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György Lukács 1 György Lukács György Lukács György Lukács (Budapest, 13 aprile 1885 Budapest, 4 giugno 1971) è stato un filosofo e critico letterario ungherese. Le riflessioni di Lukács si sono orientate a liberare il marxismo dalle interpretazioni dogmatiche: il marxismo umanistico proposto in Storia e coscienza di classe (1922) ha influenzato sia gli esistenzialisti francesi sia la scuola di Francoforte. Questa visione umanistica del marxismo affronta il problema del metodo dialettico e dell'alienazione dell'uomo nella società capitalistica. Ugualmente influenti sono stati la sua identificazione della filosofia nietzschana ed in generale della cultura cosiddetta irrazionalista come matrice ideologica del fascismo europeo. In opere come Saggi sul realismo (1936) ha elaborato una teoria del realismo che poi avrebbe influenzato vasti settori dell'estetica e della critica. La sua formulazione di un sistema estetico marxista critica duramente il controllo politico sull'arte e sui suoi interpreti. Biografia Nato in una ricca famiglia ebrea da József (18551928) - direttore di banca, appartenente alla piccola nobiltà - e Adél Wertheimer (18601917), dopo il liceo frequentò la Facoltà di giurisprudenza dell'Università di Budapest, appassionandosi di arte e in particolare di teatro, fondando con altri studenti il teatro «Talia», ove venivano rappresentate produzioni contemporanee. Laureatosi in legge nel 1906 e in filosofia nel 1909, si trasferì a Berlino per seguire, con l'amico Ernst Bloch le lezioni private di Simmel: si interessò al neocriticismo e allo storicismo di Weber e di Dilthey, e a Heidelberg ascoltò, dal 1912 al 1914, le lezioni di Windelband e di Rickert. Anche lo studio di Kierkegaard fu importante per la formazione culturale del giovane Lukács: «negli ultimi anni dell'anteguerra a Heidelberg intendevo addirittura occuparmi della sua critica a Hegel in un saggio monografico». [1] A questi anni risalgono i suoi primi scritti relativi all'estetica: La forma drammatica (1909), Metodologia della storia letteraria (1910), Cultura estetica e, in tedesco, Die Seele und die Formen (L'anima e le forme) (1911), Storia dello sviluppo del dramma moderno (1912). I primi scritti sull'estetica Come scrisse lo stesso Lukács ripubblicando nel 1968 i suoi lavori giovanili di storiografia letteraria, [2] la sua Storia dello sviluppo del dramma moderno si opponeva alle teorie artistiche dominanti nella Ungheria di inizio Novecento, che avevano un prevalente orientamento positivistico, con l'eccezione dell'«impressionismo soggettivistico» rappresentato dalla rivista Nyugat (Occidente). Non ancora marxista, Lukács era allora influenzato dalla filosofia e dalla sociologia di Simmel, «il quale aveva tentato di inserire singoli risultati del marxismo nella sociologia idealista, che a quell'epoca incominciava a svilupparsi in Germania». [3] I saggi - sostenne poi lo stesso Lukács - «avevano un carattere idealistico-borghese, in quanto in essi non si muoveva dai rapporti diretti e reali tra la società e la letteratura, ma si cercava invece di cogliere intellettualmente e realizzare una sintesi di quelle scienze - sociologia ed estetica - che si occupano di tali argomenti». Di qui, il carattere di astrattezza della tesi del libro, secondo la quale il conflitto drammatico sarebbe una «manifestazione ideologica della decadenza di classe»: per quanto sia vero, secondo il Lukács maturo, che «un dramma autentico nasce solo se nella

György Lukács - LAVORO POLITICO · letteraria (1910), Cultura estetica e, in tedesco, Die Seele und die Formen (L'anima e le forme) (1911), Storia dello sviluppo del dramma moderno

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György Lukács 1

György Lukács

György Lukács

György Lukács (Budapest, 13 aprile 1885 – Budapest, 4 giugno 1971)è stato un filosofo e critico letterario ungherese.

Le riflessioni di Lukács si sono orientate a liberare il marxismo dalleinterpretazioni dogmatiche: il marxismo umanistico proposto in Storiae coscienza di classe (1922) ha influenzato sia gli esistenzialistifrancesi sia la scuola di Francoforte. Questa visione umanistica delmarxismo affronta il problema del metodo dialettico e dell'alienazionedell'uomo nella società capitalistica. Ugualmente influenti sono stati lasua identificazione della filosofia nietzschana ed in generale dellacultura cosiddetta irrazionalista come matrice ideologica del fascismoeuropeo.

In opere come Saggi sul realismo (1936) ha elaborato una teoria delrealismo che poi avrebbe influenzato vasti settori dell'estetica e dellacritica. La sua formulazione di un sistema estetico marxista criticaduramente il controllo politico sull'arte e sui suoi interpreti.

