalizzati al miglioramento con-tinuo della qualità che consenta, prima in fase d’au-torizzazione e poi d’accreditamento, di stimolare unprocesso d’apprendimento organizzativo continuoe di cambiamento orientato al soddisfacimento deibisogni dei cittadini.

• DGRV n. 1831 del 11/07/08 - Modello organizzativo Re-gionale Veneto per la gestione della Sicurezza del Pa-ziente (3), che la Regione ha realizzato quale modellounitario nell’ottica di sviluppo e gestione della sicu-rezza, applicabile a tutte le Aziende sanitarie e socio-sanitarie pubbliche (secondo modalità organizzativeed operative individuate nei singoli atti aziendali) e al-le strutture private accreditate nel territorio.

• Legge Regionale 31 luglio 2009, n. 15 norme in mate-ria di gestione stragiudiziale contenzioso sanitario(32). La Regione Veneto, al fine di prevenire situazio-ni di contenzioso che possano coinvolgere gli ope-ratori sanitari e migliorare il rapporto di fiducia conil servizio sanitario regionale, promuove l’utilizzo dimodalità di composizione stragiudiziale delle con-troversie insorte in occasione dell’erogazione diprestazioni sanitarie. Inoltre, con questa legge vie-ne riconosciuta l’importanza della formazione delpersonale sanitario, volta al rafforzamento della cul-tura della gestione del rischio clinico, nonché dellaprevenzione degli eventi dannosi anche al fine digarantire la sicurezza dei pazienti e gli standardqualitativi delle cure in ambito sanitario.

• DGVR n. 573/2011 (33) modello regionale di gestionedei sinistri di responsabilità e professionale versoterzi in ambito sanitario e ospedaliero, da imple-mentare nelle aziende sanitarie ed ospedaliere del-la Regione Veneto.

• Progetto Bersaglio S. Anna di Pisa recepito in Veneto nel2012 (34), è un sistema di Valutazione e Valorizzazionedella Performance delle Aziende Sanitarie che rispon-de all’obiettivo di fornire a ciascuna regione modalitàdi misurazione, confronto e rappresentazione dellaperformance, che sono riassunte in indicatori di sintesi,rappresentati in forma grafica tramite un “bersaglio”.

• Piano Sanitario Regionale 2012-2016 (35) approvatocon la Legge 23 del 29 Giugno 2012, prevede i se-guenti obiettivi: azioni per valorizzare le risorseumane, nuovi modelli organizzativi dell’assistenzaterritoriale (case management), valorizzare una vi-sione imperniata sulla coesione sociale e sulla re-sponsabilizzazione diffusa, guidando i percorsi e lerisorse in una logica di sistema.

• DGRV n. 2369/2011, DGRV n. 995/2012, DGRV n.501/2013 e DGRV n 777/2014 (5). Sviluppo e Migliora-mento del Sistema di Controllo Interno nelle AziendeSanitari. La Regione Veneto ha definito un percorsospecifico al fine di affrontare e gestire le molteplicitipologie di rischio derivanti sia da fattori endogeniche esogeni alle Aziende, che devono essere cono-sciuti, analizzati, monitorati e gestiti in quanto, setrascurati o affrontati inadeguatamente, possonoimpattare sul grado di raggiungimento degli obiet-tivi istituzionali ovvero intaccare il patrimonio

aziendale. Lo sviluppo del controllo interno contri-buisce, indirettamente, a migliorare l’efficacia dellemisure per la prevenzione della corruzione. Il per-corso è rivolto a:1) Introdurre il management del rischio ammini-

strativo-contabile nelle Aziende Sanitarie/Istitutidella Regione;

2) Sviluppare il Sistema di Controllo Interno comestrumento per il contenimento del rischio ammi-nistrativo-contabile nell’organizzazione;

3) Identificare l’Internal Audit quale struttura azien-dale specificatamente deputata alla misurazionedel rischio amministrativo contabile e alla valuta-zione di efficacia del Sistema di Controllo Interno;

4) Identificare il processo come oggetto di valuta-zione del rischio amministrativo-contabile e del-le performance aziendali;

5) Migliorare le performance aziendali tramite il mi-glioramento delle performance dei processi. LaRegione ha perciò identificato un elenco di 40processi esposti a rischio amministrativo-conta-bile che gradualmente sono stati mappati da tut-te le aziende venete.

• DGVR 567 del 21 Aprile 2015 – “Gestione del rischio cli-nico, progetto “Carmina” requisiti di autovalutazio-ne” (36). Con tale progetto, la Regione Veneto, inten-de intensificare l’azione di prevenzione del conten-zioso, da operarsi in sinergia con le attività di gestio-ne del rischio clinico, fornendo criteri e requisiti perl’implementazione e la valutazione dell’organizza-zione aziendale conforme ai principi di Risk Mana-gement. Si propone, pertanto, che le aziende sani-tarie si misurino non solo in termini amministrativo-contabili, ma anche in termini di efficacia e sicurez-za del sistema organizzativo, secondo una logica direte diffusa, in funzione proattiva e reattiva ancheattraverso un sistema di autovalutazione.

Definizione di “Competence”

In accordo con Epstein (7) i determinanti della “compe-tence” che riprendono la storica definizione di sapere-saper fare – saper essere sono rappresentati da:

1) Knowledge = Conoscenza (sapere);2) Skills = Competenza (saper fare);3) Attitude = Attitudine (saper essere).

I tre determinanti della “Competence” vengono a lorovolta specificati da sette dimensioni:1) Cognitive (cognitiva), 2) Technical (tecnica), 3) Con-text (contesto/dipendente) 4) Integrative (integrativa),5) Relationship (relazionale), 6) Affective/Moral (affetti-vo/morale), 7) Habits Of Mind (forma mentis)Dall’incrocio tra determinanti e dimensioni della“competence” in ambito del rischio, risulta la matricedelle competenze, attitudini e conoscenze “trasversa-li” richieste, agli operatori coinvolti nei processi a ri-schio sia primari che di supporto, quali ad esempio lefigure specifiche del “Clinical Risk Manager”, “InternalAuditor” e “RSPP” che si identificano rispettivamentenel contesto aziendale del processo clinico-organiz-zativo, amministrativo-contabile, ambientale e pro-

Le competenze richieste nella Governance dei processi a rischio in Sanità

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fessionale per gli operatori. Tali professionisti sonoraggruppati nella cosidetta “Famiglia professionaledel Rischio” e condividono la “competence” collegataal “Risk Based Thinking” (Fig.2), ripreso dalla recentissi-ma versione della norma ISO 9001:2015 (6).

Il modello applicato in questo studio prevede l’indivi-duazione della “competence” trasversale richiesta a tuttigli operatori, che si identifica principalmente nella som-matoria delle Technical Skills (conoscenze, competenze)(37) e delle Non Technical Skills (attitudini, abilità) (38).Technical Skills. Sono fondamentali le conoscenze sul-la mappatura e rappresentazione dei processi (39) el’applicazione di sei fasi successive:1) Identificazione dei Processi Aziendali;2) Identificazione dei Processi a rischio all’interno della

“mappa” generale dei processi e/o delle attività a ri-schio all’interno degli altri processi;

3) Analisi dei processi a rischio;4) Rappresentazione grafica dei processi a rischio;5) Identificazione delle Responsabilità;6) Applicazione delle Tecniche di mappatura dei Rischi.

La definizione dei processi nei vari ambiti aziendali(mappatura dei processi) e la relativa analisi rappre-sentano un ottimo punto di partenza per identificarei cosiddetti “processi critici e prioritari”, nell’ambito deiprocessi assistenziali sia primari che di supporto. Que-sta attività è generalmente deputata ai sistemi di ge-stione per la qualità, con l’obiettivo di identificare “exante” i rischi di processo attraverso tecniche specifi-che di mappatura del rischio definite come proattive.

Tecniche di mappatura del RischioProattive:

• FMEA (Failure Mode and Effect Analysis) – FMECA(Failure Mode and Effect Criticality Analysis). Sonometodi molto utilizzati per identificare le vulnerabilitàdei processi “ex ante”. L’obiettivo del loro utilizzo neisistemi sanitari è quello di evitare gli eventi avversiche potrebbero causare danni ai pazienti, ai familiari,agli operatori.(40) In particolare la FMEA è un metodoper esaminare un processo, prospetticamente, conl’ottica di evidenziarne le possibili vulnerabilità equindi ridisegnarlo. Si basa sull’analisi sistematica diun processo, eseguita da un gruppo multidisciplinare,per identificare le modalità del possibile insuccesso diun processo, il perché, gli effetti che ne potrebberoconseguire e cosa potrebbe rendere più sicuro il pro-cesso. L’applicazione del metodo prevede in primoluogo l’identificazione di un responsabile che orga-nizza un gruppo di lavoro multidisciplinare, compo-sto da operatori ed esperti. La prima fase, istruttoria,prevede l’analisi della letteratura, la raccolta della do-cumentazione ed eventuali interviste agli operatori.Segue la seconda fase di analisi durante la quale ilprocesso viene scomposto in macroattività, ogni ma-croattività viene analizzata sulla base dei singoli com-piti da portare a termine, e per ogni singolo compitovengono individuati i possibili errori definiti “modi dierrore”. Si valuta, quantitativamente, la probabilità dierrore (P) e, qualitativamente, la gravità delle sue con-seguenze (G). Per effettuare la “stima del rischio”, sianalizzano le modalità di accadimento di errore oguasto (failure mode) e i loro effetti (failure effect). Sitratta pertanto di una analisi di tipo qualitativo equantitativo. L’analisi dell’intero processo comportadunque l’identificazione delle aree con priorità di in-tervento e si articola nei seguenti 4 punti:1. Scomposizione del processo in fasi con l’elabora-

zione di un diagramma di flusso o flow chart;2. Definizione del “che cosa potrebbe non funziona-

re” (failure mode);3. Definizione del “perché” potrebbe accadere l’in-

sufficienza” (failure causes);4. Definizione dei possibili effetti (failure effects).

A ciascuna fase si assegna un numero di priorità di ri-schio (RPN) o indice di priorità di rischio (IPR) con undiverso punteggio da 1 a 10.L’applicazione di questa tecnica è ampia e può essereimpiegata prima di introdurre nuovi processi, per mo-dificare processi esistenti, per utilizzare in altri conte-

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Figura 2 - In evidenza il modello di “competence” trasversaledei professionisti della “Famiglia del Rischio Professionale”basato sul “Risk Based Thinking”.

Figura 3. Ciclo di applicazione delle sei fasi successive per lagestione dei rischi nei processi aziendali (Technical Skills).

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sti processi già consolidati ed infine per prevenire il ri-petersi di un evento già occorso.La maggior limitazione di questa tecnica di analisi èche le insufficienze vengono trattate come se fosserounità singole ed analizzate staticamente, mentre insanità gli eventi avversi sono il risultato di moltepliciinsufficienze e di condizioni spesso correlate fra loro.

• Audit: metodologia di analisi strutturata e sistemati-ca per migliorare la qualità dei servizi sanitari, appli-cata dai professionisti attraverso il confronto sistema-tico con criteri espliciti dell’assistenza prestata, peridentificare scostamenti rispetto a standard conosciu-ti o di best practice, attuare le opportunità di cambia-mento individuato ed il monitoraggio dell’impattodelle misure correttive introdotte (42). Consente diidentificare eventi e rischi percepiti. In base alla tipo-logia di problematica esaminata si può classificarel’audit in:– Audit economico-gestionale. Valuta l’appropriatez-

za e l’efficienza della pianificazione, della gestionedelle risorse e delle modalità di spesa delle aziende(es. modalità di acquisizione dei farmaci, definizio-ne e controllo dei ricoveri in strutture convenziona-te etc.)

– Audit organizzativo. Valuta i processi e gli standardorganizzativi di supporto all’attività sanitaria che,ovviamente, in una struttura sanitaria hanno rile-vanza anche in riferimento agli esiti del processo as-sistenziale stesso (es. sistema informativo, valutazio-ne dei carichi di lavoro, procedure organizzative fi-nalizzate alla acquisizione e assistenza delle tecno-logie; tempi e modalità di acquisizione dei farmaci).

– Audit della qualità. È uno strumento per la sorve-glianza del sistema di gestione della qualità. È unesame sistematico ed indipendente mirato a stabili-re se le attività svolte per la qualità e i risultati otte-nuti sono in accordo con quanto stabilito e se quan-to stabilito viene effettuato efficacemente e risultaidoneo al conseguimento degli obiettivi.

