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Via Narni, 29 - 00181 Roma - Mensile di informazione - Anno LXIV - N° 7 - Luglio 2015 XLIV Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1, comma 1 Aut. GIPA/C/RM - Una copia 1,00

Il 15 agosto 1815, nella Abbazia di san Felice di · 2020-06-10 · Il 15 agosto 1815, nella Abbazia di san Felice di Giano ebbe inizio la Congregazione dei Missionari del Prez.mo

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Messaggio del Direttore Provinciale della Provincia Italiana don Oliviero Magnone 163

EDITORIALESanguis Christi, salva nos! di Andrea Giulio Biaggi 164

SPIRITUALITÀL’aspetto sacrificale del sangue di Cristonegli scritti di San Gaspare del Bufalo di Gennaro Cespites 166Il sangue dell’Alleanza di Maria Damiano 182

CRONACAUn giorno in università di Michele Colagiovanni 172

INCONTRO DI PREGHIERAGesù appare ai discepoli di Emmaus di Gabriella Dumo 174

MISSIONILa tenerezza di Mamma Leone di Giuseppe Montenegro 179

ATTUALITÀIl sangue di Cristo nelle periferie di Annagrazia Di Liddo, asc 185

UMORISMOIl lato comico di Comik 191

UNIONE SANGUIS CHRISTI CENTRO STUDI SANGUIS CHRISTI

DirettoreAndrea Giulio Biaggi, cpps

Redattori:A. G. Biaggi, M. Colagiovanni,

Gennaro Cespites, Stefania Iovine, G. Montenegro

FotocomposizioneElena Castiglione

Foto:Archivio USC

Collezione privata

NEL SEGNODEL SANGUE

Mensile della Unione Sanguis Christi

dei Missionari del Preziosissimo Sangue

Anno LXIV - N° 7LUGLIO 2015

Direttore ResponsabileMichele Colagiovanni, cpps

StampaDali Studio srl

Redazione e Amministrazione00181 Roma - Via Narni, 29

Tel. e Fax: 06/78.87.037

e-mail: [email protected]

http://www.csscro.ithttp://www.sangasparedelbufalo.it

Abbonamento annuoOrdinario: € 10,00Sostenitore: € 20,00Estero: € 50,00C.C.P. n. 391003

Autorizzazione Trib. Roman. 229/84 in data 8-6-1984.

Iscriz. Registro Naz. della Stampa(Legge 8-8-1981, n. 416, Art. 11)al n. 2704, vol. 28, foglio 25,

in data 27-11-1989

Finito di stamparenel mese di Luglio 2015

Questa rivista è iscrittaall’AssociazioneStampa Periodica Italiana

INDICE

Francesco Caizzone, Logo delBicentenario

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Il 15 agosto 1815, nella Abbazia di san Felice diGiano ebbe inizio la Congregazione dei Missionaridel Prez.mo Sangue. Il 15 agosto 2015 segna ladata di un passaggio importante per la storia delnostro Istituto: 200 anni.

Non si può contare il bene fatto in questo tempoalla Chiesa e all’umanità, grazia che è stata lar-gamente donata dal Signore attraverso la Congre-gazione.

Si può dire solo GRAZIE di tanta effusione digrazia che Dio ci ha elargito. Dal piccolo granellodi senape, gettato nella fertile terra umbra attra-verso l’opera di san Gaspare, oggi questa pianta èdiffusa in quattro Continenti, annunciando dovunque, a tutti gli uomini di tutti i tempiche nel Sangue di Gesù siamo stati amati, riconciliati con Dio e redenti.

Affidiamo alla Vergine Maria il seguito di questa storia, come scrisse san Gaspare nel-l’agosto 1815: “La nostra Opera l’ho affidata coi miei Compagni a Maria Santissima,Ella penserà a proteggerla dal Cielo, ed a benedirla amorosamente”.

Le Celebrazioni Bicentenarie si terranno a Roma il 1 luglio, festa del Prez.mo Sangueperché si è deciso che in questa data ci sarà un momento comune a Roma. Invece il 15agosto 2015, ogni Unità della Congregazione celebrerà localmente l’evento. In modoparticolare in Italia, il 15 agosto saremo a san Felice di Giano per festeggiare; si staapprontando un apposito programma locale.

Nel Segno del Sangue 163

don Oliviero Magnone, cpps

Messaggio del Direttore Provinciale

della Provincia Italiana

Don Oliviero Magnone, c.pp.s.

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Questa è la prima in -vocazione al San-gue di Cristo che ho

sen tito pregare dalla mia non-na fin da quando ero bambi-no. Un Sangue, legato ad unaSalvezza.

Allora non comprendevoancora cosa significasse, néche la mia vita sarebbe pianpiano stata afferrata dalla bel-lezza feconda di tale mistero,e neppure che questo terminerosso che mi ha sempre fattoun po’ impressione nella suavisibilità cruenta – soprattuttoda quando nella nostra casa èentrata la televisione a colori,soppiantando quella in bian-co e nero – diventasse quelfilo rosso nel quale lasciareintessere la mia vita, e vedervinel contempo la molteplicitàdegli eventi storici imbastirvi-si con sì tanta chiarezza.

Ma perché il Signore, tra itanti segni che avrebbe potuto

usare per lasciarci il memo-riale della nostra Salvezza, haproprio voluto accomunaredel pane al suo Corpo e delvino al suo Sangue? Fiumi diparole e corposi volumi ricchidelle più svariate interpreta-zioni sono stati scritti su que-sto argomento. Tuttavia, rima-ne il fatto che l’alimento piùcomune e naturale quale ilpane sia stato scelto da Coluiche frantumato sotto i colpidella malvagità dell’uomo haspezzato se stesso per darsi anoi, e l’alimento più legatoalla festa e alla gioia quale ilvino sia l’immagine di Coluiche pigiato sotto il peso diuna ingiusta condanna haprofuso in abbondanza dallesue ferite il sacramento dell’a-more.

La nostra rivista Nel Segnodel Sangue, porta proprio nelsuo titolo l’impressione di talemandato: missione che –

come ci ha sempre racco-mandato San Gaspare – hauna duplice funzione. In pri-mo luogo, quello di “placarel’eterno Padre” attraverso l’of-ferta dei meriti del Sangue diCristo: e cioè quella di offrireil Divin Sangue, sia a livellodel Sacrificio Eucaristico siaattraverso le pratiche di devo-zione popolare, in espiazionedei mali presenti. In secondoluogo, quello di “procurarel’effettiva applicazione di talimeriti alle anime” attraversol’apostolato: e cioè annuncia-re il Vangelo del Sangue diCristo attraverso la predica-zione, la catechesi, l’insegna-mento, gli esercizi spirituali, igruppi di preghiera, le PieUnioni, etc., per la conversio-ne del mondo intero.

Seguendo i nostri padri,anche noi, spronati dalla vocedel Sangue che chiama allasequela, cerchiamo di portare

164 Nel Segno del Sangue

di Andrea Giulio Biaggi

Sanguis Christi, salva nos!

Editoriale ______________________________________

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ma piuttosto per catturarlo

occorre andare lì dove si trova

e proporgli l’irresistibile boc-

cone della Verità.

Credo che sia necessario in

questo numero di Luglio, pro-

porre a tutti la Preghiera che

la nostra Provincia Italiana

dei Missionari del Preziosissi-

mo Sangue ha approvato qua-

le segno di comunione in pre-

parazione al Giubileo bicen-

tenario della Fondazione del-

la nostra Congregazione, che

avverrà il prossimo 15 Agosto.

a tutti la buona novella di unaSalvezza che è alla portata diciascuno, perché già offertauna volta per sempre; Salvez-za che viene donata al mondoattraverso la generosità diColui che ti chiede solo difidarti di Lui e di abbandonartifiduciosamente alla sua Prov-videnza. Il Signore, infatti,continua ad essere il buonPastore ed il buon Pescatore.Pastore, di un gregge del qualeè sì capo e maestro, masoprattutto è l’esempio dicolui che guida mettendosi

alla testa del popolo ed offren-

dosi per primo per ciascuno e

specialmente per coloro che

sono più lontani e facili a per-

dersi. Pescatore, tra una com-

pagine riunita sulla sua barca

che è la Chiesa, che insegna

come accogliere nella rete

dell’amore e come raggiunge-

re attraverso l’amo della fede

ciascun anima, divenendo lui

stesso esca e calandosi di vol-

ta in volta al livello di ognuno,

proprio perché sa che il pesce

difficilmente salta nella barca

Editoriale

Nel Segno del Sangue 165

Preghiera per il Bicentenario: Signore Gesù Cristo ti ringraziamo di aver

suscitato nella Chiesa, mediante l’opera disan Gaspare, la Congregazione dei Missiona-ri del Preziosissimo Sangue per annunciarea tutti i popoli e tutte le lingue che nel tuoSangue, inestimabile prezzo sella nostrasalute, siamo stati amati e riconciliati con ilPadre.

Redentore nostro, i meriti di quel Sangue,che quotidianamente effondi sull’altare nel

sacrificio eucaristico, attraverso la nostra collaborazione, siano applicati a tuttoil genere umano, affinché ogni persona possa sperimentare la preziosità dellavita e il valore del sangue umano.

