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Analizzando varie culture agricole Jonh Lind, pediatra di Stoccolma, sottolineava nel 1993 come in esse venisse “offerto alle madri un so- stegno continuativo durante il travaglio”, cosa che, con l’affermarsi del parto in ospedale, non si verificava più nei Paesi Europei. La cura infatti degli aspetti psicologici è pro- gressivamente scomparsa in molte delle nostre strutture, anche se attualmente da più parti è cresciuta la sensibilità verso le problematiche emotive e relazionali con il crescente tentativo di “umanizzare” i parti ospedalizzati, quali ad esempio, l’introduzione del futuro papà, del rooming-in, ed il miglioramento delle aree tra- vaglio-parto. “Il parto – scrisse dieci anni fa sempre Lind in un capitolo del libro edito dal noto pediatra di San Francisco, Marshall Klaus – è ora un’espe- rienza molto più solitaria, e psicologicamente stressante per alcune madri, lasciate per la maggior parte del travaglio da sole. Il parto cioè è diventato un’esperienza di isolamento” (Klaus et al., 1993). Per questo giunse a proporre “Il sostegno conti- nuativo da parte di un’esperta compagna di tra- vaglio. Questo avrebbe dovuto comportare “una UNA MEDICINA A MISURA DI DONNA CIC Edizioni Internazionali © Copyright 2004, CIC Edizioni Internazionali - Roma Tutti i diritti riservati. La riproduzione totale o parziale dei testi e delle illustrazioni, con qualsiasi mezzo, deve essere espressamente autorizzata dall’Editore. È obbligatoria la citazione della fonte. IERI, OGGI E DOMANI NELLA PSICOPROFILASSI OSTETRICA, ALLA LUCE DEGLI ULTIMI ANNI DI CONDUZIONE DI CORSI DI PREPARAZIONE ED ACCOMPAGNAMENTO DELLA COPPIA IN GRAVIDANZA E PARTO Forleo R. 1 , Pagliai G. 2 , Pellegrini M.G. 3 , Forleo P. 4 1 Direttore Scientifico Scuola per Conduttori di Corsi di Preparazione e Accompagnamento alla Nascita Fondazione Internazionale Fatebenefratelli Docente di Psicosomatica Ginecologica e di Sessuologia Scuola di Specializzazione in Ostetricia e Ginecologia Università “Tor Vergata” e Università Campus Biomedico Professore di “Sessualità nell’arco di vita”, 2ª Facoltà di Psicologia Università degli Studi “La Sapienza” di Roma 2 Psicologa, Condirettore dei Corsi per Gestanti Ospedale Fatebenefratelli e della “Scuola Annuale per Conduttori di Corsi per Gestanti” Fondazione Internazionale Fatebenefratelli - Roma 3 Direttore Scuola Universitaria per Ostetriche, Università Tor Vergata Ostetrica, Ospedale Fatebenefratelli Condirettore Corsi per Gestanti della Scuola per Conduttori di Corsi, Isola Tiberina - Roma 4 Dottore in Perinatologia – Dirigente Ginecologo Ospedale Fatebenefratelli Docente Scuola Universitaria per Ostetriche - Roma 79

IERI, OGGI E DOMANI NELLA PSICOPROFILASSI … · coscienza delle proprie modificazioni biologi-che e psichiche durante la gravidanza per ren-dersi protagoniste della nascita, presenti

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Analizzando varie culture agricole Jonh Lind,pediatra di Stoccolma, sottolineava nel 1993come in esse venisse “offerto alle madri un so-stegno continuativo durante il travaglio”, cosache, con l’affermarsi del parto in ospedale, nonsi verificava più nei Paesi Europei.La cura infatti degli aspetti psicologici è pro-gressivamente scomparsa in molte delle nostrestrutture, anche se attualmente da più parti ècresciuta la sensibilità verso le problematicheemotive e relazionali con il crescente tentativodi “umanizzare” i parti ospedalizzati, quali adesempio, l’introduzione del futuro papà, del

rooming-in, ed il miglioramento delle aree tra-vaglio-parto.“Il parto – scrisse dieci anni fa sempre Lind inun capitolo del libro edito dal noto pediatra diSan Francisco, Marshall Klaus – è ora un’espe-rienza molto più solitaria, e psicologicamentestressante per alcune madri, lasciate per lamaggior parte del travaglio da sole. Il partocioè è diventato un’esperienza di isolamento”(Klaus et al., 1993).Per questo giunse a proporre “Il sostegno conti-nuativo da parte di un’esperta compagna di tra-vaglio. Questo avrebbe dovuto comportare “una

UNA MEDICINA A MISURA DI DONNA CIC Edizioni Internazionali

© Copyright 2004, CIC Edizioni Internazionali - RomaTutti i diritti riservati. La riproduzione totale o parziale dei testi e delle illustrazioni, con qualsiasi mezzo, deve essere espressamente autorizzatadall’Editore. È obbligatoria la citazione della fonte.

IERI, OGGI E DOMANI NELLA PSICOPROFILASSI OSTETRICA,

ALLA LUCE DEGLI ULTIMI ANNI DI CONDUZIONE DI CORSI DI PREPARAZIONE ED ACCOMPAGNAMENTO

DELLA COPPIA IN GRAVIDANZA E PARTO

Forleo R.1, Pagliai G.2, Pellegrini M.G.3, Forleo P.4

1 Direttore Scientifico Scuola per Conduttori di Corsi di Preparazione e Accompagnamento alla Nascita Fondazione Internazionale Fatebenefratelli

Docente di Psicosomatica Ginecologica e di SessuologiaScuola di Specializzazione in Ostetricia e Ginecologia

Università “Tor Vergata” e Università Campus BiomedicoProfessore di “Sessualità nell’arco di vita”, 2ª Facoltà di Psicologia

Università degli Studi “La Sapienza” di Roma 2 Psicologa, Condirettore dei Corsi per Gestanti Ospedale Fatebenefratelli

e della “Scuola Annuale per Conduttori di Corsi per Gestanti”Fondazione Internazionale Fatebenefratelli - Roma

3 Direttore Scuola Universitaria per Ostetriche, Università Tor VergataOstetrica, Ospedale Fatebenefratelli

Condirettore Corsi per Gestanti della Scuola per Conduttori di Corsi, Isola Tiberina - Roma 4 Dottore in Perinatologia – Dirigente Ginecologo Ospedale Fatebenefratelli

Docente Scuola Universitaria per Ostetriche - Roma

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riduzione del tempo di travaglio, una flessionedi oltre il 50% di parti cesarei, un bisogno ridot-to di analgesici e molti altri benefici importan-ti”. Il “sostegno continuativo” doveva essere“fornito da donne esperte e premurose, le doule.“Volevamo una parola senza connotazione me-dica che sottolineasse il valore di una compa-gna premurosa e confortante e ci rivolgemmoalla parola greca doula che significa “datricedi cura, di attenzione”. Dana Raphael (1973)era stata la prima ad usare questo termine (simi-le a quello di labor coach, monitrice o assisten-te al parto), cioè una “compagna di travaglio”che fornisse alla donna e al suo partner soste-gno “emotivo e fisico” per tutta la durata deltravaglio e del parto.Queste frasi, tradotte poi in italiano nel 1994(quando cioè da vent’anni una struttura comequella da noi costruita sull’Isola Tiberina, ave-va testimoniato nei fatti un impegno concretonell’umanizzazione della nascita), segnaronocomunque un richiamo severo a tutti noi ostetri-che/i e ginecologi/e (oggi non più divisi per ses-so) spesso troppo assorbiti dall’impegno di for-nire il massimo di sicurezza attraverso mezzidiagnostici sempre più sofisticati (per verificarenon solo il primo presentarsi di una patologia,ma principalmente un preoccupante “aumentodi rischio”, e poter così intervenire rapidamentenella più qualificata maniera).Specialisti/e in ginecologia, e ostetriche/i(midwifes nurses, che, attraverso un corso di“laurea breve”, sono presenti a tutto il “percor-so nascita” dalla visita preconcezionale, allagravidanza, alla puericultura e “accompagna-mento” materno nel puerperio), avevano però inpassato, specialmente dal XIX secolo, andandosempre più assumendo rispettivamente il ruolodi “addetti alla patologia” e quello di“levatrici”, trascurando cioè le problematicheintrapsichiche, i problemi del vissuto personale,delle paure durante la gravidanza, delle diffi-coltà relazionali legate alla nascita.Così si erano nel tempo andati scindendo ruoli efunzioni, relegando la preparazione al parto aldi fuori dei Centri Nascita, e il controllo della

gravidanza ad un insieme di visite, esami di la-boratorio, ecografie, ecc. e non di “colloqui edappoggi psicologici” per preparare alla mater-nità e paternità, e soprattutto al protagonismo lacoppia in questo importante evento.A ciò aveva contribuito lo sviluppo di una psi-cologia troppo influenzata dall’ “errore di Car-tesio” (scissione fra mente e cervello) e dallacostruzione ideologica delle varie scuole psi-coanalitiche (specialmente di Ferenczi, OttoRank, Deutch). Si è così scissa la preparazionepsicologica al parto da quella clinica.Gli aspetti più strettamente biologici sono anda-ti così occupando negli operatori dell’arte oste-trica tutto lo spazio del loro intervento, suffra-gati in questo anche dal successo ottenuto nelcombattere morbilità e mortalità materna e peri-natale.Si è però nello stesso tempo venuta a creare unascissione fra psiche e corpo, cultura e biologia,relegando le “mid-wives” (with-wives nell’in-glese antico = commari), riportate a fare le “ob-stetrices” (coloro che stanno davanti), e con-temporaneamente spingendo ginecologi/e a in-tervenire solo per “fare” delle azioni mediche,spesso degli interventi, e non per dialogare,educare, accompagnare, favorendo il protago-nismo della coppia. Per questo si sono inseritidegli “educatori autodidatti” oppure alcuni psi-cologi o semplici “amiche” per supplire al prin-cipale ruolo di medici e ostetriche: garantire lamassima sicurezza e la contemporaneamente lamassima serenità e gioia nella assistenza allanascita.In un mondo in rapido mutamento, in cui le co-noscenze scientifiche in medicina si accavalla-no e rincorrono, la divisione fra mente e cervel-lo e le superspecializzazioni tecniche, hanno ri-schiato così di “disumanizzare” un evento chela cultura ha l’obbligo di rendere sempre più si-curo, ma nello stesso tempo gioioso e ricco diaffetto: l’accoglienza alla vita che nasce.L’accusa di Klaus e coll. (1993) è pesante:“un’infermiera o un’ostetrica possono forniresostegno nel travaglio, ma se hanno altri impe-gni, o problemi di tempo o altre pazienti … in