– Audit clinico. È rivolto al miglioramento della qualitàdell’assistenza sanitaria, poiché permette di verifica-re l’appropriatezza, l’efficacia, la qualità della perfor-mance clinica. Metodologicamente l’audit clinicoconsiste in un ciclo della qualità che si può schema-ticamente articolare in 4 fasi:1) preparazione, 2) at-tuazione, 3) azioni di miglioramento, 4) valutazionedei risultati

• Safety Walkarounds. È una visita che un gruppo diprofessionisti può effettuare presso le unità operativedi un azienda sanitaria, nel corso della quale, affianca-to da personale della stessa, percorre corridoi e stan-ze, intervista alcune delle persone incontrate (diri-genti, operatori, pazienti, famigliari, volontari) e rac-coglie informazioni su condizioni ritenute dagli inter-vistati fattori di rischio (41).Le funzioni che sono invece identificate come respon-sabili della gestione del rischio aziendale utilizzanoprincipalmente tecniche di mappatura del rischio ditipo reattivo-retrospettivo

Tecniche di mappatura del RischioReattive – Retrospettive:

• Root Analysis Cause (RCA). È uno strumento per ilmiglioramento della qualità, che aiuta gli individui ele organizzazioni ad identificare le cause e i fattoricontribuenti correlati ad un evento avverso e sulla ba-se dei risultati possono essere sviluppati progetti dimiglioramento (40) La RCA è un’analisi retrospettivache consente di comprendere cosa, come e perché èaccaduto un evento. Essa può essere applicata in tuttigli ambiti sanitari: ospedali per acuti, area della emer-genza, riabilitazione, malattie mentali, ospedalizza-zione a domicilio e nelle varie articolazioni delle cureextra ospedaliere. Requisiti della RCA sono:– la costituzione di un gruppo interdisciplinare in cui

devono essere inseriti esperti in materia;– la partecipazione di coloro che sono stati coinvolti

nell’evento;– l’imparzialità nell’evidenziare potenziali conflitti di

interesse;Ulteriori requisiti che garantiscono accuratezza e cre-dibilità della RCA sono: la partecipazione della dire-zione e di tutti coloro che sono maggiormente inte-ressati nel processo e nel sistema e la riservatezza, ov-vero le informazioni di cui si viene a conoscenza de-vono essere “protette”, non divulgate, con livelli diprotezione dei dati stabiliti a priori. La modalità concui si svolge una RCA presuppone di indagare areequali la comunicazione, la formazione ed esperienzadel personale, il carico e la programmazione del lavo-ro. Il processo della RCA si svolge con un approcciocoordinato in due fasi successive:I fase: un numero ristretto di operatori raccoglie le in-formazioni necessarie per la comprensione inizialedell’evento, effettua la descrizione cronologica equindi riferisce al gruppo di lavoro. Il gruppo di lavorodeve fare un sopralluogo nella sede dell’incidente, ri-vedere le procedure e le modalità organizzative inuso le quali devono essere disponibili durante tutti gliincontri del gruppo di lavoro. L’acquisizione delle pro-cedure aiuta a stabilire quali siano gli standard a cuitende l’organizzazione. Bisogna inoltre raccogliere in-formazioni anche attraverso interviste agli operatoriper aggiungere elementi rilevanti per l’analisi; le in-terviste devono essere eseguite prima possibile ri-spetto al verificarsi dell’incidente per evitare problemidi memoria. Infatti un’intervista tempestiva aumentala probabilità di ottenere una sequenza degli eventi ilpiù accurata possibile.II fase: analisi e confronto all’interno del gruppo, in cuidevono essere messi in evidenza tutti i fattori chehanno contribuito all’evento avverso, partendo dal-l’identificazione dei fattori contribuenti prossimi al-l’evento. Un aspetto importante del processo è capirecome i vari fattori contribuenti siano correlati l’unoall’altro. Vengono utilizzati a tal fine alcuni diagrammi,quali quello di Ishikawa e il diagramma ad albero, pervisualizzare graficamente le relazioni; questi diagram-mi sono chiamati di causa-effetto o diagrammi deifattori contribuenti.

Le competenze richieste nella Governance dei processi a rischio in Sanità

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• Ishikawa. È definito anche “diagramma a spina di pe-sce” poiché assomiglia allo scheletro di un pesce in cuila spina principale rappresenta l’evento avverso e lealtre spine rappresentano le cause e i fattori contri-buenti (40). Tale strumento serve ad identificare gli am-biti causali di un fenomeno-effetto, specificare le ipo-tetiche cause, identificare ed ordinare diversi livellicausali rappresentandoli in maniera visivamente in-tuitiva. Una volta scelto un problema (effetto) lo siscrive sulla destra di un foglio/tabellone e si tracciauna linea orizzontale fino al punto del problema (liscaprincipale). Vengono poi tracciate le linee oblique allaprincipale che costituiscono i riferimenti degli ambiti-nessi di fattori causali. In testa a ciascuna lisca vengo-no identificate le tipologie di cause (Classi). Le classitradizionalmente citate sono: struttura, attrezzature,metodi, risorse umane. A seconda della complessitàdel problema in analisi, per ciascun ambito possonoessere identificate cause di primo, secondo (sub-cau-sa), terzo livello, selezionando poi le cause più impor-tanti.

• Protocollo di Londra. Il protocollo illustra un proces-so di “investigazione” e analisi degli incidenti svilup-pato nel contesto della ricerca, il quale è stato adatta-to all’utilizzo pratico da parte dei risk manager e ditutti coloro che sono coinvolti nell’analisi di eventi av-versi. Questo approccio è stato affinato ed aggiorna-to, alla luce dell’esperienza e della ricerca nell’ambitodell’identificazione degli eventi avversi sia nel conte-sto ospedaliero sia in quello esterno. L’obiettivo diquesto protocollo è di assicurare un’indagine eun’analisi completa e comprensiva degli eventi avver-si (43), oltrepassando l’usuale identificazione del “difet-to” e andando oltre al concetto di “colpa”.

• Incident Reporting (IR). Consiste nella segnalazionespontanea e volontaria degli eventi avversi e dei “qua-si eventi” e dei problemi organizzativi tramite un’ap-posita scheda di segnalazione (40). L’obiettivo dell’IR èdi incrementare la sicurezza del paziente identifican-do le carenze nel sistema. Il numero delle segnalazio-ni varia in riferimento al numero effettivo degli eventi,essendo influenzato dalla capacità dell’operatore diriconoscere l’evento e dalla volontà di renderlo pub-blico”. La segnalazione deve essere sicura senza con-seguenze negative per chi segnala e deve avere unarisposta come feedback che si traduce in raccoman-dazioni per il miglioramento. È importante che in otti-ca di sistema si colleghi agli altri dati di rilevazione co-me, ad esempio, le Non Conformità.

• Non Conformità (NC). Si tratta del non soddisfaci-mento da parte del sistema qualità di un requisito ri-chiesto, cioè il mancato riconoscimento di un requisi-to, che è l’esigenza o aspettativa che può essereespressa, generalmente implicita o cogente (44). Loscopo dell’analisi delle Non Conformità è quello diquantificare e classificare le diverse tipologie di nonconformità, evidenziare le aree aziendali, i prodotti ele attività ritenuti più critici, confrontare la situazionerispetto agli obiettivi posti. Tutte le non conformità

devono essere registrate sull’apposito modulo “Rap-porto di non conformità” da parte del personale chele rileva e interviene nella soluzione del problema. Laregistrazione può essere effettuata anche su supportiinformatici, attuate come segnalazioni da parte delpersonale operativo, per intervenire poi in seguitocon azioni correttive e di miglioramento dei processi.Il trattamento consiste nella definizione e attuazionedella soluzione puntuale necessaria per risolvere lanon conformità individuata. Segue poi la verifica dellasoluzione che è costituita dal controllo che la soluzio-ne adottata abbia riportato il servizio/prodotto allaconformità desiderata. Inoltre le NC vengono ancherilevate dai valutatori nel corso delle visite ispettiveper i processi certificati ISO e a seconda della loro rile-vanza possono comportare il mancato rilascio dellacertificazione di qualità oppure il suo ritiro.

• Trigger Tool. È un metodo per identificare e misura-re l’andamento nel tempo degli eventi avversi del-l’ospedale. La metodologia del Trigger Tool si basa suuna revisione retrospettiva di un campione casuale dicartelle cliniche dell’ospedale, finalizzata all’indivi-duazione di “indicatori di evento” o “campanelli d’al-larme”, ovvero indizi di possibili eventi avversi occorsidurante il ricovero del paziente. Tali “campanelli di al-larme”, ben rintracciabili nell’attività quotidiana, sonosuccessivamente utilizzati come “trigger” per eviden-ziare situazioni cliniche specifiche ad alta probabilitàdi avventi avversi che una volta individuate alimenta-no i processi di audit. In questo modo si eliminano leproblematicità connesse alla segnalazione dell’erroreda parte dei professionisti poiché si innesca un mec-canismo “automatico” che intercetta le situazioni amaggior rischio. Ovviamente l’introduzione del “Trig-ger Tool” non elimina il ricorso alla segnalazione dieventi avversi su temi non vigilati dal Trigger Toolstesso.

Tecniche intermedie tra le proattive e le reattive

• Focus Group È una metodologia tipica della ricercasociale, da anni introdotta anche in sanità, che serveper identificare tutti gli aspetti di un problema par-tendo dalle esperienze e dalle percezioni delle perso-ne che sono entrate in contatto con il problema stes-so. Quindi, possono essere effettuati sia con singolefigure professionali che con l’équipe, con i pazienti, ifamiliari e con altri stakeholder (40). La discussione,della durata di circa un’ora e mezza, deve essere con-dotta da un moderatore preparato. Il gruppo deve es-sere composto da un numero di persone che varia da8 a 12. L’efficacia del focus group dipende dalle do-mande formulate che devono essere aperte e consen-tire il confronto e la massima interazione. Durante ladiscussione è possibile far emergere eventi avversi oquasi eventi, insufficienze latenti, nonché gli elementiessenziali che concorrono a determinare la cultura lo-cale della sicurezza, utili per individuare le strategiepiù efficaci da introdurre nello specifico contesto.

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• Briefing sulla sicurezza. (Riunione per la sicurez-za). È uno strumento semplice e facile da usare perassicurare una cultura ed un approccio condiviso al-la sicurezza del paziente. È un metodo che consentedi creare un ambiente in cui la sicurezza del pazien-te viene vista come una priorità, in un clima che sti-moli la condivisione di informazioni circa le situazio-ni, effettive o potenziali, di rischio (40) Consiste in unbreve confronto, una discussione colloquiale, mastrutturata, riguardante i potenziali rischi per il pa-ziente presenti nella unità operativa. In terminiquantitativi permette una facile misurazione delraggiungimento di obiettivi di sicurezza. Il briefingsulla sicurezza non deve essere punitivo, può fare ri-ferimento ad una lista di problemi di sicurezza, deveessere di facile uso, di facile applicabilità e utilizzabi-le per tutti i problemi riguardanti la sicurezza del pa-ziente. La conduzione della riunione richiede la scel-ta di un moderatore capace di spiegare le motiva-zioni e gli obiettivi. Il briefing può essere effettuatoall’inizio del turno, raccogliendo, per un massimo di5 minuti, tutti gli operatori che si occupano della cu-ra del paziente. Si parte con la rilevazione di proble-mi, dati, osservazioni (in caso di assenza di situazio-ni specifiche si può fare riferimento a problemi po-tenziali). Alla fine del turno va effettuato un debrie-fing (altra brevissima riunione), con lo scopo di inda-gare se si sono verificate delle situazioni potenzial-mente rischiose nel corso delle attività o se vi sonodomande da parte dei pazienti o dei familiari. L’in-troduzione del metodo va adattata alle esigenzedell’unità operativa, garantendo comunque regola-rità, continuità e risposta ai problemi che emergo-no. La ricaduta immediata è la maggior responsabi-lizzazione nei comportamenti individuali, la mag-gior attenzione verso la sicurezza dei pazienti, il mi-glioramento del clima lavorativo, il potenziamentodel “lavoro di squadra”.

Non Technical Skills

Si identificano quali abilità cognitive e relazionali chevanno oltre la conoscenza e la “competence” e si inse-riscono nella determinante “attitudine”. In particolareesse si riferiscono a sei delle sette dimensioni citateda Epstein (cognitiva, contesto/dipendente, integra-tiva, relazionale, affettivo/morale, forma mentis) Talidimensioni comprendono infatti la visione multidi-mensionale dei problemi, la capacità di integrazionecon le altre professioni sanitarie, la capacità di adat-tamento ai cambiamenti di ruolo e le competenze ri-chieste dall’innovazione organizzativa (Capabyli-ty) (45), la capacità di integrare le competenze specia-listiche, le capacità comunicative e le capacità orga-nizzative.In particolare tutti gli operatori, dovrebbero “ispirarsi”ai sei domini di abilità (Fig.4) promossi dal progetto distudio canadese “The Safety Competencies” (46). Talidomini infatti, pur partendo dal contesto clinico della“Patient Safety”, ben si prestano ad essere estesi a tut-

te le aree del rischio in ambito sanitario e correlanocon le 7 dimensioni citate da Epstein:1) creare una cultura della sicurezza;2) lavorare in Team;3) comunicare efficacemente;4) utilizzare strategie di sicurezza per migliorare la prati-

ca professionale;5) gestire i fattori umani ed i processi cognitivi;6) gestire le situazioni ad alto rischio e gli eventi avversi.

