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Gosh, That’s Awfully Complicated
A trip into the Human Genome Project:
clinical, economic and ethical aspects
Programma Scienziati in Azienda - XIV Edizione
Baveno, 16 settembre 2013 – 19 luglio 2014
Project Work
A cura di: Andrea Forte, Antonio Passariello, Francesca Colombo,
Tiziana Boccuzzi, Nicola Giacco, Zeno Righetti.
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Sommario
RIASSUNTO ........................................................................................................................................................... 3
ABSTRACT ............................................................................................................................................................. 5
OBIETTIVO ............................................................................................................................................................. 7
METODOLOGIA UTILIZZATA .................................................................................................................................. 8
PROGETTO GENOMA UMANO: UN PO’ DI STORIA................................................................................................. 9
CHE COS’È IL GENOMA? ................................................................................................................................................ 12
TECNICHE DI SEQUENZIAMENTO ...................................................................................................................................... 14
BENEFICI CLINICI DEL HGP ....................................................................................................................................15
MEDICINA PREDITTIVA .................................................................................................................................................. 16
QUANDO VENGONO EFFETTUATI TEST GENETICI PREDITTIVI? ................................................................................................. 17
QUALI CONDIZIONI POSSONO ESSERE TESTATE DA UN TEST GENETICO PREDITTIVO? ................................................................... 18
DIAGNOSTICA ............................................................................................................................................................. 23
STUDIO DEL GLIOBLASTOMA ........................................................................................................................................... 24
FARMACI PERSONALIZZATI ............................................................................................................................................. 25
LA FARMACOGENOMICA E LA PERSONALIZZAZIONE DELLE CURE ............................................................................................. 27
TERAPIA GENICA .......................................................................................................................................................... 30
IMPATTO ECONOMICO ........................................................................................................................................33
IMPATTI FUNZIONALI ...........................................................................................................................................39
MEDICINA VETERINARIA ................................................................................................................................................ 41
AMBIENTE .................................................................................................................................................................. 46
GIUSTIZIA ................................................................................................................................................................... 47
ASPETTI ETICI .......................................................................................................................................................48
IMPATTO SUL PAZIENTE ................................................................................................................................................. 49
DIAGNOSI E CURA ........................................................................................................................................................ 50
DISCRIMINAZIONE IN AMBITO ASSICURATIVO E SUL POSTO DI LAVORO .................................................................................... 52
TENTAZIONE DELL’ EUGENETICA ..................................................................................................................................... 54
DIFFERENZA TRA TEST DIAGNOSTICI E TEST FARMACOGENETICI .............................................................................................. 55
ALLOCAZIONE DELLE RISORSE ......................................................................................................................................... 56
CONSERVAZIONE E TRATTAMENTO DEI CAMPIONI BIOLOGICI E DEI DATI ................................................................................... 57
QUESTIONARIO ....................................................................................................................................................59
CONCLUSIONI .......................................................................................................................................................65
BIBLIOGRAFIA ......................................................................................................................................................67
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Riassunto
Il genoma rappresenta l'insieme di tutte le informazioni necessarie al funzionamento di un intero
organismo. Questo era quanto si sapeva nel 1988, quando il Congresso americano approvò in via
ufficiale il Progetto Genoma Umano (The Human Genome Project, HGP). Lo HGP rappresenta, senza
dubbio, una pietra miliare per l'intera comunità medico-scientifica, nonchè un punto di partenza per la
comprensione in dettaglio dei meccanismi che sono alla base della vita, creando i presupposti per future
ricerche e aprendo nuovi scenari sia in campo diagnostico che terapeutico. Le finalità principali del
progetto riguardavano l'acquisizione di informazioni utili per individuare l'eventuale implicazione di
alterazioni della sequenza del DNA nello sviluppo di patologie genetiche nell'uomo e per comprendere le
basi genetiche dell'evoluzione e del funzionamento dell'organismo umano. Nel progetto furono
convogliati sia gli sforzi della ricerca pubblica di molte Nazioni sia quelli di aziende private. A distanza di
circa 10 anni dall’avvio del progetto, nel giugno del 2000, venne annunciato che la maggior parte del
genoma umano era stato sequenziato e dopo altri 3 anni si aveva a disposizione la sequenza completa.
Lo HGP ha portato alla luce aspetti molto importanti, come la scoperta che il genoma umano è costituito
da circa 24000 geni, quasi la metà di quanto era stato inizialmente stimato, e che tutte le etnie umane
sono uguali dal punto di vista genetico per il 99,99%, rendendo quindi insignificanti le differenze razziali.
La comprensione dell’espressione di questi geni potrà fornire degli indizi sulle cause di alcune malattie
permettendone la cura. L’annuncio del sequenziamento del genoma umano aveva infatti suscitato
grande scalpore in particolar modo per le sue possibili applicazioni in campo medico, nella prevenzione,
nella diagnosi e nel trattamento delle malattie. In campo medico, le nuove conoscenze sul genoma
umano hanno consentito il consolidarsi della cosiddetta “medicina predittiva”, un approccio che
permette di fare una stima del rischio di sviluppare una determinata patologia durante il corso della vita
permettendo in questo modo di intervenire prima dell’insorgenza della malattia stessa. Grandi risultati
sono stati inoltre ottenuti in campo diagnostico, grazie all’ausilio di test volti al miglioramento della
diagnosi delle malattie, in particolare quelle rare e nel campo della farmacogenomica, i cui avanzamenti
dovrebbero permettere di sviluppare farmaci più efficaci e meno dannosi e aprire la strada alle cure
personalizzate.
Sebbene lo HGP non sia stato intrapreso con l’obiettivo primario di generare profitto, esso ha avuto un
sorprendente impatto tanto dal punto di vista economico quanto dal punto di vista sociale. E’ stato
infatti stimato che nell’arco di più di 20 anni (dal 1988 al 2010) sono stati creati, grazie allo HGP, non
soltanto più di 291000 posti di lavoro, ma è stato anche generato un output economico di più di 38
4
miliardi di dollari. Per meglio comprendere questi dati è importante pensare che i finanziamenti statali
sono stati meno di 4 miliardi di dollari e possiamo quindi pensare che per ogni dollaro investito se ne
siano ricavati 10. Si tratta di un dato davvero notevole considerando anche il fatto che non sono stati
presi in considerazione molti altri fattori: i progressi delle conoscenze e delle tecnologie legate al
genoma umano hanno infatti aperto la strada a diversi campi applicativi dalla sanità alla medicina
veterinaria, dalle biotecnologie industriali all’elevata produttività dell’agricoltura, dal campo ambientale
a quello della giustizia.
Infine, non bisogna dimenticare che lo HGP ha vivamente interessato l'opinione pubblica per la sua
importanza come progetto scientifico, ma ha anche suscitato interrogativi e preoccupazioni derivanti
dalle prospettive di carattere etico. In questo senso, è importante da un lato fare riferimento ai benefici
che possono derivare dal progetto sul piano delle conoscenze fondamentali e delle possibilità
diagnostiche e terapeutiche, dall'altro però sottolineare le considerevoli implicazioni di natura
antropologica e sociale che quest'ultimo può avere per quanto riguarda aspetti come l’impatto sul
paziente, il rischio di discriminazioni e la privacy di ogni individuo. E’ dunque necessario che il bene
globale della persona e la salvaguardia dei diritti e della dignità di tutte le popolazioni siano prioritari e
prevalenti rispetto a tutte le altre finalità.
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Abstract The genome is the set of all information necessary for the functioning of an entire organism. These
genetic informations are deposited in the DNA sequence, that is an organic polymer content and
contained in the cell nucleus in the form of chromosomes. These were the informations available in
1988 when the U.S. Congress officially approved the Human Genome Project originally planned for a
period of 15 years. The HGP is undoubtedly a milestone for the entire medical community, a starting
point for understanding details that are the basis of life , laying the foundation for future research and
opening new scenarios in both the diagnostic and therapeutic world. The main aim of the project was to
acquire useful information about the possible involvement of alterations of the DNA sequence in the
development of genetic diseases in humans and to understand the genetic basis of the evolution and
functioning of the human organism. In the project both public and private efforts were used and a
number of different countries took part in the making of the project. After 10 years the majority of the
human genome had been sequenced, it was June 2000 when it was announces and after three years we
had the complete sequence. The HGP has brought to light very important aspects such as the discovery
that the human genome consists of approximately 24,000 genes , about half of what was initially
estimated ; that all human ethnic groups are equal from the genetic point of view to 99.99 % , thus
making insignificant racial differences. The understanding of the expression of these genes may also
provide clues about the causes of certain diseases allowing the possibility to find new therapy. The
announcement of the sequencing of the human genome caused big clamor and it indeed caused a stir
especially due to its possible applications in the medical field, in the prevention, diagnosis and
treatment of diseases. In the medical field, the new knowledge of the human genome has allowed the
consolidation of the so-called predictive medicine, an approach which allows to estimate the risk of
developing a particular disease during the lifetime allowing to intervene before the onset of the disease
itself. Great results have also been obtained in the diagnostic field , thank to targeted testing target that
are able to aim therapies in the right direction; in regard to Pharmaco-genetic the HGP should enable
the development of more effective and less harmful drugs and open the road to individualized
therapies. Although HGP was not undertaken with the primary objective of generating profit, it had a
surprising impact both from the economic point of view as from the social point of view. As a matter of
fact it has been estimated that over a period of more than 20 years (1988-2010 ) more than 291000 jobs
were created, thanks to the HGP an economic output of more than 38 billion dollars was produced. To
better remember these data it is important to think that state funding were less than 4 billion U.S.
dollar and we therefore can estimate that for every dollar invested $ 10 were raised . It's important to
keep in mind that many other factors truly remarkable were not taken into account. The progress of
knowledge and technology related to the human genome has in fact created different possibilities in
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different application from health care to veterinary medicine, from industrial biotechnology, to high
productivity in agriculture, from the environment to justice field. Finally, we must not forget that the
HGP has strongly affected the public opinion to its importance as a scientific project, but it has also
raised questions and concerns from an ethical perspective. In this sense, it is important on the one hand
to understand the benefits that may result from the project in terms of fundamental knowledge,
diagnostic and therapeutic possibilities, on the other is important to underline the considerable
anthropological and social implications it might have for regarding issues such as the impact on the
patient, the risk of discrimination and privacy of every individual. Therefore is necessary that interest of
the single person and the protection of the rights and dignity of all people are the priorities and these
have to prevail over all other purposes.
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Obiettivo
L'idea di fondo del Progetto Genoma Umano è l'acquisizione di conoscenze che potranno essere di
fondamentale importanza nel comprendere i meccanismi della genetica umana e l'implicazione dei geni
nello sviluppo delle malattie. Tanti sono gli articoli che parlano del PGU sottolineandone l’importanza
dal punto di vista scientifico e medico. Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di andare ad
approfondire non soltanto gli aspetti legati alla sanità dell’uomo, che sono senz’altro di fondamentale
importanza, ma anche l’impatto economico scaturito dal progetto stesso. Non abbiamo inoltre potuto
fare a meno di considerare l’aspetto etico, fondamentale quando si parla di informazioni così personali e
private.
Non va inoltre dimenticato che le nuove scoperte e le nuove tecnologie sviluppatesi grazie alle ricerche
sul genoma umano hanno dato il via a studi e approfondimenti su altri settori quali la sostenibilità
ambientale, la sicurezza alimentare, la medicina veterinaria, le biotecnologie industriali e la giustizia.
Sanità dell'uomo: attraverso il sequenziamento del genoma umano gli scienziati hanno acquisito
conoscenze più approfondite sulla biologia molecolare umana e questo ha permesso di identificare
target a scopi terapeutici, di sviluppare test diagnostici e predittivi altamente specifici e di porre le basi
per la così detta medicina personalizzata.
Sostenibilità ambientale: le attività umane hanno effetti significativi sul nostro ambiente e
l’inquinamento che ne deriva ha impatti importanti sui terreni, le acque, l’aria e gli altri organismi. Le
applicazioni che derivano dagli studi sul genoma sono volte a sviluppare tecnologie per la risoluzione dei
problemi ambientali.
Sicurezza sul cibo e colture : gli studi del genoma umano e le tecniche di sequenziamento hanno portato
a una rivoluzione green nell'agricoltura e nella produzione del cibo.
Giustizia: le conoscenze sul genoma possono essere applicate alla giustizia criminale e sociale. Sarà
possibile infatti associare in maniera univoca materiale biologico ad una persona.
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Metodologia Utilizzata
Per sviluppare da più punti di vista un argomento così vasto come quello del “Progetto Genoma Umano”
abbiamo dovuto far ricorso a diverse fonti. Non ci siamo infatti fermati alla sola stesura di un elaborato
volto ad approfondire gli aspetti scientifici, economici ed etici del Progetto ma abbiamo cercato di
analizzare criticamente ogni argomento trattato. Per fare questo è stato di fondamentale importanza il
dibattito e il libero confronto tra i componenti del gruppo di lavoro in maniera tale da tenere in
considerazione le diverse opinioni di ciascuno di noi. Un grande aiuto per la redazione di questo lavoro ci
è stato dato da esperti del settore: scienziati e bioetici che sono stati disponibili a sottoporsi ad
interviste telefoniche preparate ad hoc fornendoci opinioni e spunti interessanti di riflessione per un
maggiore approfondimento. Per non limitarci soltanto al nostro punto di vista e a quello degli esperti
abbiamo inoltre deciso di coinvolgere una fetta più ampia di persone di diverse età preparando un
questionario che abbiamo pubblicato on-line. In questo modo abbiamo permesso a ciascuno, in totale
anonimato, di dare una propria opinione su tematiche relative al Progetto Genoma Umano e abbiamo
potuto capire quanto la popolazione è informata sull’argomento e che cosa ne pensa.
Nell’ottica di approfondire ulteriormente l’argomento non è mancata un’approfondita ricerca
bibliografica: ci siamo affidati a siti governativi internazionali, a blog, a forum di discussione, a
documenti, ad articoli e a libri di stampa. Molto importante è stata inoltre la consultazione di riviste
come Nature, Genomics, Science che ci hanno permesso di intraprendere un viaggio nella storia
scoprendo le fondamentali milestones del Progetto Genoma Umano, i suoi attuali sviluppi e le
prospettive future.
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Progetto Genoma Umano: un po’ di storia
Il Progetto Genoma Umano (Human Genome Project, HGP) nasce formalmente nel 1990 negli Stati Uniti
come uno dei più ambiziosi progetti in ambito scientifico-biologico, coordinato dal Dipartimento di
Energia (DOE) e dai National Istitutes of Health (NIH). Inizialmente, era prevista per il progetto una
durata di 15 anni, ma i rapidi progressi in ambito tecnico-scientifico hanno anticipato la data del
completamento al 2003.
Il progetto trae origine ideologica nella metà degli anni 80, anche se ha radici ancora più remote. Il
primo passo fondamentale per le analisi genomiche fu la scoperta della struttura a doppia elica del DNA
nel 1953 da parte di Francis Crick e James Watson. Nella metà degli anni 70, Frederick Sanger sviluppò
tecniche per il sequenziamento del DNA. Con l’automazione di tali tecniche, si iniziò a diffondere l’idea
di analizzare l’intero genoma umano. La nascita del progetto è legata soprattutto alle iniziative di Robert
Sinsheimer e di Charles DeLisi. Sinsheimer, noto biologo molecolare e rettore del campus di Santa Cruz
della University of California, aveva avuto l’idea di avviare a Santa Cruz la realizzazione di un grande
progetto con lo scopo di caratterizzare nei dettagli il genoma umano. DeLisi era direttore a Washington
dell’Office of Health and Environmental Research del DOE che, per lungo tempo, aveva finanziato
ricerche sugli effetti mutageni delle radiazioni sul DNA. Nell'ottobre del 1985, per studiare le mutazioni
genetiche umane DeLisi pensò di comparare, nucleotide per nucleotide, il genoma di un bambino con
quello dei suoi genitori. Quest’idea lo portò a prendere in considerazione la possibilità di ottenere la
sequenza di un intero genoma umano. Il coinvolgimento del DOE, tuttavia, suscitò non poche perplessità
tra gli scienziati. Rispetto agli NIH, i più importanti organismi federali nel campo delle scienze della vita,
il DOE era considerato più burocratico e meno flessibile in termini di ricerca: avrebbe dunque sottoposto
il progetto ad un controllo centralizzato, autocratico, sottraendo fondi al NIH. Numerosi ricercatori del
settore insistevano, quindi, sul fatto che gli NIH dovesse prendere parte al progetto.
Così, all’inizio del 1987, i rappresentanti degli NIH approvarono il progetto di studio del genoma e a
dicembre il Congresso statunitense stanziò una considerevole somma a favore sia dei NIH sia del DOE:
per il 1988 i primi ricevettero 17,2 milioni di dollari, il 50% in più rispetto al DOE. Il crescente
coinvolgimento degli NIH nel Progetto Genoma, tuttavia, non pose fine al dissenso. Il progetto, infatti,
era ancora legato all’immagine di un grande programma scientifico costruito intorno a pochi grandi
centri burocratizzati. In quel periodo, inoltre, si riteneva che solo una minima parte del DNA umano
fosse realmente codificante; il resto, costituito da sequenze nucleotidiche non codificanti dette introni,
era informalmente chiamato "junke DNA". Per molti biologi non aveva senso, dunque, impiegare tempo
10
e risorse per ottenere dati che, nella maggior parte dei casi, rivelavano poco o nulla sulle malattie e sullo
sviluppo umano. Nonostante ciò, numerosi ricercatori e rappresentanti delle industrie farmaceutiche e
biotecnologiche riponevano grande fiducia nel Progetto. I primi tendevano a sottolineare il fatto che il
progetto di studio del genoma era molto promettente dal punto di vista medico; i secondi, invece,
ritenevano che una tale impresa fosse di fondamentale importanza per il prestigio della nazione,
soprattutto se gli Stati Uniti intendevano continuare ad essere competitivi nel settore dell’alta
tecnologia.
Nel 1988 gli NIH crearono l’Office for Human Genome Research, la cui direzione fu affidata a James
Watson. L’anno seguente questo diventò National Center for Human Genome Research (NCHGR).
Nel 1991 il Progetto genoma umano, a cui quell’anno erano stati destinati 135 milioni di dollari, iniziò a
funzionare a pieno ritmo. I centri dei NIH, otto in tutto, erano operativi: sette si occupavano della
mappatura genetica umana e uno di quella del topo. La mappatura genetica e le attività di
sequenziamento erano realizzate anche da decine di altri laboratori, ognuno dei quali svolgeva attività
iniziate autonomamente e finanziate dai NIH. Nel 1992, Watson diede le dimissioni e venne nominato
direttore del centro Francis Collins. L’avvento di nuove tecniche come la PCR (polymerase chain
reaction), i cromosomi artificiali batterici e di lievito, l’elettroforesi a campo pulsato, portò rapidi
avanzamenti. Gran parte del progetto agli inizi si concentrò sul miglioramento delle tecnologie per
accelerare lo studio del genoma. Nel 1993, l’NCHGR creò la divisione DIR (Division of Intramural
Research) che utilizzò tecnologie di genomica per studiare malattie specifiche. Dal 1996, otto istituti e
centri dell’NIH hanno collaborato per la creazione del Center for Inherited Disease Research (CIDR). Nel
1997 l’NCHGR è diventato il National Human Genome Research Institute avente sempre come direttore
Collins.
