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I SEGRETI DELLA LUNGA VITA

I SEGRETI DELLA LUNGA VITA · I SEGRETI DELLA LUnGA VITA 15 La società e le nuove età della vita 16 Longevità e senso della vita 24 Mario Pappagallo LE FRonTIERE ScEnTIFIchE DELLA

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I SEGRETI DELLA LUNGA VITA

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Testi

Umberto Veronesi

I segreti della lunga vita

Mario Pappagallo

La mia longevità, intervista a Umberto Veronesi

Le frontiere scientifche della lunga vita

Francesca Saporiti / Redint studio Milano

Il manuale della longevità

Responsabile editoriale: Roberto De Meo

Progetto grafco, impaginazione: Enrico Albisetti

Redazione: Patrizia Vallario

Avvertenze

Questo non è un libro di autoterapia: ogni indicazione curativa qui descritta va

vagliata con l’aiuto del proprio medico curante. L’Editore declina ogni responsabilità

per qualsiasi uso improprio del testo.

www.giunti.it

© 2015 Giunti Editore S.p.A.

Via Bolognese 165 - 50139 Firenze - Italia

Piazza Virgilio 4 - 20123 Milano - Italia

Prima edizione: marzo 2015

Ristampa Anno

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Stampato presso Giunti Industrie Grafche S.p.A.

Stabilimento di Prato

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UmbERTo VERoNESImARIo PAPPAGALLo

I SEGRETI DELLA LUNGA VITA

ComE mANTENERE CoRPo E mENTE IN bUoNA SALUTE

CoN “IL mANUALE DELLA LoNGEVITÀ”

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Sommario

Mario Pappagallo

LA MIA LonGEVITà 7

Intervista a Umberto Veronesi

Umberto Veronesi

I SEGRETI DELLA LUnGA VITA 15

La società e le nuove età della vita 16

Longevità e senso della vita 24

Mario Pappagallo

LE FRonTIERE ScIEnTIFIchE DELLA LUnGA VITA 33

Dalla flosofa alla pratica 34

Diventare centenari: ora si può? 40

La ricerca scientifca e la pratica 69

conclusioni 88

glossario dei termini scientifici 90

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IL MAnUALE DELLA LonGEVITà 97

0-12 L’infanzia 99

13-21 La giovinezza 115

22-45 L’età adulta 129

46-65 L’età matura 145

66-75 La meglio gioventù giogioventù 159

76-85 La terza età 173

85+ Il traguardo del secolo del secolo 185

indice degli argomenti 197

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avvertenza: Le parole sottolineate all’interno del testo vengono spiegate nel Glossario dei termini scientifci a p. 90.

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La mia longevitàIntervista a Umberto Veronesi di Mario Pappagallo

caro professore, sono note le sue scelte per quanto riguarda

l’alimentazione e i corretti stili di vita, ma da bambino e poi da

adolescente è sempre stato vegetariano?

Sì, ma non è stata certo una scelta legata alla salute. Da bambino

ho vissuto una dimensione che oggi, nell’era virtuale, è scono-

sciuta ai più piccoli: vivevo in una cascina lombarda e i miei primi

amici sono stati gli animali, che mi hanno fatto sperimentare il

calore e l’affetto di cui sono capaci. E non parlo solo di cani e

gatti, ma anche di vitellini, maiali e agnelli.

ho imparato così che tutti i mammiferi hanno un’emotività e una

fsicità che manifestano in comportamenti molto simili ai nostri,

come la gelosia, ad esempio. Per questo, appena ho avuto un

barlume di coscienza, mi sono categoricamente rifutato di man-

giare esseri viventi che amavo. Ancora oggi non mi capacito di

come la gente si scandalizzi quando chiedo se mangerebbero il

proprio cane o il proprio gatto, ma non si faccia problemi a ingoia-

re un tenero agnellino appena tolto dalle mammelle della madre.

Inoltre, già da bambino, rifutavo la violenza, e dunque il massa-

cro degli animali compiuto per trasformarli in cibo per uomini era

per me inaccettabile. Lo è ancora adesso, naturalmente.

Penso infatti che una visita ai macelli dovrebbe essere d’obbligo

nei percorsi scolastici: credo che nessun giovane possa restare

indifferente alla crudeltà di un mattatoio.