Certificazione Professionale

Considerata l’importanza della prevenzione del ri-schio sia in tema di sicurezza per i pazienti, che per glioperatori e l’organizzazione, è evidente l’importanzadi identificare una “Core – Competence” trasversaleper tutti i professionisti sanitari che dovrebbe con iltempo essere certificata, anche in adempimento dellarecente normativa internazionale e nazionale nel-l’ambito della certificazione dei professionisti (8,9).La Certificazione Professionale, infatti, è una designa-zione guadagnata da una persona per assicurare laqualificazione per svolgere un lavoro o un’attività.Tuttavia il rapido evolvere delle conoscenze scientifi-che, delle tecnologie, dei modelli organizzativi e ge-stionali, impone che la documentazione del possessodei requisiti correlati alla propria professionalità siaun processo dinamico. Tale attività di “Certificationand revalidation” (47), in ambito Internazionale è codifi-cata e misurata, rispetto a standard dichiarati e condi-visi con i professionisti, attraverso l’attività affidata asistemi esterni di valutazione, cioè ad un ente terzo, asua volta certificato per svolgere tale attività (48). At-tualmente l’attività di certificazione della “Competen-ce” è su base volontaria sia a livello europeo che mon-diale ed è governata da Board indipendenti di seguitoelencati:

Le competenze richieste nella Governance dei processi a rischio in Sanità

17

Figura 4. - I sei domini di abilità del progetto canadese“The Safety Competencies”.

Domain 1

Culture ofPatient Safety

Domain 2 Work in teams

Domain 3

ComunicateEffectively

Domain 4 Manage Safety

Risk

Domain 5 Optimize

Human Factors

Domain 6 Recognize

Adverse event

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• American Board of Medical Specialtes;• Royal Australian and New Zealand College of Radiolo-

gists;• American College of Emergency Physicians;• Royal Australasian College of Physicians;• Fellowship of the Royal College of Surgeons;• Membership of the College of Emergency Medicine;• Joint Commission on Allied Health Personnel in Oph-

thalmology;• American Registry for Diagnostic Medical Sonography.

Scenario Italiano

A livello Nazionale fino ad oggi, la certificazione della“competence” è stata su base volontaria e affidata allesocietà scientifiche, agli ordini professionali, a struttu-re private (es. Fondazioni). Tale certificazione non haperò valore legale né può essere utilizzata a livello in-ternazionale in quanto ratificata da istituzioni non ri-conosciute da ACCREDIA, unico ente di accredita-mento designato dallo Stato nel 2009 per valutare lacompetenza degli organismi di certificazione, com-preso la valutazione delle competenze del personale,in aderenza agli standard ISO/IEC17024. Il consegui-mento di tale accreditamento assicura la validità dellecertificazioni sui mercati internazionali. Tuttavia a par-tire dal 2013, con il Dl.gs n.13, anche l’Italia ha iniziatoad affrontare il tema del riconoscimento e valorizza-zione delle competenze dei professionisti nell’ambitodelle politiche pubbliche di istruzione, formazione, la-voro, competitività, cittadinanza attiva e del Welfare.In particolare l’obiettivo di tale norma è stato quellodi promuovere la crescita e la valorizzazione del patri-monio culturale e professionale acquisito dalla perso-na nella sua storia di vita, studio e lavoro, garantendo-ne il riconoscimento, la trasparenza e la spendibilitàattraverso la definizione di norme generali e i livelliessenziali delle prestazioni per l’individuazione e vali-dazione degli apprendimenti non formali e informalie gli standard minimi di servizio del sistema nazionaledi certificazione delle competenze. Nel giugno 2015,il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha dedi-cato uno specifico decreto che in coerenza con le nor-me generali e gli standard minimi, di cui al Dl.gs n.13del 2013, definisce un quadro operativo per il ricono-scimento a livello nazionale delle qualificazioni regio-nali e delle relative competenze.Per quanto riguarda gli ambiti dell’Accreditamentoistituzionale, le Regioni italiane nelle proprie autono-mie, hanno fissato criteri quantitativi di fabbisognodel personale senza entrare nello specifico dei livellidi “competence” professionale richiesta per l’eserciziodelle attività. In questo ambito ad esempio nel Vene-to, la normativa vigente sui processi di autorizzazionee accreditamento delle strutture sanitarie (31), ha defi-nito in maniera esaustiva i requisiti minimi strutturali,tecnologici ed organizzativi necessari per l’erogazio-ne delle attività sanitarie, mentre per quanto attieneagli aspetti legati alla “competence” professionale, glistandard regionali si sono limitati alla valutazione dimacro-categorie, di seguito elencate:

1) numerosità del personale rispetto al volume e allatipologia delle attività svolte;

2) possesso dei titoli richiesti dalla norma vigente;3) modalità di inserimento e tutoring del neoassunto;4) programmazione annuale della formazione e rela-

tiva documentazione.Fa eccezione l’Emilia Romagna che, a partire dal 2008,ha cominciato a prevedere requisiti relativi all’ade-guatezza delle competenze professionali necessarie,limitandosi, per ora, alla sola determinante relativaagli Skills e configurano quattro livelli di “competen-ce” definiti secondo l’ordine metodologico progressi-vo seguente: Livello I: ha bisogno di training per effet-tuare il compito specifico; Livello II: ha bisogno di su-pervisione per effettuare il compito specifico; LivelloIII: è competente per effettuare il compito specificosenza supervisione; Livello IV: è competente per for-mare altri ad effettuare il compito specifico.La stessa Regione Emilia Romagna ha, inoltre, previ-sto che per i Responsabili di strutture organizzativecomplesse e i Responsabili di strutture semplici, deveessere prevista una formazione per l’acquisizione dicompetenze di tipo manageriale.

Ipotesi Modello regionale certificazionedella “competence”

Considerato il vuoto normativo sull’argomento della“Competence” professionale, la Regione Veneto potreb-be definire un modello regionale di certificazione dellecompetenze professionali, individuando un ente terzoquale organismo titolato per mandato istituzionale asviluppare tale sistema. L’inserimento, anche nell’ambi-to della normativa regionale LR 22/2002, degli standarddi accreditamento professionale, già riconosciuti ed im-plementati in alcune regioni italiane (es. Emilia Roma-gna), potrebbe rappresentare la fase conclusiva di unprocesso di riconoscimento e valorizzazione del perso-nale coinvolto nelle diverse attività di Risk Managementall’interno delle organizzazioni sanitarie, che, attraversol’acquisizione della “competence” richiesta faccia delRisk Based Thinking il nuovo paradigma dell’assistenza.

Discussione

Dall’analisi della normativa e della letteratura Interna-zionale/UE, Nazionale e Regionale riguardante il temadella “competence” degli operatori, appartenenti allacosiddetta “Famiglia del Rischio Professionale”, sonostati determinati gli elementi “trasversali” per costrui-re il modello di seguito proposto che enuclea la matri-ce delle conoscenze, competenze, attitudini trasver-sali richieste ai professionisti del rischio (Fig.5), chedovranno entrare a far parte della formazione edeventuale certificazione. Si auspica una sua possibileapplicazione a partire ad esempio dalla Regione Ve-neto anche in ottemperanza della recente normativaitaliana che definisce un quadro operativo per il rico-noscimento a livello nazionale delle qualificazioni re-gionali e delle relative competenze.

A. Cabrini

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Conclusioni

Il percorso evolutivo delle norme relative alla Qualitàe al Rischio nelle sue varie declinazioni (clinico, ammi-nistrativo-contabile, corruzione, operatore/ambien-te), sottolineano una progressiva crescita della “com-petence” richiesta ai professionisti che operano nei di-versi processi sanitari sia primari che di supporto.È auspicabile che tale “competence” trasversale, unavolta individuata e validata, in un prossimo futuropossa essere anche certificata secondo standard na-zionali ed internazionali così come richiesto dalla re-cente normativa nazionale in materia. Questo percor-so porterebbe a valorizzare in maniera effettiva il con-tributo del personale sanitario ai processi di migliora-mento e prevenzione del Rischio, considerati elemen-ti essenziali per una sanità di qualità sicura ed econo-micamente sostenibile, in grado di competere sugliscenari internazionali anche in termini di mobilità delpersonale stesso. Il modello di studio proposto haidentificato gli elementi costitutivi del cosiddetto“Risk Based Thinking” che rappresentano la “compe-tence” trasversale richiesta alle figure professionalideputate, a vario titolo, alla governance del rischio at-tribuendole alle categorie delle Technical Skills e NonTechnical Skills che dovranno poi essere applicate aiprocessi specifici di competenza (clinico, amministra-tivo-contabile, corruzione, operatore/ambiente).

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Le competenze richieste nella Governance dei processi a rischio in Sanità

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Figura 5. Modello matrice competenze della “Famiglia del Rischio Professionale” che evidenzia l’applicazione delle Te-chnical Skills e non Technical Skills a seconda dei diversi proces-si e del contesto di pertinenza dei professionisti.

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A. Cabrini

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L’elaborazione del lutto

Federico Della RoccaPsicologo clinico, PsicoterapeutaResponsabile del servizio di Psicologia Clinica e Psiconcologia presso la Casa di Cura Marco Polo - USI - Roma

Lutto, attaccamento e perdita

In ambito psicologico con il termine “lutto” si intendequalunque situazione in cui una persona esperisceuna sensazione di perdita importante. Ciò significache il lutto non si verifica soltanto come conseguenzadella perdita di una persona cara, ma anche in seguitoad eventi quali ad esempio la perdita del lavoro, o diuna condizione sociale, o il trasferimento in un altroluogo in cui vivere. In questa sede tuttavia sarà presain considerazione la reazione psicologica tipica di unessere umano di fronte alla morte di una persona im-portante sul piano affettivo, nonostante le sensazioniche si provano in questo frangente possano essereestese, con diversi gradi di intensità, anche ad altrieventi di perdita come quelli sopra riportati.Per poter comprendere pienamente il significato diperdita di una persona cara è necessario fare riferi-mento al concetto di “attaccamento”, così come de-scritto per la prima volta dal celebre Psicologo ingleseJohn Bowlby negli anni settanta del secolo scorso. Coltermine “attaccamento” si fa riferimento a un bisognoprimario dell’essere umano, sganciato dal bisogno dinutrimento, che deriva dalla necessità di salvezza e si-curezza, e che fin dall’inizio della nostra vita indirizzal’attenzione verso pochi individui significativi sul pia-no emotivo e affettivo, e con i quali viene creato unrapporto unico, inscindibile e duraturo. In generale illegame di attaccamento si sviluppa nei confronti digenitori, fratelli e sorelle e parenti stretti che sono sta-

ti in contatto col bambino in modo significativo. Neconsegue che il lutto è quindi definibile come quellaserie di comportamenti e sensazioni che si sviluppa-no in seguito alla perdita di una persona significativa.L’elaborazione del lutto rappresenta, dal canto suo, illavoro svolto dal nostro apparato psichico per riuscirea superare la fase luttuosa, che comporta in sé una al-terazione di norma transitoria del normale funziona-mento psicologico dell’individuo.

Reazione psicologica al Lutto

La reazione all’evento luttuoso è sicuramente qualco-sa di estremamente soggettivo, ma è possibile identi-ficare degli elementi invarianti che la caratterizzanoper ogni essere umano.La prima risposta all’evento luttuoso può essere defi-nita come una sensazione di stordimento, o torpore,un momento in cui si fatica a mantenere la consape-volezza di ciò che è avvenuto. Questa fase può durareda qualche ora a circa una settimana, e può essere ac-compagnata da intensi attacchi di angoscia o colleramolto intensi.La fase successiva è quella dello struggimento e puòdurare mesi. Si tende a una ricerca dolorosa e infrut-tuosa della persona scomparsa, si prova un senso dirabbia impotente e il pensiero è costantemente e in-tensamente rivolto alla persona che non c’è più. Spes-so si prova un senso di forte inquietudine con la ten-

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denza a muoversi incessantemente esplorando l’am-biente circostante.Subentra poi la fase cosiddetta della disperazione, incui la consapevolezza profonda di quanto avvenutoporta allo sviluppo di uno stato depressivo caratteriz-zato da tristezza, chiusura in sé, apatia e a volte sensodi inutilità.Nello stadio conclusivo, se il processo di elaborazionedel lutto svolge con successo la sua funzione, è possi-bile entrare nella fase della riorganizzazione della pro-pria esistenza, un momento in cui si riesce a sviluppa-re un senso di accettazione della nuova realtà, si veri-fica una riapertura verso il mondo esterno e un acco-modamento alla nuova situazione. Come se qualcosache è avvenuto al nostro interno fosse giunto a com-pimento e ci lasciasse nuovamente disponibili le ri-sorse psichiche per volgere la nostra attenzione al difuori da noi stessi.