L’ultima fase del Progetto Genoma Umano ha visto, inoltre, la competizione tra il consorzio pubblico e
un’azienda privata, la Celera Genomics, fondata nel 1998 da John Craig Venter, che proponeva di
giungere al sequenziamento del genoma umano entro il 2001, molto prima della data originariamente
indicata nel progetto pubblico. Questa audace dichiarazione era ispirata dalla disponibilità di potenti
sequenziatori che potevano elaborare fino a un milione di basi di DNA al giorno. Venter dichiarò che la
Celera avrebbe divulgato gratuitamente ogni tre mesi i dati non elaborati, mentre le società
farmaceutiche e biotech avrebbero potuto accedere, a pagamento, a un data base più elaborato e
adattato alle singole esigenze aziendali. Infatti Venter, usando metodi e tecniche completamente
diverse, ha accelerato straordinariamente i tempi di sequenziamento tanto da arrivare alla
pubblicazione dei dati contemporaneamente al progetto pubblico di Collins partito molti anni prima. I
primi dati relativi al sequenziamento risalgono al febbraio del 2001 pubblicati da Collins su Nature e da
Venter su Science (Figura 1).
11
Errore.
Figura 2
Nell’aprile 2003 il consorzio pubblico ha annunciato il completamento dell’intera sequenza del genoma
umano e la Celera Genomics si è ritirata dalla partita trasformandosi in una società farmaceutica. Il
trionfo del progetto pubblico è stato il risultato di una collaborazione internazionale basata sul lavoro
svolto da laboratori attivi negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Giappone, Francia, Germania e Cina.
L'HGP rappresenta senza dubbio una pietra miliare per l'intera comunità medico-scientifica non che un
punto di partenza per la comprensione in dettaglio dei meccanismi che sono alla base della vita,
ponendo le basi per future ricerche e aprendo nuovi scenari sia in campo diagnostico che terapeutico. Il
Progetto Genoma Umano ha portato a scoperte molto importanti:
1. Gli esseri umani hanno circa 24.000 geni, più o meno lo stesso numero di quelli dei topi e il
doppio di quelli di alcune specie di vermi. La comprensione dell'espressione di questi geni potrà
fornire degli indizi sulle cause di alcune malattie.
2. Tutte le etnie umane sono uguali al 99,99%, quindi le differenze razziali sono geneticamente
insignificanti.
Figura 1
12
3. La maggior parte delle mutazioni genetiche avviene nel maschio della specie. I maschi hanno
quindi una responsabilità maggiore nella trasmissione delle anomalie genetiche e
nell'evoluzione della specie.
4. La genomica ha portato a progressi nel campo dell'archeologia genetica e ha migliorato la nostra
comprensione di come ci siamo evoluti in quanto esseri umani e di come ci siamo separati dai
primati 25 milioni di anni fa.
Dal punto di vista scientifico, l’aspetto più sorprendente, secondo il Prof. Borsani, professore di genetica
all’Università di Brescia, è stato la scoperta di avere un numero limitato di geni:
“In seguito al sequenziamento del genoma umano, quello che si è evidenziato dopo molti anni di lavoro e di analisi, è che il nostro genoma contiene le istruzioni per codificare soltanto circa 20000 diverse proteine. Pensavamo di essere molto più complessi prima del sequenziamento. La complessità è diminuita e questo da un certo punto di vista è una buona notizia perché ad una maggior semplicità in teoria è collegata una maggior facilità di studio di quelle che sono le funzioni e la caratterizzazione dei singoli geni e delle singole proteine. Da un altro punto di vista, ci siamo accorti che il nostro genoma contiene tante altre regioni di cui non conosciamo assolutamente la funzionalità e il significato.” (INTERVISTA AL PROF. GIUSEPPE BORSANI – 22 NOVEMBRE 2013)
Esistono, infatti, proteine di cui conosciamo la sequenza amminoacidica ma con funzione non nota. Il
sequenziamento del genoma ha fornito dati da cui partire per caratterizzare geni e proteine non note e
capire quale funzione biologica abbiano.
Uno degli aspetti unici del Progetto Genoma Umano è dato dal fatto che è stata la prima grande impresa
scientifica a dover affrontare le potenziali controversie in ambito etico, sociale e legale strettamente
correlate ai dati ed alle informazioni emerse dal progetto stesso, basti pensare infatti che per tali
problematiche sia il DOE che il NIH hanno stanziato circa il 3-5% del loro fatturato annuale. Si spera che i
risultati ottenuti dall'HGP potranno rendere possibile la diagnosi precoce di malattie umane, dare un
contributo efficace alla medicina preventiva attraverso la messa a punto di test genetici predittivi, e
sostenere lo sviluppo di farmaci efficaci per terapie geniche sempre più mirate e personalizzate.
Che cos’è il genoma?
Il genoma rappresenta l'insieme di tutte le informazioni genetiche depositate nella sequenza del DNA,
contenuto e confinato nel nucleo delle cellule sotto forma di cromosomi. Ogni cromosoma è costituito
pertanto da un lungo filamento di DNA organizzato in una complessa struttura tridimensionale. Nel
genoma risiedono sia sequenze che non sembrano avere apparentemente una funzione, il cosiddetto
"junk DNA" (DNA spazzatura), sequenze fossili che si sono inserite nel nostro genoma milioni di anni fa
13
ma senza assolvere alcun compito, sia geni, cioè sequenze nucleotidiche in cui risiede l'informazione
genetica per la sintesi delle proteine e che stabiliscono le caratteristiche peculiari di ogni individuo. La
sequenza del DNA è il risultato della disposizione lineare di quattro molecole differenti, i nucleotidi, che
sono costituiti da tre componenti fondamentali: un gruppo fosfato, il desossiribosio e una base azotata.
Le basi azotate sono Adenina, Timina, Citosina, Guanina e vengono indicate rispettivamente come A, T,
C, G. Ad ogni tripletta di nucleotidi corrisponde una determinata informazione necessaria per la sintesi
delle proteine, macromolecole indispensabili che svolgono tutte le funzioni fondamentali delle cellule.
Se uno di questi nucleotidi cambia, subisce cioè una mutazione, l'informazione genetica può risultare
alterata e pertanto le proteine verranno sintetizzate in maniera inappropriata da un punto di vista
funzionale e/o strutturale, ponendo le basi per lo sviluppo di una malattia genetica. Un esempio di
questo fenomeno è la talassemia, patologia causata da una mutazione in una base del DNA, che porta
alla sintesi di un'emoglobina, molecola deputata al trasporto di ossigeno nell'organismo, non funzionale.
E’ stato determinato che l'intero genoma umano sia costituito da oltre 3,12 miliardi di basi messe in
sequenza, e sequenziarlo vuol dire individuare e ordinare tutti i nucleotidi che costituiscono il nostro
patrimonio genetico così come sono posizionati nel genoma, andando quindi a definire la localizzazione
fisica di un gene su un cromosoma.
Il genoma è diverso tra individui, ma solo dell' uno per mille, e questa differenza è sufficiente per
riflettersi nella variabilità che si osserva non solo tra gli individui della stessa specie, ma anche tra
differenti gruppi etnici. Non esiste un genoma universale da sequenziare, quindi l'approccio utilizzato
nel Progetto Genoma Umano è stato il sequenziamento del genoma di un'unica persona per poi andare
a ricercare le differenze tra i vari individui, in particolar modo tra soggetti portatori di determinate
malattie e soggetti sani. L'analisi del genoma è stata condotta principalmente attraverso il
sequenziamento del materiale genetico. Il semplice sequenziamento, però, non è in grado di fornire
informazioni direttamente applicabili al fine di conoscere i meccanismi alla base dei processi fisio-
patologici dell'uomo, ma può rappresentare uno strumento grazie al quale risulterà più semplice in
futuro identificare dettagliatamente il coinvolgimento delle diverse porzioni di DNA nello sviluppo o
nella predisposizione di alcune patologie.
Le informazioni emerse hanno reso possibile l'identificazione delle differenze genetiche tra persone
affette da patologie e persone sane, e tali divergenze potrebbero quindi essere utili non solo per
diagnosticare una malattia prima dell'insorgenza, e pertanto prevenirla dove possibile, ma anche per
ideare strategie terapeutiche innovative per il trattamento di questi soggetti andando a correggere
l'alterazione direttamente a livello genico.
14
Tecniche di sequenziamento
I metodi di sequenziamento e successivo isolamento dei frammenti di DNA sono stati differenti. La
metodica utilizzata dai centri NIH, nell'ambito della ricerca pubblica, prevedeva che il genoma venisse
spezzettato in vari frammenti, a loro volta inseriti in vettori denominati BAC che sono sequenze di DNA
in grado di ospitare frammenti genici esogeni di grandi dimensioni e di permetterne l'amplificazione,
cioè la produzione in grande numero. A questo punto si venivano a creare delle vere e proprie "librerie
BAC" le quali sono state sequenziate dai vari laboratori che hanno partecipato al Progetto Genoma
Umano. Gli scienziati della Celera Genomics, invece, hanno proceduto lavorando su tutto il genoma
utilizzando la tecnica messa a punto da Craig Venter. Questa tecnica, denominata "whole genome
shotgun sequence technique", si basa sulla frammentazione casuale dell'intero genoma e
successivamente sull'analisi contemporanea dei due filamenti di DNA che compongono la doppia elica. I
cromosomi venivano frammentati in maniera random in porzioni da 2000 a 10000 bp in lunghezza. Tali
frammenti venivano inseriti all'interno di un vettore plasmidico, cioè una molecola di DNA circolare, e
successivamente il complesso veniva inserito in organismi unicellulari a rapido ciclo vitale, come batteri
o lieviti, allo scopo di ottenere rapidamente un'elevata quantità di quei frammenti (milioni di copie)
necessaria per il sequenziamento. I dati ottenuti con questa metodica venivano in seguito elaborati da
particolari software bioinformatici. In questo modo, si sono ottenute le sequenze di frammenti di DNA di
cui però non si conosceva l'esatto ordine, in quanto molti di questi frammenti, essendo generati in
maniera casuale, risultavano essere parzialmente sovrapponibili. Pertanto solo grazie sia ad un lavoro
manuale sia all' ausilio di software bioinformatici è stato possibile ordinare tutti i frammenti e ottenere
un'unica lunga sequenza di DNA per ogni cromosoma, ovvero la sequenza completa del genoma umano.
Al giorno d'oggi il sequenziamento viene effettuato per lo più in maniera automatica, mediante
sequenziatori automatizzati dove la lettura del DNA viene fatta direttamente grazie ad un lettore ottico
collegato ad un computer. Esistono, quindi, degli appositi programmi che permettono di trasformare le
informazioni visive, in termini di densità ottica, in informazioni genetiche, e quindi il computer permette
di ottenere direttamente la sequenza senza la necessità di un operatore che la legga personalmente.
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Benefici clinici del HGP
L’idea di fondo del Progetto Genoma Umano è l’acquisizione di conoscenze che possono essere di
fondamentale importanza per comprendere i meccanismi della genetica umana e l’implicazione dei geni
nello sviluppo delle malattie umane. Scriveva il Premio Nobel Renato Dulbecco su Science:
"La possibilità di avere una visione completa e globale del nostro DNA ci aiuterà a comprendere le
influenze genetiche e non genetiche sul nostro sviluppo, la nostra storia come specie e come
combattere le malattie genetiche e il cancro".
Lo scalpore suscitato dall’annuncio del sequenziamento del genoma deriva, in particolar modo, dalle
sue applicazioni mediche, nella prevenzione, diagnosi e trattamento delle malattie:
Rivelazione di predisposizioni genetiche alle malattie
Le informazioni ottenute dal sequenziamento genico hanno permesso e permetteranno di
identificare la predisposizione a sviluppare una malattia su base genetica in epoca prenatale o
nell’adulto, in fase asintomatica, permettendo di prevenirne o ritardarne l’insorgenza. Si
potranno così evitare condizioni ambientali che possano scatenare la malattia e l'eventuale
aumento o addirittura la sostituzione di geni difettosi attraverso la terapia genica.
Sistemi di terapia genica e di controllo per i farmaci
La terapia genica viene utilizzata per correggere geni difettati, in particolare per malattie
monogeniche gravi.
Miglioramento della diagnosi delle malattie, in particolare per quelle rare, molte delle quali, in
precedenza, erano mal diagnosticate
Mappe genomiche sempre più dettagliate hanno aiutato quei ricercatori che cercano geni
associati a decine di malattie genetiche, tra cui la distrofia miotonica, la sindrome dell'X fragile,
neurofibromatosi tipo 1 e 2, il cancro ereditario del colon, il morbo di Alzheimer e il cancro
ereditario al seno. All'orizzonte c’è una nuova era della medicina molecolare, concentrata più
che al trattamento dei sintomi, alla ricerca delle cause fondamentali della malattia. Test
diagnostici rapidi e più specifici renderanno possibile il trattamento di numerose malattie.
16
Progettazione razionale di farmaci
Esistono farmaci basati sulla genomica dei tumori, come il Gleevec (per la leucemia mieloide
cronica, l’Herceptin (per il cancro al seno) e l’Avastin (colon, polmoni e altri tumori).
Farmacogenomica e “farmaci personalizzati”
Lo studio dell’assetto genetico del paziente e l’impiego di farmaci personalizzati permette di
ottimizzare l’efficacia terapeutica e ridurre gli effetti collaterali. Quest’approccio viene già
utilizzato per il trattamento di alcuni tumori e di alcune malattie cardiovascolari. Test genetici
sono usati per stabilire il dosaggio di alcuni farmaci come il Cumadin (warfarin).
Infine, le scoperte genomiche hanno aperto un’importante area di ricerca che si concentra sul ruolo dei
fattori genetici nel mantenimento della buona salute. I ricercatori potranno identificare varianti dei geni
che sono importanti per il mantenimento della salute, in particolare in presenza di noti fattori di rischio
ambientale .
Medicina predittiva
In campo medico, le nuove conoscenze
sul genoma umano hanno consentito il
consolidarsi di una nuova dimensione
della medicina, definita “Medicina
Predittiva”; si tratta, in buona sostanza,
di un approccio che, basandosi sulle
informazioni ricavabili dalla costituzione
genetica individuale, può anticipare una
stima del rischio di sviluppare una
determinata patologia durante il corso
della vita.
Per definizione, la medicina predittiva si rivolge agli individui sani, o apparentemente sani, nei quali
cerca il/i difetto/i genetici che conferiscono loro una certa predisposizione a sviluppare una malattia.
Essa implica quindi l’identificazione di quei geni che aumentano o diminuiscono la possibilità di
contrarre malattie, quali l’ipertensione, le malattie coronariche, il diabete, l’obesità o i vari tipi di cancro.
Figura 3
17
Una delle caratteristiche della medicina predittiva è che si basa sul calcolo delle probabilità e ci consente
di misurare il rischio di contrarre una determinata malattia. Inoltre, contrariamente alla medicina
preventiva, spesso globale e di massa, come, per esempio, con le vaccinazioni - è individuale e
personalizzata.
Tuttavia, bisogna considerare che sebbene la conoscenza della sequenza del genoma umano sia un
importante passo verso la comprensione della natura biologica dell’uomo, il destino di ogni singolo
individuo non è dettato solo dalla genetica ma anche dall’ambiente.
Attualmente, stanno suscitando grande interesse i test genetici predittivi. I check up, i controlli periodici,
qualcuno li definiva "tagliandi annuali", alla stregua delle revisioni delle automobili, sono ormai un
ricordo. Propongono indagini troppo generiche, esami diagnostici costosi e spesso inutili a prevenire
gravi patologie. Scrive il professor Umberto Veronesi:
"Il check up come approccio preventivo è tramontato per varie ragioni, non esclusi i costi. Agli
screening, che sono azioni selettive, si è arrivati in base ad un ragionamento che prende in
considerazione l'incidenza di determinate patologie per classe di età, per sesso, per fattori di rischio
quali la familiarità o gli stili di vita. È un approccio molto più mirato".
Quando vengono effettuati test genetici predittivi?
Se nella propria famiglia c’è una sindrome genetica conosciuta ed il gene mutante, che la causa, é
conosciuto, allora si può effettuare un test genetico predittivo per vedere se si ha ereditato il gene
mutato. Si può voler effettuare un test se:
1. la malattia può essere prevenuta o i suoi sintomi possono essere efficacemente trattati
2. la malattia non può essere prevenuta od i suoi sintomi non possono essere efficacemente trattati ma:
si vuole l’informazione per poter prendere decisioni più accurate sull’avere dei figli, o per
saperne di più sui rischi che corrono i propri figli
si pensa che saperne di più sulla possibilità che una determinata malattia si sviluppi possa
aiutare a prendere importanti decisioni riguardanti la propria vita e la propria salute
si è il tipo di persona che preferisce saperne di più sul proprio futuro e preferisce vivere
circondato da sicurezze piuttosto che da insicurezze.
Certa gente potrebbe voler scoprire di più sul proprio rischio genetico perché si preoccupa per gli altri
membri della famiglia. Altri membri familiari, tuttavia, potrebbero non voler fare il test perché
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preferiscono non avere informazioni riguardanti il loro rischio. Si dovrà tenere in grande considerazione
questo problema perché il vostro test potrà fornire informazioni non volute ad altri membri famigliari.
Per alcune malattie genetiche è possibile effettuare un test durante la gravidanza per vedere se il
bambino ha ereditato il gene mutato (DIAGNOSI PRENATALE). È essenziale prepararsi prima della
gravidanza perché il laboratorio potrebbe richiedere alcuni mesi per i preparativi.
Potrebbe essere possibile effettuare una tecnica chiamata DIAGNOSI GENETICA PREIMPIANTO (PGD)
come alternativa al testare il feto durante la gravidanza. Ciò implica che la coppia si sottoponga a
riproduzione assistita, dopo la quale gli ovuli fecondati sono testati per vedere se presentano il gene
mutato. Solo gli ovuli senza il gene mutato sono impiantati nell’utero materno.
Quali condizioni possono essere testate da un test genetico predittivo?
C'è un certo numero di malattie per le quali si può eseguire un test genetico. Alcuni esempi sono:
• Alcuni tipi di cancro
• Malattie che colpiscono il sistema nervoso (neurologiche) ed anche:
- La corea di Huntington
- L'atassia ereditaria e la paraplegia spastica
• Malattie che colpiscono i muscoli (neuromuscolari) ed anche:
- La distrofia miotonica
- La distrofia muscolare fascio- scapolo- omerale
• Malattie che colpiscono il cuore (cardiache) ed anche:
- La cardiomiopatia ipertrofica
- La sindrome del QT lungo
I test genetici predittivi hanno una particolare importanza nel caso di malattie legate a geni definiti,
come afferma il Prof. Corbellini:
“Tali test sono utilissimi per le malattie monogeniche o malattie ad elevato rischio genetico. Se si tratta di malattie ad elevato rischio, per esempio se si fa un test per la fenilchetonuria post natale, si può rapidamente risolvere il problema ed eliminare il rischio di sviluppare la malattia eliminando dalla dieta la fenilalanina. Oppure se parliamo dei test prenatali si potrebbe garantire un’ interruzione di gravidanza nel momento in cui chi nascerà sarà portatore di gravissime malattie che comportano gravi sofferenze”.