O Maria Assunta in Cielo, sotto la tua protezione san Gaspare pose la sua Con-gregazione; conserva in essa la vitalità e la gioia della donazione fino alla con-segna totale della propria vita.

San Gaspare intercedi per noi, affinché sul tuo esempio anche noi possiamodiscernere come vivere e promuovere il messaggio del Vangelo! Prega perchésia sempre più sicura la nostra vocazione per la gloria di Dio e la salvezza deinostri fratelli. Amen.

Invito quindi tutte le Pie Unioni dilingua italiana ad unirsi con questaPreghiera al cantico di lode dellaChiesa per un Carisma che lo SpiritoSanto ha suscitato nel cuore di mons.Francesco Albertini e che è statoabbracciato da san Gaspare DelBufalo, da santa Maria de Mattias,dal ven. don Giovanni Merlini e damoltissimi altri nella Chiesa. Carismache, essendo legato al prezzo dellanostra Redenzione, è impiantato nelcuore stesso del Vangelo.

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presentava nel suo apostolato.

Cosa significa per San Gaspa-re la devozione del Preziosis-simo Sangue

1. Una sintesi dottrinaleche abbraccia tutta l’area del-la religione “nei suoi principi,nelle sue pratiche, nelle sueglorie”;

2. Una via di santificazionepersonale che guida l’uomo,attraverso il travaglio dellapurificazione e l’impegno delprogredire, all’intima unionedi amore con Cristo: “Inomnibus divites facti estis inillo” - “Perché in Lui siete statiarricchiti di ogni cosa” (Cfr.1Cor 1,5);

3. Un valore sociale checome “mistica arma dei tem-pi” difende la Chiesa dallepotenze del male, ne pro-muove la pace interna e l’au-

lui presentati ai Sommi Ponte-fici del suo tempo. Il resto loricaviamo dalle sue lettere,benché non trattino maiespressamente del mistero delSangue di Cristo, pure con-tengono accenni, elevazioni,insegnamenti preziosi che cirivelano l’animo infiammatodi Gaspare. Come pure getta-no luce, in questo senso, itestimoni dei processi canoni-ci che ci aiutano a farci unaidea precisa del concetto cheGaspare aveva della devozio-ne al Preziosissimo Sangue, ecome la viveva, e come la

Sfortunatamente, tale“Operetta” non fu maicomposta.

Tutto quello che possiamopercepire delle cose meravi-gliose che Gaspare sapevadire, parlando sul tema predi-letto, che facevano stupire edestasiare gli uditori, lo ricavia-mo dai suoi manoscritti: qual-che abbozzo di sermone sulPreziosissimo Sangue, qual-che breve esortazione, qual-che traccia per il mese di giu-gno. Più sviluppata l’apologiadel titolo del Divin Sanguesoprattutto nei memoriali da

L’aspetto sacrificale delSangue di Cristo negli scrittidi San Gaspare del Bufalo

Spiritualità _____________________________________

di Gennaro Cespites

“Ah, se io avessi tempo, vorrei unire i sentimenti per un’ope-retta [sul Divin Sangue] che di sì gran bene sarebbe agliinteressi di religione. Non ho difficoltà dirlo: Iddio mi dà sìbelle idee che nulla più… La Devozione è dogmatica, è essen-ziale, né si può a meno di non conoscere i pregi che presenta.”

(Lettera a Mons. Cristaldi – Albano, 20 giugno 1827)

166 Nel Segno del Sangue

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spicata rinascita religiosa(Memoriale sul Titolo esull’Istituto a Leone XII,in Scritti del Fondatore,Vol. XII, ff. 48 e 81).

Siamo di fronte ad unaTeologia, ad una Spiri-tualità e ad una Sociolo-gia religiosa, che sono itre aspetti che definisco-no compiutamente ilconcetto di “Devozio-ne”, come era nella vitae nella predicazione diGaspare.

Tutto questo lo vedia-mo sintetizzato in unadelle più felici formuledel Santo: “Questa devo-zione è di essenza delCristianesimo: in questaabbiamo i tesori della sapien-za [ecco l’aspetto teologico]della santità [ec co l’aspettospirituale] in questa il nostroconforto, la pace, la salute[ecco l’aspetto so ciale]” (ibi-dem).

Questa formula breve maricchissima, dove ogni parolaè un programma, ci confermache il CARISMA proprio delnostro Santo fu la fondamen-tale devozione al Sangueredentore, con l’impegno cheda essa derivava di essernel’annunciatore, il missiona-rio, l’apostolo: “Tromba delDivin Sangue”, per scuotere i

peccatori e i settari, per lariforma dei costumi e la sal-vezza delle anime, per richia-mare tutti all’amore del Croci-fisso (Sr. Agnese del VerboIncarnato – Valentini, in Pro-cesso Ordinario Romano Vol.II, ff. 476 e 481).

Punto di partenza della suacontemplazione

L’effusione fisica, amorosadel Sangue del Redentore nel-le diverse fasi della passione,

perciò le piaghe delCristo, il Divino Croci-fisso erano altrettantipoli di attrazione per ilsuo cuore: “Ovunqueio volga lo sguardo, onella flagellazione onella coronazione dispine… non rammentoné vedo che sangue! Lepiaghe dei piedi e dellemani, il capo coronatodi spine, l’aperto divinCuore… omnia adredamandum nos pro-vocant, tutto ci spingea riamarlo!” (Scritti delFondatore, Vol XV, f.441 e Vol. XVI, fasc.13).

Dal sangue dellapassione e della croce

Gaspare risaliva al sanguedella glorificazione, chetrionfa nel regno celeste, eche Gesù risorto e asceso nelsantuario eterno presenta,offre di continuo al Padre avantaggio dell’umanità pelle-grina sulla terra (cfr. Scritti delFondatore Vol. XV, ff. 400 e455; Vol. VIII, f. 500; Vol. XV, f.442).

Ma quello che rapiva ecommuoveva in modo parti-colare il cuore di Gaspare erail Sangue che nel misteroeucaristico Gesù e la Chiesaoffrono ogni giorno sui nostri

Spiritualità

Augusto Ranocchi (1931-2011) Bozzetto dell’abside della Cappelladel Preziosissimo Sangue, Roma

Nel Segno del Sangue 167

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Spiritualità

168 Nel Segno del Sangue

altari. È il sangue che dall’al-tare vedeva fluire nel corpomistico di Cristo attraverso isacramenti, nel mistero dellagrazia che porta la linfa vitaledal Capo nelle membra:“Questo Divin Sangue sioffre di continuo nel DivinSacrificio, questo si applicanei Sacramenti, questo è ilprezzo di Redenzione, questoè l’attestato di amore di unDio fatto uomo, questo è ciòche presentar possiamo alDivin Padre per la riconcilia-zione dei peccatori: Te ergoquaesumus tuis famulis sub-veni, quos pretioso Sanguineredemisti!” - “Soccorri i tuoifigli, Signore, che hai redentocol tuo Sangue prezioso”(Scritti del Fondatore Vol. XII,f. 49; Memoriale a Leone XIIsull’Istituto).

L’apostolatoL’apostolato, che costitui-

sce la seconda dimensionedel Carisma di San Gaspare,scaturisce dalla devozione alPreziosissimo Sangue, perdinamica interna, come lafiamma dal fuoco, il fiumedalla sorgente, l’albero dallaradice.

Esso fu per Gaspare un’esi-genza d’amore, così perento-

ria, da chiedergli l’impegnodelle sue forze, del suo tempo,della sua salute, di tutto il pro-prio essere, fino al sacrificiosupremo di sé che lo assimilòa Cristo “vittima di carità”.

Gaspare non pensò maiuna devozione senza l’aposto-lato, ma ogni apostolato eraper lui devozione al Sangue diCristo. Nel concetto stessoche il Santo aveva della devo-zione al Sangue di Cristo èincluso l’impegno di annun-ziarla, diffonderla, farla prati-care, affinché produca i suoifrutti preziosi nelle anime enella Chiesa.

Dunque, un fermento divita e di opere, nella duplicelinea dinamica: verticale,come sorgente di amore versoDio, orizzontale come dina-mismo apostolico.

“L’anima sente che Gesùdice dalla croce: Sitio, hosete! Ed oh che vorrebbe fareper corrispondere!... piangeper chi non piange, prega perchi non prega. Sa che le ani-me gli costano Sangue eaccorre nella vigna del Signo-re a fare quel bene che può,né cessa di pregare” (Scrittidel Fondatore Vol. XV, f. 460).

“I peccatori abusano or -rendamente del Sangue di

Redenzione e il Signore vadicendo nei suoi trasporti d’a-more: A che giova il mio San-gue? Dunque vi sia chi procu-ri col sacro solenne culto l’a-dorazione di compenso einsieme ne predichi al popolole glorie” (ibid. Vol. XII, f. 80 -Memoriale sul Titolo dell’Istitu-to a Leone XII).

“Il Divin Sangue versatofino all’ultima stilla, oh conqual voce eloquente grida almio povero cuore! Vorrei ave-re mille lingue per intenerireogni anima verso il SanguePreziosissimo di Gesù! Ohpotessi anche con il mio san-gue propagare sì bella devo-zione!” (ibid. Vol. XV, f. 368 –Proc. Ord. Rom. Vol. II, ff. 854e 868).