BiografiaNato in una ricca famiglia ebrea da József (1855–1928) - direttore di banca, appartenente alla piccola nobiltà - eAdél Wertheimer (1860–1917), dopo il liceo frequentò la Facoltà di giurisprudenza dell'Università di Budapest,appassionandosi di arte e in particolare di teatro, fondando con altri studenti il teatro «Talia», ove venivanorappresentate produzioni contemporanee.Laureatosi in legge nel 1906 e in filosofia nel 1909, si trasferì a Berlino per seguire, con l'amico Ernst Bloch lelezioni private di Simmel: si interessò al neocriticismo e allo storicismo di Weber e di Dilthey, e a Heidelbergascoltò, dal 1912 al 1914, le lezioni di Windelband e di Rickert. Anche lo studio di Kierkegaard fu importante per laformazione culturale del giovane Lukács: «negli ultimi anni dell'anteguerra a Heidelberg intendevo addiritturaoccuparmi della sua critica a Hegel in un saggio monografico».[1]

A questi anni risalgono i suoi primi scritti relativi all'estetica: La forma drammatica (1909), Metodologia della storialetteraria (1910), Cultura estetica e, in tedesco, Die Seele und die Formen (L'anima e le forme) (1911), Storia dellosviluppo del dramma moderno (1912).

I primi scritti sull'esteticaCome scrisse lo stesso Lukács ripubblicando nel 1968 i suoi lavori giovanili di storiografia letteraria,[2] la sua Storiadello sviluppo del dramma moderno si opponeva alle teorie artistiche dominanti nella Ungheria di inizio Novecento,che avevano un prevalente orientamento positivistico, con l'eccezione dell'«impressionismo soggettivistico»rappresentato dalla rivista Nyugat (Occidente). Non ancora marxista, Lukács era allora influenzato dalla filosofia edalla sociologia di Simmel, «il quale aveva tentato di inserire singoli risultati del marxismo nella sociologia idealista,che a quell'epoca incominciava a svilupparsi in Germania».[3]

I saggi - sostenne poi lo stesso Lukács - «avevano un carattere idealistico-borghese, in quanto in essi non si muoveva dai rapporti diretti e reali tra la società e la letteratura, ma si cercava invece di cogliere intellettualmente e realizzare una sintesi di quelle scienze - sociologia ed estetica - che si occupano di tali argomenti». Di qui, il carattere di astrattezza della tesi del libro, secondo la quale il conflitto drammatico sarebbe una «manifestazione ideologica della decadenza di classe»: per quanto sia vero, secondo il Lukács maturo, che «un dramma autentico nasce solo se nella

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realtà sociale le norme morali valide, che si creano necessariamente nella società, entrano tra loro in contrasto».[4]

«L'anima e le forme»

Uno sforzo di maggiore concretezza fu tentato con la raccolta di saggi L'anima e le forme, nei quali Lukácsintendeva individuare l'essenza di determinate forme del comportamento umano, collegandole alle forme letterarienelle quali vengono espressi i conflitti della vita. Non si trattava, per Lukács, di fare dello psicologismo ma,influenzato profondamente da Hegel, cercò di analizzare il comportamento tragico «mediante la dialettica internadello Spirito e sulla base del rapporto fra l'uomo (individuo) e la società».[5]

Ma ne L'anima e le forme - composta di saggi su Rudolf Kassner, Søren Kierkegaard, Novalis, Theodor Storm,Stefan George, Charles-Louis Philippe, Richard Beer-Hofmann, Laurence Sterne e Paul Ernst - vi sono altrideterminanti influssi, quelli esercitati dagli ideologi neokantiani della «filosofia della Vita», i quali presupponevanola vita come principio assoluto, origine di ogni manifestazione dell'attività umana. L'anima umana, attraverso le«forme» - che sono le strutture che danno significato alla realtà umana, rendendola necessaria e non causale econtingente - si sforza di trasformare la banalità e l'inessenzialità della propria esistenza quotidiana in quellapienezza di vita in cui consiste l'assoluto. Ma di fronte al principio assoluto, trascendente e positivo, della «Vita», leforme del mondo umano non possono essere che inadeguate, e pertanto ogni esistenza individuale si manifesta«come scacco ontologicamente necessario di fronte a un assoluto annichilante, totalmente altro rispetto al mondodella storia che diventa in sé e completamente, per necessità d'essenza, il mondo del negativo».[6]

Lukács stabilisce un'opposizione tra lo spirito e la natura, che si risolve in quella tra l'arte e la scienza, tra poesia edempiria, tra l'opera artistica e l'opera scientifica: la prima è finita, è chiusa, è fine, «è qualcosa di primo e ultimo,l'altra diviene superata ogni qualvolta si produce una prestazione migliore. In breve, l'una ha una forma, l'altra no».[7]

La forma è il «limite e il significato» che il poeta dà alla vita, la materia grezza che è l'oggetto della sua operazioneartistica: da questa materia egli può ricavare «univocità dal caos, può temprare simboli dalle apparenze incorporee,può dar forma - cioè limite e significato - alle molteplicità disarticolate e fluttuanti».[8]

