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FrancoAngeli Giuseppe Romano Novara: la prima area di ristoro autostradale Storia, abitudini, architetture della sosta in viaggio dal grill Pavesi a Chef Express

Giuseppe Romano Novara: la prima area di ristoro autostradale · Archivio storico Fiat, Studio Iosa Ghini, Archivio storico Barilla (Fondo Pavesi), Archivio storico SATAP . 7 11 15

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FrancoAngeli

Giuseppe Romano

Novara: la prima area di ristoro autostradaleStoria, abitudini, architetture della sosta in viaggio

dal grill Pavesi a Chef Express

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Giuseppe Romano

Novara: la prima area di ristoro autostradale

Storia, abitudini, architetture della sosta in viaggiodal grill Pavesi a Chef Express

FrancoAngeli

Immagine di copertina: Studio Iosa Ghini Progetto grafico e impaginazione: Imagine Copyright © 2017 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy. L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sul diritto d’autore. L’Utente nel momento in cui effettua il download dell’opera accetta tutte le condizioni della licenza d’uso dell’opera previste e comunicate sul sito www.francoangeli.it.

Si ringraziano per i contributi iconografici e documentari: Arch. Jan Jacopo Bianchetti, Archivio storico Cremonini, Archivio storico Fiat, Studio Iosa Ghini, Archivio storico Barilla (Fondo Pavesi), Archivio storico SATAP

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Prefazionedi Luigi Cremonini

Introduzione

Uno spaccio di biscotti

Settant’anni di Italia tra la pubblicità e i supermarket

Il viaggio e la sosta

Cremonini, un imprenditore appassionato di ristorazione

Chef Express in autostrada: una nuova customer experience

Come una colonna sonora

Non è un caso…

Bibliografia

Crediti fotografici

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Prefazionedi Luigi CremoniniPresidente Cremonini Spa

La sosta nelle aree di ristoro in autostrada è sem-pre stata uno degli aspetti più piacevoli dei miei in-numerevoli viaggi in macchina. L’autostrada ce l’ho nel cuore. Ricordo come fosse oggi l’avanzata dei cantieri dell’Autostrada del Sole, proprio negli stessi mesi del 1961 in cui cominciavo la mia attività im-prenditoriale; rivedo la festa per l’apertura dei ca-selli di Modena e delle limitrofe grandi aree di sosta a Secchia, come pure la costruzione del non lontano Cantagallo, diventato un luogo simbolico per milioni di italiani.La mia azienda non si sarebbe mai sviluppata sen-za una via di trasporto rapida ed efficiente. La na-tura stessa della nostra attività nel settore della produzione delle carni è intrinsecamente legata alla logistica e alla catena del freddo. Vale anche per tanti altri settori produttivi, e non a caso il no-stro sviluppo economico nel dopoguerra è stato fortemente sostenuto dallo sviluppo dei trasporti, e dell’autostrada in particolare.Per me il pranzo in autostrada conserva ancora un fascino particolare: ogni volta che posso, nei frequenti andirivieni con Bologna, mi fermo pres-so l’area La Pioppa, vicino a Borgo Panigale, che da vari anni è gestita da Chef Express, la società del nostro gruppo che cura tutte le attività di ri-storazione. I dipendenti ormai mi conoscono, ma sanno che voglio essere trattato come tutti i clienti,

compresa la fila alla cassa. Essendo un curioso per natura, mi diverto a scoprire le novità dell’offerta, con i format sempre più moderni e attraenti, i nuovi panini, la proposta dei prodotti del territorio e quelli del market; e mi piace anche osservare i clienti, un vero spaccato della nostra società. Non è solo un modo di dire: recentemente, proprio a La Pioppa, si è fermato il Presidente del Consiglio, che era in viaggio insieme al Presidente della Regione Emilia Romagna, anche loro in fila alla cassa e poi ad as-saggiare un tagliere di salumi tipici del territorio e di nostra produzione. L’area di servizio è «democra-tica», nel senso più nobile della parola, e oggi, come potrete leggere nelle storia che segue, la missione di questi luoghi si è profondamente evoluta in fun-zione delle moderne esigenze dei viaggiatori.Quando nel 2003 si aprì il mercato a nuovi ope-ratori della ristorazione autostradale ne fui felice e cogliemmo l’opportunità che si presentava. Non che fossimo dei neofiti: fin dai primi anni Ottanta avevamo iniziato a operare nella ristorazione, sia commerciale che in concessione. In quegli anni sta-va cambiando profondamente il concetto del man-giare fuori casa: in seguito alle nuove dinamiche del mondo del lavoro si erano affermate ovunque le mense aziendali e presero sempre più piede le ca-tene organizzate di ristorazione veloce; finiti i cupi anni Settanta, si usciva sempre di più a cena o nel fine settimana, e nel tempo libero si affermava un concetto del tutto nuovo del casual dining. Di fronte a questi grandi cambiamenti abbiamo intuito che la diversificazione nel mondo della ristorazione sa-