La DevozioneSecondo San Tommaso,

devozione deriva da “devove-re”, che significa “votarsi a,darsi interamente a… fino allamorte” (Summa Theol. II/a,II/ae, q. 82, a. 1)

Consiste perciò nello slan-cio dell’anima a servire Dio, asubordinare alla sua gloria e alsuo beneplacito tutta la nostravita. (Cfr. Pio XII, Enc. “Media-tor Dei” sulla Sacra Liturgia,20/XI/1947 AAS a. XXXIX

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Spiritualità

L’oggetto particolare diquesta devozione non è solo ilsangue, considerato in se stes-so come elemento fisiologicodell’umanità del Redentore,quasi astraendolo dalla interarealtà del Cristo, ma è la PER-SONA stessa di Gesù VerboIncarnato, che per il suo eroi-co amore alla volontà delPadre e al bene del genereumano, ha voluto spargere ilsuo sangue in sacrificio diredenzione e di salvezza.

Il vero e pieno oggetto diquesta devozione è dunque lapersona di Gesù Cristo, coltanella sua più profonda identi-tà che è l’amore e nella notapiù alta e squillante dell’amo-re che è il Sangue.“Qui posso dire, per quella

piena cognizione di fatto pro-prio che ho del Servo di Dio,che egli è stato in tal tempol’uomo distintamente eletto daDio, ed arricchito dei doni dinatura e di grazia necessari edopportuni per essere nellaChiesa di Dio come una trom-ba evangelica di paradiso, attaad illuminare i popoli collapredicazione dei pregi divinidel Sangue Preziosissimo diGesù, ed a predicarli con talepienezza, sufficiente almenoad accenderne i cuori all’amo-

re di Gesù che con amore infi-nito ha sparso tutto il suo San-gue Preziosissimo per noi” (S.Vincenzo Pallotti, Proc. Ord.Alb., Vol. I, f. 413).

Nella mentalità biblica, siadell’Antico che del NuovoTestamento, il sangue significatutta la persona umana, con lasua vita, la sua anima, la suaattività. La parola “Sangue diCristo”, coinvolge, perciò, tut-to intero il Cristo, cioè la suapersona divina, che ha assun-to la natura, la vita, l’attivitàumana per farne strumento diespiazione e di salvezza.

Pertanto, il significato pienodell’espressione “Devozioneal Sangue di Cristo” dice ado-razione, amore, dedizione allapersona di Cristo nel misterodel suo abbassamento, dellasua obbedienza fino alla mor-te di croce (Cfr. Fil 2, 6-8), del-la sua vita offerta in sacrificio,del passaggio dalla schiavitùdel peccato e della morte, allanovità gioiosa della vita[Mistero Pasquale], della vitadivina trasmessa e applicataalle anime nel sacrificio euca-ristico e negli altri sacramenti,della mediazione eterna diCristo nella gloria del Padre(Ap 5,6; 1Gv 2,1; Eb 7,25).

(1- continua)

Nel Segno del Sangue 169

(1947), Parte I, n.2 et ss).In questo senso Cristo è il

primo e più perfetto “devoto”del Padre, perché tutta la suavita non fu che uno slanciopieno di amore verso il Padree un votarsi interamente allaesecuzione della sua volontà:“Il Padre mio è glorificato inquesto: che io faccio semprela sua volontà”.

In questo senso si com-prende l’espressione di SanGaspare che affermava di“essersi venduto”, di essersicioè giocata la vita per questa“devozione”. Devozione che,rettamente intesa, è l’animastessa della religione e delculto, perché essa esprimequel movimento dell’animapieno di riverenza e di affettoverso Dio, di cui riconosce leprerogative degne di adora-zione e di amore.

È il ciclo vitale che coin-volge la creatura umana nellasua interezza giacché l’intel-letto conosce per mezzo dellafede l’amabilità di Dio e lavolontà si dona al suo servi-zio.

Se da una parte l’ardoredella carità è propriamente lacausa della devozione, dal-l’altra è la devozione chenutre la carità.

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Nel Segno del Sangue

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I Missionari del Preziosissimo Sangue,per facilitare la comunione di preghieratra vivi e defunti, hanno istituito da oltreun secolo l’Opera delle 4000 MessePerpetue.Ogni anno vengono celebrate 4000Messe per tutti gli iscritti, vivi o defunti.Per associarsi, o per iscrivere i propricari, basta versare l’offerta di unaMessa, una volta per sempre. Si rimane iscritti in perpetuo. Viene

rilasciata una pagellina con il nome della persona iscritta.

4000 Messe Perpetue

Ringraziamo tutti coloro cherispondono con tanta generosità!

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che riguardavano Pasqualede’ Rossi (1794-1863) delquale sono stato primo e finora unico biografo.

Il de’ Rossi, primo all’esa-me di laurea in giurispridenzanel 1819, vincitore del con-corso a cattedra nel 1828,

glione Universitario e Costitu-zione della Re pub blica Roma-na del 1849. L’incontro erafissato nella prestigiosa Saladel Rettorato della stessa Uni-versità. Sarebbero intervenutiillustri professori. Io avevopreparato due episodi inediti

IIl 30 aprile 2015, per insi-stente invito del professorPierangelo Catalano, or -

di nario di Diritto Romanoall’Università “La Sapienza”di Roma, partecipai a unatavola rotonda sul tema Per l’i-dentità della Sa pienza: Batta-

Cronaca ______________________________________

172 Nel Segno del Sangue

di Michele Colagiovanni

Un giorno inuniversità

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Mariano Tani, che non stavadando a suo parere una buo-na prova di sé, concedendoliinvece ai pronipoti, come attodi fiducia nel futuro, più chenel presente che ben cono-sceva.

La mattina della tavolarotonda mi recavo all’appun-tamento con i miei quattrofogli da leggere. Recenti fattidi malcostume mi avevanoprodotto un profondo disgu-sto. Un improvviso rigurgitodi quell’umore si concretizzònel seguente soliloquio.

«Andrò là, “postremo tracotanto senno”, a spremere ilmio spicchio di elogio, daaggiungere agli altri spicchidei Professori, il cui succo saràsicuramente più pregiato eabbondante, ma di natura nondiversa dal mio. Elogio allaCostituzione del 1849, figliadell’altra del 1799; entrambedel medesimo dna di quellache consideriamo la più belladel mondo: la Costituzione del1949 che oggi ci governa. Edopo di ciò?

La Costituzione più belladel mondo voleva fugare ilrischio di ricadere nelle tiran-nie da cui uscivamo. Che ne èdel suo magnifico dettato?Siamo immersi nella corru-zione. Oggi se chiedi un tuo

titolare della cattedra di Dirit-to Romano nel 1832, nel1847 fu eletto alla Consultavoluta da Pio IX e di essa fuvice presidente e poi presi-dente per la morte del collegaAntonio Silvani. Nel 1848 fuministro di Grazia e Giu stiziadel Governo Ma mia ni e delGoverno Fabbri. Nello stessofatidico anno presiedette laCommissione per redigere loStatuto del Battaglione Uni-versitario di Roma, che avevamansioni di disciplina internaall’Ateneo. Guidò gli studen-ti – che lo avevano elettocolonnello – alla difesa diRoma assediata dalle truppefrancesi quando, presi dal-l’entusiasmo, si schieraronoal fianco dei patrioti combat-tenti, oltrepassando le lorocompetenze.

I due episodi rinvenutinell’Archivio Segreto Vatica-no, che volevo portare all’at-tenzione dell’uditorio, avreb-bero confermato che il de’Rossi fu uomo di coraggio,capace di resistere a personedella malavita comune, allor-ché vollero ricattarlo conminacce e che nella destina-zione testamentaria dei propribeni, rilevantissimi, si lasciòguidare da una retta coscien-za, scavalcando il nipote

Cronaca

Nel Segno del Sangue 173

diritto a chi ha il dovere disoddisfarlo (e per questo ser-vizio percepisce uno stipen-dio) ti fa notare che ci voglio-no sei mesi. Poi però aggiun-ge: “A meno che tu non siadisposto a ungere la macchi-na; in tal caso puoi avere ciòche ti spetta in tre mesi, o per-fino subito; dipende dallaquantità del lubrificante”.Dov’è la più bella Costituzio-ne del mondo? A che cosa ciserve?

Ecco: io sono convinto chemolti di quelli che la scriveva-no, quella Costituzione bellis-sima, già sapevano in quantimodi potevano violarla impu-nemente e si proponevano diapprofittare delle opportunitàsubito dopo la promulgazio-ne. Oggi non importa più anessuno finire in galera, pur-ché se ne possa uscire conser-vando i soldi frodati, frutto discaltrezza». E conclusi: «Eccoche cosa potrei dire, invecedei due episodi nei qualiancora una volta Pasquale de’Rossi fa una bella figura».

E così feci. Piegai i quattrofogli che avevo preparato equando dovetti parlare (perironia della sorte toccò pro-prio a me iniziare a spremerelo spicchio di saggezza in for-za dell’ordine alfabetico)

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cominciai la predica, nonmolto diversa da una qualun-que predica, laica o religiosache sia, dove si dice come lecose dovrebbero andare.

