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Capire l'11 settembre, capire il più grosso inganno della storia.Partendo da questo autoattentato, strettamente legato agli altri futili pretesti su cui si è sempre basata la politica estera USA, si può cercare di capire quanti altri inganni siano ogni giorno sotto ai nostri occhi
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI
DELLA TUSCIA
FACOLTÀ DI SCIENZA POLITICA – STUDI STRATEGICI E RELAZIONI INTERNAZIONALI
CORSO DI LAUREA IN
“SCIENZE ORGANIZZATIVE E GESTIONALI MARITTIME E NAVALI”
I FATTI DELL’ 11 SETTEMBRE 2001: POSSIBILI CAUSE ED AVVENIMENTI
SUCCESSIVI
Scienze politiche
RELATORE CANDIDATO
Prof. Carlo Bianchi C°2acl SSAL/Frc Franco Scarpa matr. 20480
1
ANNO ACCADEMICO 2008/2009
2
3
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI
DELLA TUSCIA
FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE
CORSO DI LAUREA IN
“SCIENZE ORGANIZZATIVE E GESTIONALI MARITTIME E NAVALI”
I FATTI DELL’ 11 SETTEMBRE 2001: POSSIBILI CAUSE ED AVVENIMENTI
SUCCESSIVI
Scienze politiche
RELATORE CANDIDATO
Prof. Carlo Bianchi C°2acl SSAL/Frc Franco Scarpa matr. 20480
ANNO ACCADEMICO 2008/2009
4
INDICE
PagIndice delle Figure .................................................................................................... 5
Premessa ...................................................................................................................... 6
CAPITOLO I: LA POTENZA AMERICANA
1.1 La dimensione imperiale....................................................................................... 91.2 Verso la dipendenza economica ........................................................................ 10
CAPITOLO II: 11 SETTEBRE 20012.1 I quattro aerei dirottati: la versione ufficiale................................................... 122.2 Il movente: ragionevoli dubbi........................................................................... 162.3 I dirottatori: la storia non quadra.…................................................................ 172.4 Il sistema di difesa aereo..…………................................................................ 262.5 Il mistero degli aerei scomparsi……................................................................ 302.6 Le telefonate dei passeggeri..………................................................................ 392.7 Come sono Terminate le Torri?……................................................................ 412.8 Chi è il colpevole?........................……................................................................ 50
CAPITOLO III: CHI COMANDA IN AMERICA3.1 I Neocons –PNAC: ……………………….....................................................573.2 La ciclicità della “storia”...………………………………………………. 613.3 MEMRI: nuove tecniche di traduzione ...………………………….……. 68
5
3.4 AL QUEDA: “il database” e la sua storia………………………….……..70
CAPITOLO IV: AVVENIMENTI POST 11 SETTEMBRE
4.1 Strategia di sicurezza e piani segreti del pentagono………………............... 764.2 Afghanistan e Iraq: tra trionfi e stallo..................................................................804.3 Iraq: destabilizzazione e conquista economica.…...........................................874.4 Estate 2005: bomba atomica su Bruxelles...........................................................924-5 Capire il mondo: picco di produzione del petrolio………………………...94Conclusioni .......................................................................................................................100
Bibliografia ......................................................................................................................108
6
Indice delle Figure
Figura 2.1. Impatto contro facciata del Pentagono…………................................. 34Figure 2.2 e 2.3. Rottami di fusoliera e confronto con aereo………………… 35Figura 2.4. Fotogrammi impatto velivolo su pentagono .................................... . 37Figura 2.5. Analisi satellitare della NASA del 16/09/2001…………..... .43Figura 2.6. Macerie a Ground Zero…………………………………..... .45Figura 3.1.Telegramma dell’ambasciata USA a Jakarta del 1975………......66
7
PremessaBasta che lei si metta a gridare in faccia a
tutti
la verità. Nessuno ci crede e tutti la
prendono per pazzo!
Luigi Pirandello
11 settembre 2001. A day of terror, intitolava “The
New York Times” il giorno dopo l’attacco al cuore degli
Stati Uniti. Un avvenimento dei piu’ drammatici di
tutta la storia contemporanea colpiva i luoghi simbolo
del potere finanziario e militare occidentale. Le
indagini portarono rapidamente a galla un complotto
ordito dall’organizzazione terroristica araba “Al
Qaeda” capeggiata dallo sceicco arabo Osama Bin
Laden.
La risposta americana non si è fatta attendere: “ Da
questa sera siamo una nazione risvegliata al pericolo,
e chiamata a difendere la libertà” annunciava il
presidente Bush di fronte al Congresso al termine di
quella travagliata giornata. Così è stato: da quel giorno
gli Stati Uniti sono intervenuti, talvolta anche contro il
parere del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, per
risolvere con le armi le controversie contro gli Stati
accusati di nascondere terroristi o di agire con metodi
antidemocratici.
Oggi è passato un tempo sufficiente per analizzare
quei fatti senza l’enfasi e lo smarrimento che essi
8
hanno provocato. Nel frattempo la versione ufficiale
del Governo Statunitense ha prestato il fianco a dubbi
e sospetti; una gran quantità d’informazioni è saltata
fuori alla portata di tutti. Queste informazioni non si
trovano a titoli cubitali sui grandi giornali, ma nelle
pieghe della realtà oggi i dati ci sono, basta saperli
trovare. E su Internet pieghe della realtà ce ne sono a
sufficienza, ed è lì — e non sui mass media — che le
informazioni vanno cercate.
Per meglio comprendere ciò che è accaduto, prima di
addentrarci nei dati della vicenda credo sia utile
impegnare qualche riga per cercare di capire il
funzionamento e la struttura della mente umana. Come
sostiene anche Gore Vidal nel suo saggio The enemy
within,(1)più una bugia è grossa, più facilmente essa
verrà creduta, se l'opzione di non crederci è
sufficientemente dolorosa. La nostra psiche è
strutturata in modo di credere ciò che ad essa
convenga credere. Le verità dolorose vengono di
norma negate dalla mente. Rispetto ad accogliere una
verità troppo dolorosa, non è infrequente che una
mente preferisca addirittura rifugiarsi nella follia.
Il popolo americano è rimasto profondamente
traumatizzato dagli eventi dell'11 settembre 2001. Il
solo fatto di prendere in considerazione una verità
diversa, che veda magari il coinvolgimento di apparati
9
interni allo Stato è impensabilmente doloroso per
l'americano medio. Non importa quanto la verità
circoli, sino a quando essa non verrà mostrata in
televisione la maggioranza degli americani non la
prenderà neanche in considerazione. La nostra mente
si protegge di fronte a interpretazioni della realtà che
essa non è pronta ad affrontare, conservando una
visione familiare e rassicurante della cose. La mente
giunge alle conclusioni alle quali ha convenienza a
giungere.
In gergo psicologico si chiama bias di conferma(2)
ed è un fenomeno intellettualmente fastidioso al quale
tutti noi siamo per natura soggetti . La nostra mente
prende atto dei dati che riceve in modo selettivo,
notando e sopravvalutando le informazioni che
confermano le nostre
_____________(1)www.analitica.com/bitblioteca/gore_vidal/enemy.asp(2) www.skepdic.com/confirmbias.html
credenze, ed ignorando o sottovalutando le
informazioni che contraddicono le nostre convinzioni.
Siamo tutti soggetti a tale fenomeno, ma alcuni di noi
lo sono in misura maggiore di altri, e possono
giungere, occasionalmente o sistematicamente, a
negare addirittura l'evidenza.
10
Per questo motivo la maggioranza della gente non
abbandonerà quella che tutto sommato è la “comoda”
versione ufficiale dei fatti, a meno che non ricevano
l'input da un soggetto in cui viene posta la massima
fiducia.
Quando ciò avvenisse, assisteremmo ad un altro tipo di
bias cognitivo, a modo suo ancora più affascinante:
l'hindsight bias, ovvero l'errore del giudizio
retrospettivo. L'hindsight bias è la tendenza delle
persone a credere, erroneamente, che sarebbero state
in grado di prevedere un evento correttamente, una
volta che l'evento è ormai noto. Il giorno ipotetico in
cui i vari telegiornali benedicessero con la loro
autorità una versione alternativa della storia dell'11
settembre, tutti gli individui sino a quel momento
ancorati alla precedente versione dei fatti
compirebbero istantaneamente il magico salto di
paradigma, iniziando immediatamente a ristrutturare i
propri ricordi per adattarli alla nuova realtà.
L'hindsight bias modifica i nostri ricordi per adattarli
alle contingenze cognitive del presente. Tutti (o quasi)
coloro che credevano a quell'opinione (o
quell'ideologia), magicamente non solo mutano la
propria opinione (o ideologia), ma anche il ricordo che
essi hanno delle opinioni che in passato hanno avuto.
11
CAPITOLO I: LA POTENZA AMERICANA
1.1 La dimensione imperialeMetà degli americani non hanno mai letto un giornale
quotidiano. Metà non hannomai votato per le elezioni presidenziali. C’è da sperare che si
tratti della stessa metà.Gore Vidal
La Superpotenza Americana si è imposta al mondo
dal 1945, al termine del secondo conflitto mondiale,
durante il quale gli Stati Uniti affermarono la loro
supremazia industriale e militare, ulteriormente
incrementata dal fatto di non aver subito danni al
proprio apparato tecnico-produttivo, contrariamente a
quanto avvenuto a tutti i loro principali competitors.
Conquiste fondamentali sono state il protettorato
tedesco e quello giapponese, due punti d’appoggio
essenziali al controllo del sistema economico mondiale.
Dopo la Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti
organizzarono la loro zona d’influenza imponendo un
sistema globale impostato su regole commerciali e
finanziarie liberiste, secondo una teoria imperante
nelle grandi università americane, improntata sulla
specializzazione produttiva dei singoli Stati e basata
sul dogma dell’aggiustamento automatico da parte del
mercato. Questa è stata una delle loro maggiori
esportazioni culturali, insieme al cinema e alla musica.
Nei primi anni l’imperialismo statunitense si è
contraddistinto in maniera positiva: il Piano Marshall,
12
un atto di grande intelligenza economica e politica, ha
fornito all’Europa i mezzi per la sua ricostruzione. Nel
1948 George Kennan, uno dei maggiori architetti della
politica estera statunitense del dopoguerra, dichiarò,
con una frase poi divenuta famosa, qual era l’obiettivo
principale della politica americana dell’epoca:
“Deteniamo circa il 50% della ricchezza mondiale ma
siamo solo il 6,3 % della popolazione perciò non
possiamo che essere oggetto d’invidia e risentimento.
Il nostro vero compito nel tempo a venire è pianificare
uno schema di relazioni che ci permetta di mantenere
questo divario”. La politica estera americana nella
seconda metà del Ventesimo secolo si è strettamente
conformata ai dettami proposti da Kennan.
Negli anni Sessanta e Settanta gli americani furono
indotti a credere che avrebbero mantenuto il loro
standard di vita per sempre, mentre Kennan e la classe
al potere sapevano che non sarebbe stato così sul
lungo periodo. Avevano capito che il dominio militare
sul mondo avrebbe solo potuto ritardare l’inevitabile
resa dei conti.
Ma il dominio militare richiedeva l’impegno di ingenti
capitali e il problema divenne quindi come affrontare
queste spese e allo stesso tempo mantenere alti i
consumi dei lavoratori americani. La sola soluzione era
il consumo di massa a credito, finanziato dalla vendita
13
di obbligazioni oltre oceano. Solo con il sostegno dei
prestiti gli USA avrebbero potuto mantenere ciò che fu
chiamato da allora in poi “lo standard di vita
americano”, mentre la porzione di ricchezza reale che
detenevano diminuiva costantemente. L’imperativo di
nascondere la realtà economica ai cittadini americani e
ritardare la resa dei conti spiega perché, a scanso
d’ogni retorica, sono stati i Repubblicani i principali
fautori del deficit americano nel secondo dopoguerra.
1.2 Verso la dipendenza economica.Gli americani fanno sempre la cosa migliore…dopo aver
esaurito tutte le alternative.Wiinston L.S. Churchill
La realtà americana è forse un’altra: lungi
dall’essere invincibile, deve invece gestire l’inevitabile
riduzione della sua potenza relativa in un mondo
sempre più popolato e sviluppato. Quella che era una
nazione indispensabile per il mondo, ha visto
lentamente stravolgersi il suo ruolo economico, la
cosiddetta Globalizzazione ha colpito la struttura
interna della nazione dominante, indebolendone
l’economia e deformandone la società. Il crollo del
comunismo ha comportato un’accelerazione di questo
processo, e il deficit commerciale americano è,
soprattutto negli ultimi anni, aumentato in modo
14
preoccupante: dai 180 miliardi di dollari del 1997 si è
passati ai 450 miliardi del 2000.
L’America è lontana dal blocco Eurasiatico, il
centro industriale e produttivo mondiale. Non è più
un’iperpotenza e non può vivere della sua sola attività
economica, basata essenzialmente sull’enorme
capitalizzazione borsistica che attira ingenti capitali
stranieri. Conscia della sua debolezza, l’America cerca
però in tutti i modi di non farla trasparire all’esterno,
basando il suo concetto di iperpotenza essenzialmente
su un concetto di carattere militare, forse più teatrale e
mediatico che effettivo. Questa è quindi la panoramica
all’alba dell’ 11 settembre 2001: un’America sempre
più debole e governata da un Presidente appoggiato
(negli USA i dati dei finanziatori delle campagne
elettorali sono resi pubblici) da potenti lobby di
petrolieri e produttori di armi.
15
CAPITOLO II: 11 SETTEBRE 2001
2.1 I quattro aerei dirottati: la versione ufficiale.Eppur si muove.
Galileo Galilei
L’11 settembre 2001 gli abitanti di New York e
Washington in prima persona, e la popolazione
mondiale in diretta televisiva, sono stati testimoni di
violenti atti terroristici che hanno cambiato per sempre
i destini del mondo. Fino a quella data la vita delle
persone (quantomeno delle persone occidentali)
trascorreva in un cauto e gioioso ottimismo, favorito
anche da una crescita economica e tecnologica senza
precedenti. Dopo questa data invece, il mondo non sarà
più lo stesso, il sogno di prosperità e libertà di milioni
di individui resterà per sempre turbato da quelli che
sono subito apparsi come atti terroristici programmati
da menti mussulmane criminali, votate al martirio e
alla Jiad.
In quella mattinata 19 terroristi (di cui 15 arabi)
prendono il possesso di ben 4 aerei di linea, armati con
pericolosi taglierini da carta. Il primo, il volo Amercian
Airlines 11, decollato alle 07:59 da Boston e diretto a
Los Angeles, alle 08:16 inverte la rotta, alle 08:20
disattiva il transponder e, una volta direttosi verso
New York, vi arriva alle 08:46 colpendo in pieno la
torre WTC1. La popolazione è scossa, presa di sorpresa
16
da questo inaspettato attacco al cuore finanziario
mondiale.
Ma la tragedia non è finita, anzi, la parte peggiore
è ancora di là da venire. Mentre un esercito di forze
dell’ordine e soccorritori, seguiti da uno stuolo di
giornalisti e cameraman si precipita al World Trade
Center, il terrore volteggia ancora alto nei cieli. Ed ha
le sembianze di un altro aereo dell’American Airlines, il
volo 175, partito anch’esso da Boston in direzione Los
Angeles, con una dinamica simile al primo velivolo,
devia dalla sua rotta alle 08:42, disattiva il transponder
alle 08:46 e oltrepassa Manhattan per poi tornare
indietro ed impattare la torre WTC2 alle 09:02, giusto
in tempo per essere ripreso in diretta dalle molte
telecamere accorse sul luogo del primo impatto.
L’impatto è meno preciso del primo, l’aereo colpisce la
torre su un fianco, facendo fuoriuscire buona parte del
carburante che esplode fuori da essa.
In seguito ai violenti incendi degli idrocarburi
presenti nel serbatoio degli aerei e dagli arredi, la
struttura portante delle torri cede, sciolta come burro
nel forno. La torre 2, quella colpita per seconda,
collassa alle 09:59, dopo aver bruciato per poco meno
di un’ora. Una nube di polvere finissima e detriti
invade Manhattan mentre l’altra torre, alle 10:28, ne
segue l’identico destino, collassando in modo
17
perfettamente verticale sbriciolandosi anch’essa come
un grissino. Le prime stime dei morti sono allarmanti:
si parla di quasi 30.000 morti, tra persone imprigionate
nelle torri e i molti componenti delle squadre di
soccorso che ne seguono le sorti in modo eroico. Stima
destinata in seguito a scendere di parecchio, visto che
alla fine i morti accertati saranno 2752. Questa
dinamica dei fatti si evince dal rapporto della
Commissione Nazionale sugli attacchi terroristici
contro gli Stati Uniti (nota anche come Commissione
sull’11 settembre) edito il 22 luglio 2004. A tale
spiegazione ne fa seguito un’altra, nel settembre 2005,
edita dal NIST (National Institute of Standards and
Technology) , al termine di un’indagine durata 3 anni e
costata 20 milioni di dollari: gli aerei, nell’impatto,
avrebbero asportato il rivestimento antincendio
dell’acciaio esponendo quest’ultimo direttamente
all’azione devastatrice del fuoco; le travature a ponte
del WTC su cui facevano base i pavimenti, nel piegarsi
per effetto del calore, avrebbero tirato all’interno i
muri perimetrali provocando una “propagazione
dell’instabilità” lungo le colonne perimetrali e
stressando maggiormente le colonne centrali del
nucleo (ogni torre era costituita da un nucleo centrale
di 47 spesse colonne in acciaio) , già rese meno
18
resistenti dagli incendi; l’energia dei piani posti sopra
la zona dell’incendio innescò il “collasso globale”.
Tornando ai fatti della mattinata, i piani dei
terroristi sono solo a metà. Difatti altri due aerei si
trovano ancora nei cieli americani. Il volo AA 77,
decollato da Washington alle 08:20 verso Los Angeles,
alle 08:46 devia per la prima volta dalla sua rotta, alle
09:09 spegne il transponder e alle 09:37 riesce a
schiantarsi su uno degli edifici più inaccessibili al
mondo, il Pentagono, cuore nevralgico del sistema
difensivo degli Stati Uniti. Dopo aver compiuto veloci
evoluzioni, l’aereo si presenta rasoterra di fronte
all’edificio volando per gli ultimi secondi a pochissimi
metri dal suolo, impattando con una velocità stimata di
circa 800 km/h. Una tale velocità ha consentito la
polverizzazione pressoché totale del velivolo, di cui
restano sul prato e dentro il Pentagono stesso
pochissimi resti.
L’ultimo dei voli, il volo United Airlines 93, partito
da New York alle 08:42, devia dalla sua rotta alle
09:36, disattiva il transponder alle 09:40 e sembra
dirigere verso la Casa Bianca. Ma i dirottatori su
questo volo devono fare i conti con il coraggio dei
passeggeri, i quali impavidamente insorgono contro i
malvagi arabi (circostanza confermata dalle telefonate
che alcuni passeggeri riescono ad effettuare dai propri
19
telefoni cellulari) che, perdendo il controllo del mezzo,
fanno sì che questo si schianti in aperta campagna in
Pennsylvania. Anche di quest’aereo non si è trovato
alcun pezzo riconoscibile, soltanto minuti relitti della
grandezza massima di una manciata di centimetri. 150
tonnellate d’aereo, 45 persone, 200 sedili e bagagli
vari, 40 metri d’ali sono scomparsi, a causa del violento
schianto, in una fossa di sei metri per tre e profonda
pochi metri.
Una serie d’attentati di così vaste proporzioni che è
riuscita a mettere in scacco la difesa militare più
efficiente del mondo deve avere necessariamente avuto
alle spalle una preparazione lunga e complessa. Ciò
nonostante la polizia, gli enti federali e i servizi
d’intelligence americani non sono stati in grado di
sventare questi atti terroristici, subendo passivamente
ogni azione scaturita da questi attacchi. Nonostante
questa incredibile debacle, l’F.B.I riesce a rifarsi
subito dopo e, la sera dell’11 settembre arriva una
sentenza di straordinaria tempestività: ad organizzare
l’evento è stato sicuramente lo sceicco arabo Osama
Bin Laden. Nel giro di 48 ore le autorità presentano la
lista completa dei 19 dirottatori, i cui veri nomi non
compaiono nemmeno sulle liste di imbarco dei quattro
aerei.
20
Logica risposta a questi efferati atti terroristici è
stato l’attacco all’Afghanistan, reo di nascondere e
proteggere uno dei più pericolosi criminali mai esistiti
sulla faccia della terra. La cauta e minuziosa politica
estera americana, una volta certa delle inconfutabili
prove a carico di un altro tiranno, Saddam Hussein, ha
poi provveduto nel 2003 ad attaccare anche l’Iraq,
essendosi ormai la potenza Americana erettasi a
paladina della democrazia e della giustizia.
Visti nell’ottica della versione ufficiale, le guerre
succedute agli attacchi dell’11 settembre possono
sembrare atti ragionevoli e giusti, ma andando ad
indagare con un minimo di criticità e razionalità si
potrebbero invece scoprire altre e più profonde verità.
2.2 Il movente: ragionevoli dubbi.I nostri nemici sono innovativi e pieni di risorse – e così siamo
anche noi. Essi noncessano mai di pensare a nuovi metodi per danneggiare il
nostro paese e la nostra gente – e così facciamo anche noi..
George W. Bush (5 agosto 2004)
In criminologia l’analisi del movente è un tassello
fondamentale per giungere alla verità. Immaginiamo
per un istante di metterci nei panni dei dirottatori:
perché i terroristi si sono gettati contro le Torri
Gemelle di primo mattino, quando esse erano
pressoché vuote? Un paio d’ore dopo e le vittime
sarebbero state decine di migliaia. Perché non le hanno
21
colpite più in basso, aumentando a tal modo quantità di
vittime e probabilità di crollo? In un evento del genere
tutto viene meticolosamente ponderato e
perfettamente analizzato da chi lo organizza, quindi
nulla avviene a casaccio. Il timing — la scelta del
momento - in questo genere di operazioni è un
elemento essenziale. Perché allora gli aerei non sono
stati dirottati contro le torri in un qualsiasi altro
momento della giornata, facendo 10 volte più vittime?
Perché non hanno destinato almeno uno degli aerei
contro la centrale nucleare di Indian Point, a meno di
40 chilometri da New York?. Scegliendo la centrale
nucleare tra l'altro i terroristi avrebbero minimizzato i
rischi di venire intercettati dai caccia americani (come
di norma sarebbe dovuto accadere ) nei sette minuti di
volo che ancora ci volevano per raggiungere
Manhattan e avrebbero potuto facilmente causare un
disastro assai peggiore di quello di Cernobyl
provocando milioni di morti (i reattori non sono stati
costruiti per resistere all'impatto di un Boeing 767
pieno di carburante) e mettere davvero in ginocchio
l'odiato nemico. Invece no, i terroristi crudeli non
erano poi così cattivi, e chissà perché hanno agito in
modo da provocare la minor quantità di morti possibile,
con il massimo effetto spettacolare. Anche sul
Pentagono avrebbero potuto fare danni assai più
22
consistenti mirando a qualsiasi altro punto dell'edificio.
Se ad organizzare l'attentato è stata veramente Al
Qaeda, non ci sono forse gli estremi per ritirare loro la
patente di terroristi, per manifesta incompetenza?
