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1 ST SESSION

houses and cities built with earth

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1ST SESSION

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I T A L YCAGLIARI

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Creare le professionalità necessarie per un interventodi recupero qualificatoIl corso prevedeva l’acquisizione di competenzeDI BASE – TRASVERSALI - TECNICO PROFES-SIONALI e lo svolgimento di stage e visite guidate insiti di particolare interesseA conclusione del corso gli allievi hanno acquisito leseguenti competenze: 1) Saper organizzare uncantiere 2) Riconoscere e valutare i materiali di base(diverse terre) e applicare correttamente le tecnichedi produzione di messa in opera del mattone crudo. Aseguito di un esame conclusivo, gli allievi hannoconseguito una qualifica professionale.Attualmente si stanno programmando dei corsi di1.100 ore per "Muratore, con particolare riferimentoal recupero dei materiali, delle lavorazioni e delletipologie architettoniche locali", rivolti a giovani inetà compresa tra i 16 e i 18 anni.

Alla fine degli anni '90 con l’entrata in vigore dialcune norme che prevedevano forme di sostegnoeconomico per il recupero degli immobili situati neicentri storici, c’è stata in Sardegna una importanterivalutazione del patrimonio immobiliare in terracruda creando nuove opportunità per le Impresespecializzate nel restauro, nuove opportunità di lavoroper i giovani. In questo contesto oltre ad una seriariqualificazione urbana e una riscoperta delle risorsee dell’identità locale, la necessità di disporre dimanodopera qualificata ha indotto la scuola adorganizzare un corso di 1.000 ore rivolto a 18 giovanidisoccupati.Il corso si prefiggeva come finalità: 1) Favorire losviluppo di attività economiche legate al recupero delpatrimonio edilizio in terra cruda 2) favorire ilrecupero dei saperi, delle arti e delle professionilegate alla terra cruda per favorire l’occupazione 3)

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ESPERIENZE PER LA FORMAZIONE DELLA MANODOPERAQUALIFICATA PER INTERVENTI IN TERRA CRUDA:CORSO PER MURATORErestauro manufatti in terra cruda e bioedilizia

Silvia Petagna (Italia)Presidente Scuola Edile CagliariTel.: +39 070 53710; E-mail: [email protected]

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La legge regionale per il recupero dei centri storiciLa Regione Sardegna ha avviato da tempo unapolitica rivolta alla tutela e alla salvaguardia di quellecomponenti del paesaggio antropico e naturalericonosciute, a livello nazionale ed europeo, comepatrimonio e potenziale ricchezza dell’interacomunità. La valorizzazione dei beni storici,ambientali e identitari rivolta negli anni precedentiverso opere architettoniche monumentali tende oggiverso una accezione più ampia ed estesa. La strutturaamministrativa regionale gestisce i finanziamentidestinati ai comuni e ai privati, per il restauro diabitazioni e infrastrutture nei Centri storici o nucleistorici anche extraurbani2, attraverso una Legge sulla“Tutela e valorizzazione dei centri storici dellaSardegna” in vigore dal 1998.L’argomento di questo convegno, rivoltoprincipalmente alle architetture realizzate conmattoni in terra cruda, occupa una parte delleattenzioni che l’Amministrazione regionale ha versol’intero sistema dei Centri storici. Il sistema divalutazione delle richieste di finanziamento oltre aconsiderare la qualità degli interventi proposti al suointerno, considera come di maggiore importanza queifattori di efficacia ed efficienza che rendono fattibile,seria e incisiva la proposta per la specificità di quelcentro storico.La legge definisce le tre tipologie di programmazionedegli interventi: PROGRAMMA INTEGRATO3 (PI);PIANO DI RIQUALIFICAZIONE URBANA4 (PRU);INTERVENTI DI RECUPERO PRIMARIO5 (RP).

Il progetto RESTAUROnet - Amènagement etGouvernement du Polycentrisme Historique dela Mèditerranèe.Fanno parte del progetto RESTAUROnet, finanziatosul programma europeo INTERREG IIIB, partnerspubblici, Comuni, Regioni, Istituzioni pubbliche, che siaffacciano sul Mediterraneo occidentale.6

Le principali azioni del progetto sono rivolte a consolidarela rete di contatti fra figure istituzionali che si occupanoin maniera diretta del recupero dei centri storici.L’esecuzione del progetto include la costituzione diquattro laboratori: accessibilità; qualità della residenza;governo e partecipazione; tecniche e strumenti.Il progetto ha quattro grandi obiettivi sul recupero deicentri storici: l’attivazione di un Forum con frequenzaannuale o semestrale che permetta un momento discambio diretto delle esperienze raggiunte; un portaleweb con pagine dedicate a ciascun partner per poterdivulgare in tempo reale i risultati preposti e raggiunti,ricerche e azioni in atto; una banca dati degli interventipiù significativi utili per chiunque abbia la necessità diaccedere a dati sul recupero dei centri storici.

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LE POLITICHE REGIONALI PER GLI INSEDIAMENTI STORICI

Giorgio Costa (Italia)ArchitettoRegione Autonoma della Sardegna (Italia)Servizio Aree Urbane e Centri StoriciTel.: +39 070 6064018E-mail: [email protected]

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Il progetto LAB.net - Interreg IIIA - Italia -Francia-IsoleIl progetto LAB.net rientra nel P.I.C. - Interreg IIIAItalia-Francia “Isole” finanziato sulle annualità diprogrammazione 2000/2006. Il paternariato ècomposto dalle Province italiane di Sassari, Nuoro,Livorno e l’Alta Corsica. Il coordinatore del progetto èla Regione Sardegna.Il progetto prevede al suo interno la costituzione diuna rete di laboratori per il recupero dei centri storicicon funzioni di indirizzo, guida, supporto ai comunicoinvolti con opere di recupero finanziate con ilprogramma. L’obiettivo principale è, quindi, rendereoperativa una rete di laboratori per ciascuno dei qualiviene assegnata un’area di pertinenza che raggruppipiù comuni e che sia punto di riferimento per ilcittadino, per il tecnico, per il mondo imprenditorialee per le amministrazioni comunali.Obiettivi generali: valorizzare il patrimonio storico-architettonico; costituire un network di laboratori;sensibilizzare le comunità locali sulle tematiche dellaidentità culturale locale.Obiettivi specifici: riutilizzo del patrimonio edilizioesistente nei centri storici urbani; riscopertadell’utilizzo dei materiali da costruzione tradizionali;creazione di nuove opportunità di lavoro attraverso lariscoperta dei mestieri tradizionali. Le grandi azionisono: attivazione dei laboratori per il recupero deicentri storici; esecuzione degli interventi di recupero;attuazione del piano di comunicazione a fine progettoper la divulgazione e promozione dei risultati raggiunti.

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Comuni interessati dal programma pluriennale 2003/2005 per il recuperodei centri storici, da cui si può riscontrare l'alto numero dei comuni chepartecipa alla programmazione dei finanziamenti.

Centro storico di Marciana, Isola d’Elba.Interventi realizzati con i finanziamenti della LR 29/98 nella città di Alghero.

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(1) Settore Aree urbane, Servizio Aree urbane e Centri Storici,Direzione della Pianificazione urbanistica territoriale e dellavigilanza edilizia, Assessorato Enti Locali, Finanze eUrbanistica.

(2) L.R. n.29 del 13 ottobre 1998, art.2 – Definizione:Si considerano centri storici gli agglomerati urbani checonservano nell’organizzazione territoriale, nell’impiantourbanistico o nelle strutture edilizie i segni di una formazioneremota e di proprie originarie funzioni abitative, economiche,sociali, politiche e culturali.Appartiene a questa categoria ogni altra struttura abitativa,anche extraurbana, che costituisca eredità significativa distoria locale, qualora il recupero rientri nelle finalità di cuiall'art. 1 della presente legge.

(3) Strumento attraverso cui i Comuni intervengono sul tessutourbanistico ed edilizio da risanare, tutelare e valorizzare esono realizzati mediante progetti unitari.

(4) Strumento alternativo per quei comuni che, in mancanza diprogramma integrato, intendano riqualificare le infrastrutturepubbliche e le urbanizzazioni, con particolare riferimento aiproblemi della mobilità e dei parcheggi.

(5) Sono quegli interventi privati che, finalizzati al recupero dellafunzionalità e del decoro degli edifici.

(6) Regione Toscana, Comune di Firenze; Regione Liguria,Comune di Genova; Regione Umbria, Comune di Perugia;Regione Sardegna, Comune di Cagliari; Regione Calabria;Comune di Matera; Generalitat Valenciana, Ayuntamiento deValencia, Ayuntamiento de Alicante; Ayuntamiento de Palmade Mallorca; Ayuntamiento de Se villa; Région LanguedocRoussillon; Ecole d’Avignon; Direcçao general dos Edificios eMonumentos Nacionais; Région Tanger, Tétouan,Communauté Urbaine de Fés; Municipalité de Bizerte;Municipalité de Rethymnon; Municipalité de Xanthi.

Tipologie architettoniche del centro storico del Comune di Oliena e di Bortigali.

Insieme dei partners del progetto con la loro localizzazione.

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La terra cruda, il suo uso, le sue architetture, i suoipaesi, costituiscono, una importante componente delpatrimonio culturale della Sardegna, patrimonioculturale che il Codice Urbani ha inteso costituito daibeni culturali e dai beni paesaggistici. La suasalvaguardia, tutela e valorizzazione è quindi a tuttigli effetti oggetto dell’attività istituzionale delMinistero per i Beni e le Attività Culturali e diversisono gli strumenti normativi che possiamo utilizzare.Se consideriamo l’architettura in terra come “beneculturale” lo strumento di individuazione e di tutela èil “vincolo” volto a riconoscere l’interesseparticolarmente importante dell’immobile; e inSardegna qualche edificio in terra cruda è statosottoposti a tutela dalla Soprintendenza. NelleMarche recentemente è stato sottoposto a tutelamonumentale dal nostro Ministero l’intero quartieredi Ficana, a Macerata in considerazionedell’eccezionalità del complesso edilizio. Ma inSardegna le costruzioni in terra cruda non sono

un’eccezione, ma al contrario, in determinati ambiticostituiscono la regola: quindi non possiamo certopensare di ricorrere a questo strumento per certi versieccezionale, per salvaguardare questo patrimonio. Seinvece consideriamo l’architettura in terra come“bene paesaggistico” possiamo rilevare che, inSardegna, dal Mibac, sono stati considerati sinora“beni paesaggistici” altri e diversi elementi. Saràquindi compito della Regione Sardegna, nellapredisposizione del Piano Paesaggistico Regionale,definire opportune e idonee forme di tutela perquesto importante elemento del patrimonio culturaledella Sardegna. In fine, consideriamo la Leggen.378/03 che, con il D.M. del 06.10.05, fissa criteritecnico-scientifici per gli interventi da attuare sugliimmobili di architettura rurale, (dunque anche quelliin terra) accanto a incentivi finanziari. Appaionodunque importanti i contributi operativi che questoprogetto Cultura 2000 potrà suggerire al nostroMinistero.

LA TERRA CRUDA PATRIMONIO CULTURALE DELLA SARDEGNA

Daniela Serra (Italia)IngegnereMinistero per i Beni e le Attività CulturaliDirezione Regionale per la Sardegna (Italia)Tel.: +39 070 3428204E-mail: [email protected]

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Villa Ficana è un quartiere di Macerata interamentecostituito da case di terra.Quasi 50 piccoli “atterrati” – questo è il nome cheidentifica gli edifici in crudo nelle Marche centrali –a schiera, di dimensione cellulare (ml 5,00 x 5,00max), a due piani, con scala interna, o esternasostenuta da muri in laterizio, costruiti a metà delXIX secolo. Gli edifici, pur piccoli dal punto di vista dimensionale,presentano una grande complessità dal punto di vistatecnologico. La tecnica prevalentemente usata è quella del“massone”, ma sono frequenti porzioni costruite inmattoni crudi o con un apparato murario mistotessuto in modo che la faccia esterna delle paretirisulti costituta da mattoni cotti e quella interna daadobe.La storia del quartiere è lunga ed interessante, essocostituisce una testimonianza non solo tipologica etecnologica, ma anche della vita e dell’organizza-zione sociale del territorio.Dopo anni di abbandono e vari tentativi di distruzioneper riedificare l’area, recentemente, l’agglomerato èstato rivalutato, anche grazie all’interesse che, sialocalmente che in campo nazionale ed internazio-nale, sta rinascendo intorno alla terra cruda.Nel 2002 l’Amministrazione Comunale di Macerataha istituito il COMITATO SCIENTIFICO PER L’ESAMEDELL’AGGLOMERATO STORICO DI VILLA FICANA.Il comitato, formato da esperti di livello internazio-nale nel settore della terra cruda, rappresentanti

delle università locali e della Soprintendenza, avevail compito di elaborare le linee guida per la redazionedi un Piano di Recupero.Durante i lavori la Soprintendenza per i BeniArchitettonici e per il Paesaggio delle Marche haapposto il vincolo ai sensi del D.Lgs. 490/99. Il vincolo, che impone il rispetto di normative ditutela in genere applicate ad edifici ed oggettiartistici, è particolare, atipico ed innovativo nel suogenere, non più rivolto ad uno specifico edificio maad un intero quartiere. Vengono sottolineatel’importanza del valore d’insieme e della dimensioneurbana di Ficana, elementi determinanti per ilrecupero e la valorizzazione. Successivamente, nel 2004, è stato adottato ilPIANO DI RECUPERO DEL QUARTIERE DI “VILLAFICANA” ADEGUATO ALLA LUCE DEL VINCOLOAPPOSTO DALLA SOPRINTENDENZA E DELLE LINEEGUIDA DETTATE DAL COMITATO SCIENTIFICO.Infine, a seguito all’emanazione, da parte dellaGiunta Regionale delle Marche e della CommissioneEuropea - all’interno del Piano di Sviluppo RuraleMarche 2000/2006 - del bando “Rinnovamento emiglioramento dei villaggi rurali e protezione e tuteladel patrimonio rurale”, il Comune di Macerata hapromosso un intervento diretto.Il bando dispone la concessione di “contributi perrecuperare le case di terra cruda ancora esistentinella nostra regione”.Per accedere a tale incentivo, l’AmministrazioneComunale ha assunto l’iniziativa di intraprendere il

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VILLA FICANASTORIA RECENTE DI UN BORGO DI TERRA A MACERATA

Anna Paola Conti (Italia)ArchitettoAssociazione Nazionale Città della Terra Cruda (Italia)Tel.: +39 0733 36124E-mail: [email protected]

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restauro del quartiere, stipulando contratti diacquisto o di affitto riguardanti circa il 50% degliedifici, per effettuarne il risanamento. Una volta ultimati i lavori le abitazioni ottenutesaranno destinate all’accoglienza di ospiti dell’Uni-versità e/o di altri Enti Pubblici della città, a scambiculturali, all’attuazione di specifici progetti eprogrammi di collaborazione e cooperazione, adospitare compagnie teatrali e turisti.Le caratteristiche tipologiche e dimensionali degliedifici ben si adattano a tali destinazioni cherichiedono spazi diversificati, non ampi ma autonomi.L’individuazione delle unità minime di intervento èavvenuta in base alla delimitazione delle particellecatastali originarie, costituite in genere da due vanisovrapposti. In alcuni edifici è stata inveceeffettuata un ridistribuzione degli spazi in sensoorizzontale; si tratta di costruzioni già interessateda fusioni “storiche” ora funzionali alla destina-zione attuale e di conseguenza mantenute. In talmodo si è conservato un segno delle trasformazionitipologiche che nel tempo si sono succedute nelquartiere. Un atterrato verrà restaurato senza apportaremutamenti dimensionali, tecnologici e tipologici edestinato a museo di se stesso. Mantenendo le suecaratteristiche peculiari, esso potrà essere usato periniziative collegate alla valorizzazione del territorio, ascopo scientifico e didattico e per testimoniare lastoria e le condizioni di vita delle classi più umilidella metà dell’ottocento.

Il progetto prevede inoltre la ricostruzione“effettuata con tecnologie e materiali del tutto similiquelli originari” di un edificio crollato in modo daricomporre l’unità del quartiere reintegrando la partemancante, nello spirito di quanto stabilito dalvincolo.L’intero intervento di restauro è improntato alrispetto totale delle tecnologie esistenti.Si tratta di un’operazione importante che offre grandiopportunità e contemporaneamente pone grandiproblemi: la necessità di riacquisire conoscenzeperdute facendo rinascere una tecnica “morta”(localmente le ultime costruzioni in crudo risalgono aiprimi anni del secolo scorso), il tentativo diattualizzarla, l’uso del crudo per una nuovacostruzione ed il confronto con la normativa tecnicavigente, il rapporto tra una tecnologia tradizionale el’attuale organizzazione di cantiere.La fase attuativa del restauro, oggi in corso, è statapreceduta, nei mesi scorso da una sperimentazionevolta a verificare la possibilità di produrre massoni inmodo semi industriale, così da snellire i tempi dipreparazione del materiale e rendere più economicoil procedimento, ed alla costruzione di un piccoloedificio prototipo.Il cantiere a Ficana è in allestimento, in questa fasestanno emergendo difficoltà legate all’istruzionedelle maestranze, e problemi dovuti al rapporto tra i“tempi della terra” e le scadenze imposte dalfinanziamento pubblico.

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Il Centro Internazionale di Studi per la Storiadella Città è una associazione di studiosi e di cultoridel campo disciplinare della Storia Urbanistica.Fondata nel 1986, ha sede in Roma ed ha finalitàesclusivamente scientifiche e di ricerca. Promuoveseminari, convegni e studi ed è inoltre il referente perla rete dei Musei della Città e del Territorio.L'interesse prevalente del Centro Internazionale diStudi per la Storia della Città è per le trasformazionimateriali della città, per la storia della progettazioneurbanistica, considerata distinta e parallela a quelladella progettazione architettonica, e delle testi-monianze archeologiche e artistiche, nella convin-zione che ogni apporto documentario deve essereopportunamente collocato nello spazio fisico percontribuire ad una corretta interpretazione tecnica eculturale degli organismi urbani. Solo una storia interdisciplinare attenta allaconfigurazione spaziale, ambientale, artistica earcheologica può inoltre essere immediatamenteutilizzata ai fini della salvaguardia dei centri storici edel paesaggio oltre a costituire una effettiva, nuovaacquisizione culturale e disciplinare.Il territorio, il paesaggio, gli insediamenti storici sonooggetto di studio ma anche e sempre di più di pesantitrasformazioni. Al fine di tutelare l'ambiente nella suainterezza, con particolare priorità per le parti piùqualitative e non ancora compromesse, la ricerca el’analisi di tutto il contesto urbano tradizionale vannoconiugate con indirizzi, normative, programmi anchesettoriali che possano agire sulla cultura e sulla

sensibilità generale e sul lungo termine essendospesso inefficace l'intervento singolo edestemporaneo.Gli studi promossi dal Centro Studi di Studi per laStoria della Città hanno anche l’obiettivo di collegarela ricerca universitaria con le iniziative di tutelapaesaggistica e di restauro architettonico,suggerendo una più fattiva collaborazione tra entipubblici e risorse private. Attraverso i corsi di laureadi Storia dell’urbanistica dei docenti associatioperanti nelle facoltà di Architettura di diverseuniversità italiane si elabora un continuo travaso diconoscenze e si strutturano i concetti nel settore dellaformazione. Attraverso l’applicazione continua nellapratica professionale dei soci attivi nel campo dellavoro, della progettazione, dell’elaborazione diprogrammi per le amministrazioni e per gli enti, deiprogetti comunitari e degli interventi sulla città sidiffondono e verificano buone pratiche e modellioperativi.In questo progetto in particolare le competenze delCentro Studi di Studi per la Storia della Città hannocontribuito a:• Ricostruire la genesi dei modelli insediativi storici

per verificare quale sostenibilità oggi presentanoper il moderno abitare.

• Riconoscere e tutelare quei meccanismi sociali chedal medio evo in poi hanno storicamentecaratterizzato il sistema urbanistico per rigenerarnela vitalità ed alimentare azioni di recupero correttofilologicamente seppur arricchito di servizi e

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I MODELLI TRADIZIONALE DELL’ABITARE: FUNZIONI E SPAZI PUBBLICI DELLA CITTÀ

Laura Zanini (Italia)ArchitettoCentro Studi Storia della Città - Roma (Italia)Tel.: +39 070654785E-mail: [email protected]

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tecnologia necessarie al vivere contemporaneo;escludere contemporaneamente la creazionesporadica di isole elitarie di immobili recuperati afini turistici o per abitazioni temporanee.

• Restituire importanza al ruolo che gli spazi pubblici,gli spazi del lavoro, dell’incontro sociale, delloscambio delle comunità rivestono non solo comeconnettivo delle strutture fisiche più presentinell’immaginario urbano, monumenti e residenze,ma anche e soprattutto come luoghi di forteidentità urbana e sedi di flussi e scambi.

Al recupero delle tradizioni costruttive e manutentivesugli edifici privati si associa la necessità diincrementare il valore ed il significato dei luoghiurbani che ospitano gli elementi costruiti in terracruda. Si tratta di diffondere presso le comunità e leamministrazioni locali quei metodi di valutazione e dilettura storica che permettono di apprezzare a pienole potenzialità delle città e dei paesi di terra, le cuilinee strutturali appartengono alla tradizionemedievale mediterranea. In questo panorama le città e le case costruite con latecnologia tradizionale della terra cruda costituisconouno dei più delicati e originali elementi. Nuove formeinterpretative della città in terra cruda vannonecessariamente ripensate in funzione dellarappresentazione di un sistema urbanistico partico-lare, non consueto, privo della documentazione diaccatastamento, di rilievo, di regolamentazioneurbanistica classica dei modelli occidentali che nellaforma moderna forse più aggressiva, quella della

rettificazione stradale e della sostituzione contecnologie rozze ed omogeneizzanti, stanno invecesostituendo le prassi gestite per centinaia di anni.La ricerca e il riconoscimento di valori e di radicicomuni ai paesi del Mediterraneo è sempre piùevidente che passa attraverso l'analisi dei modellidell'abitare e dell'insediamento urbano tradizionale. Icentri storici costituiscono infatti un patrimonioculturale nel quale le comunità si riconoscono ed alquale affidano parte del loro investimento sul pianoturistico e commerciale. E’ stata espletata un’azione esplorativa perindividuare le modalità più opportune per descrivere,misurare e rappresentare graficamente alcuni spazipubblici strategici delle città esaminate, e sono stateesplicitate, in ogni contesto insediativi coinvolto nelprogetto, le corrette metodologie di trattamentodello spazio pubblico storico, interagendo con lecomunità ed i tecnici delle amministrazioni locali inmerito al quadro metodologico di intervento, dimanutenzione, di infrastrutturazione e di relazionecon gli altri elementi del complesso urbanistico oinsediativo.In particolare, all’interno dei dibattiti organizzati edelle sessioni informali di scambio culturale, iconcetti sono stati focalizzati su:• l’architettura popolare e rurale e sulla complessità

dei tessuti urbani residenziali• lo spazio pubblico: il connettivo di strade, piazze,

slarghi, luoghi funzionali alle attività di scambio edi socializzazione, le reti impiantistiche e tutto ciò

Plaça ronda a Valencia (Spagna)

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che fa di un insieme di edifici una città o uninsediamento strutturato;

• la necessità di legare le fonti documentarie allospazio fisico, misurato e rilevato, con le suecomponenti di tecnica costruttiva e questi allalettura interpretativa degli abitanti e degli operatorinel campo delle costruzioni.

Nel progetto “Le case e le città della terra cruda:conservazione, significato e decoro urbano”, con ilcontributo del Centro Studi di Studi per la Storiadella Città si è soprattutto cercato di renderemaggiormente efficaci le operazioni di restauro,recupero e costruzione ex novo delle singolearchitetture in terra, di abitazioni o di monumenti,con il riconoscimento del contesto urbano oinsediativo degli edifici e l’analisi dellaprogettazione stratificata del tessuto all’interno delquale sono stati strutturati.

Le osservazioni interdisciplinari sui caratteridell’insediamento in nuclei o diffuso dell’Alentejoportoghese così come sulle nuove residenze in terra,sui casi più urbani o monumentali dell’esperienzavalenciana e sull’abitato della medina di Marrakechhanno costruito un quadro interessante quantocomplesso che di volta in volta si arricchiva disingolarità o di fattori comuni. Il principio di fondo èche le trasformazioni dell’abitare sono il risultato diprocessi non sempre sistemici benché progettati ed èemerso come interventi relativi a tecnichetradizionali e particolari, come quelle dellearchitetture in terra, necessitino di staff professionaliinterdisciplinari capaci di leggere il dettaglio tecnicoassieme al processo sociale, la peculiarità storica oartistica assieme alla normativa vigente, l’esperienzadi un luogo sullo sfondo di esperienze in contestidifferenti.

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Scorcio della viabilità secondaria a Essaouira (Morocco).

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La dimensione paesaggistica che lega il centro storico di Monsaraz (Portogallo) al suo territorio.

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P O R T U G A LMONSARAZ

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ESG/Escola Superior Gallaecia, a universityinstitution settled in Vila Nova de Cerveira, NorthernPortugal, has a structured and close relationship withthe architectural and cultural heritage, environmentand arts. The school has largely contributed to severalresearch projects, as well as to the development of anumber of events related to research, conservationheritage, traditional materials and techniques, anddiffusion of contemporary architecture.In July 1999, the international seminar “EarthArchitecture: Tradition, Conservation and Actuality” washeld at ESG, with speakers from Portugal, Belgium,Brazil, Peru, Canada and the USA. This event marked thebeginning of the school’s growth in actions dedicated tothe diffusion of earth architecture knowledge. Ever since,more than 15 international speakers have presented inESG, papers on earth architecture and construction. In October 2001, ESG was invited to participate in the“Rencontre Internationale d’enseignement del’architecture de terre” at CRATerre-ENAG, France; and asa result, the strategy of consolidating the teaching ofearth architecture has been dedicated to research,cooperation and the dissemination of earth architecture,as recommended in the Final Conclusions of the Meeting. In 2002, Proterra (1) launched several concertedinitiatives through Latin America, Portugal and Spain.Consequently, research projects, activities and diffusion(through exhibitions and intensive courses) wereimplemented with a more concerted approach. Resear-chers from ESG, members of the Proterra project, wereappointed to collect Portuguese and Spanish Termino-

logy related to earth construction techniques andassociated terms. The work which involved more than30 contributions was concluded 3 years later.Simultaneously, ESG and Proterra compiled a bibliogra-phy of books on earth architecture and consequently, inan effort to facilitate the communication and dissemi-nation among the public, ESG placed the titles in its on-line library. As a result, distinguished Portuguese andforeign researchers have visited the school in order toconsult the existing bibliography. In 2003, the conference and exhibition “Earth inArchitecture” was held in ESG and several activitieswere launched to disseminate earth architecturenationally. The focus of the research was thedetermination of how to increase the exchange ofinformation that would lead to a greater criticalknowledge, with a view to improving the quality of bothconstruction and research. As a result, ESG togetherwith the FCO - Foundation Convento da Orada, for theSafeguard and Conservation of Architectonic Heritage,started the organisation of national seminars, backedup by exhibitions and a booth of specialised books. Thefirst event, “I Seminar of Earth Architecture in Portugal:Diffusion, Research, Contemporariness and Training (IATP)”, was held in Lisbon in September 2003 with thesupport of Proterra. The following year, the AssociationCentre of the Earth (CdT) was invited to co-organise theevent, and the “II ATP - II Seminar of Earth Architecturein Portugal: Research, Standards, Production andConstruction” was held in Lisbon in September 2004.These national seminars were arranged in thematic

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RESEARCH ON EARTH ARCHITECTURE atESG / ESCOLA SUPERIOR GALLAECIA

Mariana Correia (1) (Portugal)Goreti Sousa (2) (Portugal)Jacob Merten (3) (Portugal)(1) ESG Director. E-mail: [email protected](2) Adm. Adj. Dir. E-mail: [email protected](3) Researcher. E-mail: [email protected]

Escola Superior Gallaecia - Largo das Oliveiras4920-275 Vila Nova de Cerveira, Portugalwww.esgallaecia.com - Tel. +351-251794054

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panels, which allowed a wider coverage of differentareas and a great interest among experts andprofessionals. The “IV SIACOT- IV Iberian-AmericanSeminar of Earth Construction” and the “III NationalSeminar of Earth Architecture in Portugal”, wereorganised jointly by ESG, FCO, CdT and Proterra, andheld in October 2005, in Monsaraz, with almost 200participants. In November 2006, in Brazil, the FederalUniversities of Minas Gerais and Ouro Preto, and theCatholic Pontifical University in Poço de Caldas, wereinvited to jointly organize the IV ATP and the I ACTB - ISeminar of Earth Architecture and Construction inBrasil. This event will be of greater importance, due tothe further development it will bring to the subject, aswell as international exchange between universities.ESG has also strongly supported research publication.In 2005 this contribution was developed towards theedition of the 54 authors’ book “Earth Architecture inPortugal”, as well as the co-edition of the CD andbook “Earth in Seminar”, 75 papers Proceedings fromthe IV SIACOT/III ATP. In 2006, the contribution hasbeen extended to the present publication, and theProceedings of the 10º Round Table, held in Oporto, inMarch 2006. As co-organizer of the referred event,together with the Faculty of Humanities – Universityof Porto, it was important for ESG, to engage withother universities, deeper research on the field; in thiscase, the relation between earth architecture,archaeology and anthropology. Concerning, thePortuguese Session of Cultura 2000 project, theinvitation to other university institutions, trainingcentres and specialized enterprises to contribute withtheir expertise, was also important to consolidatenational cooperation and exchange of information onthe subject area.

The ESG creation of CICRA – Research Centre for Ruraland Environmental Construction, dedicated to researchand rendering of services to the community, allows thebeginning of several projects. Cooperation protocolswere signed with Labterra, in Italy, and CRATerre-ENAG, in France. As a follow-up, the candidature forthe joint international project European CULTURE 2000programme was presented and accepted, with thecurrent research project “Houses and Cities Built withEarth: Conservation, Significance and Contribution toUrban Quality”. Again, in October 2005, ESG wasinvited to join another candidature to the CULTURA2000 project, with CRATerre-ENAG (France), Ecoled’Avignon (France), Università di Firenza (Italy) and theUniversity of Valencia (Spain). In April, experts from ESG were also invited toparticipate on the Getty Seismic Adobe Project 2006Colloquium, organised by the Getty Institute ofConservation, in Los Angeles, to share theirexperience concerning Earth ArchitectureDissemination and Training. This internationalmeeting strengthen contacts and exchange ofinformation among experts.At present, ESG has several financed research projects,in an international, Latin-American, European, trans-frontier, and National level. The consolidation of linksand networking with European and Mediterraneaninstitutions has increased the possibility of bettercooperation and creation of more systematic projects.Synergies and strategies for national and internationalcooperation are essential to study for deeperknowledge and consequently, better quality of research.The rising interest in Portugal in this area of study,confirms the first results of the previous investment invaluing earth architecture as a scientific area of study.

(1) Proterra, XIV.6 a research project dedicated to the diffusion ofearth architecture technology from CYTED (Iberia-AmericanProgramme of Science and Technology for Development).

Note:This article was written with the support of the Foundation forScience and Technology, within the ambit of a Doctorate inConservation of Earth Architecture.

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Por conservação arquitectónica entende-se “todo oconjunto de acções destinadas a prolongar o tempode vida duma dada edificação”1.Pode parecer contraditório com a afirmação anterior,mas ao construir-se em terra tem-se como um dosobjectivos devolver à natureza a matéria-primautilizada na construção, quando ocorrer a “morte” doobjecto arquitectónico. Esta devolução faz domaterial terra, um material efémero e reciclável, poresse motivo e teoricamente, poderemos questionarsobre o que se poderá fazer para evitar que opatrimónio construído em terra não regresse ànatureza nem volte a ser terra de novo?Dos sítios e monumentos classificados PatrimónioMundial, 10% são total ou parcialmenteconstruídos em terra e 16% dos 100 que seencontram na lista do património em risco sãoigualmente terra2. Esta realidade espelha bem adegradação a que estão sujeitos os sítios e imóveisconstruídos neste material e a complexidade dosproblemas de conservação que a arquitectura emterra implica. Desde a década de setenta do séculoXX, esforços internacionais têm sido levados acabo a favor da preservação da arquitectura emterra no mundo. De entre eles salientam-se osencontros e os cursos internacionais3, que propor-cionaram o desenvolvimento da investigação nodomínio da tecnologia da construção e conservaçãoem terra, a criação de projectos internacionais e adevida formação dos técnicos imprescindíveisneste campo4.

Durante décadas a conservação do património emterra fundiu-se com a do património em geral. Aespecificidade do material terra e os valoresassociados ao património construído em terra eramdesconhecidos da comunidade científica em geral epor isso pouco estudados.As carências ao nível mundial de habitação levaramao investimento e investigação dos materiais emterra, como alternativa aos industriais, caros einexistentes em muitos países. Por outro lado odesenvolvimento da conservação patrimonial, en-quanto disciplina científica, conduziu à investigaçãoespecífica das construções históricas em terra.Não se pode conservar nem defender o que não seconhece.A investigação e a prática nas linhas anteriormentereferidas – nova construção e conservação;permitiram o conhecimento adequado do patrimónioem terra e o desenvolvimento de recomendações queemergiram nos encontros internacionais dedicados aotema. A evolução que se registou desde a primeiraconferência em Yazd, 1972 até à última na mesmacidade em 2003, são o espelho do que se “aprendeu”relativo a este património desconhecido e consequen-temente ao modo como deve ser preservado nomundo. No Irão em 1972 e 1976, os sítios arqueológicos emterra eram a prioridade e a preocupação da comu-nidade internacional; anos de escavações arqueo-lógicas e estruturas expostas às intempéries emsítios dos mais antigos do mundo demonstraram ser

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RECOMENDAÇÕES PARA A CONSERVAÇÃO DO PATRIMÓNIO EM TERRA

Maria Fernandes (Portugal)ArquitectaUniversidade de CoimbraE-mail: [email protected]

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uma prática destrutiva a evitar. O conhecimento porvia da escavação arqueológica revelou ainda estar emrotura com a preservação das evidências materiais.Por esse motivo recomendações no sentido desoterrar estruturas após o devido registo foramredigidas.Nos Estados Unidos em 1977 e na Turquia em 1980,novos desenvolvimentos no que respeita àcompatibilidade de materiais a utilizar em acções deconservação assim como a necessidade desistematizar glossário, inventários, projectos-piloto,normas para ensaios e informação ao nível inter-nacional dedicado ao tema foram expressos nasconclusões e nas recomendações redigidas.Na década de oitenta, no Peru e em Itália, a formaçãoespecífica na área da conservação em terra foidebatida e cursos nesse sentido vieram a realizar-seem França a partir de 1989. O relatório sobre o estadode conservação do património em terra no mundoveio a ser elaborado e o comité específico doICOMOS5 para o estudo e conservação da arqui-tectura em terra foi finalmente constituído.Internacionalmente as instituições começavam aorganizar-se, sub temas como os sismos, osincêndios, as superfícies arquitectónicas decoradas ea protecção de estruturas conheceram umdesenvolvimento ao nível da investigação apoiadasem programas de intercâmbio e projectos-piloto quevieram a concretizar-se Na década de noventa, em Adobe 90 e Terra 936 aevolução no campo da investigação e da prática foi

enorme. Na primeira conferência não foram redigidasrecomendações mas tão só que se cumprissem asanteriormente acordadas. Em Terra 93, recomen-dações específicas no domínio dos sismos, dasmetodologias e práticas de conservação, assim comoda pesquisa e do desenvolvimento tecnológico foramelaboradas. A conservação e a construçãocontemporânea começavam a dar os primeirospassos e a trabalhar em conjunto. Os sítios históricosproporcionavam um conhecimento valioso para aconstrução em terra enquanto, a arquitecturacontemporânea ensaiava na prática e expunha osresultados dessa pesquisa comum.Na passagem do século, em Terra 2000 e Terra 2003,respectivamente no Reino Unido e no Irão, novosdesenvolvimentos tiveram lugar.O mundo separava-se entre os países que apostavamna normalização e industrialização dos novosmateriais em terra para a nova arquitectura e osoutros que em continuidade e tradição, permaneciama construir em terra como há milhares de anos atrás.Estes dois mundos encaram a arquitectura em terrasobre perspectivas diferentes. Como se previa osvalores e as preocupações de cada um deles sãodistintos, e ao nível internacional começaram averificar-se divisões inevitáveis. O Oriente emerge noIrão com a criação de centros de terra que existiamaté então e exclusivamente na Europa e na América.Inúmeras recomendações no sentido da arquitecturae construção contemporânea foram redigidas emTorquay no Reino Unido, porém o sismo de Bam, em

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Dezembro de 2003, pouco depois da conferência Terra2003, não permitiu que as resoluções tomadasfossem redigidas e apoiadas como seria normal se anatureza não fizesse repensar de novo as práticas deconservação.O património em terra levanta inúmeros problemasteóricos e físicos quando confrontado em operaçõesde conservação. Muitos dos edifícios históricosconstruídos em terra foram elevados durante muitotempo e reconstruídos em diversas ocasiões com omesmo material. É praticamente impossível separar oprimeiro do segundo material porque a continuidadetécnica construtiva foi sempre a mesma. A unidade

Nota:Este artigo foi elaborado com o apoio do Instituto de InvestigaçãoInterdisciplinar da Universidade de Coimbra (III/UC).

Nota Curricular:Mestre em Recuperação do Património Arquitectónico ePaisagístico pela Universidade de Évora; Doutoranda emArquitectura na Faculdade de Ciências e Tecnologias naUniversidade de Coimbra, Portugal.

do objecto é justamente dada por esta continuidade enessa medida os valores do material e da técnicaconstrutiva, revestem-se no património em terra deimportância vital. Ao contrário das arquitecturas em pedra, tijolo oumadeira este valor acrescido da técnica construtivaem terra e da importância em preservar esse saber,faz do património em terra um desafio fascinante nocampo da conservação arquitectónica.Se entendermos a conservação como uma questão devalores, muito se tem ainda que “aprender” no vastocampo dos materiais e das técnicas construtivas emterra.

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(1) HENRIQUES, Fernando – A conservação do patrimónioedificado. Lisboa: Ed. LNEC, 1991, pp. 2. ISSN 0369-1179.

(2) ICOMOS – Heritage at Risk, world report 2001/2002.Munchen: Ed. ICOMOS, Pub. K.G.Saur,. 2001. ISBN 3-598-24241-7.

(3) Num total de nove conferências que tiveram lugar em:Yazd/Irão 1972, Yazd/ Irão 1976, Santa Fé/EUA 1977,Ankara/Turquia 1980, Lima/ Peru 1983, Roma/ Itália 1987,Las Cruces/EUA 1990, Silves/ Portugal 1993, Torquay/ ReinoUnido 2000 e Yazd/ Irão 2003.Os cursos internacionais conhecidos pela designação PAT,Preservation d’ architecture en terre e Panamericano sobre laconservación y el manejo del Património Arquitectónico

Histórico-Arqueológico de Tierra, num total de seis, foramleccionados quatro versões em Grenoble-França no CRATerre(1989, 1990, 1992 e 1994) e duas versões regionais emTrujillo-Peru no sítio arqueológico de Chan-Chan (1996 e1999).

(4) ALVA, Alejandro – The conservation of earthen architecture[em linha], Newsletter 16, number 1, Spring 2001, [disponívelem http//www.getty.edu/newsletter/16_1/feature.html]

(5) Conselho Internacional dos Monumentos e Sítios, criado em1964 no seio da UNESCO – Organização da Nações Unidaspara a Educação, Ciência e Cultura.

(6) Respectivamente em Las Cruces - Estados Unidos e Silves -Portugal, designação das conferências.

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1. IntroduçãoEm Portugal, a construção em terra, como elementoestrutural, é predominante no sul e centro litoral. Onorte e centro interior são dominados pela alvenariade pedra. A técnica construtiva mais utilizada no sul éa taipa. Relativamente ao adobe a maioria dasconstruções encontram-se confinadas sobretudo aocentro litoral.A construção em alvenaria resistente de adobeencontra na região de Aveiro a sua maiorimplantação. Impulsionada em finais do séc. XIX,teve o seu auge na primeira metade do séc. XX,vindo a ser gradualmente abandonada nos anossessenta até ao seu desaparecimento como técnicaconstrutiva. Actualmente são, ainda, vários osexemplos de património histórico, sobretudoligados à Arte Nova, movimento artístico earquitectónico dominante à época, edificados emalvenaria de adobe na região.O emprego deste material, na região, era feitosobretudo na construção de casas e muros, emboralhe sejam conhecidas outras utilizações como sejam aconstrução de muros de suporte de terras ou atémesmo de poços de água. De tal forma se faz aindasentir a presença da construção em adobe na regiãoque, segundo dados do município de Aveiro, cerca de20-25% da construção existente na cidade,actualmente, é de adobe enquanto que referindo-se àregião a percentagem sobe para os 35-40%.É por demais evidente o nível de degradação eabandono patente nas construções em adobe da

região de Aveiro, contudo podem-se ressalvar casosem que as construções se encontram plenamentecapazes de cumprir as funções para as quais forampensadas e construídas, bastando para tal pequenasobras de manutenção e conservação. Regra geral, ademolição tem sido a solução adoptada para estasconstruções, porém, nos últimos anos, tem-serecorrido pontualmente à reabilitação e reforço dasconstruções em adobe por parte de algunsproprietários sensibilizados com a sua salvaguarda epreservação.A opção de reabilitar apresenta dificuldadesacrescidas devido à falta de informação sobre aspropriedades e caracterização mecânica do adobe,sendo necessário estudos técnicos para determinarpropriedades como: o módulo de elasticidade, a suaresistência à compressão, tracção e corte ou a suacomposição, entre outros.A sistematização das patologias mais frequentes emconstruções de adobe e suas possíveis causas, epotenciais soluções de tratamento e correcção, acaracterização mecânica dos blocos de adobe e dasargamassas na construção da região de Aveiro sãoinstrumentos fundamentais no apoio à realização deprojectos de reabilitação e reforço deste tipo dealvenaria resistente.