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questo caso esse accettano generalmente dibuon grado la presenza di una doula …”. I medici non sono neppure presi in considera-zione: loro dovrebbero essere considerati solodagli addetti ai problemi biologici, chiamatiunicamente quando compare la patologia. Moltidei/delle ginecologi/e, anche nella fase di for-mazione, ben volentieri accettano questo ruolodi “tecnici”,pronti a fare un’ecografia, o a per-fezionare la tecnica di un cesareo, o più sempli-cemente di un’episiotomia, che a curare in mo-do globale (prendersi cura, “care”) la persona ola coppia.Così nell’Europa che ha quasi vinto la mortalitàmaterna, ed ha abbassato in modo drammatico lamorbilità oltre che la mortalità perinatale, i medi-ci e le “ostetriche laureate” rischiano di perdersiin manovre ostetriche o in sofisticati mezzi dia-gnostici e terapeutici, dimenticandosi le poten-zialità emotive, affettive e relazionali che la na-scita rappresenta per una coppia. Forse questoaccade perché ci è mancata la conoscenza deimeccanismi della nostra psiche, forse perché èpiù facile apprendere tecniche biologiche checomprendere la persona nella sua interezza. Ed ecco quindi che “inesperte della nascita” siinsinuano nella realtà nella quale per vocazionee per funzione dovremmo essere chiamati adagire. Prima psicologhe che parlavano di partosenza aver mai vissuto in una sala parto, più tar-di ideologizzate “consigliere della nascita”, sen-za specifica preparazione.Il futuro però di una corretta assistenza alla na-scita deve mettere insieme non solo “buona vo-lontà” e risposta empatica a problemi psicologi-ci, ma competenze cliniche e psicologiche, at-traverso un costante lavoro di équipe che riuni-sce diverse discipline.Per questo il rivedere in modo critico la storiadella “psicoprofilassi”, e leggerla alla luce dellanostra esperienza pensiamo possa essere utile achi, come noi, ha dedicato e dedica all’assisten-za alla nascita (dalla fecondazione al puerperio)una gran parte della propria vita.

* * *

L’esperienza che riportiamo si riferisce specifi-catamente alla preparazione psicoprofilattica, eallo stile di accompagnamento messo in operaal Fatebenefratelli (Isola Tiberina di Roma) dal2000, da quando un servizio di Corsi di Psico-profilassi è stato trasferito all’interno dellastruttura affidandolo alla Fondazione Interna-zionale Fatebenefratelli.Dal 2000 infatti i Corsi di Psicoprofilassi, svoltisecondo una nostra modifica del metodo RATdi Piscicelli, sono stati trasferiti entro le muraospedaliere venendo così ad aggiungersi agli in-contri mensili con i medici effettuati da più diquindici anni in Ospedale. La preparazione alparto e l’assistenza alla gravidanza va infatti as-sunta e condotta dalla stessa équipe ospedalierache seguirà il parto e accompagnerà madre ebambino nel primo puerperio. Uno dei temi fondamentali di questa prepara-zione è stata la lotta alle paure in gravidanza, aldolore in travaglio, alla depressione post-par-tum, oltre alla cura, lo ripetiamo, “di tutta lapersona” e non solo dei suoi aspetti biologici.

CENNI DI STORIA DELLA PSICOPROFILASSI OSTETRICA

Secondo Piscicelli (1977) l’inventore del meto-do RAT, il termine di “psicoprofilassi ostetrica”doveva essere inteso con un “insieme di normeatte a prevenire danni e dolore”.Altri lo interpretarono più semplicemente come“intendimento atto a creare nella donna gravi-da e di riflesso nel compagno e nel bambino imigliori presupposti per affrontare la nascita”(Braibanti e coll., 1982).In realtà il termine abbraccia una accezione piùampia, come “l’educazione a valutare comefunziona il proprio corpo, … a valutare le mo-dificazioni che possono verificarsi durante iltravaglio” (Wright, 1971), adattandosi ad esse.Oggi con questo termine si intende non più enon solo il maggior controllo della componentedolorosa di travaglio e parto, ma una presa di

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coscienza delle proprie modificazioni biologi-che e psichiche durante la gravidanza per ren-dersi protagoniste della nascita, presenti in mo-do cosciente ed attivo all’evolversi del trava-glio, capaci di prevenire e regolare dinamichepsicologiche nel post-partum e puerperio, arte-fici dei primi processi educativi e della dinami-ca di coppia ad essa congiunti. La psicoprofilassi non è quindi solo una profi-lassi del dolore e/o della depressione post-par-tum, ma il sostegno e l’istruzione per l’assun-zione di un ruolo di protagoniste attive della na-scita.Per ottenere questo è necessario di apprenderemetodiche e stili attraverso specifici Corsi.La Psicoprofilassi Ostetrica ha acquisito rile-vanza anche grazie all’impulso ricevuto dall’in-tervento di Papa Pio XII che, nel “discorso aiginecologi” dell’8 gennaio 1956, giudicò “mo-ralmente ammissibile” il parto indolore secondoil metodo profilattico, in quanto “esso non sop-prime la coscienza della madre, bensì si imitaad educarla, agendo sugli aspetti psicologicidel dolore da parto”. Il dolore, secondo questopensiero, è giusto sia abolito, mantenendo peròsveglia e attiva la madre. In questo modo sichiude la polemica sorta a metà del 1800 daparte di molte Chiese cristiane contrarie all’usodel cloroformio in travaglio introdotto dal gran-de ostetrico James Simpson (1811-1870). Infattii primi interventi (1844) contro il dolore delparto miravano ad usare gas anestetici (clo-roformio), e mezzi suggestivi ed ipnotici.

SUGGESTIONE ED IPNOSI

Le prime applicazione dell’ipnosi risalgono agliesperimenti compiuti da Foissac nel 1838, perpoi trarre ulteriore sprone dai risultati incorag-gianti ottenuti da Gerling e Lafontaine nel1850. I più importanti studi sull’ipnosi sono ri-conducibili alla scuola di Charcot a Parigi, non-ché a quella di Bernheim a Nancy. Per il primo,l’ipnosi era definibile come un’isteria artificia-le, ossia come uno stato patologico articolantesi

in stadi (la catalessia letargia e il sonnambuli-smo), mentre il secondo rigettava l’ipotesi dellostato patologico, dal momento che l’ipnosi po-teva essere indotta anche in soggetti assoluta-mente normali.Si può comunque affermare che l’ipnosi com-porta un’alterazione della coscienza a seguitodella quale è possibile indurre il soggetto a mo-dificare l’immagine di sé, le sue motivazioni ele sue abitudini comportamentali, nonché la suarisposta agli stimoli algogeni che, pur conti-nuando a viaggiare attraverso le fibre nocicetti-ve, non vengono però connotati come spiacevo-li.Tutte le teorie elaborate per spiegare perchél’ipnosi funzioni nell’alleviare/abolire il dolorenel parto, chiamando in causa meccanismi psi-cologici e meccanismi fisiologici, non rispon-dono però a quel rigoroso (evidence-based) cri-terio di valutazione sulla loro efficacia, che og-gi sempre più si esige. Resta quindi difficilequantificare il peso di ciascuno di questi fattorinell’innalzamento della soglia del dolore.Nel 1880 Dobrovolskaja in Russia, Laebauli inSvizzera e Kroger in America, avevano dichia-rato di aver ottenuto, attraverso l’ipnosi, l’anal-gesia totale per tutta la durata del parto e deltravaglio.I loro risultati vennero replicati nel 1892 da Da-mont Pallier tramite l’“autoipnosi” e nel 1899da Paul De Lilla che, convinto che il dolore nonfosse un corollario obbligatorio del parto, pen-sava di poter ottenere dei “parti indolore” con ilmetodo della ”suggestione allo stato vigile”.In seno al Congresso Ostetrico svoltosi a Inn-sbruck nel 1922 anche Gilles de la Fouret, Frai-pont, Kinsbury e Brain confermarono l’effica-cia delle tecniche ipnotiche nell’abolire il dolo-re.Pavlov, tramite le sue celebri “lezioni sull’atti-vità degli emisferi cerebrali” e sulla fisiologiadello “stato ipnotico” aveva fornito elementineurofisiologici per meglio interpretare i mec-canisni di azione dell’ipnosi sui circuiti del do-lore da parto.Le teorie Pavloniane vennero ulteriormente svi-

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luppate in Russia da Velvoski e Nikolaiev, e daPlatonov, che fondò la “Scuola di psicoterapiaKarchov” con l’intento di approfondire le ricer-che sull’efficacia dell’analgesia ipno-suggestivain gravidanza.Per quanto riguarda l’Italia, gli studiosi chehanno apportato i maggiori contributi tecniciall’uso dell’ipnosi in travaglio di parto sono sta-ti Granone, Pavesi, Pezzuto e, soprattutto, Mo-sconi.Mosconi (1987) sostenne che le suggestioniipnotiche si indirizzavano direttamente all’in-conscio, che accoglie facilmente i “suggerimen-ti esterni”, in quanto esente da resistenze e dalcontrollo dell’Io. L’intervento suggeritodall’Autore si proponeva di ottenere, “oltre alrilassamento delle varie fasce muscolari, ancheun contemporaneo rilassamento psichico”.Il Corso di preparazione al parto che proponevaera articolato in 10 lezioni, attraverso le qualialla gestante venivano fornite nozioni di anato-mia e fisiologia della gravidanza e del parto, daacquisire, prima di focalizzarsi sulla tecnicaipnotica vera e propria. È solo a decorrere dallaquarta seduta in poi infatti che la donna venivasottoposta all’induzione ipnotica, mentredall’ottavo incontro erano aggiunti esercizi dirilassamento perineale e si effettuavano simula-zioni delle posizioni da assumere e del compor-tamento da tenere nelle varie fasi del parto.Malgrado però l’insistenza di chi proponeva epropone tecniche ipnotiche, è discussa l’effica-cia di esse al fine di alleviare i dolori del parto,e questo approccio crea oggi perplessità circa laconvenienza della sua applicazione.Anche per chi ritiene utile il mezzo, occorre ri-cordare che non tutte le pazienti sono idoneeall’ipnosi che il training ipnotico richiede sva-riate sedute individuali di preparazione, renden-do tale metodo estremamente costoso, vincolan-te quanto a dispendio di tempo e poco applica-bile nei Centri Nascita ospedalieri con un nu-mero sufficiente di parti per essere accreditatidalle regioni. Molti psicoterapeutici poi sottolinearono la pos-sibilità che, qualora l’ipnosi venga applicata a

pazienti con disturbi psicosomatici o borderline,si possa riattivare dei conflitti emotivi latenti,che potrebbero addirittura degenerare in situa-zioni di “grave destrutturazione spazio-tempo-rale” (Piscicelli, 1977).

