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REPORT

Idee per la Salute

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Percorso di partecipazione della società della salute Firenze Nord-Ovest.

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REPORT

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INTRODUZIONE

Il presente report, a cura della Cooperativa reteSvi-luppo, riporta i contenuti del percorso partecipativo, la metodologia e una sintesi delle questioni principa-li emerse nei singoli incontri. Nella parte finale sono presenti una serie di concetti chiave citati con mag-gior frequenza dai cittadini nel corso dell’intero per-corso partecipativo.

La Società della Salute (SdS) Fiorentina Nord Ovest, con il sostegno dell’Autorità per la partecipazione del-la Regione Toscana, ha deciso di avviare il presente percorso partecipativo per favorire un confronto con i cittadini e le comunità locali sul tema della diversabilità e delle difficoltà di vita autonoma. Il percorso si è posto lo scopo di individuare alcuni obiettivi specifici in questo ambito che verranno tenuti in considerazione dal nuovo Piano Integrato di Salute (PIS) che la SdS redigerà nei prossimi mesi. Dal mese di dicembre 2010 fino a marzo 2011 si sono svolti rispettivamente l’incontro pubblico di presentazione del percorso di partecipazione (giovedì 2 dicembre 2010, ore 18:00, Presidio Asl, via Righi 4, Località Osmannoro, Sesto Fiorentino) e cinque incontri partecipativi (Campi Bisenzio, per i cittadini di Campi Bisenzio e Signa; Scandicci, per i cittadini di Scandicci e Lastra a Signa; Calenzano; Fiesole, per i cittadini di Fiesole e Vaglia; Sesto Fiorentino). Precedentemente vi sono stati una serie di incontri con i responsabili della SdS Fiorentina Nord Ovest, con i respon-sabili dei servizi sociali e con gli organismi di partecipazione della SdS per l’inquadramento della tematica e l’organiz-zazione complessiva del progetto. Giovedì 14 aprile 2011 (ore 18:00, Presidio Asl, via Righi 4, Località Osmannoro, Sesto Fiorentino) si terrà l’incontro conclusivo di restituzione degli aspetti e delle tematiche emerse durante il percorso partecipativo aperto a tutta la cittadinanza.Le iscrizioni dei partecipanti sono state raccolte attraverso la compilazione di appositi moduli predisposti dagli orga-nizzatori posizionati in prossimità dei totem collocati negli URP degli otto comuni della SdS, presso le sedi dell’Asl, presso l’ufficio informazioni della SdS ed in occasione della presentazione del percorso di partecipazione. Paralle-lamente sono stati estratti casualmente utenti/beneficiari/soci dagli elenchi forniti dalle associazioni/cooperative del territorio. In alternativa sono state accolte autocandidature fornite dalle stesse associazioni/cooperative del territorio. Sono stati coinvolti anche gli uffici servizi sociali dei comuni per incentivare la partecipazione delle persone interessate alla tematica (in particolare i familiari di diversamente abili, anche appartenenti ad associazioni).

ORGANIZZAZIONE DEGLI INCONTRI PARTECIPATIVITutti gli incontri sono stati articolati in tre fasi: nel corso della prima fase si è proceduto alla presentazione del per-corso partecipativo ovvero delle fasi specifiche, delle modalità, delle metodologie partecipative e dell’oggetto con riferimento ai dati numerici, ai servizi e ai progetti attivi sul territorio. La seconda fase è stata quella relativa alla costituzione di piccoli gruppi di discussione con la somministrazione ai partecipanti di tre domande. Nel corso del-

la terza fase si è svolta un’assemblea plenaria tra tutti i partecipanti che hanno avuto modo di vedere quanto emerso e di declinare in maniera più specifica gli aspetti discussi nei piccoli gruppi di conversazione. L’attenzione è stata rivolta so-prattutto alla terza domanda riferita al futuro e alle priorità da perseguire.

METODOLOGIALa metodologia utilizzata è stata quella del World Cafè e della Future Search Con-ference. Sono stati costituiti dei gruppi di con-versazione di persone intorno a piccoli tavoli che hanno provveduto ad individuare un “padrone di

Incontro pubblico di presentazione - Sesto Fiorentino, AUSL 10

Incontro pubblico di presentazione - Sesto Fiorentino, AUSL 10

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casa”. Sono state somministrate tre domande in tre turni di conversazioni di 15-20 minuti ciascuno. I grup-pi hanno scritto sui post it disponibili su ogni tavolo. Al termine di ogni turno di conversazione, il “padrone di casa” è rimasto al tavolo, mentre gli altri parte-cipanti si sono spostati nel ruolo di “ambasciatori di significato” negli altri tavoli. Il “padrone di casa” ha riassunto brevemente ai nuovi ospiti del tavolo quanto emerso nel gruppo precedente. Attraverso il “movi-mento”, si è così favorito lo scambio di idee e di punti di vista. Le risposte sono state trascritte sul PC e pro-iettate sullo schermo; in questa maniera i partecipanti hanno potuto vedere quanto emerso negli altri tavoli. Successivamente si è svolta una conversazione che ha coinvolto l’intero gruppo in plenaria con l’obiettivo di

condividere gli aspetti emersi e di individuare delle priorità sulla materia oggetto dell’incontro ponendo l’attenzione in particolare sulla terza domanda.

IL CLIMA DEGLI INCONTRIGli incontri partecipativi hanno visto una partecipazione molto buona della cittadinanza: a Campi Bisenzio hanno partecipato 34 cittadini, a Scandicci 34, a Calenzano 26, a Fiesole 29, a Sesto Fiorentino 37. Complessivamente hanno partecipato 160 cittadini tra i quali 85 appartenenti alle associazioni. 31 diversamente abili. La partecipazione numericamente inferiore si è riscontrata nell’incontro svoltosi a Calenzano, comune con un bacino di cittadini molto inferiore rispetto agli incontri e con un numero di associazioni e cooperative sul territorio molto circoscritto. Nei primi due appuntamenti e nel quinto (Campi Bisenzio, Scandicci, Sesto Fiorentino), gli incontri si sono protratti per un tempo superiore a quello previsto. Il terzo ed il quarto incontro (Calenzano e Fiesole) si sono conclusi in perfetto orario rispetto alle previsioni.Da precisare che questa è stata la prima esperienza di partecipazione sul territorio in cui si è cercato esplicitamente un coinvolgimento diretto della cittadinanza su un tema come quello della salute. Nonostante la complessità del tema ed il fatto che l’argomento in discussione fosse molto specifico, vi è stata una partecipazione molto buona dei cittadini non associati ma soprattutto dei familiari di persone diversamente abili e degli utenti dei servizi, soci o aderenti alle associazioni del territorio.La metodologia utilizzata ha consentito ai partecipanti di produrre risposte che non fossero riferite a loro interessi particolari o specifici ma di concentrarsi soprattutto sugli indirizzi generali e collettivi. Nonostante questo, in alcune risposte, sono ovviamente emerse anche richieste che afferiscono più ad una dimensione personale ed indotte da esigenze particolari.Nel corso degli incontri, gli intervenuti hanno preso pian piano confidenza con la metodologia utilizzata portando all’attenzione dei tavoli alcune tematiche importanti che hanno incentivato una discussione su molti aspetti riportati in questo report.Complessivamente i partecipanti hanno mostrato interesse per la metodologia partecipata esprimendo la loro sod-disfazione per la volontà della SdS di cercare il coinvolgimento diretto dei cittadini. È stata sollevata la necessità di tradurre gli aspetti emersi in indirizzi concreti ed operativi che dovrà prendere la SdS cosicché il percorso partecipativo fornisca delle risposte agli interrogativi e alle questioni individuati. La presenza di un clima complessivamente tran-quillo e disteso ha permesso che la discussione si sia potuta sviluppare al meglio e ha consentito di far emergere suggerimenti e proposte utili.

Riportiamo di seguito le sintesi dei vari incontri partecipativi e le considerazioni finali relative agli aspetti emersi durante il percorso.

Scandicci - Biblioteca Comunale

Fiesole - Palazzo Comunale, Sala del Basolato

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SABATO 15 GENNAIO 2011 - REPORT DEL PRIMO INCONTRO PARTECIPATIVO CAMPI BISENZIO (PER I CITTADINI DI CAMPI BISENZIO E SIGNA)

HANNO PARTECIPATOMichele Arena, Elena Baretti, Annalisa Berti, Oriana Botti, Elisabetta Brunetti, Gualtiero Calitanedi, Tina Casini, Paola Cecconi, Francesca Ciardi, Luisa Circelli, Rodolfo Crocchini, Marzia Degl’Innocenti, Francesca Fantappiè, Andrea Filip-pini, Enrichetta Gallo, Alessandro Guarducci, Germano Guizzaro, Valerio Isoldi, Teresa La Verghetta, Luigi Magni, Edo-ardo Magnolfi, Jonathan Mannucci, Mario Mannucci, Andrea Mecocci, Antonio Murgia, Santa Murgia, Adolfo Palchetti, Paoletto Paoletti, Chiara Petracchi, Bruna Ricci, Margherita Sanità, Alberto Santini, Antonio Strazzeri, Riccardo Trotta.

In totale 34 cittadini di cui 14 appartenenti alle associazioni con la presenza anche di 4 cittadini diversamente abili.

INTRODUZIONERiportiamo di seguito una sintesi delle risposte fornite dai partecipanti alle tre domande, una sintesi della discussione in plenaria e le considerazioni finali. L’incontro di Campi Bisenzio (per i cittadini di Campi Bisenzio e Signa) si è svolto sabato 15 Gennaio alle ore 9:30, presso Villa Montalvo, via di Limite. All’introduzione ai lavori erano presenti Andrea Valdrè, Direttore della Società della Salute Fiorentina Nord Ovest; Roberta Bottai, Responsabile della Regione Toscana per la Promozione dei pro-cessi di partecipazione e la tutela dei diritti degli utenti e membro del Comitato di garanzia del percorso partecipativo; Renato Boni, Presidente della Consulta del Terzo Settore della SdS Nord Ovest e membro del Comitato di garanzia del percorso partecipativo; Silvano Pucci, Presidente del Comitato di Partecipazione della SdS Nord Ovest e membro del Comitato di garanzia del percorso partecipativo; Pier Natale Mengozzi Assessore alle Politiche integrate di salute del Comune di Campi Bisenzio; Giovanni Bellini, Assessore alle Politiche sociali del Comune di Signa; Laura Zecchi, Responsabile della Programmazione e Coordinatore dell’Ufficio di Piano della SdS Nord Ovest.

DOMANDA 1DEFINIAMO IL CONCETTO DI DIVERSABILITÀ. CHI SONO I DIVERSAMENTE ABILI?