2. Patologias frequentes em construções de adobeA sistematização das patologias mais frequentes esuas possíveis causas em construções de adobeauxiliará a execução de projectos de reabilitação,

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CARACTERIZAÇÃO MECÂNICA E PATOLÓGICA DAS CONSTRUÇÕES EM ADOBE NO DISTRITO DE AVEIRO COMO SUPORTE EM INTERVENÇÕES DE REABILITAÇÃO

Humberto Varum, Aníbal Costa, Ana Velosa, Tiago Martins, Henrique Pereira, João Almeida (Portugal)Departamento de Engenharia CivilUniversidade de Aveiro, 3810-193 Aveiro, PORTUGALTel.: +351 234 370938 - Fax: +351 234 370094 - E-mail: [email protected]

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para posteriormente se poder encontrar as soluçõesde tratamento e correcção mais adequadas.Nas construções de adobe as principais patologiasprendem-se sobretudo com a presença de água e comum deficiente comportamento das fundações tendoestas uma acção directa ou indirecta em quase todasas outras causas.Nos trabalhos de reabilitação interessa adoptarprocedimentos que assegurem resultados satisfatóriosa longo prazo. Daí decorre a necessidade se ter queprestar atenção às soluções a adoptar e possíveis impli-cações futuras. De uma forma geral, para solucionar-mos as patologias, devemos se possível eliminar ascausas que as provocaram e proceder à substituição ereparação dos elementos/materiais afectados.Deve-se se necessário proteger e reforçar oselementos estruturais e não estruturais assim comoos terrenos das fundações. Por vezes em patologiasnão estruturais de difícil resolução ou economica-mente inviáveis no seu solucionamento, podemospura e simplesmente oculta-las.De salientar a importância do revestimento naprotecção do adobe em paredes exteriores, geral-mente quando este deixa de exercer a sua função oadobe sofre, de uma forma rápida e acentuada osefeitos da erosão, devemos portanto utilizarrevestimentos que apresentem uma boa durabilidadee compatibilidade com este tipo de alvenariaPatologias mais frequentes:- Fissuração da alvenaria de adobe e dos seus

revestimentos;

- Esmagamento localizado;- Fissuras nos vãos das aberturas;- Deformação excessiva;- Empolamento e destacamento dos revestimentos;- Fissuração na junção de paredes- Presença de manchas e humidades;- Ocorrência de eflorescências;- Degradação do próprio adobe;- Degradação dos revestimentos.Causas mais frequentes para as patologias:- Presença de água;- Ocorrência de assentamentos;- Movimentos das fundações;- Travamentos deficientes das paredes;- Existência de cargas concentradas;- Deformação excessiva dos elementos estruturais;- Esforços elevados transmitidos por elementos externos;- Solicitações induzidas por sismos;- Comportamento distintos de materiais diferentes;- Utilização de revestimentos muito espessos e

desadequados;- Envelhecimento e degradação dos materiais;- Ventilação insuficiente (no interior dos edifícios);- Deficiente funcionamento das coberturas;- Erros/deficiências construtivas;

3. Ensaios de caracterização mecânica egranulométricaFoi desenvolvida uma campanha de ensaios para seobter mais informação sobre o comportamento epropriedades mecânicas do adobe nesta região,

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Adobe em parede de poço Casa rural em adobe

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realizaram-se ensaios de caracterização destematerial, nomeadamente a realização delevantamentos dimensionais, estudo da composiçãodos diferentes adobes da região e do seucomportamento mecânico.3.1. Selecção de amostrasA grande variabilidade de adobes existentes naregião tornam-no num material com uma enormeheterogeneidade das suas propriedades mecânicas.Como tal, foram seleccionadas as amostras de murose casas, mais concretamente provenientes de trêscasas e cinco muros foram recolhidas em distintoslocais de forma a caracterizar o mais largamentepossível a variedade de adobes existentes na região.Para facilitar a identificação e análise os provetesforam numerados e seriados, segundo a suaproveniência, diferenciando, amostras de casas emuros com a notação: C_i e M_i, onde i representa onúmero da obra, sendo que a esta é adicionado umíndice j, representando o número da amostra.Com excepção dos blocos provenientes do muroM_03, foi possível extrair, para todas as outrasamostras, carotes cilíndricos com diâmetroaproximado de 90mm. Estes foram posteriormentecortados com uma altura igual a duas vezes odiâmetro, procedendo-se à regularização das faces detopo dos provetes de forma a estarem perfeitamenteperpendiculares ao seu eixo.3.2. Caracterização granulométricaUma vez que os blocos de adobe eram feitosfundamentalmente com solos arenosos de natureza

bastante argilosa, uma caracterização básica da suacomposição foi efectuada pela análisegranulométrica por peneiração seca dos constituintesdas amostras.Do traçado das curvas granulométricas, de amostrasde quatro das construções em estudo, ressaltam doisfactos relevantes:Somente os agregados que compõem os adobesprovenientes da casa C_01 foram classificados comoareia média. Quanto aos restantes adobescaracterizados, designadamente, os muros M_01,M_02 e M_03, foram classificadas como areiasgrossas.Relativamente ao muro M_03, a elevada fracção deagregados de dimensões superiores a 2.5mm,inviabilizou que a extracção de carotes regularesdestes adobes pudesse ser feita.3.3. Ensaios mecânicosUm total de 40 provetes cilíndricos foi submetido aensaios destrutivos de resistência mecânica, dosquais, 18 eram provenientes de amostras de casas e22 de muros. As amostras divididas em dois grupos de ensaiosdistintos foram, com recurso a uma prensa mecânica,ensaiadas à compressão simples, e à compressãodiametral. Adiante, são apresentadas as curvas decomportamento obtidas nos ensaios que possibilitama análise da deformação dos provetes em função datensão aplicada.Os resultados obtidos nos ensaios de compressãosimples mostram valores significativos da resistência

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Muro com contrafortes Assentamento de fundações

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à compressão das amostras ensaiadas (0.5-2.0MPa),sendo que para a resistência à tracção, igualmenteexpressivos, os resultados obtidos correspondem avalores de aproximadamente 20% da resistência àcompressão respectiva.Do ponto de vista da distribuição granulométrica dosagregados constituintes das amostras ensaiadas, aanálise granulométrica revela uma clara tendênciapara que a amostras com maiores fracções departículas de menores dimensões correspondamvalores de resistência à compressão e tracçãosuperiores.

4. Trabalhos em desenvolvimentoNa Universidade de Aveiro está a ser desenvolvidoum projecto para a caracterização da construção emadobe na região. Serão estudadas várias obrasrepresentativas da construção local. No âmbito doprojecto é realizado o levantamento detalhado daconstrução e patologias, são realizados ensaios decaracterização dos materiais e desenvolvidosmodelos numéricos que representam o comporta-mento estrutural.No contexto de alvenarias de adobe, as argamassasde junta necessitam de preencher requisitos básicosde semelhança mecânica, física e química com osblocos de adobe. É fundamental que argamassas eblocos detenham Módulos de Elasticidade eresistências mecânicas similares, assim comovariações dimensionais devido à variação térmicadentro da mesma ordem de valores e analogamente,

semelhantes características de absorção de água.Apenas com esta garantia é possível prever oadequado funcionamento da parede, eliminandoheterogeneidades potencialmente criadoras de focosde degradação.O estudo tanto de amostras de adobe como deamostras de argamassas de junta e reboco é oprimeiro passo para o conhecimento deste sistema epara a formulação de argamassas de reabilitação.Como ferramentas a utilizar neste estudo, a difracçãode raios X (DRX), fluorescência de raios X (FRX),análises térmicas, dissolução ácida e determinaçãoda granulometria permitem determinar de formabastante precisa a composição destes materiais. Apartir desta base, é possível formular argamassas desubstituição/reparação com as característicasdesejadas.Foram iniciados trabalhos de caracterização mecânicain-situ do comportamento de paredes de alvenaria deadobe. Estes ensaios visam estimar a rigidez e acapacidade resistente das paredes, bem comocaracterizar o seu comportamento face a solicitaçõescíclicas, com as induzidas por acções sísmicas.Serão realizadas medições de frequências próprias emodos de vibração, que permitam fazer acaracterização dinâmica das estruturas e a calibraçãode modelos numéricos das estruturas. Serão aindarealizados ensaios não-destrutivos com ultra-sons emparedes de alvenaria.O estudo de estruturas de alvenaria, em especial deestruturas históricas, apresenta inúmeras dificul-

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Fissuração em muros de adobe Degradação provocada pelas acções climatéricas

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dades, nomeadamente, a complexidade e deficientecaracterização do actual comportamento dosmateriais e das suas propriedades, ao desconhe-cimento do processo construtivo adoptado elocalização de danos. Por outro lado, a complexidadegeométrica e estrutural, bem como a dimensãoapreciável deste tipo de edifícios, tende a limitar otipo de análise a realizar. O conhecimento docomportamento estrutural destas construções poderáproporcionar, por um lado, a prevenção do colapso deestruturas quando solicitadas e, por outro, conduziruma adequada intervenção com vista ao aumento dasua capacidade resistente [6].

5. Considerações finaisPretende-se com este conjunto de procedimentos,ensaios e análises numéricas descrever as

características e o comportamento do parqueedificado em adobe na região de Aveiro,nomeadamente no que respeita à resistênciamecânica, soluções construtivas, patologias esoluções de reforço. Esta motivação surge dointeresse geral na reabilitação destas construçõespor parte de entidades públicas e particulares e deem muitos casos não se proceder à sua reabilitaçãopor falta de informação e conhecimento do seucomportamento.Os resultados obtidos pelos ensaios são usados namodelação com ferramentas numéricas baseadas nométodo dos elementos finitos, quer na caracterizaçãoquer na calibração dos modelos, com vista a umamelhor descrição do comportamento da construção, auma rigorosa avaliação da segurança estrutural edimensionamento de eventuais soluções de reforço.

Referências bibliográficas[1] Veiga Oliveira; E Galhano, F. - "Arquitectura TradicionalPortuguesa", Portugal de Perto, Publicações D. Quixote, Lisboa, 1992.[2] Moropoulou, A. et Al, - San Francisco Monastery -Characterization of Building Materials, Damage assessment andconservation considerations, Journal of Cultural Heritage, 4, ,Quito, Equador , 2003, pp. 101-108.[3] Hernandez, R. S.; Barrios, M.S.; Pozas, J.M.M., -Characterization of ancient construction materials (mud wallsand adobe) in the Churches of Cisneros, Villada and Boada deCampos (Palencia), Materiales de Construcción, Vol. 50, n.º 257,enero/febrero/marzo 2000, pp. 33-45.[4] Dethier, J., - "Arquitecturas de Terra ou o Futuro de umaTradição Milenar", Fundação Calouste Gulbenkian, Dinalivro,Lisboa. 2002;

[5] Varum, H.; Martins, T.; Velosa, A. - Caracterização do adobeem construções existentes na região de Aveiro - IV SIACOTSeminário Ibero-Americano de Construção com terra e IIISeminário Arquitectura de Terra em Portugal - Convento da Orada,Monsaraz, 8 a 10 de Outubro de 2005.[6] Varum, H. Velosa, A.; Rodrigues, H. - Relatório Técnico -Avaliação do comportamento estrutural da Torre Medieval deVilharigues, Vouzela, Câmara Municipal de Vouzela -Universidade de Aveiro, Agosto de 2004.[6] Pinho, Fernando F. S. - Modelação do reforço estrutural de ummonumento. Encontro Nacional sobre Conservação e Reabilitaçãode Estruturas, LNEC, Lisboa, 2000.[7] Costa A; Arêde A. - A Conservação e a Reabilitação doPatrimónio Edificado. 1as Jornadas de Engenharia Civil daUniversidade de Aveiro, Avaliação e Reabilitação dasConstruções Existentes.

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Degradação provocada pelas acções climatéricas Ensaio mecânico de parede

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IntroductionEarth has always been used as construction material.Even where it is no longer used for new construction,the existent historic earthen architecture is a heritagethat must be preserved to future generations. There isa widespread recognition of the potential of earthconstruction in terms of ecological, economic,technical and human aspects. However, muchresearch is still needed for the conservation of thattype of buildings.

Pathologies in earth constructionFrom the analysis of the most frequent pathologies inearth constructions, several deterioration agents canbe identified. The most important are concerned tohorizontal forces originated by seismic actions but themost frequent are related to effects caused by water.It is important to characterise the role played by eachof the agents, in order to design adequatemaintenance strategies.

Pathologies due to waterIn addition to water direct effects, hygroscopicsoluble salts are a significant source of damage. Themost common types of these salts in earth buildingsare chlorides (especially in coastal areas), sulphates(near to polluted environments) and nitrates (wherehuman or animal contamination is present). Thesesalts currently exist in building materials, migratingwith the water and crystallising when it evaporates.Salts cyclic crystallisation/dissolution processes

leads to successive alterations of volume, withexpansions/retractions which in turn may induce de-bonding between material layers, when open porositydoes not allow enough space for those expansions. In earth constructions, salt crystallisation occurscommonly near the interface between the supportand the rendering, resulting on detachments anddegradation of the outer layers of the support. Theeffects may be enhanced by water absorption, whichcauses a decrease of mechanical strengths and onthe thermal insulation properties.Considering the problems associated with theabsorption of water on earth constructions, theexistence of protective barriers assumes greatimportance. Hence, particular care should be given torenderings.

Earth construction conservationIn general, most ancient constructions present poorcondition wall finishings, resulting from either beingattained the limit of the service life of the renderingmaterials or from repairs which have speeded thedeterioration of those renders and/or of the wallmaterials. The main characteristics of renderings are defined interms of the properties that determine their capacityto fulfil the functional requirements that should bemet. Some of these characteristics are adhesion tothe support, wall waterproofing, permeability tomoisture and aesthetics. Since the total satisfactionof all these requirements is not possible (for it would

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EARTH CONSTRUCTION CONSERVATION:PATHOLOGIES DUE TO WATER

Paulina Faria Rodrigues (Portugal)PhD, Assistant ProfessorUniversidade Nova de LisboaE-mail: [email protected]

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mean having mortars with contradictory properties), a compromise must be sought in order to achieve the best solution. They must present in generalphysical, chemical and mechanical properties similarand compatible to the ones of the walls on which theyare laid. This fact brings out the need of characterisation ofthe earth walls, with “in situ” non-destructive testsfor solidity measurements and with laboratory testsof characterisation of the soils, measurements ofcompressive, tensile and shears strength, as well asof the modulus of elasticity.In many circumstances, cement based mortars areoften used as wall renderings. The drawbacks of thisprocedure are obvious for newly built walls but areeven more severe when applied to old earthconstructions. After a short time, the new rendering is

lost and the support, instead of being protected, is infact badly damaged. In fact, the incompatibilitybetween the applied cement mortars and the earthwall often cause mechanical stresses, establishes awater vapour barrier and originates a concentration ofsalts, which originates internal erosion, detachmentof superficial material and partial losses of the renderand of the external part of the wall. Consideration should also be given to the wallfinishing. Most of the paints currently adopted exhibitlow permeability to moisture in comparison to theplasters that should be used on earth constructions,which may cause blistering and detachment of thesepaints. On the other hand, while on actual paints thesolidification is merely consequence of theevaporation of the solving agent, on traditional limepaintings, solidification occurs on crystallisation of

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Remains of an adobe wall.

Water access to the wall by rain, salts migration, concentration near the render (vapour barrier) and internal erosion by salts action

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the components, assisting with the consolidation ofthe plaster. Therefore, a traditional paint acts as aprotective layer that contributes to the overallperformance of the wall rendering. Furthermore, ontraditional paintings organic or inorganic colouringproducts are frequently used, helping to improvedurability and aesthetics aspects.

Discussion and conclusionsThe protective effect of renders are fundamental forthe earth walls conservation. But the compatibilitybetween the earth walls and the applied materialsare crucial in terms of assuring the good performanceof the system and specially the efficient conservationof the walls. From studies that has been developed, the analysis and

characterisation of some ancient earth “pisé” wallsshown that optimized hydrated lime based mortars,with pozzolanic components, can be applied asrenders. The compatibility is assured, the comportmentof the walls in face of water is beneficiated andspecially soluble salts resistance is incremented. Incountries where natural pozzolans are not available,artificial pozzolans, developed by thermal treatmentsof industrial by-products are an efficient technical andsustainable solution. The finishing layer should beachieved with a lime wash system. Specifications related to the composition,proportions, application and curing of renderingsystems are fundamental, in order to achieve a goodand durable protection of the walls and assure abetter conservation of earth constructions.

CURRICULUMPaulina Faria Rodrigues received her degrees in Civil Engineeringand MsC in Construction from the Universidade Técnica de Lisboaand her PhD in Rehabilitation and Conservation of the Building

heritage from the Universidade Nova de Lisboa, where shecurrently teaches and researches at the Materials andConstruction Technologies Division.

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Earth “pisé” wall with recent lost of protective render.Artificial pozzolans: fly ashes, rice husk ashes, metacaulin andbrick powder

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Portugal possui um legado importante deconstruções em terra que é necessário preservar.Actualmente existem diversas construções em terraque ainda se podem encontrar, principalmente aosul do país. Estas construções são das maisvariadas, desde edifícios rurais, geralmente depequenas dimensões, até edifícios urbanos demaior porte, passando por muros, poços de água,igrejas e armazéns. Esta técnica foi muito utilizada, passando degeração em geração, até meados do século XX,quando o desenvolvimento de novos materiais deconstrução conduziu ao declínio dos materiaistradicionais. Assim, a realização e o conhecimento,bem como a reabilitação e reforço, destasconstruções tem vindo a ser negligenciada.As construções em terra são particularmentevulneráveis às acções dinâmicas, com especialênfase para a acção sísmica, e às acções da água.A elevada vulnerabilidade é essencialmente devidaà ausência de ligações adequadas entre as váriaspartes da estrutura (Figura 1). Em geral, estacaracterística conduz a um colapso por rotação dasparedes de contorno para o exterior. Estavulnerabilidade é ainda ampliada pela falta demanutenção e pela deterioração de elementos deprotecção como drenagem, revestimentos dasparedes e coberturas, etc.Por outro lado, Portugal está particularmente emrisco devido ao elevado número de monumentos eedifícios em zonas com sismicidade elevada, e

devido ao facto do último sismo de grandemagnitude em Portugal continental ter ocorrido hámuito tempo (em 1755). Devido ao processo deenvelhecimento e aos factores ambientais, muitasdas construções são vulneráveis às acçõesdinâmicas, o que poderá conduzir ao colapso parcialou total de forma inesperada. Dada a sua natureza é bastante provável quesismos de grande potencial destrutivo ocorram nofuturo em Portugal. Assim, é da responsabilidade detodos os intervenientes (autoridades, investi-gadores, projectistas e empresas) envidar esforçosno sentido de minorar perdas humanas e danosfísicos nas construções. Os conhecimentosadquiridos na última década, não somente devidosà investigação, mas também os resultantes daanálise dos efeitos causados pelos grandes sismosque ocorreram recentemente, permitem reduzir avulnerabilidade sísmica do edificado existente e,simultaneamente, definir soluções técnicasadequadas para a nova construção. A análise dossismos recentes demonstra que o problema égeneralizado e que as tipologias estruturais, bemcomo a distribuição e tipo de danos, são recorrentes(Figura 2).As estruturas existentes reflectem o estado doconhecimento à data da sua construção, podendopossuir erros de concepção ou execução grosseirose invisíveis, e podendo possuir danos desconhecidodevidos a acções do passado. Desta forma, aavaliação da segurança estrutural e a definição de

ESTRUTURAS EM TERRA: COMPORTAMENTO E PATOLOGIAS

Fernando Peña Mondragón1 / Paulo Lourenço2 (Portugal)(1) Investigador de Pós-doutoramento, E-mail: [email protected] (2) Professor Associado com Agregação, E-mail: [email protected] Universidade do Minho, Departamento de Engenharia Civil,Campus Azurem, 4800-058, Guimarães, Portugal.

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medidas de intervenção podem possuir um grau deincerteza substancialmente mais elevado que nocaso das estruturas novas. Como princípio básico,salienta-se que os regulamentos concebidos paraconstruções novas não podem ser geralmenteaplicados ao património arquitectónico sob risco deperda completa de autenticidade. No caso de reforço sísmico de uma estrutura emterra que apresente resistência insuficiente, devemser considerados os seguintes aspectos: (a) todosos erros grosseiros devem ser eliminados; (b) nosedifícios altamente irregulares (rigidez ouresistência), a regularidade em planta e altura deveser melhorada; (c) deve-se aumentar a ductilidadedas secções ou elementos mais frágeis; (d) oaumento de resistência obtido não deve reduzirconsideravelmente a ductilidade global; (e) oslintéis frágeis devem ser substituídos; (f) asligações inadequadas entre paredes e pavimentos,e entre paredes transversais, devem ser melhoradas;(g) os impulsos horizontais sobre as paredestransversais devem ser eliminados (Figura 3).A intervenção poderá incluir aspectos de alteraçãode resistência, rigidez ou ductilidade de elementosestruturais, colocação de novos elementosestruturais, introdução de dissipadores de energia,redução de massa, demolição parcial ou total, entreoutros.Por outro lado, as características mais importantespara melhorar a resistência sísmica de umaconstrução em terra nova são: (a) escolha adequada

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dos materiais; (b) a presença do nível freático aprofundidade adequada; (c) a boa qualidade daexecução; (d) a definição de uma solução estruturalrobusta. Como recomendações gerais, sugere-seque se construam casas de apenas um piso,eventualmente com sótão, que a cobertura seja omais leve possível, que a fundação seja firme e acobertura seja convenientemente ligada àsparedes. A forma do edifício deve ser regular esimétrica, idealmente de planta rectangular. Asparedes devem desenvolver-se de forma contínuaem ambas as direcções. Os edifícios de maior área poderão ter um pátiointerior para ventilação e iluminação, comdrenagem adequada, em vez de recorrer a plantascom protuberâncias, em T ou L.Como regras gerais podem-se admitir algumasdimensões geométricas mínimas que as cons-truções em terra devem cumprir para melhorar o seucomportamento sísmico (Figura 4). Por exemplo: asparedes deverão possuir uma altura inferior a 7vezes a sua espessura (com um máximo de 3.5 m) eum comprimento livre inferior a 10 vezes aespessura da parede (com um máximo de 5 m). Casose adoptem comprimentos superiores é necessáriopromover contrafortes adicionais pelo exterior. Asaberturas deverão possuir uma largura máxima de1.2 m, com um máximo de um terço do comprimentoda parede, e os elementos formados entreaberturas deverão ter uma largura mínima tambémde 1.2 m. O prolongamento dos lintéis para cada

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lado da abertura deve possuir um comprimentomínimo de 0.3 m. A espessura mínima das paredesdeve ser de 0.4 m, ainda que as paredes de taipadevam ser efectuadas com espessura variável emaltura (com um mínimo de 0.3 m de espessura notopo e um alargamento para base no exterior comum declive de 1:12) (Figura 4).As fundações devem ser consideradas, em geral,com uma largura entre uma vez e duas vezes aespessura da parede, dependendo da altura doconstrução e da qualidade do terreno de fundação,e com uma profundidade mínima de 0.4 m.Recomenda-se que a fundação seja realizada emalvenaria de tijolo ou pedra, utilizando argamassacom ligante hidráulico. Desejavelmente, deveriaainda existir um plinto realizado na mesmaalvenaria com uma altura mínima de 0.30 m acimado nível do terreno, acima do qual se coloca umamembrana hidrófuga e, em seguida, a construçãoem terra.

Figura 4 – Recomendações relativas a dimensões e materiais.

Figura 3 – Recomendações principais para o melhoramento docomportamento estrutural.

Figura 1 – Causas típicas de rotura em casas do adobe.

Figura 2 – Modos de rotura típicos em casas do adobe.

NOTAA figura 2 tem a autoria do CENAPRED (Centro Nacional dePrevención de Desastres, Méxicoh t t p : / / w w w . c e n a p r e d . u n a m . m x ) . As figuras 1, 3 e 4 foram realizadas por Fernando Peña, tendo afigura 2 como base.

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1. EnquadramentoA qualidade térmica é geralmente inconspícua naarquitectura contemporânea.Não foi sempre assim, como se pode comprovar naarquitectura do Islão árido (Fardeheb, 1987) e nateoria e prática de Assan Fathy (Steele, 1988). Umarquitecto entre poucos, no entanto.É de admitir, quanto aos arquitectos que isso se deve àpredominância da formação "beaux-arts", como aliásrefere R. Neutra (Neutra, 1954) que contrapõe aoarquitecto "euclidiano" uma arquitectura "omnisensorial"em que cabe a experiência térmica. Mais recentemente,Lisa Heschong (Heschong, 1979) equacionou a qualidadetérmica no escopo da arquitectura, contestandooportunamente a sua redução à "neutralidade térmica",associada ao cálculo dos sistemas mecânicos. A mesmaementa insípida, em todas as refeições, todos os dias.A valorização da qualidade térmica da terra crua vaipois de par com um reenfoque da arquitectura, sem oqual continuaremos a remetê-la para a ordem práticada construção e da utilização dos edificios,divorciando a vista dos outros sentidos e a arte datécnica, em prejuízo da saúde e do bem estar daspessoas que passam neles a maior parte da sua vida.É sintomático que a arquitectura seja chamada pelostécnicos a passar do lado do problema para o dasolução, na adaptação de um património edificado quenão adquiriu, nos últimos cinquenta anos, a robustezambiental capaz de satisfazer uma população maisexigente e envelhecida, no confronto com paradigmá-ticas alterações climáticas e energéticas.

2. O desafio da regulamentação energéticaÉ neste enquadramento que consideramos ser umdesafio aos arquitectos e uma oportunidade para aarquitectura, a transposição da Directiva Europeia2002/91/CE de 16 de Dezembro. No cumprimento daDirectiva, o Estado português publicou os Decretos-Lei 79/2006 e 80/2006 que aprovam os novosRegulamentos dos Sistemas Energéticos e deClimatização em Edifícios e das Características deComportamento Térmico dos Edifícios (RCCTE), bemcomo lançou a Certificação Energética dos Edificios(Decreto-Lei 78/2006). As alterações regulamentares são substanciais,nomeadamente nos coeficientes de transmissãotérmica de referência. Segundo a nova versãoregulamentar eles serão reduzidos a metade e prevê-se a sua posterior alteração por portaria.Tornar-se-á pois necessário introduzir isolamentotérmico nas paredes exteriores em terra. Investigar edivulgar as melhores práticas para o fazer, eis umdesafio que se coloca à comunidade da terra crua. A ordem de grandeza da espessura do isolamentotérmico parece ser exequível com materiaiscompatíveis com a terra.Isolamento pelo exterior ou pelo interior?O isolamento pelo exterior não tem nas alvenariasresistentes em terra, a importância que reveste naconstrução corrente com estrutura de betão armado,em que as pontes térmicas induzem um factor deconcentração de perdas e originam condensações queprejudicam a salubridade e o aspecto dos edifícios.

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A QUALIDADE TÉRMICA DA TERRA E O DESAFIO DA REGULAMENTAÇÃO ENERGÉTICA

Fausto Simões (Portugal)Arquitecto - Núcleo do Ambiente da Ordem dos ArquitectosRua Ricardo Espírito Santo, 10-5º d.to 1200-791 Lisboa PortugalTel.: 914997249, E-mail: orbis@netcabo .pt

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No entanto e em princípio, o isolamento pelo exterioré preferível ao isolamento pelo interior, na medida emque favorece a eficácia das massas térmicasdisponíveis, no regime dinâmico da promoção deganhos no Inverno e da sua restrição no Verão.Mas elas podem ser excessivas no Inverno ou emusos intermitentes, o que pode justificar o isolamentopelo interior. Era o que se fazia tradicionalmente,cobrindo pavimentos e paredes com tapetes e panos,ao sabor das estações.

3. O trunfo da inércia térmicaParece-nos justificado o reforço do isolamentotérmico, especialmente no caso dos pequenosedifícios que constituem, aliás, a maior parte donosso património edificado. Dado o seu elevadofactor forma por serem pequenos, são maiscomandados pela envolvente climática do que osgrandes edifícios de serviços. A experiência com Casas Solares Passivas fazcompreender as dificuldades técnicas daarquitectura tradicional na protecção contra o frio. Oconforto no Inverno, mesmo nas regiões mais amenas(Zona I1, Fig.1), implica necessidades de aquecimentoque podem ser minoradas por uma significativacontribuição dos ganhos solares e internos... desdeque os coeficientes de transmissão térmica sejamreduzidos e se controle as infiltrações. Sabe-se que a nova versão do regulamento apontajustamente para a valorização dos sistemas solarespassivos, incluindo sistemas de ganho indirecto.

O factor de utilização destes sistemas é função dainércia térmica do edifício, porque a abertura solarcarece de massas térmicas complementares. Estaspodem ser materializadas em terra crua dada a suagrande massa volúmica (Fig. 2). Oportunidade para a terra crua no Inverno.Quanto ao Verão, a experiência com Casas SolaresPassivas ajuda a explicar a frescura que ainda hojenos pode surpreender quando entramos nasconstruções maciças, alvas de cal da “civilização dobarro”. Em edifícios pesados, o conforto térmicopode ser alcançado sem recurso ao ar condicionado. A grande espessura de paredes pesadas confere ás

construções de terra crua uma forte inércia térmicaque é uma estratégia central no Verão mediterrâneo,em que a temperatura do ar oscila diariamente emtorno de uma média que se situa dentro da zona deconforto. A importância do leque das estratégias dearrefecimento centrado na inércia é reforçada nahipótese não gradualista das alterações climáticas.Oportunidade para a terra crua no Verão.

4. Pôr a terra no mapaA terra crua na sua aplicação tradicional, não é pornatureza um material industrializado, pelo que assuas características termo-físicas são variáveis. Ora aregulamentação requer valores e eles não estãotabelados. Nomeadamente, a terra crua não constadas listas de materiais e de elementos da envolventeconsiderados na ITE28, publicada pelo LNEC paraapoiar a aplicação do RCCTE.

Figuras 1 e 2 – Zonas de Inverno e de Verão segundo o RCCTE (Decreto-Lei 80/2006)

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Como justificar então o cumprimento doregulamento? A comunidade da terra precisa de “pôra terra no mapa”, promovendo a instituição denormas técnicas que sancionem as aplicações,artezanal e a industrializada, da terra crua.

5. ConclusõesAs alterações regulamentares que foram decretadas,colocam desafios à terra crua que tem debilidadesmas também tem potencialidades a explorar, cabendoà comunidade da terra crua:1. Investigar e divulgar as melhores práticas para aintrodução do isolamento térmico nas construções deterra e salvaguardar a ausência de pontes térmicasinerente ás alvenarias resistentes;

BibliografiaFARDEHEB, Fewzi (1987). Examination and Classification ofPassive Solar Cooling Strategies in Middle Eastern VernacularArchitecture. Passive Solar Journal, 4(4) 377-417STEELE, James (1988). Hassan Fatty. Academy Editions/St.Martin´s Press, NY

NEUTRA, Richard (1954). Survival Trough Design. OxfordUniversity Press, NYHESCHONG, Lisa (1979). Thermal Delight in Architecture. MITPress, Cambridge, Massachusetts

2. Explorar as potencialidades da inércia térmica daterra, seja em paredes, seja em coberturas de terra enoutros usos directos, associada ao solar passivo noInverno e ás outras estratégias bioclimáticas noVerão, considerando os ciclos diários e estacionais esalvaguardando os usos intermitentes;3. Promover a instituição de Normas Técnicas e,porventura, promover as alterações regulamentaresque sancionem e facilitem o uso da terra crua,explorando todas as suas potencialidades.

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Figura 3 – Propriedades termofísicas de alguns materiais de construção

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RESUMOEm Portugal, a experiência em acções práticas desalvaguarda do património de terra é ainda escassa.Até à data, as intervenções de conservação têm-secentrado unicamente na consolidação e no restauro detroços de taipa pertencentes a sistemas fortificados.As intervenções de conservação em estruturas de terracrua compreendem um conjunto de estudos prévios,apoiados numa metodologia geral comum a todas asedificações históricas. Existem, no entanto, procedi-mentos específicos, decorrentes das característicasparticulares do material terra.A presente comunicação procurará focar os principaisproblemas e metodologias de diagnóstico, no âmbitodas acções de conservação de estruturas parietais eportantes de terra sob a forma monolítica (taipa) e soba forma de alvenaria de adobes.As patologias que mais frequentemente afectam estestipos de estruturas derivam essencialmente doabandono e da ausência de acções de manutençãoassociados à acção da água e dos agentes atmosféricose biológicos. A interacção dos agentes de degradaçãocom os diversos aspectos específicos de cada edificação- as formas arquitectónicas, os processos construtivos, aimplantação e a envolvente das estruturas – condicionaa ocorrência e o tipo de patologias.Com recurso aos casos de Juromenha e de Paderne, serãoreferidas diferentes fases de estudo, inspecção e ensaios.Espera-se poder contribuir para a discussão e adivulgação de algumas questões relacionadas com asmetodologias de intervenção utilizadas na conservaçãodo património de terra crua.

1. IntroduçãoEm Portugal, as acções práticas de salvaguarda dopatrimónio construído com terra são ainda pontuais.Aguardam-se no entanto desenvolvimentos num futuropróximo, a julgar pelo crescente interesse no tema,espelhado nos inúmeros trabalhos científicosefectuadas nos últimos anos, desde a realização da 7ªConferência Internacional – Terra 93.1

Até à data, as intervenções de conservação no nossopaís têm-se centrado unicamente na consolidação e norestauro de troços de taipa pertencentes a sistemasfortificados integrados em imóveis classificados –desde o início da década de 40 até finais da de 80, comrecurso à execução de paramentos de pedra ou murosde betão, para consolidação de embasamentos eparedes e, mais recentemente (após a conferência Terra93), envolvendo a reconstrução de muralhas ou departes de paramentos de muralhas com taipa.

2. As misturas de terraA terra utilizada na construção era geralmente extraídanas proximidades da obra. Escolhia-se a terra emfunção da sua plasticidade, isto é, da quantidade deargila pretendida.Enquanto que, para a taipa, a mistura deveria ser muitoarenosa, conter seixo (pedras, cascalho) e uma baixapercentagem de argila – geralmente cerca de 10 a 20%,segundo o CRATerre -, para o adobe a texturapretendida seria mais fina, sem seixo. As terrasdestinadas à produção de adobes eram mais ricas emargila, chegando a fracção correspondente a atingir, emmuitos casos, cerca de 30% da mistura.

A CONSERVAÇÃO DE PAREDES DE TERRA CRUA – DA ANÁLISE À INTERVENÇÃO PRÁTICA

Patrícia Bruno (Portugal)Arquitecta. Associação Centro da TerraE-mail: [email protected] www.centrodaterra.org

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Muitas vezes, a textura do solo seria corrigida.Para compensar a retracção das argilas, quando a terraera demasiado argilosa, era usual adicionar-lhe inertesminerais (areia e seixo) ou materiais orgânicos, comopor exemplo a palha ou as crinas. Estes elementoscontribuíam para contrariar a perda de volume aquandoda retracção das argilas e, consequentemente, paracontrolar o fenómeno de fissuração, conferindo maiorresistência às misturas de terra.As composições das misturas de terra variavam aindaconsoante os tipos de solos disponíveis em cada região.Desta forma, antes de intervir, é pois fundamentalproceder à identificação dos tipos de solos existentesna envolvente da edificação e detectar os eventuaislocais de extracção. A composição aproximada damistura existente pode ser obtida através docruzamento dos resultados das análises químicas,mineralógicas, microestruturais e granulométricas.

3. As formas arquitectónicas, os sistemasconstrutivos e a envolvente

A relação entre as formas arquitectónicas, os sistemasconstrutivos e a envolvente da edificação, constitui,geralmente, o trinómio cuja resolução permite apurarmuitas das causas das patologias observadas.Dependendo do objecto de estudo, importa caracterizar,entre outros, os seguintes elementos construtivos:- As fundações ou embasamentos da construção,

passando pela verificação da existência desseselementos e da profundidade dos mesmos, dasalturas atingidas acima das cotas do terreno, dos

materiais que os constituem;- A morfologia e a composição do terreno da

envolvente, destacando-se o processo de drenagemdas águas pluviais;

- No caso da taipa, os materiais de selagem dasjuntas e de fecho dos orifícios;

- Nas alvenarias de adobes, os tipos de argamassasutilizadas no assentamento;

- Os modos como foram executados os cunhais e asintersecções entre paredes;

- As estruturas horizontais dos pisos ou dos ele-mentos estruturais das coberturas, especialmenteno que se refere à entrega das vigas nas paredes,isto é, se as cargas transmitidas para as paredessão concentradas ou distribuídas;

- Os materiais que compõem os revestimentos e oestado de conservação dos mesmos;

- As protecções superiores, as quais podem serconstituídas por coberturas ou capeamentos, e oestado de conservação das mesmas.

4. As principais patologias e suas causasA água será talvez o inimigo nº 1 das construções deterra. A acção da chuva, principalmente quandoconjugada com a do vento, é responsável porpatologias gravosas que afectam especialmente ostopos e as bases das paredes, quando estas zonasnão se encontram convenientemente protegidas.A ascensão de água por capilaridade é também umfenómeno comum em paredes de terra crua. A suaocorrência está na origem de inúmeras patologias,

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particularmente gravosas quando o fenómeno éacompanhado pelo transporte de sais. Nos casos de Paderne e de Juromenha, o solo encontra-se em contacto com as muralhas, mas o fenómeno podeocorrer sem que tal se verifique – basta que o terrenode fundação não drene convenientemente a água e aparede não possua fundação ou esta última sejacomposta por materiais porosos, permitindo a ascensãode água por capilaridade através da própria fundação.A ascensão capilar com transporte de sais, associada àacção erosiva dos agentes atmosféricos, contribui parao aumento das cavidades nas bases dos paramentos eestá na origem de lacunas superiores, até onde severifique a ascensão de água. Por outro lado, quantomaiores forem as espessuras das paredes ou muralhas,mais difícil será a evaporação, o que torna a resoluçãodos problemas particularmente complexa, no caso dasmuralhas de taipa militar. A eliminação da origem dos problemas passa pelodesenterramento e desobstrução dos sistemas dedrenagem – o que está a ser feito em Paderne – ou pelaexecução de sistemas de drenagem com valasperiféricas junto às muralhas.Em Juromenha, os ensaios realizados permitiramdetectar concentrações elevadíssimas de sais cloretose nitrados nos materiais do troço Norte. No que serefere às patologias, são visíveis nas muralhas de taipade Juromenha:- Um intenso e permanente humedecimento dos

paramentos com exposição Norte, onde a evaporaçãoda água nunca se dá na totalidade;

- A esfoliação dos paramentos e a existência de vaziosinteriores nas muralhas, acompanhada do desprendi-mento dos materiais “por placas”.

Estes fenómenos resultam não só da presença dehumidade, mas também da migração dos sais e dosseus ciclos de dissolução e cristalização e consequen-tes variações de volume no interior das muralhas.De referir ainda a acção destrutiva dos agentes bioló-gicos: as raízes das plantas, que retêm água e cujocrescimento provoca tensões internas, fendilhação edesprendimento de materiais; os animais que nidificamnas cavidades, contribuindo para o alargamento dasmesmas.Todos estes fenómenos conjugados, e associados àausência de reparações ou de quaisquer outros tipos deacções de conservação, acabam por conduzir aocolapso das estruturas. É o caso das muralhas de taipade Juromenha.Menos frequentemente, a ocorrência de fenómenos deassentamento de fundações, que provocam rotação efendilhação contínua vertical das estruturas, constituitambém um factor de decaimento das estruturas deterra. As medidas prévias à reparação ou ao reforçoestrutural, deverão, em muitos casos, contemplar amonitorização do fenómeno e a execução de sondagensaos terrenos de fundação.Muitas vezes a solução passa, não só por reparar apatologia (por exemplo, preenchendo fendas), mastambém por reforçar ao sismo a zona afectada ouconsolidar o solo de fundação.Por fim, salientam-se as intervenções menos correctas,

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as quais podem propiciar a degradação dos materiais,em vez de contribuir para a sua salvaguarda.Um dos erros mais frequentemente praticados, e queleva à degradação das paredes de terra, consiste nautilização de argamassas de base cimentícia emrevestimentos. Estas argamassas são muito rígidas e impermeabilizamas paredes, não permitindo a evaporação da água.Frequentemente observam-se patologias como afissuração e o descolamento dos rebocos por placas,causadas pelas bruscas variações térmicasverificadas nessa barreira impermeável. A água, quepode conter sais, vai ter tendência para se concentrar(e até condensar) na interface com a parede,acabando por degradar os materiais aí existentes.

5. Para concluirAo intervir numa estrutura de terra crua, a escolha dosmateriais e dos tipos de acções a promover deverápassar, obrigatoriamente, pelo conhecimento doobjecto de intervenção, dos seus materiaisconstituintes e das causas das patologias.As soluções preconizadas para o património de terradeverão seguir os princípios aplicados a todas asintervenções de conservação do património edificado: amenor irreversibilidade possível, de forma a nãocomprometer intervenções futuras; a utilização demateriais compatíveis com os existentes, sem quepossam ser confundidos com os originais quandoobservados de perto; a garantia de que as evidênciashistóricas existentes não sejam removidas oualteradas; a preservação dos materiais originais.

(1) Leia-se a esse respeito o texto “A conservação da arquitecturaem terra”, da Arquitecta Maria Fernandes, publicadorecentemente no livro “Arquitectura de Terra em Portugal”:“Portugal é herdeiro de um vasto património em terra, quermonumental, quer popular. O reconhecimento dos monumentosem terra portugueses fez-se tarde e as excepções só existem

porque factos históricos ou a presença de outros materiaislevaram a que isso acontecesse. Ao contrário, a arquitecturavernácula é estudada, publicada e divulgada, mas nunca setraduziu numa efectiva defesa desse património. Nesse campo,pode-se mesmo afirmar, foi onde mais se perdeu.”(FERNANDES, 2005, p. 209).

BIBLIOGRAFIABRUNO, C. P. (2000) – A Fortaleza de Juromenha: contributo para oestudo e conservação da muralha islâmica de taipa militar. Évora:s.n.; dissertação de Mestrado em Recuperação do PatrimónioArquitectónico e Paisagístico, Universidade de Évora;FERNANDES, M. (2005) – A conservação da arquitectura de terra,Arquitectura de Terra em Portugal. Lisboa: Argumentum, p. 204-211;GUILLAUD, H.; HOUBEN, H. (1995) – Traité de construction en terre.Marseille : Parenthèses (2ª edição);

HENRIQUES, F. (1994) – Humidade em paredes. Lisboa: LNEC (2ªedição);MARGALHA, M. G. et al (2002) – Castelo de Paderne: consolidaçãoe recuperação, Revestimentos de paredes em edifícios antigos.Lisboa: LNEC, CAD 2, p. 191-207;TORRACA, G. (1986) – Materiaux de Construction Poreaux. Roma:ICCROM.

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A terra como material de construçãoO uso da terra crua como material de construçãoremonta a tempos imemoriais. Abandonado nostempos modernos, é, no entanto, um material cujautilização apresenta enormes vantagens ambientais,no quadrante oposto ao cimento e ao aço, materiaiscuja produção é energívora e de grande impactoambiental.Apesar de algumas louváveis iniciativas isoladas, aterra crua não é hoje um material de construçãocomum em edifícios correntes. No entanto, nas zonasrurais, sobretudo do sul do país, ainda se encontramhoje muitas construções em adobe e em taipa. NoAlentejo e Algarve subsiste, também, um valiosopatrimónio arquitectónico construído em terra. Aconstrução em terra crua assume, tradicionalmente,duas formas: o adobe e a taipa. A construção emadobe não é mais do que uma alvenaria, com aparticularidade das unidades serem constituídas porblocos de terra crua, seca ao sol, os adobes. Adesignação de taipa (que tanto designa o materialcomo a técnica de construção) provém do métodousado, que se caracteriza pela utilização de taipaispara a moldagem da terra, que, convenientementehumedecida e compactada, constitui as paredes. Ataipa dita militar reveste-se da particularidade de seradicionada de um ligante aéreo e de agregado grosso,conferindo ao elemento uma superior resistênciamecânica e aos agentes erosivos. A eleição deste sistema construtivo na região sul comoprincipal opção até aos anos 40/50 do século passado,

ditada por razões históricas e económicas, assenta emfactores geológicos e climáticos. Do ponto de vistageológico a existência de solo adequado e a carênciade zonas rochosas conduziu ao desenvolvimento dataipa como processo construtivo. Por outro lado, oclima quente e seco no Alentejo e Algarve foi tambémfundamental para a implantação deste processoconstrutivo, uma vez que o principal inimigo destasconstruções é a água, que escasseia nestas regiões.