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rebbe stata sempre più strategica, e non solo un semplice sbocco a valle della produzione. Nacque così nel 1982 il nucleo di quella che sarebbe diven-tata la Chef Express che oggi conosciamo: uno dei principali operatori nel settore, con leadership in vari segmenti, come quello delle stazioni ferroviarie dove siamo da tempo il primo player nazionale.Siamo stati innovatori e un po’ visionari nel rilan-ciare bar e ristoranti nelle stazioni, che negli an-ni Settanta avevano subito un penoso declino. Sempre nel settore ferroviario, ci siamo specializ-zati anche nella ristorazione a bordo treno, arrivan-do a servire i treni ad alta velocità in mezza Europa, fino a 600 treni al giorno in 8 Paesi. Alla fine degli anni Novanta entrammo anche negli aeroporti, a partire dagli scali romani, ma per entrare in auto-strada dovemmo aspettare l’apertura del mercato, dopo che i gloriosi marchi del passato – Pavesi in primis, seguito da Motta e Alemagna – erano finiti tutti in una società controllata dallo Stato. Con la privatizzazione dei primi anni 2000 nacque di fatto un nuovo settore economico, stimolato anche dagli imponenti lavori di ammodernamento avviati sulla rete autostradale all’inizio del nuovo millennio dopo anni di inerzia: non è un caso che l’inaugurazione della nuova area di Novara a mar-chio Chef Express coincida con la conclusione dei grandi lavori realizzati dalla Satap sull’autostrada Torino-Milano, che è stata di fatto completamente ricostruita. Il mercato, superata anche la crisi degli anni 2008-13, si presenta oggi molto promettente e competitivo e riteniamo ci siano importanti op-

portunità di sviluppo. E oggi penso con una certa emozione che andremo a gestire l’area di servizio di Novara, la prima in Italia, il grande «ponte» simbolo della storia della motorizzazione nel nostro paese. Vorrei concludere dedicando un pensiero a Mario Pavesi, proprio l’inventore delle aree di ristoro in autostrada, un imprenditore del settore alimentare che ha saputo vedere lontano: ha previsto e antici-pato lo sviluppo della motorizzazione e la crescita della rete autostradale e ha reso il suo marchio fa-miliare a milioni di italiani, tanto che nella memoria collettiva, a distanza di tanti anni, ancora resiste l’immagine del «Grill Pavesi». Oggi, dall’area di ser-vizio di Novara che, lo ripeto, fu la prima in assolu-to, mi sento un po’ di raccogliere il suo testimone e di rilanciare una sfida, seppur impegnativa: che questo rinnovato modello di ristorazione diventi il simbolo di un nuovo slancio economico per il nostro Paese, un po’ come lo furono le aree di Pavesi negli anni del boom economico. Noi ci crediamo.

Castelvetro di Modena, 5 luglio 2017

La rinnovata area di ristoro Novara Nord e Sud Chef Express nell’autostrada Torino-Milano (rendering).

Milano, anni Trenta: gli svincoli autostradali.