Da questa opposizione deriva ancora che l'autentica esistenza non è quella comune e quotidiana: «l'esistenza realenon raggiunge mai il limite e conosce la morte soltanto come un che di spaventosamente minaccioso, assurdo, unqualcosa che tronca improvvisamente il suo flusso»; invece, l'esistenza autentica è quella che assume in sé il suoproprio limite, la sua stessa negazione, la morte, è l'esistenza vissuta tragicamente. Inautentica è la vita vissuta per ilmondo, autentica è la vita consapevole «del non-valore del mondo [...] e della necessità del rifiuto radicale delmondo stesso».[9] Non si può non vedere, qui, oltre ai richiami di Kierkegaard e Windelband, anticipazioni diproblematiche svolte da Heidegger e dall'esistenzialismo: ma si riscontra anche «una crescente influenza dellafilosofia hegeliana. La Fenomenologia dello Spirito (nonché altre opere di Hegel) mi indusse a tentar di chiarire ilproblema mediante la dialettica interna dello «Spirito» e sulla base del rapporto fra l'uomo (individuo) e lasocietà».[10]

La «Teoria del romanzo»

E influenzato da Hegel è il successivo saggio sulla Teoria del romanzo (Die Theorie des Romans), iniziato nel 1914,ultimato l'anno successivo e pubblicato nel 1920. La filosofia è indicata essere, in quanto «forma vitale e condizionedella forma», il contenuto stesso della poesia e insieme «un segno della sostanziale diversità di io e mondo,dell'incongruenza di anima e fare».[11] Espressione di questa scissione è la moderna forma artistica del romanzo,laddove invece l'antica forma dell'epica greca «raffigura la totalità estensiva della vita»:[12] il mondo greco è unmondo omogeneo e «anche la separazione di uomo e mondo, di io e tu, non giunge ad alterare questa uniformità.Come ogni altro membro di questa ritmìa, l'anima sta nel pieno del mondo».[13] In questa prospettiva, l'eroedell'epica non è nemmeno un individuo, ma è l'intera collettività, «in quanto la perfezione e la conchiusione delsistema di valori che determina il cosmo epico, dà luogo a un tutto troppo organico perché in esso una parte possa atal punto segregarsi in se stessa, possa così solidamente fondarsi su se stessa, da trovare se stessa quale interiorità, dadivenire individualità».[14]

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Al contrario, il romanzo è l'epopea del mondo abbandonato dagli dei e la psicologia dell'eroe da romanzo appartieneal demonico: il romanzo «è la forma dell'avventura, del valore proprio dell'interiorità; il suo contenuto è la storiadell'anima, che qui imprende ad autoconoscersi, che delle avventure va in cerca, per trovare, in esse verificandosi, lapropria essenzialità». L'eroe epico - si pensi a Ulisse - malgrado tutte le avventure percorse, resta sostanzialmentepassivo, perché gli dei devono sempre trionfare dei demoni e quelle avventure sono in realtà «la raffigurazionedell'obiettiva ed estensiva totalità del mondo» e l'eroe è il «punto interiormente più immobile del ritmico movimentodel mondo». La passività dell'eroe da romanzo, invece, contraddistingue il suo rapporto con la propria anima e con ilmondo che lo circonda.[15]

La svolta marxista: «Storia e coscienza di classe»Lukács precisò successivamente che fu indotto a scrivere la Teoria del romanzo dallo scoppio della guerra, a cui eracontrario, giudicandola l'espressione della crisi di tutta la cultura europea: il presente, fichtianamente concepito come«èra della compiuta peccaminosità» - poteva essere superato da una rivoluzione che tuttavia, per il Lukács idealista diallora, doveva essere una rivoluzione morale, della quale, per esempio, i romanzi di Dostoevskij costituivano unpreannuncio. Gli studi su Karl Marx, ripresi durante questo periodo per «andare al di là del radicalismo borghese»,erano accompagnati dall'influsso del sindacalismo rivoluzionario di Georges Sorel, al quale era stato indirizzato dalsocialista ungherese Ervin Szabó, dalla conoscenza degli scritti di Rosa Luxemburg, oltre che dalla sua formazioneavvenuta sotto il segno di Kierkegaard, dei «filosofi della Vita» e di Hegel: «da tutto ciò derivava un amalgamainternamente contraddittorio nella teoria, che doveva diventare decisivo per il mio pensiero negli anni della guerra edel primo dopoguerra».Iscrittosi al Partito comunista ungherese, nella Repubblica sovietica instaurata da Béla Kun con la rivoluzione del1919 assume le cariche di commissario all'istruzione e di commissario politico della quinta divisione rossa. Larepressione della Repubblica lo costringe a fuggire a Vienna, dove viene arrestato con la minaccia dell'estradizione.Liberato grazie all'intervento di intellettuali - tra i quali Thomas Mann - può continuare a vivere a Vienna, allora uncrocevia internazionale di esponenti comunisti, dove collabora alla rivista «Kommunismus», organo dei comunisti disinistra della III Internazionale e scrive i saggi che furono poi riuniti e pubblicati a Berlino nel 1923 con il titolo diGeschichte und Klassenbewusstsein. Studien über marxistische Dialektik (Storia e coscienza di classe. Studi sulladialettica marxista). L'opera è composta dagli scritti Che cos'è il materialismo ortodosso? (marzo 1919), RosaLuxemburg marxista (gennaio 1921), Coscienza di classe (marzo 1920), La reificazione e la coscienza delproletariato, Il mutamento di funzione del materialismo storico, Legalità e illegalità (luglio 1920), Osservazionicritiche sulla Critica della rivoluzione russa di Rosa Luxemburg e dalle Considerazioni metodologiche alla questionedell'organizzazione.