LA “NASCITA SENZA PAURA” DI GRANTLY READ

Uno dei maggiori contributi alla psicoprofilassiostetrica è stato fornito da Grantlly Dick Read(1890-1959), che nel testo “Childbirth withoutfear” (1944), espose la sua brillante intuizionecirca il ruolo giocato dalla paura nell’incremen-tare la tensione muscolare e il dolore da parto.L’autore era già noto in Inghilterra per il suo“Natural Childbirth” (1933), tanto che FrancisBrown, professore di ostetricia di Londra gliaveva chiesto di scrivere il capitolo “The in-fluence of the emotions upon pregnancy e dipartecipare al suo trattato “Antenatal e post-na-tal care” (1938).Read era convinto che la paura e l’ansia circa ilparto aumentassero la tensione in vari distrettimuscolari della gestante rendendola maggior-mente soggetta a percepire come dolorose lecontrazioni uterine, e rendendola incline ad unascorretta respirazione. Il tutto portava come con-seguenza un precoce esaurimento delle forze.Una muscolatura distesa e rilassata avrebbe in-vece reso meno acuta la percezione nocicettiva:“in uno stato di completo rilassamento, gli im-pulsi propriocettivi vengono interpretati nel lo-ro giusto senso”. Critico sull’ipnosi, ha voluto sottolieare che nelsuo metodo “non vi è alcuna relazione fra ri-lassamento completo e suggestione”.La paura del parto invece era per lui “il piùgrande dei disturbi dell’armonia neurosenso-riale del parto”.Nel caso del parto “normale”, la paura perde lasua connotazione adattiva e diviene una reazio-ne controproducente e “spropositata ad unevento che di per sé non dovrebbe essere vissu-to come minaccioso”.

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In questi casi, Read ipotizzò che la paura delparto attingesse ad una sorta di serbatoio doveerano depositate le esperienze ontogenetiche eche fosse ulteriormente accresciuta da un’errataeducazione e dal tramandare inverosimili rac-conti di parti cruenti e strazianti.Come puntualizzò Pavlov (1927) “le cose chedanno i più grandi piaceri, possono divenirecause condizionanti di paura acuta”.Il metodo psicoprofilattico da lui elaborato,consisteva in una preparazione psicologica e fi-sioterapica che tentava di disinnescare il circui-to paura-tensione-dolore, nella convinzione chel’assenza di paura e ansia siano condizioni es-senziali per un parto decoroso.Il suo metodo doveva aumentare la “capacitàvitale dei muscoli” e suscitare “un’armoniafunzionale fra i vari gruppi muscolari”. L’auto-matismo, frutto dell’allenamento, avrebbe poiprovocato un disimpegno del “sistema pirami-dale delle emozioni”, per cui l’attività dei mu-scoli preposti si sarebbe svolta con “un notevo-le risparmio di energia fisica e psichica, inve-stibile nelle funzioni regolate dalla volontà”.La preparazione psicologica si basava su unadinamica di gruppo che consentiva un rapportoempatico con il ginecologo conduttore, all’in-terno del quale si cercavano di scardinare lepaure e le fantasie errate riguardanti il parto, in-sieme a false tradizioni. Nei Corsi venivano anche date nozioni sulla fi-siologia della gravidanza, del parto e del puer-perio, soffermandosi soprattutto sulla genesi esulla funzione delle contrazioni uterine, nonchésull’atteggiamento e sulle posizioni da assume-re durante il periodo espulsivo e il secondamen-to.La parte fisioterapica del metodo fu da Read af-fidata alla sua collaboratrice Helena Heard-mann, introducendo così nei Corsi il concetto di“esercizio di ginnastica”.La fisioterapista esaltò però la preparazione chi-nesiterapica tanto da offuscare la parte psicolo-gica del metodo, riducendolo ad un mero trai-ning ginnico. Cosa che si è ripetuta anche in al-tri approcci, colpa spesso della mancanza di

cultura psicologica degli operatori, ostetriche eginecologi compresi.Read aveva intravisto questo pericolo insisten-do che gli esercizi dovessero essere liberi. Il ri-petitivo allenamento a cui la Heardmann sotto-poneva le gestanti ne rendeva invece l’esecu-zione automatica, ossia inconscia.Piscicelli (1977) riteneva che Read usasse unmetodo a tutti gli effetti suggestivo, volto cioè apassivizzare la gestante. Durante la gravidanza(e ancor più durante il travaglio) la gestante erainfatti soggetta alla suggestione per l’indeboli-mento delle difese dell’Io, ed accettava spessoacriticamente. Ciò che veniva detto dall’ostetri-ca o dal medico (che spesso non avevano la for-mazione psicologica e pedagogica per crearenel gruppo “dinamiche non direttive”) era spes-so accettato come una direttiva di comporta-mento imposta più che partecipata. Questo par-ticolarmente in un’epoca (metà del secolo XIX)in cui in Europa la mortalità per parto era anco-ra di una donna su 400 e quella perinatale supe-rava il 10%.Read, a ragione è considerato l’iniziatore di unapsicoprofilassi ostetrica basata su dati scientifi-ci.Non meraviglia perciò che il suo metodo, a cau-sa della sua indeterminatezza teorica, abbiaavuto una diffusione relativamente scarsa cometale, creando però una sensibilità verso il pro-blema. Rileggendolo oggi e rivedendo critica-mente la problematica delle “paure” in gravi-danza (si veda a tal proposito l’articolo da noipresentato in questo volume Forleo R.C. et al.)appare chiaramente la validità delle intuizionidi Read, sulle quali si fonda ancor oggi la psi-coprofilassi ostetrica.

IL METODO DI LAMAZE “IL PARTO SENZA DOLORE”

In Russia gli studi sui riflessi condizionati cheavevano dato a Pavlov il premio Nobel nel1902, trovarono applicazione nella lotta al dolo-re da parto.

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Orofeeva, discepola di Pavlov, sottolineava illegame contrazione uterina-dolore come un ri-flesso condizionato e, perfettamente sostituibilecon un altro riflesso: contrazione uterina-respi-razione. Pavlov aveva infatti sostenuto che “seun altro punto del sistema nervoso centrale en-tra in attività a mezzo di corrispondenti stimoliinterni ed esterni, ciò causa un’immediata di-minuzione o la scomparsa completa del riflessocondizionato preesistente, cioè il riflesso condi-zionato diventa più debole o svanisce”.Il tipo di respirazione da lei proposto era carat-terizzato da un ritmo accelerato e da un’inspira-zione di ampiezza relativamente modesta (“acanino”). È sempre sulla scia di questa afferma-zione Pavloviana che Velvoski asserì che il do-lore poteva essere debellato con una semplicerieducazione delle reazioni, ossia con la crea-zione di nuovi riflessi condizionati. Vincerecioè il dolore attraverso una “analgesia verba-le”.Lo psichiatra Platonov, sviluppando ulterior-mente la teoria espressa da Velvoski e dallaOrofeeva, aggiunse che non solo bisognava in-durre nella gestante il condizionamento contra-zione-respirazione, introducendo anche un con-cetto allora ritenuto innovatore: la partecipazio-ne attiva della partoriente alle varie fasi del tra-vaglio. Questo nuovo metodo profilattico messo a pun-to da Velvosky, Platonov, Nicolaiev, Charigon,Jordania e Ploticher si diffuse ampiamente inRussia come in Cina per poi trasferirsi in Fran-cia nel 1952 attraverso il ginecologo Lamaze.Questo ginecologo francese organizzò con ungruppo di colleghi una visita alla Clinica oste-trica diretta da Nikolaiev, dopo che il governodell’URSS aveva decretato (n. 142) nel luglio1951 l’obbligo di applicare metodi di psicopro-filassi in tutta la Russia. Lamaze rimase cosìconvinto della validità del metodo, che subitone divenne l’alfiere in Francia, dandogli il no-me di “metodo sovietico-francese”.Tale metodo altro non era che una fusione delleacquisizioni della scuola russa con alcuni prin-cipi di Read, aggiungendo al respiro alitante, il