Quale movente potevano avere i terroristi a causare la
minor quantità di morti possibile con il loro attacco? E
se la minor quantità di morti non era il loro obiettivo,
perché essi non hanno agito diversamente, in modo
assai più letale, dato che potevano farlo?
Ma il vero punto più debole è l'assurda passività dei
servizi segreti americani, relegati al ruolo di spettatori
inerti di quanto stava avvenendo, un ruolo che ad essi
proprio non calza.
2.3 I dirottatori: la storia non quadra.E’ impossibile pilotare grossi aeromobili senza
l’addestramento adeguatoNila Sagadeva – pilota di aeromobili e ingegnere aeronautico
C’è qualcuno che continua a sostenere che i
“mitici” dirottatori del 9/11, benché sia stato provato
che fossero incapaci di pilotare un piccolo Cessna 172,
tuttavia riuscirono ad acquisire la straordinaria abilità
loro necessaria per pilotare dei jet di linea,
addestrandosi tramite simulatori di volo.
Una comune concezione sbagliata che hanno i non
piloti sui simulatori è che sia “facile” utilizzarli. Sono sì
23
relativamente facili da usare se lo scopo è fare qualche
virata pazza e divertente in cielo aperto. Ma se lo
scopo è eseguire una qualsiasi manovra, anche con la
minor precisione possibile, la missione diventa
immediatamente abbastanza scoraggiante. E se il fine
è dirigere un aereo verso una specifica locazione
geografica, distante centinaia di chilometri, mentre si
vola a oltre 800 km all'ora, a 9.000 metri di altezza,
allora la sfida diventa quasi impossibile per un pilota
non addestrato. E questo è precisamente ciò che i
quattro dirottatori si suppone abbiano realizzato con
jet commerciali ad alta velocità, pesanti più di 100
tonnellate, l’11 Settembre.
Per una persona non abituata alla complessità
pratica del pilotaggio, un moderno simulatore di volo
può rappresentare un’esperienza confusa e
disorientante. Per essere in grado di utilizzare un
moderno simulatore di volo ad ogni livello d’abilità,
uno non solo deve essere in partenza un pilota
quantomeno decente, ma anche un esperto nel volo
strumentale per far partire il sistema, ed essere
completamente familiare con l’attuale tipo d’aereo che
il simulatore rappresenta, poiché la disposizione degli
strumenti nei cockpit varia tra gli aerei.
I decolli, ed anche gli atterraggi sotto un certo
aspetto, sono relativamente “facili”, perché il pilota ha
24
un riferimento visivo come indizio di ciò che si trova
fuori dell’abitacolo. Ma una volta che avete virato, siete
saliti ed avete raggiunto l’altezza di crociera in un
simulatore (o su di un aeroplano reale) e vi trovate a
dover stabilire una rotta per una destinazione molto
distante (usando tecniche di navigazione elettronica
molto sofisticate), la situazione cambia radicalmente: il
pilota perde virtualmente ogni riferimento visivo
all’esterno. Lui/Lei è completamente alla mercé di un
insieme di complessi strumenti di navigazione e di volo
per ricevere le indicazioni sullo status dell’aereo
(altitudine, direzione, velocità, stato, etc.). Nel caso di
un Boeing 757 o 767 il pilota avrebbe avuto di fronte
un pannello EFIS (Sistema di strumentazione
elettronica di volo) costituito da 6 grossi monitor LCD
multifunzionali intervallati con pacchetti di
“complicata” strumentazione assortita. Se uno non è in
grado di tradurre le informazioni velocemente, in modo
preciso ed accurato (e per farlo serve un pilota esperto
di volo strumentale), allora viene a trovarsi nella
condizione di ZERO SITUATIONAL AWARENESS. (cioè
il pilota non avrebbe indizi su dove si trova in relazione
alla Terra). Un volo in queste condizioni è definito
come “IFR” o Norme di Volo Strumentale.
E la regola IFR #1 è: Mai staccare gli occhi dalla tua
strumentazione, perché è tutto ciò che hai! Corollario
25
alla Regola #1: Se non sei in grado di interpretare la
strumentazione in modo veloce, preciso, disciplinato e
completo sei praticamente morto. Registrazioni da
tutto il mondo sono pieni di rapporti di un numero
qualunque di buoni piloti con esperienza professionale
di volo strumentale, che hanno “concluso la loro
carriera” perché hanno commesso errori irreparabili
mentre volavano in condizioni di IFR. I piloti/dirottatori
del 9/11 erano stati ripetutamente giudicati
incompetenti a pilotare in volo solitario un Cessna-172.
Non uno dei dirottatori era stato giudicato idoneo ad
eseguire da solo anche i più semplici esercizi di
pilotaggio. Ecco cosa ebbero da dire gli istruttori di
volo riguardo alle capacità di questi aviatori in erba.
Riguardo Mohammed Atta: “Il suo grado di attenzione
è zero.”;
riguardo Khalid Al-Mihdhar: “Non l’abbiamo buttato
fuori a calci ma non ha raggiunto i nostri standard.”;
riguardo Hani Hanjour (il pilota dell'aereo schiantatosi
sul Pentagono che avrebbe effettuato una manovra
rasoterra giudicata pressoché impossibile anche per
piloti con decenni di volo sulle spalle): “Il suo inglese
era orribile, e la sua abilità “meccanica” era anche
peggio. Era come se fosse a stento capace di guidare
anche solo un'automobile. Non riesco ancor oggi a
26
credere che possa aver pilotato un aereo contro il
Pentagono. Non era affatto in grado di volare.”
Ora diamo uno sguardo al volo American Airlines
77 (il volo schiantatosi sul Pentagono). Il
passeggero/dirottatore Hani Hanjour si alza dal suo
sedile più o meno a metà del volo, si apre la via per
l’abitacolo combattendo diabolicamente, riesce a
sopraffare il Capitano Charles F. Burlingame ed il
primo ufficiale David Charlebois, ed in qualche
maniera riesce a buttarli fuori dell’abitacolo (cosa
molto difficile da ottenere in un ambiente stretto senza
urtare inavvertitamente la cloche, disattivando così il
pilota automatico). Si potrebbe, correttamente,
presumere che questa cosa presenti delle difficoltà
considerevoli per un ragazzino armato di taglierino –
Burlingame era un duro, corpulento pilota di F4,
veterano del Vietnam che aveva alle spalle oltre 100
missioni di combattimento. Ogni pilota che l’ha
conosciuto ha affermato che piuttosto che mollare
educatamente i controlli, Burlingame avrebbe
istantaneamente capovolto l’aereo in modo di far
rompere il collo a Hanjour non appena questi fosse
caduto a terra. Ma lasciamo stare questa reazione,
quasi naturale, che ci saremmo aspettati da un pilota di
caccia e immaginiamo che Hanjour riesca a sopraffare i
membri dell’equipaggio del volo, li rimuova
27
dall’abitacolo e prenda posto sul sedile del capitano. E,
benché i rapporti contraddicano quest’affermazione,
assumiamo che Hanjour sia stato talmente fortunato da
sperimentare un giorno con visibilità ottima, illimitata.
Se Hanjour guardava diritto davanti a sé attraverso il
parabrezza, o tutto alla sua sinistra verso terra, al
meglio avrebbe potuto vedere, 10.500 metri sotto di
lui, un paesaggio grigio/brunastro/verde scuro,
virtualmente privo di dettagli in superficie, mentre
l’aereo che stava ora pilotando si stava muovendo,
quasi impercettibilmente e in un silenzio irreale, a
circa 225 metri al secondo.
In uno scenario reale, e considerati i rapporti
meteo sulle condizioni di quel giorno, avrebbe
probabilmente visto nuvole sotto di se, che gli
impedivano di vedere il terreno che stava sorvolando.
Con questo tipo di “non consapevolezza della
situazione”, Hanjour avrebbe potuto star sorvolando
l’Argentina o la Russia o il Giappone allo stesso modo;
non avrebbe avuto indizi su dove, con precisione, si
trovasse. Dopo pochi secondi (a 225 metri al secondo),
Hanjour avrebbe compreso che realizzava poco a
guardare fuori , non c’era nulla là per dargli indizi
visivi reali. Per un uomo che precedentemente aveva
avuto a che fare con dei piccoli Cessna, seguendo
autostrade o ferrovie aeree (e sempre con l'aiuto di un
28
istruttore), questa sarebbe stata sicuramente una
situazione a lui estranea e da brividi.
Non potendo vedere nulla all’esterno, Mr. Hanjour
sarebbe stato costretto a dirigere la sua attenzione
verso il pannello degli strumenti, dove avrebbe avuto a
che fare con un insieme sconcertante di strumenti.
Avrebbe quindi dovuto velocemente interpretare le
informazioni sulla sua direzione, il tracciato a terra,
l’altitudine e la velocità dell’aereo, sullo schermo prima
di poter capire anche solo dove fosse lui, rispetto al
mondo, ed ancora più difficilmente dove fosse il
Pentagono in relazione alla sua posizione! Dopo tutto,
per potersi schiantare contro un obiettivo, doveva
prima trovarlo.
Una volta che avesse determinato dov’era, avrebbe
dovuto riuscire a localizzare il Pentagono in relazione
alla sua posizione, rapidamente in evoluzione. Quindi
avrebbe dovuto progettare un percorso verso il suo
obiettivo. Per essere in grado di eseguire un minimo di
navigazione elettronica, avrebbe dovuto essere molto
familiare con le procedure IFR. Nessuno dei terroristi
nemmeno sapeva com’era fatta una carta di
navigazione, ancora meno come introdurre i dati nei
computer di gestione di volo (FMC) ed attivare lo
LNAV (modalità automatica di navigazione laterale). Se
uno è tenuto a credere alla versione ufficiale, si
29
presume che tutto questo sia stato compiuto da grezzi
studenti piloti mentre volavano ciechi a 225 metri al
secondo sopra un terreno non familiare (e
praticamente invisibile), usando complesse
metodologie ed utilizzando una strumentazione
sofisticata.
Per aggirare questo piccolo problema, la versione
ufficiale suggerisce che questi uomini hanno pilotato
manualmente i loro aerei verso gli obiettivi rispettivi.
Ma assumiamo che Hanjour abbia disinserito il pilota
automatico ed abbia pilotato manualmente l’aereo
verso il suo prestabilito, ed invisibile, obiettivo,
basandosi soltanto sulla strumentazione fino a quando
non avesse potuto avere una chiara visuale.
Secondo i controllori delle FAA, il “Volo 77” ha
eseguito una virata in picchiata, alla velocità angolare
di 360 gradi/minuto mentre scendeva ad oltre 1.000
metri al minuto (velocità di discesa impossibile senza
fare andare in stallo i motori di quel tipo di aereo), alla
fine della quale “Hanjour” si presume abbia raggiunto
il livello del suolo.
La manovra fu, in sostanza, eseguita in modo così
preciso che i controllori del traffico aereo di Dulles
rifiutarono di credere che il blip sul loro schermo fosse
un jet commerciale. Danielle O’Brian, una dei
controllori di volo di Dulles che fece rapporto di aver
30
visto l’aereo alle 9:25 disse: “La velocità, la
manovrabilità, il modo in cui ha virato, tutti nella
stanza radar, tutti noi che eravamo controllori di
traffico aereo con esperienza alle spalle, pensammo
che fosse un aereo militare.”
E quindi, tutto d’un tratto Hanjour trova il
Pentagono che se ne sta adagiato lì, in vista, proprio
davanti a lui. Trovò che il suo “missile” si stava
dirigendo verso una delle ali più densamente popolate
del Pentagono e, presumibilmente per salvare queste
vite umane, esegue allora una ulteriore virata di 270
gradi ed approccia l’edificio dalla direzione opposta,
allineandosi con l’unica ala del Pentagono che era
pressochè deserta a causa delle estensive operazioni di
rinnovamento che erano in corso (c’erano 120 operai di
costruzione civili in quell’ala che furono uccisi... il loro
lavoro ironicamente includeva dotare il muro esterno
di quell’ala di protezioni anti-missile, di cui era quindi
ancora sprovvista, alla faccia di chi insinua che le
pareti del Pentagono fossero incredibilmente corazzate
e resistenti, tanto da sbriciolare completamente
l'aereo). Il pilota si presenta ad una velocità di circa
800 km/h volando ad un’altezza di 6 metri da terra.
Interessante al riguardo la dichiarazione di Nela
Segardevan, pilota ed ingegnere aeronautico: “Io sfido
chiunque pilota, ovunque nel mondo: dategli un Boeing
31
757 e ditegli di portarlo a 750 km/h a 7 metri di altezza
per un chilometro. Non può farlo, è
aerodinamicamente impossibile”. I vortici aerodinamici
non avrebbero permesso all’aereo di abbassarsi al
suolo più di approssimativamente metà della sua
ampiezza alare (in pratica non più di 19 metri) fino a
che la velocità non fosse stata ridotta drasticamente;
che poi è ciò che, ovviamente, capita durante i normali
atterraggi .
In altre parole se ci fosse stato veramente un
Boeing 757 come riportato, l’aereo non avrebbe potuto
volare al di sotto dei 19 metri da terra alla velocità di
700 km/h. (Una manovra simile è invece interamente
nel novero delle prestazioni di un aereo con un elevato
carico alare, come i caccia di attacco a terra, il
bombardiere B1-B, i missili cruise ed il Global Hawk,
un drone, cioè un aereo tele-guidato).
La stessa identica sfida di navigazione che ho
menzionato sopra avrebbe dovuto essere affrontata
anche dai piloti che guidarono due 767 contro le Twin
Towers; in questo anche loro, avrebbero dovuto prima
trovare i loro obiettivi. Di nuovo miracolosamente
trovarono il loro obiettivo durante il tragitto. E di
nuovo la loro manovra di “approccio finale” a più di
800 km/h è semplicemente troppo incredibile per
essere stata eseguita da piloti che non erano in grado
32
di pilotare in solitaria un aereo da addestramento base.
Un non-pilota senza indicazioni avrebbe incontrato
difficoltà praticamente insormontabili nel cercare di
navigare e far volare un aereo da 100 tonnellate contro
un edificio al suolo, oltre 11 km sotto di lui, lontano
centinaia di km e non in vista, e in una direzione
ignota, a più di 800 km/h – e tutto questo in circostanze
oltretutto estremamente stressanti.
Testimoni oculari del primo impatto asseriscono di
aver visto un piccolo aereo imbattersi sulla torre del
WTC, ci sono inoltre in rete numerosi video(3) che
analizzano, fotogramma per fotogramma, i filmati
trasmessi in diretta dai principali telegiornali.
Guardando questi video, l’ipotesi che ne scaturisce è a
dir poco incredibile: i vari filmati rappresentano
numerose incongruenze e mettono a nudo possibili
manomissioni; in definitiva i filmati trasmessi quel
giorno non rappresenterebbero la realtà. Nessun
aereo, secondo queste analisi, si sarebbe
schiantato sulle Torri di Manhattan, quantomeno
nessun
_____________(3) http://www.youtube.com/watch?v=ehH_VoeXgik;
grosso aereo commerciale.
Data per scontata l’incapacità di pilotaggio dei
presunti dirottatori arabi, e vista la precisione con cui
33
gli aerei si sarebbero schiantati sulle torri, se ciò si sia
realmente verificato un ipotesi interessante sarebbe
quella per cui gli aerei fossero stati teleguidati da
terra. E’ una tecnologia che esiste da diversi anni, e
proprio il software di cui sono dotati i Boeing 757 e
767 in origine garantirebbe una facile implementazione
di un tale sistema.
Ugualmente interessante è notare come il
controller finanziario del Pentagono all’epoca degli
attentati era il rabbino lubavitcher Dov Zakheim,
assegnato a tale carica nel maggio 2001. Prima di tale
incarico egli era amministratore presso la System
Planning Corporation, un fornitore della difesa
specializzato in armamenti elettronici, fra cui spiccano
i sistemi per “aerei telecomandati”. (4)
Per quanto prima espresso, se degli aerei si sono
comunque abbattuti sul WTC è altamente
improbabile, per non dire impossibile,
che a guidare questi aerei ci siano state delle persone
completamente incompetenti e incapaci di guidare
anche un piccolo aereo superleggero come la versione
ufficiale vorrebbe farci credere.
_____________(4) www.sysplan.com/Radar/FTS
34
2.4 Il sistema di difesa aereo.Chiamami pure terorico della cospirazione, se vuoi,
purchè tu chiami te stesso teorico delle coincidenze.John Judge, Coalition On Political Assasinations, 2002
Lo spazio aereo nordamericano è senza ombra di
dubbio uno dei più protetti al mondo. Le procedure
operative standard dettano che se
Un controllore di volo della FAA (Federal Aviation
Administration) nota qualcosa che suggerisse un
possibile dirottamento –se viene perso il contatto radio,
se si spegne il transponder dell’ aereo o se l’aereo
devia dal suo piano di volo—il controllore debba
contattare un suo superiore. Se il problema non può
essere risolto velocemente—circa entro un minuto—il
superiore deve chiedere al NORAD – il North American
Aerospace Defense Command—di lanciare aerei da
combattimento per scoprire cosa sta succedendo. Il
NORAD poi emette un ordine di lancio alla più vicina
base dell’ Air Force con caccia in allerta. L’ 11-9, tutti i
dirottamenti avvennero nel Northeast Air Defense
Sector del NORAD, che è noto come NEADS. Perciò
tutti gli ordini di lancio sarebbero dovuti venire dal
NEADS.
35
Gli aerei da combattimento a disposizione del
NEADS possono rispondere molto velocemente:
secondo il sito web della US Air Force, gli F-15
possono arrivare ad una quota di 29,000 piedi (circa
8800 metri) in circa 2,5 minuti dall’ “ordine di lancio”,
dopodiché possono volare a circa 1800 miglia all’ ora
(circa 2900 Km/h). Un documento dell’ Air Traffic
Control pubblicato nel 1998 avvertiva i piloti che tutti
gli aeroplani che persistessero in un comportamento
inusuale “si troverebbero probabilmente due aerei da
combattimento dietro la coda entro circa 10 minuti” .
L’ 11-9, però, ciò non è accaduto. Perché? Dove
erano le forze armate ? La prima risposta delle forze
armate fu data immediatamente dopo l’ 11-9 dal
Generale Richard Myers, allora Presidente di turno del
Consiglio di Stato Maggiore, e da Mike Snyder, un
portavoce del NORAD. Entrambi dissero,
indipendentemente, che nessun jet militare fu mandato
in volo sino a dopo l’impatto al Pentagono. Tale impatto
avvenne alle 9:37, eppure il Volo 11 dell‘ American
Airlines aveva mostrato due dei segnali standard di
dirottamento, perdendo sia il segnale radio sia quello
del transponder, alle 8:15. Questo vuol dire che le
procedure che solitamente portano ad intercettare un
aereo in “circa 10 minuti” non erano state compiute
per circa 80 minuti.
36
Tale enorme ritardo suggerisce che un ordine di
restare a terra, cancellando le procedure standard,
doveva essere stato dato. Alcuni iniziarono a sollevare
questa possibilità .
Molto velocemente apparve una nuova storia.
Venerdì 14 Settembre la CBS News disse:
“Contrariamente ai primi rapporti, i caccia della US Air
Force si alzarono in volo Martedì mentre gli attacchi
erano in corso,” sebbene essi arrivarono troppo tardi
per prevenire gli attacchi. Questa seconda storia fu poi
resa ufficiale il 18 Settembre, quando il NORAD
rilasciò una cronologia che affermava gli orari in cui gli
era stato notificato a riguardo dei dirottamenti, seguiti
dagli orari in cui i caccia furono lanciati
all’inseguimento. Il messaggio implicito della
cronologia era che il fallimento era dovuto interamente
alla FAA, perché in ogni caso notificò alle forze armate
così in ritardo che gli intercettamenti furono
impossibili.
Un ulteriore terza versione dei fatti, con parziali
modifiche agli orari rivelati dal NORAD ci viene invece
fornita dalla Commissione sull’ 11 settembre, cercando
di incolpare sempre la negligente FAA. Senza
indugiare troppo sui diversi orari delle varie versioni,
ritengo sia importante porsi una domanda: è vera
questa terza versione dei fatti?
37
Una regione per sospettare che non è vera è
proprio il fatto che è la terza storia che ci viene detta.
Quando i sospetti in un caso criminale continuano a
cambiare il loro racconto, assumiamo che dovrebbero
star cercando di nascondere la verità. Ma un problema
persino più serio con la nuova storia delle
Commissione è che molti dei suoi elementi sono
contraddetti da una credibile evidenza o sono per altri
versi non plausibili. Per quanto riguarda il Volo 11 ad
esempio, la Commissione sostiene che il colonnello
Robert Marr, comandante del NEADS, avvisato con
notevole ritardo dalla FAA (alle ore 08:38) invece di
impartire l’ordine di decollo immediato perdette altro
tempo telefonando in Florida al Generale Larry Arnold
per avere l’autorizzazione a lanciare gli aerei, e questa
telefonata richiese la bellezza di 8 minuti, un tempo
straordinariamente lungo per una situazione di
emergenza.
Un ulteriore fatto su cui incentrare l’attenzione è
che il Pentagono dispone di propri radar per il
monitoraggio dello spazio aereo. Come afferma Robin
Hordon - controllore del traffico aereo all’aeroporto di
Boston per 11 anni e istruttore di volo – un aereo non
autorizzato nello spazio aereo di Washington
semplicemente non ci entra. Esiste un particolare
spazio aereo protetto denominato B-56 che comprende
38
una zona di identificazione per la difesa aerea del
raggio di 50 miglia, all’interno della quale vi è
un’ulteriore zona protetta del raggio di 17 miglia. Un
ulteriore, protettissima sezione, ha un raggio di soli 3
miglia e a salvaguardia di essa vi è un apparato di
batterie antimissile. Solo gli aerei militari, dotati di
transponder militare di tipo IFF, possono accedere allo
spazio aereo sovrastante il Pentagono: se i radar non
captano il segnale IFF e l’aereo sospetto si avvicina
troppo, questo viene automaticamente abbattuto non
appena si trovi ad una distanza critica dal Pentagono.
Dato che anche il sistema di difesa missilistico ha
clamorosamente dato forfait quel giorno, è
immaginabile che l’aereo che si è schiantato
sull’edificio fosse dotato di un transponder militare;
questo è un apparato che è impossibile ritrovare su un
jet di linea, quindi ci sono gli elementi per supporre
che a schiantarsi sul Pentagono non sia stato il volo 77.
Ancora un altro particolare ignorato dal rapporto
della Commissione è rappresentato dal prodigioso
sistema radar dell’esercito Statunitense. Il sito web di
uno di quei sistemi, chiamati Pawe Paws, sostiene che
è “capace di rilevare e monitorare un gran numero di
obiettivi che costituirebbero un pesante attacco LSBM
(missili balistici lanciati da sottomarini)(5). Il sistema
non è sicuramente basato sul presupposto che quei
39
LSBM abbiano dei transponders. L’affermazione che
l’esercito non sapeva di un aereo diretto al Pentagono
è dunque assurda. Dopo gli attacchi alle Twin Towers,
il sistema di difesa americano si suppone fosse ai
massimi livelli e quindi non avrebbe esitato ad
abbattere ogni aereo non autorizzato ed identificato
diretto verso Washington. E riguardo alla capacità di
fare questo, anche se per qualche ragione la base di
Andrews non avesse avuto caccia in allerta quella
mattina, il sistema anti-missili balistici sarebbe potuto
entrare in azione, dato che i suoi bersagli abituali
viaggiano a velocità dai 6 ai 7
_________________(5)www.pavepaws.org “Pawe Paws, Watching North America’s Skies 24 Hours a day”
www.wanttoknow.info/911starwars “Billions on Stars Wars Missile Defense Can’t Stop Four Lost Airlines on 9/11”
chilometri al secondo (circa 14.000 miglia l’ora), ben
più veloci di qualsiasi aereo sulla faccia della Terra.
