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1 II° CONGRESSO FIM CISL TORINO e CANAVESE 7 e 8 FEBBRAIO 2017 RELATORE: Claudio CHIARLE

II° CONGRESSO · Solidarietà. Noi siamo un Paese di frontiera, basta prendere un atlante geografico per capire che chi fugge dalle guerre in Libia, dalle violenze etniche nei Paesi

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II° CONGRESSO

FIM CISL TORINO e CANAVESE

7 e 8 FEBBRAIO 2017

 

RELATORE: Claudio CHIARLE

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È proibito piangere senza imparare, svegliarti la mattina senza sapere che fare. Avere paura dei tuoi ricordi. E’ proibito non sorridere dei problemi, non lottare per quello che desideri, e desistere, per paura. Non cercare di trasformare i tuoi sogni in realtà. E’ proibito non dimostrare il tuo amore fare pagare agli altri i tuoi malumori. E’ proibito abbandonare i tuoi amici, non cercare di comprendere coloro che ti stanno accanto, e chiamarli solo quando ne hai bisogno. E’ proibito non essere te stesso davanti alla gente fingere davanti alle persone che non ti interessano, essere gentile solo per farti ricordare, dimenticare tutti coloro che ti amano. E’ proibito non fare le cose per te stesso, avere paura della vita e dei suoi compromessi, non vivere ogni giorno come se fosse il tuo ultimo respiro. E’ proibito sentire la mancanza di qualcuno senza gioire, dimenticare i suoi occhi e il suo sorriso, solo perché le vostre strade hanno smesso di incontrarsi. Dimenticare il passato e farlo scontare al presente. E’ proibito non cercare di comprendere le persone, pensare che le loro vite valgono meno della tua, non credere che ciascuno tiene il proprio cammino nelle proprie mani. E’ proibito non creare la tua storia, non trovare neanche un momento per chi ha bisogno di te, non accettare che ciò che la vita ti dona, allo stesso modo te lo può togliere. E’ proibito non cercare la tua felicità, non vivere la tua vita positivamente, non pensare che possiamo solo migliorare. Non sentire che, senza di te, questo mondo non sarebbe lo stesso.

Pablo Neruda

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II° Congresso FIM-CISL Torino e Canavese Torino, 7 e 8 febbraio 2017

Uscire dal “cortile” dell’indifferenza

Unirsi nel Sindacato delle Competenze

Il Mondo globalizzato si sta chiudendo in un cortile, la vittoria di Trump non è la vittoria dei repubblicani, ha vinto un America ancora più profonda, un America che vuole stare chiusa in se stessa nel suo mondo che è costantemente connessa ma non è cresciuta culturalmente, non accetta i cambiamenti, non accetta “l’altro” anzi lo teme. I primi provvedimenti di Trump con la chiusura dei confini a sette Paesi arabi, ai musulmani, il muro con il Messico e i potenziali dazi doganali confermano che seppur enorme, come quasi un Continente, gli americani si stanno chiudendo nel loro “cortile”. Il voto sulla Brexit conferma il divario tra grandi agglomerati e le campagne, le città periferiche, i luoghi in cui il tempo e il mondo si è fermato, nei modi di vivere, nei costumi alimentando la paura “dell’altro”, di chi è diverso da te. Dobbiamo aiutare chi ha paura del diverso, di chi porta culture e religioni e modi di vivere diversi. Dobbiamo anche rispettare chi ha paura e dargli sicurezze. Il II° Congresso della FIM-CISL di Torino e Canavese vuole partire da due parole: Sicurezza e Solidarietà. La Sicurezza è una parola che oggi ha molti significati e sfaccettature. E’ la sicurezza che chiedono i cittadini di fronte al migrante sconosciuto, la paura degli attentati, l’aiuto che pretendono dallo Stato. Vorrei spendere due parole su questo perché credo che si coniughino le due parole: Sicurezza e Solidarietà. Noi siamo un Paese di frontiera, basta prendere un atlante geografico per capire che chi fugge dalle guerre in Libia, dalle violenze etniche nei Paesi Africani, dalle guerre in Somalia, dalla Siria, dalle povertà e dalla paura dell’islamismo radicale trovi uno sbocco naturale, geografico nel nostro Paese. Le rotte dell’emigrazione, passano dai Balcani e molto più facilmente dal deserto sahariano per confluire in Italia. Si può fermare? non credo; si può gestire? Si deve fare. Purtroppo in Italia abbiamo chi sfrutta le paure dei cittadini cercando di ottenere facili consensi elettorali e non aiuta a trovare le soluzioni. Siamo un paese povero politicamente, il mondo si è impoverito politicamente. Non esistono più grandi leader ma affaristi come Trump, In Europa anche la Merkel non si è dimostrata all’altezza, non parliamo dei nostri nani: Salvini, Grillo, Berlusconi e nemmeno il Centro e la Sinistra, i mondi più vicini a noi, non esprimono nulla. Senza leader, senza guide politiche non si va da nessuna parte. Oggi è paradossale ma l’unico leader riconosciuto è Putin, a parte Papa Francesco! Senza leader politici democratici, la paura rischia di farci prendere derive pericolose invocando i leader forti. Tutti lavorano sul particolarismo, non c’è capacità di visione e di progetto politico e in questo non aiutano i mezzi di comunicazione i quali rincorrono il sensazionalismo e lo scoop. Non abbiamo più grandi giornalisti che sappiano orientare e educare; d’altra parte i mezzi di comunicazione sono in mano a una classe politica, imprenditoriale incapace di avere un orizzonte da indicare. Chiediamoci anche se abbiamo grandi sindacalisti. Torniamo al punto di prima: l’immigrazione penso si debba provare a gestire integrandola; permettendo di transitare e uscire dal Paese; costruendo collaborazioni per il rimpatrio con i Paesi di

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origine, Grillo e Salvini e qualche altro nano politico dovrebbero spiegare come si fa a rimpatriare subito una persona. Con un sostegno vero allo sviluppo nei paesi di origine; contrastando la delinquenza e il terrorismo che hanno trovato negli immigrati un business per finanziarsi. Anche i Centri di accoglienza a volte sono diventati centri di arricchimento della delinquenza nostrana. Servono politiche di collaborazione e di integrazione. Ecco che l’Europa diventa fondamentale ma nel momento cruciale l’Europa ha chiuso le sue frontiere. Ogni Stato ha fatto le sue politiche frantumandosi: il blocco balcanico che erige muri di filo spinato, i francesi che bloccano Schengen e la libera circolazione. La Germania che si rimangia le parole di accoglienza della Cancelliera. Le dispute sugli aiuti economici all’Italia da parte dell’Unione per fronteggiare l’emergenza immigrati ma anche l’incapacità di svolgere un ruolo politico di mediazione tra le forze in conflitto nei vari scacchieri mondiali hanno indebolito l’Unione Europea deludendo i suoi cittadini, i lavoratori, perché non sta svolgendo il suo ruolo. Se l’Europa vuole meno flussi migratori deve andare nei Paesi poveri, in conflitto e aiutarli a far crescere le economie, a far cessare i conflitti. Ma i conflitti cessano se gli interessi economici delle grandi multinazionali, dei Paesi ricchi trovano intese sullo sfruttamento delle ricchezze provenienti dalle materie prime presenti nei Paesi poveri. E gli interessi finanziari e industriali sovente sono più forti e sicuramente condizionanti degli atteggiamenti dei Governi che spesso ne sono l’espressione politica. Di tutto questo abbiamo discusso con Caterina Roggero nel Direttivo del 12 maggio 2015. Però abbiamo belle esperienze di integrazione positiva sul territorio, vorrei ricordare quella con cui collaboriamo sulle problematiche del mondo del lavoro come l’ASAI, che si occupa anche di integrazione con il doposcuola dei bambini stranieri. L’integrazione è la nostra ricchezza perché se da una parte abbiamo i cervelli in fuga dei nostri figli, dall’altra, sovente, si rifiuta di fargli svolgere un lavoro manuale. Lavori che servono: quanti artigiani sono ormai extracomunitari? Lavori utili fatti da chi “ha fame” di crescere, di integrarsi. I nostri figli che vanno all’estero non ci vanno perché qualcuno ruba il posto di lavoro, siamo su piani diversi, su ambizioni e prospettive diverse. L’Italia è un Paese che non riesce a crescere dal punto di vista della qualità del lavoro. Le statistiche dicono, almeno per Torino, che abbiamo un buon numero di laureati ma non c’è il lavoro per loro. C’è poca ricerca, malpagata e precaria. C’è poca innovazione, le aziende investono troppo poco in innovazione di prodotto e di processo. Quando si leggono le ricerche e analisi dei vari Centri Studi dell’Unione Industriale, dell’Api, della Camera di Commercio le imprese rispondono spesso: attendiamo, non è il momento di investire, meglio avere un buon contributo dallo Stato. Per tante aziende non è mai il momento giusto per investire. Siamo un Paese che non cresce perché ha perduto una classe imprenditoriale capace di investire nel futuro, anche con l’aiuto dello Stato. Oggi abbiamo un buon tessuto imprenditoriale di medie dimensioni, che ha le idee chiare per la sua azienda ma che non è in grado, e non è interessato, a fare da leader. Torino e il territorio Se possiamo fare un osservazione al “sistema Torino” è che si è affidato solo a uomini ex Fiat, anche quelli non idonei, non si è creato un ricambio nella leadership imprenditoriale torinese e alcuni che hanno rappresentato le imprese in questi anni hanno dimostrato di non essere all’altezza o di “pensare solo alla propria azienda”. In questo contesto non ci aiuta la giunta pentastellata, che sembra avere dimenticato i temi del lavoro, non vediamo incisività sui problemi dell’area metropolitana. Siamo fortemente preoccupati del declino torinese, come dice lo storico Berta: “se la Città diminuisce i suoi abitanti vuol dire che non si intravede una prospettiva” E’ anche compito nostro, del Sindacato, dei metalmeccanici rilanciare il tema della crescita e dello sviluppo dell’area metropolitana. Come? Intanto ricordo il bel Direttivo del 27 gennaio 2015 con Valentino Castellani, ex Sindaco di Torino, partendo da Horizon 2020 per il rilancio dell’area metropolitana: analisi, obiettivi, settori su cui lavorare. Rimane l’esempio del poliedro con molte sfaccettature di varie dimensioni, così è Torino. L’industria metalmeccanica rimane un lato molto grande e riflettente perché aggancia molti altri settori: la scuola con il Politecnico per progetti avanzati e ricerca sino alla formazione di base con le scuole

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professionali. Allora rilanciamo un sistema scolastico che non solo guardi ai laureati ma formi diplomati che sappiamo lavorare in un’azienda metalmeccanica senza disdegnare le professionalità manuali: ma quanto ha di manuale un addetto al controllo numerico, un manutentore? Dobbiamo rilanciare una sfida culturale verso il mondo della scuola ma soprattutto ritrasmettere valori determinanti alla generazione dei trenta-quarantenni che hanno figli che dovranno scegliere “cosa fare da grandi”. L’eccellenza manifatturiera attrae altre eccellenze. La Città dell’auto e del Politecnico ha attratto General Motor e oggi abbiamo un centro ricerca e sviluppo di circa 800 addetti. L’indotto automotive è un’azienda a se che raggruppa quasi mille imprese in Piemonte con oltre 90mila addetti, di questo abbiamo discusso nel direttivo del 7 marzo 2016 con i rappresentanti di Unionmeccanica e Unione Industriale. L’eccellenza avio-motoristica ha attratto General Eletric e oggi Avio Aero è in crescita come addetti, circa 177 assunzioni concordate con il Sindacato nei prossimi quattro anni ma è anche in crescita di lavoro. Ricordo l’importante accordo sui 18 turni, accordi fatti anche in alcune aziende dell’indotto auto. Si conferma l’eccellenza Aerospaziale, con Mars Express, Torino è andata su Marte, con qualche problema in atterraggio!! Leonardo continua nelle sue attività a Torino e Caselle. FCA, è ripartita nel 2013, prima con Grugliasco e i modelli Maserati e poi nel 2016 con Mirafiori sempre con Maserati, ora attendiamo il secondo modello per sancire la piena occupazione a Mirafiori Carrozzeria. Mirafiori lo ricordo ha oltre 17mila addetti. Vorrei ricordare anche Industrial che molto più silente ha sempre “macinato” lavoro, certo con qualche periodo di cassa integrazione ma senza troppe sofferenze. Ricordo anche la ripartenza di New Holland a Settimo, dopo un periodo buio in cui quasi si temeva la chiusura ora grazie all’accordo con Hyundai è di nuovo a pieno regime. Ricordo che FCA e CNHI a Torino superano i 23mila addetti. Il Gruppo cinese Changan ha circa un centinaio di addetti a Rivoli dove studia e progetta modelli per auto. Le multinazionali estere in Piemonte sono circa 630, in tutto impiegano più di 93.500 addetti, divisi tra automotive (32%), manifattura e meccatronica (14%) e uno dei principali investitori è la Francia, seguito dagli Stati Uniti, mentre gli asiatici sono al terzo posto. Intorno a queste Eccellenze ne abbiamo moltissime altre fatte di start-up, di piccole e medie aziende che orbitano intorno al processo produttivo delle grandi aziende o sono esse stesse leader, sovente mondiali, nei loro settori. L’industria metalmeccanica rimane uno dei motori essenziali intorno a cui costruire il futuro di Torino. Un futuro che deve avere tre basi di indirizzo: 1) la grande industria che fa da settore trainante e crea indotto 2) la piccola e media impresa che in parte è indotto della grande impresa e in parte deve sviluppare le sue capacità d’impresa diventando leader nei settori di nicchia e specializzazione 3) le start-up, con l’obiettivo di creare nuovi lavori e nuovi settori d’impresa. Il tutto in stretto rapporto con l’Ente Locale, Appendino “batti un colpo” e l’Università, creando cultura, ingegno, supporto logistico e infrastrutturale, riduzione della burocrazia, tempestività sinergica. Cosa avremo in cambio: lavoro e occupazione. Non dimentichiamoci le grandi opportunità e potenzialità come il possibile sviluppo dell’auto elettrica con la Blue Car di Bairo, che dopo molto insistere, il Comune di Torino, con Fassino, ha avviato il car sharing con le Blu Car prodotte a Bairo. Il territorio torinese ha una forte risorsa con lo stabilimento di S. Giorgio Canavese, di proprietà Pininfarina; a disposizione per chi vuole produrre auto o similari con potenzialità di 40mila vetture/anno. Stante queste eccellenze proponiamo che si crei un “Comitato” costituito dal miglior mondo sociale, imprenditoriale, politico, culturale di Torino per promuovere nel mondo le potenzialità del nostro

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territorio: occorre prendere la valigia in mano e viaggiare nel mondo per fare promozione intrecciando il turismo con la gastronomia e l’enologia insieme alla scuola, la cultura e l’industria. Noi siamo un insieme, un poliedro appunto. Allora le parole Sicurezza, Sicurezza sul territorio, Sicurezza del futuro, Sicurezza del Lavoro; e la parola Solidarietà che diventa crescita, conoscenza reciproca, aiuto concreto possiamo declinarle in vari modi ma sono un patrimonio di tutti noi della FIM, che siamo lavoratori, cittadini, genitori e il nostro essere Sindacalisti vale sempre, non solo nelle otto ore di fabbrica. Noi siamo soggetti educatori sempre e comunque. Febbraio 2013 febbraio 2017 – quattro anni di percorso sindacale I fatti salienti di questi quattro anni sono stati la lunga battaglia sostenuta dalla FIM torinese con il contributo di alcuni parlamentari per migliorare il jobs act, i due rinnovi del CCSL del 8 marzo 2013 e poi , dopo nove mesi di trattativa, il 7 luglio 2015. La lunga trattativa per il rinnovo del CCNL, con tanto di firma Fiom al 26 novembre 2016. La discussione che ha coinvolto il 2014 e ’15 sul jobs act aveva questa premessa: dopo la riforma Fornero del luglio 2012 (Legge 92/2012) il Governo istituì una Commissione per monitorare l’andamento della legge e i suoi effetti. Riportiamo i dati sull’art. 18 elaborati dalla Commissione Giovannini a un anno dall’entrata in vigore nel gennaio 2014: Su 855.000 cessazioni di rapporto di lavoro solo il 9% (77.000) sono stati licenziamenti individuali. Di questi il 75% sono Licenziamenti per Giustificato Motivo Oggettivo (57.750). I 57.750 licenziamenti per giustificato motivo oggettivo riguardano per l’80% (46.200) dei Contratti a Tempo Indeterminato e sono collocati (i 57.750) per il 75% (43.312) nelle aziende sotto i 15 dipendenti. Aziende in cui non è applicato l’art.18 della Legge 300 perché, appunto, sotto i 15 dipendenti!! Stiamo parlando di circa 14.000 licenziamenti (su 855.000) nelle imprese sopra i 15 dipendenti che per oltre il 90% dei casi si conclude con un accordo tra le parti con un indennizzo. I casi di reintegro sono quindi marginali e ininfluenti. D’altra parte le motivazioni e i numeri relativi ai licenziamenti ante jobs act e post Fornero dal 2014 al 2016 sono sostanzialmente inalterati tranne che per la motivazione della giusta causa o giustificato motivo soggettivo che si impenna nel 2016, circa il 23%, ma su questo tema credo che la ragione sia pratica e non ideologica. Dal marzo 2016 sono in vigore le dimissioni on-line e molti lavoratori soprattutto non italiani e dipendenti di aziende di piccole dimensioni si dimettono senza fare la procedura on-line e quindi il datore di lavoro è costretto a attivare la procedura della giusta causa di licenziamento per poter comunicare la cessazione. Allora la domanda che resta in sospeso è: perché in Italia il Governo appoggiandosi a Confindustria ha riproposto e bloccato il Paese per oltre quasi un anno con l’art. 18 e il jobs act come temi prioritari per il rilancio dell’occupazione e la ripresa economica quando è evidente dai dati forniti da INPS e ISTAT che le variazioni dei dati occupazionali non hanno scostamenti molto significativi? Infatti sui dati Istat l’occupazione complessiva nel riferimento novembre 2016 sul 2015 sale dello 0,6% e i disoccupati crescono del 0,5% mentre gli inattivi scendono del 1,1%. Il vero scostamento significativo è stato nel cambio di tipologia contrattuale con le assunzioni/trasformazioni di contratti a termine in indeterminato. Infatti nel 2015 le trasformazioni da tempo determinato a indeterminato crescono del 25% sul 2014 (da 293mila a 390mila) e crescono del 35% sul 2016 (da 257mila a 390mila). Questo è avvenuto grazie agli incentivi non certo per il jobs act, entrato in vigore a marzo del 2015, Questo è comunque da considerare un risultato perché la Cisl e la FIM hanno sempre sostenuto che prima di tutto bisognava creare occupazione stabile a partire da chi aveva un lavoro precario.

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Alla stagnazione occupazionale, che non ha ridotto la precarietà bisogna aggiungere la questione dei voucher che estesi a troppe forme di lavoro non sono più strumento di emersione dal lavoro nero ma diventano condizione di lavoro sottopagato. Bisogna tornare alle sue funzioni originarie: agricoltura e lavori saltuari. La FIM torinese si impegnerà, con la Cisl, per riportare i voucher nel proprio ambito e quindi limitandone l’uso ma se ciò non sarà possibile e si giungerà al referendum noi voteremo per abolirli e ridiscuterli successivamente partendo da zero! Il Governo insieme alle parti sociali dovrebbe individuare i limiti della crescita della produttività e creare i presupposti per avere imprese competitive per creare lavoro, non solo profitti. La FIM ha individuato, da tempo, quattro limiti che impediscono la crescita: 1)poca formazione, 2) pochi investimenti delle imprese nel migliorare l’organizzazione del lavoro e orientamento a prodotti tecnologicamente forti, 3) troppe normative (troppa burocrazia, processi lenti, difficoltà di accesso al credito, ritardi nei pagamenti della PA) 4) la pessima qualità delle infrastrutture (rete auto ferroviaria e logistica). La FIM propone tre obiettivi comuni: 1) aumento della produttività 2) aumento del salario legato a obiettivi 3) tutela e crescita dell’occupazione Come? Mantenendo strutturale la detassazione dei Premi aziendali e dei flexbile benefit perché solo con la certezza di continuità su tale scelta si possono costruire politiche salariali aziendali durature nel tempo. Il Governo se davvero vuole puntare alla ripresa dell’economia deve agire per “creare lavoro”. Non può essere spettatore o intervenire solo sulle situazioni di crisi. Il Ministero dello Sviluppo Economico deve diventare motore d’investimenti e non unicamente soccorritore di imprese moribonde. Un Paese che non crea le possibilità per i giovani di produrre reddito è un Paese che non ha futuro, non ha speranza; il Governo deve ripensare le misure sui contratti di lavoro e gli imprenditori dovrebbero capire che il futuro del Paese, dei consumi e quindi del rilancio dell’economia e delle imprese passa attraverso la creazione di certezze: in primis quella occupazionale, un reddito duraturo rappresenta dei consumi duraturi. Se le imprese non riusciranno a superare l’idea che non è il libero mercato del lavoro a garantire solidità economica non si creerà ricchezza né benessere. Questo Paese riparte se si creano “condizioni di sicurezza” per costruire un futuro ai giovani. Questo è il ruolo che chiediamo al Governo: ricostruire un modello di società in cui i giovani si sentano di nuovo a casa loro, in cui vedano il loro percorso di vita realizzabile con più certezze, più speranze che riconsegni la voglia e le condizioni per partecipare a costruire una società nuova in cui ci sia spazio per il loro futuro accanto al nostro. Insistiamo nel proporre uno scambio: salario d’ingresso per i giovani a fronte della certezza del lavoro. Riportiamo la flessibilità del lavoro nel suo ambito eccezionale e rilanciamo un modello di ingresso nel mondo del lavoro modificando l’attuale apprendistato: le aziende assumano con contratto a tempo indeterminato gli apprendisti, eliminando la possibilità di recesso dell’Azienda al termine del periodo di apprendistato per costruire un rapporto di fiducia fin dal principio; contemporaneamente eliminiamo gli orpelli burocratici e quegli aspetti della formazione che non servono a nessuno. Per tornare alla storia di questi anni dico con forte orgoglio che mentre la Cgil dichiarava per il 5 dicembre 2014 uno sciopero generale contro la legge di stabilità e il jobs act, poi spostato al 12 per

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permettere l’adesione della Uil, il lavoro sindacale della Cisl e della FIM in rapporto alla politica portava alcuni risultati:

La battaglia vinta sulla eliminazione della cassa in deroga a carico della collettività, anche se con il mille proroghe 2017, viene però ripristinata con il plauso confederale per le aree di crisi industriale complessa. Siamo di nuovo all’assistenza emergenziale anziché alle politiche attive. Da qui le nostre riserve

L’aumento dei costi per le imprese nel caso di utilizzo della cassa integrazione, che ne ha limitato “l’uso improprio”

La Naspi portata da 18 a 24 mesi L’utilizzo e l’estensione dei contratti solidarietà Le modifiche sui controlli a distanza e sul demansionamento che è possibile solo in casi

specifici e con accordo sindacale Rimane però un grande scollamento dalla realtà, da colmare, nei decreti del Governo relativi all’uso degli ammortizzatori sociali. Proporremo alla Regione Piemonte di aprire una riflessione con noi sul tema Lo sciopero della Cgil e della Uil del 12 dicembre 2014, come sempre ha suscitato grandi discussioni in casa FIM, il che dimostra la sensibilità, l’attenzione, la vicinanza dei nostri militanti, delle nostre RSU all’essere un sindacato attivo, socialmente attento. La FIM torinese anche in quel frangente ha saputo discutere, confrontarsi sui problemi veri, senza approcci ideologici o di schieramento e a mantenere forte e compatta l’Organizzazione e i suoi militanti e Iscritti. Vale il nostro slogan: la forza delle idee. La discussione sulla Legge di bilancio 2015 e quella sui vari decreti del jobs act fu fatta in un periodo convulso in cui la propaganda prevalse sulla ragione e le parti politiche e parte del sindacato si caricarono di demagogia. Poi ci stupiamo se i populismi in Italia dilagano. Forse servirebbe più capacità educativa, più lavoro silenzioso, più essere che apparire di cui oggi il Presidente Mattarella ne è l’esempio. Altro tema che ci ha coinvolto nel 2015 è stato l’APE su cui se ne sono sentite di “tutti i colori”, frutto dell’ampia disinformazione fornita dai mezzi d’informazione, siti internet e commenti vari. Ricordiamo che l’APE è un tentativo di modificare, in meglio, i disastri realizzati dalla riforma Fornero-Monti sulle pensioni di cui evidenziamo il lato peggiore: quello degli esodati e il tema che stava più a cuore all’azione della FIM: i lavoratori precoci Il Governo ha stabilito tre modalità di intervento su cui la Cisl e la FIM hanno lavorato per migliorarle durante l’iter Parlamentare. C’è poi la questione relativa ai lavoratori precoci (quelli che hanno iniziato a lavorare prima del 18° anno di età) su cui, sembrava fosse per tutti, la platea viene invece ristretta e di molto, praticamente pochissimi ne potranno usufruire. Infatti occorre avere 41 anni di contributi e 12 mesi di lavoro entro il diciannovesimo anno di età ma bisogna avere una delle tre condizioni:

1. Disoccupato senza ammortizzatore sociale (di questo ne beneficiano gli esodati, è positivo perché si rimedia al “disastro Fornero”)

2. Disabile o con disabili a carico 3. Impegnato in attività usurante, per almeno 18 anni su 36 oppure 7 degli ultimi 10 anni

L’APE è uno strumento volontario che non userà praticamente nessuno. Quanti sono i lavoratori con 63 anni di età nelle aziende metalmeccaniche? Resta il fatto, nella volontarietà, che comunque, nonostante il prestito, permette un anticipo di pensione. Se l’APE imprese, invece, ci aiuterà, in parte, da maggio 2017 nelle grandi imprese torinesi

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resta la grande delusione per i lavoratori precoci perché dopo 41 anni di lavoro si è “di fatto” un lavoratore usurato!!! …e quindi con diritto a andare in pensione. In legge di Bilancio abbiamo la conferma sulla detassazione dei Premi di Risultato allargando la platea dei beneficiari e aumentando i massimali di accesso. Inoltre si apre un grande capitolo contrattuale, che affronterò successivamente, sul tema dei flexbile benefit. Cosa ci lascia come riflessione questi quattro anni legati alle vicende del jobs act e dell’APE? Che la FIM anche quando non è d’accordo, non dice un no a priori, ideologico ma contratta; sempre. Contrattare con le parti sociali è il dovere del Sindacalista, del Sindacato. Contrattare per migliorare ciò che non ci sta bene. Il Jobs act, la cui mancata incisività è ben visibile, non è un accordo, non lo è nemmeno l’Ape ma la FIM si è impegnata a migliorare i testi di Legge perché tutto ciò che riguarda i lavoratori o si ha la forza di impedirlo e bisogna provare a contrattare per migliorarlo, che non significa condividerlo. Queste due vicende ci insegnano che abbiamo fatto il nostro mestiere, essere sindacalisti, essere soggetto contrattuale.

considerazioni sul CCSL L’accordo del marzo 2013 era solo un aggiornamento dei minimi tabellari del CCSL in relazione all’accordo fatto sul CCNL con Federmeccanica. La vera svolta del CCSL, nelle relazioni sindacali nel nostro Paese e sull’erogazione di salario, avviene con l’accordo del luglio 2015. In realtà è avvenuto un fatto normale, insieme a due fatti nuovi e importanti. Il fatto normale è che le parti hanno deciso di istituire un Premio di Risultato legato a due parametri di redditività e produttività come in tutte le aziende. La novità è che un salario totalmente variabile con una garanzia minima del 6% (circa 26 €lordi/mese) che sostituisce il Contratto Nazionale e i minimi tabellari. Il fatto nuovo e importante sta nell’avere contrattualizzato la nuova organizzazione del lavoro attraverso dei premi salariali di produttività sul WCM (World Class Manufacturing). Questa azione sindacale valorizza il ruolo delle RSA, dei delegati sindacali in azienda, in quanto dovranno gestire attraverso l’applicazione del WCM e dell’ergo-uas tutta la parte relativa a come si organizza e gestisce il modo di lavorare sulle linee produttive. Per noi si realizza l’obiettivo della Partecipazione Organizzativa teorizzata ormai da dieci anni e per la FIM di Torino ben presentata da Luciano Pero nel direttivo del settembre 2012, attraverso le Commissioni istituite dal CCSL in particolare quelle sulla salute e sicurezza, sull’organizzazione e sistemi di produzione, sulla verifica assenteismo e sui servizi aziendali. Tutte a livello di stabilimento. Per i nostalgici, quelli del “come eravamo” significa che il delegato sindacale dovrà studiare e conoscere l’organizzazione del lavoro per partecipare alla sua gestione e fare in modo che il WCM raggiunga i suoi obiettivi. Un po’ come si faceva negli anni ’70 in cui il rapporto era però conflittuale ma il delegato sindacale aveva, anche allora, le competenze: conosceva i cottimi e i tempi/metodi. Oggi anziché essere antagonista, l’RSA, deve essere competitivo professionalmente e sindacalmente; partecipativo con il Team Leader per affrontare e risolvere i problemi, per fare lavorare meglio e con meno fatica i lavoratori. Ovvero oggi come allora il delegato sindacale deve avere le competenze e su questo la FIM ha investito risorse e persone qualificandole con corsi di formazione certificati da società specializzate. In questa nuova organizzazione del lavoro diventa sempre più centrale la figura del Team Leader, un operaio-coordinatore-gestore. Obiettivo della FIM è “conquistare” il Team Leader ad un progetto comune, ognuno con le sue competenze, ruolo e autonomia, per partecipare al miglioramento continuo della postazione di lavoro e quindi efficentare la linea produttiva e perciò migliorare i risultati del WCM percependo, in primis, più soldi in busta paga. E tutto ciò, attraverso l’ergo-uas, avviene non tagliando i tempi di lavoro o

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aumentando le cadenze della linea ma permettendo al lavoratore in linea di lavorare meglio e più in sicurezza. E’ un cambio di cultura sindacale. Inoltre nel CCSL si riconosce, a differenza del CCNL e anche dei più avanzati accordi aziendali, il ruolo del Consiglio di Fabbrica quale organismo di rappresentanza delle istanze sindacali e di confronto con l’azienda. Si reintroduce (ricordiamoci il protocollo IRI degli anni ’70) un sistema di raffreddamento dei conflitti a livello aziendale, con una procedura snella e veloce. In questo due istanze partecipative stanno alcune delle differenze dei modelli sindacali tra FIM e Fiom. Il secondo fatto nuovo deriva dall’uscita di FCA-CNHI dal sistema confindustriale ormai dal 2009 con l’integrazione, nel CCSL, dei due livelli contrattuali. Il CCSL è una soluzione, non ideologica, ma pratica al superamento dei due livelli contrattuali (due binari paralleli che non si incontrano mai) integrandoli in una scala salariale con il primo gradino certo (oggi ampiamente più alto dell’inflazione) e poi i restanti gradini variabili. Inoltre il 6% di redditività garantita andrà messa nei minimi tabellari, la verifica sarà fatta alla fine del primo biennio, cioè a luglio 2017, per fare in modo che questa trattativa sindacale risponda al primo livello contrattuale rivalutando i minimi tabellari e risponda al secondo livello contrattuale valorizzando i parametri di redditività e produttività, ovvero salario legato a obiettivi. Il CCNL Sul CCNL rinnovato dopo un anno di trattativa e circa venti ore di sciopero e con zero inflazione possiamo dire che abbiamo fatto un buon Contratto, Abbiamo fatto il Contratto possibile. Questa affermazione deve essere alla base di ogni nostra riflessione e ragionamento sul Contratto firmato con Uilm e Fiom. Dal 2001 a oggi la FIM ha fatto sempre il Contratto, con la Fiom nel 2006 e 2008 e nel 2001, 2003, 2009 e 2012 solo con la Uilm. La FIM in tutti questi anni ha portato salario (130€ nel 2012 e 110€ nel 2009), molto al di sopra dell’inflazione reale, con un forte beneficio per i lavoratori. il Contratto prevede aumenti dei minimi tabellari, a giugno di ogni anno, basati sull’inflazione reale, quindi chi oggi dispensa tabelline con ipotetici aumenti sostiene ipotesi non plausibili e non dice come è veramente la situazione ai lavoratori. Anche perché i dati Istat dicono che l’indice IPCA per il 2016 è -0.1% mentre nel 2015 era +0.1% e il CCNL recita che per il 2016, pagato a giugno 2017, sarà erogato lo scostamento tra l’inflazione 2016 e quella del 2015. Quindi se le cose stanno così, ripeto è un buon contratto ma questo contratto unitario non porta a casa soldi! È un dato oggettivo. Ma d’altra parte si narra che in Cgil la Fiom spieghi che il voto dei lavoratori al referendum valga quanto un aumento sui minimi contrattuali!! Andrebbe spiegato ai lavoratori quali sono le priorità delle diverse Organizzazioni Sindacali. Nel Contratto, nel solco del modello sindacale FIM, ci sono quote di salario indiretto importanti, come MetàSalute; quote salariali aziendali, implementate, differite come per Cometa (35 € anziché 28 circa al 5° livello). Comunque con l’inflazione ex post abbiamo garantito un criterio certo e concordato per definire gli aumenti dei minimi contrattuali. Federmeccanica voleva smantellare questo sistema, altro che Rinnovamento contrattuale, volevano aumenti completamente assorbibili e per chi aveva solo la paga base. Non scordiamoci che in Federmeccanica c’era il partito del salario minimo legale. Di fronte a un inflazione a valore zero i flexbile benefits sono un modo diverso di erogare salario di cui dovremo discutere bene e a fondo con i lavoratori per fare capire il funzionamento e soprattutto spiegare il vantaggio salariale della loro completa detassazione. Quindi un aumento nell’aumento.

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Ricordate quando si passò dal denaro contante a fine mese al versamento in banca? Ci furono resistente forti da parte dei lavoratori, oggi è un fatto assodato. Anche per i flexbile benefits sarà così! Dobbiamo immaginare per il futuro che una parte di salario non sarà più nei minimi tabellari, che essi non saranno più la parte esclusiva della busta paga ma ci saranno più forme per erogare salario. Non dovremo più pensare solo al salario mensile ma anche alla retribuzione annua: quanto guadagno con i vari sistemi di pagamento? In cui vanno compresi i Premi di Risultato, diretti e indiretti. Se con MetàSalute, estesa al nucleo famigliare gratuitamente, non guadagno del salario ma risparmio sulle spese della famiglia: il risparmio diventa un aumento salariale. La FIM lavora in coerenza nel CCNL come in FCA/CNHI dove abbiamo concordato il 29 novembre 2016, tre giorni dopo la firma del CCNL, (le date non sono un caso nella continuità parallela di CCSL e CCNL) quote di Premio di Produttività erogate con i Benefit e non capiamo come mai la Fiom, in Fiat, attacca i Sindacati firmatari e in Federmeccanica firma il CCNL dove abbiamo usato lo stesso criterio. Perché nel CCNL sono quote aggiuntive e nel CCSL no? Certo che nel CCNL sono aggiuntive, aggiuntive dello zero dell’inflazione!!!! Nel CCNL i benefit sono allora sostitutivi altroché aggiuntivi!! Anzi nel CCSL abbiamo fatto di meglio perché abbiamo ottenuto che l’azienda, essendo le cifre detassate, ci metta un 5% di suo; un buon accordo simile è stato fatto dalle RSU FIM in Eaton a Bosconero. Quindi abbiamo aumentato la cifra del Benefit con una quota aziendale e inoltre abbiamo stabilito che ogni lavoratore che aderisce volontariamente abbia un “conto welfare” da cui attingere e dove saranno erogate le quote di benefit detassate. Esattamente ciò che la FIM aveva in testa e che è in linea con l’idea che il salario diventa erogabile in forme diverse ma ben precise e garantite nell’utilizzo. Siamo di fronte a un altro cambiamento culturale, difficile; ma sarà superato come abbiamo superato altre questioni che parevano insormontabili come Cometa e MetàSalute Vi ricordate quando ci accusavano (ottobre 2016) dicendo che i Benefit non incidono sulla pensione? (3 € euro/anno a fronte di 250 €/anno di benefit) Perché quelli firmati unitariamente nel CCNL forse incidono? E quote di benefit si possono versare in Cometa. Ecco cosa significa essere coerenti: Seguire lo stesso indirizzo sindacale in modi diversi ma non contraddittori per i lavoratori FCA/CNHI o Federmeccanica che siano. Questo è un modello sindacale. Quando nel CCNL 2009 abbiamo istituito MetàSalute e ancora nel 2012, fummo attaccati dalla Fiom che ci accusava di “svendere” la Sanità pubblica, oggi firma con noi la prosecuzione di MetàSalute. Quindi l’idea era buona anche quando la Fiom non firmò perché se il problema era “svendere” la sanità pubblica bisognava cancellare MetàSalute, non migliorarla.

Questo Contratto è la naturale prosecuzione di quelli firmati nel 2009 e 2012, con serietà e coerenza, dalla FIM.

Vorrei fare anche una valutazione delle assemblee sul CCNL dove i lavoratori sono stati molto attenti e interessati alle spiegazioni soprattutto su MetàSalute, perché stanno capendone l’importanza nella gratuità e nell’estensione ai famigliari fiscalmente a carico e su Cometa e i Benefit. Abbiamo riscontrato la difficoltà della Fiom nelle assemblee a fare capire, alle sue RSU, il CCNL. Alcune si sono “lanciate” in critiche totali al CCNL salvo poi dire di votare SI; Inoltre abbiamo avuto, in alcune aziende, un esplicito dissenso da Funzionari Fiom. ma queste sono le contraddizioni di chi per anni ha spiegato le “bugie di FIM e UILM”. Sostanzialmente abbiamo avuto gli Operatori FIM impegnati a spiegare in modo approfondito i contenuti dell'accordo e una Fiom "imbarazzata" a spiegare l'accordo perché sa benissimo cosa ha raccontato per otto anni ai lavoratori. Dobbiamo dire, visti gli insulti che ci hanno riversato addosso in questi anni (bugiardi e venduti i più gettonati), che chi della Fiom ha fatto bocciare l’intesa è stato anche il più coerente. E noi

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rispettiamo i coerenti anche quando sbagliano!! Mentre chi cambia idea, “adeguandosi” ai contratti firmati dalla FIM, come ha detto un iscritto Fiom in assemblea dovrebbe spiegare perché l’ha fatto e perché dal 2009 ha sostenuto tesi opposte. Cito alcune affermazioni della Fiom: “l’intesa separata del 5 dicembre 2012 non tutela il potere d’acquisto dei lavoratori”, Bugia, infatti abbiamo preso circa 70 € in più dell’inflazione reale!!!! “l’intesa separata assorbe le maggiorazioni contrattate in azienda,…aumentano, quindi le ore di straordinario e di flessibilità obbligatorie senza alcun aumento salariale”. Se fosse vero perché in questo rinnovo la Fiom non ha chiesto di modificarlo? Oltre tutto dalla 41° ora obbligatoria il salario aumenta dell’8%. Nel comunicato del 31 ottobre 2012 la Fiom nazionale chiedeva ai lavoratori di non aderire a MetàSalute che ora la Fiom insieme a noi ha esteso a tutti, solo perché è gratuita allora non è più un attacco alla sanità pubblica? Era questo il problema? Sempre dalla Fiom nazionale del 5 dicembre 2012: “le lavoratrici e i lavoratori non avranno più la garanzia del pagamento dei primi tre giorni di malattia..” Come mai il CCNL firmato dalla Fiom non ha cambiato nulla sulla malattia? Sempre dai comunicati Fiom: “aumentano fino a 80 ore annue le attuali 40 ore di straordinario obbligatorio” perché la Fiom ha firmato il CCNL senza fare cancellare questa parte? Credo che ci sia materiale sufficiente per dire che con la firma di questo CCNL la Fiom si sia rimangiata una mole di accuse alla FIM, per i Contratti del 2009 e 2012, talmente grande che non è misurabile. E la FIM non ha raccontato bugie. Con questo CCNL è stata sconfitta l’impostazione di un modello sindacale praticato sin dal 2001. Si afferma, invece, il modello sindacale partecipativo, si affermano le impostazioni della FIM. Tutto ciò che abbiamo detto e fatto nei CCNL firmati da FIM e Uilm, in questi anni, è presente nel CCNL firmato da FIM-Fiom-Uilm. Ora non dobbiamo adagiarci, non siamo tornati all’unità sindacale, abbiamo firmato un Contratto insieme. Sono due cose diverse. La FIM non dimentica il passato, le parole pesano. La FIM guarda al futuro con la tranquillità di chi ha avuto ragione, di chi non ha nessuna sudditanza o timore, di chi ha la consapevolezza di avere sconfitto un egemonia sindacale e culturale. Ora comincia il lavoro vero con i lavoratori, dobbiamo spiegare che ha vinto il nostro modo di fare Sindacato, quello del confronto, della partecipazione, degli accordi che si firmano per tutelare i lavoratori. Dobbiamo raccogliere in termini di iscritti, di consenso alla FIM il lavoro fatto. Ora comincia il lavoro sindacale verso i lavoratori spiegando il Contratto ogni giorno per farli aderire a Cometa, per insegnare a utilizzare MetàSalute. RSU della FIM tenete alta la testa come avete sempre fatto; dopo anni raccogliete il frutto della vostra perseveranza, testardaggine, caparbietà, volontà ferrea, onestà, coerenza nell’avere militato, sostenuto, portato avanti le idee della FIM. Siatene orgogliosi!! Ora raccogliete i risultati: è tempo di “mietere le messi”, di fare Iscritti.

Quali considerazioni sul CCSL, sul CCNL e sul modello sindacale che ne deriva? La prima che la FIM è un Sindacato protagonista di un modello sindacale vincente, quello partecipativo anche se difficile da realizzare in tempi di populismo e superficialità ideologica. La seconda che Federmeccanica è stata fermata nella sua idea poco convincente di “rinnovamento” con il superamento dei due livelli contrattuali attraverso il salario minimo di garanzia. In questo campo abbiamo fatto una interessante esperienza con il “Contratto Collettivo Nazionale SKF” che ritengo l’esempio più semplice, preciso e efficace di integrazione dei due livelli contrattuali. Perché, in futuro, dovremo ragionare su come passare dalla divisione intoccabile dei due livelli a una loro integrazione per renderli più forti.

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In SKF abbiamo mantenuto la validità del CCNL in tutte le sue parti integrando i minimi tabellari con una ulteriore quota aggiuntiva, da parte dell’azienda, di salario fresco. Tutto il salario diventa variabile con una quota “garantista” sulla base dell’andamento economico dell’azienda. In questo abbiamo una somiglianza con il CCSL perché una parte di salario legata alla redditività è variabile ma di fatto acquisibile. La parte di salario legata a obiettivi produttivi vede un forte sistema partecipativo che conferma come tale modello sindacale sia il futuro della contrattazione e del ruolo del Sindacato. Solo per la cronaca né Fiom né Uilm nel 2013 firmarono tale accordo e poi nel 2016 vi apposero la firma senza cambiare, sostanzialmente, una virgola. Perché Federmeccanica non ha considerato tale esperienza? Oltretutto sarebbe stato più semplice separare la piccola impresa che preferisce il CCNL dalla grande impresa che preferisce erogare salario nella contrattazione aziendale. Basta stabilire che chi non ha la contrattazione di secondo livello non ha nemmeno decontribuzione e detassazione e quindi eroga solo il CCNL. Mentre chi fa la contrattazione di secondo livello deve mettere una quota aggiuntiva al CCNL ma risparmia utilizzando la detassazione/decontribuzione al 10% e quella totale nel caso di benefit. Fatti i conti converrebbe a tutte le aziende, se anche loro non avessero ritardi culturali e ideologici, scegliere di fare la contrattazione aziendale con il “metodo SKF”. Federmeccanica necessita di un percorso di crescita culturale tra i suoi aderenti, in questi anni è regredita l’idea delle relazioni sindacali come volano di crescita dell’impresa stessa, di una sua più forte competitività. Nello stesso tempo mentre la FIM ha fatto quindici anni di battaglie sindacali sul modello sindacale a partire da Fiat; le associazioni datoriali, sovente, hanno avuto un atteggiamento più opportunistico: una soluzione per ogni impresa. In campo sindacale il rinnovo del CCNL ha sancito un cambio di rotta di Landini vedremo se tutta la Fiom lo seguirà ma al popolo della Fiom dico: avevamo e abbiamo avuto ragione noi. La FIM non porta i lavoratori all’avventura, ricordate la coalizione sociale di Landini? Dove è finita? La FIM in quel periodo condusse una forte polemica sull’uso strumentale della coalizione sociale che voleva aggregare importanti associazioni, come Libera, che sono patrimonio di tutti e non possono essere etichettate. La FIM è un Sindacato che non “cavalca l’onda”: c’è chi è salito sul carro di Di Pietro con l’Italia dei Valori, poi Ingroia con la Rivoluzione Sociale, poi i Grillini……. Allora la conclusione di questa riflessione è banale ma impegnativa: la FIM ha tenuto la barra dritta dal 2001 a oggi, lo dimostra la tenuta degli iscritti, la tenuta delle RSU/RSA nessuna emorragia significativa verso altre Organizzazioni. La FIM ha avuto ragione e quindi dobbiamo agire d’ora in poi con questa consapevolezza e forza. La FIM non subisce egemonie, né imposizioni. La firma unitaria del CCNL, non significa unità sindacale i modelli sindacali rimangono differenti, l’approccio all’azione sindacale, ai problemi è differente ma saremo seduti allo stesso tavolo come lo siamo sempre stati nella contrattazione aziendale, come nella gestione delle crisi.

Come dovremo caratterizzarci? Da dove trarremo la nostra forza? Da che cosa i lavoratori riconosceranno una RSU, un Operatore FIM? Dalla professionalità, dalla conoscenza dei contratti e delle Leggi, dal non parlare per slogan ma spiegando e motivando, cercando soluzioni contrattuali. Questa è la differenza che c’è già oggi e che va ampliata, arricchita. Bisogna studiare, solo con lo studio e poi la pratica si diventa Sindacalisti Competenti. Allora la prima cosa da fare è far conoscere il CCNL ai lavoratori, i vantaggi di Cometa, di MetàSalute che non dovranno più essere materie conosciute dagli “esperti”. Tutte le RSU FIM dovranno avere una formazione di base su questo.

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Un’altra riflessione che dobbiamo iniziare a fare riguarda il rapporto con la Fiom in Fiat. Quando dovremmo rinnovare il CCSL non potremo ignorare il problema oltre a evitare che altri lo risolvano per noi. Partiamo dalla firma della Fiom nel CCNL perché è utile per la riflessione sul CCSL. La Fiom era esausta dalla non firma del CCNL e continuare sulla stessa strada le avrebbe aumentato i problemi di consenso. Tant’è che l’unica ”bandiera” sollevata era quella della democrazia, le altre questioni dalla malattia allo straordinario si erano “inabissate”, perché miglioravano e non peggioravano le condizioni dei lavoratori. Oramai la Fiom si scordava di dire che il Contratto era quello del 2008, che gli aumenti erano un anticipo ….e via di seguito. Ma stare fuori dal CCNL le dava un grande vantaggio: giocare di rimessa, fare testimonianza, non sporcarsi le mani e lasciare che tutte le mediazioni le facesse la FIM. Ora tutto ciò che c’è nel CCNL è condiviso anche dalla Fiom. Lo stesso sta accadendo in Fiat, fuori dal CCSL, ruolo di testimonianza non costruttiva, consenso dei lavoratori basato sul non esporsi e sulla critica agli altri Sindacati firmatari. Perché regalarle questo vantaggio? Quando rinnoveremo il CCSL si potrebbe fare un passo in avanti rispetto al 2015, ovvero sedersi tutti allo stesso tavolo e vedere chi firma e chi no. Sapendo che, come nel CCNL, il CCSL del 2018 non si discosterà molto dall’attuale, quindi nel caso la Fiom firmasse sa già cosa le tocca!! Perché come ha scritto un delegato della Fiom di Foggia, il 12 dicembre 2016, nel dare le sue dimissioni da tutti gli organismi: “se è bastato così poco per accettare di rinnovare il CCNL…basterà altrettanto poco perché la Fiom accetti di firmare e rinnovare anche il CCSL?” Credo che un altro passo sia quello di ragionare se fare le elezioni delle RSA anche con la Fiom. Certamente prima del rinnovo del CCSL ciò è possibile solo a condizione che la Fiom firmi il CCSL. Ma dopo il rinnovo del CCSL anche nel caso la Fiom non firmasse dobbiamo porci il problema perché non possiamo stare fermi. Occorre la “mossa del cavallo” come diceva Vittorio Foa. Non voglio imporre una strada alla FIM Torinese e Nazionale ma dobbiamo aprire un dibattito in FIM, come siamo abituati a fare, per arrivare alle scadenze avendo ragionato, riflettuto, discusso e deciso. Penso che sia anche il momento giusto per fare questa riflessione in quanto anche in FCA/CNHI la FIM ha realizzato e raggiunto i suoi obiettivi. Il Piano Industriale dell’azienda è di fatto realizzato, i modelli Alfa e Maserati, oltre che Jeep e Fiat saturano gli stabilimenti italiani, il secondo modello a Mirafiori partirà tra il 2017 e 2018, si dovrà tornare a assumere. Migliaia di giovani sono già entrati al lavoro in vari stabilimenti italiani. La FIM ha vinto, dobbiamo dircelo, ma non significa sedersi anzi quando si vince si rilancia con le nostre idee e siccome abbiamo vinto dobbiamo ragionare e proporre le nostre idee vincenti.

Riflessioni sul Sindacato Confederale

Abbiamo una disgregazione sindacale, soprattutto in alcune categorie, che dimostra ampiamente come il Sindacato non sia capace di autoregolamentarsi nella rappresentanza lasciando spazio ai corporativismi. Senza dimenticare che i recenti fatti torinesi, come la vicenda dei lavoratori della coopcultura della Reggia di Venaria debbano farci riflettere sulla nostra capacità di rappresentare l’anello più debole dei lavoratori: quelli precari, quelli delle cooperative. Infatti dovremmo anche ripensare il nostro rapporto con il mondo delle cooperative, che sebbene sia poco presente nei metalmeccanici è diventato un mondo i cui contratti e condizioni di lavoro non sono più giustificabili dall’affermazione: “così abbiamo fatto emergere il lavoro nero”. Se far emergere dal lavoro nero significa sfruttamento legalizzato e lavoratori sottopagati occorre cercare altre soluzioni. Dalla Cisl torinese ci attendiamo segnali e iniziative importanti in tal senso. Inoltre anche nell’industria comincia a diffondersi un sindacalismo minoritario radicale o di nicchia clientelare. Il Sindacato ma l’insieme delle parti sociali, dopo la fine (15 anni or sono, ormai!) della concertazione, non riescono a designarsi un nuovo ruolo nel contesto sociale italiano. Sono state esautorate dalla politica, paradossalmente e pericolosamente nel momento più degradato della

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politica. Le parti sociali non svolgono più un ruolo di mediazione dei conflitti/confronti tra le classi sociali e il “nuovo sistema politico” pensa che non ci sia più bisogno di classi intermedie per cui l’evolversi e la crescita del Paese non passa più attraverso, anche, i grandi accordi tra le parti sociali. Insomma il nostro ruolo non è più determinante, allora bisogna reinventarsi il ruolo tenendo conto dell’evoluzione dell’economia, della crisi e costruire nuovo idee di sindacalismo. Sicuramente l’invito fatto a suo tempo, dell’ex Presidente del Consiglio Renzi, che da Segretario PD mi auguro ripensi il rapporto con gli organi intermedi della società e i lavoratori dipendenti, è un consiglio accettabile: “il Sindacato torni nelle fabbriche a fare il suo mestiere”. La FIM lo sta già facendo e rafforzerà il livello aziendale perché è lì che deve rilanciarsi ancora più forte la nostra azione sindacale e quindi di soggetto politico per il Paese. Confindustria, dovrebbe riflettere, su questa condizione che noi vogliamo perseguire come strada maestra. Non servono grandi concertazioni, tranne lo stretto necessario anche perché le grandi riforme, dalle pensioni al jobs act hanno fallito in buona parte, serve invece un nuovo profondo, impegnativo, capillare lavoro sindacale nelle aziende per fare crescere i salari, la produttività e la competitività delle imprese anche attraverso la contrattazione aziendale. Dobbiamo concentrarci nelle aziende, formare le nostre RSU/RSA, contrattare, partecipare. Il dibattito sulla contrattazione aziendale come volano di sviluppo è rimasto lettera morta sebbene se ne discuta dal 1993. Ci sono resistenze sindacali ma anche molte imprenditoriali. Dice Berta nell’annuario 2016: “Il confronto diretto con le rappresentanze sindacali non è tuttora una prospettiva allettante per numerose aziende, che ritengono che in definitiva il contratto nazionale tolga loro più problemi di quanti non ne potrebbe creare la sua rimozione. ….Si è a lungo cercato di tenere il sindacato e la contrattazione fuori dai cancelli dell’impresa nella convinzione che ciò servisse a allontanare i problemi” Industry 4.0 deve essere l’anima di una contrattazione aziendale che parta dall’innovazione tecnologica, informatica, organizzativa per cambiare il rapporto con il Sindacato. Le aziende non possono più pensare di avere il Sindacato solo come garante della pace sociale in azienda o per avere delle RSU “socievoli” che mettono qualche firma laddove dice l’azienda ma devono essere soggetto propulsivo, partecipativo e contrattuale della crescita dell’azienda e dei lavoratori. Questo è vero soprattutto nelle piccole e medie aziende e sono soprattutto le piccole e medie aziende che troveranno più difficile la sfida di Industry 4.0. La FIM è pronta a accettare questo impegno, propone di farlo insieme nell’autonomia dei ruoli ma con un obiettivo: far crescere, più forte, la PMI nel nostro territorio. La FIM dedicherà questi quattro anni alla crescita sindacale e al confronto costruttivo della contrattazione nella PMI del territorio. Dobbiamo darci un tempo prospettico di dieci anni in cui facciamo delle aziende, dei problemi aziendali il terreno di confronto con le parti sociali; poi Confindustria e tutta la miriade, più delle sigle sindacali ormai, di associazioni datoriali dovranno riflettere anche loro su come confrontarsi con il Sindacato. Per questa strategia non ci aiuta certo l’accordo sulla rappresentanza (TU) del gennaio 2014 in quanto come è stato concepito rischia di consegnare, in tante categorie, la maggioranza alla Cgil. Di fatto, purtroppo, sembra già così in tante categorie in cui però i nostri gruppi dirigenti, consapevolmente o inconsapevolmente, continuano a dire che si “fanno le cose unitariamente”. Alla Cisl chiedo di riflettere. In questo periodo è riemersa la questione “trasparenza” che va perseguita con tutte le nostre forze e la FIM è impegnata a sostenere il lavoro del Segretario Generale della CISL, Annamaria Furlan, anche quando le scelte possono apparire diversamente. Bisogna unificare la “buona Cisl”, la vera Cisl per sconfiggere chi cerca solo spazi di potere e previlegi economici. Credo che per riportare trasparenza nella Cisl occorra ripartire dai valori fondanti e dalle

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scelte che la Cisl ha fatto in questi anni. Il dibattito deve essere di merito, perché nel merito delle scelte si sconfigge la “bad Cisl”. Allora dobbiamo analizzare a fondo il nostro status. Parto dall’Accordo del 1993 quando abbiamo dichiarato di “rinunciare alla costituzione delle RSA a favore delle RSU”. Quegli accordi sono rimasti spesso lettera morta nelle categorie, tranne che in FIM. Le Categorie, tante, hanno continuato a nominare le RSA. Poi nel 2009, la Cisl e la Uil hanno firmato un accordo che dettava le regole su come rinnovare i CCNL, ma quasi contemporaneamente molte categorie hanno firmato, unitariamente, dei CCNL che non collimavano con le regole del 2009. Ricordo che la FIM disdettò il CCNL 2008 per rinnovarlo subito in base regole del 2009. Quindi i fatti dicono che la Cisl ha firmato degli accordi confederali e le Categorie non sempre sono state corrispondenti. Questa non è l’autonomia delle Categorie e nemmeno una confederalità delle Categorie. Abbiamo una Cisl che viaggia in una direzione giusta e molte Categorie che faticano a trovare la stessa strada. Siamo più all’individualismo categoriale che non alla confederalità delle categorie. Purtroppo un’idea particolare di autonomia delle categorie porta a situazioni di schiacciamento sulla Cgil in un’unità sindacale che è in realtà egemonia culturale e sindacale della Cgil, ma siccome questa egemonia della Cgil consente un minimo spazio vitale il confronto con la Cgil viene evitato con il rischio di sopravvivere ma non vivere. Ecco il bisogno delle RSA, senza RSA, in molte categorie la Cisl potrebbe avere problemi esistenziali. Ma allora dobbiamo scegliere se difendiamo il diritto a esistere come Organizzazione indipendentemente da quanto siamo rappresentativi? Posso capire che sia difficile fare le RSU in un’azienda di pochi dipendenti dove hai il padrone con il fiato sul collo ma allora stabiliamo che nelle aziende sotto i 30 dipendenti ci sono le RSA e sopra i 30 le RSU, per tutti e tutte le categorie. Come costruire la rappresentatività? Accettando la sfida delle RSU in ogni luogo di lavoro. La forza della FIM è quella di avere la consapevolezza che un Gruppo Dirigente forte si crea conquistandosi ogni giorno il consenso con le RSU elette che non saranno mai autoreferenziali in quanto elette. Se non ne sei capace vuol dire che non sei rappresentativo ed è giusto non avere RSU. Così si costruisce un Organizzazione solida, Un Gruppo Dirigente vero, una Cisl trasparente perché forte del consenso e non dell’asservimento. Anche i rapporti con CGIL e UIL andrebbero ripensati. Siamo un Paese che fa finta che non accada nulla, per non cambiare nulla. L’Unità sindacale non esiste più dal 1984 (14 febbraio 1984) ha avuto un ritorno potente nel 1993 con l’Accordo sulla Rappresentanza, poi un ritorno di fiamma e nulla più nel 2007 con l’accordo sulle Pensioni con il Governo Prodi-Damiano ma nell’insieme è stata una strada di divisioni: dal 2001 la Fiom non firma più un CCNL dei metalmeccanici , tranne nel 2006 e 2008. Dal 2002 con il patto per l’Italia la Cgil non firma più un accordo Interconfederale (nel 2009, nel 2012) salvo gli Accordi sulla rappresentanza del 2011, 2013 e 2014 sulla rappresentanza (appunto ci sono voluti tre anni e tre accordi per sancire… un problema per noi!!!), ma con lo sciopero generale di Cgil e Uil del 12 dicembre 2014 il tema dell’unità sindacale si ripropone. E non basta che Renzi abbia allargato un po’ le maglie coinvolgendo i Confederali sul tema dell’APE e l’Accordo con Confindustria sulle grandi aree di crisi complesse e l’Accordo Cgil-Cisl-Uil sulle nuove relazioni sindacali per dire che siamo di nuovo di fronte all’unità sindacale. Bisogna vederla nel quotidiano l’unità sindacale. Bisogna riconoscere che questi pochi segnali unitari sono arrivati solo grazie, al di là del merito, alla caparbietà della Cisl e del suo Segretario Generale Occorre sostenere l’unità d’azione ma puntare decisamente su una logica di bipolarismo sindacale: il riformista e l’antagonista. I costanti No, a tutto, della Camusso rafforzano questa tesi.

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Nei primi anni duemila la FIM provò a sostenere questa tesi, anche un po’ la Cisl e gli accordi senza Cgil erano i segnali e il momento di fare delle scelte. Nessuno ebbe il coraggio di andare fino in fondo in primis gli imprenditori e la politica. Ma al di là del fallimento del progetto la realtà conferma che non siamo sul terreno dell’unità ma del bipolarismo: con la Cgil che sta da una parte e la CISL dall’altra; la UIL che sta, occasionalmente, con la CGIL (sciopero del 12 dicembre 2014) e più stabilmente con noi. Insomma, c’è una parziale unità d’azione in un bipolarismo negato ma ben evidente e operativo. In FIM, con la condivisione della Cisl, abbiamo provato a costruire anche altri percorsi di unità d’azione, che dovrebbero rappresentare una riflessione nella nostra Confederazione. Siamo partiti da due domande:

1. Ma l’unità d’azione sindacale si esercita solo dentro i Sindacati confederali? 2. E il patrimonio di esperienza che hanno alcune Organizzazioni Sindacali aziendali nazionali,

non aziendaliste, lasciamo che si disperda anziché trasformarla in energia condivisa? Penso all’accordo quadro fatto con l’AQCF nel 2016 di collaborazione sul piano formativo, sul piano dell’accesso ai Servizi Cisl, di scambio continuo sull’attività sindacale relativa al CCSL. L’accordo con l’AQCF dimostra quanta capacità di cogliere i cambiamenti ci sia da parte della Cisl e della FIM. Nel 1980 i Quadri e Capi Fiat sfilavano in corteo contro il Sindacato Confederale e ponevano fine a una stagione sindacale. Da quell’anno la FIM è andata alla ricerca di una identità nuova, di un modello sindacale nuovo identificato nell’idea della Partecipazione. Oggi, 36 anni dopo, le nostre strade si affiancano per un cammino comune. Penso all’esperienza fatta nel 2013 con l’accordo sul CCN SKF firmato da FIM e Fali, Un Sindacato con una grande tradizione sindacale in SKF. Penso alle assonanze, di questi anni, con il Fismic.

Esperienze che la FIM vuole proseguire e rafforzare sul piano dell’attivismo sindacale, cogliendo e valorizzando i cambiamenti e la capacità di farli diventare opportunità sinergiche. La strada dell’unità dell’azione sindacale va vista nel suo orizzonte completo, “usciamo dal cortile della confederalità”, lo richiede a gran voce il mondo del lavoro che cambia e non aspetta i riti Confederali e nemmeno l’essere contro tutto e tutti di chi da solo segnali di discontinuità e mai di cucitura per mediazioni politiche. Sempre con franchezza dico che l’accordo tra Cgil-Cisl-Uil sul “nuovo sistema di relazioni sindacali” nasce come la somma di tre posizioni e non la sintesi di esse. Un documento che è la somma di posizioni, non ha vita lunga, ognuno difenderà il suo pezzo e non l’intero accordo (tra l’altro nel testo non è più prevista l’IPCA e il Secondo Livello di Contrattazione non si percepisce come il vero punto di forza del documento). Il documento è già stato “seppellito” dalla Cgil che un minuto dopo ha rilanciato la sua “carta dei diritti del lavoratore”. Quel documento, nonostante tutti lo sostengano, ha subito un “fermo biologico” derivante dalla trattativa sul CCNL dei metalmeccanici, non a caso Boccia ha più volte dichiarato: “vedremo quel che accade nei metalmeccanici”. E ora che è accaduto, cioè abbiamo fatto il Contratto con l’IPCA ex post cosa capiterà? L’IPCA che non è prevista nell’accordo sul modello di relazioni sindacali; le categorie che firmano il Contratto Nazionale sulla base delle istanze categoriali senza tenere conto del contesto confederale. Oppure è il contesto confederale talmente ampio che ognuno ha una sua autonomia? E allora la confederalità dove finisce e dove nasce l’autonomia delle categorie? Penso che dovremo chiarire il significato del Sindacato degli Iscritti, perché un Sindacato che rappresenta (tra Cgil-Cisl-Uil) meno della metà del mondo del lavoro, non è un Sindacato che può fare accordi in cui decidono solo gli Iscritti. Allora dobbiamo trovare altre formule anche perché facciamo contratti erga omnes. Penso che dobbiamo separare le forme con cui ci confrontiamo con tutti i lavoratori per fare approvare contratti e accordi dal rapporto con gli Iscritti e i Non Iscritti.

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La differenza va fatta per gli Iscritti sui Servizi Cisl, coinvolgendo il nostro Sistema dei Servizi fiscali e previdenziali su cui tornerò più avanti con alcune proposte. Altra riflessione e proposta perché giustamente, dopo le vicende di Pompei e del Colosseo del luglio e settembre 2015, il Governo ha esteso la legge sulla regolamentazione del diritto di sciopero inglobando alcuni settori nei servizi essenziali. Dico giustamente perché Sindacati e Sindacatini hanno dimostrato, al di là delle loro ragioni, di non saper gestire il consenso all’esterno, perché ripiegati su se stessi. Quindi incapaci di assolvere alla confederalità. Dovremmo introdurre, nella logica della rappresentanza/rappresentatività e per evitare altre “Pompei” più in grande stile, che lo sciopero, su vertenze nazionali o di Gruppo, si indice dopo un referendum tra i lavoratori e se la maggioranza di essi è d’accordo. Questa azione ci darebbe una forza e un consenso altissimo. Intanto dovremmo andare a spiegare ai lavoratori cosa si fa (il CCNL, ad esempio). Dovremmo coinvolgerli ancora di più di quanto si fa oggi e poi ridaremmo ai lavoratori la possibilità di esprimersi rispetto al consenso sulle nostre azioni e infine con la “minaccia” del referendum sciopero si/no avremmo più potere contrattuale e si chiuderebbero prima e meglio le trattative (qui l’IG Metall insegna eccome!!) Tutti questi temi, che sono di merito, che sono la nostra storia, dovrebbero essere il punto di ripartenza della Cisl per fare “trasparenza” in casa nostra, una linea sindacale non può essere solo accettata, va condivisa e applicata. E’ ciò che la Cisl sceglie nella sua azione sindacale dentro e fuori che determina un Gruppo Dirigente vero che può governare la Cisl come una “casa di vetro” sennò avremo un Gruppo Dirigente autoreferenziale e una Cisl con i vetri fumé. Concludo questa “breve” relazione con alcune considerazioni su alcune cose da fare e qualche riflessione su di noi. Il CCNL e il CCSL ci dicono una cosa importante: c’è un nuovo modello sindacale dove la tutela collettiva si è coniugata con la tutela individuale andando oltre i cancelli dell’azienda, con Metàsalute, coinvolgendo il nucleo famigliare dei lavoratori. Noi dovremo tutelare il nucleo famigliare e non più il singolo lavoratore. Cambia il metodo della rappresentanza nella Categoria, dobbiamo cambiarlo insieme alla Confederazione e ai Servizi Cisl. Quindi dobbiamo trovare, a partire da ciò che già stiamo facendo con l’Inas di Torino sulla formazione di un gruppo di RSU/RSA sui temi del Patronato, delle sinergie e strumenti operativi nelle sedi sindacali e nelle aziende per rendere più attenta, efficace e organizzata la nostra azione sindacale e quella dei Servizi perché devono diventare un unicum. Ma prima di fare proposte concrete voglio dire con estrema chiarezza, raccogliendo gli inviti del Segretario Generale della Cisl Annamaria Furlan e del nostro Segretario Generale Marco Bentivogli a operare in chiarezza, onestà e trasparenza: Vogliamo che anche le Società dei Servizi siano una ”casa di vetro”. Oggi non è così, troppi costi scaricati sulle Categorie; le risorse invece di andare sul territorio vengono chieste al territorio. La FIM non è più disponibile a pagare il CAF per fare i 730 gratuiti per gli Iscritti. Il Caf ha per ogni 730 un rimborso dallo Stato si operi dentro quei costi. Se ciò non è possibile per prima cosa si valuti l’operato del Gruppo dirigente del CAF regionale e nazionale. Se il CAF e l’Inas sono società a se stanti si metta alla loro guida dei manager. Questa è la premessa per ragionare insieme sui Servizi ma anche una battaglia che faremo nei prossimi quattro anni perché, ripeto, il tema dei Servizi Confederali diventerà cruciale nel nuovo modello sindacale del futuro.

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La FIM ha molte RSU/RSA preparate e altre disponibili, attraverso la formazione, a lavorare fianco a fianco nella gestione delle materie fiscali e previdenziali. Le mettiamo a disposizione del CAF, dell’Inas ma ciò deve portare a una riduzione dei costi accollati alle categorie. Il tema dei costi alle categorie dei Servizi diventa cruciale, se l’Inas Nazionale rischia di non reggere più il rapporto costi/attività, considerando gli aggravi derivanti dallo scarico di pratiche dai vari Enti ai Patronati dobbiamo ragionare sul differenziare tra la gratuità delle pratiche finanziate e quelle non finanziate considerando che queste ultime devono rimanere gratuite per gli Iscritti. La FIM vuole creare una vera sinergia tra Servizi Cisl e Categorie, i Servizi non possono più essere società autonome dalla Cisl e dalle Categorie, sovente malgovernate e avulse dall’idea sindacale. Bisogna formare e rendere attivo un RSU/RSA per ogni azienda, uno per ogni Lega, che sia in grado di svolgere tutte le pratiche non finanziate oltre a avere le informazioni sufficienti per avviare le pratiche di MetàSalute e Cometa. Occorre costruire un progetto che leghi l’attività delle RSU/RSA in azienda al ruolo confederale dei Servizi nelle Leghe e agli sportelli rendendoli esigibili e fruibili. Per fare questo nei Servizi non possiamo avere degli impiegati ma degli attivisti, chi lavora al Caf, all’Inas, all’Ufficio Vertenze deve essere formato in modo che abbia la consapevolezza che lavora in un Servizio Sindacale e non in un’azienda qualsiasi. Noi per realizzare questo obiettivo creeremo la figura del Responsabile del Welfare aziendale, attraverso percorsi formativi che riguarderanno tutte le RSU, per poi selezionarne una parte per avere degli esperti nelle aziende e nelle Leghe. Allo stesso tempo chiediamo che i Servizi Cisl si avvicinino alle Categorie e questo è compito della Confederazione.

Penso inoltre che la Confederazione dovrebbe dare più forza alla Previdenza contrattata proponendo alle categorie l’unificazione, a partire da quella pensionistica, dei vari fondi di Categoria. Mettere insieme le nostre forze e risorse creerebbe una sinergia tale da rendere molto più remunerativa e forte sul mercato previdenziale, con notevoli vantaggi per i lavoratori e ulteriore riduzione dei costi, eliminando i vari CdA. In questi quattro anni che ci separano dal prossimo Congresso daremo ampio spazio alla formazione tecnica: sulla Sicurezza, sulla conoscenza dei nostri Contratti: CCSL, CCNL e Unionmeccanica; sulle buste paga, sulla Legislazione del lavoro perché vogliamo RSU/RSA competenti, professionalizzate. Molta importanza daremo anche alla formazione educativa: sulla nostra Storia attraverso le testimonianze di “vecchi” e giovani militanti. A partire dai giovani fimmini bisogna sapere, sempre, che nella FIM non esiste “il cortile”, noi siamo fuori, nell’immensa distesa del mondo senza confini con le nostre forze che derivano dal contributo di ogni singolo iscritto, militante, RSU/RSA. Nella FIM si da ascolto e diritto a tutte le voci, poi si fa la sintesi e si lavora insieme. Nella FIM ogni azione deve essere protesa al futuro e così è per il nostro Gruppo Dirigente. In questi quattro anni abbiamo avuto molti cambiamenti nel Gruppo Dirigente, sono usciti ben sette tra Operatori e Segretari su 16, abbiamo cambiato il 43% del Tempo Pieno abbassando la media da sopra i cinquant’anni alla generazione dei quarantenni. E’ andato in pensione Amarù, ha cessato la collaborazione Margot Cagliero ma soprattutto la FIM ha dato un forte contributo agli altri livelli della FIM e della Cisl. Emy Cosentino è andata all’Ara, Sergio De Salve in Segreteria FIM di Cuneo; Bruna Tomasi Cont in Segreteria Cisl Piemonte e Cristina Terrenati in Segreteria Cisl Torino.

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Li ringrazio tutti per il loro forte e competente impegno che hanno dato negli anni della FIM ma il nostro compito è contaminare la Cisl e la FIM a tutti i livelli con i nostri uomini e donne, portare il nostro pensiero e la nostra voglia di fare Sindacato. Ma come dico sempre, abbiamo ceduto campioni e abbiamo preso campioni con la voglia di fare, di impegnarsi, con un idea forte della FIM: sono arrivati Cristina Maccari dalla Cisl di Torino; Arcangelo Montemarano RSA della New Holland, Davide Provenzano dall’Alenia di Caselle; Nicolò Infantino RSA della PCMA di S. Benigno Canavese; Renato Mandolino dalla Femca di Asti e il 2017 vedrà ulteriori cambiamenti con qualche pensionamento. Inoltre Alberto Cipriani da Operatore Fiat oggi segue il Progetto CITO per la FIM torinese che si occupa di formazione e evoluzione dei cambiamenti organizzativi nell’evoluzione del lavoro e segue l’Organizzazione del Lavoro per la FIM Nazionale. Sono profondamente soddisfatto perché i grandi cambiamenti degli uomini e delle donne nel Gruppo Dirigente potevano destabilizzare un po’ gli equilibri della FIM, creare difficoltà di inserimento, frenare l’incisività del lavoro sindacale nelle Leghe e invece ognuno dei nuovi arrivati si è inserito istantaneamente, integrandosi e amalgamandosi nel Gruppo Dirigente. Posso dire che abbiamo un Gruppo Dirigente affiatato, compatto, ognuno con le sue caratteristiche che sanno completarsi e confrontarsi con tutti. I risultati si vedono e questo è il miglior giudice in assoluto. In questi anni difficili, complessi abbiamo tenuto sul piano degli iscritti con un leggero calo e nel 2016, invece, abbiamo fatto più iscritti delle disdette. Vuol dire che abbiamo lavorato bene, soprattutto le RSU/RSA e senza dimenticare nessuno abbracciando tutti voi in questo impegno, una menzione speciale va a tutte le RSA di Mirafiori e della Carrozzeria in particolare, che hanno saputo affrontare un momento difficile per la FIM trasformandolo in un’opportunità. L’uscita di alcune RSA è diventato un momento di forza corale per tutta la FIM, sono cresciuti gli iscritti, abbiamo nuovi compagni di viaggio provenienti dalla Fiom e non è finita qui!! Una menzione speciale al gruppo di iscritti e attivisti della ex Euroball ora NN di Pinerolo che hanno saputo “risorgere” dalle ceneri di una FIM guardata con diffidenza dai lavoratori, prima eleggendo una RSU “vera” come Raffaele De Simone e poi realizzando circa trenta iscritti su meno di trecento addetti raddoppiando il nostro numero di iscritti. Una menzione speciale alle RSU Eaton di Bosconero che veleggiano oltre il 70% di iscritti con un grande lavoro sui Servizi. Una menzione speciale a Francesca Melagrana per la brillante operazione in Flexider, roccaforte Fiom, dove abbiamo fatto oltre 40 iscritti, il 50% della forza. A Ugo Bargiacchi con i quasi 60 iscritti quasi tutti giovani assunti da Automotive Ligthing. Alle RSU della Olisistem con i loro 45 nuovi iscritti del 2016, alle RSU della Denso che macinano inesorabili e costantemente oltre 20 iscritti all’anno. A Claudio Nota, RSA della Teksid di Carmagnola con i suoi oltre venti iscritti; alle RSU SKF di Airasca “risvegliatesi” con oltre trenta iscritti, alle RSA FPT Industrial per la loro garanzia di costanza nel tempo in termini di iscritti. Grazie a tutte le RSU/RSA che si impegnano, che sanno quanto tempo ci vuole per fare un iscritto vi dico: non mollate!! Perseverate nell’azione; siamo nel giusto e i giusti alla fine ottengono ciò che gli spetta. Con questo Congresso cessa la sua collaborazione Gianni Mandarano che lo ringrazio per la sua costante, precisa, continua azione. Il “braccio” organizzativo ha funzionato bene in questi anni e anche il supporto e il filtro realizzato mi ha consentito di dedicarmi alle scelte politiche della FIM con un’ampia tranquillità. La FIM è stata in buone mani, lo dice il Bilancio annuale grazie al lavoro fatto da Gianni. Non faremo cambiamenti nella Segreteria (sempre che mi confermiate!!) resteremo a tre perché le modifiche statutarie della Cisl portano da cinque a tre i componenti della Segreteria, quindi vi riproporrò Cristina Maccari e Vito Bianchino ma creeremo una figura nuova consentita statutariamente.

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Daremo un incarico speciale a un Operatore, giovane, dovendo sostituire Mandarano nel compito di Organizzativo. Nell’ottica del ringiovanimento che abbiamo avviato da circa due anni nel gruppo Dirigente, soprattutto nella Segreteria. Devo ringraziare gli Operatori “anziani” perché quando abbiamo proposto di ringiovanire la Segreteria, di cambiare generazione, evitando il “giro” in Segreteria per anzianità tutti mi hanno detto di sì. E’ molto importante questo passaggio perché significa che tutti antepongono la FIM alle proprie ambizioni personali, perché stare nella squadra della FIM è già motivo di soddisfazione, appagante, e quindi “largo ai giovani”!! Quindi vi proporrò Davide Provenzano con l’incarico speciale nel ruolo di Organizzativo, formalmente e statutariamente non è in Segreteria ma politicamente sarà riconosciuto al ruolo di Segretario, parteciperà a tutte le riunioni di Segreteria e vi chiedo di considerarlo un Segretario a tutti gli effetti. Poi toccherà a Davide conquistarsi l’autorevolezza sul campo, in FIM nulla è regalato. La forza della FIM è quella di trasformare gli errori in potenzialità sindacale, di non “addormentarci” sulle vittorie che devono stimolarci. La FIM non è un posto dove ci si annoia, in FIM non si può stare fermi. In FIM il cambiamento è quotidiano, dobbiamo essere sempre alla ricerca del miglioramento, di nuove idee, di nuove proposte. In FIM ogni difficoltà deve essere un’opportunità. In FIM le diversità sono nella loro sintesi la nostra forza. La FIM non è solo un grande Sindacato, la FIM è un Sindacato BELLO, dove si sta bene insieme, nella libertà, nel rispetto reciproco, nel condividere un’idea, una passione. La bellezza, la libertà, la passione, il rispetto, la condivisione, questa è l’idea della FIM… che siamo noi, se ti innamori della FIM non la lasci più. Grazie e viva la FIM!!!!

Claudio Chiarle a nome della Segreteria FIM-CISL Torino e Canavese

7 febbraio 2017