Patologia das construções de terraAs anomalias das construções em terra cruaresultam, basicamente, da sua susceptibilidade àágua. A acção da água pode ser exercida de váriasmaneiras, desde a incidência directa da chuva sobreas paredes (e eventualmente, as coberturas), ouatravés dos salpicos que origina ao atingir ao solo. Aágua também pode subir no interior das paredes, porcapilaridade, transportando em solução sais, queconstituem, por seu turno, um outro agente dedeterioração relevante. A acção directa da águatraduz-se em fenómenos de erosão que começa àsuperfície e continua para o interior, é a principalresponsável pela degradação estrutural dasconstruções em terra, sob a forma de perda desecção. A acção dos sais dá-se através do mecanismoda cristalização salina nas camadas junto àsuperficie, originando a perda de coesão que, por suavez, facilita a erosão pelo vento, o qual pode ter a suacapacidade deletéria ampliada, se estiver carregadode partículas sólidas.

TERRA PROJECTADA: UM NOVO MÉTODO DE REABILITAÇÃO DE CONSTRUÇÕESEM TAIPA

Vítor Cóias da Silva (1) (Portugal)José Paulo Costa (2) (Portugal)(1) Engenheiro - [email protected] (2) Engenheiro - [email protected]

STAP - Reparação, Consolidação e Modificação de Estruturas, S.A.Tel. +351 213 712 580 - www.stap.pt

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Técnicas de reabilitação das construções deterra cruaA reconstituição da secção das paredes de adobe érelativamente fácil. Pode ser feita usando técnicassemelhantes às da reparação das alvenarias eunidades de terra semelhantes às existentes; já areparação de construções em taipa usando omesmo processo construtivo nem sempre é fácil. Noprocesso original a terra é colocada em camadashorizontais que são compactadas com um pilão,trabalhando segundo a vertical. Dada a naturezadas lesões mais frequentes em paredes de terra, ouseja, cavidades mais ou menos profundas nosparamentos, com desenvolvimento irregular, aaplicação do mesmo processo construtivo só é, emprincípio, possível em cavidades que apresentemdesenvolvimento vertical e tenham acesso e espaçode manobra na parte superior.Dentre as técnicas reduzidamente intrusivas a quese pode recorrer com vista à reabilitação deconstruções de taipa salienta-se a terra projectada,recentemente implementada na reabilitação docastelo de Paderne, que consiste na adição dematerial idêntico em lesões locais de construçõesde terra, por projecção, técnica que segue oprincípio da reconstituição da secção usando omesmo material ou material idêntico. A projecção éuma técnica correntemente utilizada para colocarbetão, desenvolvida no princípio do século passado,que, desde o início, se revelou interessante emtrabalhos de reparação. Na aplicação desta técnica

às construções de taipa, a zona parcialmentedesmoronada é saneada e a secção reconstituídapor projecção de terra, com ou sem adição deelementos de ligação, repondo o monolitismo doelemento (em geral, uma parede), e melhorando assuas condições de estabilidade.A projecção é feita utilizando equipamento dotadode duas câmaras pressurizadas (fig. 1), sendo amistura seca propulsionada com a ajuda de arcomprimido e a água adicionada, de formacontrolada, na pistola de projecção. A secção do

Fig. 1 – Equipamento de projecção de câmaras duplas

Fig. 2 – Aspecto esquemático de uma cavidade pronta a preencher comterra projectada, já devidamente regularizada e com dispositivos demelhoria de ligação aplicados

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elemento a reparar é re-constituída através dacolocação de sucessivas camadas inclinadas (figs. 2e 3). Dado que a projecção é feita com elevadavelocidade (da ordem dos 300 km/h), obtém-se umexcelente efeito de compactação (fig. 4), resultandoum material com compacidade e um grau dehumidade muito próximos do material constituinteda taipa militar original.É, no entanto, de fundamental importância apreparação das superfícies e da geometriavolumétrica das cavidades receptoras do preenchi-

mento. Todos os revestimentos e preenchimentosespúrios, de argamassa de cimento, serãomanualmente removidos por picagem comferramenta ligeira. Nesta fase serão igualmenteeliminados todos os vestígios de plantas e raízesdos paramentos. Devem-se executar entalhes, porforma a encaixar os novos elementos depreenchimento, não se permitindo a gradualredução de espessura até ao zero.As superfícies devem ser limpas por aplicaçãocuidadosa de jactos de ar filtrado, por forma a nãointroduzir óleo lubrificantes dos compressores. Apreparação do substrato que vai receber a terraprojectada poderá ser finalizada com uma pré-consolidação por aspersão de leite de cal.Em termos mecânicos, e no que à execução da taipadiz respeito, este processo pode ser consideradoequivalente ao tradicional. A terra é colocada porcamadas e existe uma acção de compactação nadirecção perpendicular. Na projecção as camadassão de pequena espessura e a acção decompactação é promovida pela contínua adição dematerial com elevada energia cinética.A colocação da terra por projecção permite umamaior flexibilidade de execução, dado que a acçãode compactação pode ser produzida praticamentecom qualquer ângulo em relação à superfície areparar.

Texto inicialmente publicado na revista “Pedra e Cal”n.º 24 de Outubro/Novembro/Dezembro de 2004.

Fig. 3 – Esquema da disposição das sucesivas camadas de terraprojectada

Fig. 4 – Aplicação da terra projetada, castelo de Padene

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O castelo de Reina situa-se em Espanha, na zonasul da Extremadura, ao lado da via Badajoz -Córdova, onde começa a Serra Morena. Comprojecto do arquitecto Gonzalo Diaz Recasens, aprimeira fase das obras de consolidação das suasmuralhas de taipa estiveram a cargo da empresaAntaño Restauración, S.L.Sendo que a maior quantidade de obra corres-pondia à restituição volumétrica da taipa perdida eque se pretendia que a imagem final da inter-venção reproduzisse as mesmas formas, alinha-mentos, côr e textura da taipa original, definimosum conjunto de tarefas iniciais de obra queconsiderámos fundamentais para o sucesso daactuação:1- investigação e procura da matéria-prima e

do material mais adequado, para o que foirealizado um parque de “provetes”, comdistintas misturas de terra, cal e areia;

2- análise e definição da forma maisadequada de compactar a terra, tendo sidoensaiados vários equipamentos, manuais emecânicos;

3- estudo das antigas cofragens, para actua-lizar a sua operacionalização. A partir depeças originais encontradas e de evidências

inequívocas, “impressas” no próprio monumen-to, foi possível redesenhar, construir e usarcofragens em tudo idênticas às que terão sidoutilizadas para erigir este castelo.

A responsabilidade que acarreta a intervenção emmonumentos erigidos com terra crua quase sempreultrapassa as capacidades técnicas da maioria dasempresas de construção e, de alguma forma, istoleva também ao seu desinteresse por obras destetipo. Assim, reveste-se de especial importância adivulgação e a troca de experiências no campo dareabilitação deste tipo de património. É igualmente importante este conhecimento porparte dos arquitectos, pois sem ele os actuaisparâmetros de desenho/projecto de pouco valem:podemos desenhar para construir ou recuperaredifícios erigidos com outros materiais da mesmaforma para qualquer parte do mundo mas nãopodemos fazê-lo para edificações de taipa. Aqui,cada caso é um caso.A metodologia do trabalho, o conhecimento dastecnologias construtivas presentes e suaoperacionalização em obra são fundamentais paraa realização de um bom projecto de taipa, seja deintervenção no património, seja de construçãonova.

CASTELO DE REINA

Miguel Rocha (Portugal)Arquitecto. Associação Centro da Terra.E-mail: [email protected] www.centrodaterra.org

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Aspecto da muralha, no início das obras. Fase final da obra.

Parque de “provetes” de taipa. “Agulhas” originais, retiradas da muralha em ruínas.

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FORMAÇÃO EM RESTAURO E CONSERVAÇÃO

João Lacerda Cabral (Portugal)Engenheiro e Director de Serviços da Formação Profissional do CENFICCentro de Formação Profissional da Indústria da Construção civil e obras Públicas do Sulwww.cenfic.pt - E-mail: [email protected]

Três conceitos antigos, associados para definir e darcorpo a um conceito novo.Partindo dum exercício simples de associação deideias, aqueles conceitos poderiam, por exemplo, serassim entendidos:- Formação: jovem sem experiência ou trabalhador

desactualizado;- Restauro: património classificado, preservação do

original;- Conservação: construção antiga, risco de

degradação.O Cenfic – Centro de Formação Profissional daIndústria da Construção Civil e Obras Públicas do Sul,ao entrar no seu 25º Aniversário, olhando um poucopara trás, pode orgulhar-se de ter trabalhado e con-tribuído para o ressurgimento desse "conceito novo".Nos primeiros anos de existência, o Cenfic descon-heceu a área do Restauro e Conservação, formandoOperários e Técnicos para a Indústria da Construção,sector que, também por associação de ideias, seentendia como da Construção Nova e, sobretudo, doBetão.A partir dos anos 90, com o desenvolvimento dos pro-gramas e projectos de iniciativa comunitária, o Centrofoi sendo progressivamente envolvido na problemáti-ca europeia da Formação.Primeiro através dos seus Directores, depois com osTécnicos de Formação e Formadores, a participaçãodo Cenfic em projectos-piloto cedo se deu conta daimportância do sector do Restauro e Conservação nospaíses vizinhos.

Os programas são conhecidos, mas não é demaisrecordar os seus nomes: Petra, Force,Euroqualificação, NOW, Adapt, Leonardo e Equal.

A Concepção de Suportes PedagógicosPara se poder iniciar Formação numa área nova, tempreviamente que se conceber e construir suportespedagógicos.A recolha de informação, o intercâmbio de conheci-mentos a nível nacional e internacional e a investi-gação, só foram possíveis com o incentivo e o suportefinanceiro do Fundo Social Europeu, a par do co-finan-ciamento do Estado Português.Apoiado em diversos Programas, foi possível aoCenfic desenvolver um conjunto significativo de pro-dutos para a Formação, em parceria com organismoscongéneres de todos os Países da União Europeia,dos quais se destacam:

Programa Euroqualificação• RESTAURADOR DE EDIFÍCIOS ANTIGOS – Módulos

de Formação• ABÓBADA ALENTEJANA – Vídeo / Manuais (Arq.ª

Ana Tostões)• AZULEJO ANTIGO – Vídeo / Manuais (Arq.º José

Aguiar)

Programa Adapt • (RE) ASSENTAMENTO DE PAINÉIS DE AZULEJOS –

Módulo de Formação / Manuais• RECUPERAÇÃO E CONSERVAÇÃO DE PORTAS E

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CAIXILHOS DE MADEIRA – Módulo de Formação /Manuais

• RESTAURO DE ALVENARIAS, REBOCOS EESTUQUES – Módulos de Formação / Manuais

• PINTURAS – FINGIDOS A MÁRMORE – Módulo deFormação / Manuais

Programa Leonardo da Vinci• ENCARREGADO DE EDIFÍCIOS ANTIGOS – Módulo

de Formação / Intercâmbios• PINTURA FINGIDA – Módulo de Formação /

Manual (Arq.º José Aguiar) / CD-ROM • ARGAMASSAS TRADICIONAIS – Módulo de

Formação / Manuais (Eng.º Bessa Pinto / Eng.ªMaria Goreti Margalha) / CD-ROM

A Formação de FormadoresCondição igualmente indispensável à implementaçãode qualquer nova Formação e porventura a maisimportante, é obviamente a existência de Formadoresqualificados.Nesse sentido, o Cenfic cedo envolveu o seu corpo deFormadores nos Projectos-piloto, mas a sua sensibili-dade foi sobretudo construída através de intercâmbios.Uma vez mais os organismos congéneres de outrospaíses europeus, em particular dos países mediter-rânicos, foram os seus receptores, também com reci-procidade, cabendo destacar:• Instituto Gaudi - Barcelona • Federation Campagnonique – Lille e Limoges • Centro Europeu para as Profissões de Conservação

do Património Arquitectónico - Veneza • Escolas Profissionais da Construção – Florença e

Perúgia

Os Estaleiros-escola para ProfissionaisQualificadosAos Projectos-piloto seguiram-se os de Mobilidade ealargou-se assim aos Formandos o trabalho transna-cional, através de intercâmbios e estágios, realizadosregra geral em estaleiros-escola, para cursos do NívelII.A Formação em estaleiro-escola era mal conhecida equase nunca utilizada em Portugal.Formandos do Cenfic participaram em vários, comrealce pela positiva para os estaleiros-escola ital-ianos de Florença (Villa Demidorff) e de Perúgia(Castelo de la Pieve).A aprendizagem no estaleiro-escola, quando bem ori-entada, pode fazer a síntese dos dois tipos clássicosde Formação, a Formação em simulação ministradanum Centro e a Formação em Contexto de Trabalhorealizada numa Empresa.Em Portugal, na última década, evoluiu-se de formacrescente e bem, da Formação exclusivamente noCentro para a Formação em AlternânciaCentro/Empresa, primeiro no Sistema dito deAprendizagem e mais recentemente no daQualificação Inicial.No entanto, nem sempre é total o sucesso deste tipode Formação, por dois motivos:• Ao Tutor da empresa não é exigida ainda, em

Estaleiro-escola do Castelo de la Pieve Exercicio em Simulação - Abóbada de Arestas

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Portugal, qualquer Certificação, sendo frequente afalta de sensibilidade e de conhecimentospedagógicos para apoiar o Formando.

• As obras nem sempre apresentam actividadesdiversificadas, como o programa e a aprendizagemrequerem.

Sobretudo na área da Conservação e Restauro, osestaleiros-escola continuam a ser uma alternativamuito positiva, podendo ainda ser melhorados comum período final de estágio em empresa, situação queo Cenfic já pratica.Neste aspecto não restam dúvidas: a parceria entreCentros de Formação e Empresas permite melhorar aaprendizagem e facilita a empregabilidade.Por outro lado, a Formação em simulação pode seraplicada a todas as áreas, mas compreende-se queseja mais difícil em algumas, tais como a Arqueologiaou o Restauro; construir suportes para intervir emcontexto oficinal e neles efectuar trabalhos muitodiversificados de investigação ou de reparação é nãosó moroso como muito caro.Finalmente, os problemas com tutores anteriormentereferenciados também não se colocam nos estaleiros-escola, já que todos os Formandos são orientados porum único Formador.Reconhecendo o interesse que inegavelmente apre-sentam, o Cenfic, em parceria com as respectivasAutarquias, organizou vários estaleiros-escola e inter-câmbios, merecendo destaque:• Em 1992, no Palácio do Condinho, em Santiago do

Cacém, com a participação também de grupos de

Formandos da Irlanda, Espanha e Grécia.• Em 2001, no Castelo de Noudar, em Barrancos, no

qual participaram, além dum grupo do Cenfic,estagiários de Espanha, França e Itália.

O Castelo de Noudar em particular, pela riqueza ediversidade dos elementos de Arquitectura de Terrapresentes, oferece um ambiente de aprendizagemfavorável ao entendimento do respeito pelo original,extensivo inclusive aos equipamentos e ferramentasde trabalho.Entendido o contexto, pode facilmente explicar-se avantagem da introdução de novos equipamentos etécnicas de execução, permitindo obter melhoresrendimentos.Da simples substituição das canguetas e das agulhasde madeira pelos tirantes de aço, como se percebenas figuras anteriores, até à utilização de meiosmecânicos na amassadura ou no apiloamento daTaipa, a inovação tecnológica só tem como limites osprincípios da autenticidade e da economia, porque emboa verdade todos sabem, por muito gosto que ten-ham pelo Restauro, que os meios financeiros impõemsempre um limite e que com o mesmo se pode fazermais.

A Formação de Técnicos Intermédios eSuperioresA Qualificação Inicial de Jovens com o 12º Ano, min-istrada pelo Cenfic, inclui um curso de Técnico deConservação e Reabilitação de Edificações.A Formação desenvolve-se durante 1.500 horas, ao

Curso Património em Fronteira 2003 - Simulação de muro de Taipa Estaleiro-escola do Castelo de Noudar

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longo de 11 meses, sendo os 3 últimos realizados emEmpresas, em Contexto de Trabalho.A par dos módulos específicos, a estrutura do Cursoinclui módulos comuns à área da Construção Nova,como Desenho Técnico, Medições e Orçamentos ouMateriais e Processos Construtivos; é assim relativa-mente fácil para estes Técnicos integrarem-se emqualquer tipo de estaleiro, quando não surja qualqueroferta de trabalho na área da Conservação eRestauro. Relativamente à Formação prática para Licenciados,importa destacar também a experiência inédita eigualmente muito interessante, que tem sido a dosCursos de Verão em Património, realizados emFronteira, numa parceria Universidade Lusíada -Câmara Municipal de Fronteira - Cenfic.Dirigida a recém licenciados e técnicos de nível supe-rior, estes cursos de carácter teórico-prático, inicia-ram-se em 2001 e continuam a despertar o interessepelo saber-fazer a Arquitectos, Engenheiros,Arqueólogos, Historiadores e outros especialistas,pelo que têm vindo a ser repetidos, ano após ano, emSetembro, com programas e temáticas diferentes,com destaque para as seguintes áreas:• Arquitectura de Terra – Taipa e Adobe• Abóbada e Abobadilha Alentejana.• Argamassas Tradicionais• Alvenaria de Pedra• Cobertura Tradicional – Caniço• Restauro da Madeira• Restauro de Estuques

Formar para a EmpregabilidadeA empregabilidade é um objectivo que o Cenfic procu-ra ter sempre presente, na concepção da suaFormação Profissional.Compreende-se que, quem tira um curso, quer emprimeiro lugar ter hipóteses de encontrar um empregoou no mínimo trabalho, em sentido lato.Sendo ainda restrito o Sector da Conservação eRestauro é contra-indicado oferecer Cursos deQualificação Inicial muito especializados.Esta premissa levou a que no Cenfic se tivesse evoluí-do de Cursos de "Restaurador de Edifícios Antigos",incidindo exclusivamente nos Materiais e TécnicasTradicionais de Construção, para Cursos de "PedreiroRestaurador", que se iniciam com Formação nas tec-nologias empregues em Obra Nova e se completamcom aquelas.A questão da especialização versus polivalências émuito pertinente em Portugal, país com um pequenomercado e numa fase muito embrionária da ideia demobilidade dos trabalhadores no mercado europeu edo reconhecimento mútuo das suas competências.

A Formação Profissional ContínuaA especialização faz mais sentido na FormaçãoProfissional Contínua, para dar resposta rápida anecessidades concretas dos Empreiteiros eSubempreiteiros.Nesta modalidade de Formação, o Cenfic tem apre-sentado ofertas para diversas áreas de intervenção,destacando-se:

Construção antiga em ruinas

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• Conservação e Limpeza de Cantarias• Pintura - Fingimentos a Madeira e Mármore• Reassentamento de Azulejo Antigo• Restauro de Alvenarias e Rebocos• Restauro de Estuques • Restauro de Portas e Caixilhos de Madeira• Técnicas Tradicionais de Construção - Taipa,

Adobe, Alvenaria de Pedra e AbóbadasCada tema é desenvolvido em sessões práticas, emhorário pós laboral, totalizando 30 a 45 horas.O público alvo destas Acções são os ProfissionaisQualificados,mas não é raro surgirem Licenciados nosgrupos de participantes.

Mercado e Investimento na área do PatrimónioRetomando a história dos anos 90, há cerca de 15anos, a quota parte do sector do Restauro eConservação seria em Portugal da ordem dos 6 ou7%, enquanto se ouvia dizer, nas reuniões interna-cionais dos projectos-piloto, que em certos países erasuperior a 50%.O nosso espanto só não era maior porque pensávamosque estariam a exagerar; à cautela, íamos pregando anecessidade de se dar maior atenção a esse novo epara nós quase insignificante nicho de mercado. Masas sementes que eram lançadas, quer por nós quer pordiversas organizações portuguesas de Ensino e enti-dades interessadas no Património, caíam certamenteem terreno árido, onde quase nada cresce.Com efeito, volvidos praticamente 15 anos, os ráciosdo sector "Reparação / Manutenção" versus

"Construção Total", seja qual for a fonte, apontavamem 2004 para valores muito próximos dos seguintes:União Europeia – média da EU (15): 44,2%Portugal: 9,8%(Fonte: AECOPS)Constata-se assim que, em 15 anos, a evolução dePortugal nesta matéria não foi no sentido de recuper-ar terreno à Europa; infelizmente, também não recu-perou em praticamente nenhum outro campo, seexceptuarmos os do Futebol.Estas constatações, embora negras à primeira vista,dão-nos ânimo para continuar, por uma razão muitosimples: como todos acreditamos que o futuro dePortugal no confronto das Nações só pode melhorar,também há-de melhorar naquele rácio e então onosso esforço para dar corpo ao "conceito novo" terásido certamente muito útil !Por outro lado, não partilhamos da teoria de quePortugal tem pouco Património Arquitectónico, faceaos países referidos, ideia que poderia justificar taldesfasamento.Constatamos sim, que o nosso vasto Património épouco valorizado, o “home proud” português encon-tra-se a níveis baixos (exceptuando novamente oFutebol) e as prioridades do investimento público têmmuitas vezes objectivos de curto prazo.Recordemos dois exemplos:- Auto-estrada A6: 160 novos quilómetros de auto-

estrada para a Expo.98- Estádios de Futebol: 11 novos estádios para o Euro

2004.

O Taipal

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Tal investimento parece também dar prioridade aosempreendimentos de grande visibilidade. Poucos,porque são caros, mas bem visíveis.Ficam assim adiados, de ano para ano, outrosinvestimentos, alguns pequenos, mas muitos,nomeadamente na área do Património.Vejamos apenas dois exemplos que, para além detrabalhos de Restauro ainda muito incompletos,apresentam deficientes acessibilidades:

- O Castelo de Noudar, construído em Taipa Militarno Século XIV e classificado de MonumentoNacional em 1910, alberga nesse sítio vestígioshumanos de cinco milénios, tendo o seu núcleourbano sido completamente abandonado no últimoquartel do Século XIX.Desenvolveu-se então, a 12 quilómetros de distân-cia, a actual vila de Barrancos.A estrada que os liga, não dá passagem a um auto-carro de turismo, à entrada da ponte sobre o rioMúrtiga; há que fazer transbordo para mini autocar-ros um pouco antes, à saída de Barrancos.

- O Castelo de Paderne, redescoberto pelas auto-estradas do Algarve, A2 e Via do Infante, foi con-struído em Taipa de grande espessura no SéculoXII, tendo sido conquistado aos mouros em 1248, noreinado de D. Afonso III.Foi habitado até ao Século XVI, altura em que o seunúcleo urbano se transferiu para o local onde hojese situa a aldeia de Paderne, a dois quilómetros dedistância.Classificado como Imóvel de Interesse Público, éum dos sete castelos simbolizados no escudo daBandeira Nacional.Após a recente intervenção de Restauro de que foialvo, surge agora todo iluminado à noite, a poucascentenas de metros da auto-estrada, podendo servisto de relance por quem nela passa; mas quem oquiser visitar, terá de percorrer mais de vinte quilómet-ros, a maior parte dos quais por estradas secundárias.

Exemplos destes devem existir por todo o País, poistemos muitos Monumentos desconhecidos; mastemos sobretudo, mais do que MonumentosNacionais, imensas Construções Antigas, com poten-cial turístico, cultural e económico, podendo portantodesenvolver-se um vasto mercado de Restauro eConservação.

ConclusãoO conceito novo de Formação em Restauro eConservação, procura romper sobretudo com três

falaciosos lugares comuns, que a nosso ver têm quemudar:• O Sector tem pouco peso na Indústria da

Construção e assim continuará a ser, logo o inves-timento em Formação Profissional é supérfluo enão tem retorno.

• Os Trabalhadores da Construção, que tão bem exe-cutam Centros Comerciais, Pontes e Estradas e tãoreconhecidos têm sido pela qualidade do seu tra-balho até no estrangeiro, também executarão comfacilidade Restauros ou Obras de Conservação, seo mercado as oferecer, sem necessidade deFormação Profissional complementar.

• Os Projectistas e os Directores de Obra são os úni-cos que precisam dominar esses conhecimentos eas Universidades já os apetrecharam teoricamenteq.b., não necessitando de experimentar o saber-fazer.

Contrariamente, importa referir três exemplos:• Cada vez mais se encontram cidadãos com gosto

em reabilitar casas rústicas, queixando-se de quenão encontram profissionais competentes ou queos trabalhos realizados não resolveram váriosproblemas.

• Alguns bons executantes têm horror a consultarprojectos; não só não sabem ler desenhos, comopreferem fazer à sua maneira (por exemplo, comum pouco de cimento, para ficar mais resistente eacelerar a cura…) atitudes a precisarem demudança.

• Vários projectistas têm manifestado o sentimentode que, sem experimentarem o saber-fazer, têmfalta de sensibilidade para avaliar, projectar eespecificar correctamente regras de execuçãoimportantes.

Em síntese, as ideias que defendemos para sealcançar o conceito novo de Formação em Restauro eConservação e mudar o panorama de abandono edesinteresse pelo Património Arquitectónico emPortugal, passam por:• Preservar o conhecimento das Técnicas

Tradicionais de Construção, divulgando as BoasPráticas

• Privilegiar as parcerias com Universidades,Escolas Profissionais, Autarquias e Empresas

• Formar para a Empregabilidade• Preparar o Sector para o futuro• Dar voz à consciência e à memória dos Cidadãos• Redescobrir e valorizar o Património existente• Influenciar os Autarcas e os Governantes

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3RD SESSION

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S P A I NVALENCIA

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La historia de las fábricas de tierra cruda en Españasoporta el doble lastre del desconocimiento y laincomprensión. El conocimiento histórico todavíalimitado de estas fábricas se debe, a su vez, a que nohan sido valoradas en una perspectiva temporal delarga duración ni apreciadas en razón de la preferenciade la que siempre han gozado en los estudios dehistoria de la construcción las fábricas de cantería yladrillo cocido. Así se ha vinculado la aparición demuros de tapial o adobe ya a la tradición islámica,perdiendo de vista su pervivencia y asimilacióndespués de la conquista cristiana, ya a la arquitecturavernácula, asociándola así a una presunta escasez derecursos económicos y/o técnicos en la construcción.Sin embargo, la construcción en tierra en su estadonatural tiene ventajas particulares. La primera es sucomportamiento térmico, pues sirve de aislante delexterior por su baja conductividad de temperaturas,regula el intercambio de humedad y modera los cambiosambientales en cualquier estación; se trata también deun material que ofrece una notable resistencia al fuegoy frente a los impactos, factor este último que hapropiciado su empleo en obras defensivas; suscondiciones de absorción acústica son tambiénapreciables y dependen del espesor y la rugosidad de losmuros. Sobre todo es un material que aprovecha la tierranatural del lugar, previamente seleccionada, de suerteque evita el acarreo de materiales distantes y ahorra laenergía que exigen los procesos de cocción de otroscomo el ladrillo o la cal. Estas ventajas son bienconocidas por todos y deberían haber reclamado mayor

atención de parte de los arqueólogos, historiadores de laarquitectura y arquitectos restauradores hacia estatécnica. Por otra parte, su empleo no se ha mantenidoinalterable desde los albores de la historia hastanuestros días y admite muchas variantes locales ycronológicas que deben ser identificadas y analizadas ensus peculiaridades para un conocimiento más amplio ymás profundo de esta técnica constructiva.

La perspectiva histórica: de la Antigüedad a laEdad MediaLos autores antiguos ya reconocían en la construcciónde tierra, en adobe y tapia, una tradición propiamentehispana que era valorada por su resistencia y adaptacióna las condiciones del lugar. Plinio se refiere en el libroXXXV de la Historia Natural a la tapia como una técnicaconstructiva que los romanos hallaron en Hispania y quese usaba también en otros territorios del Mediterráneooccidental, desde Aquitania a Mauritania. TambiénVitruvio habla de esta técnica como una supervivenciade una tradición muy antigua en Galia, en Hispania, enLusitania y en Aquitania y se ocupa de los materialesmás adecuados para fabricar adobe (ladrillo sin cocción),el momento adecuado para producirlos, evitando lasestaciones de temperaturas extremas, y presta atencióna los revocos, sabedor de su importancia para preservarlas estructuras de tierra cruda. No obstante, el problemaque plantean estas fuentes es el de su interpretación,que debe cotejarse con los restos arqueológicos dearquitectura levantada en tierra –por ejemplo en lacultura ibérica-, difícilmente identificables con la técnica

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TAPIAL Y ADOBE: FÁBRICAS DE TIERRA CRUDA EN LA HISTORIA DE LA ARQUITECTURA MEDIEVALHISPANA

Amadeo Serra Desfilis (España)Profesor Titular de Historia del ArteUniversitat de ValènciaTel.: +34-963864232E-mail: [email protected]

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de los encofrados de tapial que conocemos a partir delsiglo XII.La regresión de las fábricas de hormigón (opuscaementicium) en los primeros siglos de la Alta EdadMedia es un fenómeno general en todo el ámbitomediterráneo que se explica en el contexto delabandono de ciertas técnicas y del uso de algunosmateriales al alterarse las condiciones sociales yeconómicas del mundo de la construcción tras ladesaparición del Imperio romano en Occidente. En elámbito hispano se aprecia la recuperación de los murosconstruidos con dos caras de revestimiento en piedra,ladrillo u otros materiales y un abundante relleno decalidad diversa. Las dificultades en elaprovisionamiento de materiales de procedencia más omenos distante y el recurso al suministro local ocomarcal favorecen la aparición de una gran riqueza devariantes vernáculas en la construcción de muros defábrica. La piedra puede ser poco abundante, de escasacalidad o bien provenir de canteras lejanas y malcomunicadas con los medios de transporte disponibles.Como alternativa, el ladrillo requiere un proceso defabricación en hornos artesanales que pueden ofrecerproductos de calidad desigual si no se someten a uncontrol técnico como el que se aplicaba en épocaromana. El elevado consumo de leña de los hornospuede considerarse también un inconveniente en elárea mediterránea, donde el bosque es regresivo y lamadera de mejor calidad suele reservarse para usosestratégicos como la construcción naval. En todo caso,los muros construidos con dos caras de piedra o ladrillo

y un núcleo de relleno podían adolecer de falta desolidaridad si no estaban bien trabados por su aparejo,si el relleno no era de una mínima calidad y por eldesconocimiento o falta de control en el fraguado yendurecimiento de los morteros, por no mencionar ladiversidad de origen y calidad de las materias primascomo la arena, la cal o los demás materiales de relleno(cantos rodados, desechos de cantería, cascotes y otrosmateriales reciclados de la construcción).En general, las construcciones anteriores al Románicomaduro, que llega a la península ibérica hacia finales delsiglo XI, presentan variantes locales del muro con rellenoy dos caras exteriores de piedra o ladrillo. En algunascomarcas este relleno puede ser de barro o tapial.Pero los problemas que planteaba el uso de este tipode fábrica eran persistentes y afectaban a la calidady estabilidad del relleno, a la disponibilidad, corte yaparejo de las caras de piedra y de ladrillo, y alproceso de construcción con el levantamiento deandamios, la elevación de los materiales y su puestaen obra por un equipo poco numeroso de albañilescon escaso apoyo de grúas o poleas.La conquista islámica de la península ibérica vino aalterar este estado de cosas y a ofrecer nuevas,sencillas y económicas soluciones constructivas, adap-tadas a las condiciones ecológicas de la arquitecturamediterránea. La arquitectura islámica se basó enmateriales fáciles de obtener y transportar en cualquierlugar como la arcilla, la cal y el yeso que permitieronlimitar o prescindir casi totalmente del recurso a lascanteras para la extracción de piedra o a los

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Mascarell, murallas en tapia valencianaMuestras de las técnicas de tapial en la arquitectura hispana: Granada, la Alcazaba de la Alambra

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monumentos antiguos de época romana, abundante-mente explotados en la Edad Media para el aprovisiona-miento de piedra y otros materiales de construcción.

El tapial en la tradición arquitectónica hispano-musulmanaLa tierra cruda o arcilla es un material natural, decomposición variable, que puede estar formada porgrava, arena, limos, minerales, materia orgánica, aguay otros elementos. Está siempre a disposición de losconstructores en abundancia y es fácil de transportary de aplicar en la obra tanto en los muros de fábricacomo para la unión de adobes (ladrillos sin cocer),ladrillos, mampostería, sillares y fábricas mixtas.En la arquitectura musulmana el tapial o tabiya se utilizaen dos variantes. La primera se basa en tableros oencofrados de madera que se van rellenando con capasde arcilla mezclada con cal viva y que se batían paradotarlas de mayor consistencia. La segunda y mássencilla consiste en formar hiladas de tierra apelmazadaque se dejan secar antes de poner encima las siguientes.A la tierra se le suele añadir arena, paja o barcia y unalechada de cal para impermeabilizar la capa superior yhacerla más resistente a la radiación solar; una bardapuede rematar las tapias para protegerlas de la lluvia yotros agentes atmosféricos. El adobe o ladrillo sin cocerse empleaba con un mortero de arcilla y paja con barcia.El mortero de yeso, en cambio se acostumbra a reservarpara el revestimiento de los muros en cualquiera deestas modalidades técnicas de la tierra cruda.Parece probado que la conquista islámica contribuyó

notablemente a la extensión y el arraigo de lastécnicas de tierra cruda en muchas regiones de lapenínsula ibérica, aunque la arquitectura hispano-musulmana conoció y empleó otras técnicas detradición romana en el ámbito hispano como en otrosterritorios del Mediterráneo. El historiador Ibn Jaldunen sus Prolegómenos detalla con la exactitudacostumbrada el levantamiento de paredes de tierra:Otra rama es formar las paredes con sola arcilla. Sesirve para esta operación de dos tablas, cuya longitudy anchura varían según los usos locales; pero susdimensiones son, en general, de cuatro varas por dos.Se colocan estas tablas a lo largo en los cimientos yaabiertos, observando el espacio que debe separarentre ambas, conforme a la anchura que el arquitectoha juzgado conveniente dar a dichos cimientos (…) yvierte allí una mezcla de tierra y cal que se apisona enseguida con pisones hechos a propósito para este fin.Podemos situar la difusión del tapial de tierra conencofrados de madera en época almorávide y sobretodo almohade, en especial a partir del siglo XII. Losinvasores norteafricanos trajeron consigo un excelentedominio de esta técnica constructiva, bien arraigada enla zona montañosa del Atlas, de donde eran originarios,a pesar de que utilizaron la piedra y el ladrillo allí dondeles fue posible. El sistema de fortificaciones del valledel Vinalopó en la provincia de Alicante es un buenmuestrario de este tipo de construcciones en tapial, concajas de buen tamaño que sirven para levantar recintosdefensivos y torres de planta cuadrada.Con el tiempo y la práctica de la albañilería, las

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Granada, Alcazaba, murallas

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variantes del tapial fueron experimentadas ycontrastadas, de manera que marcaron una pauta ensu evolución observable a través del estudiodiacrónico de la arquitectura islámica de al-Andalus yde algunos monumentos y conjuntos en particular. Enlas murallas de la Alhambra de Granada, construidasentre los siglos XI y XV según E. Ontiveros se puedendistinguir tres tipos de tapial:1) Tapial monolítico de hormigón de cal, compuesto

de tierra, cal y fibras vegetales; la tierra se mezclacon cal en el tapial y las fibras vegetales se añadenpara reducir las retracciones como consecuenciadel fraguado de los materiales.

2) Tapial real, compuesto de tierra y cal por tongadasque alternan una capa de cal y tierra de 1-2centímetros de espesor con la aplicación de cal enel techo y el muro.

3) Tapial calicastrado, compuesto también de tierra ycal, pero aplicado con una combinación dehormigón y mortero de cal en el exterior, acuñadode 6-8 centímetros y tierra en el interior.

De las tres variantes se prefirió paulatinamente el tapialcalicastrado por sus netas ventajas constructivas. Enprimer lugar, supone un ahorro de materiales respectode los muros construidos únicamente con hormigón decal sin una notoria pérdida de resistencia. Al ligarse elhormigón externo con las cuñas entrantes se evita laaplicación de un revoque que puede desprenderse alcabo del tiempo con facilidad; así revestimiento y núcleode la fábrica resultan solidarios. Por último, se evita yralentiza en gran medida la erosión que padece el tapial

de tierra sin que se incremente en mucho el costo o ladificultad de la técnica; el deterioro del revestimiento decal es paulatino, fácil de detectar y en consecuenciapuede atajarse antes de que afecte gravemente a laestructura.El yeso se usa en el revestimiento, sobre todo interior, delos muros de adobe y tapial por las ventajas propias deeste material, como son la abundancia en el PróximoOriente y la cuenca mediterránea y su cocción a tempe-raturas más bajas que la cal, ofreciendo la posibilidad deun acabado con esmero y refinamiento incluso. La calviva, que debe cocerse en hornos a altas temperaturas,consume mucha más energía y se suele emplear comorevestimiento exterior y para la impermeabilización. Latradición romana mantuvo su uso en el solar hispanodurante toda la Edad Media mientras que la aportaciónmusulmana tuvo mucho que ver en la difusión de lasyeserías en los interiores y como técnica decorativacombinada con otros materiales y procedimientos.

Continuidad y adaptación: el tapial tras laconquista cristianaEl avance cristiano desde el norte de la penínsulahasta el Mediterráneo y el valle del Guadalquivir en elsiglo XIII no liquidó estas tradiciones constructivas,que por el contrario se integraron y combinaron conotras soluciones y materiales puestos en obra enedificios de uso cristiano, islámico o simplementecivil. El tapial siguió siendo útil en fortificaciones yrecintos defensivos, pues era una técnica que ofrecíael mejor rendimiento en la construcción de muros

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Mascarell (Nules), murallas de tapial y ladrillo del siglo XVI

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rectos, pero podía combinarse con cadenas de sillares,de ladrillos, especialmente en los ángulos y alrededorde los vanos de la construcción. La producción deladrillos podía ser limitada y costosa, pues en la EdadMedia gravitó en torno a los grandes centros urbanos,a partir del siglo XI, y no siempre estaba disponible enabundancia y a un precio competitivo en el mediorural. El ladrillo y los encofrados de tapial se puedenadmirar todavía hoy en el recinto de Madrigal de lasAltas Torres en la provincia de Ávila. La sillería sealterna con los muros de tapial en arquitecturasdefensivas como el castillo de la Atalaya en Villena(Alicante), que incorpora como torre mayor una obraalmohade, o en el portal de Quart de la ciudad deValencia, donde todo el volumen semicilíndrico de lasdos torres es de fábrica de tapial con abundante gravay revestimiento en parte desprendido. La resistenciade estas torres frente al asalto de la artillería francesadel mariscal Moncey es una prueba de su firmeza alabsorber los impactos de las armas de fuego, unavirtud que sería apreciada cada vez más por ingenierosmilitares y constructores de obras de defensa tambiénen época moderna. El castillo de Forna (L’Adsúbia,Alicante) es otro ejemplo de una construcción del sigloXIV en la que jambas, arcos y dinteles se resuelven enladrillo mientras los lienzos de los muros se levantancon encofrados de tierra. Gran parte de losparamentos de el Almudín de Valencia, datados en lossiglos XV y XVI o en épocas aun anteriores, dejan verhoy su estructura de tapial reforzado con ladrillo queserá conocida más tarde como tapia valenciana.

La sociedad cristiana no alteró, pues, las prácticasconstructivas ni desdeñó la tierra para la arquitecturafuncional, aunque siguió prefiriendo la piedra para laobras de pronunciada vocación monumental y usorepresentativo. Las fuentes documentales nosinforman en esta época de la aparición de una manode obra especializada, citada como maestros de tapias(mestres de fer tàpies) que operaban como cuadrillasde albañiles en la construcción de muros de encofradode tierra y cal. Aunque la documentación no lo indiquecon claridad, parece que se trataba de gruposreducidos de cuatro o cinco personas, contratadosprecisamente para levantar con cierta rapidez murosde cierre de construcciones de toda índole y sobretodo recintos de conventos, fortificaciones, huertos yotras edificaciones. Sus salarios son comparables alas de los canteros y otros albañiles sin que consteque sean musulmanes, por lo que cabe suponerloscristianos al menos desde el siglo XV, si no antes.La predilección por la piedra, con todas susconnotaciones de solidez, durabilidad y permanencia, nopodía desbancar el uso del tapial en las fortificaciones,donde su valor se confirmó al extenderse el uso de laartillería, ni en edificios de carácter representativo, en loscuales el acabado de los paramentos permitía otorgaruna prestancia adecuada a los muros de tierra conmorteros de yeso, de cal y acabado pictórico. Prueba deello es el uso del tapial en las obras del palacio del Realde Valencia durante el reinado de Alfonso el Magnánimo(hacia 1420-1440) y en otros edificios nobles, casisiempre combinado con otras técnicas y materiales.

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Alzira, murallas Valencia, almudín, paramentos de tapia real

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La tapia o tapial, esa antigua técnica de construir murosconsistente en apisonar tierra húmeda dentro de unmolde, fue profusamente empleada en el País Valencia-no durante el periodo musulmán en el que se alcanzó unalto grado de desarrollo y dominio de la técnica. Un ejemplo de este legado musulmán, edificado afinales del XII, es el Castell Vell de Castellón dondese llevaron a cabo en el año 2005 diversas obras derecrecido de muros de tapia calicostrada utilizándosela misma técnica en que habían sido construidos losmuros heredados. La acción se desarrollo básicamen-te sobre un tramo de muro de unos 45 metros quepresentaba las lesiones propias debidas a la accióndevastadora del hombre y el efecto del agua.La tierra que se empleo fue la procedente de laexcavación arqueológica a la que se le añadió unporcentaje del 5% de cal.En el revestimiento o “costra”, se empleó grava natu-ral, cal y en una cantidad mínima cemento blanco, parafavorecer el endurecimiento del hormigón y así lograr

el desencofrado casi inmediato una vez apisonada laúltima tongada de tierra. El encofrado o “tapial” fue, en sus dimensiones,similar al que se utilizó en la construcción de losmuros, y en sus características idéntico al utilizadohasta hace solo unas décadas en las comarcas delnoroeste valenciano. Todos los elementos del tapialfueron de madera de pino, con unos tableros otapialeras de 1,70 por 0,85 metros.El apisonado se realizó con un pisón neumático ligeroque facilitó considerablemente el trabajo, y para lasesquinas y lugares que se requería mayor cuidado seempleo uno manual de madera de encina. La correctaejecución del apisonado pudo controlarse a través dediversos ensayos de la densidad lograda y de unseguimiento técnico muy cercano. Puede concluirse que el resultado fue plenamentesatisfactorio, tanto por los acabados y calidad de lostapiales levantados, como por la solidez quetransmiten al visitante las estructuras murariaslevantadas con esta milenaria técnica.