Lo scrittore Safran Foer ha iniziato la sua conversione da ame-

ricano carnivoro a nuovo portavoce del vegetarianesimo proprio

sull’onda del dolore straziante osservato negli allevamenti intensi-

vi e nei macelli. ha scritto un libro, pubblicato in Italia con il titolo

Se niente importa, che ho letto tutto d’un fato e consiglio a tutti.

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i Ha mai fumato?

Sì, come tutti quelli della mia età. nell’Italia degli anni ’40, povera

e tormentata dalla guerra, la sigaretta era uno status symbol,

un segno di modesto benessere. Per la sensualità del gesto di

portare alla bocca qualcosa che si trasformava in nuvole di fumo,

aveva anche la valenza di un richiamo sessuale, in un mondo in

cui il sesso era ancora un tabù.

Per i soldati al fronte poi era un premio che lo stato concedeva

per consolarli dal freddo, dalla fame e dalla paura.

noi ragazzi eravamo del tutto ignari di essere nel bel mezzo dello

scoppio dell’epidemia del secolo, e non contavamo le sigarette,

che costavano poche lire. In realtà ho fumato anche da adulto,

fno ai 35, 40 anni perché, insieme a mia moglie, ero un gioca-

tore appassionato di bridge e l’atmosfera del gioco invogliava in

effetti ad accendere la “bionda”.

Appena però mi sono reso conto dei danni alla salute, ho smesso

senza alcun problema, da un giorno all’altro, con un atto di vo-

lontà. non potevo sopportare l’idea di essere dipendente da una

sostanza che poteva farmi soffrire e morire. ho sempre defnito

smettere di fumare un gesto di libertà.

Ha provato, anche solo una volta, qualche droga?

no mai, non ci ho mai neppure pensato. La droga non circolava

negli ambienti della mia giovinezza, e da adulto mi sono sempre

preoccupato di tenere i miei fgli lontani da eroina e Lsd, le dro-

ghe degli anni ’70.

ritiene che lo stile di vita giovanile possa avere infuenza sulla

qualità della longevità?

certo, moltissimo. Io penso che la mente abbia un’età indipen-

dente da quella del corpo, ed è quella che più conta per la qualità

della longevità.

Se noi iniziamo da adolescenti, come ho fatto io, a porci delle do-

mande, a mettere in dubbio tutto, a non dare niente per scontato

e a impegnarci per costruire un nostro sistema autonomo di pen-

siero; se continuiamo per tutta la vita adulta a cercare, studiare,

interrogarci; se non ci sentiamo mai “arrivati”, soddisfatti e paghi,

allora tanto più continueremo a essere mentalmente attivi anche

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ITàda anziani, quando il nostro bagaglio di esperienza e di sapere è

più ricco e articolato, e dunque i dubbi più profondi.Io sono stato un adolescente per così dire “vivace”: sono stato bocciato due volte al liceo classico perché trovavo la scuola di allora nozionistica e noiosa. Sono stato arruolato mio malgrado, ma appena ho potuto, sono passato alla Resistenza. ho uno spirito “ribelle”, non in senso violento, sono anzi sono un pa-cifsta al 100%, ma piuttosto “anticonformista”: sono portato a trasgredire, cioè a non adeguarmi alle regole che non capisco e non condivido.Questo mio modo di essere e soprattutto di pensare mi ha fatto spostare le età della vita. ho creato l’Istituto Europeo di oncologia a 65 anni, quando i miei coetanei andavano in pensione, poi la mia Fondazione per il progresso delle Scienze a 78 anni, e oggi a 89 ho ancora nuovi progetti da realizzare.

Quale attitudine mentale ritiene importante per vivere a lungo?

la curiosità, per esempio?

La curiosità è certamente importante. Ma è essenziale la pro-pensione al dubbio, che è l’altra faccia della trasgressione a cui ho accennato prima. Trasgredire signifca “andare oltre”, dunque prima di tutto mettere in discussione una regola, un dogma, una consuetudine.La trasgressione è secondo me la base della creatività, cioè la capacità di produrre idee – che si possono esprimere in pensieri strutturati o in forme artistiche –, che è la misura della giovinezza della mente.Se non fossi stato trasgressivo, probabilmente non avrei messo in dubbio il dogma della mastectomia – la rimozione della mam-mella e dei muscoli del torace in caso di tumore – e non avrei ri-voluzionato l’approccio della cura del cancro dimostrando che, in caso di tumori piccoli, si poteva ottenere lo stesso risultato onco-logico asportando soltanto una parte della ghiandola mammaria.Per tutta la vita ho messo in dubbio le certezze che dominava-no la medicina e ho lasciato che la mia mente cercasse nuove soluzioni, libera da retaggi e condizionamenti. ci vogliono anche costanza e perseveranza, doti fondamentali per mantenere salda la propria autonomia di pensiero nel tempo.