I diversamente abili sono quelle persone che... permanentemente o momentaneamente, dalla nascita oppure da un certo punto della loro vita, non sono in grado di utilizzare al meglio le proprie competenze e che hanno pertanto bisogno di un aiuto per svolgere le azioni quotidiane e fondamentali.Vi sono più dimensioni della disabilità: fisica, mentale, socio-relazionale.La disabilità dipende da...•fattori che fanno riferimento all’individuo;•fattori che dipendono dall’ambiente sociale esterno. È necessario pertanto una forte attenzione sociale affinché si creino esternamente le condizioni per un contesto capace di accogliere una pluralità di persone diverse tra le quali, alcune di queste, necessitano di un aiuto importante anche in termini di strumenti e strutture.Diversamente abile è un’etichetta che può riguardare chiunque perché le abilità, così come sono acquisite, possono essere perse.

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DOMANDA 2RISPETTO ALLA VOSTRA ESPERIENZA ANCHE PERSONALE, QUALI SONO I BISOGNI CHE SONO STATI SODDISFATTI E QUALI QUELLI NON SODDISFATTI O NON PRESI IN CONSIDERAZIONE SUL-LA DIVERSABILITÀ?

I partecipanti hanno dato risposte molto diverse tra loro. Complessivamente è stato evidenziato come gli inseri-menti sociali e lavorativi, presenti e praticati, debbano essere potenziati con criticità relative soprattutto alla difficoltà a costruire attorno alla persona un progetto di vita il più possibile autonomo (sociale, affettivo ma soprat-tutto lavorativo ed economico). Alcuni ritengono che i bisogni delle persone con svantaggi fisici siano complessivamente soddisfatti (anche se risultano ancora insufficienti gli interventi relativi all’abbattimento delle barriere architettoniche) mentre coloro che presentano difficoltà mentali e socio-relazionali hanno maggior difficoltà ad essere presi in con-siderazione e a far parte di progetti di inclusione sociale. Secondo altri le necessità specialistiche sono corret-tamente soddisfatte ma risulta deficitaria la gestione complessiva dei bisogni del paziente lungo tutto l’iter della malattia ed il suo decorso comprese le necessità sociali e psicologiche (ascolto e comprensione anche della famiglia). Soddisfatti, secondo un gruppo di partecipanti, l’aspetto relativo al sostegno scolastico e all’assistenza domi-ciliare anche se i servizi risultano essere poco coordinati, limitati a periodi specifici e non ancora dotati di una reale rete sul territorio capace di informare e orientare i cittadini.Altri gruppi hanno rilevato come, a causa della mancanza di fondi e di personale o per un eccesso di buro-crazia, si riesca oggi a soddisfare soltanto alcuni bisogni con ricadute negative che rischiano di colpire soprattutto le persone sole che non possono contare sul supporto della famiglia; altri ancora hanno riscontrato delle criticità riguardo ai servizi di riabilitazione che risultano capaci di rispondere ai bisogni strettamente medici (occor-rerebbero centri specializzati con esperti). Tra i bisogni non presi in considerazione è emerso l’aspetto relativo alla sessualità dei disabili.

DOMANDA 3PENSANDO SOPRATTUTTO AL FUTURO, QUALI SONO I BISOGNI LEGATI ALLE DIVERSABILITÀ? QUALI LE PRIORITÀ SECONDO LA VOSTRA OPINIONE?

Secondo i partecipanti vi sono una pluralità di bisogni legati alle diversabilità e dunque più priorità da tenere in con-siderazione:- costruire un progetto di vita individualizzato e continuo con il soggetto (autonomia personale, inse-rimento sociale, inserimento lavorativo, partecipazione alle attività quotidiane della società attraverso il coinvolgimento della comunità locale) con l’obiettivo di favorire lo sviluppo delle autonomie da parte dei di-versamente abili (in base alla tipologia e alla gravità della disabilità: valorizzare le abilità del soggetto e, nei casi di disabilità più grave, tentare quanto meno il loro mantenimento); - garantire all’utente una maggiore informazione, orientamento ed accesso ai servizi in modo da indiriz-zarlo verso i servizi più idonei presenti sul territorio in base al bisogno;- maggiore investimento in sensibilizzazione sulla tematica e sul volontariato iniziando fin dalla scuola (stimolando i ragazzi ad esperienze con i disabili).Alcuni partecipanti sottolineano poi come sarebbe necessario potenziare le strutture sul territorio (centri diurni). Altri partecipanti hanno evidenziato l’importanza di puntare sul ricostruire la funzione solidaristica della piccola co-munità (condomini, la via, la piazza, ecc.) attraverso percorsi di costruzioni di identità. In entrambi i casi il bisogno segnalato sembra essere quello di garantire un sostegno alla famiglia che sia in grado di sviluppare le abilità

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dei disabili.Altri gruppi di partecipanti sottolineano poi la necessità di prendere in considerazione:- il dopo di noi, ovvero il futuro dei diversamente abili una volta che non ci saranno più i genitori;- la riabilitazione fisica, psichica e sociale;- l’assistenza familiare (anche da un punto di vista economico);- la divulgazione delle buone pratiche presenti sul territorio o su altri;- ridurre il turn over degli assistenti sociali che non consente di dare continuità all’assistenza;- l’abbattimento delle barriere architettoniche;- lo snellimento della burocrazia e il controllo della spesa.

PLENARIAPer quanto riguarda l’assistenza alla famiglia è stato segnalato come vi sia un buon sostegno per lo svolgimento delle attività quotidiane ed un buon rapporto con il mondo del volontariato ma come sia da sviluppare un’assistenza sia di tipo psicologica che rispetto agli adempimenti burocratici anche più semplici collegati alla vita quotidiana ed infine come le famiglie non siano sempre messe a conoscenza delle eventuali alternative presenti sul territorio. I partecipanti sono concordi nel sottolineare come dovrebbe essere il territorio ed i servizi ad informare e ad orientare le famiglie attraverso azioni più incisive. Relativamente alla questione dell’autonomia, i partecipanti sono concordi nella necessità di porre delle basi affin-ché i diversamente abili non dipendano da qualcun altro. Per far questo è necessario favorire la loro partecipazione alle attività quotidiane della società, integrarli il più possibile nei vari contesti senza emarginalizzarli attraverso inse-rimenti socio-terapeutici monitorati e seguiti. Per quanto riguarda la tematica del “dopo di noi” è emerso come sia importante garantire una risposta ai bisogni dei diversamente abili nel momento in cui verrà a mancare la rete familiare. Un gruppo di partecipanti ha precisato infatti come coloro che vivono una situazione economica più stabile abbiano più garanzie mentre le persone che hanno meno risorse economiche rischiano di non avere risposte ai propri bisogni.Per quanto concerne le strutture presenti sul territorio, alcuni partecipanti, si sono concentrati in maniera più speci-fica sulla non adeguatezza delle strutture; queste sono ritenute insufficienti a rispondere ai bisogni e dovrebbero essere organizzate in maniera migliore e coordinate tra loro. Parallelamente alla questione relativa alle strutture è emersa anche quella relativa alla necessità di ricostruire la funzione solidaristica della piccola comunità con l’obiettivo di poter sviluppare percorsi di assistenza e di autonomia con i diversamente abili direttamente nel luogo dove vivono. Il recupero della dimensione della piccola comunità potrebbe infatti garantire un supporto anche solo di tranquillità e di sostegno per molte situazioni. La preoccupazione principale resta comunque che i centri diurni presenti sul territorio siano pensati come luoghi dove si svolgono attività e progetti con i diversamente abili. Per quanto riguarda la presenza di attività e servizi, sembra emergere come siano presenti sul territorio ma come sia assente una loro integrazione. Alcuni partecipanti suggeriscono di prendere in considerazione altre esperienze e buone pratiche presenti anche in altri territori (ad esempio si fa riferimento all’esperienza dell’Isolotto). Relativamente al rapporto con il volontariato, è stato proposto di sviluppare ancora di più il rapporto tra questo ambito ed i servizi (soprattutto i servizi sociali) e di aumentare la sensibilità rispetto a questo tema sul territorio.La questione relativa al turn over eccessivo degli assistenti sociali è stato poi sollevata da una pluralità di parte-cipanti che hanno segnalato come questa situazione rischia di nuocere all’utente perché mette in gioco la continuità dell’assistenza e del progetto costruito sulla singola persona. Per quanto riguarda la riabilitazione, un gruppo di partecipanti ha evidenziato la non adeguatezza di questo servizio anche perché viene segnalata l’assenza di strutture adeguate soprattutto per gli adulti. L’aspetto della sessualità dei diversamente abili, infine, è un aspetto che non viene presa in considerazione nella costruzione del percorso di vita. Al contrario, una presa in considerazione di questa dimensione potrebbe portare dei

CHE COS’E’ IL PIANO INTEGRATO DI SALUTE (PIS)

Il PIS è lo strumento della programmazione locale che ha come obiettivo quello di migliorare

la salute della popolazione attraverso l’integrazione di più conoscenze e interventi: sociali,

sanitari, ambientali a partire dai dati emersi nel “Profilo di salute”. Il “Profilo di salute”

della comunità locale individua infatti lo stato di salute della popolazione ed i possibili fattori

di rischio. Il PIS individua gli obiettivi di salute e di benessere della comunità ed i relativi

standard quantitativi e qualitativi, indica i servizi da realizzare, chi li realizza ed i destinatari

degli interventi, definisce programmi e progetti operativi. L’ Assemblea dei Soci della SdS ha

il compito di approvare il PIS con le proposte provenienti dalla “Consulta del Terzo Settore”

e sentito il parere del “Comitato di Partecipazione”.Il percorso partecipativo che andiamo a

proporre non è quindi una sovrapposizione rispetto al ruolo dei due organismi di partecipazio-

ne istituzionali ma un arricchimento in quanto produrrà un documento frutto delle proposte

dei cittadini che farà parte del PIS.

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benefici in termini di qualità della vita del diversamente abile.

