4
HACKER RIBELLI A BERLINO Qui accanto, il locale C-Base, uno dei luoghi di incontro abituali dei militanti per la privacy in Internet. A destra, Edward Snowden.

HACKER RIBELLI A BERLINO · cumentario Citizenfour, ora candidato all’Oscar. Poitras è americana, ma le sue e-mail a Snowden sono sempre partite da Berlino: «Mi sono trasferita

Embed Size (px)

Citation preview

HACKER RIBELLI

A BERLINO

Qui accanto, il locale C-Base, uno dei luoghi di incontro abituali dei militanti per la privacy in Internet. A destra, Edward Snowden.

17 GENNAIO 2015 D 53

Foto

di E

vere

tt C

olle

ctio

n/C

ontra

sto

NEWS

Scrivo a un indirizzo generico, gli ha-cker rispondono dopo qualche gior-no, dicono che l’appuntamento è alle 20.00, ci sarà modo di parlare a mar-gine della riunione. Non so chi vado a incontrare, ma non è il caso di perder-si in dettagli del genere: siamo a Ber-lino, nel quartiere di Neukölln, dove

a nomi, cognomi e professioni l’underground ha sempre preferito sigle, gruppi, al limite nickname. La strada è buia e fredda, le uniche luci sono quelle del locale pre-scelto. Da fuori si intravede una tavolata di ragazzi che gesticolano, parlano, ridono. Entro e chiedo se sono loro: «What? Non parliamo tede-sco». Da dietro le spalle una voce mi fa: «Siamo noi». In realtà “sono lui”: un trentenne seduto a un tavolo tappez-zato di volantini su cui spicca una bella pinta di birra. Lui è membro di “Was tun” (Che fare), gruppo di studio sulla sorveglianza digitale. Ma in un’altra serata e in un altro lo-

cale avrebbe potuto essere di “Libertà anziché paura”, o di “Società digitale”, o ancora di “Libera antenna”. «Oggi siamo in pochi», dice, e intende solo noi due. Suona grot-tesco, ma davvero non lo è: a Berlino tutti i mesi si contano una ventina di incontri sulla privacy in internet, mentre ogni settimana si tengono almeno cinque cryptoparty per imparare a navigare senza essere tracciati. A volte sono un paio di persone, a volte qualche decina, ma nella capitale delle avanguardie i numeri hanno sempre contato ancor meno dei nomi. In fondo se Edward Snowden, l’ex tecnico dell’Nsa che ha svelato il sistema di sorveglianza globale, è considerato un eroe dal 60 per cento dei tedeschi, il merito è anche di quest’humus carbonaro che da anni denuncia la faccia nascosta di internet. Così come è merito loro il fatto che Berlino sia diventata la roccaforte mondiale dei whistle-blower, ovvero delle gole profonde che ci mettono la faccia.Quando decide di bruciarsi i ponti alle spalle, Edward Snowden contatta la regista Laura Poitras, che da otto giorni di colloqui in un hotel di Hong Kong trarrà il do-

Vengono dagli Usa e da mezzo mondo, tifano per Snowden

e odiano il Grande fratello elettronico.