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i Quale ruolo ha la sfera emotiva?

ha un ruolo fondamentale perché i sentimenti sono il pilastro

della vita affettiva, elemento imprescindibile della buona longe-

vità. Amare e sentirsi amati è il miglior antidoto contro la tristezza

della senilità, perché ci fa superare il ripiegamento su noi stessi

e i nostri mali – che il corpo decada è inevitabile, e non è mai

un processo piacevole – per qualcosa che va oltre la nostra

persona.

nel mio caso, ad esempio, credo sia vero che i fgli sono “il

bastone della vecchiaia”. ho 7 fgli e 16 nipoti, che sono per me

uno stimolo continuo: le loro diffcoltà da superare, le loro gioie

da condividere danno un senso di responsabilità, che è il pilastro

della senilità.

Più in generale, tutti gli stimoli emotivi, come l’amore fra donna

e uomo, hanno un infusso positivo sulla gioventù dell’organismo

perché rinforzano il legame naturale con la vita; ma non bisogna

dimenticare che anche un flm, un libro, una melodia, la bellezza

in generale, possono regalare emozioni benefche.

e lo stress?

Lo stress può essere un elemento positivo. Alcuni studiosi so-

stengono che lo stress, inteso come l’essere molto coinvolti e

pieni di obiettivi da raggiungere, sia un fattore pro longevità. Altri

sottolineano però che lo stress cronico alimenta lo stress ossi-

dativo e altri aspetti che tradizionalmente vengono considerati

piuttosto fonti di invecchiamento.

Qui dobbiamo intenderci sul concetto di stress. Lo stress ossi-

dativo è una cosa, lo stress inteso come tensione verso una meta

è un’altra. Il discorso si farebbe lungo e complesso.

Io resto convinto che ritirarsi dalla vita attiva e dedicarsi ad at-

tività che non comportano motivazione, impegno e soprattutto

responsabilità verso se stessi e gli altri, sia un fattore aggravante

dell’invecchiamento.

Io vivo ancora in “overbooking” permanente: la mia giornata è

sempre piena di impegni che si incastrano o si sovrappongono

l’uno con l’altro.

Sono sempre stato un eclettico e non sono cambiato, anche se

ho ovviamente rallentato i miei ritmi.

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ITàQuanta attività fsica ha fatto da giovane? la fa anche adesso?

Da giovane ero molto sportivo. Sono stato campione di canottag-gio e poi amavo lo sci, lo sci d’acqua, l’alpinismo e le scalate. ora non faccio attività fsica perché metterei a rischio la mia salute: penso sia importante saper misurare le proprie forze e adattarsi. Faccio il movimento strettamente necessario alla mia età.

e il cervello lo allena?

certamente. In questo caso non ci sono limiti imposti dall’età e trovo che questo sia molto consolante. Faccio esercizi di logica come il sudoku, e poi leggo, approfondisco e coltivo le mie pas-sioni, come lo studio delle religioni e la loro storia, o il cinema.Inoltre scrivo moltissimo: poesie – che ho sempre composto e poi buttato via – testi scientifci, saggi e libri divulgativi. Mi piace di-battere con i miei amici, i miei fgli, i miei collaboratori: il confronto con gli altri mi ha sempre arricchito, e mi arricchisce tuttora.Molti dei miei scritti e le posizioni che ho assunto pubblicamente nella mia vita hanno avuto precisamente lo scopo di aprire il dibattito, perché sono convinto che da lì nascano le nuove idee. Sono un sostenitore del “principio dell’agorà” greca.

che cosa e quanto mangia nell’arco della sua giornata?