In realtà, oltre alle patologie monogeniche, sta assumendo sempre più importanza nella medicina
moderna la componente genetica della suscettibilità a malattie complesse, in quanto si sta mettendo in
19
evidenza il ruolo di alcuni polimorfismi genetici relativamente comuni ma che, associati tra loro e
combinati con specifiche componenti ambientali, possono aumentare notevolmente il rischio di
sviluppare patologie come malattie Cardiovascolari ed Oncologiche. La conoscenza del rischio per la
malattia sulla base di test multigene porterà probabilmente ad adeguati interventi terapeutici e
modificazione del comportamento personale e dello stile di vita.
Le malattie Cardiovascolari includono tutte le patologie che interessano il cuore e le arterie, come
l’ipertensione, le coronaropatie, le disfunzioni cardiache e l’infarto. Le malattie cardiovascolari
rappresentano la prima causa di morte nell’Unione europea e sono all’origine del 40% circa dei decessi,
per un totale di 2 milioni all’anno. Oggi è possibile identificare i pazienti che hanno una maggiore
probabilità di essere colpiti da una patologia cardiovascolare. Tra le principali cause o fattori di rischio
un ruolo di primaria importanza è giocato da: età, sesso maschile, familiarità, diabete mellito,
ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, il fumo e lo stress, la sedentarietà o, più in generale, lo “stile
di vita”. Tali fattori di rischio, tuttavia, non sono sufficienti, da soli, a spiegare tutti i casi di infarto che si
manifestano in individui apparentemente non a rischio. Per questa ragione la ricerca e gli studi clinici si
sono rivolti verso l’individuazione di nuovi markers, sia legati ai vari cicli metabolici (emocoagulativi e
infiammatori) che a livello genico, al fine dell’individuazione di un’eventuale predisposizione genetica
allo sviluppo di una patologia cardio-vascolare.
20
Tabella 1
Il tumore si sviluppa a partire da una singola cellula che, esposta ad un agente mutageno, subisce un
danneggiamento irreversibile del proprio DNA. Non si sviluppa in una sola fase, occorrono in genere
migliaia di mutazioni che interessano i geni deputati al controllo di alcune funzioni cellulari.
I principali geni coinvolti nella formazione del tumore sono di 2 tipi:
i geni oncosoppressori. La cellula è in grado di riparare i danni del DNA, e lo fa utilizzando
specifici geni, chiamati oncosoppressori proprio perché in grado di bloccare la formazione di una
cellula tumorale per errori di sequenza. Se questi geni vengono mutati e la cellula non è più in
grado di difendersi dalle alterazioni del DNA, aumentano le probabilità della formazione di una
cellula tumorale.
i proto-oncogeni o oncogeni. Sono i geni che controllano la proliferazione cellulare, che di norma
vengono attivati e disattivati in funzione di ben determinati stimoli proliferativi. Se viene meno
questo controllo a causa di una mutazione genica, la cellula inizia a proliferare senza controllo.
21
Questi geni sono chiamati proto-oncogeni perché favoriscono attivamente la formazione del
tumore.
Attualmente sono stati individuati diversi geni che risultano mutati nella stragrande maggioranza dei
tumori. La ricerca ha evidenziato che quasi sempre un tumore si sviluppa in seguito a modificazioni
multiple che comportano l’attivazione di diversi geni protooncogeni e la perdita di più geni
oncosoppressori.
Un tumore molto importante è il cancro del colon- retto, una delle principali cause di morte per tumore
sia tra la popolazione maschile che quella femminile. Negli ultimi anni è stato stimato nei paesi
occidentali che più di 60 nuovi casi vengono diagnosticati ogni 100.000 abitanti con una mortalità nel
nostro paese di circa 20.000 persone ogni anno.
Almeno due tipi di cancro del colon rettale hanno un’origine genetica: la poliposi familiare (FAP) e il
tumore colon rettale ereditario senza poliposi (sindrome di Lynch o HNPCC). I progressi della medicina
molecolare sono in procinto di fornire i markers idonei per uno screening dei soggetti asintomatici il che
permetterà di individuare i pazienti a rischio. Da alcuni anni disponiamo di nuove tecnologie, cosiddette
avanzate, con le quali sarà possibile ottenere, per ciascun paziente, un’immagine complessiva e talora
personalizzata della condizione di rischio. Questo si attuerà, sia a scopo preventivo-predittivo, mediante
lo studio della propensione individuale verso lo sviluppo della patologia del CCR, sia ai fini della
valutazione dello stato di malattia (follow up).
Un altro esempio è il rene policistico. I pazienti affetti da rene policistico sviluppano cisti renali in media
nel 22% dei casi già all'età di 10 anni, nel 68% dei casi a 20 anni, nell'86% a 30 anni; a 40 anni presentano
i primi sintomi di insufficienza renale, a 50 anni necessitano di trattamento dialitico e attorno ai 55anni
muoiono, a meno che non vengano sottoposti al trapianto renale. Le analisi molecolari consentono in
tutte le famiglie di identificare le persone a rischio in epoca presintomatica e addirittura nella vita fetale.
La diagnosi precoce non è ancora in grado di cambiare radicalmente la vita dei pazienti, ma può incidere
sulla storia naturale della malattia, per es. ricorrendo a restrizioni dietetiche, e, in maniera più
sostanziale, sulla pianificazione familiare.
La possibilità di intervenire predittivamente sulle malattie costituisce uno degli aspetti più rivoluzionari
della medicina moderna, che ha la sua espressione più conclamata nelle cosiddette malattie da
mutazioni dinamiche. Si tratta di affezioni, prevalentemente di interesse neurologico, nelle quali la
malattia origina dall'espansione di una sequenza di triplette normalmente presenti in un basso numero
di ripetizioni nel gene originario. Un esempio è la distrofia miotonica (DM). Si tratta di una malattia
ereditaria per la quale è stato sviluppato un test predittivo, che, applicato in epoca prenatale o in un
22
paziente non ancora sintomatico, consente di stabilire con buona approssimazione, in base
all'espansione della sequenza instabile, l'età di esordio della malattia e la gravità dei sintomi clinici.
Un’altra malattia di questo tipo è la corea di Huntington, una malattia genetica neurodegenerativa che
colpisce la coordinazione muscolare e porta ad un declino cognitivo e a problemi psichiatrici. Questa
malattia illustra almeno due problemi principali relativi all'impatto della biologia molecolare sulla
diagnosi. Il primo riguarda il test predittivo e in particolare l'analisi del DNA che viene effettuata sui
familiari a rischio, quando sono asintomatici. È stato dimostrato che i livelli di ansia e di depressione nei
consanguinei dei pazienti si riducono significativamente già a un anno di distanza dalla comunicazione di
un risultato negativo del test (assenza del rischio). D'altra parte, il risultato positivo non modifica
significativamente i preesistenti livelli di ansia e di depressione. Inoltre, la comunicazione del risultato, in
entrambi i casi, sembra avere un forte impatto sulle decisioni riproduttivi. I test psicometrici che si
effettuano prima dell'indagine possono predire le reazioni che si verificheranno successivamente alla
comunicazione dei risultati dell'analisi molecolare. Questa osservazione raccomanda quindi una stretta
integrazione tra il genetista e lo psicologo medico, soprattutto quando il test viene applicato alle
patologie a esordio tardivo, che incidono profondamente sulla qualità e sulle attese di vita.
Per la malattia di Huntington ha un importante ruolo la diagnosi genetica preimpianto.
Gli embrioni prodotti tramite fecondazione in vitro possono essere geneticamente testati per la
malattia. Inoltre è possibile anche ottenere una diagnosi prenatale su di un embrione o su un feto nel
grembo materno, utilizzando materiale genetico fetale acquisito attraverso il prelievo dei villi coriali. La
diagnosi prenatale viene eseguita con l'intenzione che se il feto viene trovato con le ripetizioni nel gene
HTT la gravidanza verrà terminata.
Nel caso della diagnosi pre-
sintomatica la questione è molto
più complessa. La diagnosi
precoce ha forti implicazioni sulla
psicologia di un individuo, sulla
sua carriera lavorativa, sulle sue
decisioni in merito al futuro, sul
suo nucleo familiare e sulle sue
relazioni. Ha fatto scalpore la
dichiarazione di Charles Sabine,
48 anni, volto della rete televisiva
americana Nbc, per 25 anni
Figura 4
23
inviato di guerra: dal Ruanda all'Iraq, ha coperto per la Nbc News praticamente ogni conflitto degli ultimi
decenni, probabilmente rischiando la vita in diverse occasioni. Sabine ha scoperto di essere positivo alla
Malattia di Huntington per la quale ancora non c'è cura e l'unico modo per sperare di averne una, un
giorno, è quello di continuare ad investire nella ricerca sulle cellule staminali embrionali. Non ha dubbi:
nessuno dei rischi che ha corso nella sua intensa vita da inviato di guerra lo ha terrorizzato tanto come la
consapevolezza di essere destinato a una malattia terribile che ha consumato suo padre e che, pian
piano, si prenderà anche il corpo del fratello. E infine il suo.
Nonostante la disponibilità di test pre-sintomatici per la Malattia di Huntington, solo il 5% delle persone
a rischio di ereditare la malattia, decide di avvalersene.
A proposito delle malattie monogeniche non curabili, abbiamo intervistato il Prof. Corbellini:
“Nel caso di malattie monogeniche non curabili, la scelta di effettuare test predittivi dipende dal paziente. Se parliamo di malattie monogeniche e diagnosi prenatale, questo riguarda i genitori che si assumono la responsabilità di non fare nascere o di far nascere un bambino con una grave malattia monogenica. I test genetici sono scelte personali, è evidente che chi lo fa dovrebbe farsi aiutare da un genetista, da un consulente che gli spieghi qual è l’effettiva utilità di quel test, se vale la pena farlo in quel contesto. Le persone hanno il diritto di conoscere tutto quello che vogliono conoscere, così come hanno diritto di non conoscere quello che non vogliono conoscere”.
Diagnostica
Il Progetto Genoma Umano ha avuto un ruolo molto importante per lo studio delle malattie
monogeniche Mendeliane. Queste malattie includono circa 3500 diverse patologie, ciascuna dovuta alla
mutazione di un singolo gene, come Malattia di Huntington, beta talassemia, emofilia, distrofia
muscolare di Duchenne, malattia dell’X fragile. Sono definite rare o orfane anche se, complessivamente,
colpiscono una percentuale rilevante di individui (circa 1-2% in Italia). Dal 1981 al 2000, quindi in
parallelo all’avanzamento del sequenziamento del genoma umano, è stato identificato un numero
crescente di geni responsabili di malattie genetiche Mendeliane (Tabella 2).
Num
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di geni ass
oci
ati a
mala
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Tabella 2
24
Così come afferma il Prof. Borsani:
“Grazie ai dati generati dal Progetto Genoma Umano sono stati identificati i geni mutati in circa 2000 delle 3500 malattie genetiche Mendeliane. In questo modo è possibile fare una diagnosi precisa della malattia, studiare la malattia e provare terapie geniche. In uno studio recente pubblicato da un gruppo statunitense che ha studiato il genoma di circa 250 pazienti pediatrici affetti da patologie la cui base genetica molecolare non era assolutamente nota, si è visto che sequenziando il loro genoma o meglio l’esoma, che è la parte codificante del genoma, nel 23% dei casi sono riusciti a trovare la mutazione che verosimilmente stanno alla base della malattia. Senza questo tipo di approccio molto probabilmente non si sarebbe mai arrivati a questo tipo di risultato. Più in generale sicuramente i test genetici sono fondamentali per diagnosticare malattie genetiche semplici/ mendeliane. Questo già viene fatto di ruotine e permette di confermare a livello genetico le diagnosi che tipicamente vengono fatte dai clinici basandosi sulle caratteristiche degli individui”. Esistono poi malattie poligeniche multifattoriali che sono diffuse nella popolazione, come il diabete,
diversi tumori, epilessia, ipertensione, depressione, che sono determinate da varianti di più geni in un
individuo e dall’ambiente. Il soggetto è predisposto a sviluppare una certa malattia in presenza di
determinati fattori ambientali, sostanze tossiche, patogeni o stile di vita. Si sta cercando di studiare la
componente genetica alla base di queste malattie e capire quali sono i fattori ambientali che favoriscono
l’insorgere di queste patologie. Nel caso del cancro, inoltre, Dulbecco scrisse che l’unico modo per capire
veramente le differenze tra le cellule tumorali e quelle sane è studiare in modo sistematico i geni.
Un’idea quasi visionaria all’epoca che solo oggi possiamo apprezzare in tutta la sua importanza.
Studio del glioblastoma
Il TCGA (The Cancer Genome Atlas) è un progetto finanziato
e gestito dal National Human Genome Research Institute e
dal National Cancer Institute, entrambi parte del National
Institutes of Health (NIH), atto a creare un catalogo
delle mutazioni genetiche responsabili del cancro.
Grazie a questo progetto, sono stati scoperti nuovi dettagli
su geni chiave e proteine in un tumore al cervello che
uccide 14.000 persone quest'anno. Questi risultati, basati
su un’ indagine genomica del glioblastoma multiforme
(GBM), possono portare ad una migliore comprensione dello sviluppo e della crescita della malattia e, in
Figura 5
25
definitiva, a nuovi trattamenti diagnostici e target. La maggior parte dei pazienti con questo tumore a
rapida crescita muore entro 14 mesi dalla diagnosi.
"Questo nuovo studio fornisce un catalogo completo delle alterazioni molecolari nel glioblastoma", ha
affermato Lynda Chin, capo del Dipartimento di Medicina Genomica presso l'Università del Texas. Sono
stati scoperti nuovi dettagli sulle mutazioni nei geni che promuovono questo cancro. Mutazioni in
determinati geni, viste in oltre il 40 per cento dei pazienti con GBM analizzati - sono stati trovati anche
in altri tipi di cancro, come endometriale , fegato e stomaco .
Sulla base di queste mutazioni, i ricercatori sperano di sviluppare trattamenti efficaci e strategie per
affrontare le diverse alterazioni esistenti nello stesso tipo di tumore aumentando l'efficacia dei farmaci.
Farmaci personalizzati
Il progetto genoma umano ha consegnato alla comunità scientifica mondiale una sequenza genetica di
circa 3 miliardi e 200 milioni di paia di basi condivisa al 99.9% da tutti gli individui. Le differenze fra
individui non sono poi così tante e sono costituite, per la maggior parte, da polimorfismi nucleotidici,
cambiamenti di una singola base nel DNA. Con le attuali tecnologie siamo in grado d’individuare questi
polimorfismi in tutto il genoma.
Queste variazioni condizionano l’efficacia di un farmaco e lo sviluppo di eventi avversi, influenzando sia
la farmacocinetica con la biodisponibilità che la farmacodinamica con il bersaglio terapeutico. L’azione di
un farmaco dipende dal raggiungimento e dal mantenimento di adeguate concentrazioni nella sua sede
d’azione. Tali concentrazioni dipendono dalla quantità di farmaco somministrata e dall’entità e velocità
dei processi di assorbimento (come il farmaco entra nel corpo), distribuzione (in quali parti del corpo si
concentra), metabolismo (come viene modificato in una forma che ne permette l’eliminazione dal
corpo) ed escrezione (come e con che velocità viene eliminato dal corpo): la farmacocinetica. La
farmacocinetica descrive pertanto l’andamento temporale della concentrazione del farmaco (e dei suoi
metaboliti) nell’organismo.
Vi sono importanti differenze nei processi farmacocinetici tra un
soggetto e l’altro e questo comporta una marcata variabilità
interindividuale nelle concentrazioni del farmaco e, quindi, nell’intensità
e durata dell’effetto farmacologico. Alterazioni cinetiche associate ad
una diminuzione dei livelli di un farmaco nel sangue potranno essere
causa di insuccessi terapeutici, mentre modificazioni che comportino un
aumento delle concentrazioni potranno determinare reazioni avverse
Figura 6
26
(ADR) di tipo dose-dipendente. Queste considerazioni assumono particolare rilevanza clinica nel caso di
farmaci con un basso indice terapeutico e per i quali gli effetti clinici sono correlati ai livelli ematici. La
conoscenza delle cause e dei meccanismi della variabilità farmacocinetica può aiutare il clinico a
prevedere alterate risposte e ad evitarle con opportuni aggiustamenti posologici. Ad esempio, varianti
genetiche delle proteine deputate all’assorbimento possono influire sulla biodisponibilità dei farmaci.
L’analisi del metabolismo dei farmaci passa attraverso lo studio dei geni del citocromo CYP450 che
comprende una famiglia di circa 60 geni codificanti per enzimi epatici responsabili del metabolismo del
75% dei farmaci comunemente prescritti. Alcuni individui presentano alterazioni geneticamente
determinate dell’attività di alcuni di questi sistemi enzimatici. Tali soggetti, presentando una ridotta
capacità di inattivazione di alcuni farmaci, sono esposti ad un aumentato rischio di reazioni tossiche, se
trattati con dosi standard di composti normalmente eliminati mediante la via metabolica deficitaria.
Lo studio delle varianti genetiche dei CYP è estremamente importante per valutare correttamente la
risposta ai farmaci e la loro tossicità, in quanto molti prodotti oggi in commercio sono substrati di questi
enzimi.
Anche dal punto di vista farmacodinamico possiamo avere delle differenze geneticamente determinate
ovvero non tutti i recettori sono uguali in individui diversi. Variazione nella sequenza dei geni che
codificano per quel recettore possono produrre forme proteiche con caratteristiche diverse. Possiamo
quindi avere individui che hanno una variante di un recettore più sensibile per il suo substrato. Questo
fenomeno può spiegare una risposta abnorme ad un determinato farmaco che può essere anche alla
base di alcune ADR.
Lo studio della variabilità genetica può aiutarci a comprendere i meccanismi alla base dell’insorgenza di
diversi tipi di ADR e della diversa efficacia di un farmaco tra gli individui. Ci sono aspettative davvero
promettenti nell’utilizzazione delle strategie di ricerca genomiche per indirizzare in modo più sicuro,
efficace ed efficiente l’uso e la scoperta di farmaci, sia allo scopo di trattare la malattia sia per
controllarne le manifestazioni di dolore e sofferenza. Ovvero la scienza genomica può rispondere
all’esigenza di trasformare la clinica dei trattamenti farmacologici in modo da renderla più efficace ed
economica, riducendo significativamente i rischi e i costi, ma soprattutto per scegliere il trattamento
ottimale sulla base delle caratteristiche genetiche individuali che modulano l’azione del farmaco,
nonché per rendere più efficienti e sicure le procedure di sviluppo di nuovi farmaci.