«Se le buone parole nondiventano carne e sangue di chile esalta» – dissi grosso modo –«sono fiato che fa rumore.Nascono e finiscono là dove ilrumore che le ha prodotte tace.Non lasciano traccia. Quandoavremo finito di parlare in que-sta sala e ce ne saremo andatitra gli applausi, verranno gliaddetti a far pulizia. Non racco-glieranno neppure una gocciadi ciò che abbiamo asperso contanta abbondanza e compiaci-mento. E noi ce ne saremoandati uguali a come siamovenuti, con il nostro alto con-cetto della Costituzione, fieri diciò che siamo riusciti a dire aproposito della bellezza diquelle parole e dall’applausoche ci è stato tributato. Ce neandremo. A fare che cosa? Atradire le parole che qui siamovenuti a illu strare e a magnifi-care. Non si spiegherebbe, incaso con trario, come possaesservi in giro tanta melma. Chil’ha prodotta e continua a pro-durla con spavalderia».

Le parole precise non le

ricordo, ma spremetti proprioquesto succo. Dissi pure cheavevo parlato prima che aglialtri, a me stesso. Come inquesto momento metto periscritto che i concetti qui rife-riti sono per me, oltre che pertutti quelli che leggeranno tro-vando sensato il discorso eanche se stessi più o menocolpevoli.

Avrei anche voluto dire chemi consideravo più fortunatodi Benedetto XVI, al quale nonera stato consentito di andarea parlare là, dove io inveceparlavo. Mi astenni perchéavrei deviato l’attenzione dauna questione di principio auna disputa sulla opportunitàdi dire certe cose in certi luo-ghi e da parte di certe persone.

Per essere logico fino in fon-do, conclusi dicendo che ildiscorso da me fatto era direttoprincipalmente agli uomini diChiesa (di nuovo cominciandoda me). Perché sono duemilaanni che la Chiesa fa questeprediche ma per lo più non levive. Elogia un testo che sichiama Vangelo, che io con -sidero senza offesa per nes -suno, superiore a qualunqueCostituzione, che configura unUomo che oltre a promulgare

certe parole ineguagliabili levisse, tant’è che viene denomi-nato Verbo incarnato.

Seguirono gli altri interven-ti. Nessuno si rifece al mio, senon il promotore dell’iniziati-va professor Catalano, elo-giando il professor de’ Rossicome cattolico coerente conla sua fede, ma anche con ilsentimento dei suoi studentiche volevano un mondo piùgiusto.

In privato, al termine di tut-to, quattro vennero a congra-tularsi con me per quello cheavevo detto. Perché in privato?Sarebbe stato più costruttivoassociarsi in pubblico.

Venne anche un quinto adirmi parole di condivisione.Si chiama Giuseppe Garibal-di, discendente diretto dell’E-roe. Mi disse della sua emo-zione nell’aver accompagnatoPapa Woytila in un viaggio enel parlare con lui presentan-dosi con quel nome e cogno-me. Mi disse che anche il suocelebre avo, pur essendo anti-clericale, condivideva il prin-cipio cristiano.

“Sono anticlericale ancheio” – gli dissi – “ma misericor-dioso, per essere giudicatocon misericordia”.

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Cronaca

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Celebrante: Nel nome del Padre, edel Figlio, e dello Spirito Santo.Amen.

Ti rendiamo grazie, Signore per ilsacrificio da te compiuto: con la tuaincarnazione ha preso il via la tuamissione terrena che la tua risurre-zione ha sublimato. Donaci ora dipoter comprendere, con l’illumina-zione dello Spirito Santo, l’immensi-tà di questo tuo amore per noi, perprovare, sul tuo esempio, a conver-tire in luce le nostre tenebre.

DAL VANGELO DI LUCA

Ed ecco in quello stesso giornodue di loro erano in cammino perun villaggio distante circa settemiglia da Gerusalemme, di nomeEmmaus, e conversavano di tuttoquello che era accaduto.  Mentrediscorrevano e discutevano insie-me, Gesù in persona si accostò ecamminava con loro.  Ma i loroocchi erano incapaci di riconoscer-

Nel Segno del Sangue 175

Marko Ivan Rupnik, I discepoli di Emmaus.Cripta della chiesa inferiore di San Pio da Pietrelcina,

San Giovanni Rotondo (FG)

di Gabriella Dumo

Gesù appare ai discepoli di Emmaus

___________________________ Incontro di preghieraluglio 2015

Canto Esposizione eucaristica

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lo. Ed egli disse loro: ‘Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?’. Sifermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: ‘Tu solo sei così forestiero in Geru-salemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?’. Domandò: ‘Che cosa?’. Gli rispo-sero: ‘Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti aDio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo con-dannare a morte e poi l’hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tuttociò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, cihanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dir-ci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sonoandati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto.

Ed egli disse loro: ‘Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognavache il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?’. E cominciando da Mosè eda tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al vil-laggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: ‘Restacon noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino’. Egli entrò per rimanere con loro. Quandofu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprironoloro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: ‘Non ciardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava leScritture?’. E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gliUndici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: ‘Davvero il Signore è risorto ed è apparso aSimone’. Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nellospezzare il pane. (Lc 24, 13-35).

È quasi sera. A Gerusalemme hanno crocifisso Gesù e Cleopa, un suo discepolo, presumibilmen-te con sua moglie, tornano verso la loro casa di Emmaus ad una decina di chilometri di distanzada quella città, da quell’orrore. Sono stanchi, tristi e delusi mentre i loro occhi sono ancora inchio-dati su quella croce come i loro pensieri e le loro speranze. È finito tutto, quegli ultimi giorni conal culmine la morte di Gesù hanno ridotto al minimo le loro energie. In più sono delusi: desidera-vano la libertà da Roma come i loro avi dagli Egiziani, ma laddove Mosè era riuscito, Gesù, invece,aveva fallito facendosi uccidere come il peggiore dei malfattori su una croce. ”Forse non lo abbia-mo saputo aiutare – pensavano – siamo scappati tutti, Pietro lo ha addirittura tradito, ma che pote-vamo fare noi soli contro Roma?…”. Così tornano a casa, al sicuro, tra le poche certezze che ave-vano lasciato per seguire Gesù, ma ora dopo averlo conosciuto come avrebbero fatto senza di lui?“Deserto”: ecco la sensazione che provano; deserto, vuoto e aridità nei loro pensieri, nei loroocchi, nei loro sandali. … Ma senza che loro lo immaginano minimamente Gesù, più vivo che mai,sta per mettersi al loro servizio, come sempre, portando la sua presenza in quel deserto e facendolocosì … fiorire…, come dicono le Scritture. Certo le sembianze di Gesù non sono più le stesse: infat-ti Cleopa e sua moglie non lo riconoscono, forse perché Gesù, per non spaventarli, sceglie di sve-

Incontro di preghiera

176 Nel Segno del Sangue

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larsi gradualmente, o forse perché nel loro deserto di amarezza, delusione e tristezza, di cui moltospesso tutti noi facciamo esperienza, diventando ciechi e sordi a tutto, mai lo avrebbero potutoriconoscere! Ma poi le parole di “quello straniero” che cammina con loro cominciano a scuoterlinel profondo, allontanando la tristezza e riaccendendo inspiegabilmente tutti gli entusiasmi sopitifino a far battere loro il cuore a mille. Giunta ormai la sera ed essendo Emmaus ancora lontana,Cleopa e sua moglie si fermano per la stanchezza in una locanda e trattengono “lo straniero” chefa per andarsene. È impossibile separarsi. Gesù, lo straniero, accetta, e nel momento in cui spezzail pane nel modo in cui solo lui sa fare, viene riconosciuto. Ecco: ora i discepoli sanno, hanno capi-to, hanno aperto gli occhi.

Questa non è solo una bella storia a “lieto fine”; è la storia che viviamo ogni giorno. Gesù ciaffascina, ma quando è il momento di seguirlo siamo presi da altre cose. Siamo abituati a bruciaretutto in fretta e così continuiamo a tradire Dio e anche noi stessi. Il “lieto fine”, l’aver riconosciutoGesù, non tocca solo a Cleopa e sua moglie, ma tocca anche a noi se solo non trasformiamo inuna bella festa il giorno di Pasqua, e in riti abitudinari le celebrazioni che lo precedono. Tutto l’an-no, invece, facciamoci entusiasmare, meravigliare, turbare, commuovere dalle parole e dai gesti diGesù, come è successo ai discepoli di Emmaus che, una volta aperti gli occhi, hanno dovuto cor-rere a Gerusalemme per testimoniare che Gesù era veramente risorto, lo avevano visto.

Evidentemente il deserto è un luogo ideale per incontrare ed ascoltare Gesù: indica infatti il vuo-to e la cecità interiore, cioè la prima condizione utile all’uomo per perdersi. Il Signore lo sa e siprende cura di noi, ci parla; è capitato a Mosè di fronte al roveto ardente, ai discepoli di Emmaus,a Saulo: la presenza divina cambia i cuori duri e stolti e trasforma le incognite in certezze, offreopportunità di rinascita. Nel deserto si sta male, ma sia per noi, tutte le volte che ne facciamo espe-rienza, proprio l’opportunità da cogliere, il “gancio” che ci viene offerto da Gesù per risalire la chi-na. Così da discepoli diventeremo Apostoli, da semplici seguaci simpatizzanti passeremo ad essereinviati, convinti che scelgono di avere Gesù nella loro vita perché la possa trasformare dall’internonutrendola della sua presenza viva. E che tutto questo è vero lo testimonia la risurrezione che,superando il limite terreno della morte, apre le porte all’eternità; Gesù è veramente risorto, non èun fantasma, è in una nuova dimensione, quella dell’eternità.