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EL TAPIAL EN EL PAIS VALENCIANOUNA INTERVENCION RECIENTE: LA CONSOLIDACION DE MUROS EN EL CASTELL VELL DE CASTELLO

Fermín Font (España)Arquitecto técnicoVila-real (Castelló)Tel.: +34-964529531E-mail: [email protected]

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La construcción en tierra ha sido frecuente en Españadesde la Antigüedad y adquirió especial relevanciadurante época islámica, lo que ha determinado suestudio en época posterior. Las RelacionesTopográficas (1575), los sucesivos DiccionariosHistóricos Geográficos y muchas otras fuentesmuestran cómo en este tiempo también era muyfrecuente la construcción con tierra y costra decalcina. En un terrero más técnico igualmente recogióen 1639 el tratado de fray Lorenzo de San Nicolás,que destaca un tipo: Tapias Valencianas se hazen contierra, medios ladrillos, y cal, echando lechos de unoy otro; es obra fortísima.Ciertamente, son muchas sus ventajas: estructurasresistentes y de buena conservación, con buenaspropiedades térmicas y acústicas, de materialbastante abundante y accesible, con técnica quepermite flexibilidad de combinaciones de materialesen función de sus características, uso de pocasherramientas y sistemas de traslado de pesos, escasamano de obra especializada y rápida ejecución.Aspectos que redundan en su economía. La xilografíadel libro de Pere Antoni Beuter, Primera parte de laCronica General de toda España… (Valencia, 1546),que representa la construcción de la muralla cristianade Valencia, puede interpretarse como ejemplo de laformación de un proyecto histórico o cultural, perotambién como testimonio de los recursos quereclaman diferentes técnicas.El mismo cronista puede ejemplificar el nacimiento delos prejuicios historiográficos hacia la técnica de

tapial, pues en su opinión el material sirve paraadscribir culturalmente una obra: cantería ymampostería de los romanos frente a la tierra de épocaislámica (c. XX). Una inercia que han mantenidomuchos historiadores actuales al hablar de técnica ymano de obra musulmana ante el tapial de tierra,presentando como única prueba las dimensiones decada tapia. Sin embargo, trabajos que han incluidomediciones, como el de Pedro López Elum en Castillosmedievales valencianos (2002), concluyen la difícilcorrelación exacta con los codos musulmanes, de losque existen diferentes tipos, y la convivencia demúltiples alturas de tapia en un mismo edificio.Además, creemos que la medida valenciana impuestaen los Fueros (siglo XIII), la vara o alna, no dista muchode múltiplos de algún tipo de codo musulmán. Tambiénhay que tener presente que en las dimensiones de losencofrados se tuvo en cuenta las condiciones detrabajo y la estabilidad, atendiendo a la anchura delmuro, que a su vez contempla el peso a soportar y elalzado… La antropométrica y una coherencia en laobra unifican bastante los criterios adoptados.Por otro lado, la documentación de esta época nosconfirma que en la mayoría de ámbitos reglamentadoslos maestros y oficiales de hacer tapias no sonmoriscos. Los salarios diarios que reciben no distan delos de sus colegas canteros, albañiles o carpinteros, porlo que la economía en la obra se establece por el menorcoste de materiales y gasto energético de producción(herramientas, grúas, hornos, etc.), y menor número desalarios por metro cuadrado construido dada su rapidez

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PREJUICIOS HISTORIOGRÁFICOS SOBRE LA TÉCNICA DE TAPIAL DE TIERRA EN LA ESPAÑA DE EDAD MODERNA

Luis Arciniega García (España)Profesor Titular de Historia del ArteUniversitat de ValènciaTel.: +34-963864241E-mail: [email protected]

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de ejecución. Además, en las abundantes laboresrutinarias y mecánicas que no requiere especializaciónes frecuente el uso de mano de obra no remunerada,bien esclava, bien interesada en la consecución delproyecto, como vecinos o monjes.Lo cierto es que tras la conversión de la poblaciónislámica e incluso de su expulsión asistimos alenorme uso de la tierra en arquitectura civil,conventual, militar… En plena efervescenciadefensiva de la costa del Mediterráneo por parte delos Habsburgo el ingeniero Giovanni BattistaAntonelli defendió en 1569 la técnica de tapial detierra para fortificar el reino de Murcia dada laresistencia de las obras existentes, a las quesimplemente añadió alambores de refuerzo. Los

motivos argumentados para esta opción eran laeconomía y la seguridad defensiva, puesto que estosmuros absorbían los proyectiles. Como era habitualotros funcionarios reales se opusieron, tal es el casode Vespasiano Gonzaga que defendió lamampostería, pues consideraba la obra de tierramenos fuerte. Sin embargo, el grosor de los muros yuna defensa basada en las armas de fuego hacía pocorazonable esta objeción. El castillo de Bernia, quecombinaba diversas técnicas, tuvo que derribarsepoco después por excesivo, ante el temor de quecayese en manos enemigas.Tan erróneo puede ser negar la impronta musulmanaen la técnica de tapial de tierra como adscribirla todovestigio de su empleo.

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Fuerte de Bernia por J. B. Antonelli, 1563 (AGS, MP y D. XIX-63)

Xilografía del frontispicio del libro de P. A. Beuter, Primera parte de la Crónica General de toda España… (1546).

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Hace más de veinte años comenzábamos lostrabajos de la Documentación e Investigación de laArquitectura Popular concentrándonos en lacomunidad de Castilla y León y en los CamerosViejos en La Rioja. En aquel entonces laconservación y rehabilitación del patrimonioarquitectónico popular apenas atraía el interés delos arquitectos y estudiantes universitarios.Nuestra inquietud nos llevó a la creación de Inter-Acción, Asociación de Amigos de la ArquitecturaAutóctona y Tradiciones Populares de España,legalizada el 6 de diciembre de 1982, para tratar deimpedir el deterioro y la desaparición total de laextraordinaria riqueza arquitectónica que existe enlas diferentes regiones españolas.En 1985 creábamos en el pueblo abandonado deNavapalos (Soria), citado en el Cantar de Mío Cidcomo Nava de Palos, el Centro Experimental y deInvestigación de la tierra para la construcción contécnicas y materiales autóctonos, complementandoesta labor con nuestra actividad en el equipo devivienda de bajo coste en el Instituto EduardoTorroja, del Consejo Superior de InvestigacionesCientíficas (CSIC), con quien se firmó en 1987 unconvenio de colaboración y desde esta fecha variosInstitutos y Profesores de Investigación del Consejohan colaborado permanentemente con Inter-Acción.Los objetivos planteados por la asociación paraNavapalos, se han concretado en los siguientes:-Restaurar el pueblo con técnicas y materialesantiguos unidos a tecnologías innovadoras. Se han

recuperado bellos edificios emblemáticos para suutilización y habitabilidad.-La investigación, experimentación y demostraciónde la tierra como material de construcción, de laarquitectura bioclimática, de las energías renovablesen la edificación, la autosuficiencia energética, losmateriales ecológicos, la formación, el ecocentro, elteletrabajo, etcétera, haciendo del mismo un lugaratractivo, no solo por su pasado, sino también por supresente y futuro. Un pueblo antiguo sin miedo a lainnovación, lo que supone toda una investigaciónsobre el equilibrio entre lo urbano y lo rural.-La formación científica y práctica en todos loscampos indicados mediante cursos, seminarios,campos de trabajo, encuentros internacionales,etcétera. Numerosos estudiantes, técnicos,investigadores, trabajadores representantes de másde treinta países europeos, iberoamericanos,etcétera, han participado a lo largo de estos más dequince años en las actividades desarrolladas. Labúsqueda de la sostenibilidad medioambiental,también ha sido uno de los objetivos más claros.-Transferir la tecnología y la investigación a otrospaíses en vías de desarrollo, que como Navapalos,construyen con adobe, tapial y otras técnicasautóctonas (guadua, quincha, bahareque, etcétera).La problemática de la cultura tradicional y eldesarrollo también es un punto de reflexiónpermanente de Inter-Acción como Organización NoGubernamental para el Desarrollo (ONGD) convarios proyectos en Bolivia, Uruguay, Colombia,

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CENTRO DE INVESTIGACIÓN NAVAPALOS

Erhard Rohmer (España)ArquitectoFundación NavapalosTel.: +34-915312155E-mail: [email protected]

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Nicaragua, México, etcétera, que se realizanespecialmente para la mejora de los gruposdesfavorecidos e indígenas de aquellos países,afectados, en muchos casos, por catástrofesnaturales. Se conseguido una gran concienciaciónen temas de conservación del patrimonio en tierra yen los problemas sociales de carencia habitacionesy de medio ambiente.La Asociación Inter-Acción ha propiciado la creaciónde la Fundación Navapalos que quedó inscrita en elRegistro de Fundaciones Docentes Privadas confecha 27 de febrero de 1996. Don Julio Caro Baroja,que conocía y apreciaba las labores realizadas pornosotros en los últimos años, aceptó presidir laFundación. Desgraciadamente su fallecimiento hizoimposible que ese privilegio se hiciera realidad.Es para nosotros una gran satisfacción que losvínculos que se han creado en estos años en elCentro Navapalos hayan dado como fruto estafundación, con un amplio Patronato del mundocientífico y cultural, y que nuestro Presidente deHonor sea el Arquitecto y Académico FernandoChueca Goitia.

Entre los reconocimientos nacionales e interna-cionales a nuestra labor, destacamos: el concedidoen el II Concurso de Naciones Unidas de BuenasPrácticas para el Desarrollo Sostenible, HABITAT II,Dubai 1988, en el que el proyecto CentroNavapalos, según consta en el Segundo CatálogoEspañol de Buenas Prácticas del Ministerio deFomento, fue seleccionado, con la calificación degood. En el Concurso HABITAT III, celebrado en elaño 2000, el proyecto Poblado Iberoterra, realizadopara los damnificados del terremoto de 1994 enPopayán (Colombia), ha sido considerado como unode los cien mejores realizados en el mundo. LaJunta de Castilla y León ha reconocido la labor de laFundación Navapalos otorgándole el Premio Castillay León 2000 por su aportación a la conservaciónmedioambiental y a la arquitectura bioclimática.Es evidente que, sin el apoyo de muchas entidadesregionales y nacionales, no hubiera sido posibleavanzar en nuestros propósitos y que losreconocimientos recibidos nos han animado aseguir trabajando en la investigación de la tierracomo material de construcción.

Endnote: This text was originally published in the catalogue of the exhibi-tion Construir con Tierra, edited by Ministerio de Fomento (Spain), Madrid,2002, p. 28.

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Intervención de conservación en el pueblo de Navapalos

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Se presenta aquí un ejemplo de conservación defábricas medievales de tapial en el territoriovalenciano, que puede servir para ilustrar algunoscriterios de intervención en obras que combinan latierra apisonada con el ladrillo y se encuentran en unestado de degradación avanzado, pero que ofrecenposibilidades de recuperación por constituir un edificiode interés histórico y arquitectónico. Esta experienciase enmarca también en las actividades de un Masterde Conservación del Patrimonio Arquitectónico de laUniversidad Politécnica de Valencia que cuenta ya conuna dilatada y fructífera experiencia en el análisis y laintervención en todo tipo de edificios históricos en elámbito de la Comunidad Valenciana, trabajando condiversos tipos de fábrica y los problemas específicospara su recuperación patrimonial.El castillo de Forna es un inmueble de altísimo valorpatrimonial y goza de la máxima protección legal comoBien de Interés Cultural. La configuración actual delcastillo es sin ninguna duda anterior al año 1351aunque algunos estudiosos le han atribuido origenalmohade a un primitivo recinto articulado sobre latorre este. Su arquitectura es una feliz síntesis defortaleza y palacio. Las diversas estancias responden,mediante un refinado repertorio gótico, a una sintaxismuy elaborada que combina numerosos elementos,tales como arcos, bóvedas, trompas en las esquinas,escalera de caracol, canes, alfarjes,... Unaarquitectura que se engasta en la fortaleza, formadapor un sistema de potentes muros que enlazan lastorres ejecutadas, utilizando la técnica del tapial, a la

manera islámica, que conserva parcialmente susrevestimientos. A pesar de su gran valor patrimonial,el castillo de Forna se encontraba en un alarmanteestado de deterioro. Desaparecidas casi en sutotalidad las cubiertas, conservaba sus muros detapial, que se desmoronaban superiormente con elpaso del tiempo. Algunos arcos de fábrica de ladrilloapeaban sus huecos, mientras que en otros quedabansolo fragmentos al borde de la inestabilidad. Parafrenar el deterioro, se realizó una operación desalvaguarda y consolidación, que debía resolverimportantes cuestiones, entre otras definir laintervención a realizar en el sistema murario. Eltrabajo se ha realizado después de analizar ladocumentación existente, y de modo más intenso delos estudios y proyectos arquitectónicos realizadospara definir las intervenciones de salvaguarda.Durante las reiteradas visitas, y superando numerosasdificultades, comunes a los trabajos de campo, se harealizado una lectura arquitectónico-constructiva,incidiendo especialmente en determinados puntoscríticos, para verificar o encontrar respuesta adeterminadas cuestiones. Se ha procedido a definirlas técnicas y sistemas constructivos con los que se haejecutado, detallado las tapialeras, tablas, agujas, ocualquier impronta que refleje el proceso constructivo.Se ha prestado especial atención a los enlaces,esquinas, elementos de coronación o apoyos de losalfarjes así como a la solución de los vanos, quepermitan profundizar en el conocimiento de laconstrucción arquitectónica. Un objetivo más general

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LA CONSERVACIÓN DE LAS FÁBRICAS DE TAPIAL EN EL TERRITORIO VALENCIANO: EL CASO DEL CASTILLO PALACIO DE FORNA

Rafael Soler Verdú (España)Alba Soler Estrela (España)ArquitectosEscuela Técnica Superior de Gestión de la EdificaciónUniversidad Politécnica de ValenciaTel.: +34-963877456E-mail: [email protected]: [email protected]

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estado de degradación, en fase de aceleradodesmoronamiento. Inspirados en soluciones derepertorios tradicionales se ha procedido a laconsolidación y recuperación de los restos existentes,respetando su lógica constructiva y su modulación.Los muros se recuperan solo hasta el nivelestrictamente necesario, con el objetivo de asegurarsu estabilidad y dotarles de una protección adecuadaen su coronación. Los grandes vaciados existentes,los huecos en los muros son puntos críticos que hanrequerido de una especial atención y delicadasoperaciones constructivas. En particular los arcos hansido restaurados después de realizar minuciososlevantamientos métricos y pormenorizados estudiosde sus trazas.

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es elaborar un estudio arquitectónico constructivo quepermita avanzar en el conocimiento del patrimonioarquitectónico del tipo de las fortalezas deextraordinaria importancia y que se encuentran en unpreocupante estado de abandono, que justificacualquier esfuerzo a favor de su conservación.

Criterios de intervención:El abandono y la ausencia total de mantenimiento es

la causa de los graves desperfectos y del estado dedeterioro progresivo que las meditadas laboresprogramadas deben de detener o minimizar. En estaprimera fase, se ha centrado preferentemente en laconsolidación del conjunto de torres y murallas,materializados por una serie de muros, en avanzado

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Vista general del castillo Estado antes de la intervención

Vista de la torre oeste después de la intervención Intervención en vanos.

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Les villes historiques offrent un potentielinestimable pour le développement économique etsocial durable. Leur conservation dans le sud de laméditerranée s’avère une tache de longue durée quinécessite:

Une approche globaleSi la conservation des villes historiques est unefinalité en soi, il n’en demeure pas moins qu’elle nepeu être durable que si la ville historique estintégrée dans la vie sociale et que cette vie socialesoit à même de répondre aux besoins defonctionnement et de maintenance. C’est ce qui faitque la conservation des centres historiques soit unecomposante d’un processus plus large englobanttous les aspects de la vie urbaine.

Un plan d’actions intégréesLes actions de conservation d’une ville historique nepeuvent se limiter à des actions sectoriellesséparées. L’approche globale devrait être déclinéeen un programme constitué d’un ensemble d’actionsintégrées visant la réalisation d’un objectif défini.

Des structures appropriésLe fait que la gestion d’une ville nécessitel’intervention de tous les services concernés par lavie urbaine rend l’action de conservation pluscomplexe. En effet celle-ci n’étant pas limitée à larestauration des monuments mais va bien au-delà,elle se trouve à la croisée des chemins entre les

prérogatives des communes, de l’état, desinvestisseurs privés, des associations nongouvernementales à but non lucratif pour ne citerque ceux là car l’état lui-même se décline enplusieurs entités agissant d’une manièrerelativement autonome. D’où la nécessité de créerdes structures appropriées pour gérer le processusde conservation des villes historiques, pouvant agirau nom des différents partenaires cités plus haut etavec une relative autonomie.

Une approche participativeLe temps de prise en charge totale par l’état desprogramme de conservation des villes historiquesétant révolu, c’est seule la participation des différentspartenaires qui peut garantir la réussite et la pérennitédes programmes de conservation de ces villes. Elledoit etre menée dans de cadre d’un partenariatgagnant/gagnant et d’un partage équitable desrisques et des avantages entre la collectivité, l’état,les investisseurs, les bénéficiaires et autrespartenaires.

Beaucoup de persévéranceMême si toutes les conditions citées plus haut sontréalisées, il reste que le milieu dans la méditerranéedu sud en particulier n’est pas très réceptif dans lesfaits aux différentes attentes des programmes deconservation des centres historiques. Les lourdeursadministratives, le manque de consensus sur lespriorités, le manque de moyens dans certains cas,

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LA CONSERVATION DES VILLES HISTORIQUES BATI EN TERRE – LES CAS DE FES

Abdellatif El Hajjami (Maroc)Architetto Urbanista15 Zoubair Ibn Aoam Bourama, Fes (Maroc)Tel.: +212 37709682E-mail: [email protected]

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sont autant d’entraves potentielles à la conduited’un programme de conservation d’un centrehistorique.Fès, ville du patrimoine mondial, a parcouru ce‘chemin de croix’ qui l’a conduit à développer uneexpérience riche en enseignements la mettant aurang des villes les plus expérimentées en matière deconservation des villes historiques. En effet, elle a fondé son programme sur une étudeglobale de l’évolution urbaine de la médina relevantles points forts, les opportunités, les risques et lesfaiblesses. Ce qui a permis de mettre au point unestratégie de sauvegarde évolutive sur la base descénarii se déclinant en objectifs. Le programme quien est sorti était un programme beaucoup plus largeque le programme classique de restauration demonuments. C’est un programme qui concerne lesdifférents aspects de la vie urbaine y compris laformation et la participation des habitants. D’où estnée la nécessité de développer un instrument pourla conservation de la médina qui puisse développerdes projets, lever les fonds, réaliser les projets, faire

le suivi et l’évaluation des réalisations. Ainsi ADER-FES est née. Le montage d’un projet intégré en partenariat avec lescommunes et les départements de l’Etat concernés, laBanque Mondiale, l’UNESCO, en plus des actionsdéveloppées avec les donateurs nationaux etinternationaux, les associations locales dontl’association Fes-Sais ont fini par rendre ADER-FES aucentre du processus de conservation de la Médina deFès. La convention signée avec l’Etat pour la réalisationdu programme a fini par lui donner une représentativitéformelle vis-à-vis des autres partenaires. ADER-FES a mené ses actions en coordination avecles autres partenaires en fonction des ressourcesmatérielles et humaines mobilisées par chaquepartenaire. De cette façon elle est devenu lepartenaire Numéro 1 autant des communes et desdifférents organes de l’Etat, que de la populationrésidente et ses différentes associations. Ne serait-il pas temps d’élargir l’action d’ADER-FES àl’ensemble du territoire national afin de mettre àprofit son acquis historique ?

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4TH SESSION

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I T A L YPESCARA

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IL PAESAGGIO DELLA SOSTENIBILITA’“Le costruzioni in terra cruda”Le politiche neoliberiste degli ultimi vent’anni hannoposto le basi per lo sgretolamento del tessuto sociale,esaltando la libertà dell’individuo a scapito delladimensione sociale collettiva.Ma una simile libertà, basata sull’assenza di limiti, suldisinteresse del bene comune e sul conformismo, è inrealtà illusoria per la sua sudditanza ai modelli e aiconsumi imposti dal mercato globale, rilegando il localesempre più ad un ruolo insignificante. Il locale, il particolare, la diversità, l’arcaico assumonoun ruolo residuale, di testimonianza, espropriati deilegami che legano le cose al luogo, i contenuti alcontenitore, l’appartenenza sfuma e con esso i paesaggiconsolidati. A tale processo continuo di divisione delsapere e della conoscenza, occorre riproporre l’unicitàdel luogo nella sua complessità come modello delmondo Lo studio sui paesaggi della terra cruda, tende arestituire in sostanza un’esperienza collettiva cheattraversa, in forme diverse, tante regioni del nostropianeta.In particolare, le iniziative dell’assessorato all’ambientedella Provincia di Pescara in questi ultimi anni sono voltia ridare identità e valore a questa esperienza che hainteressato gran parte del nostro territorio agricolo. Laconservazione di questo patrimonio culturale rimane ilprimo obbiettivo da raggiungere assieme a quello dellavalorizzazione, in rapporto ai moderni concetti dellosviluppo sostenibile.

Se l’attenzione al “paesaggio della terra cruda” ri-dàsenso all’esperienza umana, alcune pratiche consolidatedel processo di Agenda21L, individuano strumentioperativi ai fini di una sua valorizzazione.

AGENDA 21 LOCALEIl processo di Agenda21L è ormai prassi consolidata neipaesi europei. Tale pratiche stanno prendendo piedeanche nei paesi del nord Africa, come il Morocco el’Algeria, sia per le politiche di aperture dell’UnioneEuropea verso i Paesi limitrofi, in particolar modo con iPaesi che si affacciano sul mediterraneo, sia per leintensificazioni di relazioni e scambi dal basso, tra EntiLocali, O.N.G. e comunità africane, soprattutto inmateria di responsabilizzazione e difesa dei beni naturalicomuni. E’ infatti sul nascere una Rete di Agenda21L delMediterraneo.L’esperienza di Agenda 21 Locale maturata dallaProvincia di Pescara, lo sviluppo di pratiche partecipativedal basso (botton up) nel processo decisionale e modelliscientifici di analisi sulle qualità ambientali (bilancioecologico), saranno i temi su cui si indirizzerà il lavorodello staff della Provincia di Pescara nell’attuazione delprogramma Cultura 2000.

PARTECIPAZIONE E “GOVERNANCE”IL principio della partecipazione democratica perrafforzare il processo decisionale rimane un puntocardine del programma e azioni di Agenda21L.Il tema della “Governance” viene riproposto nei 10Commitments di Aalborg+10, per sviluppare

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PROVINCIA DI PESCARAASSESSORATO ALL’AMBIENTE E QUALITÀ DELLA VITA

Enrico di Paolo (Italia)ArchitettoProvincia di Pescara (Italia)Tel.: +39 085 3724302E-mail: [email protected]

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ulteriormente una visione comune e a lungo termine.Questo aspetto del progetto sarà oggetto di unworkshop che si terrà nella comunità dell’oasi di Figuignel sud del Morocco orientale, ai confini con l’Algeria. Sicercherà di rafforzare le relazioni e scambi culturali giàin essere con la Provincia di Pescara, istituzioni dellaregione orientale del Morocco, l’associazione culturale“Fondazion Moulay Slimane” di Ojuda e l’O.N.G. Italiana“Africa 70” che da diversi anni opera in questa regione,nella “rete delle città di terra cruda”.Un oasi di pochi chilometri quadrati confinante conl’Algeria e suddivisa in sette villaggi, con unapopolazione di circa quindicimila abitanti. Un avampostodella regione desertica del Shaara, totalmente costruitadi terra cruda, anche se non mancano impieghi di altrimateriali.Se da una parte le caratteristiche geograficheconnaturano l’identità di Figuig come condizione unica,irripetibile, come un microcosmo, dall’altra è proprioquesta forte caratterizzazione a minacciare, oggi, lastessa esistenza di Figiug. Problemi ambientali e socialilocali, quelli connessi soprattutto all’acqua e al regimedi proprietà, all’emigrazione, assieme alle“disattenzioni” globali, stanno mettendo a rischio laperdita per l’umanità di un presidio umano di unabellezza unica e un sistema vivente che lottaquotidianamente contro la desertificazione. Purtropponon si riesce ancora a intravedere, a lungo periodo,come la conservazione della vita di questi luoghi ,costituisce anche per noi una possibilità di vita. Tutelarele risorse naturali generali, rafforzando i presidi di

resistenza, come quello contro la desertificazione è unazione a cui tutti siamo chiamati a fare, come anchequello contro la perdita delle ricchezze e diversitàculturali come processo cognitivo. Investire in questiluoghi, cooperando significa preservare e dare risposteal bisogno diffuso di futuro.La scelta di un whorkshop a Figuig ha come carica eticaproprio quello della sua conservazione come modello del“Mondo”.

IL BILANCIO ECOLOGICO DELLE COSTRUZIONI“Valutazione integrata mediante indicatoritermodinamici”Il lavoro esamina differenti tipologie di manufattiarchitettonici tramite metodologie che impieganoindicatori, come l’Emergia e l’Impronta Ecologica, pervalutarne il rendimento, l’impatto e la sostenibilitàambientale.La realizzazione del bilancio ecologico prende inconsiderazione processi costruttivi in terra cruda esistemi tradizionali misurando e pesando il contributodelle risorse naturali in termini di flussi di materia edenergia e contabilizzando quindi le variabili di stresssull’ambiente.La Sintesi Emergetica e l’Impronta Ecologica sono statespesso impiegate nella realizzazione di studi economico-ecologici di sistemi territoriali e come strumentiinnovativi di lettura della salute di un territorio con loscopo di quantificarne le performance ambientali intermini di uso e consumo di risorse (esempi, in questosenso, sono i lavori realizzati per le Province di Cagliari e

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di Pescara). All’interno di questo progetto serviranno avalutare l’efficienza, in un’accezione “ecologicaprofonda”, delle dinamiche dei processi delle differentitipologie costruttive prese in esame, relativamente adelementi e materiali. L’obiettivo, in conclusione, vede un confronto dei risultatiottenuti per i diversi processi valutandoli in unaprospettiva di sviluppo e conservazione bio-sostenibiledel territorio, anche al fine di raccogliere elementi dianalisi e linee di indirizzo riguardo ai problemi disviluppo sostenibile locale.Si intende, quindi, ricercare e impiegare dellemetodologie in grado di realizzare una stima integratadel capitale economico e di quello naturale, metodologiecioè fondate su grandezze versatili capaci di definire lareale entità (in termini scientifici) della ricchezza chegenericamente si produce o consuma, in riferimento aduna quantità limitata di risorse disponibili.I risultati attesi dovrebbero evidenziare sul territorio laricerca di una auspicata compatibilità tra sistemaeconomico e protezione dell'ambiente, con bassi impattidell'attività antropica e propensione all'uso di risorselocali rinnovabili.Un obiettivo chiave in questa direzione è infatti proprioquello di incoraggiare modelli sostenibili di sviluppoeconomico, distinti dalla crescita economica che non èsostenibile, quindi di individuare modelli sostenibili deivincoli: vincoli termodinamici, limiti biofisici, limiti dirisorse naturali, limiti dell'assorbimentodell'inquinamento, limiti demografici, vincoli impostidalla “carrying capacity” del pianeta e, soprattutto, limiti

della nostra conoscenza rispetto a ciò che questi limitisono e a come influenzano il sistema” (Costanza, 1991).Per tali ragioni, il concetto di “sviluppo sostenibile” èdiventato un principio guida nei modelli di svilupposocio-economico, tesi ad integrare gli aspetti economicicon quelli sociali ed ambientali, al fine di assicurare unasocietà più equa e prospera alle generazioni future(Butera, 1991; Daly, 1990; Odum e Odum, 2001). Lo sviluppo sostenibile non rappresenta però unadefinitiva condizione di armonia, ma piuttosto unprocesso dinamico attraverso il quale lo sfruttamentodelle risorse, la direzione degli investimenti,l'orientamento dello sviluppo tecnologico ed icambiamenti istituzionali, siano resi coerenti con ibisogni futuri, oltre che con quelli attuali. Raggiungereuno sviluppo sostenibile non significa quindiraggiungere uno stato stazionario, ma piuttostosincronizzare la frequenza della variazione dellecondizioni ambientali con quella dello sviluppoeconomico, al fine di raggiungere il miglior livello dicompatibilità. La sostenibilità delinea in questo senso il suo innovativoparadigma: un insieme di valori che interessano tutti icampi dell'attività umana, in modo trasversale e in unaprospettiva di lungo termine.

LE COSTRUZIONI IN TERRA CRUDA E ILPROTOCOLLO DI KYOTOL’architettura in terra cruda è una tipologia costruttivadiffusa in gran parte del nostro pianeta, dalle americheal Giappone, attraversando il continente africano, il

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91medio oriente e Cina, così come in Europa, dal Potogallofino alle grandi pianure del centro Europa. Il progettoCultura 2000 cofinanziato dall’Unione Europea, “Lecase e le città della terra cruda”, conservazione,significato e decoro urbano a cui partecipano alcuneistituzioni marocchine, ha due grandi obbiettivi, quello disensibilizzare le istituzioni globali per la lorosalvaguardia come patrimonio culturale, attraverso lacostruzione di un netwhork in grado di creare sinergie escambi culturali. L’altra, più ardita sarà il tentativo diproporre a scala globale l’enorme patrimonio abitativo interra cruda, all’interno dei meccanismi flessibili delProtocollo di Kyoto. Ovvero individuare una via possibiledi risorse finanziarie da impiegare al recupero e riuso delpatrimonio abitativo delle costruzioni in terra cruda.Per avanzare una simile proposta occorre innanzituttoun’analisi e uno studio scientifico attraverso gliindicatori della sostenibilità riconosciuti a livellointernazionale come il Bilancio Ecologico, l’AnalisiEnergetica, l’Impronta Ecologica e il Bilancio deiGas Serra.Soprattutto l’ultimo indicatore che ci dà la “misura”

delle emissioni in atmosfera dei gas climalterantiindividuati dal Protocollo di Kyoto e a cui la Provincia diPescara sta lavorando con il supporto scientifico delProf. E. Tiezzi dell’Università di Siena. In particolare ilmodello scientifico messo in opera riguarda il bilancioecologico e dei gas serra applicati alle varie tipologiecostruttive edilizie più comuni, compreso anche ilsistema costruttivo della terra cruda. Se il modello èvalido per un singolo edificio lo è a maggior ragione perun intero agglomerato o per una città. Ed è facilmenteindividuabile come le costruzioni in terra cruda ha unemissione di gas serra quasi allo zero rispetto a tutti glialtri sistemi costruttivi.Ad oggi la normativa che regolano i meccanismiflessibili, adottato nell’ambito della terza conferenzadelle parti del 1993 (COP3) e definiti nell’Ottobre 2001nell’ambito della settima conferenza delle parti (COP7) aMarrakech, sul sistema per lo scambio di quote diemissioni, non sembra annoverare l’ipotesi primaavanzata. Ma è proprio su questi “dispositivi” dimercato che occorre lavorare a favore di “pratiche” divita sostenibile per il futuro del nostro pianeta.

Bibliografia: F.Farinelli – GEOGRAFIA- “Un’introduzione ai modelli del mondo” PBEEinaudiF.Farinelli – I Caratteri Originari del Paesaggio Pescarese – Ed. MenabòZygmunt Buman –La solitudine del cittadino globale – FeltrinelliAprile 2000ARCA onlus, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche e deiBiosistemi dell'Università di Siena, Gli indicatori della sostenibilità: unmanualeButera F. M., Nuovi paradigmi scientifici e sviluppo eco-compatibile,Oikos, 1991, n.3, pp 125-139Chambers N., Simmons C., Wackernagel M., Manuale delle ImpronteEcologiche. Principi, applicazioni, esempi, Edizioni Ambientesaggistica ambientale, 2002Costanza R., Energia, Incertezza, ecologia ed Economia, Oikos, 1991,n.3, pp 167-199Daly H. E., Toward some operational principles of sustainabledevelopment, Ecological Economics, 1990, n.2, pp 1-6Meillaud F., Gay J.B., Brown M.T., Evaluation of a building using theemergy method, Solar Energy, 2005, n.79, pp 204-212

Odum H. T., Environmental accounting. Emergy and environmentaldecision making, Wiley & Sons, New York, USA, 1996Odum H.T., E. Odum, A Prosperous Way Down. Principles and Policies,University press of Colorado, 2001Rees E.W., Wackernagel M., L’Impronta Ecologica. Come ridurrel’impatto dell’uomo sulla terra, Edizioni Ambiente saggisticaambientale, 2004 Tiezzi E., L'equilibrio: i diversi aspetti di un unico concetto, CUEN, 1995Tiezzi E., Fermare il tempo, Raffaello Cortina editore, 1996Tiezzi E., Marchettini N., Che cos’è lo sviluppo sostenibile?, DonzelliEditore, 1999Tiezzi E., Tempi Storici, Tempi Biologici, Universale Donzelli, 2001 Tiezzi E. et al., Analisi Emergetica. Studio di Sostenibilità dellaProvincia di Cagliari. Analisi Emergetica. Sistema di gestione rifiutidella Provincia di Cagliari. Impronta Ecologica della Provincia diCagliari Tiezzi E. et al., Analisi di Sostenibilità per la Provincia di Pescara.Mappe di sostenibilità ed Impronta ecologica, 2004PESCARA 20 Marzo 2006

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ABSTRACT:In estrema sintesi si tratta di una raccolta legislativapredisposta, quale servizio del comitato scientifico, in un“dossier operativo” su CD rom a disposizione degliEnti locali già soci ordinari dell’Associazione e dei sociaderenti, nonché dei nuovi soggetti che intendono farneparte e di quanti studiosi della materia richiedano talemateriale presso suddetti beneficiari. Lo spaccatonormativo rappresenta, con l’occhio del pianificatore, iltema dell’ architettura di terra e dell’edilizia sostenibile,in un aggiornamento funzionale e di integrazioneorganica della documentazione specifica da tempodisponibile sui siti www.terra-cruda.org (in via diriordino) e soprattutto www.casediterra.it .A - il quadro di riferimento nazionale:Lo status complessivo della normativa vigente inItalia, consente già oggi di riordinare molte fasi dellaprogettualità di settore, necessaria sia ai nuovi Pianiurbanistici strutturali dell’espansione urbanasostenibile, sia per una riformulazione aggiornata deiregolamenti edilizi locali e la revisione dei pianiparticolareggiati, elevandoli ai livelli che esige lapianificazione di terza generazione. Gli ordinamentiesistenti cui riferirsi sono espressi da : 1. Carta del Restauro – C.M.p.i. 6 aprile 1972, n.117.2. Carta ICOMOS (versione italiana) – 24 ottobre 1999.3. Convenzione europea del paesaggio – Firenze,

20 ottobre 2000.4-1 Rendimento energetico nell’edilizia –

Direttiva comunitaria del 16 dicembre 2002, n.2002/91/CE.

4-2 Attuazione della direttiva 2002/91/CErelativa al rendimento energeticonell’edilizia – Decreto legislativo del 19 agosto2005, n. 192.

5. Disposizioni per la tutela e la valorizzazionedell’Architettura rurale – Legge 24 dicembre2003, n. 378.

6. Codice dei beni culturali e del paesaggio –Decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42.

7. Disposizioni in materia di costruzioni in terracruda – Proposta di Legge Nazionale, testounificato definitivo del 25 maggio 2004.

B - gli indirizzi regionali e di coordinamento provinciale:Il ruolo in rapida evoluzione degli Enti intermedi,riguardo ai territori interessati dai Comuni aderentialla Associazione nazionale città della terra cruda, hafinora prodotto il seguente spaccato legislativo:

REGIONE ABRUZZO:1. Disposizioni per il recupero e la

valorizzazione delle capanne a tholos e dellecase in terra cruda – Legge regionale n. 17/97.

2. Integrazioni alla L.R.18/93 nel testo in vigore(art.9 - Piano Regolatore generale) – Leggeregionale n. 5, del 15 febbraio 2001.

3. Modalità di calcolo per l'applicazione deiparametri urbanistico-edilizi ai fini delmiglioramento dei livelli di coibentazionetermo-acustica e del contenimento deiconsumi energetici – Legge regionale n. 22, del11 ottobre 2002.

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LO STATO DELLA LEGISLAZIONE IN ITALIA:Leggi - Proposte - Forum Internazionale

Alceo Vado (Italia)ArchitettoAssociazione Nazionale Città della Terra Cruda (Italia)Tel.: +39 070852429E-mail: [email protected]

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REGIONE PIEMONTE:1. Norme per la valorizzazione delle costruzioni

in terra cruda – Legge regionale n. 2, del 16gennaio 2006.

REGIONE SARDEGNA:1. Tutela e valorizzazione dei centri storici della

Sardegna – Legge Regionale n. 29, del 13 ottobre1998.

2. Disposizioni per la tutela, il recupero e lavalorizzazione del patrimonio architettonicorealizzato con manufatti e tecnichecostruttive in terra cruda e per la promozionedi nuove produzioni edilizie bio-ecologiche –Proposta di Legge regionale n. 47, del 20 ottobre2004, in sede di XIIIa legislatura.

C - il ruolo dell’Ente locale :Rispetto al quadro di riferimento nazionale e in attesadella riformulazione degli strumenti urbanisticigenerali secondo necessità del Codice dei beniculturali e del paesaggio e/o comunque quali Piani diterza generazione aderenti alla revisione del TitoloV° della Costituzione, nel CD è riportato un prototipodella regolamentazione attuativa di un Comune; adesso è possibile riferirsi per cominciare a porre in

essere un primo adeguamento della pianificazioneesecutiva:1. NORME DI ATTUAZIONE (stralcio) del “Piano

particolareggiato del centro storico, connorme di salvaguardia e valorizzazionedell’architettura di terra e del paesaggiorurale” – relative al Comune di San Sperate, giàsocio fondatore dell’Associazione di che trattasi.

D - il forum internazionale:Tra le iniziative internazionali, attorno al tema dellaregolamentazione sui generis delle architetture diterra, ha interessato nell’ambito nazionale “Aninitiative of the office of the Director-General atICCROM”(1) e per l’evento è stato predisposto ilseguente documento:1. DIRETTIVE INTERNAZIONALI PER

L’ARCHITETTURA DI TERRA – Proposta di una“carta” o comunque di accordi sopranazionaliredatti dall’arch. Alceo Vado (Direttore IMterra -San Sperate) in occasione dell’ Expertsinternational meeting sulle Earthen architecture -Laws, norms, standards and building codes - “Therole of national standards in promotingconstruction in earthen materials” - Roma,ICCROM, 2004.

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(1) International Centre for the Study of the Preservation and theRestoration of Cultural Property - Rome - L’iniziativa seguitadall’allora Direttore di settore l’arch. Alejandro Alva Balderrama,risulta attualmente in stand-by, in attesa della nomina di un nuovoresponsabile.

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PremessaParlare di case di terra in Abruzzo vuol direrappresentare un fenomeno per lo più ruraledocumentato a partire dalla seconda metà dell’800quando le trasformazioni della organizzazione dellaproprietà terriera e la sicurezza delle campagnehanno portato alla diffusione delle costruzioni suifondi anziché accentrate in borghi. Se le case di terra, per la maestria empirica dei lorocostruttori, hanno resistito ai terremoti non sonoriuscite, però, a superare l’incuria degli uomini.Incuria dovuta soprattutto a una motivazionepsicologica che vedeva, negli anni del boomeconomico, le case di terra rappresentare il simbolodi un periodo di povertà. A questo si aggiunga lapossibilità offerta dalla diffusione del cementoarmato di abbassare i costi delle costruzioniriducendo i tempi e il costo della manodoperalievitato anche grazie al cambiamentodell’organizzazione sociale.Ed è proprio questa visione negativa quella cheanche oggi, epoca in cui si stanno rivalutando ivalori culturali autoctoni contro la tendenza allaglobalizzazione, quella più difficile da debellare neiproprietari che non considerano queste case unvalore ma piuttosto un problema di cui disfarsi.

La ripresa di interesseIn questo panorama è iniziato il lavoro di diffusionedella conoscenza e di stimolo alla consapevolezzadella comunità locale di avere un patrimonio che è

risorsa proprio nel rappresentare la capacità diadattamento a ciò che il territorio offre.Negli anni ’80 e ’90, in linea con un clima diinteresse testimoniato da varie iniziative a livellonazionale, si è cercato di riattribuire valore alpatrimonio costituito dalle case di terra anchelegandolo alla conoscenza di realtà diverse daquella locale ma accomunate ad essa dallapresenza di case di terra. In questo senso la mostra “Memoria e Realtà”,prima iniziativa di un certo richiamo organizzata incollaborazione con l’Università di Chieti, legava lamemoria di una realtà come quella abruzzese allarealtà algerina dove costruire con la terra era unapratica corrente.

La nascita del Centro di Documentazionepermanente sulle Case di Terra CrudaLe attività sono state sistematizzate con la nascitanel 1992 del Centro di Documentazione Permanentesulle Case di Terra, promosso dal Comune diCasalincontrada, e riconosciuto nel 1993 dallaRegione Abruzzo. Gli obiettivi del centro sono,divulgare la conoscenza della terra cruda comemateriale da costruzione, coadiuvare la ricerca nelsettore e valorizzare il patrimonio esistente e lanuova costruzione.Il programma di divulgazione attivato dal Centro havisto come evento principale la “Festa della Terra”incontro di esperti e cultori della terra crudanazionali e internazionali organizzato dal 1997 è

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STATO DELL’ARTE DELL’ARCHITETTURA IN TERRA CRUDA IN ABRUZZO

Gianfranco Conti (Italia)ArchitettoAssociazione “Terrae Onlus”Associazione Nazionale Città della Terra Cruda (Italia)Tel.: +39 0871347732E-mail: [email protected]

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arrivato alla nona edizione. Da questi incontri è nataanche la rete delle università italiane che fannoricerca sulla terra cruda ed ha contribuito allanascita dell’Associazione nazionale Città della TerraCruda.Iniziativa collaterale alla festa è il Concorsofotografico “Le case di terra - paesaggio diarchitetture” che con le sue tre edizioni hapermesso di raccogliere un patrimonio di immaginirappresentativo della realtà internazionale dellaterra cruda.

Il Censimento delle case di terra in AbruzzoLa visibilità data da queste iniziative ha portato aduna sensibilizzazione a livello politico che haprodotto come risultati il Censimento Regionale delpatrimonio in terra cruda che individua e scheda circa800 case e il riconoscimento del loro valore quale“bene culturale primario” con la Legge Regionale17/’97 che introduce anche incentivi al recupero.

L’Associazione Terrae onlusL’Associazione Terrae onlus nata nel 2000 comeorganizzazione no-profit. L’associazione è costituitada un gruppo di cultori locali, che ha raccolto iprofessionisti che già avevano lavorato per le casedi terra e altre persone fra cui studenti, insegnanti,geologi, paesaggisti tutti accomunati dalla volontàdi diffondere la conoscenza del patrimonio dellecase di terra anche legandola alla cultura e aiprincipi dello sviluppo “sostenibile”, basato cioè sul

rispetto, la salvaguardia e la valorizzazione degliecosistemi territoriali.

I programmi di recuperoPer la prima volta pur se con difficoltà, si assiste adun lavoro sistematico di recupero attuato grazie aleggi regionali ma soprattutto alla caparbietà di ungruppo di professionisti che hanno convinto iproprietari del valore delle loro case di terra e dellapossibilità di recuperarle a fini ricettivi.Un precedente a questi recuperi è stato il restaurodi casa D’Orazio a Casalincontrada iniziato nel 1997e concluso con il ritorno nel dicembre 2004 dellafamiglia D’Orazio nella loro casa di terra adimostrazione che “con la terra si può”.I lavori di recupero oggi in corso d’opera, riguardano13 case nei comuni di Bucchianico,Casalincontrada, Manoppello e Roccamontepiano.Questi recuperi sono stati finanziati dalla LeggeRegionale n.64/’99 che promuove Programmi diRecupero urbano e al cui bando ha rispostoun’associazione costituita dai comuni suddetti chefanno parte di un territorio omogeneo collinare aiconfini dell’area urbana di Chieti.Le case di terra in un progetto denominato “albergodiffuso” verranno riattualizzate, senza modificarnele caratteristiche formali e materiali, comericettività in costruzioni tradizionali.Nei progetti di restauro si è affrontato per la primavolta il problema della rispondenza di questecostruzioni alle normative sismiche.