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Copertina dell'edizione tedesca

Come indica il sottotitolo, i saggi di Storia e coscienza di classeaffrontano il problema del metodo del marxismo, che si fondaessenzialmente sulla dialettica. Per Lukács, vi è una fondamentaledifferenza tra il metodo delle scienze che studiano la natura e il metododialettico di Marx, che si applica invece alla realtà sociale: il metododelle scienze della natura «non conosce alcuna contraddizione, alcunantagonismo nel proprio materiale». Quando sorgessero contraddizioni,sarebbe il segno dell’esistenza di errori nella comprensione scientificada superare successivamente con una più precisa ricerca scientifica: «inrapporto alla realtà sociale, invece, queste contraddizioni non sonosegni di una comprensione scientifica ancora imperfetta, maappartengono piuttosto inseparabilmente all'essenza della realtàstessa, alla essenza della società capitalistica».[16] Esse sonocontraddizioni necessarie, espressioni del fondamento antagonistico diquesto ordinamento sociale, e possono essere superate realmente - nontanto nel pensiero - solo nel corso dello sviluppo sociale.

La separazione operata tra metodo dialettico marxiano e scienze dellanatura porta Lukács a criticare il tentativo fatto da Engels di estendere,«seguendo il falso esempio di Hegel», il metodo dialettico alla conoscenza della natura: «nella conoscenza dellanatura non sono presenti le determinazioni decisive della dialettica: l'interazione tra soggetto e oggetto, l'unità diteoria e prassi, la modificazione storica del sostrato delle categorie [economiche] come base della loro modificazionenel pensiero».[17] Da questo punto di vista egli epura l'impostazione marxista di Engels da elementipositivistici-darwinisti, rileggendo il marxismo attraverso una analisi della dialettica Hegel. In questo senso la suatorsione speculativa di questi anni è profondamente leninista, cioè nel tentativo di rileggere il concetto di rivoluzioneattraverso quello di soggetto rivoluzionario (partito). In questo senso bisognava leggere Marx, partendodall'esperienza dell'evento della rivoluzione d'ottobre.

Una corretta analisi del processo storico non può prescindere dalla categoria della totalità: la realtà non si presentamai come un insieme disaggregato di fatti. Nell’analizzare la totalità sociale è certamente necessario isolare singolielementi, ma occorre intendere «questo isolamento soltanto come mezzo per la conoscenza dell’intero».[18] Allostesso modo, anche il soggetto della conoscenza deve essere una totalità: «L’economia classica e ancor più i suoivolgarizzatori hanno sempre considerato lo sviluppo capitalistico dal punto di vista del capitalista singolo e si sonoperciò avviluppati in una serie di contraddizioni insolubili e di problemi apparenti»; questo individualismometodologico appartiene anche ai revisionisti del marxismo come Bernstein, Tugan-Baranovskij o Bauer, privi dellacategoria della totalità: «all’individuo il suo mondo circostante, il suo milieu sociale [...] appare necessariamentecome qualcosa di brutale, di insensato e di fatale, che gli resta per sempre estraneo nella sua essenza».[19] Con questipresupposti, come non è più possibile conoscere la realtà, così è impossibile modificarla e questi marxisti possonosolo postulare una trasformazione etica dell’uomo e utilizzare le «leggi» assunte fatalisticamente nella loro presuntaimmodificabilità.Secondo Lukács, il soggetto, inteso come totalità, in grado di afferrare e penetrare la totalità che costituisce la realtàè la classe sociale: «soltanto la classe può penetrare mediante l'azione la realtà sociale e modificarla nella sua totalità[...] il proletariato come soggetto del pensiero della società lacera in un colpo solo il dilemma dell'impotenza: ildilemma tra il fatalismo delle leggi pure e l'etica della pura intenzione».[20]

Citando Marx - «il proletariato esegue la condanna che la proprietà privata infligge a se stessa producendo il proletariato» [21] - Lukács deduce la «coscienza di classe» come la verità del processo storico «come soggetto», come consapevolezza del processo dialettico che richiede, nei momenti di crisi dello sviluppo storico, l'azione pratica, organizzata dal partito politico, il quale è la «forma della coscienza proletaria di classe».[22] La coscienza di classe

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viene definita da Lukács anche l'etica del proletariato, l'unità della sua teoria e della sua prassi, ma in definitiva essarimane un concetto astratto: Lukács stesso criticherà poi la sua esposizione come idealistica e la conversione dellacoscienza in prassi rivoluzionaria «come un puro e semplice miracolo».[23]

Un'analisi approfondita viene compiuta da Lukács sul problema della reificazione (Verdinglichung, il diventare unacosa), sviluppato nel saggio La reificazione la coscienza del proletariato, il cui spunto è dato dalle pagine dedicateda Marx ne Il Capitale [24] sul carattere di feticcio della merce e la trasformazione, che avviene soltanto nellacoscienza umana, dei rapporti sociali, che intercorrono tra gli uomini, in apparenti rapporti tra cose: come scriveLukács, «una relazione tra persone riceve il carattere della cosalità e quindi un' «oggettività spettrale» che occultanella sua legalità autonoma, rigorosa, apparente, conclusa e razionale, ogni traccia della propria essenzafondamentale: il rapporto tra uomini».[25] D'altra parte, nell'economia capitalistica, la capacità produttiva dellavoratore, la forza-lavoro, è una merce come ogni altra, e dunque è effettivamente una cosa: «questo trasformarsi inmerce di una funzione umana rivela con la massima pregnanza il carattere disumanizzato e disumanizzante delrapporto di merce».[26]