Per finire, una piccola nota statistica: nel 2001,
prima dell’ 11 settembre, il NORAD ha dovuto far
fronte per ben 67 volte ad allarmi
inerenti il possibile dirottamento di aerei. In tutti i casi
i caccia da combattimento sono decollati nei tempi
previsti, con una percentuale di successo delle missioni
del 100%. Percentuale che si è poi mantenuta anche
successivamente.
40
2.5 Il mistero degli aerei scomparsi.A volte l’uomo inciampa nella verità, ma, nella maggior
parte dei casi, si rialza e continua per la sua strada .Wiinston L.S. Churchill
Abbiamo appena visto come il sistema di difesa
aereo abbia incredibilmente fallito: nessuno dei
quattro aerei è stato intercettato in tempo così che
ognuno di essi ha potuto continuare il suo tragico volo
verso gli obiettivi prefissati. I Voli 11 e 175 verso le
Torri Gemelle, il Volo 77 sul Pentagono e il Volo 93
che, forse diretto verso la Casa Bianca, si è invece
schiantato in un campo della Pennsylvania.
Ma tutto ciò corrisponde al vero? Partiamo da ciò
che nessuno ha in realtà visto: il Boeing 757
schiantatosi contro il Pentagono. Come abbiamo già
descritto, se al mondo esiste una città dove un attacco
aereo è impossibile, questa è proprio Washington.
Diversamente dagli aerei di New York, la scusa che
non ci si aspettasse un attacco del genere qui è
completamente inverosimile, tanto più che il
Pentagono dispone di radar e missili propri in aggiunta
all’efficentissima (in normali condizioni) difesa aerea
statunitense. Tuttavia, ammettiamo contro ogni logica
che un aereo abbia potuto violare allegramente lo
spazio aereo della Capitale, scendere a spirale sul
bersaglio ed abbattersi sul Pentagono senza che alcuna
difesa glielo impedisse.
41
Oltre che essere difeso da batterie missilistiche, il
Pentagono è anche naturalmente pieno di fotocamere
e telecamere di sorveglianza.
Così come altre telecamere inquadranti la scena
dell’impatto sono presenti nel vicino svincolo
autostradale, in una stazione di servizio adiacente e in
un albergo poco distante dall’impatto. In più l’aereo
avrebbe sorvolato un gran pezzo di città, quindi
basterebbe che un video saltasse fuori e tutta una
categoria di strambe illazioni smetterebbero di
esistere. Tuttavia, nessuna ripresa che mostri l’aereo è
mai stata esibita.
Le riprese effettuate dalle telecamere della
stazione di servizio e dell’albergo appena citati sono
state immediatamente sequestrate dall’FBI e mai
restituite. Come mai? C’è forse su quei video qualcosa
che meglio non vedere?(6)
Passiamo alle testimonianze. Steve Patterson, un
grafico che lavorava al quattordicesimo piano di un
palazzo di Pentagon City, testimonia di aver visto un
oggetto metallizzato, che faceva il rumore stridente di
un aereo da caccia che sembrava poter trasportare 8-
10 persone, dirigersi a bassissima quota verso il
Pentagono. (7)
Un altro testimone, Kirk Milburn, ha visto un aereo
che faceva uno strano rumore e poi due grandi, distinte
42
esplosioni. Un terzo testimone è Asework Hagos, il
quale percorrendo Columbia Pike vide un aereo
recante la scritta American Airlines volare a bassissima
quota e schiantarsi contro il Pentagono. Un quarto
testimone, Tom Seibert,
_____________(6)www.911review.org/Sept11Wiki/Pentagon-Crash.shtml (7)Washington Post, 12 settembre 2001
ingegnere di rete che lavora la Pentagono, non vide
l’aereo ma udì qualcosa che faceva il rumore di un
missile, seguito da una forte esplosione.
Queste quattro testimonianze sono state raccolte a
caldo e pubblicate all’indomani del fatto nel
“Washington Post”.
In diretta dal Pentagono ancora fumante, l’inviato
della CNN dichiara senza mezzi termini che sulla base
di una propria ispezione ravvicinata al luogo
dell’impatto non vi è assolutamente nulla che faccia
pensare che un aereo si sia schiantato sul Pentagono:
niente detriti consistenti, nessuna traccia della
fusoliera, i detriti più grossi sono così piccoli da poter
venire presi in mano. Questa testimonianza è
scomparsa definitivamente dal mondo dei media, la si
può tuttavia reperire su internet (8).
Altri testimoni raccontano di avere visto un aereo
dell’American Airlines. Si tratta però quasi sempre di
43
militari o persone connesse in qualche modo al
Pentagono o al Governo.
Un’altra testimonianza ci giunge da Ed Plaugher,
capitano dei pompieri della contea di Arlington,
racconta che a lui e ai suoi uomini non era consentito
avvicinarsi al luogo esatto dell’impatto, dove a lavorare
c’erano squadre speciali della FEMA (Federal
Emergency Management Agency). A domanda precisa,
dichiarò di non aver visto consistenti parti di aereo
all’interno del buco della facciata, nessun pezzo di
fusoliera da nessuna parte(9).
____________(8)www.thewebfairy.com/911/pentagon/27_1-mcintyre.swf (9) www.911research.wtc7.net/pentagon/analysis/.
Sei mesi dopo ED Plaugher avrebbe avuto un
ritorno di memoria affermando di avere visto pezzi di
fusoliera, le ali , il carrello di atterraggio, pezzi di
motore e sedili.
Le curiose ritrattazioni di chi aveva dichiarato di
aver visto un piccolo aereo o un oggetto simile ad un
missile avvenute in seguito, e la censura delle
interviste televisive che sostengono questa tesi,
alimentano il sospetto che la versione ufficiale abbia
molto da nascondere.
Però sono disponibili un sacco di fotografie del
luogo dell’incidente, qualcuna delle quali scattata
subito dopo il fatto. Le immagini sono nitide e chiare,
44
ma si nota subito che manca qualcosa che non è facile
capire cos’è al primo impatto. Con un po’ di attenzione
ecco scoperto il mistero: manca del tutto l’aereo. Non
solo, ma il prato verde antistante sembra un campo da
golf, tanto è intatto. Se l’aereo non è fuori dall’edificio,
vuol dire che è entrato tutto dentro. Quindi sulla
facciata dovrebbe esserci un buco adeguato ad un
gigantesco Boeing 757 (47,3 metri di lunghezza, 38 m.
di apertura alare, altezza del timone di coda 13,6 m.)
Nella maggior parte delle fotografie il buco non si
vede, poiché quell’ala del Pentagono crollò mezz’ora
dopo su se stessa. Tuttavia, in alcune foto scattate
pochi istanti dopo l’impatto il buco si vede: è largo solo
6 metri ed è all’altezza del primo piano, cioè a pochi
metri da terra. Un Boeing 757, per le questioni
aerodinamiche già esposte, per volare a quell’altezza
avrebbe dovuto farlo viaggiando capovolto. E avrebbe
avuto un margine di errore molto alto, che nel 99% dei
casi lo avrebbe visto schiantarsi per terra anziché sul
bersaglio. Perché piloti completamente incompetenti
avrebbero rischiato una manovra così impensabile?
Sarebbe stato molto più facile per i terroristi buttarsi a
casaccio sopra il tetto del Pentagono, che tra l’altro ha
una superficie immensa, 117.000 metri quadrati, un
obiettivo facile da colpire per chi viene dall’alto. La
facciata laterale, per contro, è alta solo 24 metri ed
45
arrivando a folle velocità non è certo cosa facile
centrarla.
Tornando ad analizzare il singolo buco sulla
facciata, come ha fatto un Boeing con un’apertura
alare di 38 metri a finirci interamente dentro? Le ali
saranno rimaste fuori, spappolate contro le pareti
senza per altro danneggiarle troppo. E lo stesso
ipotizzasi per i motori, 2 blocchi di titanio ed acciaio
dal peso di 6 tonnellate l’uno. Purtroppo però sulle
foto non c’è traccia di ali, ne di altri detriti dell’aereo.
In realtà qualche piccolo frammento di una carlinga
con i colori dell’American Airlines è stato ritrovato sul
prato, ma si tratta di pezzi molto piccoli e leggeri, che
non hanno le caratteristiche tecniche (spessore e
rivettatura) della carlinga di rivestimento di un Boeing
757.
46
Figura 2.1. Impatto contro facciata del Pentagono.La foto è stata ottenuta unendo 2 fotografie ed eliminando il fumo dalla zona dello schianto per vedere meglio la facciata. La zona blu è quella interessata dallo schianto ed è presa da una foto del giorno dell’attentato, il resto della facciata invece da una foto di alcuni giorni successivi. Si possono notare le finestre intatte, l’assenza di segni delle ali e dei motori sulla parete e la presenza di un unico foto d’entrata cerchiato in rosso. A parte aver tolto il fumo che impediva la vista, le foto non sono state ritoccate in nessun modo.
La versione ufficiale è che l’aereo, colpendo il muro
a circa 800 Km/h, si sia letteralmente polverizzato: la
fusoliera è entrata completamente nell’edificio mentre
le ali, la coda e UN motore si sono fusi all’impatto con
la facciata, scomparendo senza lasciare traccia, e
senza rompere nemmeno le finestre (20 finestre su 26
della zona dell’impatto risultano intatte).
Figure 2.2 e 2.3. Rottami di fusoliera e confronto con aereo Boeing
47
L’altro motore , invece, si è infilato non si sa come
nello stesso buco fatto dalla fusoliera perforando il
Pentagono fino al terzo anello e creando un foro
d’uscita perfettamente netto e circolare di due metri di
diametro. Finito di fare ciò, anche il secondo motore si
è fuso senza lasciare quasi traccia, a parte un piccolo
rottame. Questi resti del motore non sono mai stati
ufficialmente identificati come appartenenti ad un
Boeing 757 (10).
Il Boeing del Pentagono aveva due motori Rolls
Royce ma John W. Brown, portavoce dell’azienda (di
Indianapolis), ha testimoniato all’American Free Press
riguardo al rottame trovato al Pentagono: “Non fa
parte di nessun tipo di motore Rolls Royce che io
conosca(11).
L’11 marzo 2002 esce in Francia il libro “La
grande menzogna”, di Thierry Meyssan. Nel suo libro
Meyssan afferma senza mezzi termini che nessun
Boeing 757 si è mai schiantato sul Pentagono: ipotizza
48
un missile o forse un piccolo velivolo militare con un
missile, ma ad ogni modo non un gigantesco aereo
civile pieno di passeggeri. Il libro è un successo senza
precedenti, tradotto in 18 lingue, nonostante
importanti testate giornalistiche quali “Le Monde” e la
“CNN” non si risparmino nel ricoprirlo di insulti. Per
curiosa coincidenza, tre giorni prima dell’uscita del
libro viene diffuso dalla CNN un breve filmato ripreso
da una telecamera di sicurezza, dove si vede l’impatto
del velivolo contro il Pentagono e la successiva
esplosione. Solo pochi fotogrammi e di qualità molto
bassa. L’aereo non si vede neppure qua, si intravede
solo un’ombra in uno di questi fotogrammi. Sapendo
che i fotogrammi si susseguono al ritmo di uno ogni 4
centesimi di secondo (25 fotogrammi al secondo),
conoscendo la velocità del Boeing, la sua presunta
velocità ed il tragitto approssimativo inquadrato dalla
telecamera, un calcolo trigonometrico ci rivela come
l’aereo dovrebbe essere visibile in più di un
fotogramma.______________________________
(10)www.perso.wanadoo.fr/jpdesm/pentagon/pages-en/wr-eng.html(11)www.americanfreepress.net/10_10_03/Controversy_Swirling/
controversy_swirling.html
Oltretutto, mettendo empiricamente in relazione
l’altezza della facciata del Pentagono, che sappiamo
essere pari a 24 metri, con la lunghezza del velivolo
49
che si intravede nel fotogramma, è difficile credere che
esso sia lungo 50 metri, come un Boeing dovrebbe
essere.
Alcuni sostengono che il velivolo immortalato sia
un Global Hawk, un velivolo militare pilotato a distanza
(dotato guarda a caso di un solo motore), la sagoma
che si intravede nel breve filmato combacerebbe con
Figura 2.4. Fotogrammi impatto velivolo su pentagono.
esso. Altri ipotizzano invece che si tratti di un caccia.
Dopotutto anche sui caccia è possibile montare un
dispositivo di controllo a distanza. La tecnologia per
farlo esiste dal 1994. In più il caccia potrebbe aver
sparato un missile appena prima di schiantarsi sulla
parete in modo da provocare un buco in cui entrare e
non lasciare traccia di rottami davanti al Pentagono.
50
Ma queste sono speculazioni che lasciano il tempo che
trovano….limitandoci ai fatti possiamo dire 2 cose:
1) il frammento di motore ritrovato al
Pentagono non può appartenere al motore
del volo AA-77;
2) il velivolo mostrato nell’unico filmato
rilasciato dalle autorità non può essere un
Boeing 757.
Queste sono le uniche certezze che abbiamo, poche ma
se non altro sicure.
Un altro sistema di analizzare se e quando un aereo
si è schiantato contro il Pentagono, è quello di andare
a studiare le onde sismiche generate dall’evento. Per
gli aerei abbattutisi contro le Torri Gemelle, onde
chiare e nette sono state regolarmente registrate. Un
Boeing 757 lanciato a grande velocità costituisce una
massa di tutto riguardo, in grado di produrre onde
sismiche significative quando si schianta.
Coerentemente, dovremmo trovare nei tracciati
sismici rilevamenti adeguati mentre lo schianto non ha
prodotto o quasi onde sismiche, secondo i rilevamenti
di vari osservatori.(12).
Ma quello del Pentagono non è l’unico aereo
scomparso in quella giornata: anche il volo American
Airlines caduto in Pennsylvania non ha quasi lasciato
traccia di se. L’aereo, caduto vicino a Shaksville,
51
sembra essere scomparso nel nulla in una buca con un
diametro inferiore ai 10 metri e profonda 3. Il velivolo
è stato ritrovato in briciole, e pare che una delle
versioni ufficiali (come sappiamo ce ne sono sempre
varie) sia che i relitti siano stati trasportati per
chilometri (forse dal vento?) in un area molto vasta ,
quasi a suggerire che ci sia stata un’esplosione in volo.
Prima dell’arrivo dei primi soccorsi e dei giornalisti
la zona era già stata recintata da personale dell’ FBI ed
in una foto scattata in lontananza poco dopo lo
schianto si nota una nube di fumo a forma di fungo.
Non
____________(12)www.911review.com/attack/pentagon
vi è invece presenza del denso fumo nero tipico degli
incendi da idrocarburi che ci si aspetta si sviluppi dopo
uno schianto aereo.
2.6 Le telefonate dei passeggeriE’ vero che puoi ingannare tutte le persone qualche volta. Puoi
addirittura ingannarequalche persona tutte le volte. Ma non puoi ingannare tutte le
persone tutte le volte..Abramo Lincoln, 1865.
Tutte le telefonate effettuate coi cellulari dai
passeggeri si sono verificate sul volo 93. Strano. I
passeggeri degli altri aerei non possedevano cellulari?
Oppure non si sono accorti di essere stati dirottati?
52
La telefonata più lunga effettuata col cellulare
risulta quella di Todd Beamer, ed è da questa
telefonata che deriva la conoscenza dell’intenzione dei
passeggeri di ribellarsi ai dirottatori. Questa telefonata
durò circa un quarto d’ora e si svolge tra Beamer e una
persona che non conosce, Lisa Jefferson, impiegata del
servizio clienti di Verizon (società di telecomunicazioni)
. Beamer è l’unico dei passeggeri che parlò con
qualcuno che non conosceva; tutti gli altri passeggeri
che parlarono con loro congiunti od amici effettuarono
solo chiamate brevi e non perché la linea cadesse, ma
forse per evitare di tradire la loro effettiva identità.
Molto strana appare la telefonata di Mark Bingham
alla madre, nella quale esordì: “Sono Mark Bingham”.
Quando uno chiama la madre, si presenta sempre con
nome e cognome?(13)
D’altra parte non ci sarebbe stato bisogno neppure
di artisti imitatori. Già nel 1999 erano state sviluppate
avanzate tecnologie di voice morphing technology: è
sufficiente disporre di dieci minuti di registrazione
della voce di una persona per essere in grado di
modellarla
____________(13) www.911-strike.com/strange_theory_of_the_bumble_pla.htm
elettronicamente, dopo di che il computer può
trasformare in tempo reale la voce di un operatore in
quella dell’individuo da imitare(14).
53
La storia delle telefonate non è plausibile da un
punto di vista tecnico. Il professor A.K. Dewdney, già
collaboratore del prestigioso “Scientific American”, per
dimostrare questo si è procurato un aereo, testimoni
attendibili di varia estrazione e ha condotto
esperimenti scientifici in volo atti a dimostrare la sua
tesi. Ha sperimentalmente dimostrato che le telefonate
effettuate con i cellulari dai passeggeri del Volo 93 non
possono essere vere(15)per una serie di motivi
concomitanti: innanzitutto la velocità dell’aereo non
permetterebbe al telefonino di dialogare efficacemente
con le varie cellule dei ripetitori a terra; l’elevata
velocità infatti costringerebbe a cambiare cellula ogni
7-8 secondi al massimo, la qual cosa farebbe assai
presto cadere la linea. In secondo luogo, l’altitudine
dell’aereo porrebbe il cellulare a notevole distanza
dalle cellule trasmittenti, e la struttura metallica
dell’aereo aggiungerebbe un ulteriore effetto di
attenuazione del segnale. Questi tre elementi
renderebbero assai remota – per non dire nulla – la
probabilità di riuscire ad effettuare telefonate da un
Boeing in volo. Il 15 luglio 2004 poi, proprio l’American
Airlines effettua un volo di prova con una stazione
ricetrasmittente a bordo con la quale dicono sarà
possibile in futuro effettuare telefonate con cellulari
dagli aerei.(16)
54
L’informazione implicita è che prima fosse
impossibile.(17)
____________(14)www.washingtonpost.com/wp-srv/national/dotmil/arkin020199.htm(15) www.physics911.net /cellphoneairliners.htm(16) www.gmpc-us.com/satnews/jan-5%20-Boeing.htm(17) Ian Henshall – Rowland Morgan, 9.11 Revealed, Constable & Robinson, 2005, p. 129
2.7 Come sono Terminate le Torri?Cinismo è il riuscito tentativo di vedere il mondo come è
realmente.Jean Genet
Le torri gemelle erano state progettate per
resistere all’impatto di un Boeing 707, il più grande
aereo commerciale all’epoca della loro costru-
zione. Oltre alle 47 massiccie colonne centrali
d’acciaio, le torri erano sostenute anche da una rete di
robuste colonne esterne, una struttura tubolare
progettata in modo da ridistribuire bene il carico
nell’eventualità dell’impatto di un grosso aereo. Di
fatto, come confermato in un intervista (18) di gennaio
2001 da Frank De Martini, manager del progetto
originario della costruzione delle Torri Gemelle,
l’impatto di un aereo avrebbe avuto sulla stabilità di
quella fitta maglia di colonne d’acciaio lo stesso effetto
di una matita che bucasse una zanzariera: pressoché
nullo. Dopo lo schianto degli aerei difatti le torri, dopo
aver vacillato per qualche istante, si erano riportate
55
nel loro assetto originario ridistribuendo la forza d’urto
dell’impatto sulla loro struttura.
Il professor Steven E. Jones (19)del dipartimento di
Fisica ed Astronomia della Brigham Young University,
ha pubblicato uno studio nel quale dimostra
scientificamente la falsità della versione ufficiale sul
crollo delle torri: soltanto un processo di demolizione
controllata mediante cariche esplosive è, secondo il
testo, in grado di spiegare quanto avvenuto l’11
settembre.(20)
Il fatto che il professor Jones sia un conservatore
repubblicano, sino a poco tempo prima sincero
sostenitore di Bush, ha reso le sue dichiarazioni
particolarmente scomode e significative. Altri sessanta
accademici si sono schierati a favore dei suoi studi.____________________________________
(18)www.prisonplanet.com/articles/november2004/141104designedtotake.html(19) www.en.wikipeia.org/wiki/Steven_E._Jones(20) www.physics.byu.edu/research/energy
A settembre 2005 in NIST ha pubblicato il proprio
rapporto finale sulle ragioni del crollo delle tre torri
del WTC e nelle indagini, costate 20
milioni di dollari, l’ipotesi della demolizione controllata
non è nemmeno stata presa in considerazione,
nonostante un rapporto della FEMA sul materiale
rinvenuto sul luogo del crollo avesse evidenziato “una
severa aggressione corrosiva dell’acciaio molto
56
inusuale….nessuna chiara spiegazione per l’origine
dello zolfo è stata identificata”.
Nella versione ufficiale la causa del crollo è il rogo
provocato dagli aerei kamikaze. Tuttavia l’acciaio
fonde a 1500°C e non a 800°C come ha riferito la BBC
due giorni dopo la tragedia. Stando alla versione
ufficiale, a Manhattan l’11 settembre 2001 è stata
inaugurata la prima fonderia siderurgica a gasolio del
mondo: perché il crollo avvenga non è necessario che
l’acciaio fonda, basterebbe scaldarlo fino a 500° e si
indebolirebbe causando il crollo della struttura. Ma
non è proprio così. A 550°C (sempre che le strutture
delle torri abbiano effettivamente raggiunto tale
temperatura) l’acciaio conserva ancora il 60% della sua
resistenza.(21)I grattacieli vengono però progettati per
essere in grado di reggere almeno 5 volte il carico
previsto, il che dimostra che se anche l’acciaio avesse
raggiunto i 550°C esso avrebbe comunque ancora
potuto reggere 3 volte il carico delle torri. Tuttavia è
improbabile che il gasolio abbia potuto scaldare fino a
500°C l’acciaio, questo infatti conduce bene il calore
quindi, se da una parte il rogo indubbiamente scaldava
le strutture d’acciaio, tutto intorno le parti fredde della
struttura metallica assorbivano calore raffreddando la
zona critica. Non solo l’acciaio non poteva fondere, ma
non poteva nemmeno scaldarsi più di
57
____________________________________
(21)www.911research.wtc7.net/disinfo/collapse/meltdown.html
tanto. I pompieri invece, sul luogo del delitto,
hanno trovato acciaio
fuso dappertutto anche nelle settimane seguenti. Il
calore è addirittura durato per mesi, questo almeno
sostiene Mark Loizeaux, presidente di una delle
compagnie contattate per la rimozione dei detriti.(22)
Di certo sappiamo che cinque giorni dopo il crollo
la NASA identificò all’interno delle macerie, con
l’ausilio di uno spettrometro aereo, dozzine di punti
caldi con temperature fino a 700°C, come si può vedere
nell’immagine sottostante.