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96Alcune esperienze, più di arredo e finitura, sonoimportanti per testimoniare come l’uso delmateriale terra cruda è possibile anche in formediverse.Parti dell’allestimento del museo archeologico “laCivitella” di Chieti nel 1998 sono state realizzate interra cruda utilizzando tecniche diverse, dal pisè,all’abobe, all’intonaco in terra colorata. La terracruda è stata scelta perché materiale che megliorispondeva all’esigenza di rappresentare, peresempio, una sezione stratigrafica archeologicaoppure che meglio suggeriva la collina del territoriodi Chieti. Non esistendo una tradizione nell’uso della terracruda nelle finiture, il lavoro realizzato al museo èstato un esempio, da vedere e toccare, che ci hafacilitato nel proporre intonaci in terra

Le nuove costruzioniUnico, fin ora, esempio di utilizzo della terra crudache non riguardi un recupero è l’ampliamento di unedificio pubblico realizzato nel comune diRoccamontepiano nel 2002. Questo progetto haprevisto l’attivazione di un processo complesso cheprevedeva in contemporanea alla progettazionel’organizzazione del processo produttivo per lafornitura del materiale necessario alla costruzione ela successiva produzione.

Le attività di formazione La prima di queste iniziative è stata un laboratorioorganizzato nel 1997 con l’Ente Scuola Edile diChieti che ha inserito nel corso di studi per muratoriuna settimana di cantiere proprio durante i lavori acasa d’Orazio permettendo ad un gruppo di 15 futurimuratori di acquisire una prima conoscenza dellaterra come materiale da costruzione. Questa attività è stata promossa da partedell’Associazione Terrae onlus e dall’Ente ScuolaEdile di Chieti con il primo seminario formativo sullatecnica costruttiva del massone tenutosi nel luglio2001 a Casalincontrada che ha visto come caso diapplicazione pratica dei metodi di recupero la casaD’Arcangelo. Sono seguiti altri seminari formativisulla tecnica costruttiva dell’adobe e sullaprogettazione in terra cruda.

Il coinvolgimento delle scuole e la didatticaper i bambiniNel 1998 nella scuola materna Tella nel comune diBucchianico è stato portato avanti un progetto diintegrazione fra scuola e famiglia dove i nonnihanno raccontato come avevano costruito le lorocase e i padri insieme ai figli hanno materializzatoil racconto proprio attraverso la costruzione di unapiccola casa di terra nel cortile della scuola.Progetto analogo è stato realizzato dalla scuola"Villaggio Celdit" di Chieti nel 2001 ed èproseguita con la collaborazione fornita ad altreAssociazioni.

Le attività profit"ITeA idee, territorio e architettura" è una societànata nel 2001 dalla convinzione di alcuniprofessionisti, già con esperienza sulla terra cruda,che valorizzare le case di terra, elemento originaleche caratterizza il territorio, può essere veicolo dicrescita oltre che culturale anche economica.Le attività svolte da ITeA sono varie, ma tutte legatealla promozione delle case di terra affiancandosicosì, come organismo profit, all’Associazione Terraeonlus, organismo no-profit che sostiene con partedegli utili stabiliti per statuto.La prima di queste attività è stata il progetto "Fattidi terra", ossia la creazione di un marchio territorialesotto il quale commercializzare oggetti d’arredo euso quotidiano i cui decori si ispirano ai disegni cheornano le pianelle sottotetto delle case di terra.Gli oggetti sono realizzati da ITeA s.r.l. o prodotti inesclusiva da artigiani e imprese locali con l’idea dinon mettersi in concorrenza con gli operatori giàpresenti sul territorio ma creando un altro canale didistribuzione.

Il laboratorio di “borgocapo”A conclusione di questa panoramica sul “fare” inAbruzzo, il progetto del laboratorio di Borgocapo.Borgocapo è un toponimo creato ex novo perdefinire un luogo pensato come punto diaggregazione nel fare pratico. Borgo definiscel’idea di luogo che accoglie oltre a più costruzionipiù persone e attività, capo perché nel gergopopolare dei cantieri capo è il mastro muratore, èognuno che partecipi al progetto diventa “capo” colsuo lavoro.Un progetto che racchiude in sé l’idea del “fare”proprio nel suo realizzarsi, nel suo progredire in opera.

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LE PATRIMOINE BÂTI EN TERRE CRUE À MARRAKECHENTRE ABANDON ET RECONQUÊTE

Said Boujrouf (Maroc)GeographeUniversitè Cadi Ayyad, Marrakech (Maroc)Tel.: +212 24302742E-mail: [email protected]

Le bâti construit en terre crue, thème central de notreprogramme culture 2000, est un patrimoine culturelcommun à nos pays méditerranéens, constitué demillions d’habitations et de monuments. Il s’agiteffectivement d’un patrimoine que nous partageonstous ensemble un savoir faire et un savoir vivre.Mais ce secteur traditionnel, avec ses méthodes deconstruction millénaire, est aujourd’hui en pleinecrise chez nous au Sud de la Méditerranée commechez nos voisins du Sud de l’Europe. Bien que lenombre des édifices est important, il y a toutefois unefaiblesse ou une absence d’entretien etd’aménagement adéquat dû essentiellement à laconcurrence des modèles liés à la modernisation et àla mondialisation surtout ceux provoqués par ledéveloppement du tourisme.

Patrimoine « abandonné » par la populationlocaleMarrakech, surtout la médina ancienne, est parmi leslieux les plus connus au niveau international abritantun riche patrimoine bâti en terre crue1. Il s’agit en faite d’un patrimoine constitué de deuxgrandes composantes :- la première, raffinée et riche d’un savoir ouvert sur

l’autre, est faite de modèles sélectionnés et par desartisans chevronnés maalimines, elle couvrel’essentiel des monuments historiques, des édificeset des demeures ou riads des élites ;

- la deuxième, plus simple, est le fruit local d’unsavoir populaire et résultat d'expériences

quotidiennes sous l'égide d'artisans dont fait partieles maisons diours du reste de la population.

Ayant vécue longtemps une crise profonde, l'anciennemédina de Marrakech souffre de l'effet double de lafuite temporaire2 des familles de ce patrimoine bâti àcause, d’une part, du développement de la villemoderne et, d’autre part, de la faiblessed’équipement et d’entretien de la médina ancienne.Le niveau de vie de la population restée sur place estgravement touché par la crise socio-économique de laville ce qui ne fait qu’accélérer la dégradation del’habitat. Les riches et les classes moyennes de laville voyaient alors dans les nouveaux modèlesd’urbanisme un domaine d’épanouissement de la viemoderne et une fuite d'une situation désolante de lamédina.Ce n'est pas seulement de l'abandon et ledélabrement qui ont affecté le patrimoine bâti quiinquiètent le plus, mais encore l’abandon des métierstraditionnels par les jeunes qui assurent jusqu’ici lapérennité de patrimoine séculaire. La culture du bétonarmé devient partout omniprésente. Une grandepartie de l’habitat traditionnel en terre resté occupéou vacant se trouve de plus en plus dans un étatlamentable.

Patrimoine « récupéré » par les étrangersNotre région, au niveau de l'espace urbain comme auniveau de l'espace rural, devient de plus en plusdynamique surtout sous l'effet évident dudéveloppement du tourisme. La situation est plus

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propice qu'avant au développement « soutenu » dece secteur depuis l'amorce de la nouvelle politiquetouristique annoncée en 2001. La centralité de la villepar rapport aux différents espaces touristiques duMaroc et son accessibilité à l’Europe par sonaéroport international ont apporté des élémentsd’appui pour recevoir environ 1,4 millions de touristespour l’année 2005 effectuant environ 5,3 millions denuitées. La médiatisation de Marrakech, comme pôle porteuren matière d'investissement et comme lieu derencontre ou de résidence de personnalités derenommée internationale : stars, hommes d’affaires,politiciens, milliardaires…, a largement été en faveurdu regain d’intérêt à l'ancienne médina de Marrakechet en particulier son patrimoine bâti. Le marché est toutefois devenu porteur par lacombinaison réussie du tourisme et du patrimoine. Lademande se trouve axée davantage sur le segment dehaut standing pour l’acquisition ou la construction desbâtisses et les édifices chargés de signes ou devaleurs géographiques, historiques, culturelles ouautres. Les acheteurs, devenus par l'occasion desrénovateurs, des créateurs ou encore des «promoteurs », aménagent et entretiennent cesdemeures. La course vers l’Eldorado immobiliertouche même les petites maisons qui n’ont presquepas une grande richesse patrimoniale. La spéculationfoncière et immobilière bat ses records successifs.Avant même cette vague de conquête du bâti,

certains acquéreurs se trouvant à Marrakech pour leplaisir ou encore pour investir, ont pu « réussir »l’intégration de la dimension patrimoniale locale dansleurs projets en respectant le cachet architectural deMarrakech, en utilisant les matériaux locaux et lestechniques de construction traditionnelles. Les changements rapides, les évolutions noncontrôlées et les tendances non décryptées dusecteur de l’immobilier dans la médina de Marrakech,en rapport avec l’arrivée massive des personnesintéressées, ont été largement favorables à laproduction de modèles et du bâti qui laissent àdésirer.

Patrimoine bâti, tourisme et défis de ladurabilitéLe patrimoine bâti en terre crue fait généralementpartie des modèles et des techniques de constructionpré-industrielle mais les acheteurs –restaurateurs,rénovateurs… appartiennent souvent à la civilisationpost-industrielle. Le débarquement dans la traditionet dans la culture locale différente des leurs est undéfi qui n’est pas sans risque sur ce patrimoine local. Ces étrangers, agissant sur le bâti ou montant desprojets de rénovation, s’appuient fréquemment surdes logiques professionnelles. Les réalisateurs desprojets , des constructeurs - producteurs du bâti -souvent des artisans apprentis, sont rarement desprofessionnels du bâtiment et spécialistes del'architecture. A chacun de ces deux typesd’intervenants, son savoir et ses représentations ce

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(1) C’est un lieu où se croisent divers savoirs et savoir-faire:berbères, arabes, andalous, africains, européens,musulmans, chrétiens, juifs, notables, riches, classesmoyennes et masse populaire.

(2) Nous disons temporaire du fait qu’à des raisons variées etcomplexes ce phénomène est répétitif au cours de l’histoire.Il arrive que Marrakech se développent et rayonne pour queses quartiers deviennent hautement denses et bienentretenus surtout aux moments où la ville assume lafonction de la capitale de l’empire ou du Royaume Chérifien.Mais, elle devient déserte ou presque aux moments decatastrophe ou de perte de la fonction de la capitale.

qui pose le problème du contact entre demandeur etl’offreur du service. Les raisons financièresl’emportent souvent sur l’échange culturel.Même si la restauration, la réhabilitation ou lareconstruction se font dans le respect, plus au moins,de l’architecture, les matériaux traditionnels et mêmele système de construction utilisés par les anciens, latraduction sur le chantier du rapport entre lesdifférents acteurs, l’acquéreur, le maître maçonmaalam, les intermédiaires rend la situation trèscomplexe :- Les vrais artisans maalmines deviennent

actuellement une monnaie rare. Cette situation decrise est provoquée par la croissance de la demandeet par la disparition d'un bon nombre d'entre eux dufait de leur conversion en maçons de béton ou par lafaible régénération de la profession. Les fauxartisans maalmines, cherchent les « bonnesaffaires ». Le secteur du bâti traditionnel devient àla limite au cœur de l’informel. Quelques jeunespromoteurs marocains nouvellement introduits dansle circuit du bâtiment, venant fraîchement parfoisd’autres villes, tentent à leur tour l'entreprise de larénovation et la construction de maisons dites riads.Les charges financières, les crédits, leurcompétence limitée dans la rénovation ou laconstruction du bâti traditionnel, laissent leurpréoccupation centrée essentiellement sur lesaspects financiers et bien décalée par rapport auxsavoir-faire locaux de la sauvegarde du patrimoine.La main d’œuvre, celle-ci dans sa majorité nonqualifiée et n'ayant pas de savoir faire pose unproblème crucial. Les modèles réalisés sur terrain nesont en grande partie que du clonage raté dansleurs conceptions, leurs styles, leurs matériauxutilisés, leurs décors…etc.

- Les acquéreurs peuvent devenir à n’importe quelmoment du montage et de la réalisation de leursprojets, des promoteurs immobiliers ou desinvestisseurs touristiques avertis cherchant desopérations vraiment bénéfiques. Leurs acquisitions

peuvent passer de riad, à fonction résidentielle, àdes maisons d’hôtes, à fonction commerciale. Lespropriétaires qui cherchent à tout prix séduire laclientèle de ce nouveau genre d’hébergementtouristique, essaient à tout prix de faire croire auxtouristes que toute la décoration interne fait partiedu patrimoine local. Pour avoir des permis d’habiterpour les nouvelles constructions, les porteurs deprojet intègrent du béton armé dans les bâtisses enterre crue même en cachette (poutres, charpentes…). Le lobby du ciment n’est-il pas donc l’agentdifficile à convaincre pour investir dans la terrecrue? Ces acteurs concernés par le patrimoine bâtin’adoptent-ils pas en fin de compte les affaires quimarchent ?

Dans de telle situation tout le monde en est perdant.La population locale dépossédée son patrimoine sousl’effet de la pauvreté et de l'exclusion, ou à larecherche de la modernité. Les acquéreurs dupatrimoine bâti achètent à des prix exorbitants etsont intégrés à des circuits informels et souventincompétents. Ils vendent ou plutôt achètent, dansbeaucoup de cas, des versions non originales dupatrimoine bâti. Les touristes qui deviennent de plusen plus bien avertis termineront par connaître laréalité. Les intermédiaires et les offreurs de servicesdans le secteur de construction termineront paraffaiblir leurs ressources. Mais le grand perdant enest, sans doute, les générations futures qui neconnaîtront par la version la plus originale de leurpatrimoine.Nous pensons que le développement durable desconstructions en terre crue doit combiner une bonneréflexion et d’une planification volontaristeharmonisant les actions, ce qui peut garantir lasauvegarde, et le transfert de notre patrimoine auxgénérations futures dans les précautions qu'ellessoient et peut éviter tout simplement le risque dedisparition de ce patrimoine par la négligence ou pardes actions menant à l’appauvrissement général dupatrimoine architectural local.

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ABSTRACT: This paper gives a view of a specificcontemporary earth building in Hungary. The owner-built home (for a family of 6) works well. In the last 10years they don’t had any problem with the building ina rural and harsh environment among the foothills ofMecsekA CSESZNOK-TANYA (ABALIGET) Az épület egy korábbi legelôn épült, részben a falufölé települve. A telek kialakítása és az épületelhelyezése lehetôvé teszi a saját célra történôélelmiszer termelését, az épület közelében konyhakerttalálható, illetve a lekaszált fû az állatok eledele a téliidôszakban.A tervezésben részt vett a család, a terveket acsaládot jól ismerô építész házaspár készítette. Atervezés során figyelembe vették azt is, hogy azépítésben a családtagok részt kívántak venni.Az épület tájolása megfelel a passzív-szolár elveknek,a déli oldalon futó tornác a magyar népi építészethezköti, az északi homlokzaton lefutó széles ereszmegvédi a szelektôl. Az épület formailag illeszkedik anépi építészet helyi elemeihez. A belsô kialakítás aközepes jövedelmû család számára megfelelôéletkeretet biztosít. A tágas földszinti kialakítás és agazdaságos tetôtéri helyiségek a család számáramindenféle élethelyzetben jól használhatóak.

A külsô falak döngölt földfalak, sártapasztással ésmészfestéssel. A belsô falak vályogtéglábólkészültek. Az építésben részt vett a tulajdonos, ésminden munkához helyi, falubeli munkaerôtalkalmaztak. Újrahasznosítot építôanyagokat (tetôcserép,faburkolat stb) is használtak. A külsô térben helyikôbôl burkolat készült. Az épület fûtéséhezbiomasszát használnak. A szennyvíz tisztításáraökológiai tisztító szolgál. Az épületbenkomposzttoalett van.A beépített energiatartalom az épület esetében 640 kWh/m21, ami igen kedvezô érték ökológiaiszempontból.Az éves energiafelhasználás a tapasztalati adatokalapján 120 kWh/m2/év, ami közepes érték, ésjavítható lenne a tornác egy részénekbeüvegezésével.Az épület további érdekessége, hogy a jó minôségmellett az épület bekerülési költsége alacsony volt,fôleg a saját munkaerô, az ütemezhetô építés, és akörnyezetben található anyagok-szerkezetek elônybenrészesítése, illetve a bontott anyagok megfelelôalkalmazása miatt.

CONTEMPORARY EARTH BUILDING IN RURAL HUNGARY

Agnes Novak (Hungary)ArchitettoSenior LecturerTechnical University of Budapest (Ungheria)Tel.: +36 1 3060394E-mail: [email protected]

(1) A BauBioDataBank segítségével számolt érték.

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5TH SESSION

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M O R O C C OMARRAKECH

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1 – Introduction au contexte Depuis la réforme de 1999/2000 concernant lesprérogatives et le fonctionnement de l’EcoleNationale d’Architecture de Rabat/Maroc (ENA), cetétablissement s’ouvre sur son environnement ets’engage de plus en plus dans des projets dedéveloppement qui intéressent la ville et le citoyen,des actions qui dépassent ses activitéstraditionnelles concentrées stricto sensu sur laformation d’architectes, et qui s’appuient entre autressur des synergies institutionnelles et échangesnationales et internationales.Cette politique d’ouverture s’est mise en place puisconsolidée, notamment, par les liens que l’ENA noueavec différents institutions et établissements deformation et d’enseignement étrangers. Ces liensprofitent, notamment, du soutien des services descoopérations tels que français, qui participent à lamise en place des programmes d’échange, et aveclesquels, le gouvernement et le Ministère de tutelleont des relations solides et privilégiées (Allemagne,Italie, Espagne, Canada…etc). En juin 2004 est conclue une convention entre l’EcoleNationale d’Architecture ENA et l’Ecole d’Architecturede Grenoble (EAG) représentée par le Laboratoire deRecherche CRATerre et la Chaire Unesco - Architecturede Terre, Grenoble, France. Cette convention est d’unegrande importance car elle va permettre l’initiationd’actions stratégiques à l’ENA dans le domaine de larecherche opérationnelle et la formation en ce quiconcerne en général la construction avec le matériau

terre. Cet accord de partenariat a été favorable à laformation de formateurs marocains et au soutientechnique pour la réalisation de projets, ce qui aeffectivement conforter l’installation récente et encours du Laboratoire des Architectures en Terre(LATerre) à l’ENA.

2 – Objet: Les Architectures en terreLe Maroc dispose d’une culture constructive en terreriche et diversifiée. Les territoires en question qu’ilssoient au nord ou au sud requièrent une dimensioncivilisationnelle. Ils résistent aux changementséconomiques et transformations sociales, et continuentà démontrer leur capacité d’adaptation. Ce patrimoinebâti, habitations vernaculaires rurales ou constructionsimposantes, continu à vivre dans plusieurs des cas, etce surtout grâce aux habitants qui s’y maintiennent. Le support focalisé autour des établissements humainsconstruits en terre ne peut être pris isolement de soncontexte territorial et environnemental. Nousconsidérons ainsi un positionnement de laproblématique spécifique aux cultures constructives deterre, par rapport à une problématique globale qui sedéveloppe autour de la question des conditions del’habitat vernaculaire et du « monde rural ». Les vallées pré sahariennes du sud marocain, entrecelles de la Moulouya et l’Oued El Abid jusqu’au basDrâa, regroupent une grande part de cet « héritage »,elles gardent encore des savoir-faire et des formesd'organisation d'habitat spécifiques à ces régions,elles témoignent d’une grande tradition architecturale.

LES ARCHITECTURES EN TERRE AU MAROC :DEVELOPPEMENT PAR LA FORMATION: LATerre – ENA

Abdelghani Tayyibi (Maroc)ArchitettoEcole Nationale d'Architecture de Rabat (Maroc)Tel.: +212 037 775 229E-mail: [email protected]

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Deux autres entités territoriales à lieux d’architecturesde terre existent à savoir, les « campagnes » etquelques centres historiques ou médinas. Ces dernières décennies, ces territoires paupérisés,ruinés et/ou abandonnés, connaissent un désarroiréel quant à leur capacité d’adaptation aux nouvellesconjonctures de « la modernité » survenue au niveaunational. En pleine déshérence, Ils sont voués à unedestruction irréversible en l’absence d’une actionvolontariste. Le rural perd de son image et de savaleur au fur et à mesure que l’urbain gagne del’intérêt et de l’importance. Le matériau terre est de moins en moins utilisé dansla construction, le pourcentage des habitations en pisédans le milieu rural a baissé entre les années 1985 et1991 de 81,3% à 72%. Dans le milieu urbain, lepourcentage a baissé entre ces deux années de 13,1%à 9,3%. Alors que le nombre des ménages rurauxoccupant des logements en maçonnerie est passé de14,3% à 26,5%1. D’ailleurs, cette tendance est perçue,voire vécue comme la garantie d’une meilleure soliditédes constructions et l’assurance de la salubrité deshabitations. Le déclin dans l’utilisation des matériauxlocaux qui en découle, dont la terre et la pierre, ainsique la perte des savoir-faire et des culturesconstructives locales ne semblent pas préoccuper.

3 – Etat de l’intervention La recherche scientifique et la formation :L’habitat vernaculaire au Maroc, majoritairementconstruit en terre ou en combinant la terre avec la

pierre, demeure un des parents pauvres de larecherche scientifique. Il ne bénéficie pas d'études etde réflexions précises et ciblées. Un lourd retard estenregistré à ce niveau. En 2001, Le Secrétariat d’Etat à l’Habitat déclare êtreencore en phase « ..de prospection des pistes derecherche à développer en matière d’analyse desinterrelations entre le logement et la population rurale ». Les recensements nationaux, principales sourcesd’information, notamment, pour les InstitutionsMinistérielles, dont ceux de 1982 et 1994,considèrent dans le parc logement une typologie quimélange souvent le rural, le bidonville et leshabitations sommaires. La consultation des travauxréalisés, surtout dans le secteur public ou semipublic: Ministères, Directions, Agences Urbaines,etc., révèle leur caractère sectoriel, ils sont faitsexclusivement par des architectes ou desaménageurs. Les dimensions économiques, socialesainsi que les interrelations entre la population et lelogement ne sont que très peu abordées. Les organigrammes des organes du Ministère del’Habitat et de l’Urbanisme pris en exemple, étantdonné qu’il est l’un des acteurs principaux à ce niveau,présentent des équipes et des structuresadministratives qui n’intègrent pas les compétencesappropriées à ce type de problématiques. Lesrecherches et études sur les établissements humainsen général et concernant le milieu rural en particuliersont occasionnelles ; elles répondent strictement àdes objectifs prédéterminés et uniquement à

Annexe du LATerre à Marrakech recemment dans la possession de l'ENA Atelier en cours de préparation du LATerre à l'ENA

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l’apparition de problèmes urbains cruciaux. Aussi, ladimension politique guide le contenu des recherches etreflète l’état de force existant entre l’Etat et la Société. Le Centre d’Etudes, de Recherche et de Formation(C.E.R.F.) créé en Août 1977 par le Ministère del’Intérieur et qui dépendait de la Division del’Urbanisme et de l’Habitat reste un bon exemple. Ilva très vite s’intéresser à la réalisation des travauxsur l’aménagement du territoire et des recherchesconcernant des questionnements du rural et del’urbain. L’équipe du CERF a réalisé dès ces années etentre autres l’importance de la maîtrise du foncierdans le contrôle de l’urbanisation et dansl’aménagement urbain et rural. Il est véridique qu'un début d’intérêt a été amorcé àpartir des années 1980 pour la recherche scientifiqueet la formation au sujet de la ville et desproblématiques urbaines et rurales, avec la créationd’universités et d’écoles d’enseignement supérieur, etl’apparition de nouvelles disciplines à savoir lagéographie, l’urbanisme et l’architecture (EcoleNationale d’Architecture ANA 1980, Institut Nationald’Aménagement et d’Urbanisme INAU 1981, InstitutNational des Statistiques INSEA, Ecole Nationaled’Aménagement Public ENAP…etc). Néanmoins, les travaux de recherche qui ont pu setraduire par des interventions spatiales deréhabilitation et de restructuration conséquentesrestent ponctuelles et principalement le fruit desoutiens apportés par des organismes tels quel’USAID, le PNUD, l’UNESCO..etc. Le Ministère de

l’Habitat a manifesté à partir de cette même époqueun vif intérêt pour le développement local en optantvers l’encouragement de l’utilisation des matériauxlocaux dans la résorption du déficit en logement «social », notamment, dans le milieu rural. La convention pour la coopération conclue entrel’Etablissement Régional d’Aménagement et deConstruction ERAC-Tensift dudit Ministère et leProgramme REXCOOP du Ministère Français « PlanConstruction », atteste de cette politiquevolontariste. Deux programmes de construction delogements à faible coût, de représentation et dedémonstration, « Marrakech 83 » et le « Domainede la Terre » sis à l’Ile d’Abbeau à Lyon, ont étéprogrammés et menés simultanément. Le souci de formation faisait partie du projet et sefaisait en grande partie dans les chantiers et à traversles expérimentations. Un enchantement a étédéclenché au niveau des Pouvoirs Publics suite à laréussite de cette opération expérimentale au Maroc,cependant, il a entraîné très peu de réalisations ça etlà à travers les régions du sud marocain et en corsmoins à mobiliser des programmes de formations. Il est à constater ainsi la défaillance de ces bonnesinitiatives à être continues et génératrices d'effetsd'entraînement dans l'absence d'une action despouvoirs publics et des institutions impliquées. Laproblématique est beaucoup plus complexe. Une prise de conscience revoit le jour ces dernièresannées pour une tentative de prise en main de cetteproblématique. Des initiatives de personnes militantes,

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Bureau du LATerre à l'ENA Détail d'un Akfaf (dépassement de la toiture traditionnelle), AïtBouguemmaz, Région Tadla Azilal Aout 2005

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et la montée en pouvoir de décision d'autres, qui sontconscientes du danger que court ce patrimoine,commencent à déclancher des actions significatives.Cette conscience et ces actions sont plus que jamaisdans le besoin d’une volonté politique décisive afind’arriver à mobiliser l’ensemble des dirigeants et de lasociété civile, et de traduire les travaux de recherchedans des projets opérationnels. Il s’agit en effet dulevier indispensable qui est capable de donner dusouffle pour mener à bien les objectifs du départ. Untravail de sensibilisation est donc incontournable.

4 – Evaluation des manquements encompétences Des manques de compétences et de profils adéquatsà la construction et l’intervention avec les matériauxlocaux dont principalement la terre, ont été identifiéspar les ministères de la culture et de l’Habitat et del’Urbanisme, en vue éventuellement de mettre enplace des formations à ce sujet. Ils se résument dansles points suivants :• Absence d’architectes spécialisés formés pour la

construction, la restauration et la conservation ausein du Ministère de la culture en tantqu'inspecteurs de monuments historiques ou entant que maître d'œuvres privés que le ministèreappelle pour les différentes opérations derestauration qu'il entreprend. Ces différentsintervenants ont une difficulté d’élaboration descahiers des charges selon les théories et lesméthodes de conservation et de restauration.

• Absence d’architectes et intervenants (urbanistes,économistes, sociologues…) formés aux savoirs liésau patrimoine bâti et aux tissus constitués tradi-tionnels qui peuvent intervenir dans l’aménagement etla mise à niveau des villes marocaines. Les nouveaux outils de planification et d’urbanismeexigent des compétences de reconquête desterritoires patrimoniaux, notamment, les centreshistoriques et l’habitat vernaculaire relevant dupatrimoine, ainsi que les ksours et les Kasbahs,pour une mise en valeur adéquate.

• Dans le cadre de la déconcentration, le Ministèrechargé de l’Habitat et de l’Urbanisme a délégué lesuivi de la réalisation des Etudes ArchitecturalesRégionales, des Etudes Architecturales et Plans deSauvegardes des médinas au Agences Urbaines etaux Directions Régionales de l’Habitat et del’Urbanisme. Un besoin est ainsi ressenti en termed‘architectes spécialisés au niveau local, que nouspouvons estimé à 16 architectes spécialisésminimum (Un architecte par région, soit au niveaud’une Agence Urbaine ou au niveau d’une DirectionRégionale de l’Habitat et de l’Urbanisme soit unevingtaine d’architectes au niveau national).

• Manque de techniciens chargés du suivi destravaux pendant les interventions.

• Manque de techniciens ou profils intermédiairesentre l’architecte et le mâalem (maçon),notamment, en considérant la nécessité de couvrirle territoire national de documentsIconographiques, Photos, relevés, restitutions,

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enquêtes, etc. Ce manque peut être estimé à unetrentaine de techniciens qualifiés.

• Manque d’artisans et de personnel d’encadrement.La formation d’architectes spécialisés serait d’uneefficacité réduite si elle n’est pas accompagnée del’existence de corps de métiers capablesd’interpréter correctement leurs directives, carl’orientation actuelle des techniques deconstruction entraînerait la disparition progressivede la plupart des métiers traditionnels.

L’analyse des besoins exprimés par les deuxministères et les discussions entre les membres ducomité « formation patrimoine » a permis d’identifiertrois niveaux de praticiens à former :

• Le niveau cadre supérieur ;• Le niveau technicien ;• Le niveau mâalem.

En plus de ces formations majeures, des formationscontinues et ponctuelles, et des formations trèsspécifiques pour un nombre très restreint departicipants ont été identifiées.

5 – Le LATerre / ENA - RabatL'Ecole Nationale d'Architecture de Rabat débutedans une action importante dans ce sens. Plusieursétudes de recherche et projets opérationnels sontprogrammés et portent sur une intervention efficace,globale ou ponctuelle, au sujet des culturesconstructives en terre. La signature de la dernièreconvention, qui date de juin 2004, avec l'Ecoled'Architecture de Grenoble, représentée par le

Centre CRATerre et la Chaire Unesco - Architecturede terre, démontre de la volonté de cetétablissement à forger un processus durable pourl'intervention. Le LATerre, Centre de recherche etd’expérimentation spécialisés dans lesArchitectures de terre au Maroc, est mis en placesuite à ces initiatives et ce depuis juillet 2005. Les objectifs spécifiques de ce chantier participent àdes objectifs généraux que se posent les différentesinstitutions concernées par ce domained'intervention, notamment l'Ecole Nationaled'Architecture, et qui relèvent en effet de :• La revivification et la préservation des

Architectures de terre au Maroc ; • La sensibilisation des différents acteurs à la valeur

du patrimoine et des cultures constructives desmatériaux locaux dont terre, ainsi que le potentielde ces cultures à participer dans la production d'uncadre de vie intégré et d'un environnement durable;

• La valorisation des Architectures et des culturesconstructives de terre au profit d'une croissancesociale et/ou économique durable.

Les objectifs spécifiques se lient au développementde la formation, la recherche et les applications ausujet du matériau terre : cultures, architectures,savoir-faire et techniques. Ce domained'intervention est l'une des pièces maîtresses quifavorisent la pérennisation des actions. Il estindispensable dans le contexte marocain, carmalgré les potentialités et les atouts existantes, lepays manque de structures et de moyens humains

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qualifiés et à compétence professionnelle. Il s'agiten effet du chaînon manquant entre le constat etl'action. Le montage du Laboratoire et d’une formationspécialisée terre à l’ENA suit un plan d’action clair,qui se fixe les objectifs spécifiques suivants : • Mener et développer la recherche scientifique au

sujet de la construction et des Architectures enterre (Plusieurs projets à caractères global etspécifiques sont en cours de réalisation) ;

• Développer les connaissances au sujet du matériauet des techniques de construction avec la terrespécifiques au contexte du Maroc ;

• Approfondir les recherches concernant les savoirsfaire et les techniques locaux; les capitaliser et lespromouvoir ;

• Assurer dans le cours terme des programmes deformation, au profit des étudiants architectes del'ENA à cours terme. D'autres programmes sont àassurer dans le moyen terme, et ce sous forme deséminaires et formations continues pour lesprofessionnels, constructeurs, etc.

Le LATerre se structure autour de quelques programmesde recherche et projets de développement qu’il initie.

6 – Activités du LATerre 1) Activités liées à l’enseignement, intégrées au

programme pédagogique de l’ENA : Le LATerre initie une action qui consiste à développerdes thèmes et sujets de recherche qu’il propose etpartage avec des étudiants de troisième cycle de

l’Ecole Nationale d’Architecture ainsi qu’avec desdiplomables. L’objectif étant de faire évoluer laréflexion au sujet des cultures constructives en terre etle patrimoine matériel et immatériel y afférent, au seind’équipes pluridisciplinaires et à profils différents.Dans ce sens six étudiants de troisièmes cycles sontinscrits pour des stages ou des mémoires de find’études assistés et prévus à encadrement par leLaterre à partir de janvier 2006. Deux conventions pourdeux projets différents mais qui concernent la mêmerégion Tadla-Azilal ont eu un accord de principe, et sonten cours de réalisation afin de cadrer cette action.Le LATerre voudrait s’engager dans l’enseignement dela construction en terre. Ce projet complètera laformation dispensée dans l’atelier « patrimoine »programmé à la 5ème année du cursus. et développeral’initiation timide donnée sous forme d’un exerciced’atelier d’architecture à la fin de la 1ère année. 2) Activités liées à la formation de formateurs marocains:Deux architectes ont démarré depuis janvier 2005 uneformation spécialisée de 18 mois correspondant auDiplôme d’Etudes Supérieures Appliquées DESA Terre,dispensée par le Centre CRATerre à l’Ecoled’Architecture de Grenoble. Ces architectes assurerontà terme de cette formation un enseignement spécifique,notamment, à l’Ecole Nationale d’Architecture au sujetdes métiers de la terre et du patrimoine en terre.3) Participation à des projets de recherche et de

développement :Le LATerre commence à avoir des demandes departies nationales et internationales à participer à la

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Groupement le long d'un chemin, Village Tabant, Aït Bouguemmaz, Aout 2005 Matériels spécialisé dans la CONSTRUCTION EN TERRE à l'ENA

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réalisation d’études et/ou projets à caractère socialet communautaire. Actuellement deux projets sont encours d’initiation pour lesquels des conventions vontêtre conclues entre les partenaires :– « Etablissement d’un guide référentiel au sujet des

techniques de construction en terre dans la régionde Tadla-Azilal » ;

– « Construction d’une plate forme dans la vallée d’AïtBouguemmaz pour la promotion du matériau terre etla formation aux cultures constructives locales ».

4) Développement de la recherche- développementet des applications du matériau terre :

Le LATerre coordonne et pilote au niveau de l’ENAl’étude stratégique concernant la normalisationparasismique concernant la construction et laréhabilitation des établissements humains en terre.Ce projet est actuellement à sa phase préliminaire.Le LATerre participe aussi et dorénavant avec leLABHaut aux diffrentes interventions et manifestationsculturelles et de recherche concernant le projetCULTURA 2000 « Houses and Cities Built with Earth »5) Montage effectif du Laboratoire :Ce Centre occupe actuellement un local faisant office

d’un lieu de travail et de réunion. Un atelier estégalement mis à sa disposition et qui regroupe lematériel et des tables et autres outillages destinés àêtre organisé et structuré pour dispenser unenseignement et réaliser des expérimentations.L’ENA a récupéré pour le LATerre un matérielintéressant en juillet 2005 de la part de l’ERAC Tensiftspécifique à la construction en terre et auxexpérimentations y afférentes. Ce matériel est venuconforter le matériel déjà en sa possession.l’ENA a également prit possession d’un ancien Institutde formation de Technologie IFTAU, pour restaurationet réhabilitation en un Centre de Formation spécialisédans les métiers du patrimoine en terre.Le LATerre bénéficie de deux conventions avec :– L’Ecole d’Architecture de Grenoble représentée par

le Centre CRATerre et la chaire UNESCO ;– L’établissement régional d’aménagement et de

construction de Tensift.Et il est en cours d’élaboration d’autres partenariats detravail, d’échange et de coopération avec, notamment :– La Région de Tadla-Azilal ;– L’Université de Stuttgart des Sciences Appliquées.

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(1) « POPULATION ET HABITAT RURAL, LEPOINT SUR L’EXISTANT »,Direction de la Promotion Immobilière, Secrétariat d’Etat àl’Habitat, 2001. Voir page 3.

(2) « POPULATION ET HABITAT RURAL, LEPOINT SUR L’EXISTANT »,Direction de la Promotion Immobilière, Secrétariat d’Etat àl’Habitat, 2001.

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IL RECUPERO DEI FOUNDOUK URBANI E LE TRASFORMAZIONI IN ATTO TRA MARRAKECH E LE CITTÀ DEL MERIDIONE EUROPEO

Marco Cadinu (Italia)ArchitettoDocente a contrattoUniversità di Cagliari (Italia)Tel. +39-070-6755807E-mail: [email protected]

I notevoli cambiamenti dovuti al grande successoimmobiliare e turistico di Marrakech, peraltro nondissimili da quelli in corso nelle grandi città turisticheeuropee, stanno portando notevoli squilibri nell’assettosociale ed economico, anche con l’introduzioneincontrollata di modelli e riferimenti culturali estraneialla cultura tradizionale locale. Così come è accadutoin un recente passato in Europa, la casa tradizionaledella Medina viene indicata come luogo di povertà edegrado, sconveniente da recuperare, attivandoprocessi di speculazione immobiliare e sostituzionedella popolazione nel centro storico. La mancanza diesempi di recupero semplice ed efficace, effettuatocon quelle tecniche tradizionali ancora molto presentiin Morocco, alla portata quindi della popolazione delleMedine, conduce al crescente degrado del patrimonioed alla idealizzazione dei nuovi tipi di abitazione neinuovi quartieri, spesso venduti a caro prezzo allapopolazione meno abbiente benché realizzati contecnologie prefabbricate ormai dismesse da tempo inEuropa e comunque del tutto inadatte ai climimediterranei. Alcune delle strade percorse negli ultimi quattrodecenni dai paesi europei, che hanno portato spessoalla radicale destrutturazione dei centri storici, allaperdita delle tradizioni del costruire e dei modelliabitativi, alla trasformazione in chiave turistica dellecittà - spesso con la perdita degli originari caratterimedioevali conservati fino alla metà del XX secolo -sono ormai state intraprese anche dal Morocco1. I processi del recupero appaiono ormai legati

all’edilizia industrializzata: le case d’abitazione nellaMedina, i riad, ampliate e recuperate con blocchetti dicemento e intonacate con mortificanti intonacicementizi destinati a degradare definitivamente lemurature in terra cruda, sopportano con difficoltà inuovi sistemi impiantistici, creando notevolisbilanciamenti nell’economia del cantiere e soprattuttonell’economia familiare della gente comune. Nei casidi recupero di livello più elevato, generalmente gestitocon capitali e su proprietà di stranieri, alla ricostruzionequasi integrale in cemento armato si sovrappone unrivestimento di elevata qualità ripreso dalle tecniche edagli artigianati locali (legno intagliato, gessointagliato plâtre, mosaico zellije, intonaco tadelakt): adun aspetto certamente curato e ricco corrisponde unrisultato scontato e ripetitivo, rispondente ad unimmaginario da rivista patinata europea più che allarealtà dei famosi tradizionali “interni marocchini”; illivello generale del recupero d’elite, se pur sofisticatosul piano impiantistico, risulta ormai anonimo e privo diqualità intrinseca, quella qualità presente invece neirecuperi più aggiornati e filologici, capaci diinterpretare lo spazio e la materia dell’architetturaoriginale lasciando da parte gli effetti di mediocrequalità richiesti dal medio investitore europeo. Si trattadi una qualità frutto di un processo di recuperosostenibile che già da tempo interessa fasce alte delmercato immobiliare nelle città d’arte europee e i cuiprezzi sono ben più elevati rispetto ai recuperi basatisulla semplice imitazione dell’aspetto storicodell’architettura.

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Si deve certamente sottolineare il peso delle venditee delle trasformazioni di case d’abitazione (i riad) inmaison d’hotes, ormai stimate in oltre 6502 nella solaMedina di Marrakech. Ma non ostante la dimensionedel fenomeno – continuamente indicato in termininegativi e additato come grande fattore che staportando a radicali cambiamenti socioeconomici -questo non ci sembra affatto il problema principale diMarrakech. La dimensione delle trasformazioni della Medina – unorganismo urbano di complessità e valori enormi inconfronto alla dimensione del fenomeno maisond’hotes - è infatti ben più grave e pesante su altrifronti. Si tratta infatti di considerare i problemiderivanti dell’inserimento di impianti nuovi esottoservizi pubblici, del cambiamento delle superficistradali, del sovraffollamento dovuto alla crescenteurbanizzazione, del degrado dell’edilizia abitativacomune - quella appartenente agli altri 200.000abitanti insediati all’interno delle mura - della perditadi punti di riferimento nella lettura enell’interpretazione del sistema urbano storico diorigine medievale, il vero patrimonio della Medina diMarrakech. I reali valori della città medievale di Marrakech,drammaticamente messi in crisi negli ultimi tredecenni, costituiscono infatti un modello culturaleancora vivo e su cui fare di riferimento per una piùcorretta programmazione e per il governo delletrasformazioni ormai in atto. La natura delle Medinedel Maghreb, Marrakech in particolare, si misura

innanzitutto sul carattere sociale e sulla grandearmonia del ritmo tradizionale di vita quotidiana dellanumerosa popolazione insediata. La popolazione dellaMedina, all’apparenza così chiusa nella propria logicadi quartiere e nella riservatezza della propriaabitazione a corte, è in realtà molto apertamenteproiettata verso lo spazio pubblico della città, forsepiù di quanto lo fosse la popolazione delle cittàpreindustriali europee.La casa della Medina, il riad (almeno ad una letturadel suo assetto originario), è una casa senza impianti,o con attrezzature private assai ridotte, e vive grazieall’esistenza di notevolissime dotazioni impiantistichepubbliche nel quartiere e nella città. Alla poca acquadisponibile in casa si contrappone una ricca dotazionedi fonti pubbliche, abbondanti ed efficienti; allaminima presenza di lavacri e latrine nella casasupplisce la capillare presenza di bagni pubblici – glihammam – di tutte le tipologie e dimensioni, cui lapopolazione continuamente fa riferimento; l’assenzadi frigoriferi e grandi dispense è possibile grazie agliinnumerevoli punti di vendita di alimentari di tutti igeneri, diffusamente presenti – oltre ai souk – nelleprincipali vie e dove la spesa del cliente medio èmolto frequente e davvero minima, giusto ilquantitativo di ingredienti necessario per il pasto incorso di cottura; i forni in casa sono di norma assentima i ragazzi percorrono rapidamente la breve stradaverso il forno pubblico della loro zona col vassoiodelle pagnotte appena lavorate in casa, per la cuicottura si paga con un pane ogni quindici.

Un grande foundouk nel centro della Medina di Marrakech, utilizzatosolo per occasionali usi abitativi (foto M. C.).

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Un foundouk sulla darb bab Doukkala, vicino al souk, adoperato da artigia-ni del ferro (foto M. C.).