Tra birre e controspionaggio

hi tech, senza perdere il sorriso

di Raffaele Oriani

cumentario Citizenfour, ora candidato all’Oscar. Poitras è americana, ma le sue e-mail a Snowden sono sempre partite da Berlino: «Mi sono trasferita qui nel 2012 per-ché non sopportavo più le angherie delle autorità del mio paese». A consigliarle la capitale tedesca è stato Jake Ap-pelbaum, giovane hacker californiano nel mirino di Fbi e Nsa: «Mi sento più sicuro da immigrato a Berlino che da cittadino negli Usa», dice dal suo covo nel quartiere di Prenzlauerberg. Per lasciare Hong Kong e rifugiarsi a Mo-sca, Edward Snowden si è affidato a Sarah Harrison, attivista inglese di Wikileaks: «Ho scelto di fermarmi a Berlino perché i miei avvocati mi sconsigliano di rientrare in Gran Bretagna». Snowden stesso è di casa sulla Sprea: rigorosamente su maxischermo, in diretta dal suo esi-lio russo, almeno una volta al mese si presenta, saluta e ringrazia per l’ennesimo premio al suo coraggio civile. Il giovane whistleblower è co-nosciuto dal 54 per cento degli ita-liani, dal 76 per cento degli americani, ma da ben il 94 per cento dei tedeschi. Non per nulla dal marzo 2014 proprio a Berlino è attiva l’unica commissione parlamentare d’in-chiesta sulle sue esplosive rivelazioni.A fine 2013 Hans-Christian Stroebele è stato il pri-mo politico occidentale ad avere la curiosità e la possibilità di incontrare Edward Snowden a Mosca. Scarpe grosse, giacca lisa e candido ciuffo ribelle, Stro-ebele è lo storico parlamentare verde di Kreuzberg, il quartiere più inquieto della capitale tedesca. Il suo uffi-cio al Bundestag è diventato l’avamposto della battaglia per accogliere Snowden in Germania: «L’ho incontra-to per sapere se può e vuole aiutarci a chiarire il ruolo dei nostri servizi segreti nel sistema messo in piedi dagli americani». La commissione d’inchiesta ha deciso all’u-nanimità di ascoltare Snowden, ma non sa come farlo: troppo umiliante incontrarlo nella Russia di Putin, trop-po ardito garantirgli un salvacondotto per testimoniare a Berlino. Eppure le sue rivelazioni in Germania hanno la-

sciato il segno: «Per la nostra storia, diffidiamo di qualsi-asi violazione della privacy», spiega Stroebele. A un paio di chilometri dal suo ufficio, il Museo della Stasi espone una teca con gli attrezzi del mestiere dei servizi dell’allo-ra Germania comunista: registratori per ascoltare con-versazioni private, fotocopiatrici per intercettare lettere di sospetti, cimici grandi come una radiolina. Rispetto ai 500 server, ai 40mila dipendenti e agli otto miliardi di dollari di budget della National Security Agency, sem-

bra il kit dell’apprendista spione. Ma a Berlino nessuno ha dimen-ticato l’attenzione morbosa alle “vite degli altri”. Rainer Rehak, giovane ma già autorevole porta-voce del “Forum degli informatici per la pace”, non ha fatto a tempo a temere la Stasi, ma ne sintetizza bene l’eredità a venticinque anni dalla caduta del Muro: «L’insoffe-renza per la sorveglianza da parte dello Stato non ha lo stesso valore per un tedesco o per un italiano».

In Germania se ne parla da anni. Nel 2005 Frank Rieger, hacker di punta del mitico “Chaos Com-puter Club”, scrive un saggio in cui riconosce che la battaglia per l’Internet libera è perduta. È iniziata l’e-poca della sorveglianza globale e non resta che puntare sui whistleblower. Il tono è solenne, ma le ultime righe raccomandano a tutti di resistere con il sorriso: «Solo divertendoci eviteremo di stancarci e frustrarci». Lo hanno preso alla lettera, e oggi la scena hacker più en-gagé del mondo si muove tra locali spettacolari come il C-Base, e serate imperdibili come i martedì della Caf-fetteria Buchhandlung. Qui si incontrano nerd stanziali e di passaggio: «Il pericolo a Berlino è di frequentare più birre che codici», scherza un esperto di sicurezza digi-tale. Dietro il solito boccale, Christian e Malte provano a spiegarmi gli arcani del software di criptazione Tor, mentre al tavolo accanto ha preso posto l’ex spia inglese Annie Machon, che proprio a Berlino è diventata una delle voci più critiche dell’invadenza dei servizi segreti Fo

to d

i DPA

- S.