controllo del respiro della fase espulsiva,tecnicaperfezionata da Lamaze.Si riteneva che il metodo fosse così efficace daconsiderarne sufficiente l’apprendimento dalVII mese di gravidanza.Il numero delle coppie che partecipavano aiCorsi doveva essere però limitato (circa 6 cop-pie per classe). Vieniva anche richiesto di eser-citarsi a casa. Anche in questo caso durante ilCorso si esponevano i processi fisiologici dellagravidanza e parto, per poi proseguire con eser-cizi di ginnastica prenatale e con l’apprendi-mento del respiro alitante e di quello da attuarenella fase espulsiva. Il marito fungeva da “alle-natore” per gli esercizi, oltre ad apportare soste-gno “morale”.Lamaze e il suo allievo Velley esposero il lorometodo in una comunicazione il 18 aprile 1952al “Congresso Mondiale di Medicina”. NelleJournées Medicales Internationales di Nizza(1953) il russo Nicolaiev riportò 300.000 casi disuccesso in Russia di parti senza dolore. A di-spetto della sua diffusione il metodo sovieticonon resse però alle critiche mossegli durante ilsuccessivo Congresso di Kiev (1956), nel qualesi posero in dubbio i dati presentati dagli autorirussi, poiché i risultati pratici sulla capacità dilenire il dolore, ma anche sul protagonismo del-la coppia, non erano congruenti con le premesseteoriche.Più tardi furono anche evidenziati gli effetti ad-dirittura dannosi che il respiro alitante potevaprovocare tanto alla madre quanto al feto, conproblemi di scambio gassoso a livello placenta-re. Lamaze e Velley nel 1954 avevano però ri-portato 300 successi di abolizione totale del do-lore nel parto. Henry Vermorel elaborò un’organica propostadel metodo “Lamaze” pubblicando a Lione nel1956 il manuale “L’accouchement sans douler,per la methode psychoprophilactique à la lu-miere de l’enseignement psysiologique di Pav-lov”. Riportando i 300 successi descritti da La-maze e dai suoi allievi, Vermorel affermò chenel 40-60% dei casi si poteva ottenere una“analgesia completa”, e concludeva che il me-

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todo consentiva di sviluppare il potere dell’uo-mo sulla natura.Il metodo di Lamaze si diffuse non solo inFrancia, ma in tutta Europa, compresa l’Italia,ove se ne fecero alfieri due ginecologi operantia Milano, Malcovati e Miraglia (a quest’ultimosi deve l’attenzione alla psicoprofilassi nel no-stro Paese). Negli Stati Uniti “Lamaze” è divenuto sinoni-mo di “metodo di preparazione al parto”, anchequando si è andata abbonando la metodica pro-posta dell’autore francese, ivi introdotta nel1960.Sasmor presentando una revisione critica deiCorsi vent’anni dopo (VI Congresso Internazio-nale di Ostetricia e Ginecologia, Berlino 1980),segnò la fine della “vecchia ostetricia america-na” del parto pilotato, uso di ossitocina, episio-tomia generalizzata, uso del forcipe alla partebassa dello scavo”, che aveva dominato gli an-ni sessanta. I Corsi di preparazione al parto se-condo Sasmor creavano invece un’assistenzaalla nascita basata “sul consenso informato, lapartecipazione attiva,la padronanza di sé”.Ilsuccesso del metodo Lamaze in America si ba-sava sulla forte enfasi, sulla solidarietà familia-re. Introducendo i padri nella evoluzione dellagravidanza e del parto, il “movimento di Lama-ze” portò una rivoluzione nell’ostetricia, e nel1980 inizia la richiesta di una loro presenza an-che durante il cesareo. L’autore però si scagliacontro l’inclusione di “birth attendant not quali-fied, che consigliano le gestanti “to risk their li-ves and the live of their unborn child by choo-sing a home birth”, proponendo che i Corsi diPreparazione al Parto dovessero sempre essereaffidati a “birth physician” or “ certified nursemidwifes”.

IL TRAINING AUTOGENO RESPIRATORIO (RAT) DI UMBERTO PISCICELLI

Lo psicosomatista del Policlinico Gemelli diRoma, Umberto Piscicelli propose nel 1977 un

metodo di psicoprofilassi, assumendo in sé iprincipi di Read e di Lamaze e unendovi unametodologia derivata dal “Training Autogeno”di Schultze. Il metodo si basava sul rilassamen-to, che mira a facilitare “l’effetto autonormaliz-zatore delle energie somatiche e psichiche na-turalmente disponibili”, superando l’ipnosi. Ilrilassamento veniva raggiunto infatti astenendo-si il più possibile dall’influenzare il soggetto, eaffidando il processo di “autonormalizzazionefunzionale dell’IO” agli effetti “dell’allenamen-to ripetuto”.Un’altra peculiarietà del metodo è la rinunciaad ogni movimento volontario, ottenendo cosìuna sensazione di piacere attraverso la diminu-zione della tensione muscolare, l’inattivazionedei riflessi di attacco-fuga e una più approfon-dita introspezione rivolgendo il pensiero suivissuti corporei di propriocezione.La trasposizione dei benefici effetti del trainingalla situazione del parto, permette di disinne-scare il circolo vizioso tra paura e irrigidimentomuscolare, che fa percepire più dolorose le con-trazioni uterine. È da sottolineare che il parto intraining autogeno non abolisce la percezionedella contrazione uterina, ma blocca le compo-nenti dolorose dovute alla tensione e alla paura.La perfetta acquisizione di questa tecnica ri-chiede ripetuti incontri personali per circa duemesi di tempo.Mentre nelle prime sedute il soggetto viene in-vitato a distendersi, chiudere gli occhi, porsi inun atteggiamento di calma e volgere la propriaattenzione sui vissuti di pesantezza della varieparti del corpo, in quelle successive ci si foca-lizza maggiormente sulle sensazioni di calore,nonché su alcuni esercizi di respirazione.Il Training Autogeno avrebbe la possibilità diridurre la durata complessiva del parto, preveni-re l’asfissia neonatale e abbassare il tasso dicortisolo plasmatico materno, come alcune spo-radiche ricerche avrebbero segnalato. È peròuna tecnica fortemente direttiva che utilizza at-teggiamenti soggettivi.Nel tentativo di superare questi limiti del trai-ning autogeno di Schulz, lo psicosomatista Um-

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berto Piscicelli ha messo a punto negli anni ’70presso il Policlinico Gemelli di Roma un’elabo-razione del training autogeno: il RAT (Respira-tory Autogenous Training).Il RAT si basa su una tecnica di rilassamentoconseguito spontaneamente, che si “genera dasé” (autogeno), senza uso di alcuna formulasuggestiva proprio perché usa il respiro autoge-no, che si distingue per il predominare della fa-se inspiratoria su quella espiratoria, in modoopposto al forzato respiro dilatante.Piscicelli insiste nel distaccarsi da ogni e qual-siasi contaminazione con l’ipnosi.“Il training di Schutlz – secondo Piscicelli – èsuggestivo, ipnotico e manipolativo” (e, inquanto tale, le formule suggestive del prepara-tore possono, in linea di principio, essere incisesu audiocassette): Il RAT invece non deve esse-re direttivo. Ciascuna gestante formula autono-mamente le istruzioni verbali che crede.Poi, mentre il training di Schultz presupponel’immobilità totale, il primo dei sette eserciziproposti da Piscicelli implica invece alcuni mo-vimenti di tensione e rilasciamento muscolareche permettono alle gestanti, una volta percepi-ta la differenza, di soffermarsi su tutto ciò cheproduce rilassamento eliminando tutto ciò cheproduce tensione. Questo permette inoltre allegestanti di abbreviare i tempi di apprendimentodel RAT.Non si cade però nella “ginnastica” o nell’ac-cento posto su movimenti e posizioni, insisten-do sugli aspetti cognitivo-comportamentali.Il RAT di Piscicelli consta di sette esercizi (più1 esercizio di “ripresa” da eseguire al termine diciascuno dei precedenti), che andrebbero appre-si sin dal 4° mese di gravidanza, e ripetuti mol-te volte, prima di passare all’attuazionedell’esercizio successivo.Piscicelli sottolinea ripetutamente l’importanzadell’allenamento agli esercizi, che deve neces-sariamente essere effettuato anche in un conte-sto esterno a quello dell’incontro settimanaledel Corso di preparazione al parto.I principali obiettivi del RAT sono, oltre a for-nire informazioni precise e dettagliate da parte

di personale qualificato nell’assistenza alla na-scita (ostetriche e ginecologi), sono quelli difornire alla gestante una tecnica di rilassamentomuscolare e psichico e di respiro autogeno, cheuna volta appresi facilitano il comportamentodelle fantasie delle gestanti in modo autonomodurante il travaglio, ad occhi aperti.Il RAT permette così di sostituire con fantasiepositive quelle negative che rafforzano il circui-to paura-tensione perineale-dolore, promuo-vendo così un atteggiamento attivo nella ge-stante, chiamata ad essere protagonista del pro-prio parto.Tramite l’esercizio “delle risposte paradossalie dell’abitudine” si approfondisce il rilassamen-to, che facilita la qualità della contrazione uteri-na. Inducendo poi la sedazione emotiva, attra-verso il rilassamento muscolare con particolareriguardo ai muscoli perineali, la cui “contrazio-ne spastica” potrebbe altrimenti provocarecomplicanze materne aumentando “ rischio dilacerazioni”.In gravidanza il RAT contribuirebbe ad allevia-re i cosidetti disturbi neurovegetativi (spossa-tezza, nausea, vomito, ecc.), riducendo, secon-do l’Autore, addirittura il rischio di un rallenta-to accrescimento fetale da tensione materna(anche se i contributi scientifici in tal senso la-sciano molti dubbi). Oggi non si ha neppure lasicurezza pretesa dall’Autore che la induzionedi rilassamento emotivo, muscolare e perinealeriduca “la durata complessiva del parto, il ri-schio di episiotomia, e l’entità della pressioneesercitata sulla testa fetale”.La parte riguardante il legame paura-dolore, ela complessa riflessione sulla funzione dei mu-scoli perineali, come i suggerimenti sulla “spin-ta” in periodo espulsivo lasciano però perplessie appaiono in parte superate.Il metodo però è facilmente eseguibile e contie-ne molti suggerimenti per aiutare la coppia a di-venire padrona del percorso nascita.In conclusione, è possibile asserire che, in virtùdella efficace tecnica utilizzata, da più divent’anni in molte parti d’Italia, nonché dellasua facilità di apprendimento, il RAT è, con le

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apposite modifiche, un utile strumento all’inter-no dei Corsi di Accompagnamento alla nascita.