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In questo senso il confronto con la città medievale delsud Europa appare più misurato e possibile;particolarmente nei centri rurali del mezzogiornoalcune di queste modalità organizzative – quali adesempio i forni di quartiere in Sardegna o le logichedi vicinato - sembrano essere sopravvissute fino atempi non lontani. Certo la trasformazione degliassetti tardomedievali delle città dell’Europameridionale hanno marcato differenze via via piùnotevoli: si pensi ad esempio alla sistematicachiusura dei bagni e delle stufe pubbliche dal XVIsecolo in avanti, una volta presenti in tutte le città, oalla trasformazione in senso signorile e borghese dimolti quartieri urbani medievali mediantesventramenti urbanistici ed espulsione delle fascepopolari dal tardo medioevo in poi. Questo genere di delicati equilibri sociali e di usocorrelato del patrimonio abitativo e urbano cisembrano, ad una osservazione peraltro certamentenon completa della realtà politica ed urbanistica diuna città così ampia e complessa come Marrakech,ampiamente sottovalutati3. Sono modalità e tradizioniassolutamente ancora vive e presenti, il veropatrimonio dell’umanità della città, su cui agirepreservando e tutelando tutte le funzioni pubbliche aservizio della residenza tradizionale, a cominciare daquelle su elencate per giungere alla ridefinizione delmercato dell’edilizia per il recupero abitativo; altempo è necessaria un’esemplare azione legislativa edi recupero pilota di architetture e spazi pubblici, dinuove costruzioni nella città nuova, effettuate con

l’utilizzo delle maestranze e delle tecniche costruttivetradizionali. A queste azioni deve essere associatauna nuova grande opera dal forte significatosimbolico: il recupero e la riabilitazione di tutti ifoundouk della Medina. In assenza di simili provvedimenti il titolo assegnatonel 1985 dall’Unesco alla città ci pare solo unriconoscimento alla memoria di un bene oggi non piùtutelato e in declino.Foundouk. Se la città è un corpo complesso,costituito in maggior parte da un esteso tessutoconnettivo rappresentato dalla proprietà privata aduso residenziale, i foundouk sono uno degli organiprivilegiati di questo corpo, uno dei sistemi vitali oggiabbandonati, benché dotati di pari dignità rispetto aitradizionali grandi organi della città islamica: la retedegli edifici religiosi, il sistema dei souk, il complessodelle proprietà imperiali e di governo4.Gli edifici in questione, sovente tramandatisi dalmedioevo attraverso i secoli proprio per il lorocarattere originario di proprietà pubblica, hanno subitouna crisi progressiva di attribuzione funzionale dovutacerto ai loro cambi di funzione ma anche alladispersione del loro regime di utilizzo: in origine luoghiper l’ospitalità gratuita ed obbligata dei mercantistranieri sono oggi affidati a gruppi di artigiani ehanno seguito sorti diverse sebbene siano rimastispesso inalienati; e se pure privatizzati hannomantenuto la loro forma tipologica originaria adispetto di molteplici trasformazioni delle loro funzionie dei passaggi di proprietà o di gestione. Questo

Un foundouk sulla darb bab Doukkala, vicino al souk, adoperato da artigia-ni del legno (foto M. C.).

L’Africa (il Morocco) sussurra qualcosa all’orecchio dell’Europa (laSpagna): immagine che adottiamo quale auspicio di una reciproca coope-razione e di comuni interessi economici e culturali (particolare della cartadel Mediterraneo di Opicino de Canistris, XIV secolo, nord a destra), (Cod.Vat. Lat. 6435 f.53v).

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importante fattore rende oggi i foundouk molto benriconoscibili all’interno del denso tessuto abitativo, lecui serrate logiche di sviluppo e aggregazione si sonodi norma svolte nei secoli sempre rispettandoli, qualibeni al di fuori delle logiche di utilizzo abitativo e deimovimenti di frazionamento e ricomposizione dellaproprietà privata.Appare sorprendente trovare nelle Medine delleprincipali città imperiali del Morocco numeri così alti difoundouk (ad esempio circa 200 a Fes, circa 140 aMarrakech)5, cui fanno eco i numeri provenienti daosservazioni effettuate in luoghi più lontani quali ilCairo, Tunisi o Istanbul. L’alta percentuale di foundoukinutilizzati, fatiscenti o semidemoliti, si confronta conquella dei foundouk occupati a diverso titolo, comunquein condizioni di generale sottoutilizzo e bisognosi di unrecupero, anzi di una riabilitazione non solo strutturalee architettonica ma soprattutto sociale6.Abbiamo analizzato alcuni aspetti dei foundouk diMarrakech disposti lungo la direttrice tra una delleporte occidentali della Medina – la Bab Doukkala – ei Souk, particolarmente all’innesto con la darbMouassine. Si individuano una decina di foundouk instretta relazione tra loro, in molti casi adiacenti, oggiadoperati per funzioni artigianali o di deposito,generalmente in notevole condizione di degrado.E’ evidente che la potenzialità dei sistemi deifoundouk nel recupero delle medine e di molte cittàstoriche mediterranee non è stata, nonostante alcunipositivi esempi, ancora percepita in pieno7. Si trattainfatti di un patrimonio di altissima qualità sia per la

forma e la struttura delle singole architetture sia perla loro strategica posizione nel tessuto urbano storico.La corretta reinterpretazione delle loro funzioni,naturalmente da supportare con adeguate analisi eoperazioni di corale strategia del sistema storico eurbanistico delle città, può cambiare il cuore delleMedine. I foundouk sono per lo più esterni allelogiche del mercato immobiliare privato; è necessariaquindi la presa di coscienza del governo, laformulazione e la promulgazione di una leggemisurata sul carattere del problema, capace diraccogliere le esigenze sempre più evidenti diriqualificazione delle città storiche, vera forza esimbolo del Morocco. In definitiva interpretare il salvataggio e larinascita dei foundouk quale grande operapubblica nazionale, degna di ricevere specialiattenzioni, riqualificazioni urbanistiche e sociali,investimenti e proposte anche dalle nazioni straniere.Funzioni. La reinterpretazione del ruolo originario deifoundouk nel sistema urbano può costituire in effettiuna potente risorsa per il riequilibrio e la riattivazionedi funzioni perdute all’interno di moltissime grandicittà del Mediterraneo, in particolare di quelle dellasponda africana ma non solo. Anche alle porte deiprimi nuclei medievali delle città della Sardegna sonopresenti un rilevante numero di corti chiudibili dallecaratteristiche tipologiche e urbanistiche del tuttoassimilabili ai foundouk delle città del Mediterraneomedievale; il caso sardo si aggiunge alle valutazioniproposte da studi in area siciliana, iberica e più in

Tre antiche corti osteria osterie, di cui due confinanti lungo il borgo dientrata occidentale a Cagliari, identificabili come strutture di fondacimedievali per la loro forma catastale, la dimensione, e il collegamento conla via principale tramite un portico e una arco; di uno si conserva un’im-magine d’epoca attestante il porticato al primo livello (da Cadinu 2001).

Due corti urbane a Sassari (a sinistra) al limite del primo nucleo medieva-le della città e tre corti urbane esterne al primo nucleo murato di Bosa,nelle quali è possibile riconoscere i caratteri catastali e funzionali dei fon-daci medievali (da Cadinu 2001).

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generale nelle città mercantili del Mediterraneoeuropeo e islamico, dotate di strutture urbanisticheper il commercio ampiamente confrontabili8. AValencia ad esempio, non ostante le granditrasformazioni portate nel centro storico dal medioevoin avanti, permane l’Almudin, sede medievale deimercanti del grano, su una tipica struttura di fondaco;in molte città siciliane sono documentate sedi dimercanti e fondaci; si ha testimonianza della sosta aMessina di Ibn Gubayr che viene accolto nel fondaco(evidentemente degli andalusi) nel 1184-5 per novegiorni9. La sopravvivenza delle corti fondaco confunzioni di osteria o deposito – ben attestata fino allafine del XIX secolo anche in Sardegna - ovvero il loroassorbimento nel tessuto urbano sotto forma di corti opiazze, ha facilitato il loro riconoscimento nellastruttura altrimenti molto omogenea delle cittàmedievali di Cagliari, Bosa e Oristano10; il recupero delloro ruolo, o dei vuoti urbani spesso ancora disponibilisui loro siti originali, permetterebbe la riscoperta dellaloro utilità e la riattivazione di luoghi pubblici dioriginale significato e fascino11.I foundouk di origine medievale si collocano neisistemi urbani secondo modalità ricorrenti, almeno inuna prima fase di formazione. La loro posizione -funzionale all’accoglienza dei mercanti stranieri – èscelta sulle strade di principale ingresso alle città,assi territoriali e vie di collegamento di notevoleimportanza; una prima fase di posizionamento fuoriporta, dovuta alla chiusura delle città verso gli ospitistranieri, permette di considerare tra i primi impianti

quelli che sorgono immediatamente al di fuori dellaprima cerchia muraria. I foundouk sono poi inclusiall’interno delle mura definitive, generalmentestabilite nel XIII o XIV secolo, quando la ormaiposizione dei mercanti all’interno dei sistemi urbaniviene considerata lecita.Alla crisi dei foundouk delle città del Mediterraneocorrisponde la crisi dei valori della città storicamediterranea, affidata alle sole logiche di mercato, ademolizioni e incoerenti trasformazioni tipologiche earchitettoniche, ad interventi di scarsa qualità suglispazi e sugli edifici pubblici di carattere nonmonumentale. La sottovalutazione clamorosa dellemolte centinaia di foundouk urbani presenti ancoranelle medine del Morocco (e dei pochi elementisuperstiti in terra europea), spesso descritti econsiderati negli scritti sulle città islamiche - ma solodi rado correttamente apprezzati e interpretati -certamente deriva anche dallo scarso peso dato alloro significato originario negli studi sull’architetturae sulla città mediterranea medievale12. Si deve rivalutare la forza di tali luoghi, simbolo di unafase storica in cui Europa e Africa, in una strettaalleanza commerciale fatta di concessioni e privilegireciproci, intessevano le maglie della storiamedievale e moderna. I foundouk sono i luoghi e gliscenari privilegiati di questi scambi, ancora daconsiderare prospettiva conveniente e di reciprocointeresse; sono un simbolo di terra straniera in cittàlontane, luogo di scambio internazionale e vetrina diesposizione commerciale e culturale.

Particolare di una veduta aerea della Medina di Marrakech della metà del XX secolo, con in evidenza al centro dell’immagine la serie delle corti dei foun-duk citati, ben riconoscibili per le loro notevoli dimensioni intermedie tra le corti dei riad e quelle delle grandi moschee.

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(1) Si veda l’attenta analisi del fenomeno del turistico nelleprincipali medine del Morocco e della sua sostenibilità inalcuni recenti studi tra i quali Rachida Saïgh-Bousta,Tourisme, interactions culturelles et developpement durable(exemple d’espaces francophones), pp. 99-106, testo dellaécole doctorale internazionale de tourisme, Università CadiAyyad (Maroc). Si veda anche Said Boujrouf, Acteurs etterritoires touristiques de Marrakech, in “Geocarrefour”,vol.76, 2/2001, pp.91-97.

(2) Dato citato in Adam Wade, Jazouli: “Marrakech ne doit pasêtre bradée”, in Aujourd’hui. Le Maroc, 4-5-2005, n.892. Lemaison d’hotes, una volta semplici case d’abitazione,vengono oggi adoperate come case albergo e almenopermettono ai turisti di vivere nella Medina e in una casa acorte tradizionale, evitando le offerte a 4 e 5 stelle delmercato alberghiero internazionale posizionate nella cittànuova.

(3) Gli studi sulla città islamica degli ultimi decenni, se purericchi di approfondimenti analitici, trascurano la letturadell’organismo storico e la funzionalità sociale del sistemaurbano. Alcuni aspetti del vivere tradizionale nel Morocco,ormai registrabili anche negli ambiti nuovi, quali periferie equartieri illegali, sono ben analizzati in Maria GabriellaTrovato, Il paesaggio della prossimità nelle realtà urbane delMorocco, Gangemi, Palermo 2004.

(4) Questi edifici, grandi corti porticate a due o più livelli indiretta comunicazione con le strade principali di accesso aimercati della città, non godono oggi di particolari privilegi nèdi natura vincolistica o monumentale, nè sul piano dellastoria degli studi d’architettura o sulla città. Confusi spessocon i caravanserragli lungo le piste e nel territorio, dati ormaiper perduti, i foundouk urbani costituiscono ancora unarisorsa primaria per il recupero delle medine magrebine.

(5) Vedi su Fes la citazione in Ennio Concina, Fondaci.Architettura arte e mercatura tra Levante, Venezia eAlemagna, Venezia 1997, p. 50, secondo un censimento delXIV secolo; su Marrakech si confrontano dati da differentifonti: sono 135 secondo il documento inedito dellamunicipalità di Marrakech, Foundouk, enquête, 1972, citatoin Quentin Wilbaux, La médina de Marrakech. Formation desespaces urbains d’une ancienne capitale du Maroc,L’Harmattan, Paris 2001, p. 116; sono 145 secondo laMonographie locale de l’environnement de la ville deMarrakech, ONUM (Observatoire National del’Environnement du Maroc), p. 51.

(6) E’ esemplare in questo senso l’azione di recupero pilotaportata in alcuni foundouk dall’arch. Fa?ssal Cherradi –Ispettore dei Monumenti della città di Marrakech - che tendea recuperare il bene architettonico ma soprattutto ariabilitare l’ambiente di lavoro e di vita di coloro che loadoperano, mantenendo gli equilibri interni al sistemasociale e migliorando l’assetto dell’ambiente lavorativo. Alcollega Faïssal Cherradi esprimo un sincero ringraziamentoper aver permesso a me e ai colleghi del progetto Cultura2000 “Le città e le case della terra cruda” una interessantepresa di contatto con la realtà locale nell’aprile del 2006, cuiaggiungo il miglior augurio per l’importante azione da luiintrapresa sul patrimonio della città.

(7) Bellissimi e raffinati esempi quali il foundouk Nejjarin a Fes– oggi museo del legno – non sono sufficienti a garantireun’azione capillare e diffusa quanto erano i foundouk dellacittà; è necessario recuperare in modo più semplice maestendere a centinaia di edifici l’azione secondo un pianospeciale programmato con molta cura e competenza,considerando le differenti tipologie dei fondaci urbani, il lororuolo storico e la compatibilità delle loro destinazioni d’uso.

(8) Vedi Marco Cadinu, Urbanistica medievale in Sardegna,Bonsignori, Roma 2001, pp. 147-149 e tavv. 52-53 pp. 168-9.Più in generale sul caso sardo vedi Idem, Tradizione

insediativa, modelli architettonici ed influenza islamica inSardegna, in A. Casamento, E. Guidoni (a cura di), Le cittàmedievali dell’Italia meridionale e insulare, “Storiadell’Urbanistica / Sicilia IV”, Atti del Convegno, Palermo, 28-29 novembre 2002, Kappa, Roma 2004, pp. 72-82. Lenumerose alhondigas o alfondegas ispanomusulmanevengono considerate nel Privilegio General che la Corona diAragona promulgò nel 1283 nel quale si dispensava chiunquedall’obbligo di prendervi alloggio. Si veda anche in L. TorresBalbas, Las Alhóndigas hispanomusulmanas y el Corral delCarbón de Granada, in “Al Andalus”, XI, 1946, pp. 447-480.Una stimolante trattazione generale del ruolo dei fondaci neltempo medievale è in Peyer H.C., Von der Gastfreundschaftzum Gasthaus. Studien zur Gastlichkeit im Mittelalter,Hannover 1987, ed. it. Viaggiare nel medioevo. Dall’ospitalitàalla locanda, Roma-Bari 1997.

(9) Si veda in Angela Mazzè, Tipi edilizi nel paesaggio urbanodella Sicilia medievale, pp.104-6, ibidem; anche in ElenaPezzini, Alcuni problemi relativi all’uso delle fonti notarili perlo studio dell’edilizia privata a Palermo (fine XIII prima metàdel XIV secolo), ibidem, pp. 205-8, si rilevano testimonianzesui fondaci medievali di Palermo e la conferma di alcunicostruiti in terra o tabia. Straordinaria la descrizione riportatadi un fondaco di Palermo citato nel Decamerone di Boccaccio,ivi, p. 218.

(10) A Cagliari lungo Su Brugu (cfr. ASC, Cessato Catasto. Le cortidette Osteria Sa Sciarra e S’Ecca Manna, all’arco diPalabanda) e su via San Lucifero parte alta, a Bosa pressol’antico porto, oggi le piazze di Corte Intro, a Oristano fuoriporta su via Tirso. Ulteriori spazi urbani riconducibili a cortichiudibili sono identificabili a Sassari, Corte del Vaglio, e aIglesias. Il nome della strada lungo le mura di Bosa, e chedefinisce il perimetro esterno della Corte Intro, porta il nomedi Via Anzena, ossia Via Straniera. Ci pare un indizio nonsecondario che conserva forse la memoria della anticafunzione di corte chiusa riservata agli stranieri; poco oltrealtre due corti sono limitate da una strada denominata nelcatasto storico via Franzina, con analoga memoria delfondaco veneziano in un centro vicino a Bisanzio, che le fontiricordano ...in Rodisto, iuta locum qui dicitur Fontega, in rugaFrancigenorum, foras muros civitatis... (documento del 1157,citato in Concina 1997, cit., p.65), (cfr. Cadinu 2001, cit.,p.160, n.91 ).

(11) Da Cadinu 2001, cit., pp.147-8. Altre comunità mercantili siinstallano presso le città sarde, come quella dei marsigliesiricordata ad Oristano nel 1241-51. Interessante undocumento del 1287 riguardante la Sardegna, “...Actum inTunithi in fundaco pisanorum...”. Il Fondaco acquista ilsignificato di centro alberghiero in ambito nordafricano, dovesi segnalano ad esempio il Foundouk dei Francesi a Tunisi equello dei Veneziani al Cairo. Sull’argomento vedi G. Mandel,I Caravanserragli turchi, Bergamo 1988, passim, el’interessante repertorio delle planimetrie ivi riportate. Ilcentro di Gonnos Fanàdiga porta nel suo nome, direttamentederivato dal plurale fondaci (dall’arabo funduq, al pluralefanadiq), il significato del suo probabile originario ruolo nelterritorio.

(12) Sono in questo senso più agevoli i confronti con gliinsediamenti rurali del meridione italiano e iberico. Lasterminata bibliografia sulla città islamica non può essererichiamata in questo breve saggio; ci pare utile segnalare unrecente e valido studio su Marrakech dovuto a QuentinWilbaux, La médina de Marrakech. Formation des espacesurbains d’une ancienne capitale du Maroc, L’Harmattan, Paris2001 e ricordare le opere di Paolo Cuneo, Storiadell’urbanistica, Il mondo islamico, Roma-Bari 1986 e diLudovico Micara, Architetture e spazi dell’Islam, Roma 1985;sul piano del metodo sulla lettura città sempre utile ilriferimento a Enrico Guidoni,

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LA TRANSICIÓN DEL ESPACIO PÚBLICO AL ESPACIODOMÉSTICO EN MARRAKECH Y LA CRISIS DE LA MEDINA

Amadeo Serra Desfilis (España)Profesor Titular de Historia del ArteUniversitat de ValènciaTel.: +34-963864232E-mail: [email protected]

Configuración tradicional del espacio urbano enla medina: la casa y la calleComo en otras ciudades islámicas, el sistema viario de lamedina de Marrakech está sujeto a una jerarquía decalles y accesos bien estructurada por más que laprimera impresión de su morfología pueda resultarconfusa para el forastero, sobre todo si éste procede delmundo occidental. En la medina no es difícil apreciar enel plano, y todavía es más fácil al recorrer sus calles, laorganización viaria a partir de ejes que ponen encomunicación espacios urbanos de relevancia comunita-ria como mercados (suqs), mezquitas, plazas, puertas yrecintos. En Marrakech el trazado tiende a ser rectilíneoo ligeramente curvado por las condiciones topográficas yla historia del asentamiento urbano, pero se adapta a ladisposición del terreno y a la pre-existencia de edificios,como las fundaciones religiosas (en particular lasmezquitas con sus eje de orientación), o espacios urba-nos ya configurados, si bien es fácil comprender sufunción como vías de circulación y acceso que tienen unnotorio carácter público. Un ejemplo es la calle Mouas-sine, que pasa desde la plaza de Jamaa-el-Fenaa al zocoa través de Bab Ftouh y gira levemente hacia el noroesteal llegar a la mezquita Mouassine y sus baños, los rodeay enlaza con otra área comercial y calles que continúansu trazado hacia los límites de la medina.En estas calles se concentran las tiendas y los talleresde artesanos que ofrecen su producto al viandante, asícomo los establecimientos de oficios o actividadespuestos al servicio de la comunidad (barberías, hornos,escuelas, fuentes, funduqs, baños o hammam). La

viabilidad de estos ejes debe ser ágil, a pesar de laconcentración de gentío en las horas de mayor actividady del paso frecuente de vehículos de transporte, que seven obligados a moverse por estas calles. La circulaciónde coches o camiones, sin embargo, está vedada en lapráctica en razón de la anchura de las vías y de laocupación parcial del espacio urbano por el comercio, laartesanía y el público que atraen, por no mencionar a lasgentes de paso. La limpieza y el mantenimiento de lasvías principales se consideran responsabilidad del poderpúblico, que se ocupa de ellas como espacios comunita-rios, aunque subordinados a usos específicos, los cualesson muy dominantes en el caso de los zocos y de lostalleres artesanales. Pese a la mayor amplitud de estascalles respecto de las de los sectores residenciales, suespacio está parcialmente protegido del sol porcobertizos de cañizo, fibrocemento o estructura metáli-ca, aunque solo los primeros debían encontrarse en lamedina tradicional.Es perceptible la concentración en torno a estas callesde los edificios públicos y de la actividad comercial yartesanal que requiere del contacto con la clientela (loscurtidos en Bab Dbagh son una notable y justificadaexcepción tanto en función de sus necesidades comopor los malos olores que provocan sus operaciones),mientras que son raras las residencias, salvo en el casode viviendas instaladas en el interior de los funduqs, enlos cuales se mantiene en equilibrio precario la funciónresidencial con otras actividades económicas como elcomercio o la artesanía, tras haber perdido su papeltradicional como alojamiento temporal de comerciantes.

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En los pocos casos en que las viviendas se asoman orecaen a estas vías suelen disimular sus accesos y aveces hasta su misma presencia, salvo si se trata deedificios de clara proyección pública como sedes delpoder o de dignatarios con relevancia social como Dar-el Bacha. De todas formas, los accesos siempre serealizan a través de ejes acodados internos y filtrosvisuales y sonoros que salvaguardan la intimidad delespacio doméstico evitando que se produzca uncontacto no deseado con la calle y su ajetreo.El siguiente nivel lo forma el darb (plural, durb), quearranca de uno de los ejes principales de circulación yse adentra en las zonas residenciales a través de untrazado en ángulo recto y de una ramificaciónprogresiva que acompaña a la reducción de su anchurahasta terminar en un callejón sin salida. En los durb larelación entre la altura de los edificios domésticos y laanchura de las calles está pensada para reducir el calory garantizar la ventilación de las viviendas y de lapropia vía. La planta implica casi siempre un doble giroen ángulo antes de acceder a la puerta de lasviviendas, lo que impide el acceso de vehículos y lolimita al de personas o grupos muy reducidos deindividuos. La angostura reduce de manera drástica lascondiciones de viabilidad y por lo tanto protege lasáreas residenciales del tráfico y el bullicio de las callesprincipales, a la vez que favorece los saledizos yencabalgamientos siempre que respeten los lugares depaso de peatones y residentes. La trayectoria enrecodo del acceso y su escasa amplitud favorecentambién el control social de estos callejones por parte

de quienes residen en ellos: el extraño es detectadocon naturalidad y es fácil averiguar adónde se dirige osi se ha extraviado desde la red principal de calles. Eluso de estos espacios, verdadera transición entreámbitos privados y públicos en forma gradual pero muyefectiva, es el de acceso de los vecinos y sushuéspedes, como lugar de juegos para los niños omarco de actividades que requieren un espacio másamplio que el del interior de las viviendas, como latorcedura de hilo. Como acertó a compararlos LeopoldoTorres Balbás, la función de estos espacios essemejante a las de las calles interiores de unaurbanización moderna o los pasillos, zaguanes yescaleras de los edificios de viviendas de las ciudadesoccidentales. Por ello, el cuidado de la higiene y laseguridad de estos accesos es tarea de los vecinos y seatiende de manera regular y eficaz en la medida en quese mantiene el medio social de los residentes.Los quiebros sucesivos y los estrechamientos paulatinosde la red viaria en las áreas residenciales conducen alcorazón de las manzanas, que en realidad tienen perfilesrecortados en bayoneta y núcleos porosos por lapresencia de los patios y los volúmenes fragmentarios delas viviendas. Las casas se organizan en torno a un patioque ofrece en abundancia luz y ventilación a los espaciosinteriores, con habitaciones y servicios distribuidos endos o tres plantas más una terraza accesible. Los vanosque dan al exterior de la vivienda, en cambio, sonmodestos y tamizan el contacto visual con celosías,postigos y colgaduras de manera que el espaciodoméstico está proyectado hacia el interior de la casa.

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Muchas de las habitaciones no tienen contacto algunocon la fachada, pues los límites del inmueble solocoinciden en uno o dos de los frentes con callejones. Enel interior de lo que podríamos definir como viviendaacomodada o riad se mantiene el esquema de entrada eneje quebrado entre las salas principales y los patios,siendo totalmente extraña la entrada en línea rectadesde la calle. Con todo, en el interior de algunasmanzanas la estructura viaria se dispone en forma depeine, más que arborescente, denunciando con claridadun modelo de planificación aplicado sin condicionanteparticulares. Es el caso de las calles ortogonales entreArsat Ihiri y Arsat ben Ibrahim, en el noroeste de lamedina, o de las vías en estructura cruciforme de la calleTihizrit, al norte de Dar Moulay Driss.

La medina en transformaciónDesde principios del siglo XX, y claramente a partir dela instauración del protectorado franco-español enMarruecos, la medina y toda el área peri-urbana deMarrakech entraron en un proceso de transformacionesque se ha intensificado y acelerado en los últimosveinte años. Las autoridades del protectorado francéspromovieron directa o indirectamente actuacionesurbanísticas en torno al perímetro amurallado de lamedina con la apertura de ejes viarios de notableanchura y trazado rectilíneo basados en modelos euro-peos de la segunda mitad del siglo XIX. La avenida deFrancia o de Mohammed VI o la avenida de la Menarason un par de ejemplos de estas intervenciones que enun principio definieron el carácter de Gueliz como

ciudad nueva frente a la medina tradicional. Este es unproceso que afectó en mayor o menor medida a todaslas ciudades marroquíes de cierta importancia y que enMarrakech aparece condicionado por las zonasajardinadas y el amplio recinto amurallado, en el que seabrieron nuevas puertas o se modificaron los antiguosaccesos al casco urbano convirtiéndolos en una suertede plazas más o menos informales en su trazado.Dentro de la medina las intervenciones fueronseguramente más cautas y se limitaron sobre todo a laampliación de algunas plazas y la construcción deedificios públicos de servicios (centros escolares ysanitarios principalmente). En cualquier caso, lasoperaciones urbanísticas dejaron poco menos queintacto el tejido tradicional de las áreas residenciales,comerciales y de sus ejes de acceso y comunicación.Sin embargo, en las dos últimas décadas el impacto dela explotación turística y del proceso de mundializaciónde la economía en este sistema urbano puedecalificarse de brutal. Al crecimiento de áreas pensadaspara el alojamiento y el esparcimiento de los turistas enla ciudad nueva, hay que añadir las violentas transfor-maciones de las viviendas acomodadas del interior dela medina. Los riads tradicionales han empezado acubrirse en los patios y a reestructurarse en susambientes domésticos para incorporar servicios einfraestructuras hasta hace poco desconocidos:sistemas de climatización y comunicación (en especiallas antenas parabólicas en las terrazas), accesosdirectos desde la calle y adaptaciones a una estructurafamiliar en proceso de cambio. La motorización de los

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vehículos ha tenido también que ver con este procesoen su escala urbana al exigir mejores condiciones deviabilidad para los automóviles en calles y plazas oespacios libres de aparcamiento en áreas no edificadas.No obstante, la rigidez de la estructura viaria jerarqui-zada y tortuosa ha resistido en gran medida el embatede la proliferación de vehículos a motor, de suerte quesolo las motocicletas se han sumado a los carros detracción animal y a las carretillas que entraban y salíande las calles principales de la medina.El desgarro más profundo en el tejido humano yconstruido de la medina son las operaciones inmobilia-rias que implican el traslado de la población autóctonay su sustitución por establecimientos de hostelería(maisons d’hôtes, restaurantes, cafés) para turistasextranjeros. Los grupos familiares que poseen viviendasen la medina se ven impulsados a abandonar sushogares y venderlos a grupos inversores de capitalextranjero para comprar con el producto de estaoperación una residencia en un bloque de viviendas dela periferia moderna de la ciudad, que continúa enexpansión. Las condiciones de vida del grupo familiarquedan afectadas como consecuencia de un desarraigotemporal y sobre todo de la instalación en un áreaurbana que establece otro género de relacionessociales y económicas con sus habitantes. Pero tambiénel resto de los residentes de la zona donde estáenclavada la propiedad adquirida por inversoresextranjeros resultarán afectados, pues los nuevospropietarios alterarán en profundidad la estructura delriad e irrumpirán en el ambiente social del darb con un

estilo de vida y de relaciones humanas del todo ajeno altradicional, con sus costumbres forasteras y su ir y venirsin permanecer mucho tiempo en la ciudad.Las alteraciones de las viviendas no obedecen a otralógica que la voluntad del cliente, la cual se traduce casisiempre, por una parte, en la exigencia de comodidadese infraestructuras modernas tales como sistemas declimatización, piscinas y redistribución de espacios parasu adaptación a funciones nuevas. Por otra parte, selleva a cabo la transformación del riad en un sentidoque proyecta concepciones extra-marroquíes de la vidaen un país islámico como Marruecos y que deriva en lamistificación de lo exótico, lo occidental y el aprecio porciertos rasgos – no siempre los mismos- de la culturalocal. Los materiales tradicionales son abandonados enbeneficio de otros más rentables y modernos como esel caso del tapial de tierra que cede el puesto aestructuras de cemento armado y escaso uso delladrillo so pretexto de un mejor comportamiento anti-sísmico y sobre todo por sus ventajas económicas. Almismo tiempo algunas aplicaciones de raigambre localcomo el alicatado de zellij o el revestimiento de estucode cal conocido como tadelaq se empleanselectivamente para conseguir un efecto satisfactoriopara el gusto de un visitante atraído por Marrakech y suhistoria, si bien comparecen en elementos injertados demanera abrupta en la arquitectura doméstica como laspiscinas o fuentes estereotipadas. Las reformas afectana los tabiques y a la distribución de lo que había sido unespacio doméstico en una serie de ambientes puestosal servicio del alojamiento y la restauración de

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huéspedes extranjeros: habitaciones con cuartos debaño individuales, cocinas, servicios y terrazaspensadas para los baños de sol y el ocio de losvisitantes. El proceso no es muy distinto en aquellosriads adquiridos por compradores extranjeros quequieren convertirlos en su propia residencia, temporal opermanente, pues el sentido de la distribución y el usodel espacio doméstico, así como las necesidades deconfort de los nuevos propietarios acarreantransformaciones drásticas del edificio antiguo.El problema humano es quizá de mayor calado: ademásdel desplazamiento y el desarraigo de los antiguoshabitantes, que tiene un efecto multiplicador yaapreciable, las costumbres y las relaciones en el senodel darb se alteran por la presencia de turistas que sonvistos como compradores con alto poder adquisitivoantes que como vecinos o conciudadanos. Ni la culturani la religión, con toda su importancia, bastan para darcuenta de este contraste, que tiene sobre todo una raízeconómica inapelable en el momento actual. Comopotenciales compradores, los turistas pueden contri-buir a mantener a los artesanos, comerciantes y traba-jadores en el sector servicios de la ciudad, pero en lapráctica buscan a menudo establecimientos pensadospara ellos y apenas se relacionan cordialmente con lapoblación autóctona al margen de los intercambioseconómicos, profundamente desiguales, que seestablecen con ellos y que permiten hablar casi de doscircuitos comerciales distintos, que casi nunca secruzan: el de los marroquíes y el de los europeos ynorteamericanos que visitan la medina.

En el aspecto que nos ocupa en estas notas, la apa-rición de puertas cerradas, que llevan directamente alos espacios residenciales, el enrarecimiento del am-biente del darb y el nulo contacto con el vecindario y losservicios propios del barrio son algunos de las manifes-taciones de la transformación en curso ya avanzado.Aparecen ahora barreras mucho más definidas ytajantes entre el espacio doméstico y el ámbito público,donde van a convivir dos culturas, dos mentalidades ydos canales de vida económica muy diferenciados. Loscoches aparecen con más frecuencia en los límites delos ejes viarios inaccesibles por ahora para ellos, lasmotocicletas compiten por la circulación en las calles yse alzan nuevas barreras económicas y culturales entrelos espacios para turistas y el ambiente urbano quefrecuentan los marroquíes y solo contemplan los visitan-tes. En este sentido, la mezquita y otros edificios religio-sos se convierten de algún modo en baluartes de unaidentidad cultural islámica que se ve desplazada numé-rica y cualitativamente del espacio urbano de la medina.Así en su realidad material y en la estructura social quela soporta, la medina de Marrakech se ve abocada aconvertirse en patrimonio de la humanidad en peligro,con independencia de que tal riesgo sea reconocidooficialmente o escamoteado por las institucionesmarroquíes e internacionales. Mientras sus viviendascambian de aspecto y de uso, la población marrakechíes empujada fuera de la ciudad histórica y quienespermanecen en ella van perdiendo el control social deun espacio cada vez más mercantilizado y enajenado aintereses foráneos.

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FIGUIG, UN’OASI SOSPESA TRA LA DINAMICITÀ DEL MEDITERRANEO E L’IMMOBILITÀ DEL DESERTO

Maurizio Cafarelli (Italia)Architetto e Chef de projetMouvement AFRICA '70 - www.africa70.orgONG de Cooperation et Volontariat - Oujda (Maroc)Tel.: +212-56 700101E-mail: [email protected]

Figuig è un’oasi pre-sahariana del Morocco, situata asud della Regione Orientale, vera e propria enclavemarocchina in territorio algerino, dove la chiusuradelle frontiere ha interrotto storiche relazioni dicontiguità, contribuendo al rallentamento dellosviluppo locale.La sua struttura urbana è costituita da sette ksour(cittadelle fortificate) – Zénaga, Loudaghir, Laâbidat,Ouled Slimane, Lamaïz, Hammam Fouqani, HammamTahtani - a cui corrispondono altrettanti giardini dicollegamento al palmeto (650 ettari e 190.000 palme);il sistema ambientale si regge su un sofisticatosistema di distribuzione delle acque (una rete dicanali sotterranei e superficiali, i fouggarat e iseguias). La principale fonte di reddito sono le rimesseeconomiche degli emigranti, (cosiddetti MRE –Marocchini Residenti all’Estero): molti MRE stannoinvestendo in operazioni di trasformazione delpatrimonio edilizio, abbandonando (o trasformando) le

Nota:Consulente della Fondation Moulay Slimane - Oujda, Maroc.E-mail : [email protected]

residenze storiche, in favore della costruzione dinuove abitazioni, che richiedono anche il continuoscavo di nuovi pozzi, che stanno alterando il fragileequilibrio idrico dell’oasi. La casa tradizionale, su cui si fonda l’identitàarchitettonica dell’oasi, si è storicamente avvalsa deimateriali locali: la pietra per le fondazioni, la terracruda per i muri (adobe) ed il legno di palma per latessitura dei solai. Questa tradizione rischia però diperdersi a causa delle trasformazioni, sia tipologiche,sia costruttive, dovute all’introduzione di nuovimateriali da costruzione.I sette ksour storici conservano tuttavia ancora i segnidella loro singolarità urbanistica: il sistemainterconnesso di spazi privati e passaggi copertipubblici, i giardini che sfociano nello spettacolarepalmeto, i canali di irrigazione che alimentano anchepiccoli hammam, rendono l’oasi un piccolo capolavorodi terra cruda, cha va tutelato per la sua unicitàambientale.

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Veduta di Figuig dal palmeto verso lo Ksar Zénaga

Le tipiche torri a difesa dei giardini e del palmeto

Particolare di un muro in adobe e legno di palma Un passaggio coperto all’interno dello ksar Loudaghir

Veduta dello Ksar Zénaga, sullo sfondo i monti dell’Algeria

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TRADITIONAL EARTH ARCHITECTURE IN RURAL ENVIRONMENT: THE CASE STUDY OF FIGUIG OASIS, MOROCCO

Mariana Correia (Portugal)Maddalena Achenza (Italia)Mariana Correia, architectEscola Superior Gallaecia, Vila Nova de Cerveira, Portugal

Maddalena Achenza, architectDipartimento di Architettura, Università di Cagliari

IntroductionFiguig is a desert oasis located in the southeast ofMorocco, 2kms from the Algerian border, and 372kmssouth of Oujda (5 hours drive). Figuig, which presentlyhas a population of 12.600, has been affected by thesignificant emigration of the younger generations toEurope. It has lost population and the splendour of itspast, as an important commercial city in the desert.Figuig libraries were even a reference for travellers.

The oasisThe oasis of Figuig is based on a traditional agrariansystem which is a masterpiece of hydraulic engineering.Even with little water, it allows the intensive manage-ment of all the oasis culture. Water is collected from thelocal springs by subterranean man-made tunnels calledqanats that are connected to the ksour. The qanat sys-tem not only allows the circulation of the waterthroughout the oasis, but also, the water is protectedfrom evaporating due to the intense heat of the desert. The distribution of the water is based on time, to allowa fair water allotment among various small and largeksour landholders, as determined by the responsiblefor the council of representatives. Additionally, it isimportant to understand that water and its distributionare intertwined into the culture, playing an importantkey role in the inter-relations among the community.

This complex system of irrigation provides Figuig withthe means to survive in the desert, having agricultureas a main resource of living. The agriculture of Figuig

is comprised by narrow irrigated and dense plotsspreading over an area of about 650 hectares. Mostof the plots are relatively well kept but a number ofthem are completely abandoned. The oasis is mainlydedicated to date production and date palms accountfor about 75% of the fruit trees in the oasis. A wholevariety of fruits and vegetables, e.g. tomatoes, olives,apricots, and hot season crops are cultivated jointlywith the palm trees. Nevertheless, the hugepalmeraie, palm-tree forest, with its ocean of greenleaves is threatened by dryness and diseases.In general, the city inhabitants no longer raise theirown animals i.e. goats and sheep; instead, they areraised by the Bedouins, who live in the desert aroundFiguig, and then sell them in the local markets.

The ksour Curiously, and contrary to the rest of Morocco, theBedouins that live in the desert speak Arab, and thesettled population at Figuig centre speak Tmazight,more commonly known as Berber. Arab is more fre-quently used outside the city. In Arab, ksour is the plural of ksar, and in generalmeans, a fortified in-wall agglomeration where alarge family or clan resides. In Figuig, there are seven,and are more known in Berber, as Aghram.The ancient town of Figuig, encompassing 650hectares, consists of seven agglomerations, whichare At-Nnaj, At-Addi, At-Sliman and At-Lamiz,grouped together at the North-West; At-Amar and At-Wadday that were originally one ksar, located at

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North-East; and, more South, Zenaga, which is alsothe biggest and richest ksar, constituting one half ofthe town. The ksar is composed of both private and public build-ings. Generally, there is the mosque, the medersa(Coranic School), the library and the public baths. Just thesouk (the public market) is located outside of the walls. Nowadays, due to emigration, just four ksour areoccupied. In general, the referred ksour are fairly wellmaintained. Entry into the ksar is possible throughgates in the fortified walls, which allow access to anintricate system of narrow streets and alleyways. Thestreets are not adequate for vehicles such as cars andtruck but are instead used by pedestrians, bicycles,motorbikes and four-legged transport. Most of thepassages are simple and covered, to create protectionfrom the intensive sun in the summer that can oftenpass 50°C and also creates cool breezes. Along the roads, the light comes through light-wellsopportunely left opened, although sometimes thealley becomes so dark that it is difficult to saywhether it is day or night. The streets walls are extremely simple. Often, theyare not plastered, except around the mosque and inthe larger roads, where some decoration can beobserved. In spite of being austere, it is in perfect bal-ance with the surroundings.

The houseThe common typology is the court-yard house whichis repeated in sequence along the alleys in an appar-

ent casual distribution. The privacy of the family ispreserved carefully, with indirect entrances admittingthe visitor to a blank wall preventing any direct viewsinto the interior. Once inside, however, the rooms facean open-air interior courtyard, possibly with a foun-tain or pool, which functions as a modifier of climatein hot, arid areas and a source of fresh air and natu-ral light. The house has normally one or two levels,rarely three, and a roof terrace on the upper level. Theroof terrace of the house is used in the summer by thewhole family to sleep, as the night desert breezehelps to refresh. On the ground floor are all the common rooms: thesalon, the different leaving rooms to receive guestsand to drink tea, the space for cooking and one ormore dark storage rooms. In the richer houses, it ispossible to find a second opening from the salon to agarden where fruit trees grow. On the second floor are located the rooms: the privatespace of the house. It is interesting to observe, thatthe rooms that cover the streets have strategic littleopenings, which allow the observation of the visitors’arrival, from the inside of the house.

Materials and constructionThe most common materials for construction areearth and palm tree wood, in spite of the rising use ofcement and fired brick, in the new part of the city. In general, in Figuig, the earth building techniques areadobe, rammed earth (pisé) and wattle and daub(torchis), though adobe is by far the most used tech-

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nique of the urban structure. Nevertheless, rammedearth was also observed in isolated walls, at timesdividing properties.Adobe is found in a huge variety of forms and dimen-sions: from the classic rectangle form, to a triangularversion that is used alternatively with the rectangleform. Often on the same wall, different dimensions ofadobes can be seen: from a small to normal size layer,to a layer composed by bigger size adobes. The earth mix is made with the local soil, to whichwater is added, no straw. Men are tasked to make itbarefooted and with the help of a shovel. These trian-gular shaped adobes are then created by hand, whichmakes the procedure very fast. These adobes are donewithout the wooden mould, which instead is used toshape the traditional form adobes. The mortar is also anearth mix, and is laid on the walls, in extremely varyingthicknesses. The plasters used to be made of earth andlime, though nowadays it is not uncommon to seecement plasters where the wall has been repaired. The application of palm wood can be observed in hor-izontal partitions. Due to a limited resistance of thematerial, it is common to use reinforcements at theend, which necessarily allows, a bigger span for eachroom. In fact the maximum largeness of the slab doesnot exceed 2,50m to 3,00m. On the top of the mainbeams, the triangular cut endings of the palm leavesare positioned alternatively to fully cover the gap. Onthe top a thick layer (30-40 cm) of soil completes thesurface. The floors are normally not paved with tilesor other materials, but of well compacted soil. The

thick layer of soil on the palm wood assures an opti-mal insulation of the upper level to the summer heat. The use of stone can be observed especially in thebuilding foundations or footings, but also on the foun-dation wall, against capillarity. The most commonlyused stone, is the round river stone.