La moderna fabbrica è l'espressione della reificazione: è «un processo regolato secondo leggi meccaniche che sisvolge indipendentemente dalla coscienza sul quale l'attività umana non ha alcun influsso [...] modifica anche lecategorie fondamentali del rapporto immediato dell'uomo con il mondo: esso riduce il tempo e lo spazio a un unicodenominatore [...] la persona diventa [...] uno spettatore incapace di influire su ciò che accade della sua esistenza,come una particella isolata e inserita in un sistema estraneo».[27] Nell'analisi della moderna organizzazione del lavoroLukács mette l'accento non tanto sull'uso capitalistico dell'utilizzo della forza-lavoro operaia, quanto sugli effettidell'introduzione delle macchine, così che la reificazione finisce per essere una conseguenza del progresso scientificoe tecnico e non già, marxianamente, un'espressione dei rapporti di produzione della società borghese.La filosofia di Hegel superava l'opposizione al soggetto della realtà esterna concependo quest'ultima come unprodotto alienato del soggetto stesso, opposizione che veniva risolta in una successiva riappropriazione dell'oggettoda parte del soggetto, che così ricostituiva l'unità originaria: infatti in Hegel qualunque oggetto - dunque tutta larealtà - è un prodotto del soggetto; in Marx, invece, solo la realtà sociale - non la natura - è prodotta dall'uomo e alui si oppone come estranea. Lukács, pur volendo sviluppare un aspetto della critica marxista, finisce per concepirehegelianamente l'opposizione tra soggetto e oggetto sociale come un'opposizione generalizzata tra soggettività eoggettività, tra pensiero ed essere: «poiché l'oggetto, la cosa, in Hegel esiste soltanto come alienazionedell'autocoscienza, la sua riassunzione nel soggetto rappresenterebbe la fine della realtà oggettiva, quindi della realtàin generale. Ora, Storia e coscienza di classe segue Hegel nella misura in cui l'estraneazione viene posta sullo stessopiano dell'oggettivazione. Questo fondamentale e grossolano errore ha sicuramente contribuito in notevole misura alsuccesso di Storia e coscienza di classe [...] Per la critica filosofica-borghese della cultura, basti pensare aHeidegger, era del tutto ovvio sublimare la critica in una critica puramente filosofica, fare dell'estraneazione per suaessenza sociale un'eterna condition humaine».[28]

Il libro fu criticato da Zinov'ev a nome dell'Internazionale comunista e anche dal massimo teorico socialdemocraticodell'epoca, Karl Kautsky. Lukács non replicò alle critiche, per quanto non le condividesse. Secondo la suatestimonianza, solo nel 1930, quando a Mosca divenne collaboratore dell'Istituto Marx-Engels e poté leggere il testoautografo dei Manoscritti economico-filosofici di Marx, fino ad allora sconosciuti e lì custoditi e decifrati per lapubblicazione, «caddero in una volta tutti i pregiudizi idealistici di Storia e coscienza di classe [...] ricordo ancoraoggi l'impressione sconvolgente che fecero su di me le parole di Marx sull'oggettività come proprietà materialeprimaria di tutte le cose e di tutte le relazioni [...] l'oggettivazione è un modo naturale - positivo o negativo - didominio umano del mondo, mentre l'estraneazione è un tipo particolare di oggettivazione che si realizza indeterminate circostanze sociali. Con ciò erano crollati definitivamente i fondamenti teorici di ciò che rappresentava ilcarattere particolare di Storia e coscienza di classe. Questo libro mi divenne completamente estraneo, così come eraaccaduto nel 1918-19 per i miei scritti anteriori».[29]

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«Il giovane Hegel»Alla morte di Lenin, nel 1924, l'editore viennese di Lukács lo invitò a scrivere un profilo del rivoluzionario russo,impegno portato a termine in poche settimane. Secondo Lukács, è caratteristico di Lenin considerare ogni categoriafilosofica sotto il punto di vista dell'azione politica concreta: Lenin non è «né un teorico né un pratico, ma unprofondo pensatore della prassi [...] un uomo il cui penetrante sguardo è sempre rivolto al punto in cui la teoriatrapassa nella prassi e la prassi nella teoria».[30]

