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Giuliana Pampararo Meller ANALISI TEMATICA DEI ROMANZI DI SVEVO Department of Italian Language and Literature Master of Arts In the past decade Italian and foreign critics have shown a renewed interest in Svevo's writings and have rediscovered his first work Una vita, recognizing its rich thematic content but invariably denying it artistic value. The aim of my study has been twofold: to follow, in our author's three novels, the development of aIl the various themes from Una vita to La coscienza di Zeno, and to show that Una vita, if analized in depth, reveals a highly organized structure which is not apparent at first reading. @ Giuliana Pam.pararo Ee11er 1973

Giuliana Pampararo Meller ANALISI TEMATICA DEI ROMANZI …digitool.library.mcgill.ca/thesisfile45885.pdf · Romanzi per il secondo volume, ... non sono delle grandi aspirazioni bensl

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Giuliana Pampararo Meller

ANALISI TEMATICA DEI ROMANZI DI SVEVO

Department of Italian Language and Literature

Master of Arts

In the past decade Italian and foreign critics have

shown a renewed interest in Svevo's writings and have

rediscovered his first work Una vita, recognizing its rich

thematic content but invariably denying it artistic value.

The aim of my study has been twofold: to follow, in

our author's three novels, the development of aIl the

various themes from Una vita to La coscienza di Zeno, and

to show that Una vita, if analized in depth, reveals a

highly organized structure which is not apparent at first

reading.

@ Giuliana Pam.pararo Ee11er 1973

ANALISI TEMATICA DEI ROMANZI DI SVEVO

by

Giu1iana Pampararo Me11er

A thesis submitted to the Facu1ty of Graduate Studies and Research in partial fu1fi1ment of the requirements for the degree of Master of Arts.

Department of Ita1ian Language and Literature,

McGi11 University, Montreal. Ju1y 1972

PREMESSA

La deprecata abitudine deZZa critica Zetteraria di dividere

Ze opere di un autore in minori e maggiori e di Zeggere Ze prime

in funzione deZZe seconde (anzi spessissimo una radicaZe

riduzione di queste uZtime porta a parZare di un singoZo

"capolavoro")., non sembra aver risparmiato nemmeno Svevo; e

questo nonostante iZ suo esplicito atteggiamento negativo nei

confronti di taZi distinzioni., e il suo procZamarsi scrittore di

un soZo romanzo., che per Zui si definisce come work perennemente

in progress.

E' cost che La coscienza di Zeno., vetta indiscussa delZa

narrativa sveviana., non soZo ha ostacoZato il riconoscimento del

valore Zetterario degZi altri due., pur pregevoZissimi., romanzi.,

ma ha perfino impedito che es si venissero anaZizzati con la

dovuta attenzione e oggettività. A questa situazione si è soprattutto

ribeZZata Za critica più recente., che ha sceZto come campo di

iii

prova delLa propria tesi Una vita ehe~ aneor più di Senilita~ aveva

fa~to le spese di tale defo~ante giuoeo prospettieo. Possiamo

rieorTere al reeentissimo profilo sveviano di Geno Pampaloni

eon~~~~o nella Storia della letteratura italiana a eura di

E. Ceeehi e N. Sapegno ("Il Noveeento") per avere un'idea di

eome questa svolta si sia artieolata: Una vita appare al eritieo

"matriee indiseutibile del mondo sveviano e antieipazione di tutti

i suai terni essenziaU" (p. 502). In reaua ~ una svoUa solo

appcœenœ: si rieonosee sl a Una vita pregnanza di temi e situazioni~

ma si nega poi a Svevo la eapaeita di organizzare questi temi in

st;pu:t~e narrativamente vaUde (Pampaloni parla di "ingorgo di

mo~ivi aneora ineombusti~" dove pratieamente si ripete il veeehio

cliché CTitieo~ appena appena variato alla superfiee~ ehe

eontrapponeva il romanzo "tutto ombra~" - Una vita - al romanzo

"~~to lv..ee.3" - La eoseienza di Zeno). GU seopi deUa mia tesi sono

per~to mol~epliei: da una parte si tratta di portare avanti e di

verifiecœe il diseorso sulla straordinaria rieehezza tematiea di

Una vita~ dimostrando eome non solo vi eompaiano tutti i motivi

delLa naF.P~iva ehe seguirà~ ma anehe molti altri ehe verranno poi

f~~i cadere dalla rigorosa opera di selezione fatta da Svevo;

dall'altra di s~iare l'originalità di eiaseuno dei tre romanzi

nelLa eonvinzione~ di eui si eerea di far parteeipe il lettore~ ehe

essi rappresentino momenti diversi in eui si atteggia la soluzione

di ua iden~ieo problema esis~enziale~ ehe rimane invariato dal

prineipio alla fine.

G. P. M.

l

UNA VITA (1892)

"Tu sei originaZe perche nessuno ti Zegà."l

1.

La critica è unanime nel considerare questo primo romanzo di

Svevo il meno riuscito. Già Joyce, Crémieux e Montale, i fautori

deI lancio deI romanziere triestino nel 1925-26, trascurano

quest'opera in favore della Coscienza di Zeno i primi due, di

Senilità l'ultimo. Ne segue un certo disinteresse da parte degli

editori italiani e stranieri: fino ad oggi abbiamo avuto sette

edizioni italiane di Una vita e solo tre traduzioni - in polacco

1 Cosi diceva a Svevo Veruda, l'unico suo vero grande amico. Lettera a Giuseppe Prezzolini, 2 dicembre 1925, Epistolario, p. 771.

L'edizione delle opere sveviane a cui ci si riferisce in questo studio, è quel la delle Opera Omnia, a cura di Bruno Maier, pubblicata dall'editore dall'Oglio, Milano, in quattro volumi. Il primo volume, uscito nel 1966, raccoglie l'Epistolario. Il secondo volume, uscito nel 1969, riunisce i romanzi ed è costituito da due libri: la Prima parte riporta Una vita e la seconda edizione di Senilità (1927), preceduti dall "'Introduzione" deI Maier; la Seconda parte riproduce La coscienza di Zeno e, in appendice, la prima edizione di Senilità (1898), seguiti da un "Aggiornamento dell"Introduzione' (1959-1969)" e dalla "Bibliografia" articolata in due sezioni (Biqliografia delle edizioni e Bibliografia della critica) aggiornata al giugno 1969. Il terzo volume, uscito nel

nel 1960, a ben sessantotto anni dalla pubblicazione deI romanzo;

in tedesco nel 1962; in inglese nel 1963 in una doppia edizione

inglese e americana. Se si paragona il successo editoriale di

questo romanzo a quelle degli altri due, con tredici edizioni

italiane e traduzioni in otto lingue Senilità, con dieci edizioni

italiane e traduzioni in tredici lingue La coscienza di zeno, si

deve ammettere che l'esistenza di tale sostanziale differenza di

disponibilità e di reperibilità commerciale indica il minore

interesse che Una vita ha da sempre suscitato nel pubblico italiano.

Se si pensa pero all'anno in cui il romanzo comincio ad essere

2 scritto, cioè il 1887, 0 anche al suo anno di pubblicazione, il

1892,3 quando ancora non si erano sentite le voci di Mann, Musil,

4 Kafka, Proust, Joyce, e che un romanzo veramente "moderno" che

1968, riunisce i Racconti, Saggi, Pagine sparse. Il quarto ed ultimo volume, uscito nel 1969, è dedicato aIle Commedie. Nel testo di questo studio, quando si cita il romanzo sotto scrutinio si dà il riferimento delle pagine in parentesi, immediatamente dopo la citazione; se ci si riferisce ad altra opera di Svevo, si indica tra parentesi il volume e la pagina; se, per ragioni di cronologia od altro, si mette l'indicazione in nota a fondo pagina, si cita in questo caso la prima paroI a deI titolo deI volume delle Opera omnia che la comprende: Epistolario per il primo volume; Romanzi per il secondo volume, parte prima e seconda; Racconti per il terzo volume; Commedie per il quarto ed ultimo volume.

2 Questa informazione si desume da una pagina di diario dell'autore, data ta 19 dicembre 1889, Racconti, pp. 813-814.

3 Sebbene la prima edizione di Una vita porti la data 1893, il romanzo esce nel 1892.

4 Si vuole ricordare la data di pubblicazione della prima opera degli autori citati: Mann, Buddenbrooks, 1896; Musil, Young Torless, 1906; Kafka, Das Urteil, 1913; Proust, Les plaisirs et les jours, 1896; Joyce, Dubliners, 1914.

2

rompesse con la tradizione ottocentesca non era ancora stato

scritto, ci si deve domandare se Una vita merita il silenzio e

il disconoscimento riservatole non solo dai lettori, ma anche

dalla maggior parte degli studiosi.

Il titolo originale dell'opera era Un inetto, ma Svevo 10

cambio, sebbene a malincuore, dopo che l'editore Treves 10

dichiaro inaccettabile; scelse allora Una vitae Gli fu

rimproverato a volte di aver plagiato Maupassant, ma il triestino

si discolpo confessando di non aver neppur saputo dell'esistenza di

U . 5 ne v~e. Si è obiettato alla vastità deI titolo: a me sembra

letteralmente esatto. E' la vita di un uomo, dal momento della

sua "indipendenza" al momento della sua morte. Quello che traspare,

mi sembra, non sono delle grandi aspirazioni bensl una specifica

limitazione: una vitae L'articolo indeterminativo nei due titoli

costituisce una spia di ordine psicologico. Una certa limitazione

c'è anche nello sviluppo dell'opera: per quanto si abbiano pitture

di ambienti e aperture verso la vita dei personaggi di contorno,

quelle che sembra maggiormente preoccupare il romanziere rimane

sempre il protagonista.

Il romanzo viene pubblicato a Trieste, pressa l'editore Vram

a spese dell'autore; l'edizione di sole mille copie si esaurirà

5 Si vedano la lettera a Valery Larbaud, 15 gennaio 1925, Epistolario, p. 757; e il "Profilo autobiografico," in Racconti, p. 802.

3

col tempo "in doni ••• ad amici e conoscenti.,,6 La pubblicazione

ha una certa risonanza nella stampa triestina; i due quotidiani

Il Piccolo e l'Indipendente la recensiscono il 27 dicembre 1892.

Gli articoli non firmati sono molto lusinghieri e possono es sere

considerati di parte, trattandosi di giudizi di colleghi e di amici

di Svevo. Ma l'undici dicembre il Corriere della sera pubblica

la recensione di Domenico Oliva: la critica favorevole su un

giornale tanto prestigioso dovrebbe equivalere ad un lancio, mentre

in realtà non suscita nessuna sostanziale reazione né di critica,

né di pubblico. Questo articolo fu pero di grande conforta a

Svevo che COS1 si esprime nella breve introduzione alla seconda

edizione di Senilità (1927): "Fu la Iode di un si autorevole

critico che m'incoro alla pubblicazione di questo seconda romanzo."

Un'altra importante opinione su questo sua primo romanzo, Svevo

la ebbe qualche anno dopa dal romanziere tedesco Paul Heyse, a cui

aveva inviato una copia. La lettera di commenta, datata 19 giugno

1897, riconosce Una vita come "opera seria e profonda" e ne Ioda

l'autore per la "seria ricerca della verità interiore e una decisa

attitudine a trattare problemi psicologici," ma rimprovera a Svevo

di attenersi alla falsa teoria artistica deI naturalismo. 7

6 "Profila autobiografico," in Racconti, p. 802-803.

7 Le lettere di Heyse sono riportate nella biografia di Svevo, scritta dalla moglie. Si veda Livia Veneziani Svevo, Vita di mio marito con altri inediti di Italo Svevo, stesura di L. Galli, nuova edizione a cura di A. Pittoni (Trieste, 1958), pp. 31, 32, 47-48.

4

Nonostante l'incoraggiamento di alcuni e l'indifferenza di

moltissimi altri, cosa pensa l'autore stesso della sua opera?

Il primo accenno ad Una vita è in una pagina di diario che porta la

data deI 19 dicembre 1889:

Due anni or sono precisi cominciai quel romanzo che doveva esser Dio sa che cosa. E' invece una porcheria che finirà col restarmi sullo stomaco (III, 813-814).

Ma sono solo parole di scoraggiamento, perché il 20 gennaio deI

1896 10 regalerà alla fidanzata, anche se con la seguente dedica:

Brutta legatura e brutto libro. un dono insolito. Percio e soltanto sofferto tanto per fare e pubblicare

Ma nondimeno, per una sposa, perc10 son lieto d'aver questa roba (III, 815).

Soltanto ventinove anni dopo Svevo riaccennerà ad Una vita in una

lettera al Larbaud deI gennaio 1925:

Nessuno sente il bisogno di una ristampa ed io (specie per quel che riguarda Una vita) mena degli altri •••. Certo io non sento che La coscienza di Zeno. Forse perché le altre (Una vita e Senilità) non piacquero mai abbastanza a nessuno e vi rinunziai e le rinnegai. Bisogna pur sapersi adattare se si vuol vivere. Ritardo volentieri l'invio dei due volumi. Che non arrivino a danneggiare il terzo! (l, 757-758).

Il sentimento dell'autore è esplicitamente dichiarato: rinunzia e

rinnega, cerca di assuefarsi al giudizio altrui e di convincersi

della sua obiettività per poter accettare, senza lotta e senza

sofferenza, la realtà deI suo destino. Manca pero la convinzione,

e quando Larbaud, ricevuti i due primi romanzi, gli comunicherà il

suo apprezzamento, Svevo gli risponderà in tono quanta mai

commovente:

Si vous saviez quel bouleversement ont produit dans ma vie vos deux lettres •••. J'ai relu Una vita. James Joyce disait toujours que dans la plume d'un homme il y a un seul roman .•• et

5

que lorsque l'on en ecrit plusieurs c'est toujours le même plus ou moins transforme. Mais dans ce cas mon seul roman sera~t Una vitae Seulement il est si mal ecrit que je devrais le refaire. Et pour ce travail je ne sais si j'aurai le temps et la santé. Vos deux lettres sont arrivées trop tard. Tout de même j'ai un sentiment plus intense de ma vie et de mon passé et je vous en remercie (l, 759-760).

Un'altra e forse la più importante testimonianza dei veri

sentimenti dell'autore per il suo primo romanzo si ha nelle parole

della moglie: " ••• Una vita per il quale aveva una particolare

tenerezza.,,8

L'unanime accusa che gli mosse la critica italiana di scrivere

male sembra gli avesse chiarificato almeno un punta: che cioè

l'ostacolo maggiore alla comprensione e accettazione di questo suo

primo romanzo era dovuto ad un uso poco ortodosso della grammatica

e della sintassi italiana, non al contenuto; anche se la lettera

a Montale, dell'aprile deI 1926 sembra proprio trattare di ragioni

riferentesi più al contenuto che alla forma: "Per Una vita sarà

cosa più difficile ~orreggerlaJ. Sono tanto malcontento di certe

sue parti che non saprei lasciarle intatte" (l, 791). Ma dopo il

riconoscimento di Larbaud, di Crémieux e dello stesso Montale, non

si scuserà più deI suo libro. Si noti il tono scherzoso della

lettera a E. Rocca:

In premio (0 per vendicarmi?) deI Suo articolo Le invio Una vita pubblicato nel 1892. Ma di questo ••• acqua in bocca. E' stato scritto in un'epoca in cui varii romanzieri scrivevano altrimenti ma non meglio di me, quando non scrivevano troppo bene. Forse s'accorgerà ch'io non ho scritto che un romanzo solo in tutta la mia vitae Tanto mena perdonabile di averlo scritto sempre male (l, 846).

8 Veneziani Svevo, p. 85.

6

Dello stesso periodo, 1927, è la stesura deI "Profilo

autobiografico" che ci dà preziose informazioni su questa sua

prima opera. Si conferma che autobiografiche sono l'ambiente

della banc a e 10 studio serale dei classici alla Biblioteca

Civica, e che per l'autore al centro deI romanzo è "la relazione

di Alfonso con Annetta." Si arnrnette che, benché trentenne,

l'autore dimostra imrnaturità e che la lingua è povera "infarci ta

di solecismi e di formazioni dialettali." Scrive inoltre Svevo:

Una vita è certamente influenzato dai veristi francesi. [svev1 lesse molto Flaubert, Daudet e Zola ma conobbe molto di Balzac e quaI che cosa di Stendhal. Nelle sue 1etture disordinate si fermo 1ungamente a Renan. Pero il suo autore preferito divenne presto 10 Schopenhauer, e forse fu al grande fi10sofo che si deve il pseudonimo di Italo Svevo che per la prima volta apparve sulla copertina di Una vita. 9 Alfonso, il protagonista deI romanzo, doveva essere proprio la personificazione dell'affermazione schopenhaueriana della vita tante vicina alla sua negazione. Da cio forse le conc1usione deI romanzo secca e rude corne il membro di un sil10gismo (III, 800-801).

Queste le chiarificazioni de110 stesso Svevo su11e possibi1i

inf1uenze 1etterarie ne1 suo primo romanzo. Tre, notiamo, sono gli

e1ementi che isola e cita: i natura1isti, Renan, Schopenhauer.

Non sembra aver timore di danneggiare la sua reputazione

inviando in donc Una vita a Valerio Jahier10 ne1 dicembre 1927:

9 Ettore Schmitz sce1se 10 pseudonimo Ita10 Svevo per dimostrare la sua dup1ice naziona1ità idea1e: 'Ita10' in quanto e1eggeva la sua origine ita1iana (la madre e la nonna erano ita1iane); 'Svevo' in riconoscimento della sua cu1tura germanica, poiché vedeva in Schopenhauer la sua guida fi10sofica e morale.

10 Valerio Jahier era un 1etterato ita1iano che viveva a Parigi. Si veda la nota di Maier a11'Episto1ario, p. 857. Le 1ettere che Svevo gli indirizza sono documenti importanti per l'aspetto autobiografico e psicanalitico de11'opera de1 triestino.

7

"Non so dimostrale altrimenti la mia gratitudine che inviandole

Una vita, il mio primo romanzo di cui possiedo ancora solo poche

copie" (1, 857).

Nel febbraio deI 1928 ribadirà il debito di Una vita al

filosofo tedesco, sempre indirizzandosi a Jahier:

Una vita è fatto tutto nella Iuce della teoria di Schopenhauer. E talvolta mi pare di sentire che la chiusa di quel romanzo non abbia maggior cal ore della conclusione di un sillogismo (1, 863).

La critica italiana sempre molto attenta alla struttura deI

romanzo ha collocato Una vita nel contesto deI naturalismo e ha

fatto di volta in volta i nomi di tutti i grandi francesi; ma già

Montale nel suo saggio di presentazione deI 1925 10 giudicava un

"libro coraggioso," osservava la "tanta novità di materia" e

scriveva:

Chi pregia l'arte ambigua, non ancora deI tutto svincolata e Iiberata, ma neppure, per felice compenso, asservita in nessun modo ad una maniera, amerà questo libro che pare, e non è, tanto facile. lI

12 Mentre Una vita a Montale ricorda Balzac, Crémieux pensa a

Flaubert:

11 Eugenio Montale, "Omaggio a Italo Svevo," in Montale-Svevo Lettere (Bari, 1966), p. 98, pubblicato prima nell'Esame, IV (1925), 804-813.

12 Montale, p. 97.

8

••• livre d'essai écrit en pleine période naturaliste peut à la rigueur passer pour un roman vériste •••• Mais il serait plus exact de dire que c'est un roman flaubertien,

e vedrà in Alfonso "un 'Monsieur Bovery' triestin.,,13

Qualche anno dopo, nel 1929, Debeu'edetti14 noterà la

si1Ïlila:rri . .tà:~ della ars narrandi di Svevo e dei fratelli Goncourt,

ma dirà che l'influenza naturalista è solo superficiale nel nostro

scrittore e ne rivendicherà l'originalità, facendo osservare che

i romanzi di Svevo, passando dal modulo narrativo di Una vita e

Senilità a quello della Coscienza di Zeno, cioè all'abbandono

degli elementi artistici e narrativi deI romanzo naturalista-

sperimentale, non cambiano sos tanzialmente , perché l'ispirazione

rimane la stessa. E cito:

La fantasia di Svevo è già tutta bloccata da una realtà speciale ed esclusivamente sua: la maniera naturalistica ••• è un metodo comodo per mettere in ordine e portare a una 15 sufficiente chiarèzza le figure e le idee che 10 visitino.

13 Benjamin Crémieux, "Italo Svevo," Le navire d'argent,

II (feb. 1926), p. 25.

14 Giacomo Debenedetti, "Svevo e Schmitz," in Saggi critici,

N.S. (Milano, 1955), pubblicato prima nel Convegno, X (1929), 15-54. Cito: "Ma gli elementi che Svevo si è annessi, ecco si possono ritrovare, altrettanto bene se non. meglio, in quel la pagina degli Essais de psychologie contemporaine, dove Paul Bourget conta sulle dita i caratteri dell'ars narrandi escogitata e attuata dai Goncourt: 'Personnages de facultés moyennes. Minutieuse peinture d'etats successifs. Ils se trouvaient (i Goncourt) de par leur souci d'historiens des moeurs, condamnés à peindre des personnages, qui subissaient la vie sans la dominer, c'est-à-dire des créatures d'une volonté médiocre.' La loro opera diventa 'une étude des maladies de la personali té, "' pp. 53-54.

15 Debenedetti, p. 87.

9

La linea della produzione sveviana procede con coerenza e

continuità; la singolarità di Svevo in sena alla letteratura

italiana è il suo gusto innato per il romanzo,

ma in una accettazione rigorosa, non nel sense di scuola o di maniera. L'organismo narrativo è concreto con la visione che Svevo ha deI mondo. 16

Un articolo che porta un nuovo contributo alla critica sveviana

è quelle di E. Roditi, deI 1944, dove si mette in luce per la

prima volta la formazione e la sicura influenza austriaca e tedesca

sul nostro autore:

It might ••• prove more profitable and conclusive to place Svevo in a context of Austrian literature and compare him to these Austrian novelists whose culture was not strictly German and who often wrote in one or the other of the many languages spoken within the polyglot empire. Svevo shares many characteristics with such writers as Schnizler, Robert Husil and Franz Kafka, who wrote in German, and with sorne Czech and Hungarian novelists. It seems as if the empire though not always strong enough to impose one language on aIl its subjects, yet diffused a common Austrian culture among the various peoples within its boundaries. 17

e fa notare la similarità di carattere tra i protagonisti di

Der Mann ohne Eigenshaften, Leutnant Gustl e Una vita. 18

Abbiamo visto che Svevo stesso cita~7a il naturalismo come uno

dei movimenti spirituali che più influenzarono il suo primo romanzo.

16 Debenedetti, p. 58.

17 Edouard Roditi, "Novelist-Philosophers: l - Italo Svevo," Horizon, X (1944), 344-345.

18 Si noti l'anno di pubblicazione dei tre romanzi: Mann ohne Eigenshaften, 3 voll., 1930-42; Leutnant Gustl, 1901; Una vita, 1892.

10

Ma che egli fosse, almeno in un primo tempo, convinto di non esserne

un proselita, sembra evidente dal fatto che invio copia deI suo

romanzo a Heyse, nota scrittore tedesco, italianista, capo della

scuola poetica di Monaco e acerrimo nemico deI naturalismo.

Zola ne aveva puntualizzato la tecnica:

Tout"e l'opération consiste à prendre les faits dans la nature, puis à étudier le mécanisme des faits, en agissant sur eux par les modifications des circonstances et des milieux, sans jamais s'écarter des lois de la nature.19

11

Ma quanto Svevo si sia attenuto a questo programma è molto discutibile:

l'uomo di' Svevo vive la sua vita determinata non dal meccanicismo

dei fatti e delle circostanze, ma proprio all'opposto dalla sua

"coscienza," che è un determinismo di ben altro stampo. Anche sul

piano dell'organizzazione della materia e nella divisione in capitoli

il romanziere non segue una logica prestabilita. E' appunto la

mancanza di un ordine chiaro e sistematico che forza Montale a

rimproveng:gIii di avere "scarsa attitudine alla sintesi,,,20 ma

daltronde una tale sicurezza nell'indagine psicologica deI proprio

io è preclusa ad un romanziere che non sia professionalmente

preparato alla psicanalisi. Una vita e La coscienza di Zeno

(Senilità in qualche modo non rientra in questa categoria), sono

studi di un paziente, come ben aveva intuito Svevo che nell'ultimo

romanzo ci dà esplicitamente una struttura a cartella di caso clinico.

19 Emile Zola, "Le roman expérimental," in Le roman expérimental (Paris, 1890), p. 8.

20 E. Montale, "Italo Svevo nel centenario della nascita," in Montale-Svevo Lettere, p. 153.

12

2.

Una vita inizia con una lettera deI protagonista, Alfonso Nitti,

alla madre a cui si contrappone la lettera che conclude il romanzo

indirizzata dalla ditta MaIler a Mascotti, il notaro di casa Nitti.

Nonostante che quest'ultima sia il tipico documento freddo e

impersonale, essa prende' un ulteriore significato qualora '

osservata in connessione con la lettera di inizio. Mentre la prima

ci svela la personalità deI protagonista, dandoci ragioni

psicanalitiche ante litteram deI suo modo di essere, e mette a nudo

la sua inadeguatezza e la sua angoscia, la lettera della ditta

MaIler ci mostra la reazione della società - la sua" insensibilità e

totale indifferenza - verso l'individuo, il comportamento dei "sani"

verso "il malato." Siamo davanti ad un argomento oggi di estrema

attualità, l'alienazione, che già ottant'anni fa veniva analizzato

dal nostro romanziere.

L'importanza che Svevo annetteva aIle due lettere è rivelata

dalla loro attenta costruzione: le analogie ivi presenti nascondono

intenzioni diametralmente opposte mentre le dissimilarità hanno un

comune punta d'avvio. E' il manifesto deI nouveau roman di Svevo:

l'illogicità di un'incomprensibile realtà che, per aumentare il

caos, è unica e particolare ad ogni singolo individuo. Alfonso

bisognoso di dar forma e direzione alla sua esistenza si dovrà

uccidere; Zeno riuscirà ad accettare la vita, concentrandosi nella

sua sola esperienza e nascondendo con un sorriso la profonda

amarezza.

l3

Entrambe le lettere non comportano problemi di "decifrazione":

la prima, sebbene la calligrafia non sia chiara, è decifrata

dall'intuizione amorosa deI figlio, l'altra è redatta da une

scrivano il cui compito è di essere leggibile; il Mascotti a cui

è indirizzata la lettera della banca dove si dice di ignorare le

ragioni della morte deI Nitti, è citato nello scritto alla madre

come co lui che aveva avvertito Alfonso della grande difficoltà di

"fare fortuna" negli studi; l'argomento "denaro" ritorna nelle

due Jettere invitandoci a riflettere sulle diverse ragilni che 10

rendono vitale: sicurezza per Alfonso, ulteriore potere per la

ditta MaIler. La lettera di Alfonso è senza data, quella della

ditta è naturalmente datata; entrambe sono in risposta ad una

lettera ricevuta il giorno prima; inoltre la partecipazione dei

colleghi e della direzione della banca al funerale di Alfonso ci

ricorda la lare indifferenza di fronte alla vita deI protagonis~a.

L'espediente strutturale della lettera d'inizio che permette

di entrare nel vivo della narrazione è di per sé non originale, ma

originale è la sostanza. Già nel primo paragrafo Svevo presenta

l'elemento centrale della personalità deI suo eroe: l'attaccamento

alla madre. Nel teste della lettera si sottolinea la componente

essenziale di questo affetto: la dipendenza. Per cui Alfonso, ormai

uomo, chiede ancora alla madre il permesso di ritornare a casa:

••• Non ti pare, mamma, che sarebbe meglio ch'io ritorni? •• Non farei meglio di ritornare a casa? •• Questi i miei affanni, e con una sola parola tu puoi annullarli. Dilla e in poche ore sono da te ••• " (134).

Parole le ultime più d'amante che di figlio. Il sentimento di

Alfonso per la madre è profondo: " ••• il tuo grande carattere non

ha segreti; anche quando non so decifrare una parola, comprendo 0

mi pare di comprendere cio che tu volesti" (133).

Si accenna anche alla relazione con il padre. Alfonso si

lamenta di non essere a suo agio in città e aggiunge:

Credo che da studente io vi sia stato più contento perché c'era con me papà che provvedeva lui a tutto e meglio di quanto io sappia. E' ben vero che egli disponeva di più denari. ;

Questo non aggiunge nulla e non ha nessun peso sulla realtà deI

momento; ma Svevo, che è già fin d'ora scrittore psicanalitico, sa

intuitivamente che è d'importanza capitale alla comprensione deI

carattere deI protagonista. Si incontra per la prima volta il

14

senso di colpa dell'eroe sveviano verso il padre ("e meglio di quanto

io sappia") e la giustificazione immediata deI suo disamore, con

la spiegazione che la protezione paterna era dovuta al denaro.

Il terzo tema fondamentale è il disagio deI protagonista di

fronte alla vita: la lontananza dalla madre, la nostalgia deI

suo paesello, la mancanza d'aria pura, il desiderio di vita semplice

dedita agli studi, il suo essere diverso dagli altri, la superbia

dei colleghi e dei capi; queste le troppo numerose scuse che

Alfonso adduce a giustificazione della sua infelicità. Cio che

non dice, ma che è implicito, è che non trovando in se stesso la

forza e la sicurezza di vivere la sua vita secondo i suoi principi,

è pronto ad imitare la vita altrui, ad accettarne i lare valori;

ma è già in partenza convinto dell'impossibilità di realizzare le

"sue" amibizioni:

••• i denari non bastano, 0 appena appena. Comincio anche a credere che in commercio sia molto ma molto difficile di fare fortuna (134).

L'intimità di Alfonso, ufficialmente violata dall'espeaiente

strutturale della lettc~a che esaurisce il primo capitolo, continua

ad esserci svelata nel secondo, che ha come sfondo l'ambiente di

lavoro della Banca MaIler. Il punta di vista si sposta e l'autore

15

prende le redini della narrazione; ma non è il narratore onnisciente,

la sua visione è limitata dal suo interesse concentrato sul

protagonista. Di Alfonso noi sapremo i pensieri e i sentimenti più

reconditi, mentre l'intimità spirituale degli altri personaggi

verrà sempre salvaguardata. Per riferire le riflessioni deI

protagonista, a dimostrazione della partecipazione dell'autore

alla vicenda narrata, abbiamo già nelle prime pagine di questo suo

primo romanzo esempi di monologo interiore:

Perché si sacrifica in tal modo? - si chiedeva Alfonso che non comprendeva la passione per quel lavoro (136).

Era pero pentito di non essersi contenuto con maggior franchezza e con maggior sincerità: perché aveva smentito quelle verità confessate alla madre? (143).

Il diverso trattamento dei personaggi non si limita ad una

differenziata tecnica narrativa; infatti anche l'intonazione morale

cambia: Alfonso benché vilipeso è sempre giustificato sia nel suo

agire che nel suo sentire, mentre le altre figure, ad eccezione di

quelle presentate come antagonisti, sono lasciate libere e il lare

comportamento è accettato con umanità e simpatia. Gli avversari,

cioè coloro con i quali Alfonso è in lizza sia nel campo deI lavoro

che in quelle dell'amore, sono invece presentati criticamente e

in contrapposizione al protagonista; il processo di immedesimazione

dell'autore col suo protagonista sarebbe in questo casa involontario

e colorerebbe la narrazione rendendola di parte, come appunto

accade in questo capitolo nella presentazione di Miceni e Sanneo,

che vengono introdotti dall'autore come esseri mediocri e

disprezzabili anche se ammirati da Alfonso. Miceni, suo compagno

d'ufficio, è superiore ad Alfonso nella graduatoria sia per

anzianità che per tipo di lavoro, Sanneo è il capo corrispondente.

La stessa graduazione di superiorità tra Miceni e Sanneo è

rispecchiata dal differente livello di acrimonia della presentazione:

il primo vanesio e pignolo ma arnichevole, l'altro pusillanime,

dedito a parzialità e "antipatico." L'antitesi tra gli avversari

e il protagonista non riguarda soltanto le qualità morali, ma anche

quelle fisiche: all'ordine, all'accuratezza deI vestire di Miceni

è contrapposta la disorganizzazione e l'ineleganza di Alfonso;

l'energia di Sanneo richiama per antitesi l'inettitudine di Nitti.

Fisicamente Miceni è "mingherlino," Alfonso "alto e robusto";

Sanneo ha "capel li di biondezza sbiadita" e gli "occhi pallidi," a

cui fanno riscontro gli "occhi intensamente azzuttf'e la "barba

troppo abbondante di col or castagno" deI protagonista.

16

17

In superficie la linea che delimita la coscienza di Alfonso

e la coscienza dell'autore si evidenzia quando ci vengono spiegate

le ragioni dell'ammirazione che Alfonso nutre per i suoi superiori;

egli crede di ammirarli per qualità che essi posseggono e che a lui

mancano, mentre l'autore le minimizza e le presenta come poco

significative. Siamo nell'ufficio che Alfonso divide con Miceni;

egli è seduto alla scrivania e da più di mezz'ora non fa nulla e

guarda il collega con ammirazione. Ma cosa sta facendo Miceni?

Sta semplicemente ordinando il suo tavolino perché

••• gli parve [che] .•• quaI che cosa fosse fuori posto. Fece combaciare i margini di un pacchetto di carte esattamente con le estremità deI tavolo •••• In ogni casella le carte erano disposte con regolarità che le faceva sembrare libretti legati; le penne accanto al calamaio erano poste tutte alla stessa altezza (135).

Ed eccoci a Sanneo:

Alfonso ••• era costretto ad ammirarlo. Di un'attività prodigiosa in un organismo debole, il signor Sanneo aveva una memoria ferrea, sapeva di ogni piccolo affare, per quanta remoto, le più minute particolarità •••• Per piccolezze ••• sollevava polemiche accanite (136).

Starringer e Ballina, gli altri impiegati di rango inferiore

ad Alfonso sono descritti oggettivamente, con benevolenza; di

Giacomo, l'ultimo arrivato sia nel senso metaforico che letterale,

Svevo dice che Alfonso gli "voleva bene" (139).

Al centro dell'interesse di questo capitolo è la figura di

MaIler, il capo della ditta. Ci viene presentato a tre riprese

con una graduale modificazione di opinione: dapprima "forte, grasso

ma alto di statura," dall "'aspetto volgare per il colore rossa

cari co della pelle" (136), l'impressione è poi modificata quando,

infilatosi il cappotto, si prepara ad andarsene: "Cost vestito

spiccava maggiormente lraltezza della sua figura e ne era attenuata

la grossezza" (139). Quando 10 incontriamo per la terza volta, nel

suo studio durante lrabboccamento che ha con Alfonso, verso il

quale dimostrerà unraffettuosa benignità, si nota un ulteriore

spostamento, quasi antitetico alla prima posizione: "la faccia

rosea deI principale era atteggiata a serietà" (142). Sin

dallrinizio Svevo ci ha dato il Leitmotiv deI personaggio che

rappresenta nella sua produzione letteraria la figura deI padre:

"10 si sentiva respirare talvolta, non affannosamente pero," e la

caratteristica principale, lrincomunicabilità: "Faceva sempre dei

saluti collettivi," "gli occhi azzurri guardavano il canto più

lontano deI tavolo" (MaIler sta parlando ad Alfonso). Lo Svevo è

ancora più esplicito nella situazione che costruisce - il MaIler

redarguisce Alfonso per essersi lasciato andare a sentimentalismi

scrivendo alla madre e 10 esorta: "ma via, siamo uomini! e ripeté

più volte questa frase" (143). Ma a chi si deve in effetti imputare

lrincapacità di comunicazione? Non a MaIler che "di tutto cuore"

assicura Alfonso dellraffetto e della simpatia suoi e degli altri

capi, ma al protagonista che da.vanti al principale si sente

"confuso" e non ries ce ad essere aperto e sincero: per lui lresser

franco equivale ad una richiesta di protezione.

Alfonso è una figura complessa; "aveva delle ambizioni di cui

consapevole a pieno non era che quando sognava"; le sue ambizioni

sono di es sere "padrone di sé, ricco e felice"; egli 'cerca di

18

supplire all'insoddisfacente realtà sognando ad occhi aperti: ed

ecco entrare immediatamente in gioco la figura deI padre: "Mutava

il padre, non facendolo risuscitare, in un nobile e ricco che per

amore aveva sposato la madre" (142); anche nelle fantasie, benché

cambiato, 10 vuole morto. E qui Svevo inserisce il personaggio

19

di MaIler. Insicuro, abbandonato a se stesso, Alfonso per paura di

un insuccesso vuole ritirarsi dalla lotta della vita, ma appena si

sente spalleggiato è pronto ad osare. Infatti, rassicurato da

MaIler decide di rinunciare "all'aria aperta, aIle querce, al riposo.

Sarebbe ritornato in patria ricco 0 non vi sarebbe tornato mai

più" (143) •

Il meccanismo che regola il comportamentodi'. Alfonso verso la

donna è presentato e analizzato nel settimo capitolo. All'inizio

l'autore accenna al conflitto che confonde il protagonista: "La

donna era per lui la dolce compagna dell'uomo nata piuttosto per

essere adorata che abbracciata," per cui disprezza le abitudini

sessuali di quelli che vivono in città perché crede che siano

promiscui. Ma Svevo suggerisce che il puritanesimo deI suo

protagonista non è sincero: "credeva di non poter somigliar

loro." Alfonso è di natura sensuale tant 'è vero che "bastava una.

gonnella 0 anche il pensarci" a far nascere in lui il desiderio

che 10 distoglieva da qualsiasi sua attività e 10 faceva "correre

per le vie" dietro a qualche donna (183).

L'episodio di Maria, presentato in questo capitolo, sebbene

non abbia alcuna importanza nel quadro deI romanzo, illustra con

-,

brevità e chiarezza il tipico susseguirsi dei diversi stadi della

relazione d'amore deI protagonista sveviano; in una delle tante

serate che passava correndo dietro a figure di donna, Alfonso

incontra una ragazza che si lascia abbordare. Egli le fa subito

una dichiarazione "sincera e parolaia" e ottiene un appuntamento a

cui non andrà. In apparenza il rimorso la sconvolge e la sua

agitazione è tale che deve prendere congedo dal lavoro. Trascorre

la prima giornata di vacanza all'aria aperta, ritorna a casa e

s'addormentè come un bambino, sorridente e coi pugni chiusi. Sognè fantasticamente di Maria. La riconobbe a certo vestito dai colori vivaci. Gli diceva ch'ella già sapeva ch'egli all'appuntamento non aveva potuto venire per forza maggiore. La scusava e 10 amava (196).

Il fisico costretto ad una esistenza innaturale di studio e di

21 lavoro riprende vigore a contatto con la natura, e nel sonna anche

la psiche vuole disfarsi deI suo fardello: nel sogno vediamo che la

donna ha importanza non in quanto individuo, e infatti non riconosce

la sua fisionomia (sa che è lei solo dai colori dell'abito), ma in

quanta simbolo di fronte al quale Alfonso si sente di dover

giustificare il proprio comportamento, eliminando la viltà deI

mancato appuntamento al quale egli non è potuto andare per motivi di

20

"forza maggiore" e ricevendo in cambio il perdono e la rassicurazione

di essere amato. Alfonso nel sonna ha assunto la posizione di un

bambine e la donna si è rivelata amorevole e comprensiva come una

madre. l limiti e le necessità dell'emozione interiore deI

21 MOtivo che rimane costante in tutta l'opera di Svevo.

protagonista sono chiaramente esposti: l'impossibilità di

stabilire un legame maturo con una donna e il bisogno di essere

amato 0 almeno benvoluto - posizioni difficili da conciliare per

il nostro eroe nei suoi rapporti con donne giovani.

E' l'istinto che 10 porta a far loro la corte, ma appena si

accorge della possibilità di un vincolo fugge abbandonando il campo;

è schiacciato non tanto dal rimorso 0 dal sense di colpa per il

suo comportamento quanta dall'insopportabile paura di non essere

più amato dalla donna:

Il suo desiderio principale era di riabilitarsi agli occhi di lei (Annetta22) ••• nel cuore della donna che aveva amata sarebbe rimasto per lui un sentimento affettuoso di riconoscenza e d'amicizia che a lui sarebbe bastato (421).

Quindi escogita soluzioni diverse che mitighino 0 plachino la sua

angoscia: sogna di essere perdonato e amato da Maria, cerca di

riacquistare la simpatia di Lucia Lanucci regalandole la dote. Il

caso di Annetta è più complicato poiché essa è in effetti l'ideale

ch'egli va cercando - una donna che gli procurerebbe denaro e

posizione sociale, per cui egli cerca di spingersi più oltre in

questa relazione ma non riesce e corre a rifugiarsi dalla madre.

Annetta delusa si lascia convincere dal padre a sposare Macario, ma

non perdona ad Alfonso ed è questa una delle ragioni per cui

Alfonso si uccide.

22 Si noti che quasi tutte le donne di Svevo e tutte le sue protagoniste hanno il nome che comincia per la vocale A (Annet ta , Amalia, Angiolina, Augusta, Ada) come la madre che si chiamava Allegra. Si noti inoltre il nome della figlia, nella vita reale: "1;"u chiamata Letizia in ricordo della madre di Ettore che sIera chiamata Allegra." Veneziani Svevo, p. 56.

21

Ma per documentare nella giusta luce la relazione deI

protagonista con Annetta, passiamo ad analizzare discorsi e

ragionamenti di Alfonso che dimostrano ch'egli non ama affatto

questa donna che anzi neppure gli piace. La ragione che 10 spinge

ad amarla e ad esserne attratto è che un suo eventuale matrimonio

con lei cambierebbe la sua vita nell'indirizzo da lui voluto.

Sebbene Alfonso sia cosciente di questo suo modo di sentire non

10 riconosce che sporadicamente. La prima impressione che egli

ha di Annetta è che si tratta di una bella ragazza che "non poteva

piacere ad un sentimentale," con un "volto largo e roseo" che non

10 attrae: trova inoltre che "l'occhio non era nero abbastanza e

che i capelli non erano ricci." Quando la incontra la seconda

volta Alfonso fa "un esame accurato dei propri sentimenti" e cerca

di raggiungere la conclusione che quella donna non poteva essergli

indifferente dato che le sue scortesie 10 avevano fatto soffrire;

22

in realtà si sente "straordinariamente freddo, scioccamente freddo" -

scioccamente è spiegato dalla frase che segu_e: "Indovinava che per

conservare l'amicizia di Annetta egli avrebbe dov.uto dimostrarsene

un poco innamorato e non gli riusciva." La convenienza di questo

amore si trasforma nella volontà di amare; l'autore rivela: "fu

con gioia che Alfonso si senti trasalire dal desiderio improvviso"

(213). Alfonso si sforza di vederla bella e intelligente: "Annetta

aveva una figura da Venere e quella testa dagli occhi azzurri,

tranquilli, i capelli lisci quasi modestamente, era la testa

dell'intelligenza" (221); ma la realtà deI suo sentimento riaffiora

ben presto:

Tutta l'attenzione di Alfonso era rivolta ad Annetta. Per quanta in sua presenza non sentisse desideri ne era tuttavia preoccupato. Anzitutto era quasi addolorato di non sentirli e cercava di provocarli: studiava quel volto per vedere di metterci l'espressione della passione che mancava a far perfetto il suo sogno (222).

Svevo ci spiega anche la causa degli sporadici desideri:

Alfonso era tutto intento a percepire il contatto deI suo braccio su quello di Annetta, stuzzicandone come al solito il suo desiderio; fece un movimento arrischiato per aumentare la dolce pressione e fu il suo ardire che gli caccio il sangue alla testa non il contatto con il braccio di Annetta poiché nulla aveva di differente da quello di un corpo senza vita.

La bacia per la prima volta ed ecco la sua reazione:

Mentre si abbandonava a delle sentimentalità di proposito, perché gli sembrava che cosi fosse suo dovere, ne sentiva la convenzionalità senza sangue e senza vita e se ne meravigliava non sapendo a cosa attribuire tale freddezza (259).

Inoltre l'idea di diventarne l'amante gli viene per vendetta, nel

sapere che MaIler ha compromesso Francesca: "provo qualc.he cosa

di simile alla gelosia," ma Alfonso cerca di normalizzare questo

suo sentimento e renderlo accettabile:

Dra l'amava! Quello doveva essere l'amore, il desiderio di una persona e nessun'altra. Egli sottilizzava sui suoi sensi agitati non potendolo su un sentimento qualunque che gli mancava.

Dopo che hanno fatto all'amore Annetta piange:

Egli comprese che era suo dovere cercare di consolarla •..• Con quella fanciulla che piangeva si sentiva male e se non avesse temuto di spiacerle se ne sarebbe andato subito e magari promettendo di non ritornare mai più (295).

Dgni tanto Alfonso si toglie la maschera e ammette a se stesso

che Armetta è "un' ignorante" (281), "una donnetta" (329), e che

"amata non l'aveva giammai" (376).

23

"The one woman in the book who exhibits the traits of the true

wife is, as one might suspect, his dying mother," scrive

23 R. S. Baker. Che la figura della madre si imponga alla fantasia

deI figlio e gli tolga la libertà di stabilire dei rapporti con

altre donne è chiaramente espresso da Svevo in diverse occasioni.

Alfonso è presso la madre che è gravemente malata:

Le afferra nella sua la ma no e ve la tenne stretta solidamente. Vedendo che l'ammalata si acquietava afferra anche l'altra mano. Sorpreso e beato la vide addormentarsi di un sonno quieto, ristoratore, ma anche nel sonno, se egli soltanto rallentava la stretta delle sue mani, ella appariva subito meno sicura. Qualche vantaggio le poteva dunque ancora portare •••• Da lungo tempo non aveva provato una gioia cost intensa e cosi pura! Pensa con disprezzo ai dolori che aveva sofferto in città. Che importanza poteva lare accordare in confronto ai sentimenti da cui era invaso accanto al letto della povera donna moribonda? Godeva ripensando aIle parole di Francesca per le quali poteva credere che abbandonando la città tagliasse definitivamente la sua relazione con Annetta •••• Tutta l'avventura mancava d'importanza, e se ne aveva, era unicamente per il fatto che casualmente era stata dessa che 10 aveva portato più presto al suo posto, presso sua madre (329).

Si ricordera che Alfonso aveva lasciato la città per allontanarsi

da Annetta con la scusa che la signora Carolina era malata; giunto

al villaggio la trova di fatto moribonda:

••• passarono metà della notte a fare dei piani per l'avvenire. Ella doveva venir a vivere con lui in città ••• in due, sarebbero vissuti felici e comodi ••• sarebbero rimasti soli perché volevano vivere allegri. Forse nessuno dei due sinceramente sperava, ma intanto era una bella musica che ascoltavano (331).

E' a questo punta che Alfonso volendo convincere sua madre

dell'attrattiva di questo progetto le descrive la vita cittadina

"cercando anche di abbellirla" e viene cost a parlare di come passa

23 R. S. Baker, "Italo Svevo and the Limits of Marriage," in Essays on Italo Svevo (Tulsa, 1969), p. 75.

24

il suo tempo e delle sue serate con Annetta scrivendo un romanzo:

"Quest'Annetta che subito diede sospetto alla signora Nitti egli

disse es sere brut ta molto e per di più promessa sposa di un suo

cugino; non si poteva trovare meglio l'accento dell'indifferenza"

(331), ironizza Svevo.

Quando Alfonso ricevela lettera di Francesca che 10 consiglia

e 10 prega di ritornare se vuol salvare la sua relazione con

Annet ta , ~a madre si ingelosisce e gli chiederà:

"Hai scritto alla tua amorosa? Non negarlo, perché sarebbe male che cosi. non fosse." Ma negli occhi semispenti le passa un lampo di gelosia. "Non amarla e non amarne alcuna. Le donne non ti meritano" (344-345).

L'unica altra figura che si inserisce nella "coscienza" di

Alfonso - oltre alla madre - è Francesca, la governante di casa

MaIler. Sin dal primo approccio si presenta ad Alfonso non come

antagonista della signora Nitti ma come sua arnica, per cui egli non

è preso dal timore di tradire sua madre e rimane disarmato davanti

a lei. Le prime parole ch'ella gli rivolge consolidano il suo

sentimento di sicurezza e di fiducia: "Il figliuolo della signora

Carolina? Dunque mio buon amico? Nevvero?" (154). Si noti la

finezza psicologica dell'autore che fa esordire Francesca con tre

domande: l'intonazione toglie ogni possibile dubbio di aggressività

e mette completamente a suo agio il complessato protagonista. La

forma, letterariamente brutta, possibilmente fastidiosa ad una prima

lettura, se analizzata rivela il rispetto delle necessità

psicologiche deI protagonista.

25

Alfonso trova Francesca "adorabile." Ella si preoccuperà di

lui con "compassione materna," diventerà la sua confidente e 10

guiderà nella sua relazione con Annetta. "Francesca voIle dargli

un consiglio e 10 prego di ascoltarlo e seguirlo come se gli

pervenisse da una madre" (283), e 10 istruirà di come "trionfare

di lei" (284). Francesca diventa per il protagonista un simbolo

materno e solo dopo la morte della madre si rivelerà una minaccia,

come tutte le altre donne: queste realtà non affiorano mai nella

coscienza di Alfonso e ci vengono comunicate tramite i suoi sogni

o dal sapiente e insinuante racconto dell'autore.

Il valore della figura di Francesca è messo in evidenza dal

fatto che la prima volta che gli viene l'idea di diventare

l'amante di Annetta è quando viene a sapere che Francesca è stata

sedotta da MaIler (che come abbiamo visto è per Alfonso simbolo

della figura paterna). E' un pensiero di vendetta:

Gli sembrava un delitto la seduzione di Francesca agevolata di troppo dalla posizione subalterna di costei. Provo qualche cosa di simile alla gelosia al figurarsi quella figurina bianca e bionda gettata fra le braccia di quel freddo MaIler •••• Per la prima volta sogno di diventare l'amante di Annetta (282-284).

Quando lascia 1 a città e rifiuta di ritornarvi per non

continuare la sua relazione con Annetta l'unico rimorso che sente

è per Francesca. "Più che Annetta egli si rimproverava di aver

tradito Francesca" (343).

Durante la malattia che segue la morte di sua madre, Alfonso

fa un sogno in cui si mette a nudo il conflitto deI suo essere e

si racconta simbolicamente la storia deI suo incontro con Francesca

26

e si dà la soluzione della vittoria finale della madre. Cito il

sogno per intero poiché è une dei più grandi momenti di tutta la

narrativa sveviana:

Giaceva nel suo letto, a casa, nello stanzone bene arieggiato e il sole d'estate entrava da una delle finestre aperte. Era convalescente di una lunga malattia e debole tante che non gli riusciva di spostare le coperte che gli opprimevano il petto. Ma questo era l'unico disturbo perché deI resto si sentiva lieto, allegro. Fissava il fascio di luce che illuminava un'immensità di corpuscoli sospesi nell'aria, una nebbia leggera che il sole scopre nell'atmosfera più pura. Era lieto perché sapeva che di là a pochi giorni gli sarebbe stato permesso di us cire aIl 'aria e al sole. Era lieto perché nella cucina vicina sentiva muoversi la madre giovine ancora e la quale canticchiava lavorando per' lui. Di là gli giungeva il suono monotono che la madre produceva pestando della carne con un coltello, ma nelle orecchie aveva un altro rumore monotono, un ronzio dolce, una nota tenuta che 10 addormentava.

Doveva essere entrato qualcuno nel piccolo corridoio perché sulle pietre sentiva il suono di un piccolo piede e il fruscio di una veste. Proprio dinanzi alla sua porta risona una dolce voce di donna: - Come sta Alfonso? - Per quanta dolce diveniva disaggradevole quella voce perché si ripeteva e risonava in tutti i vuoti della grande casa. Di chi era che gli sembrava notissima? La mise in relazione con tut te le voci di donna che conosceva e con nessuna s'accordava. - Ah! sl! Francesca! - e 10 coIse un profonde malessere e pensa: - Se s'è stabilita nel villaggio ruberà la quiete a tutti i suoi abitanti.

La porta s'era aperta e subito la stanza era stata invasa da un tumulto di suoni dei carri che passavano sulla via e dei gridii prolungati dei carrettieri. Con movimento istintivo egli aveva chiuso gli occhi per isolarsi. Era sua madre. Prima ch'ella giungesse al suo letto egli la vide e vide il suo sorriso soddisfatto al trovarlo tanto quieto. Ella si china su lui e 10 bacia, ma giusto sulla cavità dell'orecchio. Egli senti un acuto

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dolore come se dentro qualche cosa fosse scoppiato e si svegliè (352-353).

l sentimenti difficili di Alfonso non toccano Francesca che è una

donna senza complessi che sa quelle che vuole e si indus tria a

raggiungerlo. L'incontro tra questi due esseri e il gioco di

sentimenti che ne deriva è un cinico commento dell'autore alla

realtà come egli la vede; in questo suo primo romanzo l'ironia non

ha ancora smussato 0 sfuocato la sua amarezza.

Nei romanzi di Svevo i sentimenti d'amore e d'amicizia si

intrecciano: l'amico è il rivale che ha successo con le donne, pur

disprezzandone il genere e infierendo particolarmente contro colei

che è al centro dell'attenzione deI protagonista, e che riesce a

conquis tare sia sposandola, come in Una vita e La coscienza di Zeno,

sia captandone la simpatia, come in Senilità.

Svevo, nel continuo confronto della figura dell'amico con il

protagonista scopre l'amico superficiale, vanesio, privo di

convinzioni profonde, letterariamente impreparato, disinvolto e