Lutto patologico o complicato

Prima che l’elaborazione del lutto venisse sottopostaa indagine psicoanalitica si tendeva a pensare in ma-niera semplicistica che il superamento del lutto fossesoltanto un processo di graduale attenuazione deldolore suscitato dalla morte di una persona amata.Successivamente, soprattutto grazie ai primi studi diFreud, si comprese che l’elaborazione del lutto è in re-altà un processo interiore articolato e complesso, chepuò concludersi con il superamento del lutto ma an-che purtroppo con una sorta di insuccesso, come di-mostrato dall’osservazione clinica dei cosiddetti luttipatologici, ossia condizioni psicologiche disfunziona-li, innescate dall’evento luttuoso, ma che non arrivanoa risoluzione completa, producendo un’alterazionepiù o meno marcata e persistente del funzionamentopsichico del soggetto coinvolto. Si parla in questi casidi “lutto complicato”, e quando si verifica tendenzial-mente necessita di un intervento psicoterapeutico.Spesso la sintomatologia del lutto complicato puòmanifestarsi anche a distanza di molto tempo dallaperdita, in occasione di ricorrenze e anniversari, e ciòpuò portare a una sottovalutazione del problema,con conseguenze a volte anche gravi.Esistono dei fattori che possono facilitare l’insorgenzadi un lutto complicato e che dipendono in sostanzadalle condizioni preesistenti all’evento luttuoso. Adesempio, un soggetto con antecedenti di sofferenzapsicologica, come sindromi depressive o tendenza adabuso di sostanze, può andare incontro a un luttocomplicato, soprattutto se manifesta abitudine allarepressione delle proprie emozioni, difficoltà nel-l’espressione dei propri sentimenti o se non possiedeparticolari risorse e supporto sociale rappresentati daamici, familiari, servizi sociali.La sintomatologia del lutto complicato è estrema-mente variabile e può includere: depressione, ansia,disturbi del comportamento alimentare, disturbi psi-cosomatici, incapacità a riprendere in mano la propriavita a causa di alterazioni del funzionamento sociale e

lavorativo. Senso di rabbia e di colpa cronici possonomanifestarsi e mantenersi per lunghi periodi causan-do marcato disagio.

Psicodinamica del Lutto complicato

Il lutto rappresenta un evento estremamente doloro-so e in alcuni casi può caratterizzarsi come un vero eproprio evento traumatico. Ciò dipenderà dall’inten-sità dell’evento (ad esempio si può distinguere fra unamorte prevedibile e una morta improvvisa e violenta)e dalle capacità psichiche che un individuo possiedeper rispondervi adeguatamente. Dal punto di vistadell’economia psichica il trauma è caratterizzato daun eccesso di eccitazione nervosa che prevarica la tol-leranza del soggetto e la sua capacità di dominare edelaborare tali eccitazioni. Questa condizione pone lapsiche in una modalità di emergenza: essa tende a ri-creare l’evento traumatico attraverso i sogni o me-diante immagini e ricordi intrusivi inerenti il trauma.Produce una sorta di “coazione a ripetere”, rivive artifi-cialmente il momento traumatico come per cercare didominarlo, di risolverlo, di gestirlo e domarlo. Quan-do tale sforzo non porta i suoi frutti, la ripetizione deltrauma rappresenta una tortura dolorosa che ripro-pone se stessa all’infinito. Un po’ come il famoso so-gno, estremamente comune, in cui ripetiamo l’esamedi maturità: è un modo per ricreare un evento vissutoal limite del traumatico con il fine (stavolta!) di gestir-ne gli aspetti fobici-ansiosi. Come ben noto, purtrop-po questo meccanismo spesso non funziona e finiscecol porre la nostra mente in una condizione di stallo. Èin questo momento che si rende necessario un inter-vento psicoterapeutico volto a favorire e agevolarel’elaborazione del lutto, attraverso uno sforzo finaliz-zato a creare nessi, collegamenti, associazioni fra ele-menti caratterizzanti l’esperienza traumatica. In que-sto modo la psiche può attuare gradualmente un pro-cesso di “digestione” di quel materiale psichico trau-matico, una sintesi e un’integrazione nella propria tes-situra di quegli elementi talmente dolorosi da rima-nere quasi avulsi dalla propria struttura mentale. L’ef-ficacia della cura consiste nella capacità di istituire le-gami associativi fra contenuti traumatici che consen-tono a loro volta la liquidazione del trauma, rimastobloccato e isolato fino a quel momento come una sor-ta di “corpo estraneo” non raggiungibile dall’elabora-zione. Ciò spiega l’importanza di poter avere al piùpresto la possibilità di parlare dell’evento traumaticocon altre persone, di avere una sorta di “contenitore”che raccolga le nostre angosce e ce le restituisca riela-borate, depurate, alleggerite, proprio perché condivi-se. Solo in questo modo gli elementi traumatici dellutto potranno essere integrati nella nostra esperien-za personale, assorbiti in modo soddisfacente e ridefi-niti al punto tale da non creare perturbazioni eccessi-ve. L’evento luttuoso diventa così un elemento più ac-cettabile e accessibile, spianando la via alla riorganiz-zazione della propria esistenza e al raggiungimentodi un nuovo equilibrio.

L’elaborazione del lutto

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Predittività di un pattern di attaccamento disorganizzato

nell’insorgenza di disturbi di tipo esternalizzante in età evolutiva

Sabina LauriaSpecialista in Neuropsichiatria Infantile

Disturbi del comportamento e pattern diattaccamento

La genesi dei disturbi del comportamento è multifat-toriale e, in atto, ancora oggetto di studio. Se, infattialcuni disturbi quali l’ADHD hanno sicuramente unabase neurobiologica, altri possono rappresentaremodalità reattive a situazioni di profondo disagioemotivo, che sottendono dinamiche complesse e de-gne di approfondimento. A questo proposito, la mo-dalità dell’attaccamento sembrerebbe correlare allacomparsa di disturbi comportamentali dell’età evolu-tiva. Sono stati identificati, tre pattern organizzati diattaccamento: sicuro, insicuro-evitante, insicuro-resi-stente e un pattern disorganizzato. Un attaccamentosicuro permetterebbe un adattamento adeguato al-l’ambiente e fornirebbe una “base sicura” permetten-do un’esplorazione dell’ambiente più appropriata,mentre modelli disfunzionali o atipici determinereb-bero un adattamento difficile ed inadeguato. L’attac-camento è il primo legame che il bambino instaura equindi il prototipo di tutte le successive relazioni so-ciali che il bambino stabilirà, influenzando significati-vamente tutte le dimensioni dello sviluppo psico-af-fettivo e non solo. Lo studio di Fonagy (1999) mostracome un caregiver con una elevata capacità riflessivapermetta un attaccamento sicuro il quale, a sua volta,promuove e facilita lo sviluppo di una teoria dellamente. Se il bambino viene privato della possibilità disperimentare un senso di protezione e di sicurezza in-terno svilupperà, di conseguenza, una ridotta capaci-tà di risposta emozionale e relazionale inficiando, co-si, le competenze sul piano sociale. La teoria dell’at-taccamento sostiene che le prime esperienze di attac-camento fatte dal bambino vengano racchiuse in par-ticolari strutture della memoria implicita denominateMOI, Internal Working Models ossia Modelli Operativi

Interni. I MOI contengono la rappresentazione del sé,della figura di attaccamento e per estensione degli al-tri e guidano il legame di attaccamento. I modellioperativi si costruiscono come frutto dell’interiorizza-zione di un vissuto nel corso dello sviluppo del bam-bino, permettono la relazione con la realtà e la costru-zione di aspettative ed opinioni. In questo modo giànelle prime fasi di vita, quando ancora non sono stateraggiunte le competenze verbali, il bambino può ac-cedere ad una coerente organizzazione emozionale ead un pattern di azioni che lo guidano nelle relazionicon l’ambiente. Il modello mentale sulla figura di at-taccamento (caregiver) si formerà in base al pattern diattaccamento. Quindi, seppur innato, il comporta-mento di attaccamento, per azione di diversi MOI, sistruttura in funzione dell’esperienza vissuta e pianifi-cato secondo i pattern messi in atto (sicuro, evitante,resistente disorganizzato). La presenza di MOI inquanto strutture con significato esperienziale diversoderivanti da emozioni di paura, aggressione, confortopossono compromettere lo sviluppo di un sé coeren-te e integrato rendendo difficile la costruzione coe-rente delle esperienze di attaccamento.Il DSM-5 individua dei disturbi che insorgerebbero aseguito di una marcata trascuratezza e di esperienzetraumatiche che avrebbero luogo già nei primi mesidi vita: Il Disturbo Reattivo dell’Attaccamento (RAD,Reactive Attachment Disorder) caratterizzato da unasintomatologia internalizzante, depressiva e il Distur-bo da Impegno Sociale Disinibito (DSED, DisinhibitedSocial Engagement Disorder) caratterizzato invece dadisinibizione e comportamento esternalizzante. En-trambi i disturbi insorgono a seguito di un accudi-mento inadeguato da parte del caregiver durante l’in-fanzia, ad eventi traumatici ed abusi (neglect) ed allaimpossibilità di instaurare con il caregiver un patterndi attaccamento appropriato. I comportamenti disini-

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Introduzione

Il comportamento problematico e le condotte aggressive in età evolutiva costituiscono oggetto di notevole interes-se considerato che sono decisamente in netto aumento. Attualmente, diversi studi mostrano, infatti, l’aumentata in-cidenza di comportamenti antisociali nelle aree metropolitane per i quali è necessario, spesso, l’intervento dei ser-vizi sociali e delle autorità giudiziarie. La presenza di un disturbo del comportamento può causare problemi di inte-grazione e di inserimento sociale con conseguenze sia a breve che a lungo termine. Infatti, il bambino sarà costrettoa sperimentare il disagio determinato dal comportamento dei pari che tenderanno ad emarginarlo ed isolarlo, ali-mentando in lui le condotte aggressive e innescando così un circolo vizioso che, nel tempo, produrrà delle conse-guenze sul piano cognitivo, relazionale ed emozionale.

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biti possono mantenersi per tutta l’infanzia e l’adole-scenza compromettendo le relazioni sociali con i coe-tanei che appaiono sostanzialmente connotati daconflitti. Il disturbo esternalizzante appare più fre-quente rispetto a quello internalizzante, più difficileda trattare, soprattutto se coesiste con un disturbo ditipo internalizzante. In bambini istituzionalizzati a se-guito di una collocazione in contesti in cui migliorava-no i pattern di accudimento si è messo in evidenzauna buona risposta al cambiamento con riduzione si-gnificativa della sintomatologia del RAD, mentre talemiglioramento sintomatologico non si otteneva inbambini con DSED o coesistenza di entrambi disturbi.Le esperienze negative si riflettono nelle capacità em-patiche di questi bambini che appaiono poco inclinial sorriso. Inoltre, i sentimenti oscillano tra tristezza,ansia, timore e irritabilità. Il ritiro e la tendenza all’iso-lamento diventano barriere protettive in risposta alvissuto doloroso. D’altra parte, sembrerebbe che lacorrelazione tra attaccamento insicuro e rischio pato-logico dipenderebbe dalla compromissione della ma-turazione di aree cerebrali preposte a funzioni cogni-tive superiori, che non beneficerebbero dello svilup-po del pattern di comunicazione che si organizza nel-le prime fasi di vita. La presenza di un disturbo delcomportamento internalizzante e/o esternalizzantegià nei primi anni di vita predispone il bambino allosviluppo di disturbi del comportamento più struttu-rati che in età adolescenziale possono evolvere in undisturbo della condotta. Questi ragazzi possono esse-re più inclini all’aggressività ed alla violenza, rifiutanole regole sociali non riconoscendo l’autorità, possonomettere in atto condotte antisociali, vandaliche e dibullismo. D’altra parte possono sviluppare sentimentidi autosvalutazione, tristezza profonda, completa sfi-ducia con una ripercussione significativa sull’autosti-ma e le capacità cognitivo-relazionali. Le capacità me-ta-cognitive possono inficiare la capacità di compren-dere gli stati d’animo altrui apparendo così poco em-patici. Conflitti interni e una immaturità della sferaemozionale possono innescare comportamenti disi-nibiti, impulsivi e poco pianificati.

Conclusioni

Nell’ambito dei fattori di rischio per l’insorgenza di undisturbo del comportamento è stata rilevata una as-sociazione tra una modalità di attaccamento inappro-priata ed una sintomatologia di tipo esternalizzante.Sono maggiormente predisposte a mettere in atto unpattern di attaccamento altamente disorganizzato,predittivo di un possibile disturbo del comportamen-to, le famiglie in cui le madri possono presentare unapsicopatologia, depressione, madri alcoliste, famiglieeconomicamente e culturalmente svantaggiate, ge-nitori aggressivi. Infatti, trascuratezza e abbandononon permetterebbero lo sviluppo di un corretto pro-cesso di attaccamento favorendo contenuti disorga-nizzati che agirebbero da fattori di rischio per l’insor-genza di una sintomatologia esternalizzante. Al con-

trario, lo sviluppo di un attaccamento di tipo sicuroagirebbe da fattore protettivo permettendo una buo-na organizzazione dei modelli comportamentali. In-fatti, l’attaccamento sicuro assume un ruolo di predit-tore positivo della capacità cognitiva, della compren-sione e della comunicazione. Alla luce di queste evi-denze, sembra opportuno sottolineare il bisogno el’importanza della prevenzione, dell’eventuale dia-gnosi e della messa in atto di interventi precoci e mi-rati al sostegno delle famiglie a rischio al fine di ridur-re l’insorgenza di disturbi comportamentali reattiviche possono insorgere già nei primi anni di vita e per-manere anche in età adolescenziale, dando luogo afenomeni di condotta aggressiva ed antisociale.

Bibliografia

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Predittività di un pattern di attaccamento disorganizzato nell’insorgenza di disturbi...