Mangio una volta al giorno, complessivamente poco e rigorosa-mente vegetariano. Poiché l’ho sempre apertamente dichiarato, sono stato attaccato dai nutrizionisti che sostengono, probabil-mente a ragione, che il pasto unico non è una buona abitudine alimentare. Io però non ho mai affermato che questa mia abitu-dine fosse una scelta dettata dalla salute.Sostengo che bisogna mangiare poco, ma sulla scansione dei pasti non sono un esperto: ho un atteggiamento del tutto per-sonale verso il cibo. Per me mangiare è un premio, un atto di gioia, convivialità e socializzazione e dunque, se devo mangiare da solo, piuttosto non mangio.Avendo fatto il chirurgo per tutta la vita, mi riusciva diffcile con-sumare il pasto insieme ai colleghi, perché i tempi della sala operatoria erano sempre incerti, così mi sono abituato a saltare il pranzo durante il giorno, per mangiare poi a casa alla sera, con la mia famiglia.

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i In secondo luogo, mangiare è per me un gesto etico. Per questo mi rifuto di cibarmi di esseri viventi che amo, come ho già detto, e che inoltre rappresentano un alimento non sostenibile per il pianeta. Il consumo di carne aumenta l’ingiustizia alimentare, che fa sì che oltre un miliardo di persone muoia di fame e altrettante muoiano per eccesso di alimentazione. non posso sopportare questo paradossale squilibrio, e questo è un motivo ulteriore per cui la carne mi ripugna.Mi piacciono invece i cibi semplici della dieta mediterranea: gli spaghetti al pomodoro e la pizza, ad esempio.

Pratica il digiuno?

Sì, una volta alla settimana. Lo faccio perché un giorno alla set-timana di digiuno contribuisce a purifcare l’organismo e aiuta a controllare il proprio istinto.È una pausa per il fsico e un buon esercizio per la mente. Im-porsi un certo tipo di cibo, qualsiasi sia la motivazione, o meglio ancora, imporsi la rinuncia totale, è una forma di controllo del pensiero sul corpo, e dunque una base importante per concen-trarsi mentalmente e meditare.La meditazione richiede la capacità di liberarsi da molti condizio-namenti della vita quotidiana e il bisogno di mangiare – in genere più di quanto è strettamente necessario al nostro corpo – un certo numero di volte al giorno è uno di questi.Il digiuno rende la mente più forte e più libera, dunque, più che una regola alimentare è per me un modo per forgiare il carattere, anche se la salute sicuramente ne trae giovamento. Se il corpo si purifca con alimentazione sana e digiuno, la mente diventa più effciente, e questo è importante: ho già spiegato, infatti, come ritengo che la nostra età corrisponda a quella della nostra mente.

nel suo lavoro si instaurano rapporti empatici con i pazienti,

quanti stimoli positivi riceve da questi scambi emotivi? guarire

un malato di tumore le regala energia vitale?

In parte ho già risposto, perché lo scambio emotivo con un pa-ziente è della stessa natura degli altri stimoli emotivi che ti ten-gono saldamente attaccato alla vita. Una persona malata che si affda a te, ti fa sentire importante, a volte insostituibile, e questa

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ITàpercezione ti allontana infnitamente dal rifuto della vita.

certamente la stessa persona trasferisce su di te anche la sua sofferenza e tu devi fartene carico; ma si tratta di un carico e non di un peso. Quindi sicuramente un malato di tumore può pa-radossalmente regalare energia vitale, anche quando lo si cura, non solo quando lo si guarisce.

da 1 a 10 quanto incide il lavoro sulla longevità?

Direi 8, se è un lavoro che motiva, come il mio. È un lavoro particolare infatti, perché c’è la componente di ricerca e studio, che tiene in allenamento la sfera razionale della mente, e c’è la componente sentimentale di cui abbiamo appena parlato, che incide positivamente sulla sfera emotiva.

Quanto può essere negativo svolgere un lavoro che non ci piace?

In questo caso il “voto” scende, perché la mente non è stimolata. Tuttavia, nell’atto stesso di svolgere un lavoro rimane una com-ponente essenziale per la giovinezza mentale: la responsabilità. ho già accennato prima a questo concetto, parlando degli affetti, ma a proposito del lavoro il tema va approfondito maggiormente.ciò che può rendere penoso vivere a lungo è il fatto che per-dendo il lavoro si perde il proprio ruolo sociale. Improvvisamente a nessuno interessa più ciò che pensiamo, diciamo, facciamo perché appunto socialmente non abbiamo una responsabilità o un dovere, se non verso noi stessi e i nostri affetti. A me non è successo perché rappresento un caso a sé, ma ho visto tanti miei amici vivere il giorno in cui sono andati in pensione come il giorno della sentenza in un tribunale: fno a ieri eri una persona, oggi sei un assassino.Per questo penso che ognuno dovrebbe svolgere il proprio lavoro, qualunque esso sia, il più a lungo possibile. Anche se ciò com-porta una rivoluzione del sistema del welfare.

a parte il patrimonio genetico, quanto i genitori possono in-

fuenzare il futuro di buona salute dei fgli?