CONSIDERAZIONE FINALIProcedendo ad un analisi di questo incontro emergono una pluralità di aspetti tra i quali possono essere individuati dei punti condivisi utili da prendere in considerazione. Prima di tutto lo sviluppo delle autonomie dei diversa-mente abili è considerato un elemento fondamentale per raggiungere il quale è necessario valorizzare le abilità del soggetto attraverso azioni di integrazione nel contesto sociale circostante, inserimenti sociali e, dove possibile, inserimenti lavorativi. L’informazione e l’accesso ai servizi vengono poi riconosciuti dai partecipanti come degli aspetti molto importanti per favorire l’orientamento degli utenti verso i servizi più idonei presenti sul territorio (una integrazione delle attività e dei servizi presenti sul territorio potrebbe essere molto utile). Altra questione emersa è quella relativa all’incentivazione di azioni di sensibilizzazione della comunità locale sulla tematica e alla valorizzazione del ruolo del volontariato (che svolge una funzione importante di raccordo tra i servizi sociali e la famiglia) fin dalla scuola. Anche rispetto alla risposta da garantire ai diversamente abili nel momento in cui verrà a mancare la rete familiare, si riscontrano delle indicazioni comuni verso il cosiddetto “dopo di noi”. Per quanto riguarda la presenza di attività e servizi, sembra emergere come siano presenti sul territorio ma come sia assente una loro integrazione. Le necessità specialistiche sono correttamente soddisfatte ma risultano esservi delle criticità relativamente alla gestione complessiva dei bisogni del paziente e alla continuità dell’assistenza sulla quale influisce anche l’elevato turn over degli assistenti sociali.Relativamente alla riabilitazione (fisica, psichica e sociale) sembra emergere la necessità di garantire una miglio-re offerta al momento non adeguata alle esigenze del territorio (occorrerebbero soprattutto centri specializzati con esperti).Le strutture sul territorio necessitano di un potenziamento quali-quantitativo (centri diurni): si dovrebbe procedere ad una diversificazione ed ad un maggior coordinamento tra loro. La preoccupazione principale resta comunque che i centri diurni siano pensati come luoghi dove si svolgono attività e progetti (manuali e attività fisiche) con i diversa-mente abili. Emerge anche la possibilità di sperimentare forme di ricostruzione di un contesto solidale della piccola comunità o di favorire il mantenimento del diversamente abile nel contesto familiare. La maggior parte dei partecipan-ti sembrano essere soddisfatti per quanto riguarda l’assistenza scolastica e l’assistenza domiciliare mentre occorrerebbe sviluppare un’assistenza sia di tipo psicologica che rispetto agli adempimenti burocratici anche più semplici collegati alla vita quotidiana.CH

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SABATO 29 GENNAIO 2011 - REPORT DEL SECONDO INCONTRO PARTECIPATIVOSCANDICCI (PER I CITTADINI DI SCANDICCI E LASTRA A SIGNA)

HANNO PARTECIPATOMaria Ambuchi, Luana Baccetti, Elena Baragli, Carla Bramanti, Andrea Carloni, Marcello Caso, Antonietta Ciucchi, Lucia Daddi, Mauro Davenia, Marco Falsini, Sandra Frilli, Alberto Masi, David Morr, Umberto Mucè, Daniela Nincheri, Andrea Nutini, Giovanni Pacini, Luciano Panci, Maddalena Poccianti, Renato Giannelli, Simona Rinaldi, Roberto Bellini, Sergio Saitta, Elisa Salvini, Marco Sani, Annalisa Scopinaro, Adriano Sensi, Filomena Simone, Gianna Speranti, Filippo Spitale, Alessandro Tarchi, Federica Totaro, Caterina Troisi, Federica Zolfanelli.

In totale 34 cittadini, di cui 22 appartenenti alle associazioni con la presenza anche di 9 cittadini diversamente abili.

INTRODUZIONERiportiamo di seguito una sintesi delle risposte fornite dai partecipanti alle tre domande, una sintesi della discussione in plenaria e le considerazioni finali. L’incontro di Scandicci (per i cittadini di Scandicci e Lastra a Signa) si è svolto sabato 29 Gennaio alle ore 9:30, presso la Biblioteca comunale, Via Roma 38/A. All’introduzione ai lavori erano presenti Laura Zecchi, Responsabile della Programmazione e Coordinatore dell’Ufficio di Piano della SdS Nord Ovest; Renato Boni, Presidente della Consulta del Terzo Settore della SdS Nord Ovest e membro del Comitato di garanzia del percorso partecipativo; Marco Pagani, Assessore alla Partecipazione del Comune di Scandicci; Sandro Fallani, Assessore ai Servizi Sociali e alla Società della salute del Comune di Scandicci; Angela Bagni, Assessore allo Stato Sociale del Comune di Lastra a Signa.

DOMANDA 1DEFINIAMO IL CONCETTO DI DIVERSABILITÀ. CHI SONO I DIVERSAMENTE ABILI?

La diversabilità implica la mancanza di autonomia in qualche aspetto della vita quotidiana e dipende da:•aspetti legati alla persona;•aspetti legati all’ambiente esterno; più un ambiente esterno (fisico e culturale) tende ad eliminare tali vin-coli, più ogni persona ha la possibilità di sviluppare le proprie capacità alternative.Essere diversamente abile significa…•discostarsi dai criteri “standard” definiti dalla società;•avere la possibilità di superare i propri limiti con possibilità di sviluppare diverse abilità. La diversabilità coinvolge…•la persona ma influisce a cascata anche sui familiari e gli amici;•può coinvolgere tutti in quanto può essere permanente o transitoria e relativa al contesto e al momento.Vi sono più dimensioni della disabilità: più evidenti (fisica e mentale) ed altre meno evidenti ma numericamente importanti (sociale e relazionale). I diversamente abili sono coloro che necessitano di ausili tecnici ma anche coloro che richiedono interventi di sostegno maggiore da parte delle istituzioni (alla persona e alla famiglia).La diversabilità ha bisogno di essere riconosciuta e garantita dalle istituzioni perché tende ad essere una problematica confinata soltanto a chi ha bisogno e alla sua famiglia.

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DOMANDA 2RISPETTO ALLA VOSTRA ESPERIENZA ANCHE PERSONALE, QUALI SONO I BISOGNI CHE SONO STATI SODDISFATTI E QUALI QUELLI NON SODDISFATTI O NON PRESI IN CONSIDERAZIONE SUL-LA DIVERSABILITÀ?

Vi è una grande disomogeneità nelle risposte date dai gruppi di partecipanti. Senza dubbio tra i bisogni non soddisfatti ed in alcuni casi non presi totalmente in considerazione vi è l’aspetto relativo ad una rete informativa e di orien-tamento sui servizi e le risorse presenti sul territorio capace di mettere a conoscenza il cittadino delle possibilità cui poter accedere. Esemplificativo a tal riguardo può essere considerato il fatto che per alcuni partecipanti vi sarebbe carenza di assistenza e sostegno, specialmente nei casi di eventi gravi e imprevisti mentre per un altro gruppo come i bisogni nelle emergenze e nei servizi a breve termine siano soddisfatti.Le risposte date ai bisogni presenti sul territorio appaiono complessivamente sufficienti (un gruppo in partico-lare riferendosi alla tabella degli interventi della SdS sul territorio presente nella guida, sottolinea come venga data risposta ad una pluralità di aspetti) ma sarebbe necessario procedere ad una maggiore analisi dei bisogni, ad un maggiore coordinamento tra le attività ed i servizi ed, in alcuni ambiti, ad ampliare la risposta in quanto alcuni bisogni risultano essere maggiori rispetto agli interventi attuali.Più tavoli hanno segnalato come non sia del tutto soddisfacente la risposta al bisogno di assistenza anche tempora-nea per la famiglia e le attività di socializzazione a favore dei diversamente abili; alcuni ritengono soddisfacenti le strutture presenti sul territorio mentre altri tavoli hanno evidenziato una mancanza di strutture e luoghi per l’assi-stenza anche temporanea e per la socializzazione. L’aspetto problematico sembra essere complessivamente la scar-sità di programmi diversificati (con la conseguenza che vi sono più persone con patologie diverse nella stessa struttura) con il rischio, nei casi di disabilità più rara (un gruppo ha fatto riferimento alla tematica dell’autismo), di non avere una risposta mirata al bisogno e di rimanere a totale carico del soggetto e della famiglia.Non soddisfatto il bisogno relativo alla riabilitazione (fisica, psichica, intensiva o/e continuativa); più tavoli hanno manifestato come per questi servizi e attività non sia garantita la continuità della prestazione (un gruppo in partico-lare segnala l’assenza di centri/strutture).Gli aspetti farmacologici e medico-sanitari (come ad esempio gli ausili anche se con alcune problematiche di tipo burocratico per la loro concessione) ed in generale la fornitura farmaceutica risultano essere soddisfacenti. Molti partecipanti evidenziano l’aspetto deficitario relativo alle barriere architettoniche, sia in termini di acces-sibilità alla città ma anche all’interno di strutture pubbliche (in alcuni casi nelle strutture Asl anche nuove). Alcuni par-tecipanti sottolineano come sarebbe necessario garantire una maggiore assistenza alla famiglia prevedendo anche forme di assistenza psicologica oltre che di sostegni finanziari.Più di un gruppo sottolinea la mancanza di un pensiero diffuso sulla persona diversamente abile e sulle sue autonomie ovvero la necessità di creare un progetto di vita oltre la maggiore età in particolare per quanto riguarda l’inserimento lavorativo, l’educazione alla vita autonoma (con una carenza di figure professionali dedicate).Alcuni partecipanti hanno fatto riferimento al turn over degli assistenti sociali e alla necessità di raccogliere in un archivio i dati in modo tale da essere a disposizione anche nel momento in cui vi sono cambiamenti nel personale che ha in cura il soggetto. Parallelamente, un altro gruppo ha sottolineato come vi sia una certa attenzione e presenza di figure professionali fornite dalla Asl. Altri aspetti emersi sono quelli relativi al futuro dei diversamente abili (dopo di noi) che non sarebbe stato preso in considerazione fino a questa momento e all’assistenza scolastica (presente e complessivamente soddisfacente) che in alcuni casi non sarebbe stata in grado di garantire un percorso scolastico regolare.

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DOMANDA 3PENSANDO SOPRATTUTTO AL FUTURO, QUALI SONO I BISOGNI LEGATI ALLE DIVERSABILITÀ? QUALI LE PRIORITÀ SECONDO LA VOSTRA OPINIONE?

Secondo i partecipanti vi sono una pluralità di bisogni legati alle diversabilità e dunque più priorità da tenere in con-siderazione:- garantire al soggetto un progetto di vita specifico ed individualizzato che comprenda la diagnosi, la cura, la terapia, l’assistenza (per patologia ed età);- assicurare servizi coordinati e continui anche di tipo temporaneo (a causa di momenti critici della famiglia, per peggioramenti del diversamente abile, per garantire forme quotidiane di sostegno). Alcuni partecipanti hanno sottolineato la necessità di creare o ampliare l’offerta delle strutture (centri diurni, case famiglia, domicili assistiti, RSA); altri hanno fatto riferimento invece alla necessità di definire un progetto di vita personalizzato e coordinato da parte di un soggetto specifico (l’assistente sociale che è caratterizzato attualmente da eccessivi fenomeni di turn over). Complessivamente sembra emergere come il bisogno prioritario sia la garanzia di un progetto di vita diversi-ficato a seconda delle necessità dell’individuo indipendentemente dal fatto che la risposta sia di tipo domiciliare o in struttura;- strutture (anche quelle presenti) diversificate per tipologia di utente, aperte a quello che accade nel territorio circostante, in grado di facilitare l’inclusione sociale (dunque con attività e progetti);- assicurare l’indipendenza economica e gli inserimenti lavorativi (quando possibile); - “dopo di noi” e sviluppo di percorsi personali di autonomia;- prevedere e potenziare gli strumenti di informazioni e orientamento a favore degli utenti per venire a cono-scenza delle possibilità offerte dal territorio (un gruppo in particolare evidenzia la necessità di creare strumenti per il diritto al reclamo);- abbattimento delle barriere architettoniche e accessibilità nelle strutture (anche in quelle recenti);– riabilitazione e necessità di avere servizi permanenti oltre l’emergenza (centri di riabilitazione continua). Alcuni partecipanti propongono di garantire la possibilità di usufruire di strutture sanitarie private non convenzionate dalle Asl con contributi al paziente.Alcuni gruppi hanno sottolineato la necessità di ridurre i tempi di attesa ai servizi e di favorire una minore bu-rocratizzazione. Altri ancora di attivare forme di microcredito, di aiuto-mutuo aiuto (centri di incontro dove ci sia scambio di professionalità – banca del tempo, aiuto reciproco e gratuito).