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Cos’è?

Il taping elastico è un cerotto che, applicato in manieraspecifica sulle fasce muscolari, si propone di riattivare ilsistema analgesico endogeno (effetto antidolorifico) edi ristabilire il corretto equilibrio funzionale. È un nastroelastico composto da fibre di cotone, ha lo stesso spes-sore della pelle, e possiede specifiche caratteristiche intermini di elasticità, tensione e ritorno elastico. La parteadesiva è ricoperta da una colla acrilica, priva di lattice,che gli consente di rimanere applicato sulla pelle per 2-3 giorni consecutivi resistendo a movimenti vigorosi,

sudore ed immersione in acqua. Può venire rimossosotto la doccia e non provoca irritazione della pelle, pertale motivo può essere indossato dalla maggior partedelle persone, dai bambini agli anziani.

A cosa serve?

È comunemente usato per:– Ridurre il dolore;– Drenare il gonfiore;– Migliorare la postura;– Migliorare la funzionalità;– Facilitare un precoce ritorno all’attività o lo sport;– Migliorare la performance sportiva.

Come agisce?

Quando una membrana elastica (il tape) viene appli-cata ad un altro materiale elastico (la pelle) spesso ilrisultato è la formazione di una serie di grinze su en-trambe le superfici.Questo determina il sollevamento della pelle dai tes-suti sottostanti con conseguente decompressione

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Introduzione

Il Kinesio Tape può essere definito come un bendaggio adesivo elastico con effetto terapeutico bio-meccanico elabo-rato e sviluppato dal Dr. Kenzo Kase in Giappone più di 35 anni fa. Si tratta di una tecnica non invasiva e non farma-cologica che si basa sull’attivazione dei sistemi neurologici e circolatori. Questo metodo e le sue molteplici tecnicheapplicative, si fondano sul movimento (kinesio): ai muscoli infatti non viene attribuito solamente il compito di muo-vere il corpo, ma anche il controllo della circolazione dei fluidi venosi e linfatici e la funzione propriocettiva.La vera diffusione di questa tecnica fu in occasione delle olimpiadi di Seul tenutesi nel 1988, quando atleti giappo-nesi si mostrarono al pubblico ricoperti dai bendaggi. Soltanto alla fine degli anni ’90 si è affermata a livello mon-diale, prima negli USA e poi in Europa. La sua divulgazione in Italia si ebbe con l’australiano David Blow nel 1999 epoi con l’allora fisioterapista della nazionale italiana di pattinaggio a rotelle, Rosario Bellia. Inizialmente usata soloda atleti e sportivi, oggi viene utilizzata da un’ampia percentuale di popolazione mondiale.

KINESIO TAPING: il cerotto degli sportivi e non solo

Florinda Valdivia Torres, *Alessandro GalloSpecialista in medicina fisica e riabilitativa U.S.I. Prati - Via V. Orsini, 18U.S.I. Policlinico - Viale R. Margherita, 279*Terapista della riabilitazione U.S.I. Prati - Via V. Orsini, 18

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dello spazio sottocutaneo. Questo spazio contienemolte strutture importanti quali terminazioni nervo-se, vasi sanguigni e vasi linfatici. La decompressionepromuove una serie di conseguenze, tra cui:a) un aumento del flusso sanguigno, permettendo

così una rapida rimozione dei prodotti di scartodella lesione e delle sostanze che generano il do-lore;

b) un miglioramento del flusso linfatico, che compor-ta un importante effetto antiedemigeno;

c) una riduzione della pressione sulle terminazioninervose nocicettive (che rilevano il dolore), conconseguente effetto antidolorifico.

Il tape ha proprietà elastiche longitudinali simili aquelle della pelle, dei muscoli e del tessuto connetti-vo, e applicato con tensione moderata/lieve contri-buisce alla stabilizzazione dell’articolazione attraver-so feedback propriocettivi.

Campi di utilizzo

La tecnica di applicazione del taping elastico trova lasua massima applicazione come coadiuvante di atti-vità professionali in ambito sanitario, parasanitario,rieducativo e sportivo.Il taping elastico è usato con varie tecniche nellosport, prima durante e dopo il gesto atletico. Prima edurante per preparare e preservare i tessuti che saran-no maggiormente reclutati nella prestazione, dopoper defaticarli.Nelle terapie manuali e fisioterapiche, il taping elasti-co rappresenta la componente aggiuntiva alle tecni-che specifiche utilizzate nella normale professione.Questa pratica può aumentare gli effetti delle terapiee prolungare la durata delle correzioni effettuate.Nella posturologia, le applicazioni di taping elasticoprolungano lo stimolo che è stato attivato dalle speci-fiche sedute di rieducazione posturale. Questo meto-do non va inteso come vincolo alla posizione idealema come feedback neurologico per stimolare le natu-rali risorse dell’organismo.Nelle patologie circolatorie ha la funzione di favorire ildrenaggio dei liquidi in eccesso, attivando una note-vole risposta linfodrenante. Questo principio può es-sere utilizzato in tutte quelle situazioni in cui si generaun edema (di tipo traumatologico o altro) e nelle con-

tusioni per velocizzare il processo di redistribuzionedell’ematoma.Nelle patologie vertebrali e rachialgie, l’applicazionedel taping elastico può diminuire l’ipertono muscola-re attraverso la decompressione degli strati tissutali;se necessario può avere un buon effetto stabilizzante.L’efficacia del tape è influenzata dalla correttezza del-la sua applicazione: posizione, forma e direzione ditrazione svolgono un ruolo fondamentale per la suafunzione.

Controindicazioni

Solo tre sono le controindicazioni assolute:– Cute irritata o lesionata (lesioni cutanee, dermatiti,

patologie dermatologiche)– Allergia accertata alla colla– NeviIn ogni caso zone lesionate o nevi possono essere evi-tati variando la direzione delle traiettorie.

Per concludere…

Il taping elastico non è dunque una terapia ma unatecnica aggiuntiva in grado di aiutare e supportare lafisiologica risposta dell’apparato muscolo-tendineonel ripristino della sua funzione. È il valore aggiuntoche permette di aumentare l’efficacia e la durata deglieffetti dei trattamenti, preventivi o terapeutici, effet-tuati dall’operatore.

Bibliografia

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Kinesio taping: il cerotto degli sportivi e non solo

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Un caso clinico molto particolare di febbre“sine materia” ma cercando si trova...

Luigi ArcieroSpecialista in Medicina Interna

Che cosa è l’esame urodinamico?È un esame composto da diversi test che mostranocome funziona la vescica. I test sono:• Uroflussometria che valuta la velocità del flusso ed il

residuo post-minzionale;• La cistomanometria che valuta la sensibilità vescicale,

lo stimolo minzionale, la capacità vescicale, la com-pliance e la funzione detrusoriale (muscolo vescicale);

• Lo studio pressione/flusso che misura la pressione de-trusoriale durante la fase minzionale e serve per indica-re le condizioni ostruttive o le situazioni di ipo-contrat-tilità detrusoriale;

• Video-urodinamica;• Urodinamica con EMG;• VLPP.

A cosa serve?Per valutare la causa dei seguenti sintomi e suggerireil trattamento migliore per i seguenti casi:• perdita di urine durante la tosse, sforzi, risate o eserci-

zio fisico;• improvviso desiderio minzionale oppure urgenza min-

zionale;• alzarsi frequentemente la notte per urinare;• difficoltà allo svuotamento vescicale;• infezioni urinarie ricorrenti;• valutazione in pazienti affetti da malattie neurologi-

che (sclerosi multipla, traumi vertebro-midollari, mor-bo di Parkinson ecc);

• controllo e valutazione dei risultati delle terapie;• valutazione prima e dopo un intervento chirurgico.

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G. C. di anni cinquanta, coniugata, due figli, senza pre-cedenti anamnestici di rilievo.La storia clinica di questa paziente ha inizio nell’apriledel 2016 con una febbricola 37,5° - 37,7° in concomi-tanza con un episodio di di-stress neuropsichico. Do-po circa un mese, siamo quindi agli inizi di giugno,comparsa di febbre elevata, con picchi notturni fino a39,5° - 40°, con brividi squassanti e lieve remissionediurna. Visto che l’episodio febbrile persistente era ac-compagnato da grave compromissione delle condi-zioni generali, si procedeva a sottoporre la paziente aduna serie di accertamenti volti a evidenziare l’eventua-le eziopatogenesi della sindrome febbrile. Le analisi ri-guardanti l’infettivologia e l’immunologia risultaronotutte negative; altrettanto dicasi per un esame ecogra-fico dell’addome completo ed un Rx del torace. Il 18giugno, per il persistere della febbre elevata, veniva ri-coverata in reparto ospedaliero di malattie infettive,dove veniva sottoposta ad ulteriori accertamenti: sie-rologia TORC, EBV, CMV, HIV, W-W, W-F, assetto immu-nitario, markers tumorali, ormoni tiroidei, test IGRA,EGDS, RSCS, tampone faringeo, urino coltura, biopsiaosteo-midollare negativa per fatti linfoproliferativi,TAC total-body. Inutile dire che non fu possibile trova-re la benché minima traccia sulla responsabilità ezio-patogenetica della febbre. L’11 di luglio, dopo quaran-ta giorni, si assistette alla remissione completa e spon-tanea della febbre. Il 28 luglio viene dimessa dall’ospe-dale, dopo un congruo periodo apiretico.La paziente parte per un giusto periodo di riposo. Sic-

come prima o poi le vacanze finiscono, al suo rientro aRoma, il 10 settembre, trascorse 48 ore, comparsa difebbre elevata, 39.5° - 40°, notturna con brivido squas-sante, del tutto sovrapponibile al primo episodio. Lavalutazione clinica complessiva mi portava, prima dichiudere la pratica con la comoda diagnosi di “febbresine materia”, a pensare che potesse esserci una com-ponente depressiva reattiva. Abbiamo quindi iniziatoun trattamento antidepressivo con escitalopram (En-tact), che dopo 48 ore, portava a completa remissionedella febbre, che, a tutt’oggi (dopo circa cinque mesi)non si è più manifestata. A margine della storia clinicadi G. C., si fa notare che quello stress segnalato all’ini-zio della sindrome febbrile, consisteva in una improv-visa perdita della sua attività lavorativa, in quanto for-zatamente dimissionaria dalla società di famiglia conconseguente grave stato di prostrazione. Il rientro acasa, dopo la vacanza estiva è gravato pesantementedal fatto che l’azienda e l’abitazione siano contigue.In conclusione ritengo che questo caso sia di granderilevanza, in quanto scientificamente non è prevedi-bile una sindrome febbrile da stress; ma la negativitàdi tutte le ricerche eseguite prima e durante il ricove-ro ospedaliero ci portano ad escludere qualsiasi altraopportunità eziopatogenetica.Recenti ricerche giapponesi hanno individuato in unaspecifica regione ipotalamica (postero-mediale) l’areache in modo univoco riguarda il controllo della febbreda stress. La ricerca è dell’università di Kyoto, gruppodiretto da Kazuhiro Nakamura.

L’esame urodinamico. Brevi cenniTeuta ShestaniSpecialista in Urologia, Andrologia e Medicina della SessualitàU.S.I. Piazza Vittorio - Via Machiavelli, 22U.S.I. Borghesiana - Via Casilina, 1838U.S.I. Prati - Via V. Orsini, 18

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Ci sonoalternative?Non tutti i pazienticon sintomi vesci-cali necessitanodell’esame urodi-namico. Se il trat-tamento conser-vativo, come adesempio il modifi-care l’introito deiliquidi o lo svolge-re esercizi o tera-pie, fallisce alloral’esame urodina-mico è il modo mi-

gliore per valutare in maniera appropriata la funzio-nalità vescicale e trovare la strategia migliore ad ogniparticolare problema.

Quale preparazione è richiesta?È necessario bere un litro d’acqua un’ora prima del-l’esame per presentarsi a vescica piena. Non bisognaurinare un’ora prima dell’esame. L’esame non richiededieta o digiuno. Non è richiesta l’anestesia, tuttavia,per l’inserimento dei cateteri, si utilizza un gel aneste-tico locale che serve anche per lubrificare. Viene con-sigliato un antibiotico il giorno prima dell’esame e peril giorno successivo. Il paziente deve riferire i farmaciche sta assumendo. È utile compilare un diario min-zionale per almeno tre giorni (due dei quali lavorativi)precedenti all’esame. In tale diario si deve registrarel’ora nella quale si urina, il volume urinato ed anchesegnare se c’è un episodio di fuga di urine o urgenzadi correre per urinare. Le urine possono essere raccol-te ogni volta in un contenitore enumerato per scrive-re esattamente il volume minzionale. Questo permet-te di capire la diuresi nelle 24 ore, i volumi vuotati perciascuna minzione, le sensazioni di urgenza, il nume-ro delle minzioni in un contesto abituale del paziente.