Possono infuenzarlo moltissimo con i comportamenti. Per la madre in particolare gli stili di vita, come alimentazione corretta e niente fumo, hanno un effetto diretto sulla salute del feto. Ma

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i anche il padre e la coppia genitoriale hanno un’infuenza sullo

stato di salute dei fgli, prima di tutto attraverso l’esempio. Può

essere credibile un genitore che invita il fglio a non fumare, con

la sigaretta in bocca? Io penso di no.

E in seguito con l’educazione ai comportamenti corretti, che

inizia in famiglia, sin dai primi anni di vita, ma continua anche

quando la scuola, gli amici e gli altri ambienti sociali diventano

determinanti.

rifarebbe tutto quello che ha fatto fnora? a posteriori cam-

bierebbe qualcosa?

Rifarei tutto e non cambierei nulla.

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Umberto Veronesi

I SEGRETI

DELLA LUnGA VITA

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La società e le nuove età della vita

LonGEVITà E DEMoGRAFIA

Se la longevità è un bene come principio, nella realtà può essere un bene o un male a seconda delle condizioni in cui la raggiun-

giamo. L’aumento della durata media della vita è una delle con-quiste più importanti della nostra era, ma è allo stesso tempo una delle maggiori sfde per i sistemi di welfare dei paesi occidentali.In effetti, la gestione di vite lunghe 90 o 100 anni è un fenomeno, se non inedito, molto recente. non c’è da stupirsi del fatto che non ci siano ancora una cultura e una organizzazione sociale che tengano conto di una maggiore durata della vita. nel 1950 l’aspettativa di vita alla nascita per una bambina – le femmine sono più longeve – era di 65 anni, mentre oggi è di 103 anni.In base al rapporto onu sulla demografa del 2011, in media – dunque maschi e femmine – chi nasceva in Italia a metà del secolo scorso poteva sperare di vivere circa 60,4 anni. oggi l’aspettativa di vita media è salita a 82 anni, nel 2050 sarà 86,2 anni, nel 2100 90,6 anni.

nel 1950 l’età media degli italiani era 28,6 anni, oggi è 43,2 anni, nel quinquennio 2035-2040 sarà 50,3 anni. Quindi nel 2040 il 38,6% degli italiani avranno oltre 60 anni, mentre oggi sono il 28,5%. nel 2050 gli ultraottantenni saranno il 12,9%, più di uno ogni 8 persone. Sono previsioni attendibili, almeno per i prossimi 20 o 30 anni, perché le persone che saranno adulte nel 2030-2040 sono già nate, ed è diffcile immaginare che le condizioni di vita cambieranno sostanzialmente nei prossimi decenni. Anzi, non potranno che migliorare.

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AA livello mondiale nel 2008 le persone al mondo con più di 60 anni erano 766 milioni. nel 2030 saranno un miliardo e 400 milioni. La commissione Europea prevede che entro il 2050 il tasso medio europeo di “dipendenza” degli anziani sarà attorno al 50%: se oggi ci sono circa 4 persone in età attiva per ogni persona over 65, nel 2050 saranno solo 2.nel nostro paese gli over 65 sono circa 11 milioni, di cui il 30%, quindi 3 milioni, sicuramente potrebbe ancora essere attivo e produrre ricchezza intellettuale ed economica per se stessi e per la collettività.

LA RIVoLUZIonE DEL MonDo DEL LAVoRo

Questo scenario può diventare un dramma perché impone ai sistemi sociali di dedicare una parte importante delle risorse

rese disponibili dai giovani per mantenere i vecchi.che cosa hanno fatto fno ad ora a questo riguardo i paesi occi-dentali? La prima misura adottata è stata l’aumento della età della pensione. La Germania, che ha previsioni demografche analo-ghe alle nostre, ha per prima provveduto a innalzarla a 67 anni. La stessa cosa, in linea di massima, ha fatto in Italia il governo Monti con la legge Fornero.La stessa decisione è stata presa da Stati Uniti e norvegia, anche se questi paesi nel 2040 avranno rispettivamente un’età media di 40 e 42 anni, di 10 anni inferiore alla nostra. In molti paesi si discute addirittura se portare l’età della pensione a 70 anni. Io credo che l’innalzamento dell’età pensionabile sia una soluzio-ne-tampone perché comporta comunque un ritardo nel ricambio generazionale, in quanto i vecchi occuperanno più a lungo posi-zioni destinate ai giovani. Penso invece che la longevità richieda una rivoluzione profonda e radicale di tutto il mondo del lavoro, che sta comunque cambiando direzione, con o senza longevità.