L'anno dopo uscirono due sue recensioni critiche degli scritti di Nikolaj Ivanovič Bucharin, Teoria del materialismostorico, e della Scienza della società borghese di Karl August Wittfogel: la polemica è rivolta contro le concezioni«materialistico-volgari» e «borghese-positivistiche» che vedono nella «tecnica» il principio dello sviluppo delle forzeproduttive e pertanto del mutamento sociale, concezioni che neutralizzano l'attività politica rivoluzionariasostituendole l'attesa fatalistica del rinnovamento, che dovrebbe scaturire per intima necessità dal seno stesso dellasocietà.Proseguiva intanto il suo impegno di militante del Partito comunista ungherese: nel 1928, Lukács presentò alcongresso di partito le sue tesi - chiamate Tesi di Blum dal suo nome di clandestino - nelle quali proponeva che, afronte della dittatura di Miklós Horthy, il partito dovesse proporre l'alternativa politica di una Repubblicademocratica, accantonando per il momento l'obiettivo di una Repubblica sovietica. La proposta presupponeva lapossibilità di un'alleanza con le forze socialdemocratiche, possibilità appena esclusa dall'Internazionale comunistache nell'ultimo congresso, sotto l'influenza del gruppo di maggioranza raccolto intorno a Stalin, aveva tacciato isocialdemocratrici di «socialfascismo».Il partito ungherese respinse le sue Tesi e il capo indiscusso del partito, Béla Kun, minacciò persino la suaespulsione: Lukács si piegò, facendo autocritica, per quanto, scrisse poi, «del tutto convinto della giustezza del miopunto di vista, sapevo anche [...] che allora un'espulsione dal partito rappresentava l'impossibilità di partecipareattivamente alla lotta contro il fascismo che si avvicinava»,[31] ma più in generale, una sua emarginazione politicaavrebbe forse pregiudicato la possibilità di rimanere inserito nel dibattito culturale e filosofico di quegli anni. ABerlino, infatti, continuò la sua collaborazione con la rivista «Linkskurve», pubblicando recensioni di criticaletteraria e i suoi primi saggi sul realismo finché, con l'avvento del nazismo, nel 1933, si trasferì a Mosca, lavorandonell'Istituto di Filosofia dell'Accademia delle Scienze e pubblicando in riviste moscovite gran parte dei suoi saggi dicritica e di estetica letteraria, che saranno raccolti in volume nel successivo dopoguerra.A Berlino aveva già iniziato, e completò a Mosca nel 1937 il suo saggio su Il giovane Hegel che sarà pubblicato neldopoguerra. La tesi di Lukács è una elaborazione delle considerazioni di Engels sulla filosofia hegeliana: «per questafilosofia non vi è nulla di definitivo, di assoluto, di sacro; di tutte le cose e in tutte le cose essa mostra la caducità, enull'altro esiste per essa all'infuori del processo ininterrotto del divenire e del perire [...] essa ha però anche un latoconservatore: essa giustifica determinate tappe della conoscenza e della società per il loro tempo e per le lorocircostanze [...] il carattere conservatore di questa concezione è relativo, il suo carattere rivoluzionario èassoluto».[32]

Per Engels, il carattere conservatore e, soprattutto, caduco, di Hegel, è il suo «sistema» filosofico, mentre il suocarattere rivoluzionario consiste nel metodo dialettico: per Lukács, Hegel «voleva dominare teoricamentedeterminate connessioni sociali e storiche, e si serviva della filosofia solo per effettuare le generalizzazioniindispensabili», deducendo dai rapporti esistenti tra l'uomo e la società leggi dinamiche che implicano«contraddizioni il cui superamento e la cui riapparizione a un livello più alto rende comprensibile, in ultima istanza,l'intera struttura della società e della storia».[33]

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Il realismo nell'arte

Lukács con la scrittrice Anna Seghers, 1952

Per quanto riguarda l'arte, essa è una forma di sistema incui si supera l'accidentalità e si arriva ad un momentoeterno; essa deve essere realista ma non naturalista.L'estetica è legata al realismo che dà l'idea dell'uomonella sua totalità, non solo interiormente ma anche nellesue interrelazioni (soprattutto in Walter Scott). Invecel'arte naturalista come quella di Zola, Maupassant oVerga si compiace nell'affondare nelpatologico-fisiologico, dimenticando la politica e lastoria: l'uomo è considerato nella sua individualità e unaconseguenza delle sue origini, ciò conduce alla creazionedi personaggi staccati dalla società e in contrasto con laricerca della totalità. Questo è uno dei motivi per cui egli

preferisce il romanzo storico.

Il Realismo è visto come riproduzione fedele di circostanze tipiche in cui si intrecciano realtà con caratteristicheunitarie, dialettiche e problematiche. Il romanzo racchiude la storia di un popolo: per esempio in Ivanhoe di Scott ilprotagonista non è un eroe classico come Achille ma appartiene alla piccola nobiltà inglese. Si rievoca un interoperiodo storico attraverso un eroe medio, che ha una dimensione umana e storica. La rievocazione di un passato sicrea necessariamente con un anacronismo, perché non può essere identico. Infatti lo scontro di classi a quell'epocaera sicuramente caotico, mentre Scott lo presenta in maniera molto chiara. Per Lukács il primo eroe di un romanzostorico è Waverley nel 1814, che insieme a Ivanoe è un personaggio-tipo che rappresenta istanze sociali, è un'idea.

Tomba di Lukács a Budapest

Lo scopo del romanzo storico è di dimostrare con mezzi poetici lecircostanze storiche e far diventare la storia un modello assoluto. Essocrea un nesso tra la spontaneità delle masse e la consapevolezza storicadella classe dominante; Scott cerca di comunicare questaconsapevolezza alla massa comportandosi come un intellettualeorganico. La rievocazione del passato lontano è ripresa da Cooper,considerato continuatore di Scott, che scrive delle lotte tra inglesi eindiani.