PLENARIAÈ stato evidenziato come sia preferibile utilizzare il termine fatto proprio dal percorso partecipativo ovvero diversa abilità rispetto a quello di disabilità, spesso utilizzato nel linguaggio comune. Disabilità è infatti un termine di tipo negativo ed evidenzia una incapacità a compiere le cose dunque è sbagliato fin dalla radice poiché di fatto non esiste uno standard a cui riferirsi. Quello di diversa abilità rimanda invece alla possibilità di sviluppare una propria abilità e una propria autonomia. Pertanto, la definizione dell’OMS del 2000 deve essere presa come punto di riferimento e applicata in maniera coerente.Per quanto riguarda la tematica relativa al coordinamento, è stato specificato come sia importante riuscire a creare una rete a livello locale ed individuare un soggetto che faccia da snodo rispetto a tale rete. In tutto questo è ritenuto importante l’input da parte del mondo associativo ma viene definito come fondamentale il ruolo dell’istituzio-ne (vista come il motore di questo sistema). Tale rete dovrebbe avere, una volta costituita, la capacità di informare e orientare i soggetti e le famiglie riguardo alle possibilità e alle risorse presenti sul territorio.La riabilitazione viene considerata dai partecipanti come una dimensione importante ma al momento poco svilup-pata. Inoltre, è stato precisato che, in coerenza con il concetto di “diversabilità, si dovrebbe parlare di “abilitazione”.

CHE COS’E’ IL PIANO INTEGRATO DI SALUTE (PIS)

Il PIS è lo strumento della programmazione locale che ha come obiettivo quello di migliorare

la salute della popolazione attraverso l’integrazione di più conoscenze e interventi: sociali,

sanitari, ambientali a partire dai dati emersi nel “Profilo di salute”. Il “Profilo di salute”

della comunità locale individua infatti lo stato di salute della popolazione ed i possibili fattori

di rischio. Il PIS individua gli obiettivi di salute e di benessere della comunità ed i relativi

standard quantitativi e qualitativi, indica i servizi da realizzare, chi li realizza ed i destinatari

degli interventi, definisce programmi e progetti operativi. L’ Assemblea dei Soci della SdS ha

il compito di approvare il PIS con le proposte provenienti dalla “Consulta del Terzo Settore”

e sentito il parere del “Comitato di Partecipazione”.Il percorso partecipativo che andiamo a

proporre non è quindi una sovrapposizione rispetto al ruolo dei due organismi di partecipazio-

ne istituzionali ma un arricchimento in quanto produrrà un documento frutto delle proposte

dei cittadini che farà parte del PIS.

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Altri aspetti sottolineati sono stati quelli relativi alla necessità di garantire un sostegno alla famiglia, di non discri-minare in base all’età, di dare continuità e specificità ai servizi e di affrontare il tema in maniera trasversale comprendendo tutte le dimensioni (favorendo fin dall’infanzia la socialità) prendendo come punto di riferimento l’indi-viduo. Da questo punto di vista, è stata esplicitata la necessità di creare progetti di vita personalizzati, in base al bisogno e alla fase di vita. Relativamente ai disagi meno gravi è stato evidenziato come vi sia una mancanza di strutture. Infine, alcuni par-tecipanti hanno evidenziato la necessità di facilitare l’accessibilità ai servizi soprattutto per quanto riguarda i tempi e, per quanto riguarda le strutture, di garantire la possibilità di accesso anche nelle strutture private attraverso un sostegno economico.

CONSIDERAZIONE FINALIGli aspetti sollevati in questo incontro sono stati molteplici. È possibile individuare dei temi ricorrenti. Complessi-vamente i partecipanti hanno messo in evidenza come un aspetto centrale sia quello di garantire al soggetto un percorso individualizzato e diversificato, mirato alla problematica specifica della persona indipendentemente che la risposta al bisogno sia di tipo domiciliare o in struttura. Altro elemento ricorrente sembra essere quello della continuità ovvero della capacità di costruire un progetto di vita sul soggetto che preveda una serie di inter-venti coordinati anche temporanei (con un ruolo centrale dell’assistente sociale).La creazione di una rete locale capace di tenere insieme più attori e più azioni viene vista come un elemento basilare per garantire strumenti di informazione ed orientamento ai cittadini circa le possibilità presenti sul territorio. All’interno di questa rete un ruolo importante viene assegnato al volontariato ma alle istituzioni si imputa quello di perno di tutto il sistema (con il fine anche di accrescere la cultura della diversabilità nella comunità).Relativamente alle strutture emergono considerazioni contrapposte circa l’offerta presente sul territorio; sinteti-camente ciò che si individua come obiettivo specifico è quello di avere il più possibile strutture diversificate per tipologia di utente e che si caratterizzino per la presenza di attività e progetti al loro interno.Gli aspetti farmacologici e medico-sanitari (come ad esempio gli ausili anche se con alcune problematiche di tipo burocratico per la loro concessione) ed in generale la fornitura farmaceutica risultano essere soddisfacenti.La riabilitazione viene considerata dai partecipanti come una dimensione importante ma al momento poco svi-luppata e soprattutto deficitaria di servizi permanenti (si suggerisce di poter usufruire anche di strutture sanitarie private convenzionate).Condiviso anche l’aspetto relativo all’attivazione di progetti sul “dopo di noi” e ad interventi volti al superamento delle barriere architettoniche, sia in termini di accessibilità alla città ma anche all’interno di strutture pubbliche.Alcuni partecipanti sottolineano come sarebbe necessario garantire una maggiore assistenza alla famiglia preveden-do anche forme di assistenza psicologica oltre che di sostegni finanziari.Altro aspetto emerso è quello di prevedere interventi soprattutto dopo la maggiore età (e quindi con la fine del percorso scolastico capace complessivamente di garantire un buon sostegno alle famiglie) quali inserimenti lavorativi, educazione alla vita autonoma.Le risposte date ai bisogni presenti sul territorio appaiono complessivamente sufficienti ma sembrerebbe neces-sario procedere ad una maggiore analisi dei bisogni.

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SABATO 12 FEBBRAIO 2011 - REPORT DEL TERZO INCONTRO PARTECIPATIVO CALENZANO

HANNO PARTECIPATOGianni Aiazzi, Roberto Barbieri, Deanna Baroni, Mario Belloni, Sandro Berchielli, Giorgio Boncompagni, Arrigo Canzani, Bruno Capodaglio, Stefania Carli, Daniele Conti, Romano Degl’Innocenti, Sabino Felli, Enzo Fettinelli, Tullio Gelli, Rosario Gennusa, Edoardo Lastrucci, Angela Lazzerini, Bruna Lippi, Liviana Locatelli, Alessandro Milli, Anna Moretti, Anna Pelagatti, Mauro Quercioli, Roberta Santini, Giovanna Settimelli, Mario Targetti.

In totale hanno partecipato 26 cittadini di cui 15 appartenenti alle associazioni, con la presenza anche di 3 cittadini diversamente abili.

INTRODUZIONERiportiamo di seguito una sintesi delle risposte fornite dai partecipanti alle tre domande, una sintesi della discussione in plenaria e le considerazioni finali. L’incontro di Calenzano si è svolto sabato 12 Febbraio alle ore 9:30, presso lo Spazio 180, via Petrarca 180, c/o Centro Giovani. All’introduzione ai lavori erano presenti Andrea Valdrè, Direttore della Società della Salute Fiorentina Nord Ovest; Francesco Cannarozzo, Società della Salute Fiorentina Nord Ovest; Renato Boni, Presidente della Consulta del Terzo Settore della SdS Nord Ovest e membro del Comitato di garanzia del percorso partecipativo.

DOMANDA 1DEFINIAMO IL CONCETTO DI DIVERSABILITÀ. CHI SONO I DIVERSAMENTE ABILI?

I diversamente abili sono coloro che non possono o hanno difficoltà a svolgere le comuni attività quotidiane e a costruirsi percorsi di vita autonoma.La diversabilità può essere…•di carattere temporaneo o permanente; •di varia natura: fisiche, psichiche e sensoriali (motorie, di tipo neurologico, traumatico, psichiche, per situazioni particolari tipo depressione, solitudine, a causa dell’età).

DOMANDA 2RISPETTO ALLA VOSTRA ESPERIENZA ANCHE PERSONALE, QUALI SONO I BISOGNI CHE SONO STATI SODDISFATTI E QUALI QUELLI NON SODDISFATTI O NON PRESI IN CONSIDERAZIONE SUL-LA DIVERSABILITÀ?

Più tavoli definiscono l’assistenza scolastica soddisfacente anche se con delle differenze a seconda dei casi. Più controverso l’aspetto relativo alle strutture; una parte dei partecipanti ritiene infatti che siano complessivamente sufficienti mentre un’altra parte sottolinea come vi siano dei problemi quanti-qualitativi per centri diurni e strutture. Alcuni evidenziano come sarebbe necessario poter disporre di strutture a livello locale capaci, anche temporaneamente, di dare sostegno alla famiglia, a costi contenuti. Altri propongono un maggior ricorso all’assistenza domiciliare, in modo da mantenere il diversamente abile all’interno del suo ambito familiare, con la presenza di persone formate, per seguirli soprattutto nelle ore che i familiari non possono essere presenti. In questo caso, sarebbe importante formare e dare delle basi minime di gestione anche ai familiari. Nell’uno o nell’altro senso sembra comunque evidente come i partecipanti evidenzino la necessità di un supporto maggiore da parte delle istituzioni e del mondo del volontariato

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alle famiglie per quanto riguarda la dimensione ricreativa, della socializzazione e dell’assistenza. Tale aspetto sembra trovare conferma anche dalla risposta data da alcuni partecipanti che hanno sottolineato come complessivamente i bisogni sul territorio riescano a trovare risposta soprattutto grazie al coordinamento tra istituzioni, volontariato ma soprattutto alla famiglia.Condivisa anche la necessità di migliorare l’informazione ed i servizi di orientamento alle famiglie riguardo ai diritti ed alle opportunità delle persone disabili sul territorio oggi legate soltanto all’iniziativa di singoli operatori sociali e delle famiglie stesse. Più di un gruppo di partecipanti evidenzia inoltre la problematica relativa alle barriere architettoniche.Dalle risposte date da un gruppo è emerso come le problematiche maggiori si presentino nel momento in cui il diversamente abile raggiunge la maggiore età e diventano sempre più importanti bisogni quali il lavoro (inserimenti lavorativi) e l’autonomia.Altri aspetti problematici emersi hanno riguardato le attese per i servizi di riabilitazione, alcuni limiti e carenze per quanto riguarda il trasporto sociale, limiti e lentezza dell’apparato burocratico. Tra i bisogni non presi in considerazione sul territorio un partecipante segnala gli interventi a sostegno della terapia del linguaggio. Un gruppo di partecipanti ha sottolineato infine come possa essere molto utile prendere in considerazione le buone pratiche presenti sul territorio o in quelli vicini.