L’utilizzo crescente della tecnologia in ogni settore dell’attività umana sta creando a ritmi rapidissimi un mutamento profondo del ruolo delle risorse umane, come è già accaduto a seguito

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a della prima rivoluzione industriale. Il lavoro che veniva svolto da

100 uomini 100 anni fa, oggi viene svolto da uno solo.

Questa contrazione estrema del lavoro manuale, unita al pro-

lungamento della vita attiva del lavoro, potrebbe portare la di-

soccupazione a livelli ben peggiori di quelli attuali. Eppure non

ci si può opporre al progresso tecnologico, né tantomeno alla

conquista della longevità, e dunque l’unica soluzione che io vedo

è un’organizzazione diversa del mondo professionale, in cui tutti

lavorano meno.

Si potrebbe ipotizzare una giornata lavorativa di 4 o 5 ore, e il

resto del tempo dedicato allo sviluppo delle attività di pensiero. Il

lavoro produttivo verrà svolto dalle macchine e quello intellettuale

dall’uomo.

In questo quadro l’età-ghigliottina dei 65 o 67 anni non ha nes-

suna ragion d’essere, perché ognuno potrebbe continuare a pro-

durre intellettualmente fnché si sente in grado di farlo, indipen-

dentemente dalla sua età anagrafca.

Gli Stati Uniti hanno già fatto un passo in questa direzione, con

l’istituzione della pensione volontaria, che consente a una perso-

na di decidere liberamente quando ritirarsi dal lavoro.

Poter rifettere, esprimere il proprio pensiero e per questo essere

tenuti in considerazione, è il regalo più bello che si possa fare

alla longevità. Il pensiero infatti non richiede forza fsica, ma può

rimanere intatto nella sua energia fno a 100 anni – abbiamo

tanti esempi a questo riguardo, il primo che mi viene in mente è

la nostra Rita Levi Montalcini – e può persino competere con le

menti giovani, perché l’esperienza accumulata nel tempo è una

ricchezza e un serbatoio di creatività.

La longevità è un valore concreto se l’anziano è messo nella con-

dizione di trasmettere conoscenza e idee. Penso che la mente

senile andrebbe indagata ed esplorata nei meandri più recon-

diti, mentre la vecchiaia oggi è affrontata con un atteggiamento

opposto, per cui più si invecchia e meno si viene considerati.

Socialmente questo è un grave errore perché se l’anziano non è

valorizzato diventa davvero un parassita, e il trend demografco

attuale trasformerebbe metà del mondo in parassiti che vivono

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Ainfelici e lamentosi sulle spalle dell’altra metà che non riesce a costruirsi né un presente, né un futuro.Ripeto quindi: è necessaria una rivoluzione radicale del concetto stesso di longevità, e se un tempo le politiche per gli anziani nascevano in risposta ai loro bisogni, oggi vanno pensate per il rispetto dei loro diritti e per la valorizzazione delle loro risorse.Il primo diritto degli anziani è quello di avere dei doveri. E il loro primo dovere dovrebbe essere quello di restituire alla società il patri-monio delle idee che hanno maturato nel lungo tempo della loro vita.