Reinforcement and ProtectionIt is common to observe in Figuig architecture the useof traditional features for reinforcement, as well asfor protection against natural agents, like rain, wind,humidity, etc, or human causes, like the passage ofanimals or people, etc.Reinforcement can be found in the corners of theearth walls, but it is also common to identify woodmember’s in-between the walls. These logs are builtin for structure reinforcement. If the house-owners have the future intention to opendoors, with direct access to the street, woodenbeams are located in the adobe walls, with pieces ofwood, known as pillows (oreiller, in french), restingunderneath the end of the beams. To protect from rain, the terrace on the top of thebuildings is built with compressed earth and thewater is directed to vertical channels along the walls.Lime plaster is used not just to protect the rain chan-nels, but also on earth plasters or mixed in with earthduring construction of the walls. There is also dampness that arises from the groundsoil and therefore, it is common to find, as referredbefore, foundations built with stone masonry.

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Unfortunately, the identified capillarity has some salt,which affects dramatically the adobe walls. For itsconservation, it is impossible to reuse the damagedadobes; as a consequence, if the walls were notmaintained for a long period, and action is required, itis common to observe new adobes in the face of thewall. Sometimes these parts are even faced by riverstone, in a last attempt of consolidation. For the protection of the wood, in particular from thetermites, iron oxide is used in the form of paint that isapplied to the ceiling or wood member. It is alsomixed in the earth during the construction of thewalls.

ConclusionsIt is important to understate the significant effortdeveloped by the Figuig Municipality, to encouragebest traditional practices of construction and mainte-nance of the urban fabric. The recovery of tradition isbased on several actions: Reusing traditional techniques of construction (e.g.the recuperation of the triangular shaped adobe);

Recovering traditional materials (like lime and palmtree wood); Improving maintenance, by creating demonstrativeprojects (e.g. Maison du Cadis); Supporting associations to use long-establishedmaterials (e.g. the social-cultural association“Avenir” used adobes shaped by community); Promoting safeguard of oral tradition, by encouragingintensive courses between architects, professionalsand the community; Promoting diffusion of best practices, by creatingDVDs and by developing actions that attract tourism; Developing cooperation, by creating an internationalcooperation between Figuig Town Hall and thePolitecnico di Milano (Italy) or by signing protocolsbetween twin cities, like the one created betweenPescara, in Italy, and Figuig, in Morocco.To help local people to preserve their tradition and tostimulate inter-action between different partners, willcontribute to improve better practices for mainte-nance and safeguard of traditional heritage.Furthermore, raising the quality of conservation willalso improve quality of life of the community.

Bibliography:“Figuig, un paradis dans le désert” – Copyright InnovationComputer - Edition 2004 (CD)www.Figuig.htm (internet site access the 20/05/2006)ABBOU, AMAR et al.; "Ortiental marocain. Des portes du desért àla Méditerranée", Anaco Éditions, Fontenay sus Bois (France),2003

Note: The authors would like to thank Amar Abbou, Vice-Mayorof Figuig, for his priceless guidance through the oasis.

This article was written with the support of FCT – Fundação paraa Ciência e Tecnologia.

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Figuig, oasi pre-sahariana del Morocco, situata nellaRegione Orientale, appartiene all’area di diffusionedegli ksour (o qsar - cittadelle fortificate), infatti lasua struttura urbanistica è costituita da sette ksour -Zénaga, Loudaghir, Laâbidat, Ouled Slimane, Lamaïz,Hammam Fouqani, Hammam Tahtani, ai qualicorrispondono altrettanti giardini di collegamento alpalmeto: questa relazione conferisce un’identitàspecifica all’oasi stessa, che si regge su unsofisticato sistema di distribuzione delle risorseidriche (una doppia rete di canali, i fouggarat e iseguias). Geograficamente Figuig è una sorta di enclave,circondata su tre lati dal territorio dell’Algeria, con cuisono state interrotte le storiche relazioni sociali,economiche e culturali: questo isolamento ha avutoeffetti negativi sui settori tradizionali di occupazione,l’agricoltura e l’artigianato, al punto che la principalefonte di reddito sono le rimesse economiche degliemigranti, che si distinguono per la loro “precariaidentità”, in bilico tra modernizzazione e tradizione. L’effetto più vistoso di queste trasformazionisocioeconomiche è rintracciabile nel crescenteabbandono delle abitazioni storiche, nellatrasformazione e snaturamento di molte residenzetradizionali, per l’intromissione di materiali“moderni”, e nel processo di urbanizzazione dellefasce agricole esterne ai nuclei originari, che sistanno strutturando con modalità disordinate, spessospontanee, creando grossi problemi di gestione e diripartizione dei servizi e delle attrezzature.

Per cercare di individuare modalità di intervento in uncontesto così complesso l’O.n.g. Movimento Africa’70, nell’ambito del “Progetto di appoggio allasalvaguardia del Patrimonio culturale nella RegioneOrientale”, operante ad Oujda, ha messo a punto unprogetto di riqualificazione del patrimonio culturale diFiguig, con le seguenti finalità: 1) elaborare un pianostrategico per la promozione culturale; 2) restaurareun campione di edifici degradati utilizzando i materialitradizionali; 3) riqualificare e valorizzare il palmeto; 4)creare una rete di microricettività finalizzata adaccogliere un turismo di qualità. L’idea è quella di favorire interventi finalizzati acontenere il degrado del patrimonio urbanistico edambientale, attraverso la realizzazione di cantieripilota: in tal modo si intende sensibilizzare lapopolazione locale a recuperare il patrimonioesistente, anziché abbandonarlo per costruire nuoviedifici. Questi interventi, inseriti in un più ampioprogetto strategico, offrirebbero da una parteun’alternativa all’emigrazione, dimostrando che ilpatrimonio culturale è anche una risorsa economica,capace di produrre reddito ed occupazione, dall’altracontribuirebbero ad attrarre risorse per valorizzare ilpatrimonio culturale dell’oasi, arginando il processodi desertificazione in atto.La O.n.g. si è anche attivata per favorire azioni dicooperazione tra la Municipalità di Oujda e laProvincia di Pescara (una delle sue mission èl’appoggio istituzionale agli attori locali),contribuendo alla stipula di un Protocollo d’Intesa tra

PROPOSTE PER LA RIQUALIFICAZIONE DEL PATRIMONIOCULTURALE DELL’OASI DI FIGUIG

Giuseppina de Giovanni (Italia)ArchitettoProvincia di Pescara (Italia)Tel.: +39 085 3724302E-mail: [email protected]

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la Fondazione Moulay Slimane di Oujda e la Provinciadi Pescara, per la messa a punto di azioni strategicheconcertate per l’intervento sui rispettivi patrimoniculturali.Il workshop di “Cultura 2000” tenutosi a Figuig, hacercato di inaugurare questo percorso “virtuoso”: ilcontributo della Provincia di Pescara è stato proprioquello di favorire la costruzione di un maggior dialogonella società civile dei Paesi mediterranei, in sintoniacon le azioni finalizzate all’attuazione di agende 21locali. Risulta infatti coerente con tali politicheavviate a livello locale, proseguire all’interno diAgenda MED 21, azioni di partenariato per lo svilupposostenibile nel Mediterraneo, con particolareriferimento al trasferimento di know-how ed allapromozione di iniziative nel campo dellasensibilizzazione e promozione ambientale. Su questosfondo la Provincia ha inteso promuovere azioni di

Nota curricular

Dottore di ricerca in Urbanistica presso la Facoltà di ArchitetturaG. D’annunzio, Chieti – Pescara. Esperta in missione in Moroccoper conto della O.N.G. Movimento Africa ’70.

valorizzazione del patrimonio culturale della terracruda stabilendo un confronto tra le buone pratiche inatto nel territorio abruzzese e le esperienze di praticacostruttiva del territorio marocchino, divulgando leproprie conoscenze scientifiche e le acquisizioni incampo di azioni sostenibili e partecipate (l’esperienzadi Agenda 21), ma apprendendo, nel contempo, lespecificità e l’ingegnosità delle maestranzespecializzate dell’oasi, in uno scambio reciproco disuggestioni e di buone pratiche. Le due esperienze si sono unite nell’intervento direstauro della Porte nord dello ksar Loudaghir, unpiccolo passo concreto e visibile dell’incontro traculture apparentemente lontane , ma accomunatedalla condivisione di una visione strategicasostenibile, in cui la pratica costruttiva in terra crudapossa riacquistare una sua dimensione credibile insenso economico ma soprattutto ambientale.

Veduta della Porta Nord dello ksar Loudaghir prima del restauro Immagine dei mattoni squadrati e formati a mano

L’intervento di recupero della Porta Nord Una veduta di Figuig tra antico e moderno

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Vorrei utilizzare questa occasione, che mi é stata datadai coordinatori di questo interessante progetto che siinquadra in “Cultura 2000” per presentare alcune osser-vazioni che ho potuto maturare in recenti esperienzecollegate alla conservazione di patrimoni architettonici einsediamenti in terra cruda e che ritengo possano alimen-tare la conoscenza e la discussione del gruppo di lavorosulle parole-chiave che fungono da sottotitolo del proge-tto e cioè conservazione, significato e decoro urbano.La prima osservazione riguarda il concetto diconservazione e indirettamente anche il significatodell’architettura di terra. Nel quinquennio scorso ho lavorato assieme ad altricolleghi sia maliani che italiani, a un percorso diindagine conoscitiva e successivamente di intervento diconservazione su una città che per i suoi connotati storicie la qualità delle sue architetture è immersa nel mitodell’architettura di terra: la città di Timbuktù in Mali. Vorrei partire da alcune osservazioni maturatenell’ambito della conoscenza del contesto della piùimportante città carovaniera dell’Africa, dove, comerecita un adagio locale, si incontrano il cammello e lapiroga, per suggerire dei temi di approfondimento.La prima osservazione riguarda il rapporto traconservazione e manutenzione nell’architettura di terra.A Timbuktù1 tradizionalmente i due termini sono semprestati strettamente interrelati, inscindibili nella tradizionelocale. La manutenzione dell’architettura di terra dellacittà è stata sempre affidata alla corporazione deimuratori che ha fornito nei secoli la manodoperaartigiana competente in grado di garantire oltre alla

qualità delle nuove costruzioni anche la manutenzioneordinaria delle case e degli edifici pubblici. Ogni famigliadella città sahariana possedeva, fino a qualche tempofa, il proprio muratore di fiducia che dopo ogni pioggiaimportante girava per le case del proprio quartiere perverificare se ci fossero stati piccoli danni e poterintervenire di conseguenza evitando danni ulteriori.Tale pratica domestica ha garantito nel tempo laconservazione del tessuto storico della città. Se a taleumile quanto produttivo e puntuale lavoro manu-tentivo, che purtroppo oggi conosce una discontinuità icui effetti si vedono nel progressivo degrado delpatrimonio abitativo in terra cruda, si affiancano ilavori rituali annuali di manutenzione e rifacimentodegli intonaci delle tre moschee, si ottiene un quadrointegrato di quella che definirei manutenzione pro-grammata vernacolare dell’architettura di terra dellacittà. L’esempio di Timbuktù dovrebbe far rifletteresull’opportunità di riguardare l’architettura di terranella propria specificità, derivante dalla particolaritàdel materiale terra e dell’architettura da esso generata,che più di altri necessita, proprio per la sua intrinsecanaturalità, evidenziata nella frase in epigrafe deltrattatista italiano Del Rosso, di interventi appropriati2.Molto spesso si dovrebbe riflettere su tale particolaritàdell’architettura in terra, soprattutto nei contesti, comein quello del sud marocchino o più in generale dell’areasahariana, dove ha raggiunto risultati tipologici,tecnologici e plastici di assoluta eccellenza, tanto dadivenire in modo crescente, un “oscuro oggetto deldesiderio” di masse crescenti di turisti.

OSSERVAZIONI SU CONSERVAZIONE, SIGNIFICATO E DECORO URBANO DELLE CASE E DELLE CITTÀ DELLA TERRA CRUDA.

Mauro Bertagnin (Italia)ArchitettoProfessore OrdinarioUniversità di Udine (Italia)Tel.: +39 0432 558089E-mail: [email protected]

La fabbricazione colla sola Terra senz’altri materiali,né altro

cemento, vale a dire senza pietre, e calcina consiste unicamente

nella mano d’opera, ed è presso a poco una imitazione perfetta

della natura.

Giuseppe Del Rosso,

Dell’Economica costruzione delle case di terra,1793

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L’osservazione che segue deriva dalla precedente eattiene all’interpretazione dell’esistente e in particolarealla problematica connessa con l’autenticità dell’archi-tettura di terra e quindi si collega direttamente al suosignificato, seconda parola chiave del progetto.Anche in questo caso esiste, a mio parere, unaspecificità dell’architettura di terra che la diversificadalle altre e che ho potuto riscontrare studiando ilpatrimonio esistente di Timbuktù. La diversità a cui faccio riferimento attiene infatti allaforma degli edifici in terra cruda della grande cittàcarovaniera subsahariana. Analogamente a tutti ipatrimoni architettonici in crudo il tessuto insediativodella città ha subito nel tempo continui cicli di manu-tenzione che hanno trasformato nel tempo soprattuttol’involucro esterno, quella che potremmo definireanche in termini architettonici la pelle3 degli edifici incrudo, sia pubblici che residenziali.Analizzando i pochi documenti fotografici storici, qualiad esempio le cartoline postali dell’epoca colonialefrancese è possibile osservare notevoli differenze, chedefinirei variazioni plastiche, intercorse nell’arco dicirca un secolo.Se si considerano ad esempio le case dei viaggiatoriche hanno per primi raggiunto la mitica città carova-niera e vi hanno soggiornato, per periodi più o menolunghi, si può notare come l’immagine originaria dellacasa di terra, sia completamente cambiata a seguitodei continui rifacimenti degli intonaci e di altre com-ponenti funzionali che hanno accompagnato il percorsomanutentivo del patrimonio abitativo della città.

E’ chiaro che in questa prospettiva il significatodell’architettura di terra tende ad assumere un valoremutevole e dinamico derivante proprio dalla suaconservazione.Mi pare che la manutenzione meriti ancora una partico-lare enfasi soprattutto per quanto riguarda la salvaguar-dia del minuto patrimonio residenziale, sia in area urbanache rurale indipendentemente dal contesto geografico diriferimento. Ho potuto personalmente verificarel’opportunità di procedere nel percorso conservativo delpatrimonio architettonico in terra cruda in modo difformedalla comune metodologia che accompagna il classicointervento di restauro di un comune edificio. L’interventoattuato su Casa D’Arcangelo a Casalincontrada (Chieti),ad esempio, ha mostrato in modo chiaro l’importanza diprocedere, attraverso cantieri di primo soccorso4 a unprimo livello di messa in sicurezza e di interventomanutentivo, da attuare nel caso di edifici a rischio diulteriore danno o di crollo, in modo da permettere unsuccessivo intervento, sia progettuale che manutentivo,opportunamente meditato, impedendo allo stesso tempola distruzione di edifici in terra cruda che altrimentiandrebbero irrimediabilmente perduti. Ho cercato perciòdi dimostrare come il processo di conservazione dell’ar-chitettura di terra imponga anche degli sforzi creativi perideare nuovi strumenti di intervento, quali i cantieri diprimo soccorso, direttamente connessi alla specificitàtipologica e tecnologica del patrimonio in crudo e ai suoispecifici percorsi conservativi.La manutenzione diviene poi ancora più importante perquanto attiene ai danni provocati dal crescente impatto

Sankoré - Timbuktù (Mali)Ricomposizione dell'immagine dell'intorno della moschea di Sankoré attraverso l'intervento di manutenzione e ripristino delle architetture in terra dan-neggiate dalle piogge torrenziali dell'agosto 2003 (architetti Mauro Bertagnin e Baba Alpha Ismail Cissé-capomastro Alassane Hessayé (2006)

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del global change sul patrimonio in terra cruda. Ilcambiamento climatico è, secondo le mie osservazioni,oggi maggiormente percepibile proprio nelle zone dovepiù diffusa è l’architettura di terra. Nell’area saharianae subsahariana oltre che nell’area himalaiana, adesempio, ho potuto osservare l’effetto devastante dellepiogge sul patrimonio in crudo dal momento che ècambiata sia la loro intensità che la loro durata. Unprimo esempio di tale crescente impatto negativo sulpatrimonio in crudo ho potuto verificarlo sul tessutoinsediativo di Timbuktù, devastato dalle pioggetorrenziali dell’agosto del 2003 che hanno portato, perla loro intensità e durata, al crollo o al pesantedanneggiamento di oltre un centinaio di case inquartieri diversi della città. Anche in questo caso tornain campo la specificità del costruito in terra cruda.L’impatto su una muratura in adobe di notevolespessore di una pioggia tropicale che dura mezzagiornata al massimo e permette all’edificio diasciugarsi nell’altra mezza giornata, secondo laconsuetudine climatica dell’area, permette l’iterazionedi tale fenomeno per tutto il periodo delle piogge,senza danni sensibili alla struttura stessa degli edifici.Viceversa una pioggia battente ininterrotta delladurata di tre giorni, impedendo il ciclo imbibizione-asciugatura naturale, mette in una seria situazione distress l’intero edificio e ne incrina la tradizionaletenuta fisica e strutturale e può portarlo fino alcollasso5. Piogge torrenziali prolungate in area semi-desertica e cicli di gelo disgelo improvvisi e continuatiin area freddo arida himalaiana accompagnate da

anomale e intense piogge monsoniche sono soltantoalcuni dei fenomeni che rendono importante, oggi, unaricerca approfondita nella conservazione di unparticolare e raffinato patrimonio architettonico, qualequello in terra cruda presente in queste aree.Un ’ultima serie di riflessioni riguarda il decoro urbanosempre in relazione al patrimonio costruito in terracruda. Per Vitruvio il decor, vale la pena di ricordarlo, è"il bell’aspetto dell’opera"6 che permette di ottenereuna percezione positiva del singolo edificio edell’insieme edilizio a cui appartiene. L’esperienzacondotta sempre sul contesto urbano di Timbuktù, neisiti protetti dall’UNESCO nell’intorno delle duemoschee di Djingarey-Ber e di Sankoré ha avuto comeobiettivo proprio quello di operare un sempliceintervento manutentivo mirato in un numero limitato diedifici in grado di garantire il decoro urbano nei duepercorsi di accesso alle due moschee. In entrambi icontesti sia i danni provocati dalle piogge torrenzialiche l’assenza di manutenzione tradizionale hannoprodotto un quadro patologico che ha alteratol’immagine della città e reso necessario un interventodi ripristino del decoro urbano nei due siti la cui valenzaè attestata dal vincolo protettivo impostodall’UNESCO. Realizzati dagli artigiani della localecorporazione dei muratori i lavori di ripristino dellefacciate, rifacimento degli intonaci danneggiati ericostruzione degli elementi costruttivi danneggiati7

hanno permesso una nuova leggibilità degli spazi edegli edifici antistanti i siti protetti delle due moschee.Un esempio di umile manutenzione del costruito in

Djingarey Ber - Timbuktù (Mali)Ricomposizione dell'immagine dell'intorno della moschea di Djingarey Ber attraverso l'intervento di manutenzione e ripristino delle architetture in terradanneggiate dalle piogge torrenziali dell'agosto 2003 (architetti Mauro Bertagnin e Baba Alpha Ismail Cissé-capomastro Alassane Hessayé (2006)

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terra cruda che si qualifica però come opportunità peril mantenimento dei delicati equilibri che presiedono alprocesso di conservazione di un sito che ha contribuito

NOTE(1) Per un compiuto inquadramento del lavoro svolto sulla conser-

vazione del patrimonio architettonico in terra cruda maliano e inparticolare della città di Timbuktù si vedano i seguenti rapportipresentati all’UNESCO-Centre du Patrimoine Mondial:- Pietro A. Ghetti, Mauro Bertagnin, Giovanni F. AntonelliLes sites du patrimoine mondial au Mali. Architectures de terreet paysages culturelles, question de sauvegarde et de revita-lisation, UNESCO-Centre du Patrimoine Mondial, Juillet 2002- Pietro A. Ghetti, Mauro Bertagnin, Giovanni F. AntonelliProjet de réhabilitation urbaine a Tombouctou, Mali.Document de projet pour la présentation au Centre duPatrimoine Mondial de l’UNESCO (Annexe a – Plan de travail,Annexe b – Budget), Septembre 2004- Pietro A. Ghetti, Mauro Bertagnin, Giovanni F. AntonelliSéminaire sous-régional sur les plans de gestion des sites dupatrimoine mondial au Mali- Rapport de synthèse des journées par M. Sanago Klessiguéet Mme Nilda Anglarill- Recommandations- Annexe A, UNESCO-Centre du Patrimoine Mondial, Janvier 2004- Pietro A. Ghetti, Mauro Bertagnin, Giovanni F. AntonelliRapport de mission: Séminaire sous-régional sur les plans degestion des sites du patrimoine mondial au Mali – Tombouctou,UNESCO-Centre du Patrimoine Mondial, Janvier 2004- Pietro A. Ghetti, Mauro Bertagnin, Giovanni F. AntonelliPlan d’action : Pour l’initiation et la mise en œuvre du projetpilote de réhabilitation et de revitalisation du tissu urbain dela ville ancienne de Tombouctou au Mali,UNESCO-Centre duPatrimoine Mondial, Janvier 2004- Mauro Bertagnin - Baba Alpha Ismail Cissé, Ville deTombouctou: plan stratégique de conservation sommaire,UNESCO-Centre du Patrimoine Mondial, Juillet 2004-Pietro A. Ghetti, Mission au Mali, UNESCO-Centre duPatrimoine Mondial, Janvier 2005-Mauro Bertagnin, Relevé architectural: Sankoré aire duprojet pilote. Ville de Tombouctou, UNESCO-Centre duPatrimoine Mondial, Février 2005

(2) Cfr. Giuseppe Del Rosso, Dell’Economica costruzione dellecase di terra ,1793. Per la riedizione critica del manuale si veda: Bertagnin MauroIl Pisé e la Regola: manualistica settecentesca perl’architettura di terra. Riedizione critica del Manuale diGiuseppe del Rosso, Edilstampa, Roma ,1992

(3) Per il concetto di "pelle" degli edifici in relazione alla tecnologiacostruttiva e ai materiali impiegati nella loro costruzione si vedain particolare: Christian Schittich, Shell, Skins, Materials inChristian Schittich editor, (2001), Building Skins: Concepts,Layers, Materials, Birkhauser, Edition Detail, Munchen, pp. 8-27

(4) (2002) Bertagnin Mauro et alii, Conservation of TraditionalEarthen Architecture: the Construction Site for Fist AidRehabilitation Work of Casa D’Arcangelo at Casalincontrada(Chieti, Italy), Proceedings of the First International Congress onConstruction History, Istituto Juan de Herrera, ETSA,Madrid, Vol1 pp. 365-372. (2005) Mauro Bertagnin, Gaia Bollini, Nuevosenfoques en cuanto a conservaciòn de la arquitectura tradicionalen tierra cruda en Abruzos.Las experiencias de las obras deprimera intervenciòn en Casalincontrada (Chieti,Italia), Terra emSeminàrio, Argumentum-Escola Supérior Gallaecia ,Lisboa 2005

(5) Alcune prime riflessioni sulle problematiche dell’impatto delcambiamento climatico sul patrimonio architettonico in terracruda sono state di recente sviluppate in (2005) Bertagnin Mauro,Cantieri di conservazione di emergenza dei monasteri buddisti inLadakh in Federica Ribera (a cura di) Luci tra le rocce (atti delConvegno), Vol.II pp. 99-102, Alinea Editrice, Firenze (2005) Berta-gnin Mauro, La conservazione dell’architettura di terra tra sosteni-bilità e cambiamenti climatici, in Garofolo Ilaria (a cura di) La ricer-ca universitaria sul costruire sostenibile. Studi recenti nell’uni-versità italiana, Edicom Edizioni, Monfalcone (Go), pp.185-189

(6) Vitruvio Pollione ,De Architectura, Libro Primo(7) I lavori di ripristino conservativo descritti sono stati previsti e

progettati nel quadro di un piano di intervento di emergenzaattuato a seguito delle piogge torrenziali dell’agosto 2003.cfr.Bertagnin Mauro - Baba Alpha Ismail Cissé Ville deTombouctou: plan stratégique de conservation sommaire,UNESCO-Centre du Patrimoine Mondial, Rapport, Juillet 2004

Djingarey Ber - Timbuktù (Mali)Danneggiamenti alle architetture di terra nell'intorno urbano delle due moschee di Djingarey Ber e Sankoré a seguito delle piogge torrenziali dell'Agosto 2003

enormemente alla costruzione dell’immaginedell’architettura di terra come uno dei patrimonifondamentali dell’umanità del terzo millennio.

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O projecto apresentado ao programa Cultura 2000,“Le case e le città della terra cruda: conservazione,significato e decoro urbano”, previa a realização deuma sessão em Marrakech, organizada emdiferentes workshops. O objectivo desta sessão eracriar oportunidades para o estabelecimento deintercâmbios de informação e experiências entre aEuropa e Marrocos, no que diz respeito àconstrução com terra.Marrakech é uma grande metrópole do Sul deMarrocos, fundada cerca de 1071-72 pelosalmorávidas. A cidade desempenhou durante váriosséculos o papel de capital do reino de Marrocos,tendo mesmo durante algum tempo designado todoo reino.A sua história e importância estratégica do pontode vista político, mas sobretudo comercial,contribuíram para a riqueza patrimonial destacidade, mais concretamente da sua Medina,incluída em 1985 pela UNESCO, na lista dePatrimónio da Humanidade.O estado actual da Medina de Marrakech, no queconcerne à preservação e salvaguarda patrimonialé bastante complexo. No que diz respeito àconservação das técnicas construtivas tradicionais,mais concretamente da construção com terra,ponto central do nosso workshop, podemos mesmoobservar como todo este património se encontraameaçado.A realidade que se nos deparou em Marrakech é deextrema complexidade, pela constatação da

existência de distintos estados de salvaguarda epreservação, e por um conjunto de factores quecontribuem para a iminente destruição de umpatrimónio valiosíssimo. Devemos pois começar por distinguir dois níveis depreservação: um no que diz respeito ao patrimónioarquitectónico monumental, ou seja grandespalácios, mesquitas, muralhas e portasmonumentais; outro no que concerne ao patrimónioque constitui o tecido habitacional tradicional, queconstitui a malha urbana histórica dentro daMedina.Neste último nível devemos ainda distinguir duassituações no que diz respeito ao estado depreservação de dois elementos fundamentais: oRiad e o Fondouk.

1. O Património monumental:O Governo de Marrocos concedeu a tutela dopatrimónio ao Ministere des Affaires Culturelles.Dentro deste foi criado a Direction du PatrimoineCulturel. Este organismo tem como objectivo aprotecção, conservação, estudo e divulgação dopatrimónio arquitectónico, artístico, arqueológico eetnográfico. Sob a sua direcção foram ou estão aser levadas a cabo intervenções em grandesmonumentos. Tivemos a oportunidade de visitar alguns desteslocais e tomar conhecimento do esforço que temsido desenvolvido nos últimos anos.Nomeadamente gostaríamos de destacar alguns

MEDINA DE MARRAKECH:Algumas reflexões sobre o desaparecimento da construção em Terra Crua

Goreti Sousa (Portugal)Professora. E-mail: [email protected] Superior Gallaecia - Largo das Oliveiras4920-275 Vila Nova de Cerveira, Portugalwww.esgallaecia.com - Tel. +351-251794054

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exemplos dentro da Medina como o Palácio Dar-el-Bacha, Palácio Bahia, a Medersa Bem Youssef oualguns troços da muralha de taipa. Fora da Medinade Marrakech tivemos ainda oportunidade devisitar Aït Ben Haddou e a Mesquita de Tinmel.Nestes projectos podemos observar duastendências: uma estratégia de reabilitação dealguns monumentos, como é o caso do palácio Dar-el-Bacha, que se encontra a ser intervencionadocom o objectivo de aí ser instalado um museu; poroutro lado podémos observar, alguns exemplos,como no caso dos anteriormente citados em que foilevado a cabo uma quase reconstrução dosedifícios com objectivos culturais e turísticos.Um caso paradigmático foi observado a sul deMarrakech, perto de Ouarzazate, em Aït BenHaddou. Um Ksar, ou seja um tipo de habitattradicional do Marrocos pré-sahariano, também eleclassificado como Património da Humanidade emDezembro de 1986, em que apesar do excelentetrabalho de conservação levado a cabo, se sente afalta de todas as condições inerentes a umpequeno núcleo de povoamento, agorapraticamente deserto.De facto, é evidente o objectivo de converter estelocal num ponto de atracção turística, de tal formaque os edifícios intervencionados formam como ummuro-cortina que enquadrado na beleza natural dapaisagem do Sul de Marrocos se converte numautêntico cenário. A mesma situação se encontraem Tinmel.

2. Património tradicional:2.1. Unidades Habitacionais:Situação bem mais preocupante se nos depara quandonos voltamos para um segundo nível de salvaguarda,que engloba todo o património, não menos importantemas bem menos monumental, que se encontra emrisco de desaparecimento na Medina de Marrakech.A malha urbana tradicional da Medina desmultiplica-se em pequenos souks, fondouks e rihads. Éparticularmente nesta última tipologia, que seencontram os problemas mais graves.O Riad é a estrutura de habitação familiar tradicional.Constitui uma casa-pátio com todas as característicastão presentes na arquitectura islâmica. Em termosconstrutivos a terra está presente, sob distintastipologias (especialmente taipa e adobe), sem noentanto ser um material de uso exclusivo. Na verdadeas técnicas tradicionais de construção apresentamuma tipologia mista, com recurso à terra, tanto cruacomo cozida, mas também à pedra e à madeira.Esta estrutura desaparece por completo sob umadecoração rica em ornamentação vegetalista ougeométrica (seja sob a forma do tradicional trabalhoem relevo, seja do azulejo ou do tadelaq). Hoje em diasob essa capa decorativa, que conserva ainda motivose técnicas tradicionais, escondem-se paredes,pavimentos e coberturas construídas com cimento etodos os restantes materiais industriais.A própria tipologia arquitectónica tradicional tem vindoa ser alterada sob o disfarce dessa cortina tradicional,pela pressão de introduzir as comodidades próprias da

Ait Ben Haddou, Património da Humanidade, Marrocos.

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vida actual, sem as quais os turistas não querempassar.A pressão turística e imobiliária parece ser a causaprincipal desta ameaça. De facto, são já poucas asfamílias que conservam a sua habitação dentro daMedina, uma vez que a venda deste património, o qualse encontra, em muitos casos em avançado estado dedegradação, é uma oferta aliciante. Em troca são forçados a sair da Medina e adquirir umanova moradia, nas urbanizações que se encontram naperiferia da cidade. Também elas construídas embetão, mas desta vez sem o constrangimento demanter o aspecto tradicional, dando lugar a umalinguagem formal, dita “moderna”.Assim sendo só no meio rural se podem aindaencontrar habitações construídas, total e parcialmenteem terra, mas mesmo aqui os materiais industriais sãojá aplicados com maior ou menor evidência. Trata-sede um património também ele ameaçado que urgecomeçar a estudar e proteger.A causa desta expansão de erros consiste na pressãoimobiliária, a qual, por sua vez deriva de uma forteexpansão da actividade turística. A quase totalidadedestes rihads está a ser convertida emestabelecimentos hoteleiros.Outras das razões apontadas como factor deaceleração da descaracterização arquitectónica dentroda medida é a existência de uma legislação que obrigaa que todas as construções no interior da Medinaserem em betão. Esta legislação tem sido interpretadaem geral, como uma proibição de utilização dastécnicas de construção tradicionais em terra crua. 2.2. Os Fondouks:De momento, os fondouks têm conseguido escapar aosefeitos da enorme pressão imobiliária, não sendoainda visíveis os sinais de descaracterizaçãoarquitectónica ou estrutural. A principal razão para queassim se tenham mantido é que enquanto no rihad a

propriedade é de uma única família, no caso dosfondouks a propriedade pode ser colectiva ou estardividida em pequenas parcelas, cada uma com umproprietário distinto, o que coloca grandes entraves àaquisição deste tipo de imóveis.Por outro lado, esta mesma situação tem contribuídopara um seu quase total abandono, e uma degradaçãogeral, por dificultar também qualquer tentativa deintervenção por parte das autoridades competentes.A principal conclusão que podemos retirar após ocontacto com a realidade patrimonial da Medina deMarrakech é a necessidade urgente de um plano desalvaguarda e de medidas de protecção que coloquemfim à destruição do património arquitectónico eetnológico (técnicas construtivas tradicionais). Cabe relembrar que um dos critérios que serviram dejustificação à inclusão da Medina de Marrakech nalista de monumentos e sítios património da humanida-de foi a par da riqueza em termos de património arqui-tectónico e artístico, a valorização do carácter tradicio-nal das residências inseridas no tecido urbano tradicional.Já em 1984 se chamava a atenção para a necessidadede acções de protecção deste património já ameaçadopela degradação. Vinte anos volvidos não só não foramtomadas as medidas a que atrás se faz referênciacomo o estado de risco eminente se agravou desobremaneira.A alteração legislativa seria uma opção que pode vir acontribuir para essa preservação das técnicas deconstrução em terra crua. Seriam tambémaconselháveis a difusão de acções de sensibilizaçãopara divulgar técnicas construtivas sismo resistentes,sobretudo no que se refere à aplicação dessasestruturas de reforço na construção em terra crua.Por fim é também preocupante o início de descaracte-rização que mostra indícios de estar em curso naszonas rurais. São também necessárias medidasurgentes para travar essa degradação acelerada.

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ARCHITECTURE EN TERRE AU MAROC: UN PATRIMOINE EN RISQUE

Filipe Jorge (Portugal)Arquitecto. Centro da Terra.Edições ARGUMENTUMTel./Fax: +351 213940547/8 E-mail: [email protected]

Le Maroc est un pays où la construction en terreconstitue une tradition séculaire, mais certainespersonnes nous avaient prévenu, entre eux FaissalCharradi, où la route en asphalte est arrivée il estdevenu difficile de trouver de nouvelles constructions enterre crue.Cet avis ne nous a pas empêché de faire de rapidesincursions dans l’espace rural, souhaitant vivre lepaysage du désert pré-saharien, à la recherche de seshabitats.Le peu de temps dont nous disposions ne nous a permitqu’un safari photographique fascinant et la prise deconscience de l’état de délabrement dans lequel setrouvent la plupart des constructions traditionnelles quiémergent des palmiers ou des noyaux habitationnels.

ParcoursLa première journée nous a mené jusqu’à la vallée dufleuve Nfis (SW), antichambre du Haut-Atlas, ayant fait250 Km aller-retour jusqu’au village appelé Tinmel – sitetrès intéressant de part la récupération d’une mosquéedu XII ème siècle.

Pendant cette journée nous avons trouvé plusieursvillages, en grand partie construits en terre, lieux decroissance stagné et dont la timide expansionhabitationnelle ne dépend plus de la terre traditionnelleet dont les vieilles ruines mourantes côtoient desconstructions sans âme.L’infatigable traversée du Haut-Atlas s’est poursuiviependant deux jours tout au long de la vallée du fleuveDadès – tel paradigme de l’adaptation de la populationsédentaire aux endroits que les ancêtres berbères, avecun lien éloquent, ont marqué dans leur ‘colonisation’ du‘désert’. Ici le paysage trouve un contraste vigoureux,entre le territoire aride et les établissements humains etles zones agricoles adjacentes bien délimités, quel’homme a imposé à l’immensité du désert. On aurait pudire, pour illustrer cette occupation, que l’homme aembrassé la terre – du sol il a fait les murs et du sol afait les toits – et comme ça il s’est camouflé d’unenvironnement hostile, en se méfiant de son agressiviténaturelle. On entrevoit connaissance, on respire unesagesse ancestrale. Même ceux qui ne sont jamais allés au Maroc, ont dans

« L’époque où la terre était un matériel de construction des

pauvres est révolue. Aujourd’hui on bâtit des maisons en terre

pour les riches. Mais, malheureusement l’Etat n’a pas encore

trouvé de la terre pour en construire de l’habitation sociale. »

Elie Mouyal, architecte

in Vivir Bajo la Media Luna, ed. Vitra Design Museum, 2003

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leur imaginaire un pays moulé en terre, aux couleurséclatantes et chaudes (épices, tapis, cuirs et vêtements)et dont le cinéma a fait connaître au monde, par lesgrands films historiques, aux décors naturels, lesgrands monuments et les territoires abrasifs avec sesvilles et bâtiments construits en terre. La traversée de la vallée de Dadès est une expériencequi ne peut être rendue par aucun film , mais que toutarchitecte, géographe, parmi d’autres intéressés par laculture méditerranéenne et par l’architecture en terredevraient connaître.Partout, dans cette région, la présence de l’architectureen terre est évidente. La quasi-totalité des bâtiments,soit maisons, soit constructions rurales, simples murs etclôtures sont bâtis dans cette terre rouge d’alluvions.Villages tout entiers, dans leur unité et consistancematérielle s’inscrivent parfaitement dans un paysagecomme s’ils y avaient appartenu depuis toujours.Les Qsours (villages fortifiés) et les Kasbad (forteressesà l’échelle d’une famille ou dans clan)- construits pour

abriter les caravanes nomades qui négociaient desmarchandises et qui y séjournaient- ressortent par ladiversité de modèles spatiaux et formels.En Ait-BenHaddou, Ouarzazate, Skoura, El Kellaâ M’Gouma, parmi d’autres endroits, ressortent lessilhouettes de ces majestueux bâtiments, où la terreest sculptée en capricieuses compositions formelleset décoratives et son articulation donne forme à desensembles de haut intérêt architectural eturbanistique. Ce sont les témoins d’une période depuissance économique, déjà perdue, qui devraient êtrel’objet d’une enquête et de protection.

RéflexionEn dépit de l’importance et substance historique de cepatrimoine, nous avons fait une claire constatation:l’abandon et la conséquente dégradation sont en traind’effacer la valeur inhérente et sa signification socialeet culturelle.Tout cet héritage culturel est en danger de ruine

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ou de transformation inadéquate. Il est urgent defaire un état des lieux, des études de récupération,visant la réutilisation de ce patrimoine. Le soutiende la réhabilitation de l’architecture en terre n’estpas seulement une question culturelle, c’est enpremière lieu une question sociale et économique,à laquelle nous tous, chercheurs et partisans del’architecture traditionnelle, nous devons ajouterl’aspect technique, une alternative programmati-que et un encadrement politique.La réhabilitation du patrimoine est une optiondépendante de la décision et de la volontépolitique (fondée sur la capacité économique etcompromis social) et qui ne peut être mise enplace que par l’imagination conceptuelle et par la

maîtrise (solide et consolidé) des technologiesadéquates.La réhabilitation n’apparaît que par la constatationde la nécessité, mais elle est le résultat du vouloir,du pouvoir et du savoir.Le débat autour de la conservation et laréhabilitation de l’architecture de terre est communà plusieurs régions et continents, et gagne uneactualité incontournable, par le flot de questionssoulevées autour le développement durable, ledéveloppement économique et la récupération de ladignité et de l’identité régionale.Au sud du Maroc ces questions ne sont pas encoreà l’ordre du jour. Mais il est encore possible desauver un patrimoine unique et irremplaçable.

(Traduction Sofia Coelho dos Reis)

Curriculum Résumé:L’architecte Filipe Jorge a une post-graduation en Récupérationdu Patrimoine, (Université d’Evora). Associé au ICOMOS, PROTERRA et de l’Association Centro da Terra.Co-auteur de travaux de recherche dans le domaine de

l’architecture traditionnelle à l’Archipel des Azores et en Algarve(Portugal). Création en 1993 de la maison d’éditionARGUMENTUM, dirige et coordonne la publication de thèmes dePatrimoine, Urbanisme, Photo Aérienne et Guides d’Architecture.

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6TH SESSION

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I T A L YCAGLIARI

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Menaces sur un patrimoine immense et riche designification culturelleDans l’ensemble si divers des patrimoinesarchitecturaux construits en terre crue, les centresvilles anciens, en Europe et ailleurs dans le monde,occupent une grande place et témoignent de valeursculturelles tangibles (architecturale, esthétique) etintangibles (imaginaire et symbolique) de l’humanitéaujourd’hui très exposées à des risques majeurs. Sil’on veut bien considérer l’importance de cepatrimoine de caractère urbain, il convient d’en cernertoutes les échelles territoriales et architecturales, etsans aucun doute d’intégrer aussi un large éventail debourgs mais aussi de villages bâtis en terre crue qui,aujourd’hui, avec le développement effréné desterritoires, grand consommateur d’espace rural,s’inscrivent dans des tissus urbanisés de plus en plusmaillés et complexes. Cette évolution arborescente dela ville est accompagnée de la naissance de nouvellespolarités « rurbaines » qui disloquent les attachesaux centralités originelles, historiques, et ne sont passans poser de graves problèmes. Sous la fortepression de ce nouvel environnement construit etaménagé, sous l’emprise tentaculaire de l’extensiondes réseaux viaires imposée par les connectionspériphériques vers un habitat individuel et desservices excentrés, on perçoit notamment le risquemajeur d’altération puis d’éradication de lasignification et de l’ancrage culturels. Ces pressionsde la croissance urbaine, inévitablement,déconstruisent, détruisent pour reconstruire des

quartiers de villes nouveaux (certains ont pris jusqu’aunom de « villeneuve ») qui semblent aussi dériver telsdes îlots ayant largué leur bras de terre les rattachantà la centralité mère. Pour paraphraser le poète RenéChar je dirai que nous assistons à la genèse d’unepensée et d’une parole (de ville) en archipel, nousassistons à un essaimage, à une perte de cohésion quiest aussi un éclatement sociétal résultant d’unerupture avec la référence à la centralité. Cettecroissance urbaine qui menace l’existence même descentralités urbaines est aussi guidée, on le sait tropbien, par des motifs de spéculation foncière etimmobilière. Ce risque majeur de destruction de lacentralité originelle est souvent annoncé par unedénaturation et une folklorisation de l’espace urbainhistorique sous un maquillage de modernité – crimeperpétré au nom de l’application technocratique denormes purement techniques, traces indélébiles delangages architecturaux qui perdent la richesse deleur vocabulaire et de leur syntaxe – parodie demodernité qui tend à légitimer des pratiques derénovation cosmétique, de plus en plus inadaptéesquant au respect de l’intégrité et de l’authenticité descultures constructives. Ainsi, la ville ancienne en terrecrue laisse place à la ville de béton, d’acier et de verre,spectacle que j’ai pu observer par exemple dans uneville comme Yazd, en Iran, ville de coupoles et voûtesen adobe peu à peu étouffée par des réseaux depoutrelles d’acier proclamant l’orgueilleuse victoire(ou défaite !) des immeubles de bureaux ou de «rapport ». Yazd, ville des badguîrs (capteurs à vent)

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LES CENTRES VILLES EN TERRE, EN EUROPE ET AILLEURSDANS LE MONDE, SONT EN GRAND DANGER

Hubert Guillaud (France)ArchitectDirecteur ScientifiqueCRATerre – ENAGEcole Nationale Superieure d'Architecture, Grenoble (France)Tel.: +33 476401439E-mail: [email protected]

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remplacés par des équipements d’air conditionné.Menace réelle que j’ai aussi observée récemmentdans un aussi beau pays que le Maroc, où, dans lavallée du Drâa, à Agdz, à Ouarzazate, à Zagora, lesmaisons de blocs d’aggloméré de béton en ossaturede béton armé se sont substituées aux maisons depisé. Quartiers bétonnés « excentrés » qui sedétachent d’un ancien centre ville dont le tissu originelperd peu à peu de sa lisibilité du fait d’opérations «intrusives » qui justement le métissent, le détissent.Centres villes laissés à l’abandon et finalement ruinés.Villes de terre crue il y a seulement 20 ans. Villes desmaâlems (maîtres maçons) piseurs qui aujourd’hui sevoient imposer l’obligation d’intégrer des poteaux enbéton dans leurs murs de terre pour soutenir desdalles de béton qui ont remplacé les planchers en boiset terre, au nom de la norme. Consolidation hélassouvent artificielle, fictive, totalement inopérante carces poteaux ne sont même pas reliés à des fondationsou à des chaînages. Il est toujours facile d’opposer desarguments légitimant la destruction de la ville enterre. L’inadéquation du « confort », par exemple, quel’on ne conçoit aujourd’hui plus que dans sesapplications d’ingénierie technique et non plus dugénie du bâtisseur qui savait jouer astucieusementavec les éléments, l’air, l’eau, la terre, le feu, pourgarantir une climatisation naturelle, un amortissementthermique, une hygrométrie offrant une véritablesensation de confort, une chaleur agréable provenantde foyers rayonnants que les murs massifs de pisé oud’adobe stockaient et restituaient. Ou encore une crue

accidentelle d’un cours d’eau qui vient miner la basedes murs en terre que l’on pointe aussitôt du doigtalors qu’il aurait tout simplement fallu prévoir unmeilleur endiguement des berges. C’est comme celapar exemple que le préfet Vaise, à Lyon, à la suited’une inondation du quartier de la Guillotière, ouencore par la suite le Préfet Terme, à la suite d’uneautre inondation en 1840, finissent par réglementer laconstruction en pisé et à imposer une surélévation desbases de maçonnerie. Décisions « techniquement »judicieuses mais déjà « politiquement » perverses carelles annoncent d’autres volontés plus radicalesd’interdiction de toute construction en pisé sur lesberges du Rhône et de la Saône. Ce sera alors uneperte irréductible, en milieu urbain, d’une grandeintelligence et d’une grande culture constructives. Ilen fut de même aussi avec les maisons en colombageset torchis de nombreux centres villes anciens desvilles européennes menacées d’incendie à partir deleurs toitures en bâtières de chaume. Maisons de boiset de terre que l’on a d’abord enduit de mortier commece fut le cas dans la vieille ville du Mans, en France (sereporter au Traité de Le Muet), qui perdaient ainsi leurcaractère architectural et leur résonance urbaine dansle jeu de la composition des façades. Mais lesmenaces auxquelles sont exposés ces patrimoines enterre crue urbains sont aussi des menaces exercéessur les populations qui assistent à un bouleversementdes usages, à une désappropriation de leur habitat auprofit d’un développement d’activités de commerce etde services, à une « tertiairisation » de l’espace

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Quartier historique ancien en colombages, centre de ville de Troyes,France.