Per Lukács Manzoni è superiore a Scott (pur essendone uncontinuatore, e anche in virtù della sua esperienza di tragediografo)nell'individuazione dei personaggi e nel descrivere le vicende e le sofferenze degli italiani, la crisi della vita di unintero popolo in relazione alle dominazioni e alle condizioni feudali e conservatrici ad esso imposte.

Opere e prime traduzioni italiane•• A dráma formája, Budapest 1909•• Megjegyzések az irodalomtörténet elméletéhez, Budapest 1910•• A modern dráma fejlödésének története, Budapest 1911•• Die Seele und die Formen, Berlino 1911

•• L'anima e le forme, Milano 1963•• Die Theorie des Romans, Berlino 1916 e 1920

•• Teoria del romanzo. Saggio storico-filosofico sulle forme della grande epica, Milano 1962•• Geschichte und Klassenbewusstsein. Studien über marxistische Dialektik, Berlino 1923

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•• Storia e coscienza di classe, Milano 1967•• Lenin. Studien über Zusammenhang seiner Gedanken, Vienna 1924

•• Lenin, «Il Filo rosso», 1962-1963•• Moses Hess und die Probleme der idealistischen Dialektik, Lipsia 1926•• Mein Weg zu Marx, «Internationale Literatur», 1933

•• La mia via al marxismo, «Nuovi Argomenti», 1958•• Istoričeskij roman, «Literaturnij Kritik», 1937-1938

•• Il romanzo storico, Torino 1965•• Deux philosophie de l'Europe: marxisme et existencialisme, «La Nef», 1946•• Az újabb német irodalom rövid törtènete, Budapest 1946

•• Breve storia della letteratura tedesca dal Settecento ad oggi, Torino 1956•• Goethe und seine Zeit, Berna 1947

•• Goethe e il suo tempo, Milano 1949•• Irodalom és democrácia, Budapest 1947•• A polgári filosófia válsága, Budapest 1947•• Cultura marxista e democarazia progressiva, «Società» 1947•• Der junge Hegel. Ueber die Beziehung von Dialektik und Oekonomie, Zurigo e Vienna 1948

•• Il giovane Hegel e i problemi della società capitalistica, Torino 1960•• Essays über Realismus, Berlino 1948

•• Saggi sul realismo, Torino 1950•• Existencialisme ou marxisme?, Parigi 1948

•• Esistenzialismo o marxismo?, Milano 1995•• Karl Marx und Friedrich Engels als Literaturhistoriker, Berlino 1948

•• Il marxismo e la critica letteraria, Torino 1953•• Der russische Realismus in der Weltliteratur, Berlino 1949•• Thomas Mann, Berlino 1949

•• Thomas Mann e la tragedia dell'arte moderna, Milano 1956•• Deutsche Realisten in 19. Jahrhunderts, Berlino 1951

•• Realisti tedeschi del XIX secolo, Milano 1963•• Die Zerstörung der Vernunft, 1954

•• La distruzione della ragione, Torino 1959•• Prolegomeni a un'estetica marxista. Sulla categoria delle particolarità•• Scritti di sociologia della letteratura•• Ontologia dell'essere sociale•• Prolegomeni all'ontologia dell'essere sociale

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Edizioni Italiane• Goethe e il suo tempo, Mondadori, 1949.• Prolegomeni a una estetica marxista, Editori Riuniti,1951.• Il marxismo e la critica letteraria, Einaudi,1953.• La letteratura sovietica, Editori Riuniti, 1955.• Il significato attuale di realismo critico, Einaudi,1956.• Breve storia della letteratura tedesca, Einaudi, 1956.• Il romanzo storico, Einaudi,1963.• La lotta fra progresso e reazione nella cultura d'oggi, Feltrinelli, 1957.• Il giovane Hegel, Einaudi, 1967.• Marxismo e politica culturale, Einaudi, 1968.• Lenin, Einaudi, 1970.• Cultura e potere, Editori Riuniti, 1970.• Saggi sul realismo, Einaudi, 1950.• Scritti politici giovanili (1919-1928), Laterza, 1972.• Arte e società, Editori Riuniti, Vol. I-II, 1972• Storia e coscienza di classe, premessa di P. Ludz, trad. di G. Piana, Mondadori, 1973.• Estetica, Einaudi, 1975.• Scritti di sociologia della letteratura, Mondadori, 1976.•• "Ontologia dell'essere sociale", vv. I-III, trad. e cura di Alberto Scarponi, Editori Riuniti, 1976-1981.• Prolegomeni all'ontologia dell'essere sociale, introduzione di Nicolas Tertulian, trad. di A. Scarponi, Guerini e

Associati, 1990.• Storia e coscienza di classe, SugarCo, 1991.• Marxismo o esistenzialismo?, Acquaviva, 1995.• Dostoevskij, SE, 2000.• Teoria del romanzo, SE, 2004.• Thomas Mann e la tragedia dell'arte moderna, SE, 2005.• Studi sul «Faust», SE, 2006.• L'anima e le forme, SE, 2008.• Coscienza di classe e storia. Codismo e dialettica, Edizioni Alegre, 2008.• Ontologia dell'essere sociale, Edizioni Pigreco, 2012 (4 volumi). [edizione pirata]