LUnGA VITA, SALUTE, MEDIcInA

È evidente che la valorizzazione della longevità presuppone un buono stato di salute fsica e soprattutto mentale. oggi

la preoccupazione maggiore riguarda le malattie degenerative neurologiche, come l’Alzheimer e il Parkinson, ma lo sviluppo della genetica e dell’epigenetica ci fanno ben sperare.Le scoperte scientifche più recenti hanno infatti radicalmente trasformato la prospettiva con cui guardare all’invecchiamento e alla longevità. Innanzitutto hanno introdotto il principio che la durata della vita può essere regolata dall’uomo stesso.Se fno a poco fa pensavamo che gli unici strumenti a disposi-zione fossero essenzialmente il miglioramento dei risultati della medicina e delle condizioni di vita, oggi sappiamo che la durata dell’esistenza è geneticamente determinata. Ma è noto tuttavia che gli stili di vita adottati possono interagire con i nostri geni per modifcarne l’azione e che disponiamo di farmaci in grado di intervenire sulla funzione dei geni dell’invecchiamento.Quindi la domanda da porsi è la seguente: è giusto allungare “chimicamente” la durata della vita? La risposta è sì, se insieme alla durata ne prolunghiamo la qualità.

non si può infatti parlare di longevità come fenomeno demogra-fco senza partire dalla rivoluzione culturale della medicina mo-derna, che da “difensiva” – con l’obiettivo di guarire o comunque difendere le persone malate – è diventata “preventiva” – con l’obiettivo di impedire che le persone si ammalino –.

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a come ha sottolineato nei suoi studi il professor Sergio Pecorelli,

mio caro amico e fra i massimi esperti europei nei programmi

di active healthy aging, è stato stimato che gli europei vivono in

media fra gli 8 e i 10 anni della propria vita in malattia.

Sappiamo inoltre che il 64% dei farmaci vengono assunti dopo

i 65 anni, e che dopo questa età aumentano i ricoveri ospe-

dalieri, creando una situazione diffcilmente sostenibile, anche

economicamente.

In realtà, quindi, ciò che interessa oggi non è la longevità in sé,

ma la longevità sana. La medicina sta elaborando nuove strategie

per risolvere il problema di una popolazione che vive sempre più

a lungo, ma con qualità di vita scadente.

cosa si può fare dunque, come paese e come individui, per una

longevità sana? Innanzitutto oggi la prevenzione deve iniziare all’in-

terno dell’utero materno, con comportamenti corretti della madre

– primo, non fumare – per poi arrivare al momento cruciale della

scuola.

La scuola che chiamiamo dell’obbligo è il luogo ideale per im-

parare a non fumare, mangiare correttamente, stare lontani da

alcol e droga, fare attività fsica. Sono necessarie quindi visioni

politiche a lungo termine – 20, 30 anni – che vadano ben oltre i

singoli mandati politici, perché l’emergenza obesità, o fumo, e le

malattie che ne conseguono, richiedono cambiamenti culturali

che necessitano di tempi lunghi per sedimentarsi e consolidarsi.

Questo tuttavia non signifca che come individui adulti, e al di là

del sistema pubblico in cui viviamo, non possiamo contribuire al

raggiungimento dell’obiettivo di un buon invecchiamento.

La ricerca scientifca ha scoperto che le malattie croniche tipi-

che della terza età sono dovute a processi infammatori. Diabete,

patologie cardiovascolari e neurodegenerative, cancro sono i big

killer dell’anziano, ma sono soprattutto i responsabili di una vec-

chiaia senza salute.

I processi infammatori modifcano il genoma, causando delle

mutazioni ai geni che lo compongono, ma agiscono in combi-

nazione con l’azione degli stili di vita che adottiamo e l’ambiente

in cui viviamo. Quindi possiamo facilmente intervenire almeno

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Asu una delle componenti che modulano l’invecchiamento: come viviamo. non fumare, mangiare poco, ridurre le proteine animali e fare movimento fsico sono 4 scelte semplici che costano poco alla singola persona, e quasi nulla alla comunità.

Alcune di queste azioni, inoltre, come il movimento fsico, posso-no essere intraprese anche in età avanzata: è dimostrato che 30 minuti di camminata al giorno, a qualunque età, aumenta dell’1%all’anno lo spessore dell’ippocampo anteriore. Inoltre, se al moto aggiungiamo attività di brain training – esercizi di logica, di mate-matica, sudoku, rebus e così via – e una buona socializzazione, la percentuale di crescita aumenta in modo signifcativo.Se l’ippocampo è ricco di cellule e ha uno spessore consistente – rilevabile con la risonanza magnetica – aumenta la nostra me-moria a lungo termine e in generale le nostre capacità cognitive.