Ma l’acciaio fuso trovato nelle fondamenta non può
essere conseguenza del rogo del gasolio, altrimenti i
motori a scoppio di tutte le automobili si
scioglierebbero come neve al sole.
58
Figura 2.5. Analisi satellitare della NASA del 16/09/2001.
Inoltre, osservando la dinamica dei crolli dai filmati
disponibili, si nota come i grattacieli siano precipitati
in modo perfettamente perpendicolare. Affinché ciò sia
possibile bisognerebbe che il fuoco ____________________________________
(22)www.rense.com/general28/ioff.htm
indebolisse la struttura su tutti i lati in modo uniforme.
Se solo un punto cedesse con un minimo di ritardo
rispetto agli altri il crollo non sarebbe
simmetrico ed equilibrato come effettivamente è stato.
Di fatto la torre si abbatterebbe da un lato come un
albero. A dire il vero il crollo della Torre Sud non fu
così perfetto nei primi due secondi: la parte alta della
torre iniziò a cadere fortemente sbilanciata da un lato,
palesando quindi
un netto movimento rotatorio attorno all’asse costituito
dal lato della Torre che aveva ceduto, ma un istante
dopo tutto scomparve nella nube di fumo ed il crollo
tornò misteriosamente ad essere simmetrico. Questo
fenomeno non sarebbe in realtà possibile per via di un
principio fisico “trascurabile” come la legge della
conservazione del movimento angolare, ma abbiamo
già visto col gasolio che quel giorno le leggi della fisica
non sempre hanno funzionato come al solito.
59
Ma se il crollo è avvenuto perché le Torri erano
imbottite di termite, chi e come l’avrebbe collocata?
Innanzitutto le Torri erano edifici molto sicuri, e la
compagnia che si occupava del complesso del WTC era
la Securacom, che aveva Marvin Bush, fratello di
Gorge W, nel proprio consiglio direttivo.
Negli ultimi mesi le Torri erano state oggetto di
numerosi lavori di ammodernamento della rete
telefonica, e anche nel week end dell’8 e 9 settembre
lavori di miglioramento della cablatura dell’edificio
avevano comportato l’interruzione dell’energia
elettrica per 36 ore.
Daria Coard, guardia al WTC, ha riferito che pochi
giorni prima dei crolli, il 6 settembre, sono stati
rimossi i cani specializzati per il rilevamento degli
esplosivi.(23)
Guardando le foto scattate sul sito di Ground Zero si
scopre come i resti ____________________________________
(23)www.cooperativeresearch.org/entity/.jsp?entity=daria_coard
delle basi delle colonne siano tagliati di netto e in
maniera obliqua, tutte rappresentano lo stesso identico
taglio, che tra l’altro è compatibile (per non dire
uguale) con la tecnica delle demolizioni
controllate, dove l’ esplosivo per tagliare le travi viene
posto su di esse proprio in modo
60
Figura 2.6. Macerie a Ground Zero.
obliquo. Il prof. Jones, per poter dimostrare le sue tesi,
ha chiesto ufficialmente di poter disporre di un
frammento di metallo fuso sul quale compiere le sue
analisi. Ma la sua richiesta è finora rimasta inascoltata,
e probabilmente in questo stato resterà, visto che il
sindaco di New York Rudolf Giuliani ha provveduto a
tempo di record allo sgombero delle macerie,
sottraendo il prezioso materiale alle indagini facendolo
fondere o rivendendolo in Cina: non si ha più traccia
così di ben 200.000 tonnellate di acciaio
Le analisi di Jones sono state effettuate quindi solo
sulla polvere, più difficile da far sparire, dato che
occupava una vasta zona di Manhattan. I ricercatori,
che hanno sottoposto ad esame quattro campioni di
61
materiali tratti dalle macerie delle Torri hanno trovato
termite ancora attiva, ossia non del tutto combusta,
che durante le prove ha reagito vigorosamente
sviluppando intenso calore. Le componenti base,
alluminio purissimo ed ossido di ferro, non sono solo
finemente polverizzate: sono polverizzate in particelle
nanometriche (meno di 120 nanometri), il che implica
un processo di fabbricazione ad altissima tecnologia in
laboratori molto avanzati. Tutti questi ed altri risultati
portano i ricercatori a concludere che “lo strato rosso
dei grumi rossi-grigi trovati nella polvere del WTC è
un materiale termitico attivo e che non ha (ancora)
reagito, prodotto con nanotecnologia, ed è un
materiale pirotecnico od esplosivo ad alta energia”.
L’unico dubbio riguarda l’effettiva provenienza del
materiale analizzato. I ricercatori dicono di aver
analizzato quattro diversi campioni: uno raccolto da un
residente di Manhattan dieci minuti dopo il crollo, due
il giorno seguente l’attentato, e il quarto una settimana
più tardi.
Le proprietà della materia sono state analizzate al
microscopio ottico, al microscopio elettronico (SEM,
Scanning Electron Microscopy), alla spettroscopia a
raggi X a dispersione di energia (XEDS), e al
calorimetro a scansione differenziale (DSC). Le
62
componenti metalliche sono state ottenute per
separazione con l’uso di metil-etil-ketone.(24)
Sono talmente tante le cose da dire su questi crolli che
sicuramente me ne dimenticherò più di una, ma
andiamo avanti ad analizzare i fatti. Molti esperti
nell’ambito delle demolizioni controllate e persone
presenti sul luogo sembrano confermare l’ipotesi fin
qui illustrata. Kevin Ryan, tecnico della Underwriters
Labs (azienda che ha collaborato con il NIST ___________________________________
(24) www .effedieffe.com/content/view/7019/164/
nell’effettuazione di alcune prove su modellini in scala
delle Torri) ha dichiarato che durante le prove le Torri
Gemelle riprodotte in scala sono state poste in fornaci,
e nonostante siano state esposte a condizioni più
gravose di quelle reali, le loro strutture non hanno
ceduto. La conferma delle sue teorie il NIST l’avrebbe
avuta solo successivamente tramite delle simulazioni al
computer, falsando però i dati di calcolo, ipotizzando
per esempio che gli aerei avessero a bordo 13 t. di
carburante contro i 6,5 effettivamente trasportati al
momento dell’impatto, calcolando un’esposizione al
fuoco di 90 minuti, quando il primo crollo è avvenuto
dopo soli 45 minuti dall’impatto. Dopo tali affermazioni
non stupisce sapere che Ryan ha perso il suo posto
nell’azienda.
63
Paolo Marini, tecnico del centro italiano sviluppo
metalli, ha posto invece l’accento sul tempo di caduta
delle torri, pari quasi a quello di caduta libera. Questo
è pari alla radice del doppio della distanza (in metri)
diviso il coefficiente 9,81. Un peso rilasciato ad una
altezza di 415 metri impiega quindi 9,22 secondi per
giungere sul terreno. Le Torri sono collassate in poco
più di 10 lunghissimi secondi, quindi la struttura che si
trovava al di sotto dell’incendio (e stiamo parlando di
centinaia di metri di acciaio e cemento armato)
avrebbe opposto una resistenza pari a quella
dell’attrito dell’aria. Una tesi difficilmente sostenibile.
Alla stessa velocità di caduta libera (poco più di 6
secondi) è venuta giù anche la terza torre della
giornata, il WTC 7, distante poche centinaia di metri
dalle prime due. Qui le strutture si suppongono ancora
più solide, in quando l’edificio era più moderno e
soprattutto contro di esso non ha impattato nessun
pesante aereo di linea. Gli incendi sarebbero scaturiti
dalla pioggia di detriti che lo hanno investito durante i
crolli precedenti. Travi e calcestruzzi sono
effettivamente volati su di esso, ma senza la complicità
di potenti esplosivi è difficile spiegare la causa di una
forza capace di gettare in orizzontale pezzi pesanti
svariate tonnellate per centinaia di metri. Gli incendi
sviluppati nel WTC 7 erano di poca entità e nulla
64
lasciava presagire che sarebbe crollato in un modo
tanto veloce. Questo grattacielo ospitava, al
ventitreesimo piano, una super-centrale operativa per
situazioni di emergenza del comune di New York, oltre
ad una sede della CIA e dei servizi segreti, nonché i
documenti originali dei più grossi scandali finanziari di
quegli anni, tra cui i casi Enron e Wordcom, sui quali
dopo il crollo sarebbe stato impossibile compiere
ulteriori indagini anche perché uno dei principali
imputati dello scandalo Enron, Cliff Baxter, si sarebbe
“suicidato” successivamente perfezionando l’oblio sul
caso. Cosa ancora più curiosa, l’annunciatrice della
BBC Jane Standley diede la notizia dell’avvenuto crollo
del WTC7 con ben 22 minuti di anticipo rispetto
all’evento effettivo, col grattacielo che faceva bella
mostra di se sullo sfondo a destra della “giornalista”.(25)
Le Torri Gemelle, in trent’anni di storia, non erano
mai state cedute, ma circa sette settimane prima dei
crolli l’Autorità Portuale le ha date in concessione per
99 anni ad un consorzio guidato da Larry Silverstein, il
quale fu abbastanza accorto da assicurarle contro atti
terroristici (in precedenza non furono mai assicurate
contro eventi del genere). Molti pensarono ad un
bidone colossale per l’imprenditore, in quanto le Torri
erano considerate antiquate ed antieconomiche e da
tempo si pensava di demolirle. Il problema era che
65
erano piene di absesto, un materiale altamente
cancerogeno: una demolizione controllata era stata
vietata per ___________________________________
(25) www.bbc.co.uk/blogs/theeditors/2007/02/part_of_the_cospiracy.html
motivi sanitari e per demolirle i costi sarebbero stati
astronomici (26).
Un ultimo particolare interessante: nessuna delle
scatole nere dei quattro aerei dirottati (ogni aereo è
fornito di due scatole nere) è rimasta indenne ,
nonostante siano costruite con materiali
resistentissimi.
Forse, in futuro, questi importanti apparecchi
verranno costruiti con lo stesso materiale con il quale
si fabbricano i passaporti dei terroristi. Di questi
infatti ne sono stati rinvenuti ben due: il primo, quello
di Satam Al Suqami(27), dopo aver resistito
all’esplosione dovuta all’impatto dell’aereo contro la
torre, all’immenso incendio divampato all’intero della
Torre e al conseguente crollo che ha sbriciolato e fuso
migliaia di tonnellate di acciaio e cemento, è stato
ritrovato dall’FBI a qualche isolato dalle macerie,
bruciacchiato ma sostanzialmente indenne.
L’altro, quello del presunto terrorista Ziad Jarrah, è
stato trovato tra i resti del volo 93 precipitato in
Pennsylvania: l’aereo, i corpi, i bagagli, si sono
66
letteralmente disintegrati mentre, ancora una volta, il
passaporto ha resistito quasi indenne al terribile
schianto.
Stessa cosa si potrebbe dire anche del DNA delle
vittime, capace di sopravvivere ad un rogo di 2500°C
(una delle temperature ufficiali degli incendi). Il DNA
dei materiali organici più resistenti come ossa e capelli
dovrebbe resistere fino a temperature di circa 150°C,
dopo di che si dovrebbe distruggere ma, come si è
visto, quello delle vittime del Pentagono è stato ben più
robusto e coriaceo, come straordinario è stato anche il
DNA delle vittime del volo 93: solo il 7% delle
spoglie delle ___________________________________
(26) www.whatreallyhappened.com/silverstein/htmlIl dottor Stefano Montanari, esperto di nanopatologie, ha detto che secondo le stime ufficiali sono 400mila le persone che hanno disturbi respiratori dopo l’attentato, ma potrebbero essere molti di più, perché tanta gente sottovaluta i sintomi. www.ecplanet.com/print.php?id=19857&madre=8(27) www.the-movement.com/Hijackers/bukhari.html
vittime è stato ritrovato, tuttavia tutte le vittime sono
state identificate tramite l’esame del DNA (28).
2.8 Chi è il colpevole?Cui prodest scelus, is fecit..
Seneca, primo secolo A.C.
A chi hanno giovato i fatti dell’11 settembre? E’
una domanda difficile, a cui non si può pretendere di
dare risposte certe ed onnicomprensive, però
analizzare i personaggi coinvolti in questo dramma e le
67
conseguenze da essi subite può aiutare a far luce su di
essa.
- i morti e i loro familiari: i veri protagonisti, loro
malgrado, della vicenda. I morti non ne hanno tratto
alcun giovamento, idem per i familiari, anche se il
governo USA li ha indennizzati con la cifra record di
1,8 milioni di $ per ciascuna vittima;
- Osama Bin Laden: ha tratto il vantaggio di venire
considerato da una parte del mondo islamico come
l’eroe vendicatore delle masse arabe. Teoricamente
però quasi tutto l’esercito USA lo sta cercando per
ammazzarlo;
- Il mondo arabo: non ha tratto alcun giovamento,
dall’11/9 mezzo mondo guarda ad ogni arabo come ad
un potenziale terrorista;
- Il popolo americano: con il Patrioct Act ha perso
metà dei suoi diritti civili. Con il prossimo attentato
perderà probabilmente l’altra metà, in cambio forse di
benzina a buon prezzo;
- Saddam Hussein: non ha avuto alcun giovamento
dalla vicenda, e non è mai stato provato alcun suo
coinvolgimento in essa;___________________________________
(28) www.giveyourvoice.com/dna-faq.html www.911research.wtc7.net/planes/evidence/bodies.html
- George W. Bush: la sua popolarità è raddoppiata
da un giorno all’altro, fornendogli la legittimità per la
68
sua contestata elezione;
- CIA e Pentagono: in conseguenza della loro
inutilità nel prevedere gli attentati, i fondi sono stati
però loro sensibilmente aumentati. Il Patrioct Act ne
incrementa significativamente il potere. Hanno tratto
giovamento, sia a breve che a lungo termine;
- Blocco industrial-petrolifero-militare: grossi
gruppi industriali in campo petrolifero e militare hanno
tatto evidente giovamento dalle successive guerre
contro Afghnistan ed Iraq;
- Gli speculatori di borsa: nei giorni
immediatamente precedenti gli attentati sono avvenute
forti speculazioni al ribasso sui titoli delle compagnie
aeree coinvolte nell’attentato, nonostante le più
accreditate previsioni borsistiche diedero per certo un
aumento del valore del settore. Andreas Von Bulov, ex
ministro tedesco, ha calcolato in 15 miliardi di dollari
l’ammontare di tali fortunate speculazioni su cui
nessun ente governativo ha successivamente indagato
a fondo.
- Larry Silverstein: l’imprenditore edilizio ebreo
australiano che affittò dal municipio di New York (da
Rudolf Giuliani) e che ha incassato dall’assicurazione
4,6 miliardi di dollari (pretendendo ed ottenendo un
risarcimento doppio rispetto al massimo previsto dalla
polizza trattandosi, secondo lui, di due eventi
69
terroristici distinti). La Prava, giornale russo, ci ricorda
che Larry fece ogni giorno colazione nel super-
ristorante panoramico all’ultimo piano di una delle due
Tower. Tutti i giorni salvo uno: l’11 settembre 2001.
Non si fece vedere. E non si fece vedere nemmeno sua
figlia, che lavorava nell’Edificio 7, il terzo grattacielo
che crollò in perfetta verticale senza essere stato
toccata da nessun aereo.
- Ronald S. Lauder: al tempo nel consiglio direttivo
del «tavolo di New York per le privatizzazioni». Lauder
fece lobby per la privatizzazione del WTC (del resto,
era costoso e non rendeva alla città). E’ membro del
Congresso Ebraico Mondiale, della Conference of
Presidents of Major American Jewish Organizations,
del Jewish National Found e vari altri comitati ebrei.
Inoltre, Lauder è uno dei finanziatori della «scuola»
che il MOSSAD ha ad Herzliya, Israele.
- ICTS International, : la compagnia opera nel
settore più avanzato dell’export israeliano, sicurezza e
intelligence, ed i suoi impiegati sono quasi tutti ex-
agenti dello Shin Bet. Questo gruppo di veri esperti,
che controllavano gli imbarchi a Dulles e a Newark,
hanno lasciato 17 arabi imbarcarsi in 4 aerei armati di
taglierini.
Nonostante questa falla, la ICTS continua ad essere
l’azienda preferita per la sorveglianza di aeroporti.
70
- ZIM: grande compagnia israeliana di navigazione
e trasporto-merci, aveva i suoi uffici nella Torre Nord
del WTC. Traslocò nell’agosto 2001, un mese prima
dell’11 settembre, adducendo la necessità di fare
economie sul costoso leasing degli uffici. Il fatto è che
li aveva affittati fino a dicembre 2001, e in questo
trasloco affrettato la Zim perse 50 mila dollari. La Zim
è posseduta al 49% dello Stato d’Israele. Michael Dick,
un agente dell’FBI che stava facendo indagini su
questo sospetto trasloco, fu sollevato dall’incarico dal
capo della divisione penale del Dipartimento della
Giustizia, l’americo-israeliano Michael Chertoff.
- ODIGO: è la ditta di “instant messaging”, due
impiegati della quale furono avvertiti da un misterioso
messaggio elettronico di lasciare la zona (gli uffici sono
vicini al WTC) due ore prima del primo attacco aereo.
Ci furono polemiche, perché la Odigo non passò alle
autorità il messaggio, che avrebbe potuto salvare molte
vite. La sede centrale della Odigo è in Israele: ad
Herzliya. Per puro caso, è la stessa sede dove ha il suo
quartier generale il MOSSAD, il servizio segreto
israeliano.
- Paul Kurzberg, Yaron Schmuel, Oded Ellner: sono
tre dei sei «israeliani danzanti», impiegati della
compagnia di traslochi «Urban Moving Systems», visti
filmare e festeggiare l’incendio delle due Torri, accanto
71
al furgone bianco della ditta. Arrestati, furono rilasciati
ed espulsi per ordine di Michael Chertoff (v. ZIM),
allora al dipartimento della Giustizia. La ditta era
diretta da Dominic Suter, israeliano, che si rese
improvvisamente irreperibile dopo l’11 settembre,
lasciando accesi nell’ufficio i computer e i telefonini
sotto carica. E’ in Israele.
- Dov Zakheim: rabbino, è proprietario della
System Planning Corporation (SPC), un’industria
militare che fornisce apparati per teleguidare fino ad
otto aerei, oltre a sistemi di “flight termination” che
consentono di richiamare a distanza aerei il cui pilota
sia incapacitato, oppure sotto dirotttamento. Zakheim è
tra i firmatari del documento “Rebuilding the American
Defense”, di cui parleremo in seguito. Il giorno
dell’attentato, rabbi Zakheim era vice-ministro della
Difesa, al Pentagono. Era il “comptroller” dei conti (v.
Rumsfeld) dal 4 maggio 2001, e vi restò fino al 10
marzo 2004.
- Donald Rumsfeld: Ministro della difesa. Il 10
settembre 2001 dichiarò “dispersi” 2,3 miliardi di
dollari dal bilancio del Pentagono. La confusione del
giorno dopo ha fatto passare in secondo piano la
notizia. Già a colloquio con Saddam Hussein, in Iraq, il
4 marzo del 1984, secondo testimonianze giurate al
Congresso l’America trattava col dittatore per la
72
costruizione di un nuovo oleodotto mentre gli vendeva
gas venefici da usare contro la popolazione curda e
contro l’Iran.
- Dick Cheney: Vice Presidente. Ha assunto il
comando della Nazione durante tutta la giornata dell’
11 settembre (il presidente Bush era a raccontare
favolette in una scuola elementare in Florida, attività
consona al suo elevato Q.I. di ex alcolizzato e
cocainomane (29), notizie queste rintracciabili anche
nella sua biografia ufficiale) coordinando la pronta
risposta statunitense contro gli attentati di matrice
araba. Ex presidente della Halliburton, ricca azienda
petrolifera beneficiaria di sontuose commesse relative
alla “ricostruzione” irachena, nonché di una ricca
commessa per i rifornimenti di carburante alle truppe
di stanza in Iraq(30), un business calcolato in qualche
miliardo di dollari.
- Paul Wolfowitz: vice ministro della Difesa. Capì
immediatamente che Saddam Hussein era complice di
Bin Laden nell’attentato, e spinse vittoriosamente per
la guerra all’Iraq: «Sarà una passeggiata, disse. Ci
accoglieranno a braccia aperte». Wolfowitz è stato poi
premiato con la presidenza della Banca Mondiale.
- Michael Chertoff: era all’epoca vice-attorney
general del Dipartimento di Giustizia (Divisione
Penale): in questa veste espulse gli «israeliani
73
danzanti» per aver lavorato in USA senza il visto di
lavoro, e li rimandò in Israele. Poi è stato scelto da
Bush per dirigere il Dipartimento della Homeland
Security, il neonato ministero della Sicurezza Interna.
- Kenneth Feinberg: è il funzionario responsabile
del fondo di compensazione (7 miliardi di dollari) per le
famiglie delle vittime: il risarcimento venne dato solo a
quelle famiglie che rinunciavano per iscritto ad ogni
altra pretesa o inchiesta sull’11 settembre. Il 97% delle
famiglie accettò. Quelle che non accettarono perchè
pretendevano una ___________________________________
(29) www.arab.it/vari/chi_e_realmente_bush.htm(30) www.halliburtonhell.blogspot.com/2003_10_01_halliburtonhell_archive.html
completa inchiesta, furono trattate da una
«mediatrice» speciale: Sheila Birnbaum, ebrea. Non
hanno avuto nulla, e nemmeno l’indagine.
- Philip Zelikow: doppia cittadinanza (indovina un
po’ quali…), è il funzionario dell’intelligence che Bush
assegnò come consulente tecnico alla Commissione
Senatoriale sull’11 settembre. Era lui che selezionava i
materiali informativi da sottoporre ai senatori. E’ lui, di
fatto, l’autore del «9/11 Commission Report», la bibbia
della versione ufficiale.
- Azzam Gadhan: è il portavoce di Al Qaeda (o lo è
stato per un certo tempo) che compare in certi video,
perché parla bene l’inglese. Negli ambienti del
terrorismo arabo lo chiamano «Azzam al-Amriki»,
74
Azzam l’Americano. E’ ricercatissimo dall’FBI. Il suo
vero nome è Adam Pearlman. Suo nonno, Carl, ricco
chirurgo, è stato nella direzione dell’Anti-Defamation
League (potente lobby statunitense).
- IntelCenter: è la ditta sotto contratto USA che
riesce ad ottenere i video di Bin Laden, specie quelli
dove appare Adam Pearlman, prima della CIA e di ogni
altra agenzia di spionaggio nel mondo. Il suo direttore
è un israelo-americano di nome Ben Venzke.
- SITE: è un’altra ditta che “studia le fonti primarie
della propaganda islamista, manuali di addestramento
(dei terroristi), chat lines di terroristi”, che scopre
prima della CIA: fornisce dunque materiale informativo
di prima mano, e lo scopre tutto su internet. E’
collegato all’Intel Center.
- Rita Katz: fondatrice e direttrice di SITE. Ebrea
nata in Iraq, dall’Iraq fuggì quando suo padre, un
mercante (in realtà una agente del MOSSAD) fu fatto
giustiziare da Saddam; ha prestato il servizio militare
nel glorioso Tsahal (l’esercito israeliano) ed ha studiato
all’università di Tel Aviv.