Come si svolge l’esame?Si accoglie il/la paziente in ambulatorio. Dopo averraccolto un’accurata anamnesi generale, urologica,neurologica e/o uro-ginecologica, si spiega al pazien-te la procedura. Si esegue una visita urologica. Per ledonne si esegue una visita uro-ginecologica in clinoed ortostatismo a vescica preferibilmente piena, ese-guendo manovre di provocazione (colpi di tosse emanovre di ponzamento), per valutare il grado di pro-lasso uterino ed eventuali fughe di urina.Si esegue una accurata disinfezione dei genitali ester-ni e del meato uretrale. Si inserisce poi un piccolo ca-tetere; questi per evitarne il dislocamento, è fissatocon un cerotto di carta: alla coscia per le pazienti disesso femminile mentre per i pazienti maschi si fissa alivello penieno e sovra-pubico. Il catetere serve ariempire la vescica con acqua, per registrarne durantel’esame, le pressioni. Successivamente si procede al

posizionamento del catetere rettale a palloncino perregistrare le pressioni addominali.Da ultimo si collegano i due cateteri rispettivamenteal trasduttore della pressione vescicale ed al trasdut-tore della pressione addominale.L’esame inizia riempiendo la vescica con soluzione fi-siologica sterile e visionando sul computer i tracciati.Il paziente deve riferire tutte le sensazioni che provain vescica durante la fase di riempimento come il pri-mo stimolo ad urinare, stimolo più forte e stimolo im-pellente. Quando il paziente sente desiderio forte diurinare viene sospeso il riempimento e si invita il pa-ziente ad urinare avendo sempre inseriti i cateteri cheservono per la registrazione. Successivamente si ese-gue di nuovo la valutazione del residuo post-minzio-nale ed infine si rimuovono i cateteri. L’esame vienerefertato subito dopo.Il medico durante l’esame mantiene sempre un con-tatto verbale con il paziente per registrare le sue sen-sazioni, ma senza togliere la sua privacy. L’esame duracirca 30-40 minuti.

Ci sono rischi?Anche se eseguitecon perizia e diligen-za le prove urodina-miche possono a vol-te dar luogo a cistiti,prostatiti, ematuriaod infezioni delle vieurinarie. Tutto ciò èfacilmente trattabile:occorre bere un pocodi più per 1-2 giorniper eliminare i batterie/o assumere anti-biotici. In ogni caso èopportuno contatta-re sempre il medicoin caso di disturbi.

Quando l’esamenon si puòeseguire?In caso di mestrua-zioni, di infezioni uri-narie in atto e quan-do i pazienti sono poco rispondenti perché l’esamenecessita di completa partecipazione e collaborazio-ne del paziente.

Per i pazienti che portano il cateterevescicale a permanenzaSe il paziente è portatore di catetere vescicale a per-manenza dovrebbe chiudere il catetere almenoun’ora prima dell’esame. Il catetere verrà rimosso e ilpaziente inizierà le prove urodinamiche. Alla finedell’esame in base al giudizio del medico verrà inseri-to un nuovo catetere vescicale a permanenza.

L’esame urodinamico

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Il Soccorso Alpino intervista a Davide Conte

Sabrina Del Bufalo Responsabile Reparto Radioterapia OncologicaCasa di Cura Marco Polo

Davide, ci racconti qualcosa sul soccorso alpino

Il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico(CNSAS), di cui faccio parte, è un servizio di pubblicautilità del Club Alpino Italiano (CAI) e struttura operati-va del Servizio nazionale di Protezione Civile. Le nostrefinalità sono il soccorso nel territorio montano, nel-l’ambiente ipogeo e nelle zone impervie, la preven-zione e la vigilanza degli infortuni nelle attività svoltein questi ambienti e il soccorso in caso di calamità, incooperazione con le altre strutture della ProtezioneCivile.Ad oggi oltre 7500 tecnici, formati al soccorso tecni-co-sanitario in ambiente impervio, fanno parte diquesta organizzazione su tutto il territorio nazionale.Tra questi più di 700 sono i medici e gli infermieri cheprestano la loro opera di volontariato durante l’attivi-tà di soccorso e di formazione. Anche nella regione Lazio esiste un servizio di Soccor-so Alpino e Speleologico del CNSAS con circa 200operatori tra Tecnici di Soccorso Alpino, Tecnici di Soc-corso Speleologico, Cinofili, Medici ed infermieri.Tutti gli operatori del CNSAS sono reclutati tra coloroche per passione o per lavoro praticano l’alpinismo ola speleologia, e che dispongono di un bagaglio diesperienza in queste attività necessario a muoversi insicurezza su questi terreni particolari.Gli interventi di soccorso in montagna o in grotta adopera del CNSAS sono all’ordine del giorno sul territo-rio nazionale con un numero complessivo superiore a5000 negli ultimi anni. In più i nostri operatori sonointervenuti durante diverse calamità naturali in soc-

corso alle popolazioni colpite; ultime in ordine ditempo sono il sisma di Amatrice e l’emergenza nevein Abruzzo con la valanga di Rigopiano.

Quando nasce la passione per lamontagna?

Da che ho memoria sono affascinato dai territori sel-vaggi e dai luoghi dove la natura si mostra in tutta lasua magnificenza. Le terre alte ne sono un chiaroesempio, posti dove non contano le logiche dell’am-biente urbano, dove bisogna rimettersi in discussionecon umiltà in un mondo che ha regole da rispettare eleggi da imparare ma, prima di tutto, una bellezza chedifficilmente lascia indifferenti. Volendo individuare ilmomento in cui ho realizzato di sentire questo gran-de amore per la montagna fu quando mio Nonno miportò a sette anni su Monte Trocchio, un colle imper-vio che sovrasta il posto in cui sono cresciuto; da lì sumi era più facile sognare.

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Mercoledì 18 gennaio ore 11.30 vengocontattata da alcuni genitori dellascuola di mio figlio, notevolmente agi-tati, che a seguito della scossa di terre-moto avvenuta a Monreale, sono pre-occupati perché i ragazzi sono stati fat-ti scendere in giardino e c’è la probabili-tà di una evacuazione della scuola.Mentre sono per le scale della nostrastruttura cercando di capire a distanzacosa sta accadendo ed organizzare chipuò andare a prendere mio figlio, sentoal telefono qualcuno che sta organiz-zando i soccorsi... quelli veri: il Dott. Da-vide Conte.Chi è Davide Conte? É un giovane onco-logo arrivato nella nostra struttura nel 2012. Affianca al lavoro di oncologo l’attività di soccorritore al-pino dal 2007. Ne approfitto per fargli alcune domande.

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Cosa ti ha fatto decidere di diventaremembro del soccorso alpino?

Il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico(CNSAS) è una delle poche organizzazione di Soccor-so Alpino che recluta medici ed infermieri per offriresoccorso tecnico-sanitario. Entrando in questa orga-nizzazione ho avuto la possibilità di condensare ledue grandi passioni della mia vita, la montagna e lamedicina. In più l’opportunità di arricchire il mio ba-gaglio culturale sia nella attività alpinistiche che nellamedicina d’emergenza ha facilitato di molto la miadecisione.

Cosa si prova a salvare vite?

È una domanda dalla risposta molto difficile, soprat-tutto pensando che molti lettori di questa rivista sonomedici ed infermieri che con il loro lavoro salvano viteumane o ne migliorano la qualità. Il più delle volte èun qualcosa che si fa inconsapevolmente, non sem-pre ci si rende conto che anche soccorrere un escur-sionista con un banale trauma della caviglia in certiambienti e con certe condizioni equivale a salvareuna vita.

Consiglieresti ai giovani medici di intraprendere questo percorso?

Certamente, così come lo consiglio agli infermieri. Machi vuole diventare un soccorritore alpino o speleolo-gico deve prima di tutto diventare un alpinista o unospeleologo. Per entrambi queste attività serve moltoimpegno e molta passione.

Che tipo di corsi bisogna frequentareper diventare soccorritore alpino?

Il CNSAS recluta i propri operatori tra alpinisti o spe-leologi già formati e, attraverso un percorso di forma-zione interno, ne fa soccorritori alpini e soccorritorispeleo. Ai neofiti che volessero approcciare la praticadell’alpinismo o della speleologia consiglio di farsi ac-compagnare da guide alpine o da guide speleologi-

che nelle prime esperienze e frequentare i corsi chediverse sezioni CAI organizzano.

Molte persone quando assistono ad unevento eccezionale come un terremotovogliono aiutare, quale è l’aiuto miglioreper non intralciare i soccorsi?

Prima di tutto non bisogna improvvisarsi soccorritori,si rischia di mettere a repentaglio la propria vita equella degli altri, e ascoltare le raccomandazioni delleautorità che indicano le modalità con cui si possonoaiutare le popolazioni colpite. Medici ed infermieri in-vece dovrebbero mettersi a disposizione delle autori-tà competenti per prestare i primi soccorsi nelle cala-mità che interessano i loro territori.

Invece ai giovani che vanno a fareescursioni in montagna cosa consigli per la loro sicurezza?

Come dicevo prima la montagna ha regole da rispet-tare e leggi da imparare, prima di entrare in quell’am-biente bisogna prepararsi fisicamente, culturalmentee mentalmente. Conoscere la cartografia è fonda-mentale già nella fase di programmazione di unaescursione e anche un moderno GPS non può sosti-tuire questa conoscenza. Valutare le condizioni me-teo e portare attrezzatura e indumenti adeguati aqueste. In fine l’esistenza di organizzazioni di soccor-so come il CNSAS non deve indurci ad affrontare sot-togamba le attività in montagna con la falsa convin-zione che “male che vada qualcuno mi verrà a prende-re”; ogni attività di soccorso ha rischi non eliminabiliche troppo spesso hanno causato il ferimento o lamorte degli stessi soccorritori. Con le giuste premessela frequentazione della montagna può senz’altro es-sere un’esperienza di crescita e arricchimento perso-nale.

Si ringrazia il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleo-logico(CNSAS) per le immagini.

Il Soccorso Alpino

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Nasce la prima AssociazioneScientifica per la Sanità Digitale (ASSD)

Fernando CapuanoTSLBU.S.I. Prati - Via V. Orsini, 18

Con il termine Sanità Digitale si indica l’applicazioneall’area medica e a quella della assistenza socio/sanita-ria dell’Information and Communication Tecnology ICT.La ASSD si configura come apartitica, apolitica eaconfessionale, non ha scopo di lucro e non può di-stribuire utili agli Enti/Soci fondatori.Sono scopi dell’Associazione:– promuovere il costante aggiornamento dei Soci e

quindi svolgere attività finalizzate ad adeguare leconoscenze professionali ed a migliorare le compe-tenze e le abilità cliniche, tecniche e manageriali e icomportamenti dei Soci stessi al progresso scientifi-co e tecnologico, con l’obiettivo di garantire effica-cia, appropriatezza, sicurezza ed efficienza alle pre-stazioni sanitarie erogate;

– supportare i professionisti della salute nell’avvio enel perfezionamento di percorsi di sanità digitale edi innovazione delle modalità di cura, approfonden-do gli aspetti non soltanto tecnologici, ma anche diappropriatezza della cura, organizzativi, sociali epsicologici connessi all’utilizzo delle tecnologie ICTnei processi di cura, diagnosi, prevenzione e tele-monitoraggio;

– promuovere la cultura della sanità elettronica, conprogrammi di formazione specifici da attuarsi sianell’ambito del corso di studi universitari e masteruniversitari, sia all’interno della Educazione Conti-nua in Medicina ECM, il processo attraverso il qualeil professionista della salute si mantiene aggiornatoper rispondere ai bisogni dei pazienti, alle esigenzedel Servizio Sanitario e al proprio sviluppo profes-sionale;

– promuovere lo sviluppo di una cultura della misura,secondo l’approccio HTA Health Technology Asses-sment.

– nello svolgere le sue attività, l’Associazione, per ilraggiungimento dei suoi fini sociali, intende: soste-nere la formazione professionale di elevata qualitàorganizzando convegni, conferenze, simposi, corsidi aggiornamento, corsi formativi, autonomamenteo in collaborazione con altre Associazioni, SocietàScientifiche, Istituzioni, Enti Ospedalieri, Università,ecc.;

– sostenere la formazione professionale di elevata

qualità organizzando, proponendo ed erogando at-tività formative riconosciute con programmi annua-li per l’ottenimento dei crediti formativi “ECM”; le at-tività ECM saranno finanziate attraverso l’autofinan-ziamento e i contributi dei Soci e/o enti pubblici eprivati, ivi compresi contributi delle industrie farma-ceutiche e di dispositivi medici, nel rispetto dei cri-teri e dei limiti stabiliti dalla Commissione nazionaleper la formazione continua;

– sviluppare l’Osservatorio sulle Competenze Digitali inSanità, coinvolgendo Associazioni mediche di set-tore, professionisti della Sanità, ordini professionali,Università e istituzioni interessate al tema;

– elaborare, proporre e sostenere atti d’indirizzo na-zionali (Conferenza Permanente Stato Regioni, Mi-nistero della Salute, MIUR) vincolanti e verificabilisui progetti formativi dedicati al personale socio-sa-nitario, che devono interessare anche l’obbligo for-mativo ECM e che nel dossier formativo del profes-sionista della salute deve prevedere una parte ob-bligatoria relativa alla sanità digitale;

– operare per introdurre nella valutazione della per-formance delle Direzioni Generali l’indicatore delgrado di digitalizzazione delle strutture ospedaliere,universitarie e di ricerca e il grado di soddisfazione edi miglioramento della fruizione delle prestazionisocio-sanitarie che il cittadino-utente ha percepitocon gli strumenti e soluzioni e-health adottate;

– favorire gli scambi e l’integrazione culturali con altreAssociazioni ed Enti nazionali e internazionali cheperseguano analoghi scopi;

– svolgere attività di collaborazione con il Ministerodella Salute, le Regioni e le istituzioni sanitarie pub-bliche per la elaborazione, diffusione e adozionedelle linee guida e dei relativi percorsi diagnostici-terapeutici e la promozione dell’innovazione e dellaqualità dell’assistenza;

– attingere ai finanziamenti europei in collaborazionecon Istituzioni pubbliche o private Nazionali e/o Re-gionali e/o Europee.