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Introduzione

Il racconto di queste pagine affonda le sue radici in un luogo: un terreno sull’autostrada Milano-Torino, a pochi chilometri dal casello di Novara. Vi sorge, da settant’anni esatti, un punto di sosta e ristoro per viaggiatori. Oggi quell’area è stata rilevata da Chef Express, l’azienda del gruppo Cremonini specializ-zata in ristorazione per viaggiatori, che, già leader di mercato nel mondo della ristorazione ferroviaria, sta attualmente consolidando la propria presenza anche nel settore autostradale. Di posti così oggi ce ne sono tanti, ma il luogo di cui parliamo ha una storia particolare. È, in assoluto, la prima area di ristoro autostradale d’Italia. Ne dob-biamo l’apertura a un uomo che, a sua volta, è uno dei protagonisti del nostro racconto: l’imprenditore Mario Pavesi. Racconteremo la sua vicenda e le sue molte geniali intuizioni.In questa narrazione però ci sono tantissimi altri protagonisti: noi stessi, gli italiani. Ne abbiamo fat-ta di strada – immagine che viene a proposito – da quando lo spaccio Pavesi di Novara venne aperto sul bordo della Torino-Milano. Abbiamo cambiato usi, stili di vita e di relazione. Anche la storia del nostro viaggiare, nell’arco di questi settant’anni, è cambiata profondamente. Man mano che le strade miglioravano, che le automobili si evolvevano, che le distanze si accorciavano e crescevano la necessi-tà e l’opportunità di spostarsi da una località all’al-tra per ragioni di lavoro, di famiglia o di svago, cam-biava di conseguenza lo stile del nostro viaggiare.

Proprio le autostrade sono un simbolo di questa modernizzazione. In primo luogo, col loro stesso esistere additano la raggiungibilità di mete lon-tane: oggi chi ne imbocca una a Palermo sa già che potrebbe uscirne a Napoli, a Roma, a Milano o proseguire ancora oltre, fino ad affacciarsi sul mar Baltico, sullo stretto di Dover o sul capo Finisterre. Quindi c’è sempre un preciso intento progettuale, in chi traccia l’itinerario di un’autostrada: e nel caso italiano possiamo farlo risalire alle decisioni che il governo assunse negli anni Cinquanta, cioè nell’im-mediato dopoguerra, in vista di una ricostruzione che doveva essere anche un rilancio di crescita. In quel rilancio le strade, per unire gli italiani, sono state essenziali quanto e più della televisione.In secondo luogo, è la stessa caratteristica dell’au-tostrada a determinare lo spirito con cui la si af-fronta. L’autostrada è uno spazio cintato al quale si accede attraverso varchi, spesso pagando un pe-daggio. Segue percorsi il più possibile rettilinei, che solcano l’orografia a forza di ponti e gallerie; incide il paesaggio, piuttosto che attraversarlo. La si per-corre ad alta velocità, concentrati sulla guida e sul percorso; non c’è tempo per ammirare il panorama. Nell’autostrada, per riprendere un celebre verso di Eugenio Montale, più che in ogni altro luogo «tutte le immagini portano scritto: “Più in là!”».Il viaggio dura ore, talvolta giornate intere, e fisio-logicamente richiede soste per riposarsi, rifornirsi e ristorarsi. Qui, forse più che negli altri aspetti, possiamo misurare la quantità e la qualità del cam-biamento intercorso nei decenni: un cambiamento

Il primo «grill Pavesi» e la sua insegna, nel 1947.© ProgettistaArch. Angelo Bianchetti

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molto meno lineare di quanto potrebbe apparire a prima vista, e determinato dalle attese e dalle volontà dei viaggiatori non meno che dalle vicissi-tudini imprenditoriali ed economiche dei fornitori di servizi. Nell’intento di essere al passo con i tempi – o, sarebbe meglio dire, di precorrerli – ci sono stati uomini brillanti che si sono confrontati, scontrati, alleati. Aziende concorrenti si sono riunite, alcune hanno mollato e altre sono subentrate. Tutte con l’identico obiettivo: rispondere alle richieste degli italiani in movimento. Potremmo dire che, in qualche modo, i luoghi di sosta per chi è in viaggio sono stati una scuola di vita, di cibo e di relazioni sociali. Ma la scuola – una scuola ben praticata – non è una strada didattica a senso unico, dall’alto verso il basso. Un buon in-segnante ascolta anzitutto e conosce i suoi allievi, le loro esigenze, le loro necessità così come le loro doti e le loro aspirazioni; poi, su quelle basi, modella la sua offerta formativa. Non c’è scuola senza sim-patia, senza empatia.Poiché gli italiani cambiavano, i loro luoghi di so-sta sono cambiati, allo stesso ritmo con cui sono sopraggiunte e si sono evolute le altre due grandi «scuole» sociali nazionali, ovvero i due più impor-tanti mass media popolari del dopoguerra: la tele-visione e il supermarket. Potremmo fare un paral-lelo non peregrino tra i cambiamenti sociali degli italiani e quelli della televisione, dei supermercati e dei punti di ristorazione per viaggiatori: tra la prima Rai «maestra», la Standa e i primi spacci a bor-do strada; tra la televisione commerciale degli anni