- I lavoratori ebrei del WTC: secondo una voce del
giornale giordano “Al-Watan” il giorno dell’attentato
4000 ebrei, che di norma lavoravano al WTC, non si
sarebbero presentati in ufficio. Non risulta che nella
strage sia scomparso nessun ebreo, benché gli uffici
75
fossero affollati di personale ebraico. Nessun giornale
americano ha cercato di appurare la verità su tale voce
che, sibillina, circola ancora nei bassifondi dei media.
- Ali Al-Jarrah: un libanese sulla cinquantina, da
luglio 2008 in galera con l’accusa di tradimento e di
spionaggio per un Paese nemico, Israele, per il quale
lavorava da almeno 25 anni.
E’ stato Hezbollah - che ha il miglior servizio
d’intelligence della regione - ad arrestarlo(31) e a
consegnarlo alle forze armate libanesi. Il personaggio
ha confessato tutto. Ora attende il processo. Cosa
c’entra con l’11 settembre? E’ il cugino di Ziad Al-
Jarrah, presunto pilota dirottatore del volo 93, quello
schiantatosi in Pensilvanya, strana coincidendeza.
Da questo elenco dei principali protagonisti della
vicenda possiamo dedurre molte informazioni. E’
probabile che almeno uno di essi sia l’assassino, anche
se nessuno sa con precisione chi sia. Ognuno può farsi
una sua personale idea, vera o falsa che sia. Se di un
complotto si è trattato, molti potrebbero essere stati
gli interessi coinvolti, forse addirittura troppi perché si
riesca ad identificarli tutti.
Vedere a chi ha giovato la tragedia dell’ 11
settembre potrebbe fornire qualche indicazione sul
possibile movente.
76
Altro elemento importante è stabilire chi fosse
materialmente in grado di compiere i fatti. Perché non
basta la volontà e il movente, bisogna anche ___________________________________
(31)Robert Worth, «Lebanese in Shock Over Arrest of an Accused Spy», New York Times , 18/02/2009.
essere in grado di tradurre in azioni pratiche le proprie
intenzioni, specie se si ha a che fare con la Nazione
con l’apparato militare teoricamente più forte e
tecnologico dell’intero pianeta.
CAPITOLO III:CHI COMANDA IN AMERICA
3.1 I Neocons - PNACCheney?E’ l’uomo più spietato che abbia mai conosciuto.
Henry Kissinger.
I neoconservatori sono un gruppo molto ristretto di
personaggi che sono risaliti al potere con l’elezione di
Gorge Bush nel 2000. La scuola di pensiero
neoconservatore si può far risalire al pensiero di Leo
Strass che cominciò ad enunciarne i principi agli inizi
degli anni ’60. Egli teorizzava una società compatta ed
uniforme, tenuta insieme da un collante universale che
permetta a ciascun individuo di riversare le proprie
ambizioni personali in un movimento collettivo diretto
tutto verso l’esterno. L’unico modo per ottenere questo
era di mettere la popolazione di fronte alla presenza di
un grande, oscuro nemico.
77
Il primo incarico di altro livello dei neoconservatori
fu quello di Ministro della Difesa sotto la presidenza
Ford, assegnato a Donald Rumsfeld, mentre Dick
Cheney andrò a ricoprire il luogo di Capo di Gabinetto.
Proprio Rumsfeld, col suo operato, contribuì a
costruire il mito dello spauracchio di un attacco
nucleare da parte dell’Unione Sovietica, pilastro
fondamentale si cui si basava la “guerra fredda”.
La presidenza di Carter impose ai neoconservatori
una battuta di arresto, che li spinse a cercare
un’alleanza in un territorio mai esplorato fino ad
allora, quello della destra religiosa, che costituiva una
riserva di voti immensa. Per tradizione i leader delle
varie chiese protestanti avevano tenuto i fedeli lontano
dalla politica, che consideravano immorale e corrotto,
ma il pericolo di vedersi comandanti da un movimento
comunista ed ateo li spinse all’alleanza con la destra
repubblicana, una storica alleanza che continua ancora
oggi.
Questo diede una vittoria schiacciante nell’elezione
di Reagan, e i Neocons reclamarono per sé alcune
posizioni di prestigio nella nuova amministrazione.
Paul Wolfowitz andò così a capo dell’Ufficio Relazioni
Estere della Casa Bianca, mentre Richard Perle
diventava Vice Ministro della Difesa.
78
Ma il grande nemico che andavano cercando si
stava nel frattempo sgretolando sotto il peso delle
divisioni interne e della corruzione. L’ultimo tentativo
dei sovietici di espandere la propria area di influenza
fu l’invasione dell’Afghanistan nel 1980. Fu allora che
la CIA ingaggiò Osama Bin Laden e i suoi “Freedom
Fighters” fornendogli tutto l’aiuto militare, economico
e strategico(32) necessari a ricacciare i sovietici entro il
loro confine.
Con la partenza delle truppe da Kabul iniziava per
l’Unione Sovietica il conto alla rovescia che avrebbe
portato al crollo del Muro di Berlino. Di fronte allo
sgretolarsi del loro nemico, i Neocons___________________________________
(32) “Unconventional Warfare has been conducted in support of both an insurgency, suchas the Contras in 1980s Nicaragua, and resistance movements to defeat an occupying power, such as the Mujahideen in 1980s Afghanistan.”
Queste parole sono scritte a pag. 1-2 del documento “Army Special Operations Forces - Unconventional Warfare” codice FM 3-05.130, rintracciabile su internet con un qualsiasi motore di ricerca, edito dal Dipartimento per l’Esercito Americano il 20 settembre 2008. Provano come operazioni non convenzionali furono pianificate ed eseguite contro l’Unione Sovietica, servendosi del movimento dei Mujahideen afgani, non direttamente, ma tramite la collaborazione con l’ISI, il servizio segreto pakistano, affinché gli stessi guerriglieri afgani non venissero a sapere di combattere in favore degli USA, da sempre il loro nemico sul piano ideologico.
Si veda anche: http://www.youtube.com/watch?v=VnV_pNe_BB0
cominciarono ad accarezzare la tentazione di
estendere il loro dominio militare e strategico a tutto il
mondo.
Ma controllare il mondo significa soprattutto
controllarne le risorse energetiche e questo a sua volta
79
significa, prima di tutto, controllare i pozzi petroliferi
del Medio Oriente.
L’occasione d’oro giunse con la prima Guerra del
Golfo, nel 1991, ma al momento cruciale, con
l’esercito irakeno in disfatta, il presidente Bush decise
di non continuare l’avanzata, fermando la sua carovana
militare a pochi chilometri di distanza da Bagdad,
lasciando Saddam Hussein, pur fortemente
ridimensionato, alla guida del paese.
La sorprendente vittoria elettorale di Bill Clinton,
nel 1992, rappresentava un’ulteriore battuta di arresto
per il progetto imperiale dei Neocons. Nel frattempo la
Russia si stava rimettendo in piedi e i Neocons
vedevano sfumare, anno dopo anno, la preziosa
occasione per estendere al mondo intero il proprio
controllo.
In attesa del termine del mandato a Clinton, essi
misero a punto la cosiddetta “Dottrina Wolfowitz”(33),
alla cui base si stabiliva il diritto degli USA di
intraprendere guerre preventive ovunque nel globo per
evitare che altre nazioni tornassero a mettere in
discussione la loro supremazia mondiale.
Nasceva così il “Progetto per un nuovo secolo
americano” o PNAC (Project for the New American
Century), un istituto di ricerca con base a Washington
D.C. fondato nel 1997, tra gli altri, da Dick Cheney e
80
Donald Rumsfeld, con l’ambizioso obiettivo di
promuovere la leadeship globale americana.
Tra i membri del PNAC troviamo molti deputati
Repubblicani e, ___________________________________
(33) nome ufficiale: “Defense Planning Guidance”
membri dell’amministrazione Bush, tra cui Paul
Wolfowitz, Jeb Bush Richard Perle e molti altri.
Una volta riconquistata la Casa Bianca con Bush Jr.
nella controversa elezione del 2000, per i Neocons si
trattava solo di rimettere in piedi l’operazione lasciata
in sospeso dal padre dieci anni prima. Ritroviamo
infatti Dick Cheney come Vice Presidente, Donald
Rumsfeld Ministro della Difesa e come suoi vice sceglie
Paul Wolfowitz.
Nel documento conclusivo del PNAC, “Rebuilding
America’s Defenses”, pubblicato nel settembre del
2000, al capitolo V intitolato “La creazione di una
futura forza dominante (34) troviamo frasi come “al
momento attuale gli Stati Uniti non hanno alcun rivale
a livello globale, il nostro disegno ultimo deve mirare a
prolungare il più possibile nel futuro questa posizione
di vantaggio” oppure “Gli Stati Uniti devono mantenere
un esercito in grado di essere dispiegato rapidamente
e di vincere contemporaneamente più guerre su vasta
scala, bisogna riposizionare le nostre forze e adeguarle
alle realtà strategiche del XXI secolo spostando, su
81
base permanente, le truppe nel Sud-Est Europeo e nel
Medio Oriente”.
Ma la frase che più di ogni altra illustra in maniera
inequivocabile la politica estera di certi personaggi è
sicuramente la seguente: “ Questo processo di
trasformazione pur portando un cambiamento
rivoluzionario è destinato a durare molto a lungo,
almeno che non intervenga un evento catastrofico e
catalizzatore come una nuova Pearl Harbor”
___________________________________
(34) “Creating Tomorrow’s Dominant Force”
3.2 La ciclicità della “storia”.Ci pisciano addosso e ci dicono che piove.
Detto catalano .
Analizzando i fatti storici, appare molto perspicace
il pensiero di Nicolò Machiavelli (1469-1527), che
elaborò la tesi del moto circolare della storia,
dell’evoluzione di uomini ed istituzioni, ma anche di un
ritorno a fasi già verificatesi. In relazione all’arte del
governare e all’alternarsi di diversi regimi politici egli
teorizza il fatto che lo Stato, per sopravvivere, debba
necessariamente studiare la guerra, evidenziando
l’esistenza di un’influenza reciproca tra le esigenze
militari e le strutture socio-politiche dello Stato.
82
Quella dell’ 11 settembre non è stata la prima volta
in cui la nazione americana è stata trascinata in guerra
a seguito di un incidente particolarmente ambiguo e
osservare i trascorsi storici può essere utile a chi crede
che uno stato democratico non intraprenda guerre
soltanto per proteggere i suoi privilegi economici.
La Costituzione Americana non permette agli USA
di dare inizio ad una qualunque guerra di aggressione,
e riserva al solo Parlamento il potere di dichiarare
guerra ad un'altra nazione in caso diventi necessario
difendersi. Per questo motivo, ogni volta che un
presidente americano ha voluto prendere parte a
qualche guerra o iniziarne una nuova ha dovuto
servirsi di un incidente militare, creato o provocato per
giustificare in qualche modo l’intervento armato di
fronte al Parlamento e alla popolazione.
Nel 1898 gli USA fecero guerra alla Spagna per
sottrarle il controllo di Cuba. Il pretesto venne
dall’affondamento della nave militare “Maine”
ancorata al largo di Cuba, di cui furono subito
incolpati gli
spagnoli, nonostante questi si dichiarassero del tutto
estranei al fatto(35).
Le immagni dell’affondamento e dei funerali delle
vittime generarono uno stato di indignazione
83
sufficiente a poter scatenare una guerra, che nel
frattempo il futuro presidente Roosvelt (allora Ministro
della Marina) aveva già pianificato fin nei minimi
dettagli.
Solo nel 1980 gli americani avrebbero riconosciuto
che gli spagnoli non erano responsabili dell’attacco,
dicendo che il Maine era affondato perché alcuni
esplosivi erano stati stipati troppo vicini alle caldaie.
Nel frattempo però l’intera armata spagnola era stata
distrutta.
Nel 1915 fu l’affondamento del Lousitania da parte
di un sottomarino tedesco a dare inizio alla crisi tra
Stati Uniti e Germania. Pare che gli americani avessero
fatto sapere di nascosto ai tedeschi che sul Lousitania
stesse viaggiando un importante carico di armamenti
destinato all’Inghilterra, in questo modo sarebbero
stati in grado di provocare l’attacco da parte del
sottomarino tedesco, causando poi l’ingresso degli
Stati Uniti nella Prima Guerra Mondiale.
Nel 1941 fu il noto attacco a Pearl Harbor, (la cui
riedizione è teorizzata all’interno del già citato PNAC)
a scatenare nella popolazione americana quell’ondata
di indignazione che permise a Roosvelt di entrare con
decisione nella Seconda Guerra Mondiale.
Il ricercatore americano Robert Stinnet, dopo sedici
anni di ricerche negli archivi di stato(36) ha scoperto
84
importanti prove. Prima della sua ricerca si sapeva
soltanto che gli Usa avevano decifrato il codice
diplomatico giapponese, il che avrebbe consentito
di sapere in anticipo che un attacco nipponico era
imminente, genericamente “nel Pacifico”. ___________________________________
(35) New York Journal - Who destroyed the Maine?(36) Day of deceit, Simon & Schuster, New York, 2001.
Stinnet ha scoperto che anche il codice segreto
militare era noto agli americani, ed ha trovato negli
archivi la trascrizione di 83 messaggi radio criptati
dell’ammiraglio Yamamoto alla sua flotta (37).
Nel 1962, secondo documenti declassificati
americani consultabili nel sito della George
Washington University, la CIA aveva progettato
eclatanti auto-attentati terroristici contro la propria
stessa popolazione civile (affondamenti di navi
americane, abbattimento di aerei civili americani,
bombardamenti di Washington, ecc.) da attribuire al
regime cubano di Fidel Castro e che avrebbero funto
da pretesto per l’invasione statunitense dell’isola
caraibica, sottrattagli tre anni prima dalla rivoluzione
castrista.
Si trattava della famigerata operazione Nortwoods,
che ottenne la firma di tutti i gradi gerarchici sino a
che furono presentati per approvazione dal Ministro
McNamara al presidente John. F. Kennedy, il quale si
rifiutò di firmarli e da quel momento in poi palesò
85
intenzioni di smantellare la CIA. Che fine abbia poi
fatto il presidente Kennedy, probabilmente anche per
la sua opposizione contro lo strapotere della Federal
Reserv, è noto a tutti.___________________________________
(37) Un messaggio del 25 novembre 1941 ordinava alla flotta nipponica di “avanzare nelle acque hawaiane e attaccare la forza navale principale degli Stati Uniti sì da infliggerle un colpo mortale”.L’attacco doveva essere “mortale” perché il tempo giocava contro il Giappone: gli USA (all’epoca il maggior produttore petrolifero al mondo) avevano decretato un embargo petrolifero sì che il Giappone, privo di risorse naturali, aveva riserve per soli sei mesi di guerra. Nel luglio del 1940 il Giappone offrì agli USA, pur di vedersi ritirato l’embargo, di ritirarsi dalla Cina e di uscire dall’Asse; Roosvelt rispose congelando i beni nipponici in USA e, nel settembre, estese l’embargo al ferro e all’acciaio. Che Roosvelt sperasse in una “provocazione” giapponese è mostrato dal fatto che fece spostare la flotta del Pacifico dalle basi della California alle Hawaii, quasi a facilitare il compito di Yamamoto. L’ammiraglio Richardson, comandante della flotta del Pacifico, protestò contro questo spostamento che riteneva pericoloso: come risposta Roosvelt lo sollevò dal comando. Inoltre i dati dell’intelligence, che segnalavano un imminente attacco a Pearl Harbor, non furono inviati alla flotta alla fonda nel porto hawaiano (le informazioni furono spedite mentre l’attacco era in corso).
Tra le varie ipotesi dell’operazione, da sottolineare
l’idea di simulare un attacco aereo ai danni di un aereo
civile americano: un aereo militare telecomandato della
base di Eglin sarebbe stato dipinto come un esatta
copia di un aereo civile appartenente ad una società
controllata dalla CIA. L’aereo si sarebbe sostituito in
volo ad un vero aereo civile, con a bordo personale
sotto falso nome precedente istruito. L’aereo coi
passeggeri avrebbe continuato la sua corsa a bassa
quota fino ad atterrare in una base militare secondaria
(il piano non specifica che fine avrebbero fatto i
passeggeri sotto copertura dopo l’evacuazione dal
velivolo), mentre quello telecomandato avrebbe
proseguito nel frattempo il suo volo ed una volta
86
arrivato sopra Cuba avrebbe iniziato a trasmettere
segnali di emergenza dicendo di essere attaccato da
MIG cubani. La trasmissione sarebbe stata interrotta
dalla distruzione dell’aereo che sarebbe stata
provocata da un segnale radio a distanza.
Visto che anche il volo 77 è scomparso dai radar
poco prima di ricomparire sopra i cieli di Washington,
è possibile che qualcosa del genere sia successo anche
per l’incidente aereo del Pentagono?
Nel 1964 gli USA decidevano di entrare
ufficialmente in guerra contro il Vietanam del Nord
dopo aver aiutato per molti anni militarmente il
Vietnam del Sud. Il pretesto di guerra venne
dall’incidente nel golfo del Tonchino, in cui delle
motovedette vietnamite furono accusate di aver
lanciato siluri contro un incrociatore americano.
Fu il Ministro degli Esteri, Robert McNamara, a
dare alla stampa l’annuncio della pronta reazione
americana all’attacco vietnamita. Lo stesso McNamara,
quarant’anni più tardi, ha dichiarato che “eventi
posteriori hanno mostrato che la nostra impressione di
essere stati attaccati quel giorno era sbagliata. Non
era successo.”
Per chi ancora avesse qualche dubbio sulla
moralità del governo statunitense o di chi, nell’ombra,
tiene realmente le redini della nazione, e sui reali
87
obiettivi da esso perseguiti, basta analizzare gli
avvenimenti legati al massacro avvenuto in Indonesia
negli anni ’60 e ‘70 ad opera del generale Suharto, in
cui perirono circa 3 milioni di persone.
L’Indonesia era a quel tempo una nazione
economicamente indipendente e ricca di risorse
naturali, governata dal nazionalista Sukarno, dove già
nel 1955 si era svolta a Bandung la conferenza dei
Paesi non allineati. Il Presidente osteggiava l’ingresso
nel suo paese di lungimiranti organismi internazionali
come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca
Mondiale, creando attriti con le nazioni potenti come
gli USA del democratico Lyndon Johnson e la Gran
Bretagna del laburista Harold Wilson.
Il generale Suharto e i suoi fedelissimi arrestarono
e uccisero diversi generali accusati di tramare contro
il presidente assieme al partito comunista PKI. Quella
contro il PKI fu una falsa propaganda, e documenti
desegretati dimostrano che britannici e americani
appoggiarono tale campagna, spaventati soprattutto
dal fatto che la ricca Indonesia avrebbe potuto essere
un esempio di autodeterminazione che avrebbe potuto
essere seguito da altri paesi ricchi ma non sviluppati.
Fu l’inizio della globalizzazione(38).
Il “meglio” dell’appoggio americano al terrorismo
ha come protagonista Henry Kissinger, una delle figure
88
più spregevoli e discusse che si ricordi, un uomo che
porta la nomea di “grande vecchio del male”,___________________________________
(38) Nel 1967 la Time Live Corporation sponsorizzò una conferenza in Svizzera durante la quale venne pianificata la conquista imprenditoriale dell’Indonesia e vi parteciparono gli uomini di affari più potenti del mondo e i rappresentanti governativi indonesiani. Presente per l’Italia il Sig. Giovanni Agnelli.
che ha contro di sé gli archivi di stato del suo stesso
paese sotto forma di un’ampia evidenza documentale
che lo inchioda, scaturita dal Freedom of Information
Act, una legge statunitense che permette
periodicamente la desegretazione dei documenti Top
Secret.
89
Figura 3.1. Telegramma dell’ambasciata USA a Jakarta del 1975.
Nell’ottimo libro del giornalista Paolo Barnard
“Perché ci odiano” si trovano molti di questi
documenti, qui allego un solo telegramma, spedito
dall’ambasciata USA a Jakarta nel 1975, dove viene
riportato integralmente un colloquio, relativo alle
90
operazioni di conquista di Timor Est da parte di
Suharto, avvenuto tra il presidente Ford, Kissinger e
Suharto, dove si leggono, tra le altre, le seguenti
parole di Kissinger: “lei comprende che l’uso di armi
americane potrebbe creare dei problemi”…
Nel 1990 la situazione tra USA e Iraq si era fatta
tesa e i neoconservatori vicini al presidente Bush
convinserò quest’ultimo ad un intervento armato
contro il dittatore irakeno. Sembra che gli americani
avessero fatto sapere a Saddam che non avrebbero
avuto nulla in contrario ad una sua conquista dei campi
petroliferi del Kuwait(39). Sembrava che egli avesse
ottenuto una sorta di benestare dal Dipartimento di
Stato Americano.
Il 25 luglio del 1990 ebbe infatti un incontro con
April Glaspie, delle due seguenti cose: al meglio
pasticciò malamente con le parole, al peggio assicurò
ad Hussein che gli Stati Uniti non sarebbero
intervenuti se lui avesse invaso il Kuwait(40). La
trappola funzionò e Saddam invase il Kuwait. Subito
dopo Dick Cheney fece avere all’Arabia Saudita delle
foto satellitari che mostravano 250 mila soldati di
Saddam ammassati lungo il confine verso il loro Paese.
L’Arabia acconsentì così a stabilire base militari alleate
sul suo territorio. Contemporaneamente veniva
montata una campagna mediatica contro Saddam che
91
veniva accusato di aver utilizzato armi chimiche
contro i suoi connazionali curdi, armi ___________________________________
(39) Film documentario “Il nuovo secolo Americano”di Massimo Mazzucco.(40) Phillis Bennis - Institute for Policy Studies, Understanding the US-Iraq Crisis, gennaio 2003.
chimiche che gli erano state vendute dagli stessi
americani(41). Qualche anno dopo alcuni giornalisti
vennero in possesso di foto satellitari scattate dai russi
nella stessa zona di deserto e negli stessi giorni: in
esse si vedevano i carri armati a Kuwait City, ma
nemmeno un carro armato si poteva scorgere lungo il
confine con l’Arabia.
Tutte queste sono notizie difficilmente rintracciabili
sui media ufficiali, dove le forze armate statunitensi
vengono sempre dipinte come i buoni liberatori che
agiscono contro le forze del male, solitamente
appartenenti a Stati non molto sviluppati, dotati di un
forte apparato bellico che è tale solo nei resoconti di
certi giornalisti .
Le notizie però ci sono, vengono semplicemente
occultate ma non eliminate, ed una loro attenta
disamina aiuta a comprendere meglio i secondi e terzi
fini che spesso animano da dietro le quinte i vari
conflitti armati.
Alla luce di quanto sopra esposto, ed analizzando i
conflitti scaturiti dopo gli attentati dell’ 11 settembre,
anche per chi ancora credesse ciecamente alla
92
versione “ufficiale” dell’attentato, esposta sui media
“ufficiali”, è lecito porsi qualche dubbio sul reale
svolgersi dell’evento e sull’ effettiva politica estera
elaborata dalla Casa Bianca.
3.3 MEMRI: nuove tecniche di traduzione.La sua realtà, messere, è menzogna e sciocchezze
e sono lieto di dirle che io non l’afferro in alcun modo .Gottfrined Bürger, Il barone di Münchhausen.