Si occupano di questa nuova prospettiva la farmacogenetica e la farmacogenomica. La farmacogenetica
è una branca della farmacologia che studia la variabilità di risposta individuale al farmaco legata
all’ereditarietà e alle caratteristiche genetiche personali e familiari. Dalla farmacogenetica e dal Progetto
27
Genoma Umano si è sviluppata la farmacogenomica, una branca della genetica che studia il corredo
genetico umano nella sua interezza. La farmacogenetica si occupa di individuare le interazioni tra un
farmaco e un gene, mentre la farmacogenomica adotta un approccio più generale e parte dall’analisi
dell’intero genoma individuale per identificare sia nuovi geni che possano fungere da bersaglio per
nuove terapie sia i profili genetici individuali dai quali può dipendere la risposta ai principi attivi
somministrati.
Si intravede un futuro non lontano in cui ogni individuo potrà disporre di una tessera magnetica nella
quale saranno raccolte tutte le sue peculiarità genetiche. Questa sorta di “bancomat della salute”
potrebbe permettere al nostro medico, nel caso si renda necessario prescrivere una terapia
farmacologica, di prevedere quale farmaco tra quelli disponibili in commercio sia il più adatto e quale
sarebbe il miglior dosaggio per il paziente.
La farmacogenomica e la personalizzazione delle cure
Generalmente i farmaci vengono concepiti e commisurati per una persona media, cioè in modo da poter
essere prescritti per il maggior numero di casi. Ma la persona media non esiste. Ognuno di noi è diverso
sotto molti profili, e una delle variazioni umane più evidenti riguarda come rispondiamo ai farmaci.
Esistono forti componenti genetiche sia per quanto riguarda le reazioni positive ai farmaci (cioè nelle
persone in cui un farmaco funziona bene) sia per gli effetti negativi collaterali dei trattamenti
farmacologici. Se si riuscissero ad identificare le configurazioni di geni associate con questi effetti i
medici potrebbero usare la genetica per fare scelte prescrittive migliori.
Entro i prossimi cinque anni, ma forse anche prima, diversi farmaci probabilmente saranno venduti
insieme a un semplice test farmacogenomico. Uno dei primi potrebbe per esempio riguardare il
trattamento dell’ipertensione. Esistono più di 50 farmaci che i medici possono oggi prescrivere contro
l’ipertensione.
Attualmente la scelta del farmaco giusto avviene attraverso una procedura per tentativi ed
errori, nel senso che si comincia con un farmaco e se questo non funziona bene si cambia la
prescrizione fino a trovare il trattamento adatto per quella persona. Una simile procedura,
tuttavia, non solo espone il paziente agli effetti non necessari di potenti composti chimici, ma
rappresenta un costo per il servizio sanitario. Lo sviluppo di un opportuno test genetico
potrebbe mettere il medico in condizione di stabilire immediatamente quale farmaco funzionerà
in quel particolare paziente. Ma sarà altresì possibile evitare farmaci potenzialmente tossici e
prescrivere terapie efficaci più tempestivamente, in altri termini affrontare in modo più efficace
ed economico le malattie. In prospettiva, la farmacogenomica punta ad una personalizzazione
28
dei trattamenti, cioè a farmaci o combinazioni di farmaci che sono tagliati per un paziente
individuale secondo il suo singolare patrimonio genetico.
Questo approccio apporterebbe anche un vantaggio economico, un risparmio per i fornitori di
cure sanitarie e terzi paganti, attraverso un incremento dell’efficacia della terapia iniziale
prescritta, una riduzione del numero di visite mediche, l’annullamento dei costi dovuti a
prescrizioni inefficaci ed eliminando le tossicità evitabili. Inoltre, in un contesto di cure
“amministrate”, le opportunità per questo tipo di risparmio può anche rappresentare
un’occasione di mercato per prodotti che entrano, che subentrano e devono competere con
farmaci dotati di proprietà simili. Ci si sta rendendo conto che un farmaco associato ad un test
genetico che ne assicuri l’efficacia e la sicurezza potrebbe acquisire un vantaggio competitivo sul
mercato.
Anche dal punto di vista dei costi per lo sviluppo di nuovi farmaci, la farmacogenomica viene
vista come un’opportunità. Se si considera che l’industria farmaceutica spende tra 500 e 700
milioni di dollari per ogni nuovo farmaco che viene approvato e che l’80% dei composti che
vengono sperimentati non arriva all’approvazione, qualora una frazione significativa di questa
percentuale fosse invece approvata per popolazioni selezionate si avrebbe un effetto
straordinariamente positivo a livello dei costi per lo sviluppo dei farmaci.
Che questa prospettiva rappresenti più di un’aspirazione, bensì qualcosa di molto concreto è
dimostrato dal fatto che un numero crescente di imprese biotecnologiche e farmaceutiche si
stanno orientando verso lo sviluppo della diagnostica molecolare. Peraltro sono in continuo
aumento i progetti di screening per analizzare i genomi di popolazioni umane e identificare
mutazioni in centinaia di geni alla volta, anche se rimane aperto il problema della definizione
della proprietà intellettuale delle sequenze geniche utilizzate per scopi diagnostici.
Ci sono anche importanti vantaggi sul piano scientifico. Le strategie della farmacogenomica
possono contribuire a rendere più efficaci ed efficienti le fasi di sperimentazioni di potenziali
principi attivi. La sistematica identificazione della variabilità individuale durante lo sviluppo
preclinico può essere usata per selezionare nuove entità chimiche che sono influenzate dalla
variazione genetica prima che questi prodotti entrino nello sviluppo clinico. In tal senso la Food
and Drug Administration (FDA) ha già valutato delle procedure per prendere in considerazione
gli effetti genetici sul metabolismo dei farmaci come una componente standard della
valutazione preclinica di una nuova entità chimica.
I test diagnostici per identificare la variabilità genetica in modo da predire l’efficacia o la tossicità
dei farmaci possono anche essere usati come criterio di inclusione per stratificare pazienti nel
29
contesto dei trial clinici. Stratificando i pazienti sulla base della variabilità genetica in pratica si
può migliorare la sicurezza e aumentare il potere statistico di un trial clinico.
“L'obiettivo - afferma Giuseppe Novelli, genetista e Preside della Facoltà di Medicina di Roma
Tor Vergata - è quello di somministrare i farmaci in modo più accurato e specifico, cioè solo a
gruppi di persone che hanno dimostrato all'analisi del DNA di poter rispondere clinicamente. I
farmaci sono infatti genericamente efficaci nel 60-70% della popolazione, mentre nel restante
30-40% sono innocui o addirittura dannosi”.
Sono numerosi i farmaci che richiedono oggi in modo obbligatorio il test genetico e solo negli ultimi 5
anni il 37% delle nuove molecole presentate alle agenzie regolatorie europee o americane per
l'approvazione, ha richiesto l'impiego di un test di farmacogenetica: tra questi l'Abacavir, usato per la
cura dell'AIDS (che prima del test genetico poteva causare almeno nel 5% dei pazienti reazioni anche
letali), la carbamazepina, un antiepilettico che in alcune persone causa la sindrome di Steven-Johnson,
grave malattia della pelle con difetti immunitari e infiammatori e un altro farmaco impiegato per alcune
forme di leucemie mieloide croniche. E' certo che nei prossimi 5-10 anni, molte medicine saranno
commercializzate con un kit adatto per l'analisi genetica a costi contenuti.
Quali saranno i vantaggi introdotti dalla farmacogenomica?
• Farmaci più efficaci
• Sistemi più accurati per stabilire le corrette dosi di farmaci
• Sviluppo delle ricerche di nuovi farmaci
• Riduzione della spesa sanitaria
Quali sono i principali ostacoli allo sviluppo della farmacogenomica?
• Elevato numero dei SNP rende difficile identificare quelli rilevanti per la risposta ai farmaci
• Ridotta disponibilità di farmaci efficaci in una determinata patologia
• Disincentivazione della ricerca di farmaci da parte delle ditte farmaceutiche che preferiscono il
farmaco “taglia unica”
• Addestramento dei medici di base
In campo oncologico, la variabilità interindividuale relativamente a tossicità ed efficacia associate alla
terapia è un problema rilevante presente nella gestione del trattamento farmacologico. Numerosi studi
hanno evidenziato una diversa suscettibilità all’effetto tossico di un dato agente chemioterapico in
pazienti sottoposti allo stesso dosaggio o una diversa sensibilità allo stesso agente in pazienti
30
clinicamente omogenei. Tutto ciò, oltre a determinare una potenziale inadeguatezza nell’assistenza
fornita al malato, può aggravare il carico economico associato alla gestione del paziente oncologico.
Grazie a studi sull’espressione genica, utilizzando la tecnica dei microarrey di DNA, è possibile sulla base
dei geni che vengono espressi la differenza di forma e funzione di due tipi di cellule. Un’importante
applicazione consiste nel confrontare cosa cambia nell’espressione dei geni in una cellula normale e una
tumorale. Si può così capire quali sono i geni sovraespressi o poco accesi nel tumore, in modo da
semplificare lo studio di patologie complesse e multifattoriali, come i tumori. Come afferma il Professor
Geromo Lanfranchi:
“Si possono così sviluppare farmaci specifici per quei geni sovraespressi e ridurne l’espressione. Inoltre, grazie a questa tecnica, si può confrontare l’espressione genica di cellule leucemiche di pazienti diversi con lo stesso tipo di leucemia e questo permette di capire quali geni sono espressi differenzialmente in pazienti con leucemia resistente all’azione di determinati farmaci antitumorali, ponendo le basi dei farmaci personalizzati”.
A questo proposito, abbiamo chiesto il parere al Professor Borsani:
“Sicuramente la farmacogenomica e la farmacogenetica traggono enormi benefici dagli studi in ambito genomico. Questo non solo per le patologie rare anzi per lo più per le malattie più comuni. Ci sono dei farmaci che precedentemente venivano utilizzati indipendentemente dal fatto che una persona potesse metabolizzarli in maniera efficiente piuttosto che no oppure avesse effetti collaterali o no. Adesso esistono in alcuni casi dei test genetici che permettono di somministrare in maniera più accurata e più mirata questo tipo di molecole. Questo vale per alcune malattie complesse multigeniche e multifattoriali e varia anche per quanto riguarda i tumori. Dal punto di vista degli sviluppi e delle prospettive del sequenziamento del genoma umano, sicuramente il campo oncologico è quello che può trarre i maggiori benefici. I ricercatori stanno studiando moltissimo a livello di genomica personale il tessuto tumorale di individui che vanno incontro ad un particolare tipo di tumore, vedere quali sono le alterazioni genetiche presenti nel tumore e alcune di queste permettono già un trattamento farmacologico mirato che in alcuni casi si rivela essere anche efficiente. Da questo punto di vista sicuramente ci sono già molte applicazioni anche se tante altre devono ancora essere sviluppate.”
Riassumendo con uno slogan si potrà dire che si va verso la cultura de: “il farmaco giusto al paziente
giusto”.
Terapia genica
Sicuramente uno dei benefici più promettenti in ambito terapeutico, derivanti dal completamento e
dalle informazioni rese accessibili in merito al Progetto Genoma umano, vi è la terapia genica. Per
terapia genica si intendono tutti quegli interventi medici che si basano sull'inserimento di materiale
genetico all'interno di cellule vitali allo scopo di prevenire, curare o diagnosticare situazioni patologiche
31
nell'uomo mediante il trasferimento della versione "funzionante" del gene. Iniziò a svilupparsi a partire
dagli anni '80, in seguito all'incremento delle conoscenze in ambito medico-scientifico, delle nuove
tecnologie di biologia molecolare e di ingegneria genetica.
Può essere applicata sia alle cellule somatiche, nel qual caso il difetto viene curato esclusivamente nel
paziente soggetto alla terapia, sia a quelle germinali, rendendo possibile la trasmissione anche alle
generazioni successive. La prima tappa verso la terapia genica è costituita dal riconoscimento del gene
responsabile della malattia; si procede, poi, all’isolamento (o clonaggio) grazie a particolari tecniche di
biologia molecolare al fine di ottenere un segmento di DNA contenente il gene in questione. Due sono le
principali metodiche perseguibili per il trasferimento di geni: ex vivo e in vivo.
Nel trasferimento ex vivo si trasferiscono geni clonati in cellule poste in coltura in laboratorio.
Normalmente si usano cellule autologhe, ovvero dello stesso individuo, per evitare che esse vengano
rigettate dal sistema immunitario del paziente trattato. In particolare le cellule vengono espiantate,
selezionate per l'espressione del gene inserito, amplificate ed infine reintrodotte nel paziente. Questo
metodo è applicabile ai soli tessuti che possono essere prelevati dal corpo, modificati geneticamente e
reintrodotti nel paziente, dove attecchiscono e sopravvivono per un lungo periodo di tempo, come ad
esempio le cellule del sistema ematopoietico e della pelle. Tale procedura è sicuramente lunga e costosa
ma permette di selezionare ed amplificare le cellule d'interesse e gode di un’elevata efficienza.
La terapia genica in vivo viene attuata in tutti quei casi in cui le cellule non possono essere messe in
coltura o prelevate e reimpiantate, come quelle del cervello o del cuore e della maggior parte degli
organi interni. Inoltre, rappresenta un modello terapeutico con elevata compliance e più economico del
precedente ma, attualmente, di più difficile applicazione. In questo caso, il gene d'interesse viene
inserito nell'organismo, tramite un opportuno vettore, direttamente per via locale o sistemica. La parte
fondamentale della terapia genica è rappresentata dalla metodica adottata per effettuare il
trasferimento del gene terapeutico all'interno della cellula bersaglio. I vettori utilizzati per il
trasferimento genico si distinguono in virali e non virali. Questi ultimi sono nano-particelle lipidiche
(liposomi) dotate di carica positiva in grado di incorporare il materiale genico carico negativamente
(DNA) attraverso interazioni di natura elettrostatica. Il DNA, racchiuso nel liposoma, viene trasportato
nella cellula bersaglio, rilasciato nel citoplasma e successivamente trasportato nel nucleo. Il
trasferimento virale si basa, invece, sull'utilizzo di opportuni vettori virali che hanno la capacità di
infettare le cellule e inserire il proprio DNA all'interno del loro genoma; rispetto ai sistemi non virali,
quindi, hanno un'efficienza nettamente maggiore. I vettori virali da utilizzare devono possedere alcune
caratteristiche: essere difettivi della capacità di replicazione, essere incapaci di attivare il sistema
immunitario del paziente trattato ed essere grandi a sufficienza per contenere il gene terapeutico. Quelli
attualmente studiati sono retrovirus, lentivirus, adenovirus, herpesvirus e adenoassociati.
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La terapia genica trova applicazione in diversi tipi di patologie:
le malattie ereditarie, dovute a deficienze genetiche di un singolo prodotto genico o all'errata
espressione di un gene, come nel caso dell'ImmunoDeficienza Severa Combinata associata a
deficienza di Adenosina Deaminasi (ADA-SCID) e l'Amaurosi Congenita di Leber (LCA);
patologie cardiovascolari, come ad esempio aritmie congenite;
malattie infettive, causate dall'infezione di un singolo agente patogeno sia batterico che virale,
come ad esempio l'AIDS;
malattie del sistema immunitario, che comprendono le infiammazioni e le malattie autoimmuni
malattie neurodegenerative, come Morbo di Alzheimer e Morbo di Parkinson
i tumori, come il melanoma maligno, il cancro colon-rettale e il carcinoma renale.
Nonostante i risultati promettenti e il gran numero di progetti di terapia genica iniziati, la maggioranza
dei protocolli non arrivano alla fase di sperimentazione umana (Figura 1).
I principali problemi riscontrati nella terapia genica sono: l’efficienza del trasferimento, la durata
dell’espressione del gene inserito, l’insorgenza di reazioni immunitarie e la sicurezza della procedura.
Nell'ultimo decennio, sono state avviate diverse sperimentazioni, alcune delle quali tuttora in corso.
Questo excursus storico dimostra che la terapia genica sta muovendo i suoi primi passi con una velocità
impensabile fino a pochi anni fa, anche se numerose difficoltà dovranno essere ancora superate.
Tabella 3
33
Impatto economico
Il presente report è teso a dare una ‘’visual’’ generale sul sequenziamento del genoma umano e dei suoi
risultati, provando a dare una valutazione del suo impatto economico. Le attrezzature avanzate, le
tecnologie e gli strumenti di analisi dei dati hanno permesso di raggiungere il Know-How che ha
permesso l’espansione del settore genomico. Oggi l’industria genomica sta implementando il proprio
ingresso sul mercato con nuove scoperte scientifiche ed innovazioni commerciali su diversi fronti: dalla
sanità alla medicina veterinaria, dalle biotecnologie industriali all’elevata produttività dell’agricoltura.
L’impatto economico è solo un indicatore di successo che misura un processo. Esso non è
necessariamente la miglior misura e raramente viene utilizzato nei confronti di progetti che mirano a
soddisfare gli interessi pubblici. Lo HGP infatti non è stato intrapreso con l’obiettivo primario di generare
profitto, anche se uno degli obiettivi dichiarati del progetto era quello di ‘’trasferire le nuove tecnologie
al settore privato’’ implicando un vantaggio commerciale in termini di attività di business. Inoltre,
intraprendere uno studio sull’impatto economico rischia di pregiudicare un progetto indicandone solo i
meriti economici.
Determinare l'impatto che lo HGP ha avuto sulla società dal punto di vista economico e sociale è
un'enorme sfida. Il Progetto Genoma Umano, partito con un finanziamento di 3798 milioni di dollari da
parte del governo americano, ha poi avuto evoluzioni non sempre quantificabili nel settore pubblico e
privato. Cercheremo quindi di considerare questi aspetti in maniera tale da poter dare al lettore la
capacità di comprendere la portata del progetto. L'unico dato che può essere considerato certo è il
finanziamento dato dal governo degli Stati Uniti dal 1988, anno di inizio del progetto, al 2003. L'inizio del
finanziamento del progetto è partito nel 1987 quando l'ufficio sanitario e di ricerca ambientale del
dipartimento dell'energia americano stilò una richiesta di budget per l'amministrazione Regan. Nel 1990
i due enti contributori, il DOE, "Department of Energy" e gli NIH, "National Institute of Health", insieme
agli sforzi economici privati della ‘’Celera Genomics’’, scrissero un piano congiunto volto a determinare
gli sviluppi futuri del progetto. Nel corso degli anni i fondi per il progetto furono erogati principalmente
dagli NIH. I macchinari costosissimi, le tecniche innovative necessarie per il sequenziamento e le
tantissime ore di lavoro necessarie per il sequenziamento spiegano l'imponente finanziamento
necessario per poter portare a termine il progetto. Considerare che il genoma umano è formato da circa
3 miliardi di basi è molto importante per poter comprendere l'entità del progetto.
34
Come si può vedere dal grafico 2 nel giro di poco più di due anni si è passati da un costo di
sequenziamento di due dollari per singola base a un costo pari quasi a zero. Nello stesso momento in cui
si riduceva il costo di sequenziamento, questo diventava anche più efficiente e più rapido. Ricordiamo
che dal primo sequenziamento del genoma umano, nell’arco di 10 anni si è arrivati alla capacità di
sequenziare l'intero genoma in una giornata.