Anche l’alimentazione è un fattore di “buona vecchiaia” a qual-siasi età, e la restrizione calorica lo è in primis. negli animali la riduzione drastica delle calorie assunte quotidianamente riduce l’incidenza di molte malattie e prolunga la durata della vita fno al 40%; i primi studi sull’uomo stanno confermando risultati simili. Informazione, educazione alla salute, responsabilità individuale sono quindi la base della ricetta per una longevità sana.Viene spontaneo domandarsi a questo punto quanto incide sulla longevità la genetica e quanto invece lo stile di vita e l’ambiente in cui si vive. Io direi che incidono nella stessa misura perché oggi sappiamo che la longevità è il risultato dell’interazione fra fattori genetici e fattori che noi scienziati chiamiamo “ambientali”, cioè esterni alla cellula.

Questo signifca che anche se il Dna determina geneticamente la durata della vita, modifcando l’ambiente esterno alla cellula, attraverso appunto gli stili di vita, è possibile infuire sulla loro azione nei confronti del nostro organismo. Quindi con compor-tamenti sani possiamo infuenzare i processi di invecchiamento, riducendo il numero e la gravità delle malattie tipiche dell’età avanzata come diabete, malattie cardiovascolari, neurodegene-rative e, non ultimi, i tumori.

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a QUAL È L’ETà DELLA MEnTE

I fattori pro longevità sono quindi innanzitutto la restrizione ca-lorica, un’alimentazione frugale e prevalentemente vegetaria-

na, e un’attività fsica adeguata all’età. E tutto questo riguarda il corpo.Ma la novità emersa fortemente negli ultimi anni è che la mente può non invecchiare. Abbiamo scoperto che esistono delle cel-lule staminali cerebrali in grado di rigenerare i neuroni perduti, rendendo il cervello plastico e potenzialmente rinnovabile per tutta la vita. Questo signifca che anatomicamente non esiste un decadimento cerebrale, salvo in presenza di malattie specifche; con il tempo, anzi, aumentano le sinapsi, le strutture che permet-tono i collegamenti fra neuroni, quindi negli anni si può perdere la memoria, ma la capacità logica e creativa rimane e continua a svilupparsi. Molti hanno capito l’impatto sociale enorme di questa nuova conoscenza, a livello giuridico, lavorativo, educativo, ma non tutti l’hanno collegata al dibattito in corso in tutto il mon-do sulla longevità. nella nostra cultura infatti l’invecchiare è un processo fsico che riguarda pressoché esclusivamente il corpo. Infatti ci affanniamo a mantenerci in forma con ore di palestra e percorsi di ftness, ma raramente ci impegniamo a tenere in eser-cizio la mente. Eppure la storia non ci ha risparmiato esempi di artisti e pensatori che hanno dato il meglio di sé in età avanzata: pensiamo a chagall nella pittura, a Montale e Vicente Aleixander nella poesia, o a De oliveira nel cinema.

Sono certo che i più grandi segreti della longevità siano custoditi nella mente, e che tenendo in attività le nostre facoltà intellettive possiamo infuire sulla sua effcienza. Io sostengo che la nostra età è quella del nostro cervello, e come nutriamo il nostro corpo con gli alimenti, così dobbiamo alimentare la nostra testa attra-verso la conoscenza.ci sono molti modi per farlo: leggere, scrivere, dibattere, tenere viva la curiosità e soprattutto avere la consapevolezza che la pro-pria produzione intellettuale non è sterile esercizio narcisistico, ma può diventare patrimonio condiviso dalle nuove generazioni.

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AEsistono nel mondo dei modelli da seguire. Il più signifcativo è quello di okinawa, un arcipelago del Giappone che detiene il re-cord della longevità. Le regole su cui si fonda il segreto della loro lunga vita sono lo ishokudoghen: il cibo è una medicina. La po-polazione di okinawa è vegetariana – consuma frutta, verdura, soia e i suoi derivati, pesce e alga konbu – e consuma il 30-40% di calorie in meno rispetto alle aree geografche occidentali. La seconda è lo yuimaru, che indica il senso di appartenenza e la consapevolezza di giocare un ruolo importante per la famiglia e la comunità.nel nostro paese siamo ancora molto lontani da questo obiettivo. Basterebbe cominciare col rendersi conto che la longevità non è un problema per vecchi.Al contrario, è un tema per i giovani di oggi e per quelli di domani. È urgente creare una cultura relativa all’immenso patrimonio so-ciale della vecchiaia e costruirvi intorno strutture sociali adeguate. Politica, welfare, economia vanno ripensate in base alle nuove età della vita.

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