DOMANDA 3PENSANDO SOPRATTUTTO AL FUTURO, QUALI SONO I BISOGNI LEGATI ALLE DIVERSABILITÀ? QUALI LE PRIORITÀ SECONDO LA VOSTRA OPINIONE?

Dalle risposte date è emerso come i partecipanti evidenzino la necessità di favorire:- un supporto maggiore alle famiglie per quanto riguarda la dimensione ricreativa, della socializzazione e dell’assistenza. Una parte dei partecipanti suggerisce di prevedere più strutture secondo loro deficitarie (da un punto di vista numerico, organizzativo e per quanto riguarda gli orari) sul territorio proponendo case famiglie (capaci di ricreare spazi di autonomia e familiarità) con genitori affidatari oppure gestite dalle istituzioni e dalle associazioni del territorio. Un’altra parte sottolinea invece l’importanza di garantire ai diversamente abili anche più gravi di poter rimanere nella propria famiglia, residenza, comunità con il necessario sostegno sociale e assistenziale;- gli inserimenti lavorativi (specie nelle cooperative sociali);- il potenziamento dell’autonomia ed il cosiddetto “dopo di noi”. I partecipanti concordano nel sottolineare l’importanza di avere alcune strutture o progetti che incentivano fin da giovani le persone diversamente abili ad avere una vita in comunità, a relazionarsi ed ad essere il più possibile autonomi in modo che riescano a fare da soli una volta venuta a mancare la famiglia.Altre tematiche emerse hanno riguardato rispettivamente la necessità di un maggiore sostegno economico (o comunque di riuscire a creare un quadro di riferimento finanziario sereno alle famiglie), di leggi dello stato a sostegno della non autosufficienza, della necessità di dare una risposta alla problematica delle barriere architettoniche, dell’importanza di garantire un orientamento e un’adeguata informazione riguardo alle opportunità esistenti ed infine di una maggiore sinergia e coordinamento fra i vari servizi.

PLENARIAVi sono diversi tipi di disabilità, alcune più evidenti altre meno visibili ma non per questo meno gravi (ad esempio l’anoressia). Per quanto riguarda le strutture sul territorio è stato evidenziato come sia importante che esse non siano dei “parcheggi” di persone ma luoghi dove vi sono attività, progetti, dove poter trovare risposte anche per quanto riguarda la dimensione delle relazioni affettive, con orari di accoglienza meno restrittivi.

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Relativamente alle disponibilità economiche è stato sottolineato che, in un clima di risorse sempre minori, le donazioni possono essere, accanto alle istituzioni, un canale importante di sostegno e di garanzia di interventi e servizi sul territorio.Per quanto riguarda l’aspetto relativo all’informazione e all’orientamento è stata evidenziata la necessità di avere un servizio più completo, strutturato e coordinato sul territorio nonché di definire in maniera più trasparente e chiara quelli che sono i diritti e i doveri dei disabili (mettendo a disposizione del cittadino anche la normativa di riferimento). Altre tematiche richiamate e ritenute importanti sono state rispettivamente il “dopo di noi”, la necessità di una migliore programmazione del sostegno con un ruolo più continuativo e presente degli assistenti sociali e la necessità di dare risposte il più possibile mirate e diversificate in base ai problemi del soggetto.È stata richiamata infine l’assistenza scolastica ed è stato esplicitato come sia molto importante mettere a disposizione l’insegnante di sostegno e come questo sia un diritto e non una concessione.

CONSIDERAZIONE FINALIComplessivamente i partecipanti hanno segnalato la necessità di impiegare nel modo migliore le abilità diverse che ognuno è in grado di poter esprimere (attraverso progetti, strutture, mantenimento del diversamente abile nell’ambito familiare) e di sostenere interventi finalizzati alla vita autonoma. Fondamentale per implementare queste abilità risulta essere la capacità di sviluppare la dimensione ricreativa, della socializzazione e dell’assistenza grazie al supporto, a fianco delle istituzioni e delle famiglie, del mondo del volontariato e del terzo settore.Condivisa la tematica dell’assistenza scolastica, ritenuta soddisfacente anche se con delle differenziazioni a seconda dei casi. Le criticità maggiori sembrano presentarsi nel momento in cui il diversamente abile raggiunge la maggiore età e diventano sempre più importanti bisogni quali il lavoro (inserimenti lavorativi) e l’autonomia. Più controverso l’aspetto relativo alle strutture; sembra tuttavia evidente come i partecipanti evidenzino la necessità che siano dei luoghi dove vi sono attività e progetti (la necessità anche in questo caso è quella di dare risposte il più possibile mirate e diversificate in base ai problemi del soggetto). Complessivamente i bisogni sul territorio riescano a trovare risposta anche se un maggior coordinamento tra istituzioni, volontariato e famiglia garantirebbe maggior continuità all’offerta (anche con una maggiore stabilità degli assistenti sociali). Secondo molti partecipanti, sviluppare tale coordinamento avrebbe riflessi positivi nel creare strumenti di informazione e servizi di orientamento, per i cittadini, oggi legati soprattutto all’iniziativa di singoli operatori sociali e delle famiglie stesse. Per garantire un quadro di riferimento finanziario ed assistenziale capace di dare serenità alle famiglie oltre ad un maggiore sostegno economico, viene proposto lo strumento del “dopo di noi”. Più di un tavolo ha evidenziato inoltre la problematica relativa alle barriere architettoniche.Un gruppo di partecipanti ha sottolineato infine come possa essere molto utile prendere in considerazione le buone pratiche presenti sul territorio o in quelli vicini.

CHE COS’E’ IL PIANO INTEGRATO DI SALUTE (PIS)

Il PIS è lo strumento della programmazione locale che ha come obiettivo quello di migliorare

la salute della popolazione attraverso l’integrazione di più conoscenze e interventi: sociali,

sanitari, ambientali a partire dai dati emersi nel “Profilo di salute”. Il “Profilo di salute”

della comunità locale individua infatti lo stato di salute della popolazione ed i possibili fattori

di rischio. Il PIS individua gli obiettivi di salute e di benessere della comunità ed i relativi

standard quantitativi e qualitativi, indica i servizi da realizzare, chi li realizza ed i destinatari

degli interventi, definisce programmi e progetti operativi. L’ Assemblea dei Soci della SdS ha

il compito di approvare il PIS con le proposte provenienti dalla “Consulta del Terzo Settore”

e sentito il parere del “Comitato di Partecipazione”.Il percorso partecipativo che andiamo a

proporre non è quindi una sovrapposizione rispetto al ruolo dei due organismi di partecipazio-

ne istituzionali ma un arricchimento in quanto produrrà un documento frutto delle proposte

dei cittadini che farà parte del PIS.

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SABATO 26 FEBBRAIO 2011 - REPORT DEL QUARTO INCONTRO PARTECIPATIVO FIESOLE (PER I CITTADINI DI FIESOLE E VAGLIA)

HANNO PARTECIPATOLorenzo Ammannati, Roberta Bani, Vanna Baroncini, Marco Becattini, Lisa Bichi, Alberto Cacopardo, Silvia Cappelletti, Silvio Desideri, Elisabetta Fabbri, Federica Fantacci, Eliana Fioravanti, Giuditta Gamberi, Piero Gamberi, Marco Ga-sparrini, Lorenzo Gualtieri, Maria Giovanna Lunghi, Orazio Marchi, Donata Messeri, Adele Mugnai, Antonietta Nanni, Alessio Pieri, Camilla Pistilli, Anna Ravoni, Mauro Ricci, Patrizia Ricci, Marinella Rocchi, Maria Rosa, Simona Serra, Alfredo Tarchi.

In totale hanno partecipato 29 cittadini di cui 15 appartenenti alle associazioni, con la presenza anche di 7 cittadini diversamente abili.

INTRODUZIONEL’incontro di Fiesole (per i cittadini di Fiesole e Vaglia) si è svolto sabato 26 Febbraio alle ore 9:30, presso i locali co-munali di Piazza Mino n. 24-26. All’introduzione ai lavori erano presenti Laura Zecchi, Responsabile della Programma-zione e Coordinatore dell’Ufficio di Piano della SdS Nord Ovest; Francesco Cannarozzo, Società della Salute Fiorentina Nord Ovest; Renato Boni, Presidente della Consulta del Terzo Settore della SdS Nord Ovest e membro del Comitato di garanzia del percorso partecipativo; Silvano Pucci, Presidente del Comitato di Partecipazione della SdS Nord Ovest e membro del Comitato di garanzia del percorso partecipativo; Margherita Taras, Assessore all’Assistenza e al Sociale del Comune di Fiesole; Paolo Gini, Assessore ai Servizi Sociali e alla Società della salute del Comune di Vaglia.

DOMANDA 1DEFINIAMO IL CONCETTO DI DIVERSABILITÀ. CHI SONO I DIVERSAMENTE ABILI?

I diversamente abili sono coloro che, temporaneamente o permanentemente, si trovano nell’impossibilità di compiere in maniera autonoma gli atti della vita quotidiana e di soddisfare i bisogni primari a causa di dif-ficoltà di vario tipo: motorie, psichiche, sensoriali. La diversabilità dipende da:•elementi legati alla persona;•dal contesto sociale, culturale, fisico (cioè urbanistico). Per questo motivo è necessario prevedere un percorso personalizzato ed un contesto capace di valorizzare e far emergere le potenzialità dei diversamente abili. Per far que-sto c’è bisogno di un intervento e di un aiuto esterno, non solo in termini di strumenti ma anche di riconoscimento da parte delle istituzioni che con le loro scelte possono includerli o al contrario escluderli.Si può parlare di:•diversabilità per sottolineare come tutti possano essere definiti, anche temporaneamente, non abili;•disabilità per non generalizzare ed identificare un gruppo di persone che si trova in una condizione più grave rispetto ad altri.

DOMANDA 2RISPETTO ALLA VOSTRA ESPERIENZA ANCHE PERSONALE, QUALI SONO I BISOGNI CHE SONO STATI SODDISFATTI E QUALI QUELLI NON SODDISFATTI O NON PRESI IN CONSIDERAZIONE SUL-LA DIVERSABILITÀ?