Figura 7
Vedremo ora quali sono stati gli impatti diretti e non sull'economia e sulla società. Analizzeremo tutti i
finanziamenti dal 1988, anno in cui furono stanziati i finanziamenti per il progetto. Una delle analisi più
significative sugli impatti del Progetto Genoma Umano è quella eseguita da Simon Tripp e Martin Gruber
per il Battelle Memorial Institute. Utilizzeremo l’ ‘’Economic impact of the human genome project"
come linea guida per l'analisi economica. Innanzitutto è importante suddividere gli impatti derivanti dai
finanziamenti in modo diretto, indiretto e indotto.
35
Impatto Posti
Lavoro
Ricavo per
persona
Output
economico
in milioni
Ritorno in
tasse locali
Ritorno in
tasse
federali
Effetti Diretti 5,025 310 552.9 8.9 51.0
Impatto indiretto 2,432 128 370.5 15.1 25.6
Impatto indotto 4,968 227.4 724.6 41.4 48.8
Impatto totale 12,422 665.7 168.1 65.4 125.5
Moltiplicatore
dell'impatto
2.47 2.15 2.98 7.36 2.11
Tabella 4
Inizieremo ad analizzare quelli che sono gli impatti diretti del progetto. I dati numerici nella tabella 2
sono stati determinati con il modello IMPLAN. Solo nel 2003 sono stati creati più di 12422 posti di lavoro
che comprendono 5025 posti diretti, 2432 posti indiretti e 4968 indotti. 12422 posti di lavoro in un anno
significano 35 posti di lavoro creati ogni giorno, senza tenere in conto quelli creati negli anni precedenti.
Considerando tutti i lavoratori, sono stati quantificati in 119037 gli anni di lavoro generati dal Progetto
Genoma Umano. Questi 119037 anni di lavoro hanno portato a circa 6,8 miliardi di ritorno economico
per i lavoratori, per un totale ritorno economico poco superiore a 16.8 miliardi. E’ stato inoltre stimato
che tra il 1988 e il 2003 per ogni dollaro investito dagli Stati Uniti c'è stato un ritorno economico di 2.98
dollari con un guadagno di $ 1.98 .
I finanziamenti del DOE e degli NIH dopo il 2003 sono proseguiti con il finanziamento di 800 milioni
l'anno tra il 2004 e il 2008, 1316 milioni nel 2009 e 1225 milioni nel 2010 per un totale di 7 miliardi e 214
milioni nell'arco dei sette anni. Vedendo l'enorme ritorno economico che le singole persone hanno
avuto si può comprendere come questo progetto abbia e stia ancora avendo enormi effetti sulla
popolazione e sull'economia (tabella 5).
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Anno Fiscale Finanziamenti statali
2004 912.9
2005 899.9
2006 897.1
2007 984.1
2008 977.3
2009 1316.6
2010 1226.2
Totale 7214.0
Tabella 5: finanziamenti post Progetto Genoma Umano
Considerando gli anni dal 2004 al 2010, successivi al progetto, possiamo vedere come gli indicatori
precedentemente menzionati sono evoluti (tabella 6).
Impatto Anni di lavoro Ritorno
economico
personale
Output
economico
Tasse locali Tasse federali
Effetto diretto 76,146 4,048.6 7,214.0 115.9 665.8
Impatto
indiretto
31,730 1,670.3 4,834.6 197.1 333.9
Impatto
indotto
64,787 2,866.5 9,454.7 540.0 637.3
Impatto totale 172,663 8,685.5 21,503.3 853.1 1637.0
Moltiplicatore
d'impatto
2.27 2.15 2.98 7.36 2.46
Tabella 6
37
Per i primi 7 anni successivi alla fine del Progetto Genoma Umano sono stati calcolati un totale di quasi
173000 anni di lavoro generati con un ritorno economico per le persone di 8.7 miliardi di dollari e un
output economico superiore ai 21.5 miliardi di dollari. Sommando gli anni del progetto genoma umano e
i primi sette dopo il progetto abbiamo come risultato dei numeri sorprendenti (tabella 7).
Impatto Anni lavoro Ritorno
Economico
personale
Output
economico
Tasse Locali Tasse Federali
1988-2003 119,037 6,791.6 16,826.1 667.2 1,280.1
2004-2010 172,663 8,685.5 21,503.3 853.1 1637.0
1988-2010 291,700 15,477.1 38,329.4 1520.3 2917.1
Tabella 7
Come si può vedere, nell'arco di 23 anni sono stati generati più di 291000 anni di lavoro, con un totale di
quasi 15,5 miliardi di ritorno economico per le persone coinvolte nel progetto e più di 38 miliardi di
output economico. Per meglio comprendere questi dati è importante pensare che i finanziamenti statali
sono stati meno di 4 miliardi di dollari e possiamo quindi pensare che per ogni dollaro investito se ne
siano ricavati 10. Si tratta di un dato davvero notevole considerando anche il fatto che non sono stati
presi in considerazione molti altri fattori: i progressi delle conoscenze e delle tecnologie legate al
genoma umano hanno infatti aperto la strada a diversi campi applicativi dalla sanità alla medicina
veterinaria, dalle biotecnologie industriali all’elevata produttività dell’agricoltura, dal campo ambientale
a quello della giustizia.
Nel 2012 è stato redatto un nuovo rapporto dove si evidenzia, oltre all’impatto economico, anche le
ricadute in termini di tecnologie e conoscenze generate e acquisite grazie alla mappatura e alla messa
online delle sequenze di geni che compongono il DNA umano. Da questo lavoro è stato stimato l’output
economico complessivo del progetto pari a 65 miliardi di dollari, 31 miliardi di impatto sul PIL e 53000
posti di lavoro direttamente legati all’industria della genomica.
Le reazioni positive
In una comunità di scienziati e ricercatori che assistono ogni giorno ad un taglio dei finanziamenti per il
loro lavoro, un’analisi come questa ha suscitato reazioni molto positive. Francis Collins, protagonista del
Progetto Genoma Umano, ha usato il rapporto per protestare contro i tagli del governo federale
dichiarando su Nature: “ Non è questo il momento di ridurre i finanziamenti alla ricerca biomedica, visto
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che è stato dimostrato che sono investimenti importanti e convenienti per il futuro dell’America. Carrie
Wolinetz, presidente della Umr, come riporta il Boston Globe, ha commentato invece così: “Questo
rapporto illustra il ruolo vitale dei finanziamenti federali alla ricerca nell’economia statunitense grazie
alla creazione di nuove industrie e tecnologie innovative e alla messa a punto di strumenti diagnostici e
trattamenti che possono salvare vite umane. Nel 1990 erano appena 61 le malattia delle quali si
conosceva la componente genetica, oggi sono 4.850 e continuano ad aumentare”.
Le polemiche
Tuttavia il rapporto non convince affatto diversi economisti non direttamente coinvolti nello studio le
cui opinioni sono state raccolte da Nature. Robert Topel, economista della University of Chicago Booth
School of Business in Illinois, sostiene che i benefici di una ricerca medica non possono essere misurati in
effetti sul PIL, sulla produttività o sulla creazione di posti di lavoro: “La domanda da porsi e a cui cercare
di rispondere è diversa: quali benefici per la salute hanno ottenuto le persone grazie a questa ricerca, e
quali ne otterranno in futuro?”.
Julia Lane, economista dell’ American Institutes for Research nel Washington DC, ha definito invece
“ridicoli” i numeri di Batelle e Nature e ricorda, per esempio, che molto inferiori erano le cifre calcolate
a da uno studio del 2009 del National Bureau of Economic Research in Cambridge, Massachusetts: circa
2,5 – 3 dollari guadagnati ogni dollaro investito, e non 65 come stimato nel nuovo documento.Nel suo
attacco Lane lamenta il fatto, per esempio, che per stabilire quali attività industriali ricadono nel settore
della genomica, l’istituto di ricerca ha usato dati da forniti da Dun and Bradstreet, un’agenzia che
raccoglie dati sulle aziende per il rating del credito (informazioni da usare nel momento in cui decidere
se fare credito a queste aziende), invece che usare i più rigorosi codici di classificazione industriale dello
US Census Bureau. Da Dun and Bradstreet, prosegue Lane, sono stati presi anche i dati sui posti di lavoro
creati invece di usare i numeri dello US Bureau of Labor Statistics. Ciò su cui però l’economista, che
nonostante tutto riconosce la validità di alcuni calcoli e sistemi usati nell’analisi, non riesce veramente a
passare sopra è un'altra scelta dell’istituto di ricerca: quella di aver attribuito ogni ritorno economico
agli investimenti del National Health Institutes, ovvero del governo federale.Dello stesso avviso è anche
il medico ed economista Mark McClellan, direttore dell’Engelberg Center for Health Care Reform del
Washington Dc: “Molti altri fattori, come investimenti privati e innovazione derivata da altri campi,
hanno contribuito alla crescita nelle applicazioni cliniche e pratiche della genomica”.
Ancora più spietato è Jerome Kassierer, ex editor del New England Journal of Medicine, che si è sempre
occupato di conflitti di interesse nella ricerca medica. Al Boston Globe Kassierer ha confessato: “Non
sarò mai soddisfatto da un rapporto così superficiale. Questo rapporto non fornisce prove
sufficientemente solide sulle quali basare una qualsiasi conclusione”.
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Simon Tripp, altro autore del rapporto, difende vigorosamente il suo lavoro e quello di Grueber
sostenendo invece che il metodo usato rappresenta il “golden standard” dell’analisi di impatto
economico. Anche Bruce Weinberg, economista dell’ Ohio State University di Columbus, non coinvolto
nello studio, reputa standard e valido l’approccio usato; tuttavia sottolinea che: “La realtà è che non
stiamo misurando quello che veramente vogliamo misurare. Non quanti posti di lavoro sono stati creati,
ma quante vite sono state salvate”.
Impatti funzionali Ad oggi in pochi hanno riconosciuto l’importanza del Progetto Genoma Umano anche se si tratta invece
di una pietra miliare della storia umana. A farlo notare è stato nel lontano 1999 un noto capitalista
americano G.Steven Burril il quale affermava che: ‘’la rivoluzione genomica è qui, ora!’’ L’efficienza della
mappatura genica portò infatti a notevoli miglioramenti delle diverse tecnologie:
le aziende agricole utilizzarono la genomica e le sue tecniche per contribuire a progettare piante
geneticamente modificate, più robuste e resistenti ai parassiti
la ‘’CleanTech’’ utilizzò le nuove tecniche per la ricerca di carburanti ecologici
le aziende alimentari con l’avvento degli OGM contribuiscono a dare sicurezza e qualità agli alimenti
le biotecnologie industriali
I programmi di sequenziamento umani hanno creato benefici per l’umanità individuando i processi
molecolari fondamentali che governano la vita. Inizialmente ci si aspettava che i progressi della
genomica portassero benefici solo nel campo della sanità umana, ma analizzando gli altri impatti
possiamo dire che così non è stato. La figura 2 illustra una panoramica dettagliata degli impatti generati
dal sequenziamento del genoma umano.
40
Figura 8
Il sequenziamento del Genoma Umano ha rivelato nuove vie per la comprensione della biologia
molecolare e dei processi fondamentali della vita e delle patologie. Le scoperte da attribuirsi allo HPG
determinano la nascita di nuove discipline. Il National Center for Biotechnology Information rivela che la
genomica si suddivide in tre rami principali:
Genomica Strutturale
Genomica Funzionale
Genomica Comparativa
Da queste scaturiscono le diverse ‘’Omic’s’’ che hanno consentito di aprire migliaia di studi offrendo
nuovi posti di lavoro. Esse comprendono:
Proteomica : lo studio delle proteine attraverso la decodifica del genoma
Metabolomica : lo studio della completa collezione dei metaboliti presenti nella cellula e nei tessuti
Trascrittomica : lo studio di tutte le molecole di RNA
Oltre a queste nuove discipline trovano posto anche la Bioinformatica, la Metagenomica e Biologia
Computazionale.
Come dicevamo in precedenza i progressi delle conoscenze e delle tecnologie legate al genoma umano
hanno aperto la strada a diversi campi applicativi come quello della sanità, della medicina veterinaria,
dell’agricoltura e del cibo, dell’industria biotecnologica, dell’ambiente e della giustizia sui quali andremo
a fare una panoramica dettagliata.
41
Medicina veterinaria
Utilizzando le stesse tecniche di manipolazione dei geni che vengono impiegate per i vegetali, si è
scoperto che era possibile intervenire anche sul Dna di organismi più complessi, cominciando dai batteri
fino ai mammiferi superiori.
Le ricerche basate sulla manipolazione di esseri viventi si sono sviluppate in maniera esponenziale negli
anni Novanta, fino a raggiungere traguardi fino a pochi anni prima impensabili, come la clonazione di un
mammifero (la pecora Dolly nel febbraio 1997 e il vitello Jefferson nel febbraio 1998).
Oggi è la stessa Accademia delle Scienze degli Usa che, pur elencando i molti e gravi problemi che
l’immissione di animali modificati potrà recare per la salute e l’ambiente, dà il via libera alla loro
diffusione, autorizzandone la clonazione.
Inserendo nel genoma di una specie animale geni provenienti da altre specie, oppure inattivando un
gene presente nel suo patrimonio genetico, gli scienziati cercano dunque di soddisfare le aziende che
con la manipolazione desiderano generalmente ottenere:
• animali privati di una caratteristica non gradita della loro specie: si produce ad esempio il topo
nudo (senza pelo) per agevolare gli esperimenti in laboratorio, la notizia più recente è quella di
una ricerca per produrre api senza pungiglione;
• animali d’allevamento con maggiore rendimento: ad esempio, suini o bovini che, a pari
investimento di alimentazione, raggiungono dimensioni maggiori nelle parti commestibili;
• animali i cui prodotti vengono venduti come “migliori” rispetto a quelli tradizionali: carne con
più proteine e meno grassi, uova con meno colesterolo, lana che non richiede la tosatura e via
dicendo;
• animali trasformati in “bireattori”, in altre parole produttori di sostanze biologiche nuove, ad
esempio di sostanze farmaceutiche nel latte o nel sangue. Dal latte di alcuni conigli transgenici
viene già estratta l’interleuchina 2, una proteina umana implicata nella regolazione del sistema
immunitario che viene somministrata ai malati di cancro, mentre dal latte di capra si ricava
l’attivatore tissutale del plasminogeno, una proteina che scioglie i coaguli del sangue e viene
somministrato agli infartuati;
• animali “più simili all’uomo”, per sperimentare su di essi determinate sostanze o cure. Un
settore in fase di avanzata sperimentazione e quello degli xenotrapianti, come vengono definiti i
trapianti fra specie diverse. Si tratta di produrre animali transgenici modificati per renderli
donatori d’organi compatibili con gli esseri umani. In questi animali vengono inseriti alcuni
frammenti di genoma umano per renderli biologicamente compatibili con gli esseri umani al fine
di ridurre qualsiasi problema di rigetto. Per una certa affinità genetica i maiali sono considerati i
42
candidati migliori: vanno bene come donatori di importanti organi, quali il fegato, e funzionano
anche per il trasferimento di cellule specifiche, come quelle del pancreas.
La tecnologia della manipolazione genetica, applicata agli organismi complessi, però, è ancora in fase
sperimentale. Questo significa che non si è ancora trovato un modo per produrre animali geneticamente
modificati su larga scala e a basso costo, come alternativa agli allevamenti industriali. Sono, però, già in
vendita alcuni farmaci ricavati da bioreattori, ovvero prodotti impiegando animali transgenici.
Il motivo che ha ispirato la ricerca biotecnologica negli animali è sempre stato un interesse commerciale
(con l’unica eccezione, forse, della clonazione per impedire l’estinzione di una specie). Tra i “prodotti”
già messi a punto: i salmoni giganti, le mucche che producono anticorpi umani, la scimmia fluorescente
(portatrice di geni di medusa), le zanzare che non diffondono la malaria (ma che rischiano di propagarsi
in modo incontrollato), il “maiale pulito”, le cui feci, private dal fosforo con l’introduzione di un enzima,
sono meno inquinanti, i “polli nudi” (senza piume) che fanno risparmiare tempo alle aziende avicole, i
conigli dalle orecchie pendenti, i cani nudi (non soggetti alle pulci), le pecore - capre, ecc. ecc.. Sono
state clonate le mucche che producono quantitativi eccezionali di latte e diverse agenzie private
offrono, negli Stati Uniti, la possibilità di ottenere cloni dei propri animali domestici dopo la loro morte.
A poco più di 15 anni dall’annuncio, pubblicato sulla rivista Nature del febbraio 1997, dell’avvenuta
clonazione del primo mammifero, con la nascita della pecora Dolly, rimane elevata l’opposizione all’uso
della clonazione a fini alimentari nonostante abbia ormai interessato praticamente ogni tipo di animale:
maiali, cavalli, bovini, capre, cammelli e mufloni, fino ad arrivare addirittura alla salsiccia in provetta.
Oggi, mentre i cittadini europei si dichiarano in larga maggioranza anti - OGM, le ricerche si sono
spostate in Cina, dove nel 2011, è stata annunciata la creazione di mucche capaci di produrre latte
umano (vacche transgeniche il cui latte contiene proteine umane come il lisozima che protegge i neonati
dalle infezioni o la lattoferrina che rafforza il sistema immunitario).
L’accelerazione che si è verificata in Cina pone l’esigenza di un rigido sistema di etichettatura sui
prodotti importati dal quel Paese.
La commercializzazione di carne, latte e formaggi proveniente da animali clonati e, secondo la Coldiretti,
un rischio inaccettabile che, oltre ad un problema di scelta consapevole da parte dei consumatori e di
rispetto della biodiversità, pone evidenti perplessità di natura etica che occorre affrontare prima che sia
troppo tardi.
La mappatura dei genomi di bestiame può rivoluzionare l'allevamento di animali in tutta l'Europa. Per
realizzarla, sono necessari strumenti capaci di sfruttare tale approfondimento genomico. Pertanto, un
progetto supportato dall'UE sta sviluppando il kit di strumenti indispensabile.
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L'incrocio selettivo è una forma tradizionale di miglioramento genetico: i caratteri desiderabili vengono
selezionati nel corso di generazioni, con la possibile conseguenza di una scarsa somiglianza della forma
addomesticata con i progenitori selvatici. La moderna genomica (che ha mappato o sta mappando i
genomi delle più diffuse razze di bestiame) è sul punto di rivoluzionare l'allevamento di animali. È stato
quindi possibile identificare gradualmente geni associati alla salute, al benessere, alla produttività e alla
qualità.
Il Biosciences KTN, che fa parte dell'Istituto Roslin dell'Università di Edimburgo, sta coordinando il
progetto QUANTOMICS ("From Sequence to Consequence - Tools for the exploitation of livestock
genomes"). Questo progetto da 8,14 milioni di euro coinvolge 17 importanti gruppi di ricerca e aziende
ed è cofinanziato dal Settimo programma quadro della Commissione europea. Il suo obiettivo è stato
quello di fornire un cambio di passo nella disponibilità di tecnologie e strumenti all'avanguardia per lo
sfruttamento economico dei genomi del bestiame.