La place du marché et la Mosquée, Ville de Djenné, Mali.

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urbain. Populations qui se voient exclues d’un cadrebâti transgénérationnel qui est laissé à l’abandon, ouqui est revalorisé par des interventions donnant unevaleur monétaire gonflée de façon artificielle, fictive,à un patrimoine glissant vers une appropriation declasse sociale supérieure, à un patrimoine exposé àdes prédations purement spéculatives. Cettedépossession populaire est aussi une grande perted’histoire, d’héritage et d’enracinement, d’âme, de vie,d’intimité de voisinage, de repère et de culture. On ne peut être en mesure, ici, de donner la pleinemesure de la richesse de ce patrimoine urbain ou envoie d’intégration urbaine qui témoigne des valeursculturelles de l’architecture de terre crue. Toutefois,quelques repères sont indispensables. Ainsi, enFrance, les centres villes en pisé de Lyon (quartier de laCroix Rousse) ou de Montbrison ; les centres anciensen colombage et torchis de Troyes, de Tours, deRennes, du Mans, des villes d’Alsace telles Colmar ouStrasbourg. La ville d’Albi ou de Toulouse où lecolombage côtoyait la brique de terre cuite. Ainsi auPortugal, les villes en pisé d’Algarve ou d’Alentejoentourant de précieuses forteresses (Villa Viçosa,Alcaçer do Sal, Silves ou Mertola par exemple). Etcombien de quartiers anciens dans les villesd’Allemagne, combien de maisons en ladriri oumattoni (briques crues) dans le vaste territoire desCampidani de Sardaigne, de Cagliari à Oristano ? Ettous ces bourgs des Abruzzes construits en bauge. Etcombien de maisons en pisé et en adobe dans lescentres villes anciens des territoires de Castille et

León, dans le triangle Valladolid, Burgos, León quicerne le territoire de Tierra de Campos où se sont descentaines de villages de pisé et d’adobe, intimementreliés à ces pôles urbains par les échanges humains,culturels et économiques qui sont désormaisabandonnés tels des spectres d’une histoire pourtantpas si ancienne qui a véhiculé de génération engénération l’excellence du savoir-faire des tapierosespagnols (constructeurs en pisé). Là aussi, unéquilibre entre la ville, entre « les » villes etl’environnement bâti en terre crue est en voie d’êtredéfinitivement rompu. Car il est possible, dans ceterritoire entièrement construit en terre - des maisonsde villages aux fermes rurales, des pigeonniers aubodegas creusées dans l’épaisseur de la terre - que lavéritable centralité historique et culturelle fut plusvéritablement enracinée dans cette cultureconstructive du pisé et de l’adobe qui avait contribué àmettre en valeur le territoire, à l’enrichir par la force detravail des agriculteurs et des bâtisseurs préparantl’avènement de la ville, nouveau territoire des négocesintermédiaires et spéculatifs, dès lors que l’économiecapitaliste, à partir de la Renaissance, imposait sanouvelle gouvernance économique du territoire (sereporter à Fernand Braudel). Et quoi de plusextraordinaire, en se tournant vers d’autres régions denotre terre, vers le Yémen, que les villes verticales debriques de terre des Vallées de l’Hadramaout, Shibam,Tarim, Seyun, oasis de vie au cœur du désert minérald’Arabie. Immeubles de terre coiffés de têtes blanchesgrattant les cieux. Combien de ces villes, ici ou ailleurs,

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Citadelle historique de Bam, Iran. Avant sa destruction par le séisme du 26 décembre 2003.

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145aujourd’hui abandonnées ou détruites et combiend’autres terriblement menacées. On pourrait multiplierles exemples de ce drame culturel planétaire quereprésente la perte programmée de la cultureconstructive en terre pour l’humanité si elle ne semobilise pas davantage pour la pleine reconnaissancede ses valeurs et de leur sauvegarde.

Valeurs ressenties de la ville en terreQuoi de plus évident dans la centralité urbaine toute deterre crue, témoignant de l’épanouissement de culturesconstructives et de formes de compositionarchitecturale et urbaine achevées, qu’une harmoniereliant la matière terre, le matériau, la structure,l’espace, la forme, l’esthétique architecturale desdétails soignés, les traces d’un grand art des surfacesdécorées, murs peints, murs modelés, murs sculptés ?Quoi de plus agréable qu’un parcours de découverted’un centre ville ancien en terre où l’on estirrésistiblement attiré par des jeux d’ombre et delumière, se réchauffant sous le soleil après avoir étéenveloppé de la fraîcheur d’une ruelle couverte. ATissergat ou à Tamnougalt, dans la vallée du Draa. Quoide plus étonnant que cette intimité des cœurs de villesanciennes en terre crue, où résiste un tissu de chemins,de ruelles et de venelles qui sont enchantées desilence, de bruits calfeutrés alors qu’au loin l’on perçoitla rumeur de la ville moderne ? Quoi de plus attirantque ces formes plastiques, douces et rondes, que cesenduits de terre pigmentés d’éclats de paille qui sontautant de diamants sous les rayons du soleil ? Villestraces des arts majeurs délivrant tout leur potentiel decréativité. Villes de beauté qui nous restituent unsentiment de bien être. Car la beauté fait du bien àl’âme. Villes d’humilité et villes d’orgueil qui nouslaissent voir leur pauvreté, ici conçue comme undépouillement et non comme une misère, comme leurrichesse, leur ostentation, dans des voisinages parfoissurprenants. Villes des bâtisseurs anonymes qui nousont précédé dont on ressent l’effort et la sueur commel’agilité allègre, la pesanteur massive de la fatiguelaborieuse comme la légèreté rêveuse et créative.Cela, combien de visiteurs ne l’ont-ils pas intimementressenti ? Quoi de plus évident dans la centralitéurbaine toute de terre crue que la perception de lasubstance archéologique, historique qui incarne uneperception quasiment eschatologique de l’histoirehumaine, nous rappelant à une trajectoire entre passéet avenir, nous restituant dans le « sens » de l’histoire,à la fois direction et signification, alors que l’on

pourrait craindre aujourd’hui, à quelques égards, uneprojection en devenir plus ramassée, plus raccourcielorsque l’on est alarmé par le développement de maux,de violences urbaines résultant d’une incapacité àgérer la croissance de la ville actuelle qui peu à peusemble perdre son échelle humaine. Villes toutes deterre, villes d’alliance entre terre et ciel, entretellurique et cosmique, entre vie et mort, entre mort etrenaissance car de cette terre même ruinée, effondrée,on peut encore dresser de nouveaux murs. Et que l’onne se méprenne pas. Il n’y a dans ce propos aucunenostalgie. Il n’y a que présent ressenti par des sens quiont été affûtés au plaisir d’observer, de sentir, detoucher, d’écouter toute la valeur merveilleusementhumaine des architectures de terre. Il n’y a quel’espérance de pouvoir préserver cet héritage,témoignage de l’histoire de précédents qui y ont vécu,ont laissé leurs empreintes, hommes, femmes etenfants qui nous rappellent à l’évidence des limitescomme des forces de notre condition humaine. Cettehumanité de la ville que beaucoup aujourd’hui désirentrestaurer car la ville est inévitablement inscrite dans ledevenir du genre humain. Une ville en devenir que l’onespère à nouveau reliée à son histoire car l’une sansl’autre ne peuvent se concevoir. Une ville en recréationpartagée où le penser et le faire du construit, auxdifférentes échelles qui le composent et l’expriment,du seuil des portes d’entrée accueillantes aux espaceshabités festifs, de la ruelle à la rue, au boulevardparcourus au rythme des effleurements et desrencontres, de la place aux jardins paisibles oùcohabitent enfance, maturité et vieillesse en partagede silences et de paroles, pourront davantageconcerner et impliquer ses habitants, ses vivants. Uneville où l’homme bâtisseur serait pleinement réincarnéet reprendrait pleinement possession créative de lamatière, des matériaux. Une ville arche d’alliance.Cette perspective ne fait-elle pas de la ville toute deterre crue une « alliée substantielle »?

Conserver la ville en terre c’est acter unealliance pour le développement durableLa conservation et la mise en valeur des architecturesde terre ont fait de grands pas au cours de cesdernières années. Et l’on peut être aussi en mesured’affirmer aujourd’hui que la renaissance desarchitectures de terre est engagée grâce à cetinvestissement mis dans leur conservation. Passé etfutur des architectures de terre sont intimement reliéscomme le sont le patrimoine et le développement.

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146Depuis la « Première conférence internationale sur laconservation des monuments en briques de terre » deYazd, Iran, en 1972, où l’accent était mis sur lanécessité d’associer les interventions conservatoiresaux travaux de fouilles – ce qui est hélas encore peu lecas du fait de la différence d’objet de recherche et decentre d’intérêt des archéologues et des conservateurs– en passant par le « Troisième symposiuminternational sur la préservation de la brique de terre(adobe), à Ankara, Turquie, en 1980, qui opérait uneavancée décisive en consacrant « l’existence » desarchitectures de terre, puis avec le « Symposiuminternational et atelier de formation sur la conservationde l’adobe », à Lima, Pérou, en 1983, qui mettaitl’accent sur « le besoin urgent du développement d’unréseau pour la préservation des architectures de terre», sur l’importance d’engager une formation de lacapacité professionnelle en conservation dans descentres établis, une prise de conscience de la valeuruniverselle des architectures de terre, vernaculairesrurales ou urbaines, s’est faite jour. En France, en 1981,l’exposition du Centre Georges Pompidou « Desarchitectures de terre ou l’avenir d’une traditionmillénaire » contribuait à une plus large médiatisationdu débat public international sur l’importance qu’ilconvenait d’accorder à ces patrimoines architecturauxet urbains millénaires, menacés de disparition. Cetteexposition était aussi à l’origine de la premièreréalisation d’envergure en Europe, le projet du «Domaine de la terre », nouveau quartier urbainconstruit tout en terre qui démontrait concrètement lafaisabilité de la renaissance d’une architecture de terreactuelle. Toutefois, au-delà de cette « prise deconscience » qui a été aussi alimentée par d’autresconférences internationales (Las Cruces, Etats-Unis,1990 ; Silves, Portugal, 1993 ; Torquay, Angleterre,2000 ; à nouveau Yazd, Iran, 2003), qui a étéconsolidée par la création de projets cadresspécifiques à la problématique de la conservation etgestion des patrimoines architecturaux en terre, telsles projets GAIA et TERRA conjointement pilotés parCRATerre, l’ICCROM puis le Getty ConservationInstitute et qui ont contribué à une approcheinstitutionnellement intégrée de la conservation desarchitectures de terre, et particulièrement audéveloppement de l’enseignement des professionnelscomme de la recherche scientifique, beaucoup dequestions demeurent pour favoriser une plus largeadhésion autour d’une vision planétaire davantagepartagée. On doit ici relever le rôle important que joue

depuis ces dernières années la nomination et leclassement de sites archéologiques et d’ensemblesarchitecturaux en terre crue, de sites mixtes(architecturaux et paysagers) sur la prestigieuse Listedu Patrimoine Mondial de l’UNESCO confirmant lavaleur universelle des architectures de terre. Tous cesprojets, ces programmes, ces réalisations semblentconcourir à un même but : la mise en oeuvre, àl’échelle planétaire, d’un processus de développementdurable où la composante architecture de terreapparaît pouvoir remplir un rôle « porteur » etdynamique de tout premier plan. On peut ainsi être enmesure de penser que la perspective de réalisation duparadigme de développement durable n’est pasenvisageable sans la mise en valeur des patrimoinesarchitecturaux et sans l’accompagnement politique,culturel, sociétal et professionnel d’une renaissancecontemporaine des architectures de terre. Or, commel’a souligné l’architecte Alejandro Alva qui fut co-directeur des projets GAIA et TERRA à l’ICCROM dansun article proposé pour la Newsletter du GettyConservation Institute, en janvier 2001, article intitulé« La conservación de la arquitectura de tierra » : «des régions entières de la planète, où l’architecture deterre est une composante fondamentale de la cultureconstructive et du patrimoine propre, n’ont pas étésuffisamment influencées par l’activation de réactionsculturelles aux processus de transculturationarchitecturale. Le patrimoine historique-archéologiqueen terre d’une grande partie de la planète est exposé àun risque de disparition par négligence ou pour êtreconfronté à cette architecture de substitutionintroduite par ces processus ». Il faut aussi constater que la mise en valeur despatrimoines architecturaux en terre est désormais unegarantie de source de revenus très substantielsgénérant des retombées économiques très importantespour de nombreuses régions du monde. Et l’enjeuconsiste à faire en sorte que ces retombées liées audéveloppement d’un plus large tourisme culturelplanétaire « exploitant » les ressources de cespatrimoines soient vraiment profitables auxpopulations locales et aux patrimoines eux-mêmes eninstallant les conditions de valorisation à même degarantir une véritable contribution à l’avènement d’undéveloppement durable. L’enjeu est réel si l’onconsidère une tendance à la gestion de profitsimmédiats et maximum. L’exploitation de nombreuxsites, non fondée sur des plans de gestion intégrantdans les stratégies d’action qui en découlent le

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paradigme de développement durable, démontre deplus en plus souvent l’ampleur des dégâts qui sontgénérés, pour les sites eux-mêmes et pour leursenvironnements. Une exploitation trop motivée parl’espérance de gros gains à court terme pourrait induireun processus de destruction irréversible et une perteconsidérable de valeur, de « sens » pour l’humanité.Une alternative à bien définir s’impose entre unedestruction du patrimoine architectural en terre parnégligence conservatoire ou d’entretien et unedestruction programmée par surexploitation « sauvage» qui, l’une comme l’autre, s’opposent à une « re-création durable » de l’héritage. Une « économie durable » est le produit d’undéveloppement durable. La base de ses ressources, icile patrimoine, doit être conservée. Elle doit pouvoir sedévelopper en intégrant le bénéfice de l’évolution desconnaissances (recherche), l’amélioration descompétences (formation), la gestion des valeurs etaussi la « sagesse ». A l’instar de Jef Malliet1

rappelons les neuf principes fondamentaux surlesquels repose une société durable : – respecter et prendre soin de la communauté de vie;– améliorer la qualité de la vie humaine ;– conserver la diversité et la vitalité de la Terre ;– réduire au minimum l’épuisement des ressources

non renouvelables ;– rester dans les limites de la capacité de soutien à la

Terre ;– changer les comportements et les habitudes

personnelles ;

– mettre les communautés en mesure de prendre soinde leurs propres environnements ;

– offrir un cadre national pour intégrer ledéveloppement et la conservation ;

– Créer une alliance globale.Dans son article, Malliet souligne que même si cesprincipes ont été pensés pour l’environnementnaturel, « ils s’appliquent également aux rapportsentre le patrimoine culturel et le principe dedurabilité ». Le respect « des » patrimoines culturelsest essentiel à la construction d’une société durable.Il y a un devoir éthique de transmission «transgénérationnelle » des patrimoines culturels, dela mémoire. Car, une société durable – plus solidaire,équitable – ne peut se fonder que sur lareconnaissance de l’autre, de son histoire, de sadifférence et de ses appartenances à d’autres formesde communautés de vie, de qualité de vie. Le «développement » ne peut être assimilé à la seule «croissance » économique. Nous voyons bien leseffets pervers du spectacle élogieux de l’économie,orchestré par elle-même et pour elle-même, tel quel’anticipait Guy Debord dans sa « Société duspectacle » excluant trop souvent la dimensionhumaine. Les processus devant garantir les droitshumains fondamentaux et conduire àl’épanouissement des capacités humaines sontinévitablement situés dans des contextes culturelsdifférenciés et donc inévitablement « intrinsèques ».Il ne peut y avoir de « modèle unique ». Personne neconteste aujourd’hui la « valeur » de la diversité

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Programme de revalorisation culturelle du pisé en région Rhône-Alpes,France. Festival "Grains d'Isère", organisé chaque année par le CRATerreaux Grands Ateliers de l'Isle d'Abeau. Sensibilisation du public des mli-lieux scolaires et professionnels, actions de formation, construction deprototypes avec les étudiants de l'ENSAG.

Rue à Coro, Ville Patrimoine Mondial, Venezuela.

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148culturelle comme l’on reconnaît l’importance deconserver la « biodiversité ». Ainsi, le respect de ladiversité culturelle devient un facteur de vitalité pourla Terre. Car, les patrimoines culturels sont lestémoins des « valeurs » (esthétique, historique,scientifique, sociale), des générations passées,présentes et futures2. Valeurs intangibles commetangibles qui évoluent avec les nouvelles expériencesde vie des sociétés, respect de ces valeurs quipermettront « rester dans les limites de la capacitéde soutien à la Terre ». Là est toute l’importance dela conservation, restauration ou réhabilitation despatrimoines architecturaux historiques ettraditionnels opposables à une construction neuve «forcenée » contribuant aussi à un gaspillage desénergies et des ressources, à une éradication desenvironnements culturels : réutiliser plutôt quedétruire.

Une option essentielle pour demain : préserverla diversité technologique et culturelleIl y a grand risque d’évacuer la diversité technologiqueet culturelle, d’imposer plus d’uniformité. Conserver lesarchitectures de terre, la mémoire des culturesconstructives, c’est fonder de grands espoirs sur lasauvegarde d’un équilibre évolutif entre nature etculture, entre oikos et tecné. Car, n’y a-t-il pas uneévidence d’harmonie entre les paysages naturels etculturels (aménagés), d’alliance entre biodiversiténaturelle et technodiversité culturelle quecaractérisent si bien les architectures vernaculaires enterre du monde ? N’y a-t-il pas l’évidence d’uneformidable créativité des bâtisseurs dans cetteutilisation des ressources et des cultures locales, maiségalement une attitude de respect des milieux ? A tropsacrifier au modernisme, attitude prométhéenne,l’homme ne s’est-il pas engagé sur la voie d’unetragédie programmée ? Celle de la rupture entrenature et culture ? Le maintien de la diversitétechnologique et culturelle, dont fait évidemmentpartie la préservation des cultures constructives enterre, ne pourrait-il pas apporter des réponses à unensemble de crises dont souffre l’humanité ? Crise del’énergie (épuisement des énergies fossiles) ; crise deproduction des matériaux manufacturés (de plus enplus chers et inaccessibles à une grande part de lapopulation mondiale) ; crise de développement(nécessité de créer du travail) ; crise d’identitéculturelle (nos architectures et nos paysages sebanalisent) ; crise de l’habitat (50% de la population

mondiale est mal logée) ; crise d’accessibilité aulogement (les milieux de production « formels » sontdépassés, les dynamiques « informelles » et l’autoconstruction s’imposent à nouveau dans plusieursrégions pour garantir cet accès au logement) ; criseenvironnementale (dans certaines régions, on ne peutplus construire en bois : Sahel, Niger, Mali, BurkinaFaso) ; pollutions industrielles ; malaise physique(souhait d’un habitat plus « sain »), crise de l’histoire(les valeurs culturelle de l’héritage architectural fontl’objet d’une attention sans précédent, on classe,conserve, met en valeur, on « gère » les patrimoines). En matière de diversité culturelle constructive,constatons que presque toutes les cultures reçues enhéritage sont de plus en plus « artificialisées ». Ilsuffit d’observer les interventions d’entreprises enrestauration et réhabilitation des architectures deterre, reconstruites en béton et agglomérésd’agrégats, blindées d’enduits au ciment, oud’observer l’évolution des habitats traditionnelsafricains vers d’infâmes « cases-tôles ». L’érosion dela diversité culturelle constructive relève d’une folleamnésie aux conséquences dramatiques surl’ensemble du système socio économique mondial. Lapréservation et réanimation de cette diversitédeviennent essentielles à la vie future. Toutefois, danscette perspective de développement durable, il s’agitaussi de produire un énorme effort de repérage etd’inventaire, de compréhension de l’intelligenceconstructive, un effort aussi d’enrichissement descultures techniques traditionnelles par le potentiel derecherche, d’expérimentation et aussi d’in-dustrialisation comme l’engagent déjà des maîtres dela modernité des architectures de terre, tel MartinRauch en Autriche qui régénère entièrement la cultureconstructive du pisé par la préfabrication d’élémentsporteurs. Car il y a aussi danger, par tentation d’uneposition « réactionnaire » d’être figé dans une «illusion de la permanence ». Conserver les archi-tectures de terre, développer les « écolesd’architecture de terre », aujourd’hui, pour demain,c’est engager cet effort de réconciliation avec notrehistoire, avec « les » cultures comme vectrices dudéveloppement social et économique « local »(centre/vs/périphérie). C’est proposer une autre voie àla mondialisation de l’économie hélas fondée surl’omnipotence du pouvoir de l’argent et sur la dictaturedes macros techniques génératrices d’appau-vrissement matériel comme culturel. Comme l’a écritjustement Boris Gamaleya, poète de l’île de La

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Réunion, « l’homme devient sacré dès lors qu’il pro-tège la vie 3 ». Conserver les villes en terre, les centres anciens bâtisavec ce matériau de construction millénaire, c’estvéritablement se projeter vers un avenir durable. C’estsans doute aussi réaliser plus avant l’espérance de lareconstruction d’une cohésion sociale en redonnantdans ces villes anciennes toute la place de plus en plusdésertée à l’habitat. C’est se rattacher à un fonds, à uncreuset culturel commun à l’humanité, cette histoire dela ville en terre, de la ville construite de main d’homme,de la ville se réappropriant une vie urbaine à la mesuredes rythmes du souffle des hommes. Ainsi, on ne peutque se féliciter, ici, de plusieurs initiatives. Celle de larestauration des médinas telle celle de Marrakech auMaroc, et d’autres encore. Celles de ce programmeCulture 2000 « Le case e le città della tera cruda :conservazione, significatoi e decoro urbano » qui afavorisé la rencontre, les échanges sur une mêmeproblématique partagée par des institutions et desprofessionnels chargés de la conservation etrevitalisation des vieux centres urbains bâtis en terre,de centres d’études et de recherche d’universités ou dedépartements et écoles d’architecture et d’ingénierie.Ou encore cette remarquable avancée qui a été faite enItalie avec la création d’une « Associazione NazionaleCittà della Terra Cruda » rassemblant un vasteensemble de communes de ce pays soucieuses depréserver leur identité culturelle et de la projeter ànouveau sur l’avenir. Une initiative qui permet deredéfinir les procédures d’intervention conservatoire

sur le patrimoine architectural en terre mais aussi pourle véritable développement d’une architecture de terrecontemporaine. Et que dire encore d’autres initiativesnon moins remarquables comme celles actuellementportées par le Portugal qui a lui aussi créé son réseaunational d’universitaires et de professionnelsmultipliant les rencontres, les conférences etséminaires, les expositions, engageant l’installationd’un enseignement académique et professionnel enconstruction et architecture de terre, réalisant denouveaux projets résolument contemporains. EnFrance, depuis l’année 2000, le Contrat Global deDéveloppement « Isère, Porte des Alpes », quiconcerne 48 communes du territoire du nord de l’Isère,a inscrit une action spécifique de valorisation du piséqui constitue une marque encore très visible del’aménagement construit du territoire tendant à êtrepolarisé par un tissu urbain de plus en plus denseréunissant la ville nouvelle de l’Isle d’Abeau et la villede Bourgoin-Jallieu. Ce tissu urbain, à mi chemin entreles conurbations de Lyon et de Grenoble absorbe peu àpeu cette culture constructive et architecturaleséculaire du pisé et contribue à un mitage du paysagepar l’implantation de plus en plus nombreuxlotissements de résidences individuelles, de zonesindustrielles et commerciales. Les élus de ce territoireont bien perçu l’importance de la conservation de leurpatrimoine en pisé qui est une composante de sonidentité culturelle. Ce programme de valorisation dupisé met l’accent sur la sensibilisation du public et desmilieux scolaires pour que les générations à venir

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Pigeonnier en pisé dans le territoire de Tierra de Campos (Valladolid -Burgos - Leon), Espagne.

Village en pisé en Algarve, sud du Portugal

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soient davantage conscientes de la richesse culturellede ce patrimoine reçu en héritage et pouvant êtrerevisité, autant dans les pratiques conservatoires demise en valeur des cœurs de villages qui seront autantde centralités historiques et culturelles repérablesdans un tissu urbain de plus en plus étendu, que dansla renaissance d’un architecture de pisé régionalecontemporaine. Enfin, citons aussi l’initiative duprogramme « Africités », lancés à l’initiative deFrance-UNESCO avec les villes africaines qui vise àdéfinir et diffuser les outils juridiques et techniques dela protection des patrimoines urbains historiquesencore majoritairement bâties en terre, afin que làaussi soit préservées et valorisées les identités et ladiversités culturelles. Que l’on m’excuse ici d’oubliertant de mobilisations faites par ailleurs. Conserver et valoriser la ville et les centres historiquesanciens en terre, par le seul fait d’une contributionévidente à la reconstruction d’une cohésion culturelleet sociétale autour de la perspective réaliste dudéveloppement durable, n’est-ce pas lutter aussi,d’une certaine façon, contre d’autres maux, d’autresplaies : la prolifération de la laideur des constructeursspéculateurs, la vanité ostentatoire des gestesarchitecturaux qui sont loin d’être tous remarquables,

qui négligent trop souvent le paysage urbain et font fide toute préoccupation environnementale encontribuant au gaspillage des énergies. Mais n’est-cepas aussi, sur un autre revers de la médaille, par uneincapacité à reconstruire une centralité urbainereconnue et réappropriable par tous - alors de nouveauconfortés dans un sentiment commun d’appartenanceà l’histoire - résister à l’expansion descommunautarismes, des ruptures et des fracturessociales qui font le terreau de l’empriseplénipotentiaire de nouvelles mafias urbainesgouvernant sans partage sur des péricentralitésoccultes ? Cela est déjà tellement patent sousplusieurs horizons de ceintures urbaines, dans lestownships d’Afrique du Sud, comme dans les ranchitosde Caracas et les favelas de Rio et São Paulo, lesbidonvilles de Mumbaï ou de Calcutta. Qu’ons’interroge aussi sur ces autres questions intimementliées à l’enjeu de la préservation de villes historiquesau sein duquel celle des villes construites en terre, parleur valeur historique, symbolique et emblématique,pourrait sans doute – c’est notre espoir - fédérer laplanète sur une vision partagée du devenir humainréconcilié avec son histoire et son environnementconstruit.

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Une ville en adobe et pisé au Tibet, Himalaya, avec sa lamasserie dominant le tissu urbain.

(1) Malliet, Jef, « Patrimoine culturel et développement durable: en quoi sont-ils liés ? », in Chronique de l’ICCROM, n° 24,septembre 1997, Rome, Italie, pp. 10-13.

(2) La signification culturelle et les valeurs qui la fondent, tellesqu’elles sont énoncées succinctement par la « Charte deBurra » du Comité ICOMOS Australien, publiée en 1992.

(3) Gamaleya, Boris, in « l’Arche, … », textes inédits publiésdans un numéro spécial de la revue de poésie « l’Arme del’écriture » dévolu à cet auteur, Grenoble, 2001.

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The green movement, the increasing consciousnessof environmental problems and the search forsustainable solutions for buildings and healthyliving conditions have created a renaissance of thebuilding material earth in Germany since more than20 years.Investigations showing the high humidity balancingeffect of earth, thus creating healthy indoor livingconditions led to a high demand of earthen wallsand plasters in modern houses. The newly testedeffect that earth absorbs high frequencyelectromagnetic waves more than any othermassive building material created a new demandfor this material. The chart shows the absorption rate of severalbuilding components. An adobe vault with a greenroof shows in a range of 2 Gigaherz an absorptionof 99.999 %. A residence totally sheltered againstelectro-smog is being built by the author at themoment.In the last 22 years more than 2000 architects,engineers, students, craftsmen and laymen arebeing trained in the field of building with earthwithin compact courses at the University of Kassel.In recent years several companies in Germany havefound a fast growing market for their newly-developed earth products like soil blocks, extrudedwall panels, mortars and special finish plasters. Anew technique was developed at the BuildingResearch Institute (BRI) University of Kassel tobuild large adobe domes without formwork with

the aid of a rotational guide.The largest earthen dome so far is the multi-purpose hall of a kindergarten at Oranienburg-Edenwith a free span of 11 m a high of 7 m and a wallthickness of only 30 cm. So far about 20 domes arebuilt in Germany with this technique.Rammed earth walls as interior heat storage wallsare used in several buildings and adobe walls areused as solar collector in passive solar systemswith translucent thermal insulation.

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NEW APPLICATION OF THE BUILDING MATERIAL EARTH – EXAMPLES FROM GERMANY AND LATIN-AMERICA

Gernot Minke (Germany)Architect and ProfessorKassel Universität (Deutschland)Tel.: +49 561 8045312 E-mail: [email protected]

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A new solution of building walls with earth-filledhoses of cotton fabric, developed by the author,was applied in several private homes.In Latin-America one can observe a new movementfor Bioarchitecture based on environmentconsciousness since several years.Due to the fact that man power is relatively cheaplabour intensive wall techniques like rammedearth, wattle and daub and walls of handmadeadobes are spreading, though earth is still widelyconsidered as building material for the poor.The first modern adobe dome of the Americas builtin La Paz, Bolivia in 2003 and the first adobe domewith a green roof in the Americas, built asmultipurpose hall with a free span of 9 m 2005 in

BibliographyMINKE, G.: Building with earth, Basel/Berlin, Germany 2006MINKE, G.: Manual de construcción en tierra, Montevideo,Uruguay 2005MINKE, G.: Construction manual for earthquake-resistant housesbuilt of Earth, Eschborn, Germany 2001MINKE, G.: Manual de construcción para viviendas antisísmicasde tierra, Kassel, Germany 2005www.gernotminke.de – publikationen

Brazil gave a great input for the acceptance of thebuilding material earth in modern architecture.The fact that adobe buildings are not allowed insome earthquake prone zones still is a big problem.But several earthquake resistant prototypebuildings with earthen walls are already built, likethe building with bamboo reinforced rammed earthwalls. A pre-tension adobe vault was also tested infull scale on the shaking table at the CatholicUniversity of Lima, Peru and withstood thesimulation of a severe earthquake with a horizontalacceleration of 0,8 g and a displacement of up to8,3 cm with a duration of 30 seconds. (For moreinformation see bibliography)

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Rotational guide for building large domes (BRI)

Multipurpose hall Kindergarten Oranienburg, Germany (Arch.: G. Minke)

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Low-cost-housing project, Chile

Wall of earth filled cotton hoses (Arch.: G. Minke)

Multipurpose hall, Brazil (Arch.: G. Minke)

Low-cost-housing project, Chile Pre-tension adobe vault

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CLOSURE

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The itinerary around earth, its landscapes and itsbuilding cultures made possible by the project"Culture 2000" formalises a paradox of extraor-dinary significance. Actually around the "mate-riality" of earth, which allows the building to bondwith the soil, with the geological foundation in thedifferent regions, an immaterial network ofexchanges and relations has been put together,permitting a confrontation between different andfar away experiences. Researchers, technicians,operators of different countries shared aMediterranean belonging that allowed cooperationon a common project, focusing on the actuality ofearth architecture, on its framework in a historicalperspective and in matters important for our future.Actually the participants have shared in a firstplace the remarkable experience of the profoundcultural reference of the melting pot represented bythe western Mediterranean basin, at the border tothe Atlantic coast. The real experience of living inan earth house is exalted by the culture of thedomestic introversion, by the role of the empty inrelation to the full built, having as counterpoint theurban landscape of the blind walls broken in verycontrolled openings; this all has given a strongimprint to the common experience of each meeting;an architectural and urban experience thatappeared to be fully able to represent the socialand cultural environment of reference.

In other words, the landscapes of earth buildingstill represent -and it is not clear for how long- aplace of effective exchange between space andsociety, an anchor for the communities to theplaces and the material/immaterial cultures thatmoulded them.It appeared more clearly how much earth builtenvironments are complex and stratified. If thesession of Cagliari has represented the introductorymoment (and posed the premises for the exchangenetwork), in Portugal the importance of the buildingtechniques was highlighted, together with theconnected problems of the restoration and therevival of the basic materials production; themeeting in Valencia marked the interest related tothe historical stratification that constitute theearthen built habitats; not limited to the domesticand "minor" dimension, but capable of interactionwith more monumental and demanding topicsrelated to the great historical walled towns, to thefortified cities, to the representative architecture ofexcellence of Marrakech, true metropolis made ofearth. Here we found the extreme paradigm of thiscomplexity, for the quantities involved, for thediffused quality and the extreme plasticity withwhich earth has given form to majestic buildings asto the "minimal" textures of the medina.Here maybe more than elsewhere (but it is perhapsa question of perspective) the contradiction and the

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THE ITINERARIES AND NETWORKS OF EARTH ARCHITECTURE

Antonello Sanna (Italia)IngegnereDirettore del Dipartimento di ArchitetturaUniversità di Cagliari (Italia)Tel.: +39 070 6755813E-mail: [email protected]

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immanent crisis of earthen architecture seen ashistorical heritage appeared in all its evidence: itsinextricable connection with those socio-culturaluniverse that are being put at margin and slowlybeing moved and substituted by the global market.The places in the Mediterranean belonging to thedeveloped Western World, have alreadyexperimented the link between processes ofabandonment, obsolescence, functional andphysical substitution. We all know well the effectsof degradation: on the one side, those joined to thecrisis of the values embodied in the earthenheritage; on the other, the results of a reuse thatdoes not preserve the material culture and thehistorical meaning of the earthen object. On thecontrary, this all often recalls only exteriorlinguistic references and preserves it as a theatrescene, emptied of any material content, insidewhich other performances functional to the newglobal market are played. To this passive adjustment to market conditions -that in the terms mentioned above marginalize andsubstantially exclude the culture related to earthbuilding- we saw two evolutions of extremesignificance. On one hand, parts of the architec-tural heritage are taken off the market, made ofpublic property, subjected to an intelligentrestoration and appointed to forms of reuse thatallow a concrete fruition as cultural objects. The

gap created by this choice in the vital flow of thedaily transformations, gets repaid as the buildingstays as material and cultural witness of the localhistorical memory.On the other hand, some movements are growing,that identify earth building with the new paradigmof sustainability, as it was highlighted especially inthe meetings of Pescara (centred on topics relatedto the program “Agenda 21”) and Figuig.It is clear that in such contexts the ecologicalhabitat, still strongly marginal compared withquantity-based development, is bound to sign atendency which is not to be eluded for the future.And, joined to this, earth architecture plays for surea great role. Between these two poles -from the historicalreconstruction to the ecology of the future- wasthe confrontation of personal different andcomplex experiences of research. Yet, theinteraction between the topics and the peoplebringing these experiences together has givenconsistency to the network of relations, exchangesand contacts that constitutes the real value of thisproject. Moreover, as it got clear that the eartharchitecture question is essentially a culturalproblem, it is evident that a positive articulation ofthe topic in the next third millennium perspectivewill come from the enrichment and the develo-pment of such networks.

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L’itinerario nella terra, nei suoi paesaggi e nelle sueculture costruttive, che il progetto “Cultura 2000” hareso possibile concretizza un paradosso distraordinario significato. Infatti, attorno alla“materialità” della terra cruda, che permette allacostruzione di fare corpo con il suolo, con i sostratigeologici delle differenti regioni, si è organizzata unarete immateriale di scambi e di relazioni che hamesso a confronto esperienze diverse e distanti.Ricercatori, tecnici, operatori di differenti paesi hannocondiviso un’appartenenza mediterranea che hapermesso di cooperare intorno ad un progetto comunecon la messa a fuoco della attualità della terra, dellasua collocazione sia all’interno di una prospettivastorica sia dentro questioni tra le più rilevanti per ilnostro futuro.Infatti, i partecipanti hanno anzitutto condiviso lastraordinaria esperienza dei rimandi culturali profondidi quel crogiolo che è costituito dal bacinomediterraneo occidentale, ai confini con la spondaatlantica. L’esperienza concreta dell’abitare nellaterra, esaltata dalla cultura dell’introversionedomestica, dal ruolo del vuoto rispetto al pienoedilizio, che ha come contrappunto il paesaggiourbano dei muri per lo più ciechi bucati dacontrollatissime aperture, tutto questo ha fornitoun’impronta fortissima all’esperienza comune diciascuno degli incontri; un’esperienza architettonica eurbana che è apparsa ancora capace di rappresentareappieno l’ambiente sociale e culturale di riferimento.

In altri termini, i paesaggi della terra costituisconoancora – non è sempre chiaro per quanto tempo – unluogo di forte scambio tra spazio e società, diancoraggio delle comunità ai luoghi ed alle culturemateriali e immateriali che li hanno plasmati. E’ apparso ancora più chiaro quanto i luoghi dellaterra cruda siano complessi e stratificati. Se lasessione di Cagliari ha costituito il momentointroduttivo (ed ha posto le premesse della rete discambi) in Portogallo si è evidenziato il fortespessore delle tecniche costruttive, con i connessiproblemi del recupero e del rilancio della produzionedei materiali-base; mentre l’incontro di Valencia hasegnato lo spessore della stratificazione storica cheha costruito i paesaggi di terra, non circoscritti alladimensione domestica e “minore” ma capaci diinteragire con i temi più monumentali e impegnatividelle grandi cinte murate storiche, delle cittadellefortificate, dell’architettura rappresentativa ed’eccellenza. Marrakech, vera metropoli di terra, hacostituito il paradigma estremo di questacomplessità, sia per le quantità in gioco, sia per laqualità diffusa e la estrema plasticità con la quale lacostruzione in terra si è prestata a dar forma alledimore reali così come ai tessuti anche “minimi”delle case della medina. Qua forse più che altrove(ma probabilmente per un effetto di prospettiva) èapparso però in tutta la sua evidenza lacontraddizione e la crisi immanente alla costruzionein terra: come patrimonio storico: il suo indistricabile

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GLI ITINERARI E LE RETI DELLA TERRA

Antonello Sanna (Italia)IngegnereDirettore del Dipartimento di ArchitetturaUniversità di Cagliari (Italia)Tel.: +39 070 6755813E-mail: [email protected]

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legame con universi socio-culturali che il modello delmercato globale sta mettendo ai margini eprogressivamente spostando e sostituendo. I luoghi del mediterraneo che fanno capoall’occidente sviluppato hanno già sperimentatol’intersezione tra processi di abbandono,obsolescenza, sostituzione funzionale e fisica.Conosciamo bene sia gli effetti del degrado, sia quellidella crisi dei valori incorporati nel patrimonio interra, sia ancora i risultati di un riuso che nonincorpora la cultura materiale ed il senso storico delmanufatto di terra, ma spesso ne evoca soltantoriferimenti linguistici esteriori ed è disponibile aconservarlo come quinta scenografica, magarisvuotata di ogni contenuto materico, all’interno dellaquale si svolgono altre rappresentazioni funzionali aicircuiti del mercato globale. A questa linea di adeguamento passivo allecondizioni di mercato, che in quei terminimarginalizzano ed escludono sostanzialmente lacultura della terra, abbiamo visto contrapporsi duemovimenti comunque estremamente significativi,anche se minoritari. Da un alto, porzioni significativedel patrimonio architettonico vengono sottratte almercato stesso, rese pubbliche e sottoposte arestauri intelligenti della loro sostanza materica etecnologica, e destinati a forme di riuso (nonnecessariamente solo museali) che ne consentonouna fruizione concreta in quanto “beni” culturali. Laseparatezza che questa scelta crea rispetto al flusso

vitale delle trasformazioni quotidiane è ripagata dallacontinuità della testimonianza in quanto documentomateriale e culturale della memoria storica dei luoghi.Per altri versi, si vanno sviluppando movimenti chericonoscono alla costruzione in terra caratteristichevitali all’interno dei nuovi paradigmi dellasostenibilità, come si è reso evidente specialmentenell’incontro di Pescara, centrato sui temirappresentati dall’Agenda 21, e nei temi delle cittàdella terra vissuti in particolarmente in Marocco,nell’oasi di Figuig. E’ risultato chiaro in questi contesticome l’ecologia dell’abitare, ancora fortementemarginale rispetto ai temi dello sviluppo quantitativo,è destinata pur tra mille contraddizioni a segnare unalinea di tendenza non eludibile per il futuro del nostrohabitat; e su questa linea la terra cruda hacertamente un grande ruolo da svolgere.All’interno di questi due poli – dalla ricostruzionestoriografica all’ecologia del prossimo futuro – sisono collocate esperienze di ricerca e personali moltodiversificate e complesse. Proprio l’interazione tra itemi ed i soggetti portatori di queste esperienze hadato consistenza a quella rete di relazioni, scambi econtatti che costituisce il vero portato di questoprogetto “Cultura 2000 – Le case e le città della terracruda”. E poiché è apparso chiaro che la questione-terra è essenzialmente un problema di tipo culturale,è proprio dall’arricchimento e dallo sviluppo di similireti che può configurarsi una articolazione positiva deltema terra nella prospettiva del terzo millennio.

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