La maggior parte dei partecipanti ha messo in evidenza come l’assistenza scolastica sia complessivamente soddi-sfatta anche se un tavolo ha portato all’attenzione dei presenti come, una volta terminato il periodo scolastico, vi sia-no dei problemi per quanto riguarda il trasporto ed un altro gruppo ha sottolineato come vi siano grosse difficoltà per la persona diversamente abile una volta terminato il percorso scolastico e raggiunta la maggiore età. A sostegno di questo, molti partecipanti ritengono che gli inserimenti lavorativi, i percorsi volti all’autonomia e i soggiorni più prolungati non siano pienamente soddisfatti. Gli aspetti relativi alla socializzazione, alla dimensione ricreativa e al tempo libero sembrano trovare com-plessivamente soddisfazione grazie alla presenza sul territorio di alcune strutture (in particolare le case famiglia di Caldine, il centro il Gabbiano ed il Pontanico) anche se un altro gruppo di partecipanti ha sottolineato la difficoltà nel trovare sul territorio questi servizi e la necessità di doversi spostare per dare risposta a questi bisogni; a tal proposi-

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to è stato sottolineato anche la necessità di accelerare la realizzazione del progetto di recupero del “Sant’Antonino” (struttura RSA e polo sanitario) e di prevedere la realizzazione di una casa famiglia. Altri aspetti emersi da più gruppi di partecipanti hanno riguardato rispettivamente: il superamento delle barriere architettoniche (strade, marciapiedi, fermate, autobus); creare sul territorio uno sportello di aiuto, ascolto, informazione ed orientamento per gli utenti riguardo alle possibilità e ai servizi sul territorio; gruppi di auto aiuto; progetti di vita autonoma; progetti relativi al dopo di noi (ovvero il futuro dei disabili quando i familiari non ci saranno più); l’importanza di prevedere meccanismi di contribuzione degli utenti rispetto ai servizi ed ai progetti in proporzione ai redditi familiari. Un tavolo si è soffermata sulla necessità di dover rafforzare la rete di comunicazione e di raccordo tra i vari soggetti che ruotano attorno alle persone bisognose di aiuto (tra medico di base, assistente sociale e le varie associazioni del territorio).Altri partecipanti hanno sottolineato come l’assistenza sanitaria, domiciliare ed extra scolastica siano sostanzialmente soddisfatte anche se con qualche carenza causata, soprattutto negli ultimi anni, da una crescente riduzione delle risorse e dalla non sempre elevata formazione del personale sanitario.Altri temi emersi hanno riguardato infine la necessità di non spostare tutto il peso dell’assistenza alle famiglie sulle spalle del volontariato, l’eccesso di burocrazia (ad esempio l’inutile ricertificazione delle disabilità genetiche o la ripetizione dei piani terapeutici), le minori risposte e servizi a favore delle malattie rare, l’errore di dare delle risposte a bisogni di tipo sanitario con interventi di carattere sociale.

DOMANDA 3PENSANDO SOPRATTUTTO AL FUTURO, QUALI SONO I BISOGNI LEGATI ALLE DIVERSABILITÀ? QUALI LE PRIORITÀ

La maggior parte dei partecipanti sottolineano come gli aspetti più importanti da prendere in considerazione siano:- il cosiddetto “dopo di noi;- favorire percorsi per facilitare l’autonomia e la vita indipendente delle persone disabili (soprattutto una vol-ta raggiunta la maggiore età) al fine di costruire una vita autonoma fuori dalla famiglia, sia per l’abitazione, sia per gli inserimenti lavorativi (quando possibile). Alcuni partecipanti propongono in particolare di sperimentare strutture o piccoli appartamenti (costruiti o resi accessibili alle varie disabilità) con assistenza socio-sanitaria; altri di creare mini appartamenti pensati in rete in palazzi residenziali, vicini a negozi e servizi, per rendere più autonomi i soggetti diversamente abili a provvedere ai propri bisogni;- dare un aiuto nella gestione della quotidianità anche di tipo temporaneo (in termini di conciliazione tempi di vita/lavoro). Altri aspetti emersi sono rispettivamente: la necessità di dare una risposta ai bisogni anche psicologici dei diversamente abili e delle famiglie soprattutto dopo il compimento dei diciotto anni; prevedere meccanismi di compartecipazione ma evitare che causino difficoltà alle famiglie; prevedere progetti di sostegno/assistenza per i disabili gravi; mettere in rete e far conoscere le esperienze (la casa famiglia presente sul territorio di Fiesole viene vista come un valido centro in cui ricopre un ruolo importante anche il volontariato) in modo che ogni genitore possa scegliere le opportunità presenti sul territorio (informazioni e opportunità; assistenza ed accompagnamento alle famiglie circa la scelta dei percorsi di vita e le decisioni da prendere relativamente a scuola, post-scuola, centri diurni e altro); maggior attenzione al trasporto dei diversamente abili; stimolare e incrementare l’apporto dei servizi civili per realizzare i progetti.

CHE COS’E’ IL PIANO INTEGRATO DI SALUTE (PIS)

Il PIS è lo strumento della programmazione locale che ha come obiettivo quello di migliorare

la salute della popolazione attraverso l’integrazione di più conoscenze e interventi: sociali,

sanitari, ambientali a partire dai dati emersi nel “Profilo di salute”. Il “Profilo di salute”

della comunità locale individua infatti lo stato di salute della popolazione ed i possibili fattori

di rischio. Il PIS individua gli obiettivi di salute e di benessere della comunità ed i relativi

standard quantitativi e qualitativi, indica i servizi da realizzare, chi li realizza ed i destinatari

degli interventi, definisce programmi e progetti operativi. L’ Assemblea dei Soci della SdS ha

il compito di approvare il PIS con le proposte provenienti dalla “Consulta del Terzo Settore”

e sentito il parere del “Comitato di Partecipazione”.Il percorso partecipativo che andiamo a

proporre non è quindi una sovrapposizione rispetto al ruolo dei due organismi di partecipazio-

ne istituzionali ma un arricchimento in quanto produrrà un documento frutto delle proposte

dei cittadini che farà parte del PIS.

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PLENARIAIl termine diversamente abile è sbagliato perché rischia di mettere tutte le persone sullo stesso piano. Da questo punto di vista la disabilità è un male non un bene ed esistono diverse intensità di invalidità alcune delle quali diffi-cilmente o assolutamente non curabili. Il sostegno alle famiglie anche attraverso forme di aiuto economico, viene visto come un elemento importante da potenziare accanto ai trasporti sociali. Emerge anche come i tempi di risposta siano molto lunghi e come sia necessario riuscire a diminuirli. È stato sottolineato come l’età sia un aspetto discriminante e come dopo i diciotto anni le persone diversamente abili non riescano ad avere una risposta soddisfacente ai loro bisogni. Per quanto riguarda i meccanismi di compartecipazione è stato evidenziato come sia utile prevederli in modo tale da far pagare di più alle famiglie che hanno maggiori disponibilità evitando che si creino forme di ingiustizia socia-le. Per quanto riguarda la tematica dell’informazione e dell’orientamento delle famiglie sugli aspetti legislati-vi, sulle agevolazioni, sulle risposte ai bisogni è stata segnalata la necessità di un potenziamento. Da questo punto di vista, sarebbe importante prevedere uno sportello non solo per gli anziani (già presente sul territorio) ma anche uno per i diversamente abili. Relativamente ai bisogni delle famiglie è emerso come spesso siano legati alla necessità di avere un supporto nella gestione quotidiana (il “durante di noi”) e anche di tipo psicologico per affrontare la situazione che si è venuta a creare con la presenza di una persona con disabilità in famiglia.Vi è stata la puntualizzazione di un partecipante, poi confermata da altri presenti, dell’importanza di ripristinare il principio dello stato sociale rispetto a quello attuale dello stato assistenziale che rischia di intervenire ormai quando la situazione è già compromessa. Altri aspetti richiamati sono stati quelli relativi a: la necessità di dare continuità agli interventi evitando che siano soltanto progetti sporadici; favorire un maggiore raccordo tra famiglia, associa-zioni e strutture; valorizzare e potenziare i progetti sul “dopo di noi”. È stata segnalata l’assenza di centri tra Fiesole e Caldine.

CONSIDERAZIONE FINALIGli aspetti emersi nell’incontro sono stati una pluralità. Nonostante questo, l’insieme delle indicazioni , sembrano convergere verso alcune tematiche prima tra tutte quella relativa al dopo di noi e successivamente quella relativa al sostegno dell’autonomia e della vita indipendente. Anche la scuola viene vista come un elemento importante da tenere in considerazione in quanto costituisce uno dei primi strumenti di inclusione sociale dei diversamente abili nella comunità. Condiviso anche l’aspetto che, con il com-pimento della maggiore età, questi soggetti, non riescono a trovare una risposta soddisfacente ai propri bisogni. Relativamente alle strutture, i partecipanti hanno fatto riferimento a delle buone pratiche presenti sul territorio soprattutto nell’ambito ricreativo e della socializzazione quali: la casa famiglia a le Caldine, il centro il Gabbiano e Pontanico a Fiesole anche se la presenza di strutture sul territorio non sembra essere del tutto soddisfacente e sono stati pertanto proposti dai partecipanti dei progetti di tipo sperimentale. Condivisa anche la necessità di meccanismi di compartecipazione alla spesa da parte delle famiglie anche se sarebbe importante non creare forme di ingiustizia sociale.Altri aspetti emersi hanno riguardato la necessità di garantire: un supporto alla famiglia non solo da un punto di vista economico, psicologico, e di trasporti sociali ma anche attraverso strumenti più efficaci di informazione e orientamento; una continuità degli interventi evitando che siano soltanto progetti sporadici; un maggiore raccordo tra famiglia, associazioni e strutture presenti sul territorio attraverso un’azione a rete; maggiori progetti di sostegno/assistenza per i disabili gravi; superamento delle barriere architettoniche.

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SABATO 12 MARZO 2011 - REPORT DEL QUINTO INCONTRO PARTECIPATIVO SESTO FIORENTINO

HANNO PARTECIPATODino Bonacchi, Fabio Boncini, Claudia Borghesi, Giovanni Bulli, Adriano Campani, Grazia Carlini, Francesca Casini, Francesca Cassai, Francesco Cherubini, Daniela Ciampi, Daniela Cianferoni, Sergio Cianferoni, Stefano Ciappelli, Rocco Conte, Lucia Fania, Paolo Fattori, Stefania Fattori, Stefania Fornai, Manuela Gambi, Elena Geroni, Graziano Giustini, Mauro Gori, Carlo Guasti, Sandra Lastrucci, Roberto Latini, Marco Malquori, Alessandro Martini, Alessandra Milo, Valerio Misuri, Ilia Nistri, Placido Rinaldo, Silvano Rubechini, Nadia Santini, Angiolo Seri, Michelina Speranza, Aurelio Stera, Ilaria Zanier.

In totale hanno partecipato 37 cittadini di cui 15 appartenenti alle associazioni, con la presenza anche di 6 cittadini diversamente abili.

INTRODUZIONEL’incontro di Sesto Fiorentino si è svolto sabato 12 Marzo alle ore 9:30, presso la Biblioteca comunale Ragionieri, Villa di Doccia – Colonnata. All’introduzione ai lavori erano presenti Andrea Valdrè, Direttore della Società della Salute Fiorentina Nord Ovest; Francesco Cannarozzo, Società della Salute Fiorentina Nord Ovest; Renato Boni, Presidente della Consulta del Terzo Settore della SdS Nord Ovest e membro del Comitato di garanzia del percorso partecipativo; Caterina Conti, Assessore alla Società della Salute del Comune di Sesto Fiorentino e Presidente della Società della Salute Fiorentina Nord Ovest.

DOMANDA 1DEFINIAMO IL CONCETTO DI DIVERSABILITÀ. CHI SONO I DIVERSAMENTE ABILI?