Una sfida rilevante riguarda l'individuazione di marcatori genetici associati al DNA causativo, da
utilizzare con efficacia nei programmi di allevamento selettivo. QUANTOMICS si sta servendo di
strumenti che colmano la lacuna tra la variazione dei caratteri e la sequenza del DNA.
Finora il progetto ha fornito metodologie e strumenti software necessari per consentire l'uso efficiente
di informazioni genomiche in programmi sostenibili di allevamento selettivo. Ha anche sequenziato i
genomi di 18 tori Finnish Ayrshire e 20 Brown Swiss italiani al fine di identificare le caratteristiche
genomiche sottesi a loci di ampio effetto, con la conseguente capacità di catalogare variazioni,
utilizzando la mastite per dimostrare come operano gli strumenti sviluppati nell'ambito del progetto.
Quantomics sta anche lavorando per identificare specifici geni che rendono singoli uccelli
intrinsecamente più o meno resistenti alle infezioni da E. coli patogeno aviario (APEC). Il progetto ha
contribuito anche al sequenziamento dei genomi del tacchino, del maiale e dell'anatra. Molti degli
strumenti e dei risultati saranno messi liberamente a disposizione, anche tramite il browser per i genomi
Ensembl, e se ne prevede un'ampia applicazione in tutte le specie allevate. Storicamente, l'allevamento
del bestiame era relativamente semplice poiché si concentrava su caratteristiche facilmente misurabili,
come la produzione di latte delle mucche o la velocità di crescita di maiali e polli. Al giorno d'oggi, tutto
è molto più complesso poiché gli allevatori tengono conto di obiettivi molto più equilibrati e sostenibili,
che comprendono caratteristiche legate a salute e benessere. Alcune di questa caratteristiche sono
difficili o impossibili da misurare in un animale giovane, quando si devono effettuare le decisioni per la
selezione, ed è proprio per queste caratteristiche che gli strumenti di genetica molecolare del tipo
sviluppato da QUANTOMICS risultano molto preziosi.
Una volta concluso, QUANTOMICS contribuirà ad avvicinare ulteriormente gli allevatori europei alla
realizzazione di un allevamento più sano e produttivo e un bestiame di qualità più elevata.
44
Agricoltura e Cibo
La manipolazione genetica deriva da migliaia di anni di agricoltura: la pratica di selezionare particolari
varietà di piante e razze animali è riconducibile ad un processo genomico. Grazie al miglioramento
dell’agricoltura e dell’allevamento l’uomo fu poi in grado di produrre cibo a sufficienza per dar vita a
società civilizzate. Oggi gli impatti delle nuove conoscenze in ambito genomico si vedono più nel campo
dell’agricoltura che in quello della medicina: le piante sono state infatti migliorate in termini di caratteri
acquisiti (assorbimento efficiente dei fertilizzanti, tolleranza alla siccità, resistenza ai parassiti) e in
termini di caratteristiche (contenuto nutrizionale, qualità del cibo, produzione di biomassa).
Tra le sfide alle quali deve far fronte la comunità globale possiamo annoverare la sicurezza alimentare, la
salute dell’uomo, la sostenibilità ambientale e le soluzioni a tali sfide si possono trovare proprio nel
settore agricolo. Per esempio in tema di sicurezza alimentare è stato stimato che la popolazione passerà
da 7 miliardi a 9,3 miliardi nel 2030. Per soddisfare la crescente domanda alimentare è previsto che
entro il 2030 potremmo aver bisogno di raddoppiare la produzione globale di cibo. Unire le esigenze di
cibo di una popolazione in crescita con la necessità di avere a disposizione fibre, combustibili e materiali
per la crescita economica risulta ancor più difficile se si pensa di doverlo fare riducendo l’impatto
ambientale e il cambiamento climatico globale. In un simile contesto globale appare chiaro
l’importantissimo ruolo che assume l’agricoltura.
Alcune tra le principali applicazioni della genomica all’agricoltura e all’alimentazione sono: diagnostica
molecolare, miglioramento del bestiame e della salute, tecnologie agroalimentari, miglioramento del
raccolto, alimenti funzionali e nutraceutici e biopharming. Conoscere i genomi di piante e animali ci
permetterà di creare piante ed animali più forti e resistenti riducendo i costi dell’agricoltura e fornendo
ai consumatori alimenti più nutrienti e privi di pesticidi. Come ha sottolineato Robert Bozel nel 2002
l’applicazione della genomica alle biotecnologie agricole ha già permesso di migliorare la resistenza ai
parassiti, alla siccità e a preservare la biodiversità.
Di seguito i principali benefici che derivano dell’applicazione delle tecniche genomiche all’agricoltura:
Aumento della resa e della produttività agricola ottenute modificando il genoma delle piante per
selezionare quelle resistenti a parassiti, malattie, siccità e quelle con crescita più rapida e grani più
grandi.
Modificazione genetica del bestiame in modo tale da migliorare la qualità della carne abbassando il
contenuto di grassi. Le scoperte in campo genomico permettono inoltre di rinforzare la medicina
veterinaria combattendo gli agenti patogeni che colpiscono gli animali.
Migliorare la qualità del cibo. Importante è anche lo sviluppo di colture che abbiano un elevato
contenuto di specifiche vitamine.
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Ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura: è infatti possibile coltivare piante che richiedono
bassi livelli di pesticidi ed erbicidi o scarse quantità d’acqua per crescere.
Maggior sicurezza alimentare: sono stati infatti sequenziali i genomi degli agenti patogeni
responsabili di focolai di malattie di origine alimentare.
Biomasse utilizzate per produrre bioenergia e biocarburanti
Industria Biotech
Gli organismi biologici, in particolare i microrganismi, hanno la capacità di sopravvivere in condizioni
ambientali estreme (calore, freddo, pressione, ambienti radioattivi). Questi sono ambienti che
tipicamente si incontrano in molti processi industriali (industria chimica e energetica). I biotecnologi
hanno quindi adattato tali microrganismi in maniera tale che possano essere usati nelle attività di
trasformazione chimica, produzione di biocarburanti, trasformazione alimentare, farmaceutica,
produzione di vitamine, produzione di prodotti sostenibili, come le materie plastiche e materiali
provenienti da fonti rinnovabili. Dal punto di vista delle caratteristiche funzionali infatti tali
microrganismi possono essere utilizzati nel settore industriale. Oggi, le tecnologie di sequenziamento del
genoma e le moderne tecniche di manipolazione stanno consentendo agli scienziati di modificare i
microrganismi per una straordinaria gamma di usi, e sintetizzare forme di vita microbiche artificiali. In tal
modo biotecnologi industriali e ricercatori stanno ottenendo effetti significativi in molti settori
industriali quali quello dei biocarburanti e bioenergia, dei farmaci, degli enzimi/catalizzatori industriali,
dei minerali e del recupero di idrocarburi.
L'uso delle risorse fossili non rinnovabili è ormai riconosciuto come un modello insostenibile. La
combustione del petrolio, dei gas naturali e del carbone rilascia infatti elevati livelli di anidride carbonica
responsabili del cambiamento climatico globale. Conseguentemente la sfida è quella di trovare
carburanti alternativi e sostenibili. Solo le biomasse offrono la possibilità di generare un flusso
sostenibile di combustibili liquidi e materie prime chimiche per le industrie. Per questo motivo si stanno
utilizzando le nuove scoperte in ambito genomico per studiare microbi, alghe, materiali vegetali e altre
risorse biologiche come potenziali sistemi per produzione di combustibile.
L'applicazione della genomica alle materie prime industriali, ai combustibili e alle tecnologie di
lavorazione ha attirato importanti investimenti nell'industria. Le maggiori società del settore energetico
come Exxon - Mobil, ConocoPhillips, BP e Shell hanno attivamente studiato e sponsorizzato la ricerca nel
campo della genomica per la produzione di biocarburanti e materie prime. Le aziende biotecnologie
vegetali sono anche impegnate nella produzione di varietà vegetali con ad alto contenuto di biomassa o
esprimenti altre caratteristiche che le rendono adatte alle applicazioni industriali.
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L’International Energy Agency afferma che "la biomassa è la più importante delle energie rinnovabili”.
Biotecnologia e genomica sono strumenti chiave per realizzare energia attraverso le biomasse: sistemi a
base vegetale possono catturare l'energia solare e possono essere prodotti in maniera rinnovabile.
Ambiente
Lo sviluppo economico e l’industrializzazione hanno un importante costo ambientale: ogni anno infatti
vengono prodotte 400 milioni di tonnellate di rifiuti che contengono sostanze tossiche, cancerogene,
mutagene e teratogene. Inoltre le attività industriali sono responsabili della contaminazione delle acque,
dei suoli e dell’aria e sulla terra c’è un grandissimo inquinamento da metalli pesanti, pesticidi, erbicidi,
idrocarburi e materiali radioattivi. I microrganismi si sono evoluti per prosperare in condizioni estreme e
assorbire e metabolizzare una grande varietà di prodotti chimici inquinanti. Sono stati addirittura trovati
microrganismi nelle piscine di stoccaggio di combustibili nucleari. E’ ormai ampiamente riconosciuto che
si possono utilizzare le proprietà dei microrganismi per bonificare siti contaminati.
Gli scienziati sono in grado di scoprire i geni e processi regolatori che conferiscono attività utile per la
riduzione dell'inquinamento, per l'assorbimento di carbonio e per altre applicazioni importanti in campo
ambientale. I progressi fatti a partire dal 1990 con HPG permise al DOE di lanciare il “Microbial Genome
Project” nel 1994 per sequenziale il genoma di organismi non patogeni utili a risolvere le esigenze di
bonifica ambientale dei rifiuti, produzione di energia, ciclo del carbonio e le biotecnologie.
Analogamente, il “Genomes To Life Program” (GTL) è un progetto volto ad utilizzare i microrganismi e
altri organismi per affrontare i problemi di produzione di energia, di pulizia ambientale e del ciclo del
carbonio. Questo è evoluto nel DOE’s Genomic Science Program nel quale venivano usati i genomi di
microrganismi e piante e, attraverso tecniche di analisi, modellazione e simulazioni, veniva sviluppata
una comprensione predittiva del comportamento dei sistemi biologici rilevanti per risolvere le sfide
energetiche e ambientali tra cui produzione di bioenergia, il risanamento ambientale e la stabilizzazione
del clima.
Da quanto detto fino a qui possiamo dire che le 5 aree di applicazione degli studi sul enoma in campo
ambientale comprendono: il controllo dell’inquinamento, agenti di biocontrollo, prodotti sostenibili,
cattura dell’anidride carbonica e studi di biodiversità e meta genomica.
I microrganismi hanno genomi relativamente piccoli (4-5 milioni di basi contro i 3 bilioni di basi dei
mammiferi) e possono quindi essere sequenziali rapidamente e a costi ridotti permettendo agli
scienziati di capire i loro processi vitali e indagare la loro possibile applicazione in processi di
risanamento ambientale. Poiché comunità di microrganismi di tipo diverso possono compiere attività
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che una singola specie microbica non è in grado di fare, vi è una notevole utilità negli studi di
metagenomica che sequenzia l’intere popolazioni di microrganismi da campioni di terreno o di acqua di
mare. Questa metodica è particolarmente importante per sviluppare approcci in grado di metabolizzare
inquinanti complessi, come il petrolio, costituiti da più sostanze chimiche che nessun organismo da solo
è in grado di degradare. La metagenomica rivela gli effetti simbiotici di microrganismi che lavorano
insieme: si è constatato che i vari microrganismi possono funzionare in sequenza, il prodotto di scarto di
uno diventa il substrato di partenza per il prossimo.
Le nuove scoperte hanno permesso inoltre agli scienziati di sviluppare agenti di biocontrollo contro i
parassiti che altrimenti verrebbero combattuti attraverso l’utilizzo di sostanze chimiche. Per esempio i
nematodi possono essere ingegnerizzati allo scopo di trovare ed eliminare le larve bianche presenti nei
prati evitando l’utilizzo di pesticidi chimici che rischiano di essere lavati via durante le piogge andando
ad inquinare le acque sotterranee e i bacini idrici.
Le preoccupazioni relative ai cambiamenti climatici ci hanno spinti inoltre a cercare di ridurre le
emissioni di anidride carbonica. Ci sono piante in grado di metabolizzare l'anidride carbonica
producendo ossigeno, e molte specie di microrganismi sanno metabolizzare e fissare la CO₂.
Giustizia
La genomica, oltre ad aprire la strada allo studio della medicina, della biologia e delle biotecnologie ha
aperto nuove vie anche nel campo della medicina legale, della giustizia penale e sociale e della sicurezza.
Alcune delle applicazioni della genomica e della genetica in questi campi sono: DNA fingerprint, test di
paternità, biosicurezza, identificazione di resti, banche dati di DNA.
Una delle caratteristiche del DNA è che varia da persona a persona quindi l’analisi del DNA può essere
utilizzato per collegare specificamente un campione di DNA ad una persona: ciò è utile per risolvere i
crimini, collegare resti biologici ad una persona e risolvere casi di paternità. Nel caso di catastrofi
naturali o intenzionali (terremoti o attacchi terroristici) l'analisi dei campioni di DNA si è dimostrato un
valido strumento per l'identificazione dei resti. Tale analisi si stanno rivelando importante anche per
l'individuazione di organi commerciati illegalmente, tessuti, pellicce e altre parti del corpo delle specie
animali in via di estinzione sequestrate dalle autorità doganali o altre forze dell'ordine.
Tecniche genomiche avanzate inoltre permettono ai ricercatori di svolgere un lavoro che prima era
ritenuto impossibile: separare un mix di campioni di DNA trovati sulla scena del crimine. In questo modo
sarebbe possibile separare il DNA della vittima da quello di altri individui compreso aggressore che
potrebbe così essere individuato.
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Aspetti etici
Il Progetto Genoma Umano, oltre alle problematiche tecnico-scientifiche che ancora sono in via di
risoluzione, impone anche un’ampia riflessione etica rispetto ad una pluralità di elementi in gioco. A
prova della necessità di tale riflessione è importante evidenziare che fin dall’avvio del Progetto Genoma
Umano venne previsto nel 1990 il programma ELSI (Ethical, Legal and Social implication), finanziato con i
fondi federali americani, con l’obiettivo di fornire un nuovo approccio alla ricerca scientifica,
identificando, analizzando ed affrontando i problemi etici, legali e sociali del progetto,
contemporaneamente allo studio dei problemi scientifici di base.
Tutti i progetti e le attività del programma ELSI rientrano in quattro aree fondamentali:
la Privacy e il giusto uso delle informazioni genetiche: per garantire che le informazioni
genetiche vengano interpretate e utilizzate correttamente, che le politiche pubbliche vengano
sviluppate per proteggere la privacy genetica e per ridurre il rischio di discriminazione.
le integrazioni cliniche di tecnologie genetiche: le attività in questo settore esaminano l’impatto
dei test genetici sugli individui, sulle famiglie e sulla società, tramite un servizio di counseling.
la ricerca genetica: per garantire che la ricerca genetica sia condotta in maniera eticamente
corretta. Lo scopo è quello di concentrarsi sul consenso informato e su altre questioni etiche
connesse alla progettazione, alla condotta, alla partecipazione e alla comunicazione della ricerca
genetica.
educazione e risorse: per garantire che il pubblico, il mondo della salute e i professionisti siano
informati sui temi legati alle tecnologie ed alle informazioni genetiche. Le attività in questo
settore comprendono attività educative sul web, sui media, creazione di video e CD-ROM.
L’esigenza di riflessione etica si evidenzia con chiarezza anche nella Dichiarazione Universale sul Genoma
Umano e i diritti dell’uomo dell’UNESCO (1997) nella quale, mentre si riconosce che “le ricerche sul
genoma umano e le loro applicazioni aprono immense prospettive di miglioramento della salute degli
individui e dell’umanità tutta” (PREAMBOLO), si afferma che “nessuna ricerca concernente il genoma
umano né le sue applicazioni deve prevalere sul rispetto dei diritti dell’uomo, delle libertà fondamentali
e della dignità umana degli individui e dei gruppi”(ART.10).
Il Comitato Nazionale per la Bioetica Italiano ha ritenuto opportuno offrire all'opinione pubblica una
valutazione etica sul "Progetto Genoma Umano" che rappresenta uno sforzo notevolissimo della
comunità scientifica per la migliore conoscenza dei meccanismi genetici che regolano le attività vitali.
Il Progetto Genoma Umano ha vivamente interessato l'opinione pubblica per la sua importanza come
progetto scientifico, ma ha anche suscitato interrogativi e preoccupazioni derivanti dalle prospettive di
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carattere etico. In questo senso, mentre da un lato si fa riferimento ai benefici che possono derivare dal
Progetto Genoma Umano sul piano delle conoscenze fondamentali e delle possibilità diagnostiche e
terapeutiche, dall'altro si sottolineano le considerevoli implicazioni di natura antropologica e sociale che
quest'ultimo può avere.
Il CNB raccomanda in particolare che si ponga attenzione affinché le nuove conoscenze non aprano la
strada a visioni esclusivamente biologiche della persona e a discriminazioni e ineguaglianze giustificate
sul piano delle differenze genetiche. Inoltre, ritiene che la soluzione migliore sia una continua riflessione
etica durante la progettazione della ricerca, da attuarsi anche facendo delle indagini sull'impatto sociale
e giuridico delle nuove scoperte. Raccomanda anche, come antidoto contro le distorsioni delle notizie
scientifiche e l'uso improprio delle conoscenze (ambito lavorativo, assicurativo e riferendoci al tentativo
di modificazione dell’asseto genetico di alcune popolazione), l'informazione e il dibattito pubblico.
Il Progetto Genoma Umano possiede al suo interno grandissime potenzialità: la possibilità di individuare
i geni delle malattie ereditarie, la possibilità di procedere alla terapia genica, l’uso criminologico dei dati
disponibili per l’individuazione di un colpevole di reato, l’uso nell’ambito dell’igiene e sicurezza dei
luoghi di lavoro. Tuttavia bisogna considerare che avere a disposizione le tecnologie che consentono di
sequenziare l’intero genoma di un individuo può anche significare, come scrisse l’Ansa il 12 Febbraio del
2001, cominciare un viaggio alla ricerca delle istruzioni necessarie a costruire un essere umano.
Quest’affermazione porta al suo interno alcuni elementi inquietanti che devono stimolare un’attenta
riflessione bioetica riguardante i possibili usi distorti o immorali del Progetto.
Per questi motivi abbiamo deciso di esaminare nel dettaglio i principali rischi ai quali un progetto così
innovativo e controverso come quello sul genoma umano potrebbe andare incontro. A tale scopo
abbiamo deciso di intervistare esperiti scienziati e bioetici che sono stati così gentili da dedicarci del
tempo sottoponendosi alle interviste, perlopiù telefoniche, da noi preparate.
Impatto sul paziente
Alcune malattie molto gravi e non curabili, come la Corea di Huntington, restano latenti nel paziente per
molto tempo e si manifestano in età matura. Sottoponendosi a test predittivi sarebbe possibile scoprire
di poter sviluppare la malattia con un elevato grado di probabilità. Nasce spontaneo pensare che
l’effetto sul paziente, dal punto di vista psicologico, potrebbe essere devastante. C’è chi addirittura
solleva la problematica che l’individuo, consapevole che verrà colpito dalla malattia, perda ogni
interesse alla vita.