IL PARTO ATTIVO DELLA BALASKAS

È in pieni anni ’80 che, fra istanze femministe esoprattutto per una netta contrapposizione ideo-logica fra medicalizzazione e naturalismo, chebanalizzava il rischio legato alla nascita e il ri-gore scientifico della scienza medica,che alcunipersonaggi “non addetti alla assistenza ostetricaassunsero ruoli di primo piano, sfidando, comedice l’antropologa Kitzinger, “l’intera conce-zione ostetrica del parto vigente nella societàoccidentale, basata sul presupposto che il partosia un intervento medico da condursi sottostretta sorveglianza clinica”.Aldilà delle esasperazioni di questa antropologa(“molti ostetrici non hanno mai avuto la possi-bilità di assistere ad un parto veramente natu-rale”) è chiaro che quest’istanza culturale abbiasenza dubbio contribuito a riportare il/la gine-cologo/a e l’ostetrica/o ad affrontare con mag-giore attenzione la fisiologia di gravidanza eparto,ma anche tantato di “strappare gli opera-tori sanitari dalla cura di gravidanza e parto re-legandoli ad intervenire solo in caso di aumentodel rischio con i mezzi più moderni e sofisticati.Molto spesso la proposta di “essere chiamati”sono in caso di patologia, ha spesso trovatoconsenso, specialmente fra i giovani medici, da-to il peso e la responsabilità di accompagnare ladonna per tutto un travaglio spontaneo.La denuncia poi da un mondo spesso del tutto

inesperto della fisiopatologia della gravidanza eparto e solcato da rivendicazioni ideologiche hadato spazio per costruire personalità sensibili ecolte, quali Janet Balaskas, di una propria orga-nica proposta di specifici esercizi (stretching),di tecniche psicofisiche di rilassamento,facil-mente eseguibili e presentabili anche da chi nonavesse una specifica preparazione a confrontar-si con il vissuto e le problematiche relazionalidella gestante.

Janet Balaskas era una “insegnante nei corsi dipreparazione al parto” organizzati dal NationalChildbirth Trust di Londra e, nel 1982 dette vitaall’“International Active Birth Mouvement”che, oltre alla preparazione delle coppie, svolgeanche attività di ricerca per approfondire lacomprensione dei processi fisiologici del par-to.Questo movimento si è diffuso anche in Italiatrovando accoglienza anche fra le ostetriche. Nello specifico, la Balaskas sostiene fortementeil diritto delle donne a partorire “naturalmente”,e pensa che con una preparazione specifica adessere attive durante il travaglio questo possafacilmente raggiungersi.Molti centri di maternità londinesi hanno risen-tito del suo influsso, e tutt’oggi, vi sono gruppiche applicano le sue idee e proposto un metodobasato sull’hatha yoga, sul massaggio taoista esullo stretching, nonché sul principio che occor-ra muoversi molto durante il travaglio, cam-biando spesso posizione, assumendo un ruolofisicamente attivo nel parto.Nel periodo espulsivo sta alla gestante sceglierela posizione rannicchiata, inginocchiata o car-poni, dato che, secondo lei, sono le posizionipiù fisiologiche. Meglio una posizione vertica-le, che semisdraiata.Infatti, la posizione litotomica “si oppone allaforza di gravità” rendendo la donna “passiva”,invece che “protagonista attiva” del suo parto.La sua tecnica riscuote enorme successo e, inmolti ospedali del mondo, a contribuito note-volmente a far scendere le partorienti dal lettinoal pavimento,anche se ha imposto a sua volteimposto proprie posizioni e movimenti, nonsempre suffragati da reale valutazione della lorogradibilità ed utilità.“In un clima di questo tipo, il travaglio di solitoprocede meglio, i rischi per il bambino sono mi-nori ed è più probabile che il parto si concludaspontaneamente per via vaginale. Le complica-zioni sono più rare e la madre è quasi sempre piùsoddisfatta. Anche per il bambino la nascita è piùdolce e meno traumatica e il naturale legame trail bambino e i suoi genitori (bonding, attacca-mento) si instaura con maggiore naturalezza”.

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I corsi della Baluscas approfondiscono menole problematiche intrapsichiche e relazionali epuntano più sull’insegnamento di posizioni, osull’esecuzione di esercizi, e su critiche allamodalità di assistenza medica più che su anali-si delle paure o degli aspetti psicodinamici digravidanza e parto. Per questa ragione, il me-todo è più facilmente accettato da ostetriche eda ginecologi, per la fatica di approfondire leproblematiche neuropsico endocrinologiche, leconoscenze della evoluzione psichica del bam-bino e dello sviluppo della sua sensorialità, eper una certa difficoltà ad accettare all’internodella equipe il ruolo e la funzione delle psico-loghe.

IL PARTO DOLCE DI LEBOYER

Nella seconda metà degli anni ’70 si è andatodiffondendo, dapprima in Francia e, successiva-mente, anche nel resto dell’Europa, il cosiddet-to “parto dolce”, propagandato da un ginecolo-go francese, Frederik Lèboyer.Dopo un periodo trascorso in India, ove vieneconquistato dalla filosofia indù, pubblica il li-bro ”Per una nascita senza violenza”, in cui af-ferma che il bambino si rende perfettamenteconto di ciò che gli accade sin dal momento delparto e nel passaggio dalla vita intrauterinaall’esterno.Rifacendosi al “trauma della nascita” di OttoRank, interpreta la nascita come un evento vio-lento e traumatico non solo per la madre, quan-to soprattutto per il nascituro.I primi istanti divita restano indelebilmente impressi nella me-moria del soggetto.La visione pessimista e l’esasperazione dei con-cetti dei primi allievi di Freud lo conducono adespressioni talora assurde:“Povero bambino! Nascere: quale calamità!Piombare di colpo nell’immensità della nostraignoranza, della nostra crudeltà (…) il neonatorotola, rotola dentro il nostro mondo su un tap-peto di spine, dentro un roseto (…) l’inferno èciò che il bambino attraversa per arrivare fino

a noi. Poiché il fuoco che da tutte le parti inve-ste il bambino, che brucia la sua vista, la suapelle (…) questo fuoco, questo morso intollera-bile, è la ferita dell’aria che gli entra nei pol-moni (….)”.Egli arriva addirittura a definire la partorientecome un “mostro” a causa della sofferenza cheinfligge al figlio.Lèboyer, pertanto, sposta l’attenzione dalla sof-ferenza della madre a quella del feto, contraria-mente a quanto fatto classicamente dalla psico-profilassi ostetrica.Per attenuare l’impatto negativo del bambino almomento del suo primo contatto con il mondoextrauterino, Lèboyer propone l’adozione dipiccoli “accorgimenti”, più facilmente attuabiliin case di cura o in ospedali di dimensioni ri-dotte, piuttosto che nei grandi e “spersonaliz-zanti” presidi sanitari nazionali.La scialitica non deve essere rivolta sul viso delbimbo in modo che le luci vengano attenuate, ebisognerebbe evitare i rumori.Non più “sculacciare” il nascituro affinchépianga, bensì appoggiarlo subito a pancia in giùsul ventre della madre, massaggiandogli delica-tamente la schiena, nell’attesa che il funicolocessi di pulsare, prima di reciderlo.Secondo Lèboyer, infatti (contrariamente ai piùrecenti dati della fisiologia), il tempestivo tagliodel cordone ombelicale provoca nel bimbo unaviolentissima immissione di aria nei polmoni,estremamente dolorosa in quanto paragonabilea “fuoco che brucia”. La sua proposta di dareimportanza alla tenerezza nel trattare il neonatoattraverso piccoli gesti quali un massaggio e unbagnetto tiepido, è però indubbiamente valida.Michel Odent e l’italiano Enzo Braibanti posso-no essere considerati dei discepoli di Lèboyer,avendo dato vita a centri nascita basati sui suoiprincipi.La proposta ha trovato gran seguito, e giudizipositivi di qualificate ostetriche, quali SallyIrich. Si sono fatte, in suo nome, riunioni dicanto corale e sempre alla ricerca di mezzi“naturali” si sono allestite vasche contenentiacqua tiepida, in cui far immergere la parto-

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riente durante il periodo dilatante e in cui farnuotare il bambino appena nato. Per il parto inacqua, infatti, non serve una vera piscina, ma èsufficiente una normale vasca da bagno con unerogatore a doccia che funga da idromassag-gio.Iniziato il travaglio, la partoriente si im-merge nella vasca e, magari ascoltando unamusica rilassante, inizia il training autogeno,mentre il partner dirige il getto della docciasulle spalle e sull’addome.La donna emerge totalmente dalla vasca solo altermine del periodo dilatante.Infatti, la scarsa ampiezza delle vasche, nonchéla difficoltà di assicurare un costante ricambiodi acqua, rende preferibile l’espletamento delperiodo espulsivo sulla normale seggiola daparto.Nonostante l’entusiasmo di Odent, le obiezionimosse al parto in acqua sono ancor oggi molte-plici, anche se esulano il contenuto di questepagine.Braibanti, invece, implementò le idee di Lè-boyer nella sua pratica professionale in una pic-cola clinica, e promosse l’effettuazione delmassaggio shiatzu alla partoriente da parte delpartner.Leboyer affrontò il tema dei blues post-partume giunse a formulare l’equazione: “+ violenza =depressione”, “+ attenzione = non depressione”.Lèboyer ha, nel complesso, aldilà di suggeri-menti pratici banali e non documentati, contri-buito a valorizzare gli aspetti psicologici e rela-zionali della nascita. Poco o niente però ha por-tato ai corsi di preparazione alla nascita e allapsicoprofilassi in genere.

MUSICOTERAPIA, PARTO CON TECNICHE ORIENTALI, YOGA, SHATZU, AGOPUNTURA

Che la musica abbia il potere di coinvolgere lamente, il corpo e lo spirito non è certamenteun’acquisizione nuova, dal momento che le os-servazioni dei suoi effetti terapeutici si perdononella notte dei tempi.