Bon

ess/

Pano

s/LU

Z - S

hutte

rsto

ck -

O.F

. Ellin

gvag

/Cor

bis

- S. K

roeg

er/L

aif/

Con

trast

o

D 54

«Qui alla sorveglianza

di Stato siamo più allergici di chiunque altro:

la Stasi non si dimentica»

Una sessione degli incontri re:publica. A destra, Sarah Harrison, autrice del film su Snowden Citizenfour. Nella pagina accanto, il ricercatore Jacob Appelbaum e, sotto, il parlamentare dei Verdi tedeschi Hans-Christian Stroebele.

17 GENNAIO 2015

nella nostra vita privata: «Snowden ha svelato un sistema scandaloso, ma io sono anni che mi fido solo dei fogliet-ti di carta scritti al buio». Senza tornare alla preistoria, qui tutti usano un indirizzo mail criptato e se hanno un sito lo registrano con dominio “.ch”, perché nel 2010 gli svizzeri furono gli unici a non oscurare i siti di Wikileaks. Quanto a dove vivere non ci sono dubbi: «A Berlino hai solide garanzie costituzionali e una comunità di hacker molto coesa», dice Machon. «E poi la vita costa poco e la città è sempre più cool».Chissà se Snowden sta imparando il tedesco. Cer-to Berlino non vede l’ora di offrirgli il suo cocktail di cultura digitale e passione civile. Lo stesso che a pochi isolati da Alexanderplatz ha attirato la designer in-glese Stephanie Hankey e il suo Tactical Technology Col-lective: «Offriamo un kit di sicurezza online a giornalisti, avvocati e attivisti di tutto il mondo: prima di Snowden avevamo 400mila download all’anno, ora superiamo i due milioni e mezzo». Sono grandi numeri, che quasi stridono con il tipico fai-da-te della creatività berlinese. L’ultima immersione underground ci riporta quindi al buio, al freddo e alle birre di Neukölln. Questa volta la pinta è accompagnata dai racconti di Julian Oliver, ha-cker neozelandese che vanta la primogenitura dei cryp-toparty per la navigazione sicura: «Il primo è stato nel 2012: avevo distribuito un paio di volantini e mi ritrovai in casa più di quaranta persone». Julian è informatico, artista, autodidatta, si definisce critical engineer e punta a diffondere un po’ di inquietudine sulla vulnerabilità del-le nostre protesi digitali: «L’anno scorso ho hackerato il pubblico della Transmediale (vedi box) facendo apparire su mille smartphone un cubitale” Welcome to your Nsa Partner Network”». Aveva ragione Frank Rieger: non c’è lotta senza sorriso. Ma perché a Berlino? «Perché ha cul-tura libertaria, università eccellenti e non ti assilla con l’obbligo di guadagnare». Un mondo a parte, l’ennesima metamorfosi di una città che non si adegua. Dopo i ro-cker, i punk e gli squatter, ora è la volta degli hacker. Che sono in molti ma ne aspettano uno in più: già 250mila te-deschi hanno chiesto a Frau Merkel di concedere l’asilo a Edward Snowden.

DALL’ITALIA AL FESTIVALA Berlino è labile il confine tra impegno civico, cultura digitale e talento artistico. A presidiare l’incrocio tra questi mondi è da quasi trent’anni il festival Transmediale (28 gennaio-1 febbraio). Nelle ultime edizioni la rassegna è stata curata da Tatiana Bazzichelli, studiosa romana a Berlino dal 2003. Una delle figure chiave della scena hacker della capitale tedesca è quindi un “cervello in fuga” italiano: «A Berlino il caso Snowden ha trovato terreno fertile perché da anni lavoravamo su libertà di espressione e protezione dei dati nell’era digitale». La stessa ricerca accomuna artisti e attivisti: «Non per nulla l’evento più seguito di Transmediale 2014 è stato Art As Evidence, il colloquio tra l’hacker Jacob Appelbaum, la regista Poitras e il fotografo Trevor Paglen». Ma oltre alla ricerca, sono simili anche le incognite: «Grazie a Snowden ora abbiamo tante informazioni», conclude Bazzichelli, «ma per capire cosa farne è indispensabile una riflessione collettiva. E che gli artisti continuino a suggerirci nuovi scenari».

NEWS