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Come infatti sottolineano il Dott. Leonardo Nepi, attualmente dottorando in storia e teoria del diritto
all’Università di Tor Vergata a Roma e precedentemente assegnista presso il centro Studi Biogiuridici
LUMSA nell’ambito del progetto Gen-etica, e il Prof. Gilberto Corbellini, storico della medicina e studioso
di bioetica, i test predittivi sono utili per le patologie che sono curabili.
“I test predittivi sono utili per patologie che possono essere evitate correggendo gli stili di vita oppure per le poche per le quali attualmente ci sono terapie disponibili”. (INTERVISTA AL DOTT. LEONARDO NEPI - 26
NOVEMBRE 2013)
“E’ utile fare test predittivi quando l’informazione raccolta è affidabile, cioè quando il tipo di malattia diagnosticata dal test è una malattia che è legata a geni abbastanza definiti. Fare test genetici per malattie dove si parla di predisposizione, non del tutto definite, dove i rischi di ammalarsi della malattia sono bassi e dipendono da fattori che non sono solo genetici o da interazioni tra i geni che sono difficilmente prevedibili, diventa secondo me abbastanza inutile. Se ci spostiamo verso malattie dove le cose sono molto più incerte usare i test genetici può avere come conseguenza che si accentua l’ansia per un problema medico quando in realtà non si hanno neanche tante informazioni per gestirlo né mezzi d’intervento”. (INTERVISTA AL PROF. GELBERTO CORBELLINI - 26 NOVEMBRE 2013)
Da quanto detto sopra, il Prof. Corbellini evidenzia inoltre che quando si parla di malattie multigeniche i
test predittivi non sono affidabili perché si tratta di malattie la cui insorgenza è legata alla comparsa di
varianti geniche e all’interazione di queste con l’ambiente inteso come educazione, stile di vita,
attitudini sociali ecc. Il Prof. Corbellini sostiene poi che i test predittivi non costituiscono un grosso
rischio poiché ciascun individuo è libero di decidere se sottoporvisi o meno.
“In generale dipende dal paziente. I test genetici sono scelte personali, è evidente che chi lo fa dovrebbe farsi aiutare da un genetista, da un consulente che gli spieghi qual è l’effettiva utilità di quel test, se vale la pena farlo in quel contesto. Dipende da che cosa vuole fare una persona, siamo in una Italia della medicina in cui prevale su tutto l’autonomia decisionale del paziente. Le persone hanno il diritto di conoscere tutto quello che vogliono conoscere così come hanno diritto di non conoscere quello che non vogliono conoscere”. (INTERVISTA AL PROF. GELBERTO CORBELLINI - 26 NOVEMBRE 2013)
Diagnosi e cura
Quando il 7 aprile del 2000 è stato annunciato il completamento del sequenziamento dell’intero
genoma umano, in molti avevano creduto che finalmente si fosse giunti alla possibilità non solo di
riconoscere e diagnosticare precocemente molte malattie genetiche ma anche di curarle. Tuttavia, non
era stato considerato che la mappatura del genoma rappresentava solamente il primo passo del
lunghissimo percorso verso la terapeutizzazione delle malattie. Il gap tra diagnosi e terapia si è andato
ampliando enormemente lasciando medici e genetisti nella condizione di essere a conoscenza,
51
attraverso test diagnostici e predittivi, della possibilità che un paziente contragga una certa malattia in
futuro senza la possibilità di curare l’individuo risultato affetto. Questo “sapere senza poter intervenire”
ha di fatto sollevato numerose questioni etiche e sociali, le quali dovrebbero indurre i soggetti coinvolti,
medici, scienziati, genetisti, istituzioni, a porsi delle domande sulle conseguenze future, sulle
ripercussioni a medio e lungo termine che l’utilizzo di test genetici poteva far emergere. A questo
proposito il Dott. Leonardo Nepi, sopra citato, afferma che i rischi che si corrono avendo a disposizioni
dati sul genoma di ogni individuo sono legati al divario tra conoscenza diagnostica da un lato e scarsa
possibilità di terapia dall’altro.
“Quando si parla di test predittivi il rischio è quello di fornire delle informazioni alle quali non possono seguire azioni terapeutiche: fornire informazioni alla persona che poi di fatto non ha gli strumenti per reagire. Il rischio fondamentale secondo me è dare informazioni alla persona che si trova però poi impotente davanti alla malattia. Da qui la necessità a rispettare il diritto al non sapere e di informare correttamente la persona che si sottopone a test genetico o diagnosi prenatale delle conseguenze personali e sociali che il risultato del test potrebbe avere”. (INTERVISTA AL DOTT. LEONARDO NEPI - 26 NOVEMBRE
2013)
Occorre specificare che nel caso di test diagnostici predittivi, il risultato del test, nella maggior parte dei
casi, non indica la probabilità che ha il singolo individuo di contrarre la malattia, ma la probabilità
calcolata su di una popolazione di individui portatori della mutazione genetica collegata a quella
particolare patologia. È soprattutto questo tipo di test a sollevare le maggiori riserve etiche, in quanto
forniscono informazioni di cui si viene in possesso prima che i sintomi della malattia si manifestino e che
indicano il rischio (ma non la certezza) di contrarre una determinata patologia. Da qui nasce la
controversia di cui parla il Dott. Nepi che oppone il “diritto individuale di non sapere” al dovere e la
responsabilità di essere informati verso se stessi e gli altri.
La Convenzione di Oviedo (1997) afferma esplicitamente che “ogni persona ha il diritto di conoscere ogni
informazione raccolta sulla propria salute. Tuttavia, la volontà di una persona di non essere informata
deve essere rispettata” (art. 10.2).
Sebbene il diritto di non sapere sia ormai entrato di fatto nella costellazione dei diritti riconosciuti da
quasi tutti i documenti (giuridici e non) nazionali e internazionali, stanno emergendo alcune tendenze
che mettono in discussione l’esigibilità del diritto di rimanere in ignoranza nei confronti della propria
costituzione genetica. L’obbligo di sottoporsi a test genetici (al fine di accumulare conoscenze sulla
propria salute) potrebbe essere richiesto quale parte essenziale di un più generale dovere di prendersi
cura della propria salute. Sul piano sociale, negli Stati Uniti si è già consolidata da anni la tendenza a
considerare la responsabilità individuale per la propria salute come un punto di riferimento nella
creazione di politiche di salute pubblica; in questa ottica, le informazioni genetiche sono essenziali
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affinché ciascuno possa adeguatamente prendersi cura della propria salute e non acquisirle
equivarrebbe ad un vero e proprio atto di irresponsabilità genetica. In molti casi, pur non essendo
disponibili trattamenti medici preventivi o terapeutici, l’individuazione di una predisposizione ad una
patologia può sollecitare una serie di misure (cambiamento degli stili di vita, programmi di sorveglianza
medica, ecc.) che, dal punto di vista del paziente, possono prevenire l’insorgenza della malattia o
comunque ridurre il rischio di contrarla e, dal punto di vista istituzionale, contenere la spesa pubblica in
sanità. Un’altra sollecitazione provenire dal sistema delle assicurazioni private o dal mercato del lavoro,
in quanto l’esibizione di una specie di “certificato di buona salute genetica” potrebbe essere una
condizione necessaria per accedere alla stipula di una assicurazione o per avere o conservare un posto di
lavoro. Il problema delle assicurazioni sta iniziando a essere seriamente discusso anche in Europa, dopo
che alcune compagnie assicurative hanno richiesto la sospensione della moratoria vigente, in base alla
quale esse non possono obbligare i propri assicurati a rivelare informazioni genetiche sul proprio status
in loro possesso né a sottoporsi ad un test genetico. Questi esempi dimostrano le potenziali spinte (in
parte già in atto) verso una progressiva sostituzione del diritto di ricevere o non ricevere informazioni
sul proprio status genetico con un dovere di acquisire quante più conoscenze sia possibile ottenere;
tuttavia, essi riguardano ancora una dimensione del tutto “individuale”. (I TEST GENETICI. DIRITTI, DOVERI E
“IGNORANZA GENETICA” MATTEO GALLETTI - PUBBLICATO SU “BIOETICA E SOCIETÀ”, EDIZIONI DEL CERRO, II, 1-2, 2011, PP. 79-
88)
Discriminazione in ambito assicurativo e sul posto di lavoro
Le potenzialità predittive del Progetto Genoma Umano possono diventare uno strumento
discriminatorio in campo assicurativo. Ci si riferisce alla possibilità che le compagnie assicurative
decidano di stipulare un’assicurazione previa conoscenza delle ipotetiche patologie future dell’individuo,
come accennato poco sopra.
Secondo il Dott. Leonardo Nepi questo problema è più sentito nei paesi dove la tutela della salute non è
affidata al servizio pubblico e la diffusione di informazioni riguardanti il patrimonio genetico di un
individuo andrebbero ad incidere sulla determinazione del premio assicurativo. A questo proposito, è da
rilevare l’importante querelle scaturita in Gran Bretagna tra le compagnie d’assicurazione che hanno più
volte richiesto l’accesso ai dati genetici per adeguare i premi assicurativi e le associazioni dei
consumatori che hanno condannato questa sorta di discriminazione genetica. In Italia, dove la tutela
della salute è affidata per la maggior parte al SSN ed in conflitto di interessi è quindi minore, non vi
dovrebbero essere particolari problemi per quanto riguarda la tutela della privacy in campo assicurativo.
53
D’altro canto va però sottolineato che, dal punto di vista contrattuale, una persona che va a concludere
un’assicurazione sulla salute senza dichiarare alcune informazioni che la riguardano (nel caso specifico
informazioni sulla predisposizione ad una malattia genetica) non è un comportamento corretto.
Le potenzialità predittive del Progetto Genoma Umano possono diventare uno strumento
discriminatorio anche in campo lavorativo. In un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo in
questi anni, il problema, secondo il Dott. Leonardo Nepi, è che il lavoratore abbia paura di perdere il
posto lavoro una volta scoperta e rivelata al datore di lavoro la propria suscettibilità a sviluppare una
certa malattia.
“Per quanto riguarda il mondo del lavoro c’è il tema fondamentale che è quello della salute. Una volta che si riscontra che una persona ha una suscettibilità a sviluppare una certa malattia è importante collocarla in una mansione piuttosto che in un’altra. Il punto problematico è che con la crisi economica che stiamo affrontando non c’è grande disponibilità di posti di lavoro. La nostra disciplina mi sembra che tutt’ora sia molto rigorosa nel tutelare l’autonomia del lavoratore nel dare o non dare queste informazioni al datore di lavoro. Non vorrei che però su questa autonomia incidesse la paura di perdere il posto: che il lavoratore pur sapendo si essere predisposto ad una certa malattia non lo dica al datore di lavoro per paura di perdere il posto”. (INTERVISTA AL DOTT. LEONARDO NEPI - 26 NOVEMBRE 2013)
Il Prof. Gilberto Corbellini invece punta l’accento sul fatto che la conoscenza del proprio patrimonio
genetico può determinare una maggior consapevolezza dei propri punti di debolezza e contribuire a
salvaguardare la salute anche in ambito lavorativo.
“Guardiamola da un altro punto di vista: dalla parte del lavoratore che può evitare di intraprendere un’attività lavorativa come conseguenza della quale per esempio può rischiare di ammalarsi di gravi malattie. Le informazioni genetiche possono rappresentare sia un problema se non è regolamentato il loro uso pubblico ma possono rappresentare anche enormi opportunità per le persone che sanno a quali rischi vanno incontro e quindi possano più liberamente e consapevolmente decidere che cosa fare”.
(INTERVISTA AL PROF. GELBERTO CORBELLINI - 26 NOVEMBRE 2013)
Per ovviare al problema della discriminazione tanto sul lavoro quanto in campo assicurativo, negli USA è
stato promulgato nel 2008 il “Genetic Non Discrimination Act” in base al quale è proibito per i datori di
lavoro e le assicurazioni discriminare un individuo in base a informazioni derivate dall’analisi del suo
genoma. Questo dovrebbe garantire una copertura totale della privacy di ogni singolo individuo.
Secondo il Prof. Giuseppe Borsani, precedentemente citato, il miglior modo per garantire la privacy di un
individuo è sensibilizzare l’opinione pubblica e i politici che ci governano in modo tale da trovare delle
norme che regolino la gestione di questi dati.
54
“C’è una tutela, c’è una legge, ci sono delle norme, ma chiaramente ci sono modi per bypassare queste norme. Il problema è che la ricerca e la tecnologia stanno andando avanti più di quanto la società riesca a fare. Per cui bisogna sensibilizzare l’opinione pubblica e i politici che ci governano per trovare delle norme per la gestione di questi dati per garantire la privacy di un individuo”. (INTERVISTA AL PROF. GIUSEPPE
BORSANI - 22 NOVEMBRE 2013)
Anche il Prof. Gilberto Corbellini si sofferma sull’importanza della conoscenza pubblica come elemento
fondamentale per evitare abusi e usi non etici e dannosi delle informazioni.
“Una cosa che serve e che è assolutamente necessaria è un’educazione, un’informazione, una comunicazione diffusa. E’ il caso di informare e insegnare ai giovani e non giovani quali sono le potenzialità e qual è il significato di questo tipo di informazioni e quanto si può o non si può fare con queste informazioni. La conoscenza pubblica è probabilmente il principale antidoto per evitare che poi ci siano abusi, usi non etici e dannosi per le persone”. (INTERVISTA AL PROF. GILBERTO CORBELLINI - 26 NOVEMBRE
2013)
Tentazione dell’ Eugenetica
Con il termine eugenetica si indica lo studio dei metodi volti al perfezionamento
della specie umana attraverso selezioni artificiali operate tramite la promozione dei caratteri fisici e
mentali ritenuti positivi e la rimozione di quelli negativi mediante selezione o modifica delle linee
germinali. A questo proposito ci viene in mente il film di Andrew Niccol, “GATTACA” nel quale in un
futuro non troppo lontano, grazie ai sorprendenti successi compiuti dalla scienza, c'è la possibilità di
scegliere la composizione genetica del bambino che si vuole far nascere. E se capita una gravidanza
“naturale”, bisogna fare attenzione: proprio questo è il caso del protagonista, concepito non in
laboratorio ma per amore, ora etichettato come “non valido”.
In un’intervista su Gaianews, il Dott. Carlo Flamigni, professore ordinario presso l'Università di Bologna
di Endocrinologia e Ginecologia e poi di Ginecologia e Ostetricia fino al 2004, afferma che l’eugenetica,
intesa come la possibilità di selezionare i geni migliori in vista del miglioramento della specie umana, è
pura fantasia. Oggi quello che si fa è una “genetica negativa” con lo scopo di non fare nascere chi è
destinato a soffrire ma non si fanno scelte per far nascere gli “individui migliori”. Flamigni porta
l’esempio dell’intelligenza come possibile caratteristica da selezionare e sottolinea che non si è a
conoscenza dei geni che sono coinvolti nella “produzione di intelligenza” nè tanto meno quanto, su
questo carattere, incida l’ambiente e l’educazione. Se però si prendono due gemelli identici, aventi
quindi lo stesso corredo genetico, e li si affidano a due famiglie diverse, dopo vent’anni essi avranno un
diverso quoziente intellettivo nonostante l’uguaglianza genetica. Flamigni afferma quindi che la
possibilità di produrre l’individuo migliore grazie alle conoscenze acquisite in campo genetico, è solo un
sogno dell’uomo che per altro ha portato nella storia a sostenere “orribili e oscene sciocchezze” come
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l’idea di selezionare la razza migliore. Conclude infine affermando che la parola eugenetica significa
buona genetica e che, in quanto tale, dovrebbe servire ad evitare la nascita della sofferenza.
Tuttavia, le scoperte in ambito di genoma umano ci permettono oggi di identificare gli individui portatori
di malattie genetiche. Non si può quindi escludere il rischio che ci sia chi suggerisca di eliminare tali
pazienti consentendo al sistema sanitario di evitare i costi di cura ed evitando l’eventuale trasmissione
della malattia ai discendenti del soggetto in questione.
Differenza tra test diagnostici e test farmacogenetici
Se le applicazioni dei test genetici per la diagnosi di una patologia possono dar luogo ad una serie di
questioni etiche e sociali, l’individuazione di un profilo farmacogenetico specifico per cercare una
risposta ottimale ai farmaci, potrebbe, almeno apparentemente, sollevare un minor numero di problemi
etici. Perciò, è bene sottolineare le differenze tra questi due ambiti di applicazione della genetica per
non generare confusione. Il test genetico diagnostico entra nell’ambito della privacy con possibili
conseguenze negative e rischi di discriminazione in campo assicurativo e lavorativo. Altri importanti
elementi da considerare sono il forte impatto psicologico di questi test sul soggetto e sulla famiglia,
soprattutto se il rischio riguarda malattie gravi, poco o nulla contrastabili dal punto di vista terapeutico.
Tali questioni, dal punto di vista etico, confluiscono soprattutto nell’ambito del principio di autonomia e
autodeterminazione (il consenso a eseguire il test, il diritto a sapere o non sapere). Inoltre, un altro
elemento importante da valutare nella riflessione etica sui test genetici diagnostici è che per la gran
parte di patologie riscontrabili non esistono delle terapie efficaci, per cui, oltre al trauma psicologico che
si può determinare, è da tenere presente il conseguente atteggiamento eugenistico che si può generare.
Quando invece si parla di test farmacogenetico non ci si trova dinanzi alla diagnosi o alla predizione di
una patologia ma alla previsione, più o meno certa, della risposta ad un farmaco. Il paziente esaminato
ha già ricevuto una diagnosi o è portatore di un fattore di rischio, e la proposta del test farmacogenetico
riguarda un farmaco che già esiste per quella condizione patologica. Chi si rivela geneticamente poco o
per niente sensibile agli effetti di un farmaco o alle dosi previste potrebbe essere informato della
necessità di aumentare la dose, se attuabile, oppure di ricorrere ad un altro trattamento. In ogni caso,
molto probabilmente costoro eviterebbero di assumere un farmaco certamente inefficace che potrebbe
procurare solo effetti collaterali o peggio eventi avversi. Quindi, l’impatto del risultato del test di
farmacogenetica dovrebbe avere un’importanza teoricamente molto più limitata sullo stato emotivo e
di salute del soggetto e dei suoi familiari. Quindi, in questo caso sembra prevalere, dal punto di vista
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etico, il principio della beneficialità: la ricerca clinica, attraverso la farmacogenomica, si impegna quindi
ad offrire ai malati qualcosa di potenzialmente migliore.
Allocazione delle risorse
Siamo certi che i fondi usati per Progetto Genoma Umano non potevano essere spesi per portare cure
immediate o per svolgere ricerche i cui risultati sarebbero stati applicabili in tempi più rapidi sui malati?
Il tema della destinazione delle risorse è un punto critico del Progetto Genoma Umano: secondo molti le
ingenti somme stanziate per questo progetto, sarebbero potute essere spese per ricerche forse meno
spettacolari ma almeno altrettanto importanti da un punto di vista scientifico e medico. La migliore
allocazione delle risorse è un tema destinato a diventare sempre più rilevante sul piano bioetico poiché
le risorse in ambito sanitario sono sempre più scarse e vanno quindi spese in maniera oculata e secondo
criteri che facciano salvo il diritto di ogni paziente ad essere curato nel migliore dei modi.
A questo riguardo il Dott. Flamigni afferma che insistere su ricerche scientifiche che interessano poche
persone è quantomeno discutibile. Egli si riferisce al fatto che per molti paesi in via di sviluppo, come ad
esempio l’Africa, è molto più conveniente migliorare le condizioni igieniche che portare un medicinale
moderno e all’avanguardia nel paese. Dal momento che i progressi in campo genetico verranno, nel
futuro più prossimo, sfruttati da un numero limitato di persone, ci si dovrebbe chiedere quanto sia
morale spendere moltissimi soldi per un numero così basso di individui.
Considerando poi l’aspetto relativo alle aziende farmaceutiche, è innegabile che scegliere di allocare
risorse e dare delle priorità a un campo d’intervento piuttosto che ad un altro chiama in causa il
problema etico della giustizia, poiché tali scelte comporteranno eventuali benefici per un gruppo di
soggetti inevitabilmente a discapito di un altro che esigerebbe altrettanta attenzione. Nella ricerca
genetica, le aziende private, che detengono il patrocinio di grandissima parte della sperimentazione,
tendono infatti a dare la priorità a quelle ricerche che si focalizzano su patologie comuni e su farmaci di
grande utilizzo che possano garantire più ampi margini di guadagno. Certamente l’industria
farmaceutica ha tutto il diritto di cercare di salvaguardare il proprio patrimonio economico ma occorre
rilevare anche il grande rischio di discriminazione che sottende a tutto ciò. Indirizzare i propri obiettivi
solo in determinati ambiti inevitabilmente procurerà ripercussioni negative per la ricerca su patologie
che riguardano gruppi quantitativamente minori di pazienti, ampliando ulteriormente il divario già
esistente tra possibilità terapeutiche per malati affetti da patologie frequenti rispetto a malati affetti da
patologie rare. Il principio di giustizia richiede, allora, che gli sponsor della ricerca clinica e in particolare
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di quella farmacogenetica e farmacogenomica si impegnino a non trascurare i gruppi più deboli di
pazienti, quelli con patologie rare o con caratteristiche genetiche sfavorevoli rispetto a determinati
farmaci, anche se questi comportassero delle scelte economiche svantaggiose. Le industrie potrebbero
ridistribuire a questi ambiti, con unica finalità etica, una parte delle risorse ottenute dal raggiungimento
di altri obiettivi commerciali, esigendo la partecipazione a tale spesa da parte delle amministrazioni
pubbliche, che dovrebbero incentivare la ricerca clinica in generale e soprattutto quella destinata a
favorire i soggetti trascurati dalla ricerca clinica finanziata dai privati.
Conservazione e trattamento dei campioni biologici e dei dati
Il materiale genetico e biologico e le informazioni mediche dei soggetti che vengono raccolti durante gli
studi di farmacogenetica potrebbero essere utilizzati, rispettando determinati criteri e condizioni, anche
per altre successive ricerche scientifiche. Perciò diventa fondamentale per il soggetto candidato a
partecipare a una ricerca in genetica conoscere le finalità d’uso immediate e future del suo campione
biologico, oltre che le misure approntate per tutelare la riservatezza. La questione della riservatezza,
infatti, diventerà sempre più centrale e fondamentale. Oggi e soprattutto in futuro chi opera nel sistema
sanitario, e non solo nell’ambito della ricerca clinica, sarà chiamato a rispondere ad una crescente
richiesta di confidenzialità, non solo per i dati anagrafici e sanitari, comunemente trattati, ma anche per
il profilo genetico e farmacogenetico che probabilmente tra qualche anno sarà disponibile e influenzerà
le opzioni terapeutiche di ognuno. Così, si giunge a ipotizzare come possibili metodologie di protezione
della riservatezza la creazione di “barriere” tra i dati genetici e gli altri dati sanitari o addirittura l’utilizzo
di “intermediari della privacy”, agenti o enti di fiducia cui affidare le proprie informazioni genetiche e il
proprio campione di DNA.
Non esistono norme legislative specifiche che tutelino tale diritto e regolamentino la conservazione e
l’utilizzo di tale materiale. In assenza di normative, che sarebbero comunque necessarie perché
obbligherebbero tutti gli enti di ricerca e gli sperimentatori a rispettare determinate procedure, nel
1998 la Human Genome Organization (HUGO) ha emanato un documento, Statement on DNA sampling:
control and access, in cui vengono tracciate alcune indicazioni di massima relative alla richiesta del
consenso informato e all’estensione di questo rispetto all’accesso e alla trasmissione dei dati, alle
modalità di conservazione, all’eventuale coinvolgimento di familiari, alle misure approntate per
salvaguardare la confidenzialità.
Il problema della conservazione e utilizzo attuale e futuro dei campioni biologici e dei dati risultanti è
fondamentale per diversi motivi. A questo riguardo, è da evidenziare l’intreccio di elementi economici a
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quelli etici e legali. Gli investimenti sono essenziali per far avanzare la ricerca e, la possibilità di poter
riutilizzare per vari studi lo stesso campione biologico abbatte notevolmente i costi della ricerca e
permette di accelerare i tempi per raggiungere gli obiettivi. Ma questa possibilità di contenimento dei
costi si contrappone ad una serie di difficoltà di carattere etico, legale e sociale:
il successivo utilizzo del campione o anche dei dati risultanti dovrebbe essere preceduto da un
nuovo pronunciamento del Comitato di Etica e soprattutto da un nuovo consenso informato del
soggetto;
il rischio non fisico per i soggetti che può derivare da un uso improprio del suo materiale
genetico o dei suoi dati o di una trasmissione di questi a terzi, come assicurazioni, datori di
lavoro o altri che potrebbero usare queste informazioni anche contro l’interesse del soggetto;
l’eventualità di pervenire a nuove informazioni genetiche, precedentemente non previste nel
consenso iniziale, potrebbe risultare indesiderata o addirittura provocare difficoltà psicologiche
al soggetto o ai suoi familiari, se lo studio li coinvolgesse.
La conservazione dei campioni biologici e i database delle informazioni genetiche richiedono, dunque,
da subito delle misure idonee che diano massime garanzia sulla privacy dei soggetti. Di conseguenza, i
responsabili di queste banche di campioni e di informazioni devono stabilire e informare i soggetti
interessati del livello di anonimità di essi.
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Questionario
Nella parte finale del nostro lavoro abbiamo deciso di coinvolgere una fetta più ampia di persone
preparando a tale scopo un questionario che abbiamo poi pubblicato on-line. Questo ci ha permesso di
non limitarci soltanto al nostro punto di vista e a quello degli esperti da noi intervistati ma di capire
anche quanto la popolazione è informata sugli argomenti che sono connessi allo HGP e che cosa ne
pensa. Il campione di individui considerato ha un livello culturale medio-alto.
Di seguito mostreremo i risultati del nostro sondaggio effettuato su 242 individui di diverso sesso ed età:
1. Genere
Grafico 1
Come si può vedere dal grafico 1, il 57% degli individui che ha risposto al nostro questionario sono di sesso
femminile, mentre il 43% di sesso maschile.
2. Età
Grafico 2
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Dal grafico 2 possiamo notare che le persone che hanno risposto al nostro questionario hanno un range
di età molto diverso tra loro. Risulta evidente che la maggior parte degli individui ha un età compresa tra
i 25 e i 35 anni (46%), presumibilmente perché è stato più semplice per noi reclutare coetanei. Una
buona fetta delle persone, il 37%, ha un età compresa tra i 15 e i 25 anni, il 4% tra i 36 e i 45 anni, il 7%
tra i 46 e i 55 anni, il 6% tra i 56 e i 65 anni e solo l’1% è over 65.
3. Che cos’è un test genetico
Grafico 3
Alla domanda “sai cos’è un test genetico?” il risultato del sondaggio è stato promettente; infatti il 77%
degli individui da noi presi in considerazione ha dato risposta affermativa. Questo ci ha permesso di
ipotizzare che la maggior parte di queste persone avesse già sentito parlare di test genetici dimostrando
di essersi in qualche modo informati sull’argomento.
4. Sottoporsi ad un test genetico
Grafico 4
61
Inaspettatamente da quanto ci saremmo aspettati, il 57% delle persone sarebbe disposto a sottoporsi
ad un test genetico anche se questo potrebbe rivelare la predisposizione ad una malattia non
necessariamente curabile. Il 29% è indeciso e solo il 14% non sarebbe disposto a fare il test. Questo
risultato è molto interessante: ci saremmo infatti aspettati che una percentuale inferiore di persone
desse risposta affermativa poiché, dal punto di vista psicologico, avevamo ritenuto difficile affrontare la
situazione in cui una persona venga a conoscenza di essere malata senza però potersi curare. Queste
persone potrebbero aver pensato che, sapendo a priori di essere predisposti ad una certa malattia,
avrebbero potuto intervenire sul proprio stile di vita, alimentazione, ecc… per scongiurarne lo sviluppo.
5. Discriminazione
Grafico 5
Dal grafico 5 possiamo evincere che la maggior parte degli individui, il 77%, non vorrebbe che i propri
dati genetici fossero accessibili a datori di lavoro o compagnie assicurative. Questo è comprensibile se si
pensa che l’accesso non normato ai dati genetici della popolazione potrebbe senza dubbio generare
problemi di discriminazione.
6. Fiducia nella società
Grafico 6
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Il grafico mostra che il 77% delle persone pensa che la nostra società non sia in grado di gestire delle
informazioni così private come quelle riguardanti il patrimonio genetico dei singoli individui. Come si
può notare dando un rapido sguardo a questo grafico e al precedente, le percentuali risultano essere
uguali indicando che probabilmente le persone che non ripongono grande fiducia nella società sono le
stesse che non vorrebbero che i propri dati fossero accessibili a datori di lavoro e assicurazioni che
potrebbero farne un uso improprio.
7. Genoma umano
Grafico 7
Ci siamo chiesti se i nostri interlocutori sapessero che cosa fosse il genoma umano e abbiamo scoperto
che soltanto il 12% non ne aveva mai sentito parlare, il 62% dichiara invece di sapere che cosa sia.
8. Progresso scientifico
Grafico 8
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A questa domanda abbiamo deciso di attribuire una scala di adesione all’affermazione da noi fatta che
va da 1 a 5 dove 1 indica “poco d’accordo” con l’affermazione e 5 indica “molto d’accordo”. Nell’ascissa
del grafico abbiamo riportato i valori da 1 a 5 mentre in ordinata il numero di persone che ha dato la
risposta. Come si può notare, 133 persone, ovvero il 55%, è pienamente d’accordo nel ritenere che la
mappatura dei geni umani possa favorire il progresso scientifico. Solamente 2 persone non sono
risultate essere d’accordo con l’affermazione, tuttavia si tratta di un numero irrilevante sul totale che
sembra invece riporre fiducia nel progresso.
9. Portatore di malattie genetiche
Grafico 9
A questo punto abbiamo riproposto la domanda 3 evidenziando però la salvaguardia del nascituro
invece che la possibilità di essere predisposti ad una malattia incurabile. In questo caso, il 78% delle
persone è disposto a sottoporsi a test genetici mentre nella domanda 3 era risultato il 21% in meno.
10. Spesa Sanitaria Nazionale e terapie
Grafico 10
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Anche in questa domanda abbiamo deciso di attribuire una scala di adesione all’affermazione da noi
fatta che va da 1 a 5 dove 1 indica “poco d’accordo” con l’affermazione e 5 indica “molto d’accordo”.
Nell’ascissa del grafico abbiamo riportato i valori da 1 a 5 mentre in ordinata il numero di persone che
ha dato la risposta. Dai risultati si evince che le persone sono parzialmente d’accordo con l’affermazione
indicando che non sono del tutto convinte che il progresso scientifico riesca a ridurre la spesa sanitaria e
a migliorare le terapie.
Dal nostro sondaggio è possibile percepire che il campione di persone considerate è mediamente ben
informato su quelli che sono le applicazioni che derivano dallo HGP. La maggior parte di esse ha infatti
dichiarato di conoscere l’argomento o per lo meno di averne sentito parlare in precedenza. Gli individui
sembrano essere ben predisposti nei confronti dei progressi in campo scientifico tanto che la maggior
parte di essi oltre a pensare che le ricerche dello HGP abbiano portato a favorire il progresso scientifico,
sarebbero anche disposte a sottoporsi a test genetici per conoscere e affrontare con maggior
consapevolezza il proprio stato di salute.
Quanto riscontrato dal sondaggio è puramente indicativo e non riflette l’andamento che si sarebbe
riscontrato su un campione di popolazione più ampio e variegato per età, sesso e livello culturale:
abbiamo infatti considerato un campione molto ridotto di individui di livello culturale medio-alto.
Sarebbe quindi interessante riuscire a coinvolgere un maggior numero di individui e cercare di capire se
vi è un nesso (di età, culturale, o altro) che accomuna le persone che danno lo stesso tipo di risposta. In
questo modo sarebbe infatti possibile avere a disposizione un’analisi più veritiera e che permetta di
capire meglio in che modo informare e sensibilizzare la popolazione sull’argomento.
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Conclusioni Il 26 Giugno del 2000 dalla sala stampa della Casa Bianca l’allora Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton,
in collegamento con l’allora Primo Ministro britannico Tony Blair, ha annunciato che circa l’ 80-90% del
genoma umano era stato sequenziato. La notizia ha avuto un forte effetto mediatico tanto che il giorno
dopo il Corriere della Sera scriveva: ”Così il genoma allungherà la vita”.
Lo scalpore suscitato deriva soprattutto dalle applicazioni mediche delle informazioni ottenute dal
Progetto Genoma Umano (HGP), nella prevenzione, diagnosi e trattamento delle malattie: dalla
rivelazione di predisposizioni genetiche alle malattie alla loro esatta diagnosi, dalla terapia genica ai
cosiddetti farmaci personalizzati.
Lo HGP ha portato allo sviluppo di una nuova dimensione della medicina, la “medicina predittiva”; si
tratta di un approccio che, basandosi sulle informazioni ricavabili dalla costituzione genetica individuale,
può anticipare una stima del rischio di sviluppare una determinata patologia durante il corso della vita.
Si rivolge agli individui sani, o apparentemente sani, nei quali cerca il/i difetto/i genetici che
conferiscono loro una certa predisposizione a sviluppare una malattia, in fase asintomatica,
permettendo di prevenirne o ritardarne l’insorgenza. Si potranno così evitare condizioni ambientali che
possano scatenare la malattia e l'eventuale aumento o addirittura la sostituzione di geni difettosi
attraverso la terapia genica. Attualmente, stanno suscitando grande interesse i test genetici predittivi
che potrebbero sostituire i vecchi check up e che già vengono utilizzati per un certo numero di patologie
come alcuni tipi di cancro, malattie cardiovascolari, malattie neurodegenerative come la Corea di
Huntington, malattie neuromuscolari.
Inoltre, grazie ai dati generati dallo HGP sono stati identificati i geni mutati in circa 2000 delle 3500
malattie monogeniche Mendeliane. In questo modo è possibile fare una diagnosi precisa della malattia
ed eventualmente iniziare una terapia genica. Ciò è stato ed è utile non solo per la diagnosi di queste
malattie, piuttosto rare, ma anche per quelle più comuni come alcuni tipi di cancro.
Un’altra conseguenza del sequenziamento del genoma umano è stata la scoperta che tutti gli individui
condividono un genoma identico per il 99.9%. Questa piccola percentuale di differenza è coinvolta nei
meccanismi alla base dell’insorgenza di diversi tipi di reazioni avverse e delle diversità di efficacia di un
farmaco da un soggetto all’altro. Studiando l’assetto genetico del paziente mediante la
farmacogenomica si potrà scegliere il farmaco più idoneo aumentando l’efficacia e riducendo gli effetti
collaterali. Riassumendo con uno slogan: “il farmaco giusto al paziente giusto”.
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Tra i vantaggi in campo medico generati dalle informazioni emerse dal Progetto va annoverata anche la
terapia genica. Infatti laddove saranno individuate varianti genetiche "difettose" che possono essere alla
base dello sviluppo di patologie più o meno invalidanti, o rappresentare un fattore di rischio, sarà
possibile, entro certi limiti, attuare un piano terapeutico mirato alla sostituzione di quest'ultime con
varianti geniche "funzionanti". Chiaramente le tecnologie usate al momento per la terapia genica non
posso ancora essere considerate perfette, infatti uno dei principali problemi è legato alla sicurezza.
Nonostante tale problematica l'intera comunità medico-scientifica è fiduciosa nel considerare le
potenzialità e la validità della terapia genica rispetto alla terapia farmacologica classica, e sta lavorando
molto al fine di raggiungere risultati sempre più promettenti ed incoraggianti.
Una serie di dati sono stati enunciati in questo testo per far capire al lettore quali sono i vantaggi di
Business che il progetto potrebbe offrire al di fuori del contesto americano. La voglia di investire dei
diversi Paesi europei nei confronti del genoma è piena di suscettibilità al momento, senza focalizzare
l’attenzione sui vantaggi e sulle plusvalenze che gli Stati Uniti d’America sono riusciti a realizzare
nell’arco di un ventennio ormai passato. Tutto starebbe nel tirar fuori la forza economica per sfruttare i
benefici ottenuti oltreoceano e realizzare una macchina di business lanciata nel futuro, associata ad una
forte sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
L’interesse scientifico e commerciale, principale propulsore della ricerca in farmacogenomica è
certamente il maggiore motivo dell’entusiasmo dell’industria farmaceutica per lo HGP. Tuttavia, occorre
anche considerare che ai vantaggi di una quota di popolazione potrebbero correlarsi svantaggi
terapeutici per altre fasce minoritarie di popolazione, perciò è fondamentale che un’ampia e articolata
riflessione e adeguate soluzioni vengano intraprese prima che la commercializzazione dei test genetici
possa causare discriminazioni tra i pazienti. Potrebbe essere utile una larga concertazione tra sponsor,
autorità scientifiche, gruppi di cittadini e rappresentanti di pazienti, autorità sanitarie, enti assicurativi
pubblici e privati affinché siano adeguatamente vagliati non solo gli aspetti scientifici, ma anche quelli
etici, sociali e legali di questo nuovo approccio alla pratica clinica e alla terapia. Il progresso della
farmacogenomica è un obiettivo da valorizzare, indirizzare e condividere, anche se questo apporterà dei
benefici economici. La ricerca non deve essere fermata, né l’industria ripudiata, ma allo stesso tempo è
imperativo che i benefici, come i rischi, siano equamente distribuiti e che il bene globale della persona e
la salvaguardia dei diritti e della dignità di tutte le popolazioni siano prioritari e prevalenti rispetto a
tutte le altre finalità.
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Research Institute, National Institutes of Health)
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“TCGA, study of glioblastoma tumor genome reveals new details, potential treatment
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