Bibliografia• Tito Perlini, Utopia e prospettiva in György Lukács, Edizioni Dedalo, 1968• Giuseppe Bedeschi, Introduzione a Lukács, Roma, Laterza, 1971• A.A. V.V., Letteratura, storia, coscienza di classe. Contributi per Lukács, a cura di I. Mészaros, Napoli, Liguori

1977• G. Oldrini, Il marxismo della maturità di Lukács, Napoli, Prismi, 1983• Costanzo Preve, La filosofia imperfetta. Una proposta di ricostruzione del marxismo contemporaneo. 1984,

Franco Angeli• A. De Simone, Lukács e Simmel. Il disincanto della modernità e le antinomie della ragione dialettica, Bari,

Milella 1985• Cesare Cases, Su Lukács. Vicende di un'interpretazione, Torino, Einaudi, 1985• Domenico Losurdo, Lukács e la distruzione della ragione, in D. Losurdo, P. Salvucci, L. Sichirollo, «György

Lukács nel centenario della nascita 1885-1985», Urbino, QuattroVenti, 1986• AA. VV., György Lukács nel centenario della nascita 1885-1985, Urbino, QuattroVenti 1986

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• G. Oldrini, Lukács e Hegel: due estetiche a confronto, in Idem, «L'estetica di Hegel e le sue conseguenze»,Roma-Bari, Laterza, 1994

• G. Compagnino, Il paradigma inattuale. Pirandello, Lukács e la tragedia, in «Letteratura e lingue nazionali eregionali. Studi in onore di Nicolò Mineo», Roma, Il Calamo 1996, pp. 89–119

• Franco Fortini, Lukács in Italia, in Idem, «Saggi ed Epigrammi», Milano, Mondadori, 2003• F. Fortini, Lukács giovane, in Idem, «Saggi ed Epigrammi», Milano, Mondadori, 2003• S. Thibor, György Lukács filosofo autonomo, Napoli, La Città del Sole, 2006• A. Manganaro, "Il romanzo storico" di György Lukács in Italia, in Idem, «Significati della letteratura. Scritture e

idee da Castelvetro a Timpanaro», Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia Editore, 2007•• E. Alessandroni, "La rivoluzione estetica di Antonio Gramsci e György Lukács", Padova, Il Prato, 2011• A. Marroni, György Lukács e il sentire pulsante di Irma Seidler, in «Muse ribelli. Conflitto e complicità nel

sentire al femminile», a cura di A. Marroni e U. Di Toro, Verona, Ombre corte, 2012;

Note[1] G. Lukács, prefazione a Storia e coscienza di classe, 1967, p. VIII[2] Müvészet és Társadalom, traduzione italiana: Arte e società, 2 voll., Roma 1972[3][3] Ivi, p. 8[4][4] Ibidem[5][5] Ivi, p. 9[6] C. Pianciola, L'anima e le forme e Teoria del romanzo, «Rivista di filosofia», 1, LV, 1964[7] L'anima e le forme, p. 155[8][8] Op. cit., p. 14[9] L. Goldamnn, prefazione a G. Lukács, Teoria del romanzo, Milano 1962, p. 20[10][10] G. Lukács, prefazione ad Arte e società, cit., p. 9[11] G. Lukács, Teoria del romanzo, Milano 1962, p. 56[12][12] Ivi, p. 76[13][13] Ivi, p. 60[14][14] Ivi, p. 67[15][15] Ivi, p. 73[16] G. Lukács, Storia e coscienza di classe, 1967, p. 14[17][17] Ivi, p. 6, n. 8[18][18] Ivi, p. 36[19][19] Ivi, p. 49[20][20] Ivi, p. 51[21] K. Marx, La sacra famiglia, 1950, p. 40[22][22] Ivi, p. 53[23][23] G. Lukács, Prefazione, cit., p. XIX[24][24] Libro I, 1, 1, 4[25] G. Lukács, Storia e coscienza di classe, p. 108[26][26] Ivi, p. 120[27][27] Ivi, 116-117[28][28] G. Lukács, Prefazione cit., p. XXV[29][29] G. Lukács, Prefazione, cit., p. XL[30] G. Lukács, prefazione a Storia e coscienza di classe, cit., p. XXXVI.[31][31] G. Lukács, prefazione cit., p. XXXIII.[32] F. Engels, Ludwig Feuerbach e il punto d'approdo della filosofia classica tedesca, 1972, p. 21.[33] G. Lukács, Il giovane Hegel e i problemi della società capitalistica, 1960, p. 507.

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Fonti e autori delle voci 12

Fonti e autori delle vociGyörgy Lukács  Fonte: https://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=61265173  Autori:: Alberto Scarponi, Alessandro.mon, AnjaManix, Ary29, AttoRenato, Brownout, Carlo.Ierna, Dommac,Dread83, Euparkeria, Furyo Mori, Galessandroni, Johnlong, Koppany, L'Essere corretto dal Forse, Lineadombra, Malemar, Marcol-it, Mau986, NewLibertine, Nick, Nicola Romani, Ontoraul,Paola Severi Michelangeli, Phantomas, Poxx, Pracchia-78, Quaro75, Ruthven, Sally888, Sergio Cannata, Shweshwa, Squittinatore, Truman Burbank, Utente 7, Vincenzo Fatigati, 57 Modificheanonime

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