La conoscenza della lingua araba e persiana
rappresenta un bene strategico per influire sul
mondo post 11 settembre. In occidente___________________________________
(41) Tv Atzeca (Mexico) – 25 dicembre 1983
relativamente poche persone, anche all’interno del
mondo dell’informazione, hanno queste facoltà.
Questo bene strategico è usato con scaltrezza da
un agenzia specializzata, il MEMRI, ossia il Middle Est
Media Research Institute, la cui sede è a Washington
D.C. ed è stata fondata nel 1998 dal colonnello Yigal
Carmon, un agente dei servizi segreti israeliani(42). Si
presenta come un intermediario esterno per le
traduzioni molto comodo: è gratis, ricco di contenuti, di
facile accesso.
Il MEMRI seleziona gli articoli del mondo arabo
che reputa più “rappresentativi” e, a cadenza
settimanale, invia le traduzioni via e-mail a migliaia di
93
operatori dell’informazione che ricevono così
benevolemente un po’ di pappa pronta. A dispetto
dell’obiettivo dichiarato di “lanciare un ponte tra
Occidente e Medioriente attraverso le traduzioni dei
media”, il MEMRI opera spesso una catalogazione
fuorviante che mette
in pessima luce il mondo arabo e islamico. Questa
azione viene svolta con una mole ricchissima di
materiali, curando persino la sottotitolazione e la
distribuzione di brevi estratti delle televisioni del
mondo arabo, diffusi attraverso i suoi densi siti e il suo
blog(43).
La redazione è molto numerosa e costosa ma
essendo le traduzioni gratis, come si mantiene
l’agenzia? Fra i suoi contribuenti c’è la “Lynde e Henry
Bradley Foundation”, una delle più importanti
fondazioni della destra americana.
Sino al 5 novembre 2001 sul suo sito era possibile
leggere questa dichiarazione: “nelle ricerche l’istituto
enfatizza anche la continuità del ___________________________________
(42) Sherif El Sebaie – La disinformazione del Memri, come far odiare gli arabi attraverso la stampa – Aide M, n°2/2007, pag 189-205.(43) www.memri.org; www.memritv.org; www.thememriblog.net.
Sionismo nel popolo ebraico e nello stato di Israele”.
Più che un’imparziale agenzia di informazione
sembrerebbe quindi di avere a che fare con un’arma di
94
propaganda al servizio della destra militarizzata che fa
spola tra gli USA e Israele.
Dove non basta rastrellare esternazioni
fondamentaliste autentiche e decontestualizzarne altre
più innocenti, il MEMRI interviene manipolando
deliberatamente la traduzione. Il comune di Londra
commissionò uno studio sulle centinaia di opere scritte
dallo studioso mussulmano al-Qardawi, e gli analisti
conclusero che si era in presenza di “una evidente
manipolazione degli scritti”, per cui l’agenzia, nelle
parole del sindaco londinese, “travisa
sistematicamente i fatti, nella maggior parte dei casi si
tratta di una deformazione totale”(44).
Il MEMRI si distinse nel riportare notizie e filmati,
profondamente manomessi nel montaggio, che
attribuivano al mondo arabo
manifestazioni di giubilio per gli attentati dell’11
settembre.
Un inchiesta di “Le Monde Diplomatique” fa notare
che il MEMRI tende a presentare come maggioritarie
alcune correnti di idee fortemente minoritarie nella
stampa e nei media arabi, dando così l’impressione che
i media arabi siano dominati da gruppi di fanatici,
antioccidentali, antiamericani e violentemente
antisemiti.
95
E il passo tra l’11 settembre e una probabile guerra
contro l’Iran è molto breve. Si sviluppa nel frattempo
una guerra di percezione, in cui la propaganda gioca
un ruolo essenziale. Si pensi alla vicenda di Mahmud
Ahmadinejad, presidente dell’Iran, cui il MEMRI ha
attribuito con grande successo la frase mai
pronunciata di voler “cancellare Israele dalla ___________________________________
(44) Sherif El Sebaie – Op. cit., pag 193
carta geografica”(45), che ha originato una serie di
pronunciamenti di tutti i leader del mondo occidentale,
scatenatisi in base ad una notizia sostanzialmente
falsa. Bisogna stare attenti a certe provocazioni,
ripetute anche durante l’ultimo G8 svoltosi all’Aquila
perché, come vedremo in seguito, la guerra all’Iran è
uno dei prossimi appuntamenti dell’agenda della
rivoluzione neoconservatrice.
3.4 AL QA’IDA: “il database” e la sua storia.Trovo molto educativa la televisione. Ogni volta che
e qualcuno la accende, vado nell’altra stanza a leggere un libro .
Groucho Marx.
“Per quanto ne so, al.Qā’ida (parola araba che
significa “La Base”) era il nome del database della CIA
che conteneva l’elenco dei guerriglieri arruolati per
combattere i russi in Afghanistan”.
96
Queste sono le parole, riportate sul giornale “The
Guardian” dell’ 8 luglio 2005, pronunciate da Robin
Cook, ex ministro degli Esteri britannico morto nel
2005.
“Word Affair”, una rivista indiana di studi strategici
, ha pubblicato nel 2004 un interessante articolo del
comandante Pierre-Henry Brunel, un ex-agente
dell’intelligence militare francese(46). In esso viene
illustrato come nei primi anni ottanta la Banca Islamica
per lo Sviluppo, così come il Segretariato permanente
per l’Organizzazione della Conferenza Islamica,
acquistò un sistema computerizzato per far fronte
ai suoi ___________________________________
(45) www.comedonchisciotte.net/modules.php?name=News&file=article&sid=133; www.politcaonline.net/forum/showthread.php?t=329981
(46)Pierre-Henry Brunel, the origins of Al Qaeda, “Word Affair”, aprile-giugno 2004. L’articolo è anche sul sito www.thetruthseeker.co.uk/article.asp?ID=3836
bisogni nella contabilità e nella comunicazione. Il
sistema era più sofisticato del necessario e si decise di
usare una parte di esso per ospitare il database della
Conferenza Islamica: era possibile, per i Paesi
partecipanti, accedere per telefono al database, una
primitiva intranet.
Stando a quanto afferma un ufficiale pakistano, il
database era suddiviso in due sezioni: l’information file
in cui i partecipanti agli incontri potevano prelevare e
97
inviare le informazioni di cui necessitavano, e il
decision file, in cui erano memorizzate le decioni prese
nelle varie sessioni.
In arabo i files erano chiamati Qā’idt il-Maaloomat
e Qā’idat i-taaleemaat. Entrambi i files erano contenuti
all’interno di un unico file chiamato in arabo Qā’idat
ilmu’ti’aat, ossia l’esatta traduzione della parola
inglese database. Lo stesso Brunel, all’inizio degli anni
novanta, era un ufficiale dell’intelligence presso il
quartier generale della Force d’Action Rapide (FAR)
francese e grazie alle sua conoscenze di arabo
traduceva una gran mole di lettere e fax sequestrati o
intercettati. Le fonti più comunemente citate erano le
Nazioni Unite, i Paesi Non-Allineati, l’UNHCR e… al-
Qā’ida. Era abbastanza naturale che Osama Bin Laden
fosse connesso a questo network. E’ (era?) membro di
un’importante famiglia saudita ben introdotta nel
mondo delle banche e del business(47).___________________________________
.(47)Con tale argomento si potrebbe sviluppare un intero libro . Basti qui sapere che la famiglia Bin Laden ha intrapreso da decenni importanti contatti commerciali con la famiglia Bush. Il “Saudi Binladen Group” ha molte attività, tra cui un conglomerato edilizio che ha regolarmente lavorato in operazioni congiunte con la “Halliburton”. Inoltre ha molti interessi finanziari nella “Carlyle”, società finanziaria presieduta da Bush padre. La Carlyle ha partecipazioni azionarie in molte industrie dell’armamento americane, è in pratica il cuore e il cervello dell’apparato militare-industriale USA.” Oppure basti ricordare che Gorge Bush padre nel 1976, quando era direttore della CIA, arruolò un certo James R.Bath, amico di suo figlio Gorge W., e questo Bath era il legalerappresentante di Khalid bin-Mafouz (banchiere reale saudita nonché finanziatore di Al-Qaeda), ed anche azionista della BCII (Bank of Credit and Commerce International) che lavora in stretto contatto con il “Binladen Group”
98
A metà degli anni ottanta, al-Qā’ida era quindi un
database situato in un computer e dedicato alle
comunicazioni del segretariato della Conferenza
Islamica.
L’ex spia francese spiega che l’e-mail di al-Qā’ida
veniva usata, con sistemi di interfaccia che garantivano
sicurezza, dalle famiglie dei mujahidin per mantenere i
contatti con i loro figli mentre venivano addestrati in
Afghanistan, Libia e Libano.Asserisce che quando Bin
Laden era un agente americano in Afghanistan,
l’intranet di al-Qā’ida era un buon sistema di
comunicazione attraverso messaggi in codice e coperti.
Al-Qā’ida non era né un gruppo terroristico, né una
proprietà personale di Obama Bin Laden.
Dopo l’11 settembre fu reso noto che pochi giorni
prima dell’attacco alle Twin Towers il generale
pakistano Mahud Ahmed, capo dell’ISI (il servizio
segreto pakistano), aveva fatto trasferire 100mila
dollari all’attentatore suicida Mohamed Atta, e proprio
per questo gli americani hanno chiesto la sua
rimozione. Sono stati i servizi segreti indiani ad
additarlo agli Stati Uniti come finanziatore dei
terroristi.
Secondo il “Times of India” la CIA ha lavorato in
tandem col Pakistan per creare il mostro del regime
talebano (articolo del 3 luglio 2001).
99
Ovviamente il generale conosce bene Bin Laden
(una sua creatura), che era a quei tempi il reclutatore
dei mujaheddin antisovietici.
Molto interessante è scoprire dove si trovava il
generale Mahud il giorno degli attentati: New York,
dove ha incontrato importanti personaggi.
E’ arrivato il 4 settembre e, come spiega il “Miami
Herald” del 16 settembre 2001, è stato obbligato a
restare tutta la settimana a causa del blocco del
traffico aereo seguito agli attentati. Il 10 settembre ha
avuto un incontro con Marc Grossman,
sottosegreterario di Stato per gli affari politici mentre,
secondo il “Washington Post” del 18 settembre, proprio
quando la tragedia era in corso stava effettuando una
colazione di lavoro con Bob Graham (senatore
democratico della Florida, in seguito presidente della
Commissione congiunta sulla strage) e Porter Gross
(repubblicano, l’altro copresidente della Commissione).
Secondo il “New York Times” del 14 settembre l’ex
capo dell’ISI, licenziato per ordine degli americani, ha
incontrato anche Colin Powell e il suo vice Richard
Armitage (oltre al già citato sottosegretario Grossman),
il senatore John Biden (democratico e presidente della
Commissione Esteri al Senato) e addirittura George
Tenet, capo della CIA. Chissà come Tenet avrà
informato il presidente di questi incontri, visto che ogni
100
mattina teneva per mezz’ora per il briefing giornaliero
sui servizi.
Strani incontri, per quello che è stato
successivamente additato come finanziatore di al-
Qaeda, considerando che proprio Porter Gross (un ex
funzionario della CIA, trovatosi nella condizione ideale
non per far luce, ma per insabbiare) come copresidente
della Commissione congiunta sulle indagini ha chiesto
che tale commissione, insediata nel settembre 2002,
chiudesse i suoi lavori in tempi relativamente ristretti,
entro gennaio 2003. Del resto anche la Casa Bianca ha
insistito per limitare l’indagine, per “non sottrarre
tempo ed energie” a persone dell’intelligence
impegnate nella lotta contro “l’asse del male”.
Anche un ex capo dell’ISI, il generale Hamid Gul,
ha un’interessante visione dei fatti. Egli sostiene che
“l’attentato al World Trade Center non è stato opera di
Osama, ma parte di un complotto più vasto contro la
Casa Bianca messo a segno da Ariel Sharon nell’ambito
di un vasto piano di destabilizzazione di tutti i paesi
islamici(48)”.
Per concludere è da riportare anche la
dichiarazione del generale Leonid Ivashov, all’epoca
dei fatti Capo di Stato Maggiore dell’esercito russo.
Egli ha scartato l’ipotesi Al-Qaïda e ha concluso per
una provocazione dell’elite finanziaria anglosassone.
101
Su tale base, ha sviluppato la visione strategica russa
del mondo post-11 settembre. Scrive il generale:
“L’atto terroristico commesso a fini di provocazione è
vecchio come il mondo….gli avvenimenti dell’11
settembre 2001 costituiscono una provocazione
mondiale. Si può parlare di operazione di portata
mondiale. In generale, tali operazioni permettono di
risolvere parecchi problemi mondiali in una sola volta.
Nello svolgimento di un’operazione-provocazione ci
sono sempre tre elementi obbligatori : il mandante,
l’organizzatore e l’esecutore. Per quanto riguarda la
provocazione dell’11 settembre e contrariamente
all’opinione dominante, «Al-Qaida» non può essere
stata né il mandante, né l’organizzatore, non
disponendo dei mezzi finanziari sufficienti (e sono
enormi) per ordinare un’azione di tale ampiezza.
….Al-Qaida non può essere stata l’organizzatrice di
quest’operazione … In compenso, queste persone
potrebbero essere state dei semplici esecutori dell’atto
terroristico.
A mio avviso, il mandante di questa provocazione
potrebbe essere stata ___________________________________
(48)Si veda l’intervista del gen. Gul al New Yorker “The Pashtun Code” di Isabel Hilton, 3 dicembre 2001, al sito: www.cooperativeresearch.net/timeline/2001/newyorker120301.html
l’oligarchia finanziaria mondiale, al fine d’instaurare
una volta per tutte «la dittatura mondiale delle
102
banche» e di garantire il controllo di risorse mondiali
in idrocarburi limitate. Contemporaneamente si
sarebbe trattato di assicurarsi una dominazione
mondiale di lunga durata.…sono assicurate tutte le
garanzie alle forze che cercano di instaurare una
dittatura mondiale e di dominare il mondo. Ma la
guerra mondiale non è ancora finita. Essa è stata
provocata l’11 settembre 2001 e non è che il preludio a
grandi avvenimenti venturi.”
Avvenimenti futuri che passeremo ad analizzare nel
prossimo capitolo.
CAPITOLO IV:AVVENIMENTI POST 11 SETTEMBRE
103
4.1 Strategia di sicurezza e piani segreti del
PentagonoColoro che rinunciano a libertà essenziali in cambio di una
modestasicurezza temporanea, non meritano né liberta né sicurezza.
Benjamin Franklin.
Diretta conseguenza degli attacchi terroristici è
stata l’emanazione, della “nuova strategia di sicurezza
nazionale” approvata nel settembre del 2002(49). In essa
gli Stati Uniti affermano il loro diritto ad usare la
propria “ineguagliata superiorità militare” senza alcun
limite legale. Letteralmente, essa minaccia “l’uso della
forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza
politica contro qualunque Stato” che l’America
consideri pericoloso, e ciò in maniera “preventiva”.
Il trattato di Westfalia, che pose fine alla guerra dei
trent’anni, riconobbe la legittimità delle autorità degli
Stati, grandi o piccoli. Di fatto fu stabilito il principio
della sovranità e della sua legalità: gli Stati potevano
legarsi tra loro con trattati, così come le persone
fisiche fanno coi contratti. Fu un atto di grande civiltà
in un mondo sconvolto dall’instabilità politica. La
guerra dei trent’anni era un conflitto di tutti contro
tutti, che si poteva evitare grazie al riconoscimento
della reciproca sovranità nazionale.
Gli USA hanno radicalmente stravolto questo concetto,
proclamando il “diritto” americano a colpire qualsiasi
Stato sul pianeta dichiarano in pratica ogni altro Stato
104
illegittimo. Con esso si sentono svincolati dal sistema di
alleanze che gli stessi Stati Uniti hanno costruito dopo
la Seconda Guerra Mondiale: per il fatto che non
possiedono la necessaria forza militare gli alleati
diventano semplici satelliti oppure, se provano ad
obiettare, dei potenziali nemici. ___________________________________
(49) The National Security Strategy of United States of America”, 20 settembre 2002.
La Casa Bianca si svincola da tutti gli impegni
internazionali e lo fa’ in modo brutalmente esplicito.
L’uso della forza contro l’integrità territoriale o
l’indipendenza politica di uno Stato è vietato dalla
Carta dell’Onu, se unilaterale. Se poi è preventivo esso
configura uno specifico crimine di guerra secondo gli
stessi principi stabiliti dagli americani vincitori nel
processo di Norimberga.
Non è necessario che un paese possieda o
costruisca armi di distruzione di massa per
rappresentare un pericolo, è sufficiente che abbia
l’intenzione e la capacità di farlo. Quasi tutti hanno la
capacità di farlo, e un’intenzione si può sempre
attribuire.
I fatti avvenuti immediatamente dopo l’11
settembre confermano in pieno la nuova dottrina
americana, e questi rappresentano soltanto la punta
dell’iceberg relativa ad un progetto molto ampio.
105
Molte fonti confermano la progettazione di un vasto
conflitto su scala mondiale. “Quella in Iraq è stata solo
la prima campagna di una guerra molto più vasta” ha
asserito John Pike(50), direttore di Globalsecurity.org,
uno dei gruppi di ricerca politico-.militare dei
conservatori americani.
Anche James Woolsey, ex direttore della CIA e
intimo confidente di Wolfowitz appare del medesimo
parere. Il 2 aprile 2003, parlando agli studenti
dell’Università di Los Angeles, li informò che la vittoria
sull’Iraq era solo la prima battaglia della “Quarta
guerra mondiale”. La quale, precisò, “durerà molto di
più della Prima e della Seconda ”. (51). ___________________________________
(50) “Iraq first battle or a wider US war” di Richard Taylor su The Guardian, 20 maggio 2003. www.guardian.co.uk/usa/story/0.12271,959644,00.html.(51) www.cnn.com/2003/US/04/03/sprj.irq.woolsey.world.war. Per Woolsey come Terza Guerra Mondiale va considerata la Guerra Fredda.
E indicò i tre prossimi nemici da battere: l’Iran
degli ayatollah, la Siria fascista e l’estremismo islamico
in generale.
Dello stesso avviso era il generale Wesley Clark,
l’ex comandante supremo della NATO in Europa dal
1997 al 2000.
Il 20 settembre 2001, ha raccontato Clark (52), egli andò
al Pentagono dove vide Rumsfeld e Wolfowitz. Poi andò
a salutare dei vecchi amici, uno dei quali gli confidò:
106
«Abbiamo preso la decisione di fare la guerra all’Iraq».
Ciò, solo dieci giorni dopo l’11 settembre. Invece,
con sua sorpresa, pochi giorni dopo cominciò
l’invasione in Afghanistan. Sicchè, tornato al
Pentagono qualche settimana dopo, chiese conferma di
quanto appreso, e gli mostrarono un foglio proveniente
dall’ufficio del segretario alla Difesa. Racconta Clark:
“E' un memorandum che descrive come andremo a
prendere sette Paesi in cinque anni; cominciamo con
l’Iraq, poi Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan,e per
finire, l’Iran”. Sette Paesi da conquistare in cinque
anni: questo piano megalomane, tipico dello stile
Rumsfeld-Wolfowitz, non s’è potuto attuare, ma solo
perchè le forze armate USA sono tutt’ora incagliate nei
primi due Paesi “conquistati”, l’operazione si è
mostrata mostruosamente costosa e tanto prolungata,
da aver superato il termine della presidenza Bush. ___________________________________
(52) “Wesley Clark fece la rivelazione il 2 marzo 2007 nella trasmissione di Amy Goodman; si può leggere ed ascoltare al sito http://www.democracynow.org/2007/3/2/gen_wesley_clark_weighs_presidential_bid
4.2 Afghanistan e Iraq: tra trionfi e stallo.Dio mi ha detto di colpire Al Qaeda ed io li ho colpiti, e poi mi
ha ordinatodi colpire Saddam, cosa che ho fatto, e adesso sono
determinato a risolvere ilproblema nel Medio Oriente.
107
George W. Bush – giugno 2003.
Abbiamo già visto come i servizi segreti, inermi
nello scoprire e nel fronteggiare il vasto attentato,
hanno poi solertemente scoperto i presunti attentatori,
presentando in pochi giorni una lista con 19 pericolosi
terroristi.
In base a queste scoperte, il presidente Bush ha
subito minacciato l’uso della forza contro
l’Afghanistan, reo di proteggere e nascondere
pericolosi terroristi artefici degli attentanti in America,
in quanto secondo la sua teoria “coloro che ospitano i
terroristi sono colpevoli quanto i terroristi stessi”.
Molti dimenticano però che attuando questo
criterio anche gli stessi Stati Uniti dovrebbero essere
bombardati. Sul loro territorio scorrazzano indisturbati
infatti pericolosi personaggi come Orlando Bosh,
accusato dall’FBI di decine di atti terroristici e al quale
Bush I ha concesso la grazia dopo che il dipartimento
di Giustizia ne aveva chiesto l’espulsione per motivi di
sicurezza nazionale.
Altro esempio lungimirante è quello di Emmanuel
Constant, fondatore del Front pour l’avancement e le
progrès d’Haiti (FRAPH), organizzazione paramilitare
direttamente responsabile dello sterminio di migliaia di
haitiani. Le richieste di estradizione di Constant da
parte di Haiti sono state sempre regolarmente
108
ignorate; forse, come molti ritengono, perché potrebbe
rivelare i contatti avuti durante la sua carriera col
governo americano.
Ritornando ai “mostri” di Al-Qaeda, 5 giorni dopo
l’11 settembre Washington chiese al Pakistan di
sospendere i convoglio di autocarri che trasportavano
cibo e rifornimenti destinati alla popolazione afgana,
costringendo anche al ritiro gli operatori delle
organizzazioni di assistenza.
Il 21 settembre il presidente Bush lanciò un
ultimatum, al quale dapprima i rappresentanti talebani
non risposero direttamente, ma per mediazione della
loro ambasciata in Pakistan dichiararono di rifiutare
l'ultimatum in quanto non vi era alcuna prova che
legasse Bin Laden agli attentati dell'11 settembre (53).
Il 7 ottobre, poco prima dell'inizio dell'invasione, i
Talebani si dichiararono pubblicamente disposti a
processare Bin Laden in Afghanistan attraverso un
tribunale islamico(54). Gli USA rifiutarono anche questa
offerta giudicandola insufficiente.
Solo il 14 ottobre, una settimana dopo lo scoppio
della guerra, i Talebani acconsentirono a consegnare
Bin Laden a un paese terzo per un processo, ma solo se
fossero state fornite prove del coinvolgimento di Bin
Laden negli eventi dell’11 settembre(55).
109
Evidentemente queste prove non c’erano, oppure
era maggiore l’interesse di creare un conflitto contro i
talebani, forse perché questi iniziavano a scontrarsi
contro gli interessi economici americani.
Robin Raphel, analista della CIA negli anni
settanta, entrata poi nel servizio diplomatico, fra il
1996 e il 1998 aveva infatti stretto intimi contatti col
regime dei Talebani per conto della UNOCAL,
consorzio petrolifero americano che sperava di
costruire in Afghanistan un oleodotto. Il fatto è
confermato anche dalle dichiarazioni di Cristopher
Taggart, alto dirigente della UNOCAL,il quale asseriva
che il loro regime ___________________________________
(53) www.cbsnews.com/stories/2001/09/11/world/main310852.shtml(54) http://archives.cnn.com/2001/US/10/07/ret.us.taliban/(55) www.guardian.co.uk/waronterror/story/0,1361,573975,00.html
era visto “molto positivamente per i nostri interessi
petroliferi”(56).