I diversamente abili sono delle persone che possono avere difficoltà momentanee o permanenti nello svolgi-mento di molte funzioni quotidiane necessarie alla propria persona (anche quelle più piccole). Per questo motivo queste persone si trovano a dipendere dagli altri, totalmente o parzialmente, per tutta la vita o per un periodo limitato.I diversamente abili hanno …•capacità parzialmente o del tutto compromesse rispetto alle persone cosiddette “normali”; •un “potenziale” per cui devono essere messi nelle condizioni di poterlo sviluppare.I diversamente abili sono persone definite tali dalle norme vigenti in materia.La diversabilità può dipendere da:•qualità relative alla persona (interne ovvero handicap fisici o mentali, di relazione con gli altri);•limiti e ostacoli altrui, personali e sociali (dunque esterni). La società, da questo punto di vista, tende secondo alcuni partecipanti, ad escluderli dalla quotidianità dei rapporti.In senso più ampio la diversabilità è una condizione che chiunque può vivere in una fase della vita e quindi potrebbero essere definiti tutti diversamente abili.

CHE COS’E’ IL PIANO INTEGRATO DI SALUTE (PIS)

Il PIS è lo strumento della programmazione locale che ha come obiettivo quello di migliorare

la salute della popolazione attraverso l’integrazione di più conoscenze e interventi: sociali,

sanitari, ambientali a partire dai dati emersi nel “Profilo di salute”. Il “Profilo di salute”

della comunità locale individua infatti lo stato di salute della popolazione ed i possibili fattori

di rischio. Il PIS individua gli obiettivi di salute e di benessere della comunità ed i relativi

standard quantitativi e qualitativi, indica i servizi da realizzare, chi li realizza ed i destinatari

degli interventi, definisce programmi e progetti operativi. L’ Assemblea dei Soci della SdS ha

il compito di approvare il PIS con le proposte provenienti dalla “Consulta del Terzo Settore”

e sentito il parere del “Comitato di Partecipazione”.Il percorso partecipativo che andiamo a

proporre non è quindi una sovrapposizione rispetto al ruolo dei due organismi di partecipazio-

ne istituzionali ma un arricchimento in quanto produrrà un documento frutto delle proposte

dei cittadini che farà parte del PIS.

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DOMANDA 2RISPETTO ALLA VOSTRA ESPERIENZA ANCHE PERSONALE, QUALI SONO I BISOGNI CHE SONO STATI SODDISFATTI E QUALI QUELLI NON SODDISFATTI O NON PRESI IN CONSIDERAZIONE SUL-LA DIVERSABILITÀ?

Le risposte date a questa domanda sono state molto eterogenee tra loro. Complessivamente, i partecipanti hanno sottolineato come le strutture presenti sul territorio (la struttura ANFAS, i Centri diurni, la Casa famiglia in Via Pia-ve) siano in grado di dare delle risposte tutto sommato soddisfacenti rispetto ai bisogni anche se sarebbe necessario ampliare i posti a disposizione in modo da fornire alle famiglie un sostegno anche nei casi di bisogni occasionali. La casa famiglia in via Piave, in particolare, viene vista come una risposta concreta ai bisogni nonostante sia avvertita l’esigenza di un incremento quantitativo dei posti della struttura. Anche il trasporto e le ferie estive vengono visti come soddisfacenti. Più controversa la questione relativa agli operatori (dal centralinista all’assistente sociale); al-cuni ne danno una valutazione complessivamente positiva, altri sostengono invece che sarebbero necessarie figure specializzate (sia a casa che nel contesto scolastico) e una maggiore sensibilizzazione e formazione degli operatori che stanno a contatto quotidianamente con l’utenza.Un gruppo di partecipanti ha fatto notare come sia importante prestare maggior attenzione alle molteplici cause che sono alla base della disabilità e come i bisogni più soddisfatti siano rivolti essenzialmente ad anziani e a portatori di handicap fisico con gravità media o lieve mentre come non trovi risposta la disabilità più grave con particolare riferimento ai giovani. Altri tavoli hanno sottolineato invece come i bisogni soddisfatti siano soltanto quelli minimali individuati sul piano normativo e assistenziale. Più partecipanti hanno fatto notare come spesso vi siano delle carenze per quanto riguarda l’accesso alle informazioni e ai diritti del malato che complicano la possibilità per le famiglie di poter accedere ai servizi necessari.Altri elementi emersi sono stati: il ruolo importante del volontariato nel supportare le strutture presenti sul ter-ritorio, l’importanza della compartecipazione ma anche l’attenzione a non pesare troppo sui bilanci delle fami-glie, l’esigenza di aiuti più consistenti alla famiglia in termini non solo monetari ma anche attraverso normative adeguate ai bisogni una volta venuto a mancare il sostegno familiare. Altri partecipanti ancora hanno rilevato una sostanziale difformità territoriale e una discontinuità nella risposta ai bisogni, la necessità di prestare mag-giore attenzione all’abbattimento delle barriere architettoniche (marciapiedi e accessi ai mezzi pubblici). Altri aspetti emersi sono stati infine l’obiettivo di sviluppare una rete degli specialisti e un maggiore investimento verso gli inserimenti lavorativi anche verso il mondo del lavoro di qualità. Non presi in considerazione la presenza di psicomotricisti convenzionati, il futuro dei disabili (quando il disabile rimane senza supporto della famiglia e dei parenti, il cosiddetto “dopo di noi”) ed il tempo libero diversificato a seconda delle possibilità della condizione del diversamente abile.

DOMANDA 3PENSANDO SOPRATTUTTO AL FUTURO, QUALI SONO I BISOGNI LEGATI ALLE DIVERSABILITÀ? QUALI LE PRIORITÀ SECONDO LA VOSTRA OPINIONE?

Secondo i partecipanti vi sono una pluralità di bisogni legati alle diversabilità e dunque più priorità da tenere in con-siderazione:- creare dei progetti individualizzati e che abbiano una continuità temporale per fare emergere le capacità del disabile attraverso un adeguato sostegno scolastico utile per l’inserimento nella società. Successivamente ga-rantire una minima sostenibilità economica e sociale attraverso gli inserimenti lavorativi e l’incentivazione delle opportunità per una vita il più possibile autonoma e indipendente che potrà garantire loro un futuro dignitoso quando verrà a mancare la famiglia (cosiddetto “dopo di noi”). A tal proposito, le proposte dei partecipanti sono

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di due tipi: prevedere strutture (in questo caso alcuni partecipanti evidenziano come sia importante che il numero di residenti sia ridotto, massimo 5-6) oppure favorire il mantenimento nella loro abitazione con aiuti mirati;- garantire un supporto maggiore alle famiglie sulle cui spalle grava maggiormente il peso dell’assistenza di base ai diversamente abili con interventi mirati e continuativi;- garantire una maggiore sensibilizzazione della società sulla diversabilità perché spesso c’è bisogno di una rispo-sta di tipo culturale-informativa (es. alcolismo).Altri aspetti emersi hanno riguardato: la necessità di un adeguamento delle strutture pubbliche alla fruibilità delle persone disabili, un aiuto psicologico alle famiglie colpite da traumi, assistenti sociali più “presenti” e infor-mati, la previsione di forme di compartecipazione alla spesa da parte degli utenti, una maggiore integrazione tra sociale e sanitario in modo che vi sia una spesa equilibrata nei due ambiti, dare una centralità al sociale che potrebbe avere rispetto ad altri settori la capacità di svolgere un’importante azione di prevenzione (anche nelle po-litiche urbanistiche). Sono state sollevate infine tematiche quali una maggiore programmazione e coinvolgimento dei diversi settori della vita comunitaria (sociale, culturale, economico-fiscale, urbanistico) e dei diversi sog-getti attivi sul territorio (pubblici, privati, del terzo settore e del volontariato), una più stretta collaborazione tra la politica, gli operatori sanitari e sociali, un potenziamento dell’informazione sui servizi e sui percorsi socio sanitari presenti sul territorio.

PLENARIAUn partecipante precisa come la non esaustività della risposta dovrebbe essere interpretata, secondo il suo punto di vista, soprattutto a causa della limitatezza dei posti nelle strutture, mentre la non tempestività della risposta in base ad una carenze di risorse.Viene segnalata una difformità sul territorio ovvero delle differenze tra i vari comuni in termini di risposte ai bisogni, di accesso e conoscenza delle informazioni. Relativamente all’aspetto dell’informazione e dell’orienta-mento si sottolinea come sarebbe importante potenziare e coordinare i vari strumenti.Viene precisato che nessun centro sul territorio è gestito dal volontariato ma come questo svolga un ruolo impor-tante al fianco delle istituzioni.Si precisa che andrebbero approfondite maggiormente le cause della disabilità attraverso delle ricerche ed una mag-giore analisi delle diverse forme di disabilità.Viene fatto notare come gli operatori mostrino di non essere troppo aggiornati sulla materia e poco coordinati (si parla soprattutto degli operatori al telefono).La risposta ai bisogni sembra essere rivolta maggiormente a singoli interventi e non all’elaborazione di un progetto (bassa integrazione tra gli interventi). In una situazione del genere la riabilitazione risulta essere uno degli aspetti meno presi in considerazione.Un partecipante sottolinea come per i bambini sia carente l’aspetto relativo alla logopedia.Si sottolinea la condivisione del criterio della compartecipazione ma si fa notare come sia necessario non chie-dere altre risorse ai familiari per non pesare troppo su di loro.Per quanto riguarda gli assistenti sociali si evidenzia una carenza in termini di presenza e di informazioni rispetto agli utenti che hanno di fronte. Questa situazione deriverebbe dall’elevato turn over cui sono sottoposti.Per quanto riguarda l’integrazione tra sociale e sanitario si sottolinea come spesso si spenda troppo per la parte sanitaria e meno per la parte sociale. Le risorse dovrebbero invece essere ottimizzate ed il sociale potrebbe essere centrale rispetto ad altri settori perché potrebbe avere la capacità di svolgere un’importante azione di pre-venzione. Inoltre sarebbe necessario prevedere il rispetto di alcuni criteri in tutte le politiche ad esempio nelle politiche urbanistiche (modalità di costruire).

Altri aspetti evidenziati sono stati relativi rispettivamente all’importanza di progetti di sensibilizzazione della

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società sulla materia, la garanzia del sostegno scolastico fino ad oggi garantito, un supporto maggiore alle famiglie anche di tipo psicologico, un maggior investimento sul dopo di noi, una maggiore differenziazione degli inserimenti.La struttura in Via Piave viene vista infine come un buon esempio da riprodurre.