Io credo in Dio, Padre onnipotente,creatore del cielo e della terra;e in Gesù Cristo, suo unico Figlio,nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo,nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato,fu crocifisso, morì e fu sepolto;discese agli inferi;il terzo giorno risuscitò da morte;salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente;di là verrà a giudicare i vivi e i morti.Credo nello Spirito Santo,

Incontro di preghiera

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la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi,la remissione dei peccati,la risurrezione della carne,la vita eterna.Amen.

Molto spesso nella quotidianità della nostra vita ci sentiamo persi e ciechi come i discepoli diEmmaus. Soccorrici tutti, Signore, rendici coscienti della tua presenza. Per questo ti preghiamo:

Aiutaci a riconoscere la tua luce, Signore.Anche quando siamo sereni, Signore, possiamo essere ciechi perché inconsapevoli. Anche nelle

occasioni di festa e di gioia, donaci, Gesù, di trovare le giuste coordinate per mantenere stabile larotta dietro di te. Per questo ti preghiamo:

Aiutaci a riconoscere la tua luce, Signore.Dopo il gelo dell’inverno anche la natura si risveglia. Siamo in simbiosi con il creato che ha biso-

gno di luce e calore per esistere ed essere espressione di Te. Donaci di saperti trovare nei volti felicio tristi del nostro prossimo, ma anche nella natura, frutto della tua creazione. Per questo ti preghia-mo:

Aiutaci a riconoscere la tua luce, Signore.

Incontro di preghiera

Preghiamo

Padre nostroCongedoCanto Finale

178 Nel Segno del Sangue

Ci uniamo ora a tutta la Chiesa per offrire al Padre il dono preziosissimo del sangue diCristo, nostra gloria, salvezza e risurrezione.

Eterno Padre, noi ti offriamo con Maria, Madre del Redentore del genere umano, il san-gue che Gesù sparse con amore nella passione e ogni giorno offre in sacrificio nella cele-brazione dell’Eucaristia.

In unione alla vittima immolata per la salvezza del mondo, ti offriamo le azioni dellagiornata in espiazione dei nostri peccati, per la conversione dei peccatori, per le animesante del purgatorio e per i bisogni della santa Chiesa. E in modo particolare:

Universale: Perché la responsabilità politica sia vissuta a tutti i livelli come forma altadi carità.

Per l’evangelizzazione: Perché i cristiani in America Latina, di fronte alle disugua-glianze sociali, possano dare testimonianza di amore per i poveri e contribuire ad unasocietà più fraterna.

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Quando parliamo di“leoni”, quasi auto-maticamente la

nostra memoria stimolata dal-la fantasia ci porta ad averpaura, perché questi sonoanimali fieri, pieni di forza eferocia. I leoni infatti, nonfanno sconti verso nessunoche incontrano. Quando s’in-furiano, con una zampatapossono sfondare facilmenteil normale vetro di una mac-

china ed estrarre quindi ilconducente per divorarlo. Siraccontano tante storie capi-tate in giro. Questi animalisono talmente forti ed agiliche possono entrare con unbalzo in un recinto alto più didue metri, dove si trovano adesempio dei buoi al fine diassalirli, spezzare loro il collocon la forza di cui sono dota-ti, scaraventare un bue fuoridal recinto saltando fuori, e

portarselo nella foresta ondesaziarsi e fare festa con i lorocuccioli. I leoni non hannopaura di nulla e di nessuno

Vi racconto ora, un’avven-tura singolare che mi è capita-ta mentre ritornavo dopo duegiorni di assenza dalla nostracasa Missione, da una visitafatta nei villaggi della pianuradella Rift Valley (che è unabbassamento tettonico delsuolo di qualche centinaio di

La tenerezza di Mamma Leone

_______________________________________ Missioni

Nel Segno del Sangue 179

di Giuseppe Montenegro

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Missioni

nità cristiane che si andavanoformando.

Mentre stavo percorrendo lastrada di ritorno per arrivare alcentro della Missione, improv-visamente vidi al fianco dellajeep una cosa straordinaria.Erano due cuccioli di leone diuna bellezza incredibile. Miguardavano incuriositi ed era-no attirati dalla luce dei faridella jeep che brillavano come

metri, che interessa diversiStati dell’Africa Orientale).Era notte inoltrata, con la jeepsuperata la salita, viaggiavosull’altipiano. Era da poco ter-minata la stagione delle piog-ge. La strada che percorrevoera in terra battuta. Laddovepassavano le ruote delle variejeep si erano creati dei solchi,ciascuno di un venticinquecentimetri di profondità. La

jeep che guidavo si eraimmersa in questa corsia qua-si obbligatoria. I fari dellajeep illuminavano molto benela strada. La vegetazione eracresciuta davvero folta ai latidello stradone.

Ero particolarmente con-tento, mentre ripensavo legrandi conversioni che eranoavvenute ed il fervore travol-gente di queste prime comu-

180 Nel Segno del Sangue

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Missioni

stelle luminosissime che fen-devano con facilità di fronte ame il cielo che si stava scuren-do in quella sera. Rallentaiparecchio, e mi venne la tenta-zione di prenderli in macchinaper portarli con me, tanto era-no belli, anche perché nonc’era accanto a loro alcun leo-ne. Usai precauzione, perchénella steppa ci sono sempredelle sorprese, mi accontentaisoltanto di ammirarli, protettodalla pur sempre fragilità deivetri impolverati del finestrinidel mio mezzo. Prudentemen-te ridussi la velocità al mini-mo, ma senza fermarmi. Que-sti due cuccioli, tanto incurio-siti dalla luce, si incamminaro-no davanti alla jeep, ciascunoin un canale. Le loro orecchieerano tese verso il rumore delmotore della jeep e correvanodavanti. Una scena bellissima,da mozzafiato.

Mi stavo godendo la scenacon spensieratezza, quandovidi all’improvviso apparire,dapprima la sagoma e poi intutta la sua possenza, la formadella mamma leone che simise a seguire i suoi cuccioli.Allora mi fermai un poco, perdare tempo alla leonessa diprovvedere ai suoi piccoli,sperando che li facesse spo-

stare il più in fretta possibile.Questi però continuavano laloro corsa. Ci fu come unasilente intesa con la mammaleonessa che, con la forza delsuo muso, scaraventò fuoricarreggiata il primo e subitodopo il secondo. Ripresi a gui-dare la jeep adagio, e convelocità costante. Ma quei bir-bantelli corsero più veloci dime e si infilarono di nuovo neisolchi della strada. Immedia-tamente fermai la jeep. Lamamma leone a questo puntotornò a controllare i suoi cuc-cioli. Prese con la sua bocca ilprimo dal collo e se lo portòlontano. Tornò di nuovo aprendersi il secondo e, conaltrettanta delicatezza e riso-lutezza, se lo portò lontano.Continuai il mio percorso,anche se con una riga di sudo-re che mi colava lungo laschiena, ormai ero sicuro chelo spettacolo fosse terminato.Vidi a questo punto però riap-parire il primo cucciolo, conla stessa gioia di correredavanti alla jeep. Mi fermai dinuovo, inchiodando la mac-china alla strada. Mamma leo-ne corse avanti, fece un salto eafferrò di nuovo sul collo ilsuo piccolo con tanta fermez-za e delicatezza al medesimo

tempo. La leonessa si fermò emi fissò, mentre da lato la jeeple scorreva vicina, come perdirmi: “Grazie, continua il tuoviaggio” … Anch’io dal cantomio la ringraziai, e mi vennespontaneo di pensare: “Quan-to sei tenera e forte allo stessotempo, sei una vera mamma”.Continuai a questo punto conuna certa velocità il mio viag-gio meditando sull’accaduto.Compresi chiaramente ilrischio che avevo superato,con l’immediata quasi inco-scienza del momento, mariflettevo sulla tenerezza chehanno anche le mamme nelregno animale, anche quellecosì feroci come i leoni. Conquanta cura esse accudisconoi loro piccoli, a volte, neimomenti di estrema fame obisogno sino a sacrificarsi tut-te per loro.

Questa fu un’esperienzaunica - da brivido! - ma tutta-via fu esperienza di squisitatenerezza che spesso mi tornaalla mente. Penso che nellameraviglia del Giardino del-l’Eden, i nostri progenitoridovevano essere davverocontenti nel familiarizzarecon tutti gli animali, senzaalcuna distinzione tra quelliferoci e quelli domestici.

Nel Segno del Sangue 181

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gue (Eb 9, 11-12). Vieneescluso, dunque, l’uso delsangue di capri e di vitelli.

In un altro passo l’autoreosserva che il sommo sacer-dote ebreo entrava con san-gue altrui, non con il propriosangue, anzi entrava con ilsangue delle bestie.

Nella prospettiva antica ilsangue era sacro perché signi-ficava la vita: nel sangue, dicela Bibbia, c’è la nephesh il“principio vitale” (Deut 12,23) che viene da Dio, e perciòè sacro.

Essendo un elementosacro, esso è adatto per il cul-to, se Dio lo concede.

Si aveva così un concettoelementare di sacralità, chederivava proprio dal caratteresacro del sangue, di qualsiasisangue.

L’autore della Lettera agliEbrei, poi, riflettendo sul

cioè nella seconda tenda, laparte santissima, “Solo il som-mo sacerdote poteva entrare,una sola volta l’anno, e nonsenza sangue, che egli offreper se stesso e per i peccatid’ignoranza del popolo” (Eb9, 7).

Quindi il sangue era condi-zione del contatto figurativocon Dio. Senza sangue sacri-ficale il sommo sacerdoteebreo non poteva entrare nelsantuario di Dio.

L’autore della lettera osser-va che questa esigenza delrituale antico è stata adem-piuta nel mistero di Cristo,che si è servito del sangue,del proprio sangue, per entra-re nel santuario e presentarsidavanti a Dio.

Se c’è sicuramente somi-glianza, essa però non è com-pleta, perché Gesù vi è entra-to per mezzo del proprio san-

Nell’A.T. Dio permise l’usodel sangue proprio per fare ilculto; ma questo sangue erasangue di animali, esternoall’uomo; dunque non erapossibile stabilire con essoun’alleanza vera.

Nei sacrifici rituali del cul-to antico l’uso fatto del san-gue era un elemento di prima-ria importanza, specialmentenel sacrificio fondamentale,quello cioè dell’alleanzasinaitica: “Ecco il sanguedell’alleanza che Dio ha con-tratto con voi” (Es 24, 8). Epoi, nel sacrificio annuale piùsolenne, quello della grandeespiazione (Kippur).

L’autore della Lettera agliEbrei descrive questa celebra-zione, che era la celebrazioneper eccellenza, al fine di rista-bilire l’alleanza.

Egli osserva che nellaseconda parte del santuario,

Spiritualità _____________________________________

182 Nel Segno del Sangue

Il Sangue dell’AlleanzaL’uso del sangue nel culto ebraico

di Maria Damiano

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Spiritualità

mistero pasquale di Cristo, hacapito che questa sacralitàelementare non poteva basta-re per istituire un’alleanza conDio: come può mai il sanguedi un animale purificare lacoscienza di un uomo! Nonc’è rapporto valido.

Si tratta di riti esterni, colsangue altrui, un sangue chenon può avere relazione conDio. Dio non vuole il sangue

dei tori e dei capri. Similmen-te il sangue di capri e tori èinefficace in relazione con lapersona umana.

Esso procurava una certapurità rituale, chiamata “puri-tà della carne” (Eb 9, 13); eracompletamente insufficienteper stabilire una vera relazio-ne con Dio; bastava per il cul-to antico, che era un cultoesterno, come la legge antica

era una legge esterna; perciòla gente che si trovava in que-sto sistema di esteriorità, nonpoteva fare di meglio ed espri-meva così un’aspirazione reli-giosa, degna di rispetto sì, main maniera inadeguata e ineffi-cace.

È chiaro, dunque, che l’effi-cacia del sacrificio di Cristonon è dovuta a qualche rito disangue che lo rendesse simileai sacrifici rituali antichi.

La relazione è inversa.L’efficacia del sangue di

Cristo è dovuta a un’offertapersonale e generosa.

L’autore della lettera lo dicespiegando in che modo Cristoha ottenuto la redenzione eter-na: “Se il sangue dei capri edei vitelli e la cenere di unagiovenca, sparsi su quelli chesono contaminati, li santifica-no purificandoli nella carne,quanto più il sangue di Cristo,il quale con spirito eterno offrìse stesso senza macchia a Dio,purificherà la nostra coscienzadalle opere morte per servire ilDio vivente. E per questo Egli èil mediatore di una nuovaalleanza” (Eb 9, 13-15).

Cristo è mediatore di unanuova alleanza perché il suosangue è efficace per la purifi-cazione e per stabilire la rela-zione con Dio.

Nell’Antico Testamentol’offerta era valida a causa del

Nel Segno del Sangue 183

G. L. Bernini, Sanguis Christi, Ariccia

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È il momento questo in cuiGesù rivela la sua riconoscen-za filiale amorevole al Padredal quale riceve tutto.

È il momento in cui ringra-zia il Padre e annuncia a tuttiil suo amore verso di Lui.

Gesù, mentre rende grazie,sa quanto sta per fare subitodopo e vede che il Padre glioffre la possibilità di un donoincomparabilmente piùampio, più sostanzioso, piùgeneroso: la possibilità didare se stesso per comunicarela vita divina: “Il Padre mio vidà il pane del cielo” (Gv 6,32-33).

Da ciò vediamo come ledue dimensioni della nuovaalleanza sono nell’ultimacena strettamente unite.

La dimensione verticalerende possibile quella oriz-zontale.

Il sangue versato di Gesù,la sua morte violenta è trasfor-mata, grazie all’amore cheviene da Dio, in alleanzanuova, che è dono di Dio :“Porrò la mia legge nel lorocuore, la scriverò nel lorocuore… Io perdonerò la loroiniquità” (Ger 31, 33-34).

È paradossale, ma questa èla meravigliosa opera realiz-zata da Dio in Cristo per noi!

dando un pane spezzato e ilvino versato.

Le parole che Gesù pro-nuncia dimostrano che ildono è molto più profondo diquanto appare: “Questo è ilmio corpo, dato per voi; que-sto è il mio sangue dell’al-leanza versato per voi”.

Perciò non si può immagi-nare un modo di attuare unacomunione più completa epiù perfetta di Gesù con ognidiscepolo e di tutti i discepolitra loro.

San Paolo dice: “Partecipia-mo tutti di uno stesso pane”(1Cor 10, 17).

Il sangue dell’alleanza èdato per essere bevuto; non èsoltanto asperso come eranella prima alleanza delSinai.

L’istituzione dell’eucaristia,costituisce un pasto di allean-za che esprime in modo mol-to forte la relazione di profon-da comunione tra Gesù e idiscepoli: “Chi mangia la miacarne e beve il mio sangue,dimora in me e io in lui” (Gv6, 56).

La dimensione verticaledell’alleanza si manifesta nel-la preghiera di rendimento digrazie che Gesù pronunciadue volte, prima sul pane epoi sul calice.

valore del sangue; nell’offertadi Cristo è il contrario: il san-gue ha valore perché l’offertaè valida, poiché è un’offertapersonale, in cui Cristo offrese stesso con la sua integritàpersonale perfetta: offrì sestesso “immacolato”, dice iltesto; e questa offerta vienefatta grazie a un impulso datodallo spirito eterno, ossia dal-lo Spirito Santo.

Cristo dunque è stato, allostesso tempo, sacerdote e vitti-ma.Il suo è un sacrificio perso-nale. Questa la prima novità.

In secondo luogo nessunoaveva la forza di generositànecessaria per offrire se stesso.

L’alleanza mediata da Cri-sto ha due dimensioni: una diunione con i fratelli, l’altra direlazione con Dio.

Nell’ultima cena apparemaggiormente la relazionecon i fratelli, nel contesto diun pasto preso in comunione,dove la convivialità, l’acco-glienza reciproca, la relazio-ne fraterna acquistano un sen-so forte.

Nell’Antico Testamento piùvolte un pasto segna la con-clusione di una alleanza o diun patto.

In questo contesto di unpasto preso in comune, Gesùfa gesti di dono ai discepoli,

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Spiritualità

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re, non fa altro che indicare aicristiani il vero dinamismo del-la realizzazione personale:«Qui scopriamo un’altra leggeprofonda della realtà: la vitacresce e matura nella misurain cui la doniamo per la vitadegli altri…» 20. Nella Paroladi Dio appare costantementequesto dinamismo di “uscita”che Dio vuole provocare neicredenti. Chiamati dunque aduscire. Che ci fa capire perchésia importante il tema delle“Periferie, cuore della missio-ne”. Lì si riversa la misericor-dia di Dio, là va annunciata,vissuta, comunicata. Da làoccorre ripartire, per riscopri-re la possibilità nascosta dellavita. Al centro della missionec’è la periferia. Chi pone il suocuore nella periferia in qual-che modo si decentra. Macosa sono le periferie? Sono lezone d’ombra che ci abitanodentro, i nostri peccati.

Andare/uscire verso la peri-feria non è, quindi, semplice-mente lo slancio di un cuorebuono verso chi sta ai margi-ni, è più radicalmente uncammino di purificazione,dunque, di ciò che conside-riamo centrale nella nostravita; è un esodo. Uscire versole periferie, però, non signifi-ca rinunciare ad avere uncentro, bensì (ri)trovare il pro-prio cuore nel cuore di Dio.Vuol dire abbandonare ciòche possiamo pensare costi-tuisca il centro ma non lo è,per ritrovarci nuovamentecentrati secondo verità.

“Periferie, cuore della mis-sione”

A ricordarcele quotidiana-mente che attraverso di essebisogna far passare la nostratestimonianza personale e dichiesa.

“Periferie, cuore della mis-sione”

LL a parola “periferia” cirichiama il magistero dipapa Francesco. L’ap-

pello ad USCIRE e ad andareverso le PERIFERIE non sologeografiche ma soprattuttoESISTENZIALI è risuonato finda subito nelle sue parole: dis-corsi, omelie, angelus e, daultimo, nell’Esortazione apo-stolica, Evangelii Gaudium. Inquesto documento sulla mis-sione, sono molteplici i riferi-menti alla chiamata ad uscireper incontrare l’umanità edonarsi. Per esempio, leggia-mo ai nn. 10 e 20 dell’EG: 10.(…) «La vita si rafforza donan-dola e s’indebolisce nell’isola-mento e nell’agio. Di fattocoloro che sfruttano di più lepossibilità della vita sono quel-li che lasciano la riva sicura esi appassionano alla missionedi comunicare la vita aglialtri». Quando la Chiesa chia-ma all’impegno evangelizzato-

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Il Sangue di Cristo

nelle periferiedi Annagrazia Di Liddo, asc

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ché è la morte del cuore, èl’affievolirsi più o meno con-sapevole di appartenere aldono del mondo, al dono del-la vita, al dono del Battesimoed è il cammino verso unaperiferia che ci porta ad allon-tanarci sempre più da Lui edove certamente troveremo ilbuio e allora sì ci dovremorimboccare le maniche peruscire dalla melma del nostroegoismo e indifferenza che avolte avvinghiano il nostrovivere.

Nelle notti che viviamo,immagine delle varie periferiein cui ci troviamo, ecco, allo-ra, l’annunzio, la missioneche ci unisce gli uni con glialtri e ci fa beati.

In ogni cuore ci sono delle

ci lancia su nuovi progetti dievangelizzazione e di promo-zione attenta all’uomo dioggi. Siamo aperti allo Spirito,che parla al cuore, che soffia,che fa scoprire nuove strade,nuovi cammini.

Parole che donano forza egrande responsabilità.

Papa Francesco invita laChiesa ad uscire, ad andare, aportare Speranza, ad essereAccoglienza dell’Ultimo edell’emarginato, ad essereportatori di perdono e diAmore, non è forse una peri-feria quella di rimanere aguardare, tanto ci sono altriche lo fanno... Sì anche que-sta è una periferia, ma unaperiferia ben più pericolosadella periferia di Bangkok per-

Sono termini-specchiodove ogni comunità cristianaè chiamata a rimodellarsi, achiedersi: dove intercettarequeste periferie, se sono lon-tane, o magari dentro o appe-na fuori di casa. Rivedere inostri cammini formativi, sesono ancora locomotiva ditraino per gli agganci con lavita reale in continuo movi-mento, con le periferie cheinterpellano presenza e incar-nazione, fatte di persone esituazioni, di parole e di gesti,periferie che attendono diessere abitate dall’interacomunità dei credenti e nonsolo dagli addetti ai lavori.

“Periferie, cuore della mis-sione”

Un grido che ci sollecita e

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Attualità

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periferie da raggiungere, ognicuore ha bisogno di averesanate delle periferie. Ognu-no di noi conosce le proprie esa quanto bene faccia stare atu per tu con Gesù, il solo cheattraverso l’Amore può col-mare ogni nostra inquietudi-ne.

Ognuno di noi deve averea cuore le periferie del mon-do, ma deve anche essercapace di riconoscere quan-do lui stesso si colloca allaperiferia della vita degli altri edella relazione con Dio.

La vicinanza al dolore, allasofferenza, alla gioia nellavita delle persone, in fondo il“farsi compagni di strada”riempie il cuore di speranza eti fa veramente sentire leparole di Gesù direttamenterivolte a te “beati gli occhiche vedono ciò che voi vede-te”. E il cuore ti si riempie digioia perché in tutte quelleperiferie Lo incontri e ti fasentire la sua presenza…

Cercare la “gratificazione”personale nella missione inThailandia o in Asia vuol direavere sbagliato aereo, ma rac-cogliere le tante benedizionida ritrovarti a ringraziare ilSignore senza volerlo per ciòche sta operando in questeperiferie beh… allora il volo èquello giusto vieni e ti accor-gerai di quanto vale la penaspendere la vita per Lui.

Ti accorgerai allora qualisono le vere periferie chestanno dentro e fuori di noi, eti renderai conto che quellenon sono più periferie masono luoghi privilegiati d’in-contro della “Sua Presen-za”…

AMERAI (Mt 22,34-40)(paradigma della vita cristia-na)In quel tempo, i farisei,

avendo udito che Gesù avevachiuso la bocca ai sadducèi, siriunirono insieme e uno diloro, un dottore della Legge,lo interrogò per metterlo allaprova: «Maestro, nella Legge,qual è il più grande comanda-mento?». Gli rispose: “Ame-rai il Signore tuo Dio con tut-to il tuo cuore, con tutta latua anima e con tutta la tuamente”. Questo è il grande eprimo comandamento. Ilsecondo poi è simile a quello:“Amerai il tuo prossimocome te stesso”. Da questidue comandamenti dipendo-no tutta la Legge e i Profeti».

Quel dottore della Leggegli ha fatto la domanda chegli avrei fatto io. L’ha chiesto anome suo per fare un piacerepure a me, che di lui sonofiglia, sorella, anche a distan-za di secoli. L’importante èche l’abbia chiesto proprio aLui, a distanza di un volo d’a-pi da Gerusalemme, sulla cuisommità operai pagati un sol-

do a giornata stanno già pro-vando le prime manovre perpreparare la crocifissione.

Su queste strade che Lui -che della domanda è il desti-natario - ha battuto come pro-feta. Prima di rispondere buttal’occhio a destra e vede i cro-cicchi che sono stati i suoipulpiti, le piazze sulle qualiha sgranchito paralitici e gob-bi, i vicoli chiusi e illuminatid’oscurità dove ha acceso lavista ai ciechi. Poi la piscinacon i suoi profanatori, la stra-da al cui incrocio raddrizzò ladonna curva, rasserenò lamano rattrappita dell’uomoinfermo. Strana sorte per que-st’Uomo: per un amico man-dato a casa guarito, dieci oforse cento nemici s’eranoaizzati contro per annunciar-Gli l’avvento di un giornofunesto. A breve sa che lofaranno fuori. Oggi lo voglio-no semplicemente trarre ininganno: come ieri con la sto-ria di Cesare, l’altro ieri conl’episodio della lebbra guaritain un giorno di sabato o comedomani quando, dall’alto diun Legno battuto dai chiodi,Lo inviteranno a fare il mira-colo dei miracoli: rifiutarsi dilacrimare per mostrarsi Figliodi Dio. Non raccoglierannonulla, intanto gli rubano fram-menti di tempo sulla stradache conduce al Golgota:“Maestro, qual è il più grande

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di tutti i comandamenti?”Punto di domanda e punto acapo. Una semplice coniuga-zione verbale – fissata inquell’imperativo che nonammette ambiguità – arrivacome accecante risposta:“Amerai”.

Un verbo da lasciar com’è:nudo e crudo, tremolante efradicio di usura, accecante etenebroso. Scandaloso perbellezza. Perché “amerai”non è “ti affezionerai, ti lasce-rai sedurre, t’incanterai, acca-rezzerai”. Quello è voce delverbo amare, modo imperati-vo, tempo futuro, secondapersona singolare. Un verbodiretto, pungente, preciso.Oppure – per i palati mentalipiù fini – amerai è voce delverbo morirai: “ti consumerai,ti sfinirai, ti spremerai”.

Dalla terra al cielo, nonviceversa all’inizio: “il prossi-mo tuo come te stesso”. Maiavverbio di modo (“come”) fupiù pesante sotto il cielo diGalilea, più vicino al Golgotache alle onde di Genesaret.Perché amare Dio e il prossi-mo slegati dalla nostra storia ècosa troppo facile: un po’come abitare una casa maamarne di più un’altra, ocome sposare una donna matenere il cuore accovacciatoalla porta di un’altra. No, sta-volta – fortunati noi che unmetro di misura pure ce l’a-

vremmo – amerai Dio allostesso modo che amerai te:“come te stesso”. Mai potraiamare Dio e il prossimo senon amerai le tue orecchie asventola, quell’andare moc-cioso e stempiato dovuto allacanizie, quell’accento che tiricorda la tua provenienza,quel callo sulla mano a impe-ritura memoria di un umilelavoro. O quella mano mon-ca, quel piede zoppo, quellacicatrice addosso che ti ren-dono bello e miracoloso per-ché vissuto. Bello perchéamante e amato.

Come te stesso. Non potraiamarLo e amarli più di te. Per-ché mai nel cielo dei Vangeliun uomo è riuscito a disprez-zare il suo albero genealogicoe la sua provenienza ed èriuscito nel contempo adamare Lui. Dalla terra al cielo“con tutta l’anima, con tuttele tue forze, con tutto il tuocuore”. Ama te stesso all’inve-rosimile per riuscire a tentarepoi l’avventura di amare Dioe il prossimo – che di Luiquaggiù è traccia – per lomeno quanto te.

Tutto il resto è flebile illu-sione d’essere uomini. Queilentigginosi riverberi del pen-siero che, forse, ci mettono aposto la coscienza al tramon-tare di ogni sole. Ma non fan-no più battere il cuore di Dio.Che della grammatica italiana

è fine intenditore, fin quasi adusare l’avverbio più maneg-giato (“come”) per insegnareall’uomo a contemplare l’A-more di lassù.

Che significato ha perme… la parola periferia?

L’esperienza con la Caritasdiocesana di Bari-Bitontopresso il centro di accoglienzanotturna per i “senza fissadimora” m’insegna che nonc’è potenziale più eversivo diquello attivato dalla fiducia edall’amore. Non si tratta diuno slogan ad effetto, coniatoper l’occasione: operandonon a supporto della strutturama a servizio della persona,ho toccato con mano comepersone cosiddette di strada,dal volto rude, in un clima dirapporti improntati ad umani-tà e in assenza di pregiudizi,siano passati da un atteggia-mento di rivendicazione tut-t’altro che pacifica, a quellopiù maturo di chi, riprenden-do in mano la propria vita, sipone alla ricerca di significati;e scoprendo in sé insospettatee inutilizzate energie di bene,si chiede se non sia davverogiunto il momento di porle aservizio di progetti di vita enon di morte. L’esperienzacon i “senza fissa dimora”nasce dopo un incontro cheho avuto con uno di loro suuna panchina della stazione,mentre aspettavo il treno. Una

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ogni giorno; quella era la miavia crucis e non si possonosaltare le fermate. Bisognasolo avere il coraggio di acco-gliere ogni debolezza.” Mau-rizio continua: “Un giornoero seduto sulla panchina edavanti a me è passata unamamma con il suo figlio chescalpitava e piangeva perchéa scuola non ci voleva andare.Quando sono passati davantia me, la madre mi ha indicatoe ha detto: “ Se non studidiventi come questo qui”. Inquel momento il mio pensierosi è risvegliato, mi sono dettoche non volevo essere più unesempio negativo. Così misono rimesso in piedi. Sonoritornato manager per altrisenza fissa dimora. Ho orga-nizzato mostre, eventi cheattirassero attenzioni ecoscienze».

Come Maurizio, Luigi chemi manda a chiamare, tramiteun suo amico, il lunedì santodi tre anni fa perché vuoleparlarmi. Era caduto di nuovonelle morse della criminalità.Sono andata a trovarlo duegiorni dopo, il mercoledì san-to, parliamo un po’, poi miconsegna una lettera:“Cara Sr. Anna Grazia pos-

so chiederti un favore? Appe-na puoi va’ a trovare l’uomodella cattedrale, giù nella crip-ta, lo sento solo, è appeso aduna croce, al buio della nic-

panchina di legno consumato,perché le panchine hanno lamemoria lunga e si tengonoaddosso le stagioni passate e isegni che qualcuno, a volte,dimentica. Di segni ce nesono molti. Sono solchi e graf-fi, scritte e buchi. E allora pen-so alla storia di Maurizio, unastoria fatta di buchi e graffi,ma anche di qualcosa che inun certo senso dà forma. Mau-rizio era un manager, unuomo che esisteva, che non sisedeva. Mi osserva senza fret-ta. Gli chiedo: «Era stancoquando si è seduto qui la pri-ma volta?” Incomincia a rac-contare. “Così stanco - midice – che non mi sono piùrialzato per tre anni. Non ave-vo nemmeno la forza di pen-sare. Avevo intorno personeche mi sfruttavano per oppor-tunismo professionale. Con lamorte di mio figlio, avevo per-so anche la mia vita senzaaccorgermene. Pensavo alavorare, non mi fermavo mai,ma i miei figli li ho appena visticrescere. E la colpa mi ha fer-mato su questa panchina. Miha aiutato a rallentare. Lì sentiil coraggio di vedere la vitacosì come è realmente. Hoimparato a dare spazio a tuttele sfumature: al pianto, al sor-riso, al fallimento, al riscatto.Ho imparato che dalla libertàpuò nascere la vita. I momentidi sconforto erano presenti

chia scavata nella pietra bian-ca. Ieri guardavo quelle suefoto che mi hai inviato tu, manella mia mente lo ricordomeglio: ricordo un’immaginedi assoluta bellezza. Quandosarai davanti a Lui basterà chetu lo guardi come l’ho guarda-to io, quel giorno, quando misorprendesti, solo, davanti aLui. Egli capirà che nel tuosguardo ci sono anch’io. Poimi dirai come l’hai trovato.”

(Luigi)Cosa mi ha insegnato que-

sta esperienza?Maurizio, Luigi, Salvato-

re… mi hanno permesso divedere ciò che di solito nonvediamo.

Mi hanno insegnato sem-plicemente che bisogna porsidi fronte all’altro sempre inascolto, senza pregiudizi…nessun uomo è il suo limite,nessun uomo è il suo pecca-to. Bisogna abitare il limiteper redimerlo. A Maria DeMattias stava a cuore laRIFORMA DEL MONDO cheè possibile solo se lasciamoche la grazia cambi noi stessi,solo così si può avere unaricaduta positiva sulla società.

Mi ha obbligata ad esserepiù sorella e più madre neiconfronti di questa umanitàche attende bisogno di veritàe di salvezza. È importantesincronizzare il passo.

Concludo con una pre-

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l’acqua, l’albero e il vento –potrò infine leggere il tuo vol-to.Mi arrampicavo come un

povero recluso, i miei miseridesideri andavano errando mail cammino ha messo a nudo ilmio cuore e ho sentito l’orroredel nulla.Sei Tu che susciti i miei desi-

deri. I miei occhi hanno gusta-to la tua presenza. Possanoper sempre perdersi in Essa”.

(Salvatore Claude)

unguento per i miei piedi feritidal cammino. Il mio balsamo èdi vederti nell’ombra.Che importa se nessun’ac-

qua ha calmato la mia sete, lafreschezza della Grazia valepiù di una fonte insperata. Poi-ché per dirigermi verso di te,senza indugio, sul punto dipartire, ho preso la strada.Ho rifiutato la nausea triste.

Ho fuggito il peccato che fainvecchiare. Nel fiat abbando-nato dagli Angeli – nel sole,

ghiera che mi ha consegnatoun altro “senza fissa dimora”,è stato al centro d’accoglienzauna settimana, poi è andatovia, due giorni dopo abbiamosaputo che era morto assidera-to dal freddo:

“Che importa se alla finedella tappa nessun tetto appa-re per accogliermi perché al disopra del mio sonno il tuo visoprotettore si affaccia illumi-nandomi con forza e amore.Che importa se non ho

Attualità

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Il lato comico

_____________________________________ Umorismo

Nel gergo della malavita e della politica la mangiatoia indica il comples-so dei finanziamenti pubblici che diventano rapidamente privati. Eppu-

re nella mangiatoia fu deposto il Figlio di Dio, che poi disse: «Prendetemie mangiatemi…. Ma fate anche voi questo ricordandovi che io l’ho fatto». Sono ancora alla pri-ma fase. Se lo son mangiato e non gli permettono di proseguire la frase.

La mangiatoia

Quando è l’ora del becchime al pollaio, daogni angolo del recinto i polli, intenti a raci-molare qualcosa per non perdere l’abitudine,corrono verso il luogo ove è ammannita… la manna.  Corrono con le alispalancate per aiutarsi nella gara di velocità, e si contendono i posti più favorevoli per beccare,dando colpi ai rivali che fanno lo stesso. Questo fanno i polli. I pollitici (non è un refuso) invecefanno lo stesso. La sola differenza, se proprio vogliamo considerarla tale (essendoci ignota l’in-tenzione dei polli)  è che sostengono di farlo per servire meglio il popolo. Tutti (o quasi) indistin-tamente sbandierano un tale nobile intento. Che però realizzano solo se finiscono in galera,levandosi di torno. Ma chi può costringerli a rendere un tale servizio al popolo? Sono divisi infazione e ognuna vorrebbe che fosse l’altra a finire in galera. Meglio applicare il detto: dalle stel-le allo stallo. Soprassedere: cioè seguitare a sedere sulla stessa poltrona. Solo per i polli c’è lasoluzione infallibile. Non sbandierano l’orgoglio di servire il popolo; anzi se potessero parlaredirebbero con tutta sincerità che non ne hanno la minima intenzione. E invece finiscono rego-larmente in pentola o allo spiedo.

La pollitica (non è un refuso)

Nessuno avrebbe mai potuto immaginare, pur abbando-nandosi alla più sfrenata fantasia, che delle persone che

arrivano seminude su gommoni rattoppati e senza un soldo potesserofruttare tanto denaro… Giustamente quel tizio diceva al compare: «Aoh! Ciavemo na vacca damugne!». Ma nell’affare neppure la lingua ne usciva pulita. Magari poi presiedeva un convegnodi poesia.

Il miracolo italiano

Nel Segno del Sangue 191

di Comik

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Lo scopo di questoIstituto è di procurare

con tutto l’impegno chenon sia invano sparso

quel Sangue di vitaeterna, ch’è il prezzoinfinito della nostraRedenzione, ma che

ognuno se ne approfitti apropria salvezza.

(Articoli Fondamentali, 1°)