La musica agisce a livello dell’Es, Io e SuperIo,e può pertanto giocare un ruolo fondamentalenel risvegliare o aiutare ad esprimere istinti pri-mitivi, nonché nel rafforzare l’Io o nel provoca-re distensione emotive.Riesce ad influire sulle performances fisiche,come è testimoniato dal suo accompagnare lepiù dure fatiche dei forzati, dei marinai, deglischiavi e, più recentemente, anche dei cultoridel fitness e del jogging.Nulla di strano, pertanto che, in virtù delle suepotenzialità, ad essa si sia ricorsi anche nelcombattere i timori in gravidanza e nell’espleta-mento del parto. Come testimoniano alcuni bas-sorilievi orientali, che mostrano come si tentas-se di alleviare la donna dalle doglie tramitel’azione distraente del cinguettio di un uccellinoin gabbia, o come è illustrato in un bell’affrescocinquecentesco nell’Ospedale S. Spirito di Ro-ma ove una orchestrina suona ad un gruppo dimadri impegnate nell’allattamento, l’utilizza-zione della musicoterapia non è solo della no-stra epoca.Negli ultimi tempi però le tecniche musicalivengono inserite nei corsi di preparazione alparto, da persone (spesso musicisti che hannoapprofondito problematiche psicologica) appo-sitamente preparate.L’etimologia del termine “Yoga” significa“congiungere,” e da ciò si evince la finalità diquesta disciplina prettamente orientale, mirantead unire il corpo e la mente, e a saldarli in unapproccio olistico spesso misconosciuto dallamedicina occidentale. Attraverso l’Hatha Yoga,alla gestante viene insegnato sia a percepirsi co-me una unità mente-corpo, che a riequilibrare leproprie energie positive e negative con quellecosmiche.Le tecniche principali dell’Hatha Yoga sonogli asana (posizioni senza movimento), il pra-nayama (controllo del flusso dell’energia vita-le attraverso il respiro) e i bija Mantra (emis-sione di suoni speciali atti ad aumentare la po-tenza respiratoria). La loro pratica costante, ol-tre a condurre al raggiungimento di un perfettoequilibrio psicofisico, porta anche ad un’otti-

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ma ossigenazione dell’organismo, con evidentivantaggi soprattutto durante le contrazioniche, come è risaputo, riducono l’apporto di os-sigeno al feto. La tecnica dell’agopuntura è diffusa in Italia,mentre viene meno utilizzata nella stessa Cina,per il crescente sviluppo della medicina basatasull’evidenza e sulla fisiopatologia. Gli aghi an-drebbero applicati nelle primissime fasi del tra-vaglio, poiché quando le contrazioni divengonoravvicinate, è difficile usufruire di un momentodi rilassamento abbastanza prolungato da con-sentire una corretta applicazione degli stessi.Comunque, le ricerche circa l’efficacia di talemetodica riferiscono una riduzione del dolore,ma non la sua completa abolizione (O’BrienMedwin, 1978).Interessante è anche la riflessologia, che si fa ri-salire ad antiche dottrine Cinesi. Si basa ad unaConcezio che nel pi esista un microsistema:premendo alcune specifici punti si potrebberoottenere modificazione della “energia vitale” inspecifici organi. Una massaggiatrice americananegli anni ’30 descrisse in modo specifico ilmassaggio del piede che servirebbe fra l’altro astabilire un maggiore dialogo fra medico e pa-ziente, fra ostetrico/a e partoriente. Il massaggiodel piede (shatzu) secondo Pizzi et al. (2003)avrebbe notevole importanza in gravidanza perdisturbi psicosomatici quali iperemesi gravidi-ca, sciatalgia, cistoalgia, mentre nel parto è utilenella ipo o iper contrattilità o nell’eccessivo do-lore.Questa affrettata analisi, ovviamente, non puòdarci ragione della ricchezza di esperienze,idee, proposte che hanno segnato questi ultimianni, altresì tutte da guardarsi con attenzione,disponibilità ad apprendere e spirito critico, te-nendo però presente come spesso su di esse pre-valgano componenti ideologiche, corporative, everi e propri progetti politici, favoriti dai mass-media.Lo spirito è stato ed è quello non solo di volerrendere più sicura la nascita, ma unire ad essauno stile di accoglienza e di empatia, di cui ilmondo moderno ha particolare bisogno.

TRENT’ANNI DI ESPERIENZA AL FATEBENEFRATELLI DI ROMA

Chiamato nel 1974 a dar vita ad un dipartimen-to di ostetricia e ginecologia nell’Ospedale Fa-tebenefratelli che appoggia le sue fondamentasull’“Insula Tiberina aut Insula Salutis”, sededal 292 a.C. del Tempio di Esculapio, RomanoForleo ha continuato la lotta contro il dolore daparto iniziata dal suo Maestro, Wladimiro In-giulla a Firenze negli anni ’60, ma ha soprattut-to costruito una unità che consenta di stabilireuna continuità fra gravidanza, parto e puerperiosecondo in criteri della “umanizzazione dellanascita”.La filosofia del Dipartimento è riassunta nelloslogan “Non il parto in casa, ma la casa inospedale” e si inserisce negli esperimenti degli“Alternative Birth Centres” nord americani(Forleo e coll., 1980).Nell’Ospedale Fatebenefratelli (affidato dal1584 alla cura dell’Ordine di “S. Giovanni diDio”) dal settembre 1974 ad oggi sono nati piùdi novantamila bambini.Nel 1996 l’Osservatorio Regionale del Lazio hagiudicato il Dipartimento della Donna e delBambino dell’Isola Tiberina come Centro Na-scite attrezzato per curare gravidanze ad alto ri-schio nel Lazio, classificandolo di III livello.Ma non è la sua qualificazione tecnico-scientifi-ca e l’alta esperienza clinica degli operatori sa-nitari,accresciuta dalla componente di perinato-logi universitari che ha fatto del Fatebenefratelliun punto di riferimento per una moderna assi-stenza alla nascita, quanto piuttosto il suo con-creto e palese impegno per “umanizzare” que-sto importante evento (Wright, 1971).“Parto nella gioia”, “Parto in famiglia”, “Acco-gliere festosamente la vita che nasce” sono pa-role che da sempre si sentono all’internodell’Ospedale ed anno trovato una concreta rea-lizzazione ne “Il Focolare” (ristrutturato nel1996), un Centro Nascite fra i più moderni nelnostro Paese (Forleo R., G. e P., 2000).L’impegno, infatti, di un dinamico staff di gine-

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cologi che lavora in piena collaborazione con leostetriche, non è stato solo quello di realizzareun “parto nella sicurezza” (cercando di fornireun’assistenza la più accurata possibile in mododa cercare di ridurre mortalità e morbilità ma-terna e perinatale), ma un “parto nella gioia”,valorizzando il protagonismo della gestante, lapartecipazione dei papà, gli aspetti emotivi edaffettivi.Sintesi non sempre facile per la tendenza neglianni ’80 a contrapporre parto “naturale” a parto“medicalizzato”, ostetrica a ginecologo, parto acasa a parto in ospedale, tendenza allora velatada un antico femminismo, ma che ha radici sto-riche nella antica medicina musulmana (i geni-tali di una donna non dovevano essere visti daun uomo) o addirittura nella antica Grecia (lamaia = mamma, l’ostetrica, doveva aver avutoalmeno un figlio per essere ammessa ad assiste-re ad un parto).Si pensi poi alle dispute settecentesche fra cuispicca il “Trattato sul parto assistito da donne”,ovvero “Le cause dell’umanità riferite al tribu-nale del buon senso e della ragione” (1768), incui l’ostetrica Elisabetta Nihel si scaglia controla pretesa degli uomini di assistere al parto fi-siologico, e che si aggiunge al coro di teologi omedici filosofi, come Filippo Hecquet nel suonoto trattato del 1708 “Dell’indecenza degli uo-mini di assistere al parto, dimostrando per ra-gioni fisiche, morali e mediche, che le madrinon debbono esporre le loro vite né quelle deiloro bambini, passando alla cura maschile”(Forleo R., Di Trocchio F., 2000).Disputa che negli anni ’70 ha visto, specialmen-te in Inghilterra e in Olanda, un Collegio delleOstetriche particolarmente attivo nel volerprendere la cura di gravidanza e parto operandola scissione fra addetti alla fisiologia e alla pa-tologia. Insieme ai medici di base (practitio-ners), le ostetriche hanno combattuto per con-servare a casa la gestione del parto. Si è poispesso caduti in un ecologismo esasperato cheaddirittura voleva riportarci a simbiosi preisto-riche con la natura, ricordandoci la nostra deri-vazione filogenetica dai pesci.