Vi era infatti l'esigenza di costruire un oleodotto
che portasse il greggio dalla ricca zona del Mar Caspio
fino all'Oceano Indiano(57).
Una delle due ragioni principali per l'invasione
dell'Afghanistan era poi legata al fatto che i Talebani
avevano sradicato le coltivazioni di papavero. Secondo
le circostanziate accuse mosse da Michael Levine, ex
agente della Drug Enforcement Administration (DEA) ,
110
la CIA è direttamente coinvolta nel traffico mondiale di
stupefacenti, dal quale evidentemente ottiene grossi
guadagni coi quali riesce a finanziare le sue “covered
operations”(58).
Le operazioni militari in Afghanistan, iniziate il 7
ottobre 2001, alle ore 20:45 (curiosamente la somma
delle cifre di data ed orario è sempre 11, potrebbe
rappresentare un evidente riferimento massonico per
chi ha qualche conoscenza in merito) hanno visto lo
scontro tra i Talebani e le milizie dell’Alleanza del
Nord, appoggiate dagli intensi bombardamenti delle
forze armate statunitensi e britanniche.
Le scarse tattiche talebane aumentarono gli effetti
degli attacchi. I combattenti non avevano precedenti
esperienze con la potenza di fuoco americana e
vennero decimati, combattenti stranieri presero il
controllo della sicurezza delle citta afghane. Intanto,
l'Alleanza del Nord, con la collaborazione di
membri paramilitari della C.I.A. e delle Forze ___________________________________
(56)www.rawa.org/raphel html www.indusmagazine.tripod.com/october2001/usinterest.html(57)www.wsws.org/articles/2001/nov2001/afgh-n20.shtml (58)http://query.nytimes.com/gst/fullpage.html?res=9C03E4DC113EF930A25755C0A9679C8B63
www.ecn.org/stupefacente/cia.htm
Speciali, inizio la sua parte dell'offensiva: conquistare
Mazar-i Sharif, e da quella posizione tagliare le linee di
111
rifornimento talebane provenienti dal nord, e infine
avanzare verso Kabul, abbandonata dai talebani il 12
novembre. Il 7 dicembre era la volta della conquista di
Qandahar: l'ultima città controllata dai Talebani, era
caduta, e la maggior parte dei combattenti Talebani
era sbandata. La città di confine di Spin Boldak si era
arresa lo stesso giorno, segnando la fine del controllo
talebano in Afghanistan.
Quella che poteva sembrare una guerra lampo, si è
poi lentamente trasformata in una dominazione lunga e
difficile. In campo aperto le forze militari tradizionali
non hanno avuto grossi problemi a sconfiggere le
milizie talebane, conquistando velocemente le
principali città afgane ed instaurando un governo
afghano ad interim sotto la guida di Hamid Garzai,
combattente fedele agli americani.
La conquista del vasto territorio afgano, montuoso
e ricco di caverne e bunker, ha invece creato molti
grattacapi alla coalizione occidentale. Sfruttando le
caratteristiche del terreno su cui si trovavano a
difendersi, e grazie all’esperienza maturata nella lunga
guerriglia combattuta contro l’armata rossa negli anni
’80, i Talebani gradualmente si riorganizzarono.
Stabilirono un nuovo tipo di operazione: radunarsi in
gruppi di circa 50 persone per lanciare attacchi ad
avamposti isolati e a convogli di soldati afghani, polizia
112
o milizia e poi dividersi in gruppi di 5-10 uomini per
evitare la successiva reazione. Le forze statunitensi in
questa strategia venivano attaccate indirettamente
attraverso attacchi missilistici alle basi e ordigni
esplosivi improvvisati.
Le forze armate alleate hanno ancora oggi il
controllo formale della maggior parte del territorio,
anche se in pratica vaste zone sono nelle mani dei
talebani, che combattono con tecniche di guerriglia
maoista che storicamente sono uscite quasi sempre
vincitrici in conflitti in aree montane, specie contro
nemici armati di aerei e armi tecnologiche. La lunga e
lenta linea logistica che rifornisce le truppe USA è
troppo spesso vittima di attentati dinamitardi, con
ponti che saltano e camion che vengono distrutti.
Inoltre il rifornimento logistico viene affidato a
trasportatori locali, che sempre più spesso non se la
sentono di affrontare i grossi rischi e molte volte
vendono al mercato nero le cose trasportate.
Come già previsto da tempo anche l’Iraq, essendo
incluso nella lista dei Paesi facenti parte dell’”asse del
male” venne attaccato grazie a dei pretesti rivelatisi
molto futili. L’obiettivo di una guerra preventiva quale
poteva essere l’Iraq deve soddisfare alcune
caratteristiche:
- deve essere praticamente indifeso;
113
- deve essere abbastanza importante da
giustificare il disturbo;
- deve poter essere descritto come l’incarnazione
del male supremo e una minaccia per la
sopravvivenza.
L’Iraq soddisfava tutte queste caratteristiche: le
prime due erano ovvie, la terza poteva essere creata
facilmente.
Inizialmente la campagna denigratoria nei
confronti del dittatore Saddam Hussein era basata sui
contatti tra questi e Bin Laden e sul possesso di armi di
distruzione di massa. “Non c’è dubbio, Saddam
appoggia Al Qaeda” annunciò il premier Silvio
Berlusconi il 2 febbraio 2003. E fu un dossier-patacca
elaborato dal SISMI e raccontato da Panorama (che fa
capo allo famiglia Berlusconi) su Saddam che faceva
shopping di arma di distruzione di massa in Nigeria,
poi consegnato da Carlo Rossella all’ambasciata Usa e
da questa alla Casa Bianca, a consentire a Bush di
sostenere che Saddam si accingeva ad attaccare
l’Occidente e che bisognava fermarlo con un’apposita
guerra preventiva.
La guerra iniziò il 20 marzo 2003 con l'invasione
dell'Iraq da parte di una coalizione formata
principalmente da Stati Uniti e Regno Unito.
114
Le truppe della coalizione prevalsero facilmente
sull'esercito iracheno, tanto che il 1° maggio 2003 il
presidente statunitense Bush proclamò concluse le
operazioni militari su larga scala. Tuttavia, come già
successo in Afghanistan, le truppe di tipo tradizionale
hanno risentito ancora una volta dei numerosi problemi
tattici e operativi nel combattere un nemico non
tradizionale ma dedito principalmente a tattiche di
guerriglia e di terrorismo. Nonostante numerosi Paesi
si siano uniti alla coalizione il conflitto prosegue. Esso
si è trasformato in una guerra civile, anche se questo
termine non rappresenta forse adeguatamente la
complessità del conflitto in Iraq, che comprende diffuse
violenze fra sciiti, attacchi contro le forze della
coalizione da parte della resistenza sunnita, e una
diffusa violenza criminale (cioè senza motivi politici) .
Dopo un drammatico incremento della violenza fra
l'inizio del 2006 e la meta del 2007, durante il quale le
tattiche di guerriglia e terrorismo adottate dalla
resistenza hanno spinto sempre più nel caos buona
parte dell'Iraq(59), successivamente si è assistito ad un
leggero miglioramento della situazione militare, per via
dell'incremento delle truppe USA e della capacita del
nuovo comandante americano (Gen. Petraeus) di
spezzare l'unita della resistenza sunnita attraverso
alleanze con le sue componenti "tribali". Tuttavia lo
115
stesso comando americano ammette che queste misure
non sono sostenibili nel lungo periodo.___________________________________
(59)www.dni.gov/press_releases/20070202_release.pdf http://daccessdds.un.org/doc/UNDOC/GEN/N07/364/385./PDF/N0736438.pdf?OpenElement
Nel frattempo, anche se le varie fonti sono molto
discordanti tra di loro, la guerra ha causato più di 4500
vittime e oltre 40mila feriti tra le file alleate, diverse
centinaia di migliaia di irakeni uccisi, molti dei quali
civili, senza contare le altre centinaia di migliaia di
persone perite a causa delle conseguenze delle
sanzioni economiche inflitte dalla comunità
internazionale negli anni successivi alla Prima Guerra
del Golfo. Fare un stima dei probabili decessi che
avverranno nei prossimi anni a causa della presenza di
migliaia di tonnellate di uranio impoverito sul territorio
irakeno è molto difficile, ma l’elevata pericolosità di
questa sostanza è sufficiente per creare una vera e
propria catastrofe demografica.
I presupposti di questa guerra costata, stando ai
dati disponibili a Marzo 2008, circa 500 miliardi di
dollari, si sono rivelati una farsa colossale: l’11
settembre 2006 il Senato americano chiude l’inchiesta
durata due anni della sua Commissione Servizi di
sicurezza che fa a pezzi i capisaldi della guerra di
Bush.
116
Sulle armi, il senato conclude che gli accertamenti
non confermano le valutazioni del National Intelligence
Estimate (Nie) del 2002 in merito ai seguenti punti: 1)
la ricostruzione del programma nucleare ai fini militari;
2) l’acquisto di tubi di alluminio ad alta resistenza
destinati al programma nucleare; 3) il “vigoroso
tentativo” di procurarsi uranio grezzo in Africa (in
particolare in Niger, come affermava il dossier-bufala
finito nelle mani del direttore di Panorama); 4) il
possesso di armi biologiche; 5) il possedimento e lo
sviluppo di strutture mobili per la produzione di armi
biologiche; 6)lo sviluppo di un velivolo senza pilota.
Tutto smentito, tutto falso, salvo un particolare: il Nie
aveva visto giusto quando accusava Saddam di
possedere missili di gittata superiore a quella stabilità
dall’Onu, cioè oltre 150 miglia. Forse un po’ poco per
giustificare un simile conflitto armato.
Quanto ai rapporti fra il laico Saddam e il
fondamentalista Bin Laden, sempre il Senato afferma
che Bush e Cheney misero in campo una serie di
“tentativi ingannevoli” per accreditare quella tesi e
conclude che: 1) Saddam non si fidava di Al-Qaeda e
considerava gli estremisti una minaccia nei confronti
del suo regime; 2) Saddam diede istruzioni che l’Iraq
non avesse a che fare con Al-Qaeda; 3) le tesi avanzate
dalle agenzie di intelligence sulla probabilità che
117
Saddam avesse fornito addestramento all’uso di armi
chimiche e biologiche ad Al-Qaeda erano infondate; 4)
l’unica presenza di amici di Bin Laden in Iraq era
quella stranota del gruppo “Ansar al-Islam” che
operava nel Nord-est del paese controllato dai curdi,
in un area che sfuggiva al controllo di Bagdad dal
1991; 5) non esistevano informazioni attendibili sulla
complicità o la conoscenza dell’Iraq degli attacchi
dell’11 settembre o di qualsiasi attacco di Al-Qaeda.
Niente male come smentita a Bush, che nel 2003
giurava:”La guerra al terrorismo investe anche il
dittatore Saddam: egli può usare Al-Qaeda come sua
avanguardia”.
Nel frattempo il 12 gennaio 2005, fra le notizie di
routine, il portavoce della Casa Bianca Scott
McClennan annunciava con aria assente che “gli Stati
Uniti non sono più attivamente impegnati nella ricerca
delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein.”
4.3 Iraq: destabilizzazione e conquista economica.Questi sono i miei principi. Se non ti piacciono, ne ho altri..
Groucho Marx.
118
Il tentativo di istaurare un processo di
democratizzazione al posto del regime imposto dal
dittatore Saddam Hussein è stato un altro dei falsi
pretesti utilizzati dagli Stati Uniti per poter
conquistare l’Iraq.
I veri motivi dell’invasione sono da ricercare
altrove. Il medio oriente e la penisola arabica
rappresentano le maggiori riserve petrolifere mondiali.
L’Arabia Saudita detiene il 25% delle riserve di petrolio
greggio, al secondo posto si piazza l’Iraq con l’11%. E’
logico quindi che gli Stati Uniti, che oltre ad essere la
maggior potenza mondiale in ambito militare sono di
gran lunga i maggiori consumatori di petrolio, prestino
grande attenzione al controllo di queste regioni
strategiche. Fin dagli anni di Carter le principali forze
d’intervento statunitensi sono puntate sul Golfo.
Il conflitto afgano ha lasciato agli Stati Uniti basi
militari in Afghanistan ed in Asia centrale,
contribuendo a conferire alle grande aziende
statunitensi una posizione vantaggiosa nello
scacchiere mediorientale. Uno dei maggiori obiettivi di
Washington in Iraq era di ottenere il diritto di
impiantare basi militari nel cuore delle regioni
petrolifere. Ecco quindi che la destabilizzazione del
Paese non deve lasciare sorpresi, lo stato di disordine
interno potrebbe avvantaggiare gli americani, che a
119
fronte di una perdita abbastanza limitata di vite umane
e mezzi causate dalla guerriglia irakena hanno però la
motivazione per una più duratura e massiccia presenza
sul territorio.
Da non sottovalutare anche le pressioni esercitate
dalla componente israeliana, che in america ha una
forte voce in capitolo, soprattutto per quanto riguarda
la gestione delle maggiori industrie industriali, belliche
in primis. L’interesse nazionale israeliano diventa così
anche un interesse preponderante per gli USA.
Prima ancora che finisse la guerra contro Saddam,
il vice ministro della Difesa Wolfowitz era in Qatar
ansioso di insediare il “governo provvisorio, compito
che in teoria sarebbe spettato a Colin Powell, capo del
Dipartimento di Stato, che fece deboli tentativi di
inserire nella compagine governativa dei diplomatici
con esperienza nel Medio Oriente.
Nessuno dei rappresentanti scelti da Wolfowitz ha
avuto esperienze in fatto di ricostruzione ma facevano
parte di un’amministrazione militare, d’occupazione e
sfruttamento del vinto.
Come governatore fu scelto Jay Garner, mediocre
generale in pensione, in precedenza assunto presso la
“SY Colemann”, azienda militare produttrice del
sistema di guida dei missili Patriot. E’ membro del
Jewish Institute for National Security Affaire (JINSA),
120
la “fondazione culturale” che si dà come scopo
sviluppare i rapporti di amicizia tra militari statunitensi
e israeliani. Come governatore non ha mosso un dito
per provvedere alle più urgenti necessità di Bagdad e a
maggio, dopo poche settimane, è stato sostituito da
Paul Bremer, diplomatico di professione e direttore
della “Kissinger Associates”, società di consulenza per
le grandi multinazionali. Di religione ebrea, Bremer ha
un ossessione per l’Iran, da lui definito “il più rilevante
sponsor del terrorismo”. Benché ambasciatore, egli
non rispondeva del suo operato a Powell ma bensi a
Rumsferld, un indizio della completa irregolarità del
governo Bush dove la Difesa ha in pratica esautorato il
Dipartimento di Stato.
Zalmay Khalizad, unico islamico, è stato nominato
“special envoy” (una specie di ambasciatore
viaggiante) per l’Iraq e l’Afghanistan. Dal 1979 al 1989
è stato consigliere speciale del sottosegretario di stato
(Esteri) occupandosi della guerra Iraq-Iran e della
guerra antisovietica in Afghanistan (conflitti istigati da
Washington). E’ stato anche consulente in Asia
centrale per la ditta petrolifera Chevron, la stessa ditta
dove ha lavorato il segretario di Stato Condoleezza
Rice.
Peter McPerson, coordinatore finanziario per l’Iraq,
è l’uomo scelto da Cheney (ex presidente della
121
petrolifera Hulliburton) per controllare l’introito
petrolifero dell’Iraq; diverrà anche amministratore
della rinnovata Banca Centrale Irachena.
Jared L. Bates, braccio destro di Garner, è un altro
generale in pensione ed uno dei dirigenti della MPR1,
la più grossa formazione di mercenari americani. Il
pentagono fa piovere su di essa grassi contratti per
operazioni speciali di vario tipo, dove le forze armate
USA non possono o non devono apparire direttamente.
Robert Walters, già capo delle forze speciali in
Vietnam, è stato scelto per governare il Sud-Iraq da
Karbala a Bassora, l’area petrolifera che si estenda ai
confini con Arabia Saudita e Kuwait.
Bruce Moore, generale in pensione arruolato dalla
MPR1, s’è visto affidare la gestione del settore nord,
con base a Mossul.
George F. Ward, il coordinatore per l’assistenza
umanitaria in Iraq, è un ex ufficiale dei marines che ha
lavorato successivamente a lungo in ambito
diplomatico.
Philipp Caroll, è stato scelto per riattivare
l’industria petrolifera irachena. E’ stato presidente
della “Shell Oil America” e della “Fluor”, due
compagnie con un passato molto discusso in Africa.
Inoltre la Fluor ha avuto anche un contratto di 100
milioni di dollari in Afghanistan. Appena insediato ha
122
subito cancellato tre contratti petroliferi che l’Iraq
aveva firmato con la Russia, con la Cina (per lo
sfruttamento del giacimento di Al-Ahdab) e con la
Francia.
Quaranta giorni dopo la Prima Guerra del Golfo
Saddam Hussein aveva rimesso in funzione il suo paese
pesantemente devastato nelle infrastrutture mentre
ancora oggi , dopo la facile vittoria militare, l’Iraq
affonda nel caos, incapace di fornire sostentamento
alla popolazione.
Rumsfeld promise che la truppa americana in Iraq
sarebbe stata in gran parte e rapidamente smobilitata
entro settembre, riducendola a settantamila uomini per
poi ritirarla completamente entro Natale. Dopo circa
sei anni e un cambio di Presidente il ritiro sembra
ancora lontano, nonostante le promesse mai mantenute
si susseguano.
L’America ha disperso le sue truppe d’elite in
moltissimi paesi. Quanto alla sua fanteria non d’elite,
necessaria come forza occupante, si è dimezzata dai
tempi del Vietnam, per effetto dei modelli manageriali
imposti da Rumsfeld, che applica le misure di
downsizing (riduzione del personale) e di outsourcing
(appalto all’esterno di servizi). Le truppe di
occupazione sono troppo disperse sul territorio per
riuscire a controllarlo davvero e alla lunga, una forza di
123
occupazione “overextended” finisce per subire il
conflitto, subendo una guerra che si avvicina
all’intifada palestinese: è la guerra araba, ravvicinata
ed irregolare, quella basata sul coraggio fisico e la
tenacia sotto privazioni e difficoltà ambientali. Contro
questa guerra l’hi-tech serve a poco.
Ci si può chiedere se davvero si abbia l’intenzione
di ricostruire l’Iraq. Una nazione forte e democratica
non sarebbe facilmente demonizzabile, e con esso
bisognerebbe trattare anche sui prezzi dei prodotti
petroliferi. Quanto alle compagnie petrolifere, esse
sono abituate ad operare in paesi instabili, hanno i loro
eserciti privati per proteggere gli impianti, hanno
esperienza nel corrompere i signori della guerra e
quindi l’instabilità le preoccupa meno che un
interlocutore statale ben organizzato.
4.4 Estate 2005: bomba atomica su Bruxelles.E’ difficile fare capire qualcosa ad una persona quando il
suo stipendio dipende dal fatto di non capirla.Upton Sinclair.
Nel suo film documentario “Zero”,
l’europarlamentare Giulietto Chiesa ha riferito come
fosse stato invitato dalla Commissione Difesa UE ad
assistere al “filmato che simula un attacco nucleare
terroristico su Bruxelles”. Si trattava di un vero e
proprio film costruito come un reportage dal vivo,
124
elaborato con una tale qualità da sembrare realmente
accaduto(60). C’erano le facce note di giornalisti della
CNN che annunciavano l’attacco, la notizia ripresa da
Al-Jazeera ed altri network, l’apparizione in tv dei veri
capi politici contemporanei, mentre scorrevano
immagini satellitari che mostravano lo spostarsi della
nube radioattiva sull’Europa. Non mancava insomma
nulla, nemmeno un video del “vero” Osama Bin Laden
che rivendicava in lancio dell’atomica in arabo, con
sottotitoli in inglese, nel solito video fatto recapitare da
Al-Jazeera.
Chi è perché ha elaborato un film tanto elaborato e
costoso ad uso esclusivo di una platea limitata come i
deputati del Parlamento Europeo? ___________________________________
(60)www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1438
Lo spettacolo è stato offerto dal CSIS, il Center for
Strategic and International Studies di Washington, un
gruppo di lavoro ritenuto un’ emanazione della CIA.
La ragione non è stata quella di convincere gli
europei della reale esistenza di Al-Qaeda,
probabilmente gli americani sanno che i politici
europei ormai sanno che Bin Laden in realtà non è altri
che l’America stessa travestita.
Il messaggio di questo film è chiaro e univoco:
“ecco cosa siamo in grado di fare, possiamo tirare una
125
bomba atomica su Bruxelles ed addossare tutta la
colpa su Al-Qaeda”.
Nessuno potrà dubitare di ciò che vede in
televisione, non certamente gli europarlamentari, che
nel frattempo sarebbero tragicamente scomparsi a
causa della peggiore tragedia atomica della storia.
Il giornalista Maurizio Blondet commenta che il
“regalo” del CSIS ha tutto il sapore di una testa di cane
troncata, quale la mafia suole recapitare alle sue
vittime designate. La minaccia è chiara, precisa,
inequivocabile.
Grazie a questo episodio si può meglio
comprendere come la versione ufficiale dell’11
settembre riesca a resistere sui media e negli ambienti
politici, nonostante le molte evidenti contraddizioni e i
tanti fatti che rimangono inspiegabili se ci si ostina a
seguire le leggi della fisica.
4.5 Capire il mondo: picco di produzione del petrolio.Non penso mai al futuro. Arriva così presto!
Albert Einstein.
Quello che voglio presentare come l’ultimo
paragrafo di questa tesi è forse il più interessante,
sicuramente è l’unico che non si basa solo su analisi o
126
supposizioni, ma si poggia su solide certezze, su dati
storici e geofisici inconfutabili. Averlo citato tra i primi
argomenti sarebbe equivalso a scrivere un giallo
iniziandolo col nome del colpevole, ho scelto di
pubblicarlo per ultimo per lasciare al lettore qualche
dubbio sullo svolgersi degli eventi elencati, al termine
della lettura credo che di dubbi possano restarne ben
pochi.
Il petrolio, una sostanza fisica dalla disponibilità
non infinita, formatasi in milioni di anni a seguito di
grandi stravolgimenti geologici del pianeta, è la linfa
che ha alimentato l’incredibile sviluppo avvenuto
nell’ultimo secolo. Secondo precisi studi, il petrolio a
breve inizierà a finire, ma per spiegare questo
dobbiano analizzare la struttura di un giacimento di
petrolio.
Nell’immaginario collettivo un giacimento di
greggio è pensato come un grande lago sotterraneo,
mentre invece è maggiormente assimilabile ad una
grande torta suddivisa in tre strati: a ogni strato
corrisponde una varietà e qualità di petrolio diversa,
sempre più costose ed energicamente meno efficienti
mano a mano che si arriva in profondità.
La prima varietà, detta “light sweet crude oil” è la
più conveniente in virtù della sua elevata fluidità e
completa assenza di zolfo. Si caratterizza inoltre da
127
una spontaneità nel fuoriuscire dal giacimento una
volta che si è trivellato il suolo. Rappresenta all’incirca
il 30% di un giacimento.