Ottanta, le grandi catene dei supermercati genera-listi e gli autogrill che obbligavano a un’intermina-bile gimcana tra i prodotti da acquistare; tra la te-levisione digitale che diventa multicanale, tematica e on demand, i centri commerciali pieni di negozi specializzati e l’autogrill trasformato in un bouquet di concept «su misura».Tutto questo Mario Pavesi non poteva saperlo nel 1947. Eppure, come è stato detto di lui, era uno «che legge oggi il giornale di domani». E quindi, sì, abbiamo qualche debito nei suoi confronti.Lo spaccio di biscotti che aprì in uno slargo della prima autostrada Milano-Torino ha attraversato i decenni e ha rispecchiato la propria disponibilità a tutti questi cambiamenti assumendo forme archi-tettoniche mutevoli e sempre d’avanguardia. Oggi un nuovo imprenditore e un nuovo progettista lo fanno rivivere con lo sguardo rivolto al domani. Mai come in quest’angolo del novarese passato e futu-ro si sono fatti strada a braccetto.

Inaugurazione del primo Autogrill Pavesi «a ponte» di Fiorenzuola d’Arda, nel 1959: al centro il cavalier Mario Pavesi, a destra l’architetto Angelo Bianchetti.© Progettista Arch. Angelo Bianchetti

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Uno spaccio di biscotti

Questa storia italiana comincia con un ragazzo di paese che ha talento d’imprenditore. Si chia-ma Mario Pavesi ed è di Cilavegna, una località in provincia di Pavia, in quella zona pianeggiante tra Piemonte e Lombardia dove abbondano le risaie. Nato nel 1909, è figlio di un falegname che però non si è accontentato: ha aperto anche una panet-teria. È qui che Mario fa propria quella che qualche suo collaboratore definirà «la mentalità da panet-tiere». Gliela si noterà per tutta la vita nell’attenzio-ne al sodo e ai minimi dettagli; anche quando, or-mai affermato capitano d’industria, entra nei punti vendita per controllare che la merce esposta sia fresca e abbondante.Panettiere, sì, ma non per sempre. Mentre potreb-be accettare la linea dritta e tranquilla che la real-tà gli propone, sotto forma delle imprese paterne di cui è collaboratore, invece non si accontenta. Si sente un venditore. Intraprende la carriera di com-messo, vendendo giocattoli e stoviglie, ma poi si focalizza sui dolci. Va di cliente in cliente in bici, con la merce nel portapacchi, e poi su un camioncino. Quando nemmeno questo gli basta più, nel 1937, apre un forno suo a Novara e assume tre operai. Produrrà in proprio ciò che vuole vendere.Uno spirito irrequieto, quindi, alla ricerca di una pro-pria collocazione soddisfacente. L’ha trovata nel campo dei biscotti. I Biscottini di Novara sono un dolce novarese semplicissimo da fare (uova fre-sche, zucchero e fior di farina). Hanno però una

storia plurisecolare, iniziata nel Cinquecento: li pro-ducevano le monache in occasione delle feste, e li portavano ai malati, che li gustavano perché leggeri e nutrienti. I novaresi li hanno sempre apprezza-ti e vanno così orgogliosi dei loro biscotti che nel 1872, in occasione del Carnevale, la città di Novara venne ribattezzata «Biscottinopoli» e a rappre-sentarne l’essenza fu creato il personaggio di «Re Biscottino», titolo di cui tuttora viene insignito an-nualmente un personaggio che riceve le chiavi della città. Inoltre i novaresi hanno antica esperienza del compiacimento a cui vanno incontro quando li fan-no assaggiare a gente di altre contrade: si dice che i primi a spargerne la fama siano stati i preti della curia romana, cinque secoli fa, ai quali li offriva il clero di Novara in visita nella Città eterna.Nel momento in cui Pavesi si mette in proprio a produrre biscottini, sull’Italia incombono anni dif-ficili. I sogni di gloria del regime italiano vengono spazzati via dai venti della guerra. Le materie prime scarseggiano. Bisogna badare al sodo. Come altre aziende alimentari italiane, nel periodo del conflitto la Pavesi si riconverte e si dedica ad approvvigiona-re l’esercito, gli ospedali. Con discrezione fa anche pervenire molti quintali di alimenti ai partigiani in montagna.La dote principale che distingue un imprenditore da un semplice commerciante è la capacità di ve-dere oltre ciò che è scontato. Vale a dire, scorgere l’invisibile che altri non vedono. Nel corso del con-flitto Pavesi ha visto la gente patire la fame, e ha visto anche la gioia con cui venivano accolti i doni

In alto, il bozzetto del primo grill Pavesi a Novara (1947).© ProgettistaArch. Angelo Bianchetti

In basso, progetto del primo ampliamento non realizzato (1950).© ProgettistaArch. Angelo Bianchetti

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alimentari che i soldati americani distribuivano a piene mani. Un cibo molto diverso da quello a cui gli italiani erano abituati. E per tanti di loro il successi-vo Piano Marshall, nel primo dopoguerra, con le sue forniture alimentari trasformerà quel sollievo occa-sionale in un aiuto decisivo.Finita la guerra, in un’Italia che deve risollevarsi dalle macerie, Pavesi, quasi quarantenne, torna alla sua fabbrica di biscotti. Le cose vanno bene, ma devono andare meglio. L’imprenditore si guarda at-torno in cerca di idee nuove.Il tempo dimostrerà di che tempra è fatto. È un ge-nio della comunicazione. Il suo primo grande gesto in questo campo è quello che ha originato questo libro. Ha a che fare con una realtà che, preceden-te alla guerra, sta dimostrando tutte le sue po-tenzialità negli anni del dopoguerra: l’autostrada. Costruita nel 1930 e inaugurata nel 1932, l’auto-strada Torino-Milano è una delle prime in Italia e già fa parte del panorama consueto dei novaresi. Non è l’autostrada che conosciamo oggi: si trattava allora di una strada a singola carreggiata, con una corsia per senso di marcia. A paragone dei nostri anni il passaggio di automobili e camion era scarso, ma aumentava a un ritmo tale da lasciar presagi-re un allargamento, che infatti verrà compiuto nel 1952. Non pochi di quei viaggiatori, automobilisti e camionisti, facevano una piccola deviazione per comprare biscotti nella fabbrica non lontana dal loro percorso. Ed ecco l’idea: perché non aprire un punto di ristoro sul bordo di quell’arteria? Si sareb-bero ottenuti almeno due risultati: offrire un servi-

zio per dare sollievo agli automobilisti che stavano affrontando un percorso impegnativo, a qualsiasi ora del giorno e della sera, e far conoscere i pro-dotti Pavesi al di là dei confini provinciali. Arrivare, idealmente, a Milano e a Torino, e chissà dove. All’altezza del 1947 nasce così quella che sarà la prima area di sosta e ristoro autostradale in Italia: lo spaccio Pavesi, dove chi viaggia può sospendere momentaneamente le sue fatiche, mangiare e bere al banco o accomodato nei tavolini, e comprare ot-timi biscotti confezionati in piccole porzioni: anche questa una novità per l’epoca, quando i biscotti si vendevano sfusi o in scatole di latta. Pavesi non lo sa ancora, ma questa sua intuizione farà la differenza.L’idea di origine, in effetti, è di oltreoceano: già da prima della guerra le interstatali che attraversa-no gli Stati Uniti proponevano, a bordo strada, le popolari grill room. Ma in Italia nessuno l’aveva an-cora importata, e Pavesi dimostrerà a più riprese di saper precorrere i tempi. A questa realtà che si è inventato e che prima non c’era serve un nome; e Pavesi conia anche questo: autogrill, per defini-re, «all’americana», il nuovo stile di ristorazione in viaggio.

Prodotti nuovi, muri nuoviL’area di sosta Pavesi non dovrà essere un posto qualsiasi. L’imprenditore l’ha appena aperta, ma già punta più in alto. Si informa sui migliori architet-ti e chiama il trentacinquenne Angelo Bianchetti, affidandogli la paternità del progetto. Si tratta di

Inaugurazione dell’area di ristoro di Novara, nel 1947. A sinistra, secondo e terza della fila (lei con un vestito chiaro),

Mario Pavesi e Mariuccia Lodigiani Pavesi; a destra, dietro il sacerdote, con gli occhiali scuri, Angelo Bianchetti.© Progettista Arch. Angelo Bianchetti

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rifocillata. Nota che da quelle parti la pubblicità è informativa, suggestiva, sistematica. Vede di per-sona la rete di aree autostradali e osserva il regime alimentare degli americani. Li vede fermarsi, nei viaggi, per consumare porzioni di carne alla griglia. Nel complesso la loro dieta è più pesante di quella mediterranea, ma ci sono alcune eccezioni: i cra-ckers, biscotti salati e leggeri che si possono usare al posto del pane. Da viaggi successivi riporterà al-tri prodotti destinati a diventare celebri dalle nostre parti, come i biscotti Ringo.

È sempre l’ora dei PavesiniÈ venuto il momento di differenziarsi definitiva-mente. Nel 1952 i «Biscottini di Novara» vengono sottoposti a un restyling. Pavesi chiama a consulto pediatri e studiosi dell’alimentazione per esalta-re la leggerezza del suo biscotto, che infatti vie-ne registrato come prodotto alimentare-dieteti-co. È rivolto a tutti, a chiunque voglia mantenere una vita sana, e strizza un occhio ai bambini e al-le loro mamme. Quei biscotti rinnovati e adattati all’uso industriale – sono meno umidi e più adat-ti al confezionamento – acquistano un nuovo no-me: Pavesini. La rapida ed enorme diffusione dei Pavesini darà lustro al marchio Pavesi e alla sua produzione sempre più differenziata: quel marchio diventerà presto familiare dappertutto e, in parti-colare, sulla sommità di sempre più numerosi pun-ti di ristoro in autostrada. D’altra parte il mondo Pavesi, grazie alla tempestiva collaborazione con il brillante pubblicitario Mario Bellavista, è ormai

un professionista giovane ma già ben noto per l’e-sperienza nel campo degli spazi espositivi e del-le «architetture pubblicitarie», in Italia e all’estero: «Ha lavorato all’esposizione di Parigi del 1937 e nel 1948 ha realizzato il Palazzo delle Nazioni della Fiera di Milano. A lui Pavesi affida il compito di svi-luppare un’architettura funzionale ma, allo stesso tempo, dotata di una forte valenza pubblicitaria» (Autogrill, 16).Nel 1949 viene inaugurata la rinnovata area di ri-storo. La neonata collaborazione diventerà soda-lizio: l’architetto Bianchetti seguirà tutte le fasi di espansione della grill room di Novara e, poi, mol-ti altri luoghi di ristoro che si diffonderanno col marchio Pavesi sulla rete autostradale italiana. Certamente a sostegno della sintonia tra architetto e imprenditore c’è la comune visione «americana». Su Quattroruote, la rivista-simbolo dell’automobile come sinonimo di status e progresso, nel 1959, al rientro da un viaggio negli Stati Uniti, Bianchetti annuncerà con toni entusiastici quale sia il futuro che si schiude agli italiani: «Presto potranno viag-giare in condizioni quasi americane riproducendo la formula dei bar-ristoranti disseminati lungo le stra-de di quel Paese modello».Bisogna crescere ancora. L’imprenditore è inquieto: vuole dare ai suoi clienti qualche prodotto che nes-sun altro sa fare. Vuole diventare indispensabile.Pavesi decide di allargare anzitutto i propri orizzon-ti. All’inizio degli anni Cinquanta se ne va di persona negli Stati Uniti, a osservare e a imparare come vive quel popolo che ha liberato l’Italia e poi l’ha