Dall’altra parte ha soffiato il vento del progres-so scientifico e tecnologico che, sconvolgendole arrampicature teoriche di qualche epidemio-logo (si prenda ad esempio Marjorie Tew in“Safer Childbirth”, 1995; Gandolfo et al.,2004), ha portato un sostanziale miglioramentonon solo sul tasso della mortalità, come anchedella morbilità perinatale, rischiando però di“patologizzare” l’evento.Questo ha spinto ostetriche e ginecologi a nondedicarsi al rapporto uno ad uno, a impegnarsiin un’assistenza globale del travaglio e post-partum, ma specialmente ad approfondire le lo-ro conoscenze su problemi clinici e su tecnichedi intervento medico e chirurgico.Giustamente si è spesso posto in evidenza comei ginecologi fossero più interessati ad ecografieed esami di laboratorio, che al vissuto ed alleproblematiche relazionali della gestante.A spingere poi l’acceleratore verso una medica-lizzazione del parto è stato l’incremento anchein Italia, di procedimenti giudiziari (“malprati-ce”) in ostetricia, quasi sempre basati su accusedi omissioni (perché non è stato fatto il tagliocesareo? Perché non è stato tolto l’utero in tem-po? ecc.).Negli stati uniti, una recente inchiestadell’AGOG (2004) ha messo in evidenza cheper questa ragione è sempre più difficile trovareginecologi disposti a seguire gravidanza e parto(il 35%) degli specialisti hanno abbandonato lasala parto in questi ultimi 5 anni. Anche in In-ghilterra e Francia non si trovano ginecologi di-sposti a fare guardie ostetriche.Questa conflittualità, fra un esasperato naturali-smo matrice di una concezione di parto di persé privo di rischi, centrato sui soli aspetti psico-logici, e un parto considerato sempre eventoche richiede intervento attivo da parte del medi-co, richiedeva fino dagli anni sessanta una sin-tesi operativa che risolvesse nel concreto le pro-blematiche legate alla nascita, lasciando da par-te pregiudizi ideologici e interessi corporativi.La “Proposta Fatebenefratelli” impiega unametodologia dinamica, cioè non “fissa” di unreparto ospedaliero, quanto quella in continuacambiamento di un “laboratorio”. Disponibile a

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rinnovarsi nel tempo e di venire incontro adambedue istanze falsamente contrapposte, si ècercato di creare una unità fra gravidanza e par-to e, oggi, post-partum, allattamento e puerpe-rio. Non parole, ma fatti. Non teoriche prospet-tive ideali, ma concreto impegno quotidiano.L’ostetricia è infatti la più antica delle arti me-diche e, in quanto tale, deve essere basata suscienza ed esperienza.Cercheremo di riassumere i principi di base del-la concezione di assistenza alla nascita e la ri-sposta strutturale che oggi viene data dal CentroNascite Fatebenefratelli, dalla Scuola di Specia-lizzazione di Tor Vergata (nata nella sue muraed oggi interessante molte strutture cittadinesotto la guida di Emilio Piccione), e della Scuo-la per Ostetrica oggi ivi operante.La soluzione ideale, fino ad oggi operante, noncondivide l’idea di creare una struttura che con-senta solo alle pazienti giudicate “a basso ri-schio” (da chi ? come ?), un ambiente nascita“sereno e naturale” ove la partoriente sceglie laposizione (letto, sgabello o vasca da bagno),ove si ha diritto a scegliere medico ed ostetrica(anche se oggi a sue spese in attività libero-pro-fessionale intramurale). Anche e soprattutto, legravidanze a maggior rischio debbono trovareun ambiente altrettanto sereno ed accogliente.Tutte le partorienti infatti e specialmente coloroche hanno problemi di patologia ostetrica, deb-bono poter usufruire di ambienti accoglienti edumanizzati, per poter camminare durante il tra-vaglio, condividere con il proprio compagnoquesto importante momento, ricevere, oltre chel’attenzione medica anche calore umano da par-te di chi l’assiste.L’area travaglio-parto è quindi unica, per bassoed alto rischio composta di un numero di came-re travaglio-parto singole (proporzionate al nu-mero di parti), con annessa sala operatoria perinterventi ostetrici, e centro di rianimazioneneonatale.Oggi, specialmente su istanza di un gruppo diginecologhe/i e ostetriche/i che collaboranostrettamente unite, si cercano luoghi nella im-mediato vicinanza dell’Ospedale per ulterior-

mente offrire ambienti ancora più simili alla ca-sa.Altro criterio di base è che non vengono som-ministrati farmaci, né indotte o pilotato un partoin assenza di patologia. Tale assenza è verifica-to con i più moderni e sofisticati mezzi diagno-stici.È poi l’ostetrica che segue, dopo l’accettazionee la verifica del medico, il travaglio sia fisiolo-gico e patologico. Particolarmente istruita nellalettura del monitoraggio del battito cardiaco,chiama il medico al pur minimo dubbio di pato-logia. E lei che materialmente aiuta il bambinoa nascere, affidandolo alle braccia del papà e,poi, del neonatologo. È l’ostetrica che gradual-mente sostituisce la puericultrice, accompa-gnando anche la mamma a casa. È lei che pre-para all’allattamento e segue il puerperio delledonne con parto fisiologico, fungendo anche dapuericultrice.Dal momento in cui viene accettata, alla gestan-te in travaglio sta in una stanza singola situatanell’“area nascita”, ove si reca insieme al futuropapà. Questa stanza è munita di un letto che si tra-sforma in lettino o in poltrona da parto e con-sente anche la posizione “accucciata” o “in pie-di”.Le sei stanze travaglio-parto, munite di moni-tors, ecografi, ecc. sono collegate con una ”salacomune” ove, durante la prima fase, le ”coppie”si possono recare per passeggiare, vedere la te-levisione, ecc. tra una contrazione e l’altra. Èun’ex cappella arredata con speciali poltronefatte fare apposta per consentire a donne in gra-vidanza di sedersi comodamente.Nel secondo stadio del travaglio si sta general-mente nella propria saletta, che potrebbe tra-sformarsi addirittura da “camera” in “sala ope-ratoria”, malgrado non ve ne sia bisogno perchéall’interno del complesso travaglio-parto esiste,insieme ad una sala rianimazione neonatale,un’attrezzatissima una sala operatoria ostetrica.Il papà non solo è presente al parto fisiologico,ma anche a quello operativo.Per la lotta contro il dolore, oltre ad una prepa-

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razione psico-profilattica effettuata oggi all’in-terno dell’Ospedale da psicologhe ed ostetrichepreparate da una specifica “Scuola per Condut-tori” della Fondazione Internazionale Fatebene-fratelli, si offre anche l’analgesia epidurale, cheuno speciale staff di anestesisti, sempre presentiin sala parto, garantisce alle Signore che vi so-no state preparate in gravidanza.Il papà, subito dopo la nascita, segue il bambinodurante la lunga visita del pediatra e torna nellastanza portandolo in culletta accanto alla mam-ma, che nel frattempo ha terminato il seconda-mento (III stadio del parto) e può subito “attac-care al seno” il piccolo, aiutata dal papà.Poi tutti e tre, dopo due ore dal parto, vengonoaccompagnati in una delle stanze stanze a dueletti, munita di tutti i comforts.Il bambino sta sempre con la mamma, non esi-stendo più il “nido” centralizzando, ma dei pic-coli “box” dotati di fasciatoio, bagnetto, appa-recchiature mediche per pronto soccorso pedia-trico.Questi “nidini”, con pareti di vetro sono posti acavallo di due stanze,e gestiti direttamente dallemamme.Altra caratteristica di questo tipo di assistenzaalla nascita è il ritorno precoce a casa (48 oredopo il parto per via vaginale e 72 dopo il tagliocesareo, se effettuato in anestesia epidurale).Tutto ciò per il neonato sano. Accanto a questastruttura, infatti, vi è un reparto di patologianeonatale fra i più attrezzati ed avanzati.Questo tipo di organizzazione è in osservanzaal criterio della Regione Lazio di suddividere iCentri Nascita in tre livelli, basato sull’univer-sale concetto che “il modo migliore di trasferireun neonato a rischio è dentro l’utero dellamamma”, nel senso che quando si sospetta unapatologia neonatale occorre far nascere il picco-lo in un centro attrezzato per rianimazione e cu-ra di un neonato patologico (2° e 3° livello).Questo modello di servizio è stato, studiato pergli attuali 3.500 parti l’anno, con il 30% di pa-tologia,e necessita di un numeroso staff di ser-vizio in pronto soccorso e in sala parto (4 gine-cologi, 4 ostetriche, 1 anestesista, 1 pediatra ol-

tre al personale infermieristico e sociosanita-rio).Questa struttura offre una continuità assisten-ziale fra gravidanza, parto e puerperio, non tan-to basata sul rapporto del singolo operatore conil singolo paziente (peraltro possibile in Ospe-dale nella attività intramurale sancita dalla co-siddetta “legge Bindi”), ma sulla unità fral’equipe che cura la gravidanza e la equipe chesegue il parto (stesse linee guida e stesse moda-lità, contrariamente ad alcuni epidemiologi,quali Gandolfo et al., 2004) che sostengono chepreparazione al parto e all’allattamento debbaessere fatta nei consultori e non nei Centri Na-scita).L’èquipe composta da ostetrici medici e“midwifves” cresciuta con una particolare at-tenzione anche ai bisogni emozionali e sociali,data la collaborazione di psicologhe qualificatedalla “Scuola per Conduttori”, che prevede unloro tirocinio in area travaglio parto.

I CORSI DI PREPARAZIONE EACCOMPAGNAMENTO ALLANASCITA DELLA FONDAZIONEINTERNAZIONALE FATEBENEFRATELLI

Da circa vent’anni (con una sospensione dal ’92al ’94) la Fondazione Internazionale Fatebene-fratelli, svolge una “Scuola annuale per condut-tori di Corsi di preparazione al parto, per psi-cologhe e ostetriche”.La Scuola è stata lo strumento per dare unitàpedagogica, e analoghe strutture e linee guida aiConduttori, in vista del loro impiego nei CentriNascita che condividevano la nostra proposta..In particolare, poiché fin dall’inizio i Corsi dipreparazione al parto dovevano favorire il pro-tagonismo della “coppia in attesa”, dare cioè siale nozioni fondamentali per affrontare proble-matiche biologiche, intrapsichiche e relazionalidella gravidanza, parto, e puerperio, che i mezziconcreti per autogestire variazioni della propriaimmagine corporea, insieme alle emozioni e