Il secondo strato individua il cosiddetto petrolio
pesante, una qualità di greggio dal contenuto di zolfo
elevato, che richiede maggiori oneri di raffinazione. A
questo punto dell’estrazione poi, per cercare di
mantenere elevata la capacità estrattiva degli impianti,
spesso deve essere iniettata acqua od aria al fine di far
aumentare la pressione all’interno del pozzo e
consentire al petrolio di uscire quasi naturalmente.
Ecco a cosa servono le grandi gru che si vedono nelle
immagini dei giacimenti petroliferi.
Il fondo del giacimento è rappresentato dal
cosiddetto strato bituminoso, caratterizzato da un
petrolio estremamente vischioso e spesso mischiato a
sedimenti ricchi di sostanze organiche.
Secondo molte stime (61) negli ultimi cento anni
abbiamo consumato circa la prima metà, cioè la
migliore qualità di greggio, da adesso in poi dovremmo
concentrarci sulla seconda metà, nonostante i consumi
siano sempre stati crescenti, soprattutto dopo il
risveglio di due “orsi dormienti” come Cina ed India.
Per arrivare ad estrarre il greggio dal sottosuolo
occorre sostenere molti sforzi produttivi: bisogna
sondare, trivellare, scavare, trasportare e raffinare;
128
sono tutte attività umane che richiedono a loro volta
petrolio.
Nel 1920 per ogni barile di petrolio investito per
ricavare altro petrolio se ne ottenevano circa venti, nel
1950 dieci, nel 1980 cinque, nel 2000 due e nel 2020
forse uno.
Con il termine picco di produzione massima del
petrolio si intende un’epoca temporale in cui il
quantitativo di greggio complessivamente estratto in
tutto il pianeta inizia progressivamente a diminuire. Il
motivo ___________________________________
(61)www.peakoil.net www.peakoil.org www.dieoff.org
di questa contrazione è dovuto a cause geofisiche ,
perché man mano che il greggio viene estratto si
assiste ad una diminuzione della pressione interna e a
un graduale esaurimento delle riserve di petrolio.
In termini industriali dalla scoperta di un
giacimento si assiste a una esponenziale crescita dei
volumi di estrazione fino a un momento in cui questo
trend, prima si arresta dopo aver realizzato un
massimo (un cosiddetto picco), e lentamente inverte la
sua dinamica andando ad assottigliare nei periodi
temporali seguenti i volumi di estrazione.
Questo fenomeno è stato descritto agli inizi degli
anni ’50 dal prof. Marion King Hubbert. Importante
129
geofisico, egli fu il direttore delle ricerche per la Shell
in Texas (lo stato più ricco di petrolio negli USA)
durante gli anni ’50 e anche un prestigioso docente
presso le migliori università statunitensi: Columbia
University, Stanford University, John Hopkins
University e il MIT.
In base agli studi di Hubbert la produzione di
greggio tende a seguire una curva a campana, che
presenta il picco di produzione quando sarà stata
estratta quasi la metà di ogni giacimento.
Hubbert immaginò che come ogni giacimento,
anche ogni area petrolifera e di conseguenza ogni
nazione dovessero seguire lo stesso tipo di curva a
campana, quindi essere soggette ad un picco di
produzione nazionale.
Nel 1956, in seguito ad analisi sul tasso di crescita
degli USA dal 1850 al 1950 egli allertò le comunità
finanziarie che gli Stati Uniti avrebbero raggiunto il
loro picco di produzione prima di quanto si potesse
immaginare ed in seguito si sarebbero dovuti rifornire
di petrolio anche altrove. Nel dettaglio Hubbert
individuava tra il 1971 e il 1973 il periodo in cui gli
USA avrebbero diminuito progressivamente i loro
volumi di estrazione.
Il prof. Hubbert venne deriso e bannato come un
profeta di sventura, visto che durante gli anni ’50 gli
130
USA erano il più grande produttore ed esportatore di
petrolio al mondo.
Tuttavia, all’inizio degli anni ’70, per la precisione
nel 1971, avvenne qualcosa di inaspettato: gli USA
piccarono, ovvero raggiunsero i volumi massimi di
capacità estrattiva e a partire da quell’anno videro
diminuire sensibilmente e progressivamente la loro
produzione di petrolio, anno dopo anno. L’analisi ed i
moniti di Hubbert, 25 anni prima, si dimostrarono
impeccabili: Hubbert aveva ragione. Dopo più di 30
anni possiamo notare come la produzione petrolifera
USA sia passata dai 3 miliardi di barili annui del 1971
ai circa 1,5 miliardi annui attuali(62).
Nel 1989 Hubbert morì senza ricevere grandi
riconoscimenti per le sue scoperte. I suoi studi vennero
ripresi da Colin Campbell, che ha lavorato come
esploratore e responsabile ricerche per le principali
majors petrolifere. Conosce direttamente la maggior
parte dei giacimenti mondiali ed è il fondatore
dell’ASPO (Associazione per lo Studio del Picco del
Petrolio). Anche Campbell attraverso i suoi studi
conviene sulla criticità del picco di produzione del
greggio, momento in cui le conseguenze non
tarderanno a farsi sentire, con un rialzo dei prezzi ad
un livello mai visto prima.
131
Secondo l’ASPO il picco mondiale dovrebbe
verificarsi verso il 2010. Colin Campbell è considerato
dalla stampa di settore come il portavoce delle correnti
pessimiste. I pessimisti sono tutti geofisici che ___________________________________
(62) www.aspoitalia.it/component/content/article/69
hanno lavorato per decenni all’interno di qualche
grande compagnia petrolifera, e stimano le riserve
mondiali di greggio a circa 700 miliardi di barili
sufficienti, al ritmo di consumo attuale, a soddisfare le
esigenze per circa 25/30 anni.
La categoria degli ottimisti è invece rappresentata
dalla compagnie petrolifere, ma non c’è da stare molto
allegri in quanto le loro stime ammontano a circa 1000
miliardi di barili, che si tramutano in 8/10 anni in
termini di differenza temporale prima dell’esaurimento
completo dei giacimenti rispetto alle previsioni
pessimistiche.
Vi sono tecniche di “recupero assistito” che
permettono di aumentare la resa estrattiva dei
giacimenti, ma probabilmente questo contribuirà
pesantemente al raggiungimento del picco globale, in
quanto i giacimenti verranno svuotati ad una velocità
maggiore.
Grazie al petrolio sono state sviluppate industrie
come quella automobilistica e quella petrolchimica,
hanno visto la luce materiali assolutamente
132
rivoluzionari poco costosi e indistruttibili come il
nylon, ma il contributo maggiore che il petrolio ha
dato all’evoluzione umana lo troviamo nell’industria
agroalimentare.
Nel 1900 la popolazione mondiale si attestava a 1,5
miliardi mentre dopo poco più di un secolo ora supera i
6 miliardi. Questo grazie all’enorme aumento della
capacità produttiva dei terreni derivante dall’utilizzo
su larga scala di fertilizzanti sintetici, pesticidi, grandi
macchine per la lavorazione della terra e potenti
pompe di irrigazione. La popolazione è cresciuta come
diretta conseguenza del cambiamento di vita sia
alimentare che salutare: abbiamo avuto la possibilità di
nutrirci con una varietà, una ricchezza e un
abbondanza alimentare che nessun’altra generazione
prima di noi ha mai potuto avere, tutto ciò unito anche
all’incessante sviluppo dell’industria farmaceutica
Senza greggio la nostra catena alimentare
artificialmente sovralimentata non potrebbe continuare
a sostenersi. Le fonti di energia alternativa (spesso più
derivate dal petrolio che realmente alternative) non
risolveranno mai totalmente e per tutti i problemi e le
difficoltà a cui stiamo andando incontro.
La storia e i dati estrattivi dei maggiori paesi
produttori ci danno una certezza matematica: prima o
poi (probabilmente molto presto) la produzione
133
petrolifera mondiale inizierà a calare. Così come è
successo agli Stati Uniti, che dagli anni ’70 ad oggi
hanno dimezzato la loro capacità estrattiva, succederà
anche agli altri Stati. Il picco di produzione per
l’Arabia Saudita, che si stima detenga il 25% delle
riserve mondiali di petrolio, è previsto per il 2017.
La crisi economica attuale, dovuta principalmente
alla globalizzazione e alla delocalizzazione della
produzione industriale in aree sottosviluppate, pur
apparendo molto grave e gravida di nefaste
conseguenze per gli standard di ricchezza occidentali,
è ben poca cosa al confronto della crisi energetica che
a breve investirà ogni nazione e ciclo produttivo.
Conclusioni
Alla luce di quanto detto, credo si possa
tranquillamente additare il problema del picco del
petrolio come il vero movente degli attentati dell’11
settembre. Molti tendono a considerare quegli eventi
134
come un fatto terroristico a sé stante, mentre
andrebbero maggiormente considerati per quello che
realmente sono stati: un’abile messinscena, una mossa
politica e strategica di fondamentale importanza.
All’interno del governo statunitense, sostenuto da
potenti lobby petrolifere, molti importanti personaggi
avevano avuto ruoli di primo piano in grandi
compagnie petrolifere: il Segretario di Stato
Condoleezza Rice aveva lavorato per la multinazionale
Chevron, il vice presidente Cheney era l’ex presidente
della petrolifera Halliburton, lo stesso presidente Bush,
discendente di una ricca famiglia petrolifera, aveva in
passato fondato la compagnia petrolifera Arbusto
(operazione economicamente disastrosa, date le sue
ottime doti manageriali), grazie alle relazioni
economiche sia con Salem Bin Laden - fratello di
Osama - che con Khaled Bin Mafouz, cognato di Salem
e di Osama, banchiere della famiglia reale saudita.
E’ impossibile credere che simili personaggi non
sapessero dei problemi relativi all’esaurimento dei
giacimenti petroliferi. Al contrario, la politica estera
statunitense sembra improntata proprio al dominio
delle residuali risorse mondiali, incentrando le sue
attenzioni nella zona mediorientale che possiede le
maggiori riserve petrolifere.
135
Per fare questo ha dovuto inscenare l’ennesima
tragedia, creando a tavolino il pretesto per attuare
indicibili piani di rilancio dell’economia americana.
Un’economia che, nonostante tutti gli sforzi, non
funziona e continua a non funzionare, poiché da
quando ha cominciato ad operare non ha mai
funzionato ed ha dovuto, ogni volta, nel tempo,
inevitabilmente ed invariabilmente alimentarsi e
sostentarsi, a colpi di estorsioni, massacri,
espropriazioni territoriali indebite e guerre pretestuose
e criminali, sia sul continente americano che nel resto
del mondo. Il tutto, naturalmente, ogni volta, in nome
del “bene”, dei “principi”, del “diritto” e della
“morale”.
La versione ufficiale degli attentati dell’11
settembre si basa su una serie quasi infinita di
omissioni, manipolazioni, eventi fisici inspiegabili.
Nessuna inchiesta è stata avviata per appurare
l’identità dei misteriosi investitori borsistici che hanno
guadagnato moltissimo sulle operazioni speculative ai
danni delle compagnie aeree coinvolte negli incidenti,
gli studi e le simulazioni sui crolli si sono basate su dati
falsati, nessuna inchiesta è stata svolta nemmeno sui
finanziamenti ricevuti dall’attentatore Mohammed Atta
da parte dei servizi segreti pakistani.
136
La conquista del consenso popolare nei paesi
occidentali è avvenuto grazie all’utilizzo di quelle che
l’autore Roberto Quaglia definisce armi di
banalizzazione di massa, veicolate dai mass media
pecorinamente asserviti al potere.
Diversamente dalla armi di distrazione di massa,
che sono armi tattiche finalizzate a distrarre
l’attenzione collettiva in uno specifico momento, le
armi di banalizzazione di massa sono armi strategiche
che, una volta entrate efficacemente in azione, hanno
un effetto duraturo e difficilmente reversibile.
Gli Stati Uniti hanno indetto una battaglia contro i
paesi dell’Asse del Male, quando sono invece loro il
primo stato canaglia sulla faccia della terra. Il
disprezzo per la democrazia rappresenta la posizione
tradizionale di chi detiene potere e privilegi, ma
raramente è evidenziato con tanta forza. La storia delle
aggressioni internazionali e delle “operazioni coperte”
finanziate ed appoggiate dai servizi segreti ci insegna
chi sono davvero i terroristi.
Esistono certamente organizzazioni terroristiche
anche nei paesi meno sviluppati, ma queste forme di
odio nei nostri confronti sono senza dubbio originate
dalle violenze e dai soprusi che le popolazioni povere
sono state costrette a subire per decenni in nome di
uno sviluppo economico incessante a favore di una
137
piccola percentuale della popolazione mondiale. E’
insomma una forma di difesa e di risposta, non certo di
attacco nei confronti dell’Occidente.
E una volta in via di esaurimento le risorse rese
disponibili dallo sfruttamento delle zone “povere” del
pianeta, l’attenzione di chi davvero governa si dovrà
gioco forza focalizzare sulle masse dei paesi ricchi,
attuando una gestione e una normalizzazione delle
poche risorse disponibili.
Viviamo in un sogno, una visione di euforia
fisicamente non sostenibile sul lungo periodo. Accecate
da una visione di benessere apparente, probabilmente
le masse dei paesi più benestanti saranno costrette ad
un brusco risveglio. Se questo sarà più o meno
graduale, dettato da qualche grave catastrofe, da
vaccinazioni di massa pretestuose(62), da conflitti o da
ulteriori crisi economiche questo non ci è ___________________________________
(62) E’ notizia di questi giorni il progetto di una vaccinazione di massa contro l’influenza aviaria suina, una malattia che secondo le stesse fonti ufficiali ha una percentuale di decessi che si aggira tra la metà ed un quinto rispetto alla normale influenza stagionale. Una percentuale risibile, che non trova un riscontro logico nell’allarmismo creato da istituzioni e media.Alcune curiosità al riguardo: lo scrittore Roberto Quaglia, analizzando varie fonti e probabili azioni di guerre bioeconomiche ipotizzava, già nel 2003, una futura pandemia causata proprio da una degenerazione del virus dell’influenza aviaria relativo agli allevamenti suini. E’ un veggente o una persona ben informata?Interessante l’articolo sulla presenza di vertici militari internazionali nel laboratorio medico USA “Trudeau Institute” vicino Lake Clear, stato di New York, il 17 ottobre 2008 al link: www.effedieffe.com/component/option,com_myblog/Itemid,272/
dato saperlo con sufficiente certezza. Una certezza
purtroppo c’è: 6 miliardi di persone sono troppe e non
ci sono risorse a sufficienza per tutti se i ritmi di
consumo delle materie prime rimarranno quelli attuali.
138
Il cambiamento prospettato da molti, primo tra
tutti il nuovo presidente statunitense Obama, ci sarà,
ma forse non nei modi che ci sono stati raccontati.
Obama. Chi è costui? La visione dell’ottimo film
documentario “L’inganno di Obama” di Alex Jones(63)
aiuta a togliersi molti dei dubbi
che circondano la sua figura. Già analizzando i dati dei
finanziamenti della sua campagna elettorale si può
vedere come egli sia stato il candidato maggiormente
finanziato dalle potenti lobbies industriali(64). Ora
questo documentario ci illustra come con questo nuovo
presidente Usa le elites economiche che governano
abbiano solo voluto cambiare la facciata del sistema,
rimasto lo stesso nei principi cardine. Molte delle
promesse fatte in campagna elettorale saranno infatti
impossibili da mantenere, il presidente ha già fatto
marcia indietro sul ritiro dall’Iraq, come i suoi
predecessori Obama dice una cosa e ne fa un'altra. La
sua elezione e il cambiamento sono stati solo un’abile
mossa di marketing effettuata al fine di abbindolare
milioni di elettori speranzosi in un futuro migliore,
diverso dalla profonda crisi economica che sta
attanagliando l’occidente e iniziata proprio negli USA,
dove milioni di persone hanno già perso il lavoro e la
propria abitazione.
139
Oltre al fatto che il primo lavoro da neo laurato ad
Obama è stato fornito nientepocodimenoche da tale
Henry Kissinger, che credo non ___________________________________
(63) http://www.youtube.com/watch?v=XlcnYyBSa28(64) www.disinformazione.it/obama_soldi.htm
necessiti di ulteriori presentazioni, molti esponenti del
suo governo fanno parte di organizzazioni economiche
mondialiste e massoniche quali gruppo Bilderberg,
Commissione Trilaterale e CFR, i veri centri del potere
economico mondiale.
Tanto per citarne alcuni:
- Timothy Geithner, ex presidente della FED di
New York, ora ministro del Tesoro, ( gruppo
Bilderberg e Commissione
Trilaterale) ;
- Hillary Clinton, Segretario di Stato, (gruppo
Bilderberg e CFR);
- Susan Rice, ambasciatore all’ONU,
(Commissione Trilaterale);
- Generale James L. Jones, Consigliere della
Sicurezza Nazionale (gruppo Bilderberg ,
Commissione Trilaterale e CFR);
- Thomas Donilon, vice di Jones, (Commissione
Trilaterale e CFR);
- Ammiraglio Tennis C. Blair, Direttore
dell’Intelligence Nazionale (gruppo Bilderberg ,
140
Commissione Trilaterale e CFR);
- Robert Gates, Ministro della Difesa (gruppo
Bilderberg , Commissione Trilaterale e CFR).
Poteva mancare il “mitico” Henry Kissinger? Certo
che no, lo ritroviamo come Inviato Speciale del
Dipartimento di Stato, (gruppo Bilderberg ,
Commissione Trilaterale e CFR).
Insomma, Wall Street sembra essersi insediata alla
Casa Bianca, portandosi al seguito righello e
compasso.
Quando nel corso della sua storia l’uomo ha
abbandonato l’utilizzo di una fonte energetica lo ha
fatto per passare ad utilizzarne un’altra: così è stato
per il carbone che ha sostituito la legna, e per il
petrolio che ha sostituito l’utilizzo del carbone. Questi
cambiamenti hanno dato luogo anche ad importanti
stravolgimenti nell’ambito della gestione del potere ed
è logico quindi pensare che le potenti famiglie
petrolifere non vedano di buon occhio la fine dell’era
petrolifera, sempre che altre risorse e tecnologie siano
disponibili per rimpiazzare questa materia prima: al
momento attuale non si ha notizia di disponibilità in tal
senso.
Anche se alcune tecnologie sarebbero disponibili,
queste verrebbero accuratamente celate ai più.
141
Nel 1995 lo scienziato americano Stan Mayer attirò
su di se l’attenzione per i suoi studi relativi all’ambito
automobilistico: egli asseriva di aver trovato un metodo
economico e di facile implementazione per trasformare
i motori a scoppio in motori a idrogeno, riuscendo a
ricavare l’idrogeno dall’acqua tramite un procedimento
di elettrolisi direttamente a bordo dell’auto(65). Dopo
aver rifiutato il milione di dollari offertogli da un
potente gruppo arabo, venne ucciso per avvelenamento
da cibo in un ristorante nel 1998.
Tra le scoperte dello scienziato Nikola Tesla, da
molti considerato il padre del XX secolo(66), si
annoverano l’utilizzo della corrente alternata
nella distribuzione di energia elettrica e la radio (in
concomitanza con Guglielmo Marconi).
Egli ipotizzò anche la possibilità di trasmettere
l’energia elettrica via etere senza fili, nonché
l’approvigionamento di corrente in modo gratuito
attraverso la ionosfera. Quest’ultimo progetto fu
osteggiato dal suo finanziatore J.P. Morgan (uno dei
fondatori della Federal Reserve), che lo licenziò in
tronco, evidentemente preoccupato per la scoperta di ___________________________________
(65) http://www.youtube.com/watch?v=fJ3juM6vHwg&feature=channel_page www.postarelibero.com/2008/01/macchina-ad-acqua-inventata-da-stan.html(66)Robert Lomas, L’uomo che ha inventato il XX secolo, Newton & Compton Editori
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una tecnologia che avrebbe eliminato molti dei
privilegi della classe al potere.
Tra i progetti di Tesla vi furono forse anche lo
sviluppo di nuove micidiali armi sempre tramite lo
sfruttamento dell’energia ionosferica. Non si sa con
precisione a che punto fossero questi studi, anche
perché al momento della sua morte tutti i suoi progetti
furono confiscati dall’F.B.I. E’ probabile che gli Stati
Uniti abbiano sfruttato in seguito
alcune sue invenzioni, non certo per fini filantropici(67).
Con tutte queste belle premesse, è probabile che la
cantante Laura Pausini non abbia sbagliato di molto,
descrivendo nella sua canzone “Un fatto ovvio” un
futuro prossimo fondato su un duro stato di polizia.
Guardare il suo video(68) potrebbe corrispondere ad un
illuminante viaggio con la macchina del tempo. Un
fatto ovvio, ma non per molta gente, ormai troppo
avvezza a rincretinirsi guardando reality e mass media
spazzatura, perdendo ogni spirito critico nei confronti
della realtà.
Al G8 dell’Aquila tutti i leader politici puntavano
all’ottimismo ma la sensazione è più quella di essere
seduti su una polveriera: che le guerre
si facciano per l’economia e non per esportare la
democrazia lo sanno pure i bambini. Nel frattempo i
media continuano la campagna denigratoria ai danni
143
dell’Iran, attribuendo frasi mai dette dal suo Presidente
al riguardo di Israele, e mostrando immagini di
fantomatiche rivolte scomparse nel nulla in pochi
giorni, cavalcando l’onda del presunto omicidio della
giovane Neda, un caso che come altri presta il fianco a
molti dubbi (69).___________________________________
(67) www.tankerenemy.com/search/label/H.A.A.R.P(68) http://www.youtube.com/watch?v=zQOM1qoQjXg (69) www.effedieffe.com/content/view/7788/167.
La vera arma a disposizione dell’Iran, di cui
nessuno parla, è il progetto di creare una borsa
petrolifera dove avverrebbe la quotazione del greggio
in Euro. Tale istituzione rappresenterebbe il colpo di
grazia per l’economia americana basata sul dollaro.
Abbiamo già visto in passato la fine che è toccata a chi
voleva solo farsi pagare (e non anche quotare) il
petrolio in Euro: Saddam docet.
Le mie conclusioni sono troppo pessimistiche?
Il problema della produzione petrolifera è un dato
di fatto, pur se i
media fanno a gara per tacerlo, al più qualcuno
parla di un probabile futuro rincaro, sottacendone però
i reali motivi. Gli stessi americani, riferendosi
all’attacco contro l’Iraq, parlavano di “guerra infinita”.
Nella migliore delle ipotesi le operazioni militari
iniziate l’11 settembre sono scaturite dall’ingordigia
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dell’attuale classe dirigente, che forse nasconde le
future tecnologie in attesa di mostrarle al mondo nel
momento ritenuto più vantaggioso. Se invece queste
tecnologie non esistessero, allora un futuro davvero
buio attenderebbe l’umanità.
Abbiamo ancora un’ultima certezza: non dovremo
aspettare molto tempo per sapere quale verità ci
attende, perché nel giro di pochi decenni l’evolversi
degli eventi farà sì che o una o l’altra soluzione ci si
prospetterà inesorabilmente davanti agli occhi, favorita
probabilmente dagli sforzi dei governanti che ancora
una volta cercheranno di agire per il bene comune.
145
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