CONSIDERAZIONE FINALII partecipanti hanno messo in evidenza una pluralità di aspetti e di azioni da mettere in atto. Riportiamo quelli più condivisi. Complessivamente emerge come sia necessario garantire una continuità ed una integrazione degli interventi sul soggetto elaborando progetti di vita individualizzati e diversificati in base ai bisogni. Fino ad oggi, invece, la risposta sembra essersi rivolta soprattutto a singole azioni sull’individuo (con una discontinuità di pre-senza da parte degli assistenti sociali a causa dell’alto turn over) e, in una situazione del genere, la riabilitazione sembra essere stata una degli aspetti meno presi in considerazione.Condivisa è risultata essere l’importanza di sviluppare le capacità dei diversamente abili attraverso un percorso che vada da un adeguato sostegno scolastico utile per l’inserimento nella società, ad inserimenti lavorativi, all’incentivazione di una vita il più possibile autonoma e indipendente capace di garantire un futuro dignitoso quando verrà a mancare la famiglia ( “dopo di noi”).È emersa anche una difformità territoriale nella risposta ai bisogni nei vari comuni. Una maggiore azione a rete dei soggetti (volontariato e i diversi settori della vita comunitaria sociale, culturale, economico-fiscale, urbanistico oltre ad una rete degli specialisti), ed un potenziamento degli strumenti di informazione e orientamento potreb-bero essere delle possibili soluzioni.L’incontro ha messo in evidenza anche la questione relativa alla compartecipazione degli utenti alla spesa; i par-tecipanti sono favorevoli anche se sottolineano la necessità di prevedere forme eque di compartecipazione. Altro elemento di riflessione è stato il rapporto tra la dimensione sociale e quella sanitaria. A tal proposito, è stato sottolineato come gli interventi sociali possano avere anche una capacità di prevenzione rispetto ai bisogni dei cittadini (ad esempio nelle politiche urbanistiche e nella modalità di costruire). Per quanto riguarda le strutture, i partecipanti hanno rilevato una presenza tutto sommato soddisfacente sul terri-torio con alcune “buone pratiche” (la struttura ANFAS, i Centri diurni, la Casa famiglia in Via Piave) anche se sarebbe necessario ampliare i posti a disposizione (in modo da fornire alle famiglia un sostegno anche nei casi di bisogni occasionali). Nonostante questo, è emersa la necessità di prevedere altre strutture (soprattutto di tipo sperimentale come la convivenza di piccoli gruppi di diversamente abili). Relativamente a questo aspetto, altri partecipanti hanno sottolineato la necessità di favorire il mantenimento nella loro abitazione con aiuti mirati.Condivisa l’idea che vi sono diverse forme di disabilità e come sia importante garantire una risposta anche alle di-sabilità più rare e a quelle più gravi.Altri aspetti emersi hanno riguardato: la necessità di provvedere al superamento delle barriere architettoniche, ad azioni di sensibilizzazione della comunità locale sulla diversabilità e alla necessità di aiuti più consistenti alle famiglie in termini non solo monetari ma anche di figure specializzate, di formazione degli operatori che stanno a contatto quotidianamente con l’utenza e di sostegno psicologico.

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CONSIDERAZIONI FINALI DEL PERCORSO PARTECIPATIVO

Dall’analisi delle riposte e istanze prevalenti, emerse nei vari incontri, si è cercato di raccogliere queste brevi considerazioni finali suddividendole per tematiche principali consapevoli di aver elaborato una sintesi com-plessiva che naturalmente non ha tenuto conto di situazioni personali e che hanno comunque contributo alle discussioni dei vari gruppi di lavoro. Il criterio di selezione delle osservazioni e istanze dei cittadini ha quindi privilegiato i temi maggiormente ricorrenti e di interesse generale. SVILUPPO DELLE AUTONOMIE E INCLUSIONE SOCIALEProcedendo ad un confronto degli incontri, emerge che la necessità dello sviluppo delle autonomie è un tema condiviso da tutti i partecipanti. In base alla gravità, si ritiene importante riuscire a valorizzare il più possibile le abili-tà delle persone diversamente abili attraverso una serie di interventi e di azioni (dove praticabili) quali: inserimenti lavorativi, inserimenti socio-terapeutici, inclusione nel contesto sociale e nella comunità. Fino ad oggi, la dimensione relativa all’inclusione sociale risulta essere stata maggiormente perseguita mentre più compli-cato appare essere l’aspetto relativo al lavoro, soprattutto in riferimento alle disabilità più gravi e di tipo mentale o socio-relazionali (positivi in generale i risultati con le disabilità medio-lievi soprattutto fisiche). Per quanto riguarda le disabilità di tipo mentale lieve si pone poi un problema anche di emersione e riconoscimento in quanto, in molti casi, meno evidenti.

DOPO DI NOIRicorrente è il tema del cosiddetto “dopo di noi” per dare una risposta ai bisogni del diversamente abile una volta venuto a mancare il sostegno della famiglia e dei parenti. Al fine di garantire lo sviluppo delle autonomie e con-seguentemente dare loro la possibilità di poter essere indipendenti, molti partecipanti sottolineano l’importanza di sperimentare case/piccoli appartamenti con un numero ridotto di persone collocati in un contesto residenziale (vicini a negozi e servizi) con la presenza di operatori e di assistenza.

RETE TERRITORIALEGli incontri sembrano indicare anche la necessità di sviluppare un’azione a rete sul territorio dei servizi, tra comuni, istituzioni, volontariato e soggetti privati, tra le varie professionalità e operatori che si occupano di disabilità (medico di base e assistente sociale). Questa azione, secondo i partecipanti, avrebbe la capacità di garantire una migliore risposta alle necessità dei cittadini. Molti partecipanti hanno sottolineato infatti come una criticità sia l’accesso e l’orientamento alle informazioni riguardo alle possibilità offerte dal territorio attualmente non strutturati al massimo delle potenzialità. Un’azione a rete consentirebbe inoltre di dare risposte più continue agli utenti. Da questo punto di vista, un ulteriore elemento emerso è stato l’elevato turn over degli assistenti sociali che ha provocato problemi nella continui-tà e uniformità delle risposte assistenziali. Una loro maggiore stabilità sul territorio oppure la creazione di una banca dati comune a disposizione di tutti gli operatori, potrebbero essere delle proposte per un miglioramento dell’accesso ai servizi. L’assistente sociale viene comunque visto come quel soggetto che dovrebbe coordinare i vari interventi ed ambiti in base al progetto individuale di vita, accompagnando e sostenendo le famiglie nella scelta dei percorsi da prendere e nelle decisioni.

STRUTTURE RESIDENZIALI E SEMIRESIDENZIALI / DOMICILIARITÀRelativamente all’aspetto delle strutture emerge come queste, pur presenti e capaci di dare una risposta ad alcuni bisogni presenti sul territorio, abbiano la necessità di un adeguamento quali-quantitativo della loro offerta. Tra le strutture, i partecipanti indicano anche delle “buone pratiche” capaci di rispondere in modo adeguato ai bisogni degli utenti quali la comunità alloggio alle Caldine, il centro il Gabbiano e Pontanico a Fiesole, la casa famiglia in via Piave e la struttura ANFAS a Sesto Fiorentino. Quello che sembra emergere è che sarebbe importante che le strutture sul territorio seguissero alcuni criteri di riferimento:- strutture con progetti ed attività interne (“strutture vive, non parcheggi”);- differenziazione per tipologia di utenza.Dagli incontri svolti sono emerse sostanzialmente due posizioni: la prima che sottolinea come sia importante poten-ziare la presenza delle strutture sul territorio (o comunque l’aumento dei posti di accoglienza); la seconda sembra

Campi Bisenzio - Villa Moltalvo

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sottolineare la necessità di favorire il mantenimento della persone diversamente abile all’interno del con-testo familiare con la presenza di operatori e di assistenza domiciliare. Qualsiasi sia la risposta, in struttura o a domicilio, l’aspetto ricorrente è che vi sia la possibilità di avere una risposta diversificata e continuativa (attraverso servizi permanenti) a seconda del bisogno e che vi sia un sostegno almeno di tipo psicologico al diversamente abile e alla famiglia.

ASSISTENZA SPECIALISTICALe necessità specialistiche, prevalentemente di tipo sanitario, risultano sostanzialmente soddisfatte ma appare deficitaria la gestione complessiva dei bisogni del paziente. In particolare, gli aspetti farmacologici e medico-sanitari (come ad esempio gli ausili) ed in generale la fornitura farmaceutica, anche se con alcune problematiche di tipo burocratico per la loro concessione e la riduzione progressiva delle risorse, trovano una risposta positiva tra gli utenti.Mentre un aspetto critico risulta essere la dimensione relativa alla riabilitazione che nella ,maggior parte dei casi, evidenzia dei deficit rispetto ai bisogni dei cittadini sul territorio. Sulla criticità di questa pesa soprattutto la precarie-tà del percorso personalizzato sul soggetto che fatica ad avere accesso a percorsi strutturati e a centri specializzati.

SOSTEGNO ALLE FAMIGLIELe necessità di sostegno sociale per le famiglie trovano invece riposte più sporadiche e frammentarie seb-bene il sostegno richiesto sia in alcuni casi anche semplicemente di tipo temporaneo per dare momenti di tranquillità e normalità e permettere il più possibile di conciliare i tempi di vita con quelli del lavoro.

ASSISTENZA SCOLASTICA ED EXTRASCOLASTICA La maggior parte dei partecipanti sembrano essere concordi sul fatto che, fino al compimento della maggiore età, la risposta ai bisogni principali sia in qualche modo garantita. In particolare, sembra essere soddisfacente in tutti gli incontri svolti l’assistenza scolastica anche se, a causa di risorse sempre minori e alla limitatezza temporale del sostegno (secondo i tempi e gli orari scolastici appunto), sono emersi dei casi in cui è stato compromesso il regolare percorso di assistenza.

PIÙ TIPI DI DISABILITÀAltro elemento che sembra emergere in tutti gli incontri riguarda la multidimensionalità della disabilità. Vi sono diverse tipologie di disabilità e tutte meritano di essere prese in considerazione. Ricorre tra i partecipanti che, tutto sommato, le disabilità fisiche siano in qualche modo prese in considerazione mentre quelle mentali e socio-relazionali abbiano meno risposte. Ancora più difficile per le disabilità derivanti da malattie rare o con necessità specifiche particolari difficilmente ascrivibili a standard riconosciuti.

BARRIERE ARCHITETTONICHEAnche per quanto concerne l’aspetto relativo all’abbattimento delle barriere architettoniche, i partecipanti hanno evidenziato una pluralità di criticità riscontrabili, oltre che nel contesto urbano (strade, marciapiedi, fermate autobus), anche all’interno delle strutture pubbliche. I partecipanti hanno sottolineato infatti come, oltre a fattori propri dell’individuo, sia molto importante anche l’ambiente esterno e la sua capacità di includere la maggior parte dei soggetti.

IL VOLONTARIATOAlcuni incontri hanno inoltre messo in risalto il ruolo importante che ha e che deve giocare il volontariato non solo come attore di una rete locale in cui l’istituzione pubblica viene vista come elemento centrale del sistema, ma anche come elemento di sensibilizzazione della comunità locale soprattutto a partire dalla scuola. Accanto alla famiglia, sulla quale ricade comunque il peso maggiore dell’assistenza, vi è il volontariato che molti partecipanti sentono come elemento determinante nel fornire loro un sostegno.

Le risposte date dai partecipanti ai singoli incontri sono pubblicate integralmente sul sito

www.sds-nordovest.fi.it/ideeperlasaluteFiesole - Palazzo Comunale, Sala del Basolato

Per info: tel 055 4498205, fax 055 4498223e-mail [email protected] sito internet www.sds-nordovest.fi.it/ideeperlasalute

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