Su proposta dei Soci Fondatori, fanno parte del Diret-tivo dell’Associazione i dottori Iuri Dotta, Bruno Cava-liere, Antonio Bortone, Alessandro Beux, FernandoCapuano e l’ingegnere Gregorio Cosentino. Su propo-

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È nata la prima “Associazione Scientifica per la Sanità Digitale”, in sigla “ASSD”, costi-tuita - Soci Fondatori - da AITASIT - Associazione Italiana Tecnici Amministratori diSistemi Informatici e Telemedicina, CID - Comitato Infermieri Dirigenti, CONAPS -Coordinamento Nazionale Associazioni Professioni Sanitarie, TSRM - FederazioneNazionale Collegi Professionali Tecnici Sanitari di Radiologia Medica, nonché ilDott. Fernando Capuano (TSLB della USI di Roma) in proprio e l’Ing. Gregorio Cosen-tino in proprio.

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sta del Direttivo, assume l’incarico di Presidente l’ing.Gregorio Cosentino.I bisogni di competenze digitali nelle attività primariedella organizzazione sanitaria: negli ultimi anni abbia-mo assistito ad un cambiamento di ruolo delle tecno-logie ICT nella organizzazione sanitaria: da tecnologieche operano prevalentemente nelle attività di sup-porto alla gestione dei processi sanitari con attenzio-ne soprattutto agli aspetti amministrativi e di control-lo della gestione, le piattaforme tecnologiche entranosempre di più a far parte delle attività nei percorsi didiagnosi e cura, in cui devono integrare le informazio-ni e i dati che vengono prodotti da attrezzature e tec-nologie sanitarie di analisi, diagnosi e supporto tera-peutico. Il bisogno implicito a cui bisogna trovare so-luzioni è quello della rilevantissima dotazione di ap-parecchiature digitalizzate utilizzate nei percorsi sani-tari che rilevano, analizzano ed elaborano risposte asupporto dell’attività del medico e delle ProfessioniSanitarie ma sono isolate nell’ambito dei vari compitida eseguire in un percorso di diagnosi e cura. Il citta-dino e utente dei servizi sanitari è sempre più digitalcon una diffusione impressionante di terminali digita-li. Secondo Assinform (dati 2016) il 65% dei cittadini(che vuole dire circa 40 milioni) è dotato di smartpho-ne a cui si sommano circa 10 milioni di tablet con 30milioni di account attivi sui social media e di questi il70% circa sui terminali mobili. Come attori in questoinsieme constatiamo come cambiano di conseguen-za le nostre abitudini non solo nel tempo libero, maanche sul lavoro, nei rapporti personali e nei compor-tamenti di acquisto (e-commerce). Noi, cittadini digi-talizzati, che facciamo parte di quel 65% sopra indica-to (in possesso del terminale) ci orientiamo e agiamonelle nostre scelte di consumo, di relazione sociale eprofessionale diversamente da come agivamo in as-senza dei nostri terminali.In particolare per quanto riguarda l’evoluzione della do-manda di servizi sanitari possiamo mettere in evidenzada una parte l’accezione sempre più estesa del bisognodi “salute”, a cui corrispondono aspettative crescenti(meno code, meno viaggi, meno disponibilità ad accet-tare la “discrezionalità” del professionista, meno tempoa disposizione), ma dall’altra comportamenti come pa-zienti sempre più consapevoli dei diritti di controllo dei no-stri dati clinici, sempre più “informati” e “connessi” oltreche attivamente alla ricerca di opzioni di accesso direttoad informazioni sanitarie autorevoli, personalizzate edimmediatamente utilizzabili. Senza dimenticare chetendiamo a cercare prima le informazioni che riguarda-no il nostro eventuale stato di malessere o malattia, cer-cando di capire eventuali terapie raccomandate piutto-sto che scambiando opinioni con gli altri partecipantialle comunità di cui entriamo a far parte e che hannoqualche esperienza dello stesso tipo; cerchiamo farmacientrando direttamente sul sito della casa farmaceuticao nella comunità associata, per valutarne l’affidabilità.Possiamo affermare che con le tracce digitali lasciate danoi utenti digitalizzati disegniamo una impronta su cuifornitori attenti e attrezzati possono delineare abitudi-ni, bisogni e orientamenti di acquisto differenziati per ti-pologia di utenza e potenziale di interesse, che rappre-

sentano il “valore” del beneficio da cui come utenti pos-siamo essere attratti. Il paradosso è invece che l’organiz-zazione sanitaria erogatrice del servizio spesso non haancora messo a punto la soluzione digitalizzata oppuremette a disposizione una soluzione con un valore noncorrispondente alle attese: nella migliore delle ipotesi civengono messi a disposizione servizi digitalizzati, maancora senza sufficiente “intelligenza” per riconoscere lecaratteristiche del contesto in cui sono utilizzati, il tipodi utenza specifica a cui dovrebbero conformarsi piut-tosto che la autovalutazione del livello prestazionale egli eventuali allarmi o richieste di intervento in caso dicaduta qualitativa delle prestazioni stesse. La domandaemergente è: ma non è che la platea dei percettori diservizi sanitari sia più attrezzata di quanto i fornitori de-gli stessi servizi ritengano? Non sarebbe il caso di valu-tare come accelerare la produzione e diffusione di “ser-vizi sanitari digitalizzati”?Mi sembra infine importante considerare anche unapproccio sistematico al patient empowerment: l’au-to potenziamento del paziente nell’uso dei bio senso-ri, device e in generale di alcune funzioni d’uso dei da-ti e delle informazioni sanitarie accessibili via web rin-forzano in modo rilevante la capacità del paziente diinteragire con il personale sanitario aumentando an-che la sua capacità di seguire e controllare il decorsodelle terapie di diagnosi e cura (con una migliore ade-sione alla stessa). Vi è la necessità di sviluppare nuovimodelli e metodologie per misurare, monitorare e mi-gliorare il livello di possesso delle competenze digitalinel personale sanitario e allinearle alle opportunità diutilizzo da parte dei pazienti digitalizzati.

Nasce la prima Associazione Scientifica per la Sanità Digitale

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È nata una nuova forma espressiva dello Spazialismo: lo “Spazialismo dell’Anima”

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Lo Spazialismo dell’Anima nasce dalla confluenza di due filoni della mia vita: uno spirituale e l’altro pittorico, entrambisin dall’infanzia presenti in percorsi paralleli, poi sorprendentemente convergenti in quello che io ho definito “Spazial-ismo dell’Anima”. Sono un medico, non un tecnico dell’arte; ciò che mi interessa, nella mia arte, è dare un messaggio,

che è il vero denominatore comune delle mie opere. L’origine di questo messaggio ha precise radici nelle Sacre Scritture.Le mie opere nascono, infatti, da riflessioni spirituali. È difficile esprimere esattamente ciò che si vede con gli occhi dell’anima,quelle immaginazioni senza immagini che sono, come le ho definite in una specie di sottotitolo allo Spazialismo dell’Anima,“visioni spirituali”. È complicato tirar fuori dall’anima emozioni in un modo tale da renderle oggettivamente comprensibili.L’arte figurativa esprime i concetti esplicitamente, attraverso, appunto, figure. Affinché sia esattamente compresa per ciòche vuole dire, però, necessita di un terreno comune, all’artista e all’osservatore, in cui potersi incontrare; occorre cioè avereun vissuto comune di ciò che si intende raffigurare, per poter così interpretare allo stesso modo il soggetto dipinto. Io ho vis-suto l’inizio di questo mio filone dell’arte informale, cioè la scoperta in me di questa possibilità di espressione, come unagrande liberazione dall’immagine, attraverso la trasmissione del colore, delle emozioni e della spiritualità direttamentedall’anima alla tela, senza il filtro dell’immagine, e senza che, quindi, occorra incontrarsi ad un certo punto, in un terreno co-mune esterno, fuori dall’anima di ciascuno. Ho voluto presentare ufficialmente lo Spazialismo dell’Anima il 2 Febbraio per-ché è il giorno della Candelora. Nome derivato da “candelorum”, genitivo plurale latino, “delle candele”, la Candelora è la Fes-ta delle Candele, cioè della Luce. La Chiesa in questo giorno commemora la Presentazione di Gesù al Tempio e, più antica-mente, commemorava anche la Purificazione di Maria. Sono passati quaranta giorni dal Natale di Gesù, una quaresima di

Purificazione, per cui questa Festa chiude le festività natalizie e proi-etta verso la Pasqua con l’offerta del piccolo Gesù al Tempio. Alcuniversetti delle Sacre Scritture ci aiutano ad ambientarci meglio nelladimensione trascendente di queste opere. Già leggendo Giovanni,nel suo Prologo, siamo aiutati a comprendere il senso che accomu-na tutte le opere dello Spazialismo dell’Anima. Infatti in Gv 1,4-5leggiamo: “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la lucesplende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”. Ed al versetto9: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo”.Già si comprende l’origine del significato dei cristalli presenti in tuttele mie opere, della luce e dell’orientamento per contemplarla. Ma,ancora più compiutamente, è nel Vangelo del giorno della Cande-lora, il racconto di Simeone e della Presentazione di Gesù al Tempio,che lo Spazialismo dell’Anima trova le sue fondamenta. Il significa-to di queste opere si innesta direttamente principalmente in dueespressioni dell’evangelista Luca in questo racconto. Luca dice: (Lc2,25-35a) “... luce per illuminare le genti… e a Maria… disse… an-che a te una spada trafiggerà l’anima”.Lo Spazialismo, appunto, dell’Anima si inserisce tra le correnti nateall’interno del movimento spazialista dell’arte informale fondato daLucio Fontana negli anni ‘40 con almeno cinque “manifesti” in suc-cessione, con cui si arriva quindi agli anni ‘50. Lo Spazialismonacque sulla scia delle ultime scoperte scientifiche di quel tempo,cioè l’elettrone, che era l’infinitamente piccolo, per quell’epoca, e an-che sulla scia del sogno dell’uomo di andare sulla Luna, quindi del-l’infinitamente grande (curiosamente, la nascita dello Spazialismodell’Anima è segnata astrofisicamente dalla scoperta di sette lon-tanissimi pianeti che già ipotizziamo di raggiungere!). Lo Spazialis-mo vuole evocare proprio l’infinitamente piccolo e l’infinitamentegrande in senso spaziale anche nell’arte, cercando di introdurre nel-la pittura una terza dimensione. Ecco perché Fontana taglia le tele,per introdurre una terza dimensione, quasi a far diventare la pitturascultura, cioè tridimensionale. Tutto questo, però, se pure esprime unanelito dell’uomo, ha una impostazione prettamente materialista,e, in senso strettamente pittorico, diremmo “materica”, cioè in alcuneopere spazialiste il colore è dato in maniera molto pesante, moltospessa, proprio per creare una terza dimensione, oppure si utilizzanomateriali molto corposi invece della tela.Nella mia arte la terza dimensione è sviluppata con i cristalli. Maho voluto dare alle mie opere anche una quarta dimensione, cheè la dimensione trascendente. Proviamo ad immaginare di vedere

Lucrezia Cutrufo è la fondatrice, ideatrice e teoriz-zatrice, dello “Spazialismo dell’Anima”. Vive a Ro-ma, dove si è laureata in Medicina e Chirurgiaall’Università Cattolica del Sacro Cuore. È natanella settecentesca e barocca Noto, nella SiciliaOrientale. Sua maestra di pittura è stata la madre.Ha iniziato a dipingere in giovane età. Partendodall’acquarello, ha attraversato sperimentazionidi altre tecniche, matita, carboncino, tempera, fi-no all’olio. Sua è la “Sedia Velka”, oggetto d’arte

decorata a tempera e smalti, pubblicizzata su riviste internazionali diarchitettura (“AD”) e su quotidiani di informazione nazionali (“Il Tem-po”), nata nel 2005 e presentata nel 2015 a Milano all’EXPO’ Universale.Ha partecipato in Sicilia a Concorsi Nazionali di Pittura Estemporanea(1980 e 1981), ricevendo attestati di riconoscimento. Ha esposto a Sie-na nel 2001 in una mostra personale; a Certaldo nel 2002 nella Rasse-gna Annuale Collettiva di Pittura nella Casa di Boccaccio; a Roma nel-l’Aprile 2015 nella Mostra internazionale d’arte “Spiritualità e Pace”, re-censita dalla rubrica televisiva “Arte24” di Rete Oro; a Roma nel Genna-io 2016 nella mostra “Il Volto”, organizzata in collaborazione con RadioVaticana per il Giubileo Straordinario della Misericordia; a Roma nelMaggio 2016 nella mostra per il “Premio Merli”, organizzata per il Giu-bileo Straordinario della Misericordia, per cui ha ricevuto il riconosci-mento di “Custode del Creato”. Il viraggio all’arte informale avviene nelGiugno 2016, ed è vissuto come grande liberazione dall’immagine perdare spazio alle emozioni dello spirito in modo diretto, dall’anima allatela. Nel Luglio 2016 fonda la corrente dello “Spazialismo dell’Anima”,di cui è intensa ed entusiasta teorizzatrice, nel solco della propria for-mazione spirituale maturata in ambiente cattolico.La prima mostra dello Spazialismo dell’Anima è una personale dell’Ar-tista fondatrice, in cui vengono presentate per la prima volta le sueopere informali, a Roma presso il Vaticano nella Galleria La Pigna, volu-ta da Paolo VI, dal 2 al 4 Febbraio 2017. Altre mostre in programma:Successivamente ha esposto a Berlino dall’11 al 28 Febbraio 2017; aParigi dal 15 al 25 Febbraio 2017, dove ha ricevuto la targa di merito“Gran Prix Paris Saint Germain de Pres” per il Manifesto dello Spaziali-smo dell’Anima; a Roma dal 25 Marzo al 22 Aprile 2017, nel Complessodel Vittoriano, “Altare della Patria”, all’Esposizione Triennale di Arti Visi-ve 2017, in cui l’opera presentata dall’Artista è stata scelta per la coper-tina del Catalogo Unico della Mostra (Mondadori)

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È l’inizio del Salmo 138, versetto 1, che continua: “...Tu sai quan-do mi corico e mi alzo...”, e ancora dopo dice: “...non è ancorasulla mia bocca la parola e già Tu Signore la conosci tutta...”.Penso che un’esperienza comune a tutti noi sia che, a volte, ne-anche terminiamo di esprimere qualcosa e già ci troviamo oesauditi o compresi nei fatti che poi si verificano. Credo chequest’esperienza, se facciamo attenzione, l’abbiamo avuta tut-ti, chi più e chi meno consapevolmente; però è interessanteaverla, perché ci fa sentire che la nostra vita è preziosa, e il no-stro cuore veramente compreso da Dio, e amato.Il sottotitolo è “Santa Teresa d’Avila”, perché Santa Teresa di-ceva che quando una stanza è buia non vedi lo sporco chec’è; basta che entri solo un raggio della Luce di Dio per co-minciare a vedere tutta la polvere, tutto il pulviscolo che c’èdentro di noi, che c’è nella stanza ma che è anche nella stan-za della nostra anima. È stato detto, vedendo quest’opera,che il fascio di luce sembra quello che, nella pittura sacra,viene a sottolineare un miracolo. Ed effettivamente, è un mi-racolo ogni volta che ciascuno di noi riesce a vedere dentrodi sé quello che c’è.

Il titolo di quest’opera è “L’Amor che move il sole e l’altrestelle”... perché è vero, l’Amore muove tutto. Il sottotitoloè “Spirito Santo”, che è l’Amore.Il movimento del colore rosso, nei due rossi centrali dif-ferenti, esprime due tipi di amore: l’amore umano (il ros-so più aranciato), e l’Amore divino, cioè lo Spirito Santo(il rosso rubino). Sembrano, questi, due fuochi, diciamo,indipendenti, perché infatti il vortice fa “girare” differen-temente i cristalli; invece, sono strettamente embricati,sono tutt’uno, li accomuna un unico vortice, perchél’amore umano non può esistere senza l’Amore divino,cioè l’amore non è mai soltanto umano, se no è un altrosentimento o è un insieme di altri sentimenti.Quest’opera riassume il senso, per me, dell’amore, checoniuga sempre e indissolubilmente l’Amore di Dio an-che nelle relazioni umane, o nelle relazioni d’amore,sentimentali. È sempre così. Illuminante esempio inquesto senso è il Cantico dei Cantici, un cantico bellissi-mo che è stato inserito nella Bibbia, come libro dellaBibbia, ma esisteva come cantico d’amore fra lo Sposo ela Sposa. In realtà in questo amore la Chiesa ha vistosempre l’unione indissolubile di Cristo e la Chiesa, quindi anche nel Cantico dei Cantici (che potrebbe essereun ulteriore sottotitolo di quest’opera) c’è una unione, una commistione di amore umano e Amore divino, so-no embricati, e non si può scindere l’uno dall’altro.L’amore umano e l’Amore divino, insieme, sono immersi in un altro rosso, un terzo rosso, che è l’Amore di Dio,che non si può neanche questo scindere dallo Spirito Santo, perché è Dio, è la Trinità. In un’icona bizantina, cheraffigura la Santissima Trinità, in slavo antico è scritto: “Ho conosciuto il Padre dalle Sacre Scritture, il Figlio dallalunga frequentazione con l’uomo, lo Spirito Santo dalla storia della mia vita”. In effetti, lo Spirito Santo muovetutto, muove la Vita.

È nata una nuova forma espressiva dello Spazialismo: lo “Spazialismo dell’Anima”

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“L’Amor che move il sole e l’altre stelle”(X Canto del Paradiso, dalla Commedia di Dante)

sulla tela due scansioni sovrapposte: una è la stesura del colore, l’altra è la disposizione dei cristalli. Non sempre coinci-dono. Infatti, la stesura del colore attiene alla dimensione umana del tema dell’opera, mentre la disposizione dei cristalliattiene alla sua dimensione spirituale, che esprime, appunto, una dimensione trascendente.È questa la novità dello Spazialismo dell’Anima, che lo stacca dalla tradizione spazialista per fargli acquisire la propriaspecificità, che è incardinata sulle Sacre Scritture e trova espressione nella realtà spirituale di uomini e donne, Santi o no,creati da Dio, quindi, a Sua impronta.

Lucrezia Cutrufo

“Signore Tu mi scruti e mi conosci” (Sal 138,1)

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Il concetto di biorivitalizzazione consiste in un trattamentoanti aging che utilizza prodotti biocompatibili e riassorbi-bili per riattivare la condizioni fisiologica della pelle.I prodotti bioristrutturanti riattivano il metabolismo ed ilturnover cellulare stimolando la produzione di nuovo colla-gene con un miglioramento di elasticità, morbidezza edidratazione. Nello stesso tempo i prodotti biorivitalizzantihanno un effetto anti ossidante proteggendo la pelle dai ra-dicali liberi.L’azione idratante dei trattamenti biorivitalizzanti favorisceil richiamo di acqua nei tessuti, invece l’azione ristrutturan-te stimola la produzione di collagene, elastina ed acido ia-luronicoPer tanti anni per la rivitalizzazione del viso sono stati uti-lizzati dei prodotti a base di Acido Ialuronico non cross lin-kato. Questi prodotti, come la RESTYLANE VITAL oppureJUVEDERM HYDRATE continuano ad avere un ruolo im-portante nel trattamento estetico di rivitalizzazione del vi-so, collo, décolleté e delle mani.La IBSA ha realizzato dei prodotti che agiscono contro l’in-vecchiamento cutaneo e che contengono minerali, aminoa-cidi, e vitamine, come VISCODERM SKINKO’ oppure VI-SCODERM SKINKO’ E.Sempre nella gamma dei prodotti IBSA, composti da acidiialuronici di basso ed alto peso molecolare sono: PROFHI-LO adatto per biorimodellamento del viso ed ALIAXIN cheutilizza acidi ialuronici a diverso peso molecolare Cross-linkati, utilizzato per dare volume e bilanciamento ed equi-librio al viso. TEOSYAL PURESENSE REDENSITY [I] ha una formulaesclusiva contenendo 15 mg/g di acido ialuronico noncross-linkato per una idratazione ottimale, complesso Der-mo-Ristrutturante contenendo tre potenti anti ossidanti,due minerali, una vitamina ed otto aminoacidi per una protezione efficace della pelle e la sua ridensificazione, lidocaina coneffetto anestetico per maggiore confort del paziente durante il trattamento.TEOSYAL PURESENSE REDENSITY [II] EYES è un gel innovativo pensato per il trattamento del contorno occhi per una cor-rezione naturale e duratura, contenendo una formula di un mix di acido ialuronico cross-linkato con acido ialuronico non cross-linkato (15 mg/g), otto aminoacidi, tre anti ossidanti, due minerali, una vitamina e lidocaina.JUVEDERM VOLITE è il primo trattamento iniettabile con acido ialuronico cross-linkato a tecnologia Vycross avendo una mi-scela brevettata di acido ialuronico ad alto e basso peso molecolare cross-linkata per resistere più a lungo nel derma.Tutti i prodotti elencati hanno delle caratteristiche ognuna tra loro diverse, quindi la scelta del dispositivo medico migliore spettaal medico dopo un’accurata visita estetica consentendo al paziente di avere i migliori risultati in termini di: compattezza, elasti-cità, luminosità, turgore della pelle, con la diminuzione delle rughe sottili e di contrastare e prevenire l’invecchiamento cutaneo.

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Prima Dopo

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U n matrimonio in bilico dopo dieci an-ni - alla vigilia delle nozze di rame ap-punto - per colpa di un prete che pre-

te non era. Un altro sacerdote che cerca dimetterci una buona parola, anche se non ri-chiesta. E poi un avvocato forse troppo zelan-te, gli immancabili amici e vicini di casa chenon lesinano consigli a volte fuori luogo, uneccentrico tecnico dell’ascensore.Ecco “Nozze di rame… Forse”, una diver-tente commedia degli equivoci nella qualerecita una compagnia d’eccezione: gli “Incertidel mestiere”, solo avvocati con la passionedel teatro, che quindi di cavilli e diritto matri-moniale certo se ne intendono. A dirigere lasquadra, la mano sapiente di un regista comeEnrico Vanzina, che per la prima volta ed ec-cezionalmente per questo spettacolo abban-dona il grande schermo e si misura col brivi-do del palcoscenico. Il tutto a titolo d’amici-zia. A firmare la piece, Tiziano Lepone, autore dei testi oltreche attore protagonista nei panni di Gino, marito tifosissi-mo della Roma, a quanto pare non troppo deluso nelloscoprire che il suo matrimonio con Adele - la brillante Bar-bara Mecucci - rischia di non avere più alcun valore. In sce-na anche Aldo Minghelli, consigliere dell’Ordine degli Av-vocati di Roma, il simpatico padre Ampelio; Marco Di Lotti,avvocato nella vita e nella parte, Alessandro Coccoli e Cristi-na Cristilli, i vicini di casa; infine Giuseppe Rombolà, l’ascen-sorista. A condire il tutto, la romanissima passione per ilcalcio e la brillante radiocronaca di due voci che i tifosidella capitale conoscono perfettamente: Patrick vom Brucke Carlo Zampa!L’appuntamento con “Nozze di Rame… Forse” è a Romae dove altrimenti?• dal 23 al 26 marzo 2017 al Teatro Ambra Garbatella,

P.zza Giovanni Da Triora n. 15, info: 06.81. 17.39.00 - 392.533.14.21;

• dal 11 al 28 maggio 2017 al Teatro San Luigi Guanella,Via Girolamo Savonarola n. 36, nel quartiere Prati, info 392.533.14.21.

SinossiCosa accadrebbe se alla vigilia dell’anniversario del decimoanno di matrimonio, due coniugi venissero a scoprire che ilprete che ha celebrato il loro matrimonio, in realtà non era unprete? È quanto accade a Gino e Adele, i quali, alla vigilia dellacena organizzata per festeggiare le nozze di rame (10 anni dimatrimonio), vengono sopraffatti da una notizia sconvol-gente: si sono “bevuti” Don Alfio, sacerdote che alcuni anniprima aveva sposato la coppia. Dopo un primo momento nelquale i due coniugi rimangono sbigottiti, inizia una diversaconflittuale interpretazione della nuova realtà: per il maritonasce la convinzione di essere tornato celibe, libero e quindisemplice convivente, per la moglie, invece, il matrimonio re-sta valido e la realtà non cambia. Il tutto viene condito daipreziosi consigli di una coppia di amici che abita al piano disopra, di un prete “casualmente” in visita per la benedizionedella casa, di un avvocato impiccione che abita al primo pia-no e di un eccentrico operaio intervenuto a riparare l’ascenso-re. Sullo sfondo il nuovo acquisto della Roma, Bucio, attac-cante del Botswana, e la lotta dei mariti per la riconferma delproprio abbonamento allo stadio…

Buon divertimento!

Siamo a Gerusalemme, lei soffre per le conseguenze di un grave attentato di cui è stata vittima dieci anniprima. Lui è un medico del dolore molto bravo. Da ragazzi erano stati fidanzati, poi lui l’aveva abbandona-ta, si ritrovano senza volerlo dopo tanti anni. Una grande storia d’amore.

“Nozze di rame... Forse”con l’amichevole regia di Enrico Vanzina

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Torna a grande richiesta La commedia piU FORTE Del CAMPIONATO