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fantasie insorte duranti le varie fasi del percorsonascita”. Questo comportava che la psicologa, che di-verrà responsabile della dinamica di gruppo deiCorsi e dell’insegnamento del RAT, fosse pre-sente ad almeno venti travagli-parto, e che laostetrica/o approfondisse le proprie conoscenzedi psicologia e imparasse le tecniche di pedago-gie dell’adulto.Il metodo RAT è stato presentato in questa“scuola” (oggi alla 19ª edizione) direttamenteda Umberto Piscicelli (fino alla sua dolorosascomparsa lo scorso anno). I Corsi per gestanti sono stati effettuati all’ini-zio presso Consultori, Parrocchie o Case di Cu-ra, finché, dal 2000 si svolgono direttamenteall’interno dell’Ospedale, e sono affidati alla di-rezione ed organizzazione a Romano e GiuliaForleo, con l’aiuto della Ostetrica Capo Pelle-grini. Malgrado le difficoltà nel raggiungere lasede ospedaliera nel cuore dell’antica Roma,occorreva infatti che le gestanti si inserisseronell’ambiente scelto per il loro parto, nello spi-rito di quella continuità di stile e di protocollifondamentale ad una moderna assistenza allanascita (Todros T., 2001; Oggè et al., 2004).Da circa dieci anni vengono poi svolti in ospe-dale “Incontri con i medici” per spiegare le mo-dalità di assistenza alla nascita offerta dal Di-partimento della madre e del bambino. Tutte legestanti (anche coloro che non frequentano iCorsi), che chiedono di usufruire dei nostri ser-vizi debbono infatti essere informate su alcunicardini della nostra “filosofia” sul tema. Oggiquesti incontri per le coppie affrontano questitemi: “Come si assiste alla nascita nell’Ospeda-le” (tutte le settimane condotto dal prof. Forleoo da un dirigente ospedaliero); “L’analgesia intravaglio di parto” (un incontro mensile conl’anestesista); “L’accoglienza del neonato e iprimi giorni di vita” (un incontro mensile con ilpediatra); “Blues, depressione e sicosi post-par-tum” (un incontro mensile con psichiatra e gi-necologo); a questi viene oggi aggiunto il tema“Allattamento e puerperio protetto” (un incon-tro mensile con l’Ostetrica Capo). Quest’ultimo

incontro fino ad oggi veniva inserito all’internodi ciascun Corso.I “Corsi di preparazione e accompagnamentoalla nascita” sono organizzati dalla Fondazione.Sono a pagamento, tranne che per i “non ab-bienti”, e sono organizzati in 8 o 9 incontri didue ore.Se effettuato durante il secondo trimestre, l’in-contro delle coppie è una volta alla settimana,mentre se le signore vi partecipano durante ilterzo trimestre si svolge in due incontri alla set-timana (senza gli incontri di musicoterapia).L’orario è oggi dalle 18 alle 20 e dalle 20 alle22, nelle sale dell’Ospedale.Ad ogni Corso possono iscriversi al massimo20 coppie, previa prenotazione.Alla fine di ogni Corso è valutata la gradibilitàdel Corso stesso su appositi questionari anoni-mi. Sull’analisi di tale gradibilità si fonda ancheil continuo miglioramento dei programmi.Oltre alle sezioni di RAT (solo in parte modifi-cate specialmente in ciò che riguarda la spintaoggi affidata all’ostetrica), la psicologa è re-sponsabile degli incontri sulla genitorialità, lavita di coppia, il ruolo del papà, i problemiemotivi.La psicologa deve essere presente anche duran-te l’esposizione dell’ostetrica,data la sua re-sponsabilità di gestire la dinamica di gruppo,mentre l’ostetrica può non essere presente du-rante lo svolgimento degli esercizi di training,ma deve rispondere alle domande della coppiaalla fine delle due lezioni di 40 minuti ciascuna.Le ostetriche fanno lezione in sulla fisiologia digravidanza ed i consigli igienici, fisiologia delparto e puerperio, su posizioni e spinta, sullapuericultura post-natale, allattamento e puerpe-rio.Le presenze ai Corsi sono state: nel 2000, 695;nel 2001, 803; nel 2002 sono state 847; nel2003, 854.Le psicologhe sono selezionate, come abbiamodetto, fra le iscritte alla Scuola, dalla psicologaresponsabile della conduzione ed organizzazio-ne del Corsi, Giulia Pagliai, e le Ostetrichedall’Ostetrica Capo.

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IL DOMANI DELLA PSICOPROFILASSI OSTETRICA

Sempre più l’assistenza alla nascita esige neglioperatori continuo aggiornamento e competen-ze che si ottengono attraverso specifici stru-menti di formazione continua. Chiarezza di linee guida e nei protocolli di ognicentro, elaborati e aggiornati in periodici mee-tings servono a superare rigide mansioni,la re-sponsabilità diretta di ogni operatore, e soprat-tutto lavoro di gruppo, è essenziale per superarecorporativismi o lotte generazionali. Il continuo confronto fra diverse discipline edesperienze sono indispensabili all’interno deiCentri Nascita,responsabili di accompagnare lacoppia, dalla visita preconcezionale ai primimesi di esperienza genitoriale. Interessante aquesto proposito l’impegno delle ostetriche,“mid-wifes” (Killan et al., 2002), nel farsi cari-co, fin dalla gravidanza delle gestanti a bassorischio (Oggé et al., 2004; McGillis et al.,2004). Per condurre un Corso occorre però aver fre-quentato “Scuole per Conduttori”, e continuarela propria formazione confrontandosi con espe-rienze diverse dalle proprie. Per organizzare iCorsi occorre anche inserirli in parallelo allestrutture ambulatoriali del Centro Nascita, con-vincendo i medici e le ostetriche che gli aspettipsicologici sono altrettanto importanti di quellibiologici e che la continuità assistenziale, pre-vede oggi lavoro di gruppo.Questa continuità non può infatti, per motivi or-ganizzativi, essere affidata ai singoli, ma esigepositive dinamiche di gruppo, valorizzantil’esperienza e la competenza dei singoli, senzal’antica suddivisione di ruoli (che fece scatena-re conflittualità fra mid-wives e men-midwivesnel 1700 (Forleo e Di Trocchio, 2000), ma sen-za rinunciare a passare dall’“I cure” all’“I ca-re”, dall’interesse per i problemi di fisiopatolo-gia a quelli della persona, che deve caratterizza-re una moderna assistenza ostetrica.Questo sarà possibile se nella equipe sarannopresenti anche psicologhe che agiscano lavo-

rando prioritariamente sul “clima” e aiutandoad un a revisione critica del rapporto gestante-operatore, sia esso/a Ginecologo/a Ostetrica/o.Nei Corsi compito principale della psicologa èinfatti creare corrette dinamiche di gruppo favo-renti la presa in carico delle problematicheemotive e relazionali. È l’“intelligenza emoti-va” che va valorizzata.Dal punto di vista medico-legale, sempre più ri-levante anche nel nostro Paese, le struttureospedaliere esigono poi una gerarchia di re-sponsabilità. La diagnosi di “basso rischio”, el’affidamento alla ostetrica del travaglio per untentativo di parto spontaneo, deve essere fattadal medico preposto alla “accoglienza” (parolache sostituisce l’accettazione).L’Ostetrica/o seguirà il travaglio nel suo aspettopiù difficile della nostra specialità: l’accorgersi,prima che si verifichi, della presenza di un au-mento del rischio di sofferenza fetale o di segnipremonitori di una patologia, tenendo però pre-sente che in ogni struttura è il dirigente primodi guardia che è responsabile non solo della “re-gia”, ma anche delle azioni dei singoli. L’oste-trica si dovrà far carico anche di aspetti psicolo-gici in travaglio, così come “accompagna” lapaziente in tutto il percorso nascita, e così ilmedico che non deve rinunciare nei colloquiambulatoriali ad entrare nelle problematichepsicologiche a farsi carico dell’eventuale con-senso realmente informato. Il nostro Paese è un po’ anomalo rispetto ad al-tri: ha il più alto numero di specialisti in ostetri-cia e ginecologia del mondo, escluso Cuba (piùdi 12.000, circa tre volte ad esempio, il numerodi quelli inglesi).Negli ultimi anni si è vista una “femminizzazio-ne della specialità” con crescente presenza fem-minile che in alcune Scuole supera l’80%, men-tre compaiono uomini fra le allieve ostetriche(laurea triennale).Inoltre la puericultura solo negli ultimi anniviene ripresa dalle ostetriche, che occupano og-gi anche ruoli importanti nella direzione e atti-vità infermieristica dei reparti ginecologici, am-bulatori e sale operatorie ginecologiche.

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La “midwife” (l’Italia è l’unico paese al mondoche usa lo stesso nome di “Ostetrico” per il lau-reato nel triennio e per il medico specialista,creando non facile letture di ruoli e funzioni)non può più essere relegata a fare la “levatri-ce”,come lo specializzando non può fuggiredalla sala parto senza fare concreta esperienzanel seguire l’ intero travaglio e parto fisiologico(chi è addetto alla patologia deve essere padro-ne della fisiologia).Se ambedue queste figure professionali ap-profondiranno gli aspetti psicologici e relazio-nali non potremo impedire ad “accompagnatoriesterni” di sostituirsi al ruolo proprio degli ope-ratori sanitari, che sono responsabili del pren-dersi cura di tutta la persona e non solo di orga-ni ed apparati.E in tutto ciò,come inserire la psicologa ? Que-sta domanda viene posta da Alessandra Borto-lotti, psicologa volontaria presso il servizio Psi-coprofilassi e Fisiologia Ostetrica di Firenze.“Il nostro ruolo – dice –- si esplica quando sista bene e si vuole continuare a star bene,quando la vita ci mette davanti al bisogno di

potenziare al massimo le risorse che sono den-tro di noi, che magari in quel momento sonopiù difficili da riconoscere ed attivare … lagravidanza può essere considerata uno di quel-li, portando con sé grandi mutamenti”… inquesti casi pensare che “nelle difficoltà un in-tervento dall’esterno risolva tutto, rischia direnderci dipendenti dal di fuori e non autono-mi, né in armonia con il nostro ‘dentro’…”(Nascere 87, 3/2002).Le molte e ricche sperimentazioni odierne, lacapacità a dialogare e a non creare barriere, ladisponibilità a cambiare se stessi, sono alla basedei moderni dipartimenti di scienze ginecologi-che e perinatali (Sandin Boio et al., 2002).I meetings, il lavoro di gruppo, la istituzione diruoli di tutoring, la curiosità per le proposte piùardite ed innovatrici, la rinuncia a dictat ideolo-gici e corporativi, deve costituire il modernoservizio sanitario, non affidato a supposti mana-ger preoccupati solo degli aspetti economicidelle “aziende”, ma a esperti di “problematicheumane”, quali l’organizzazione della salute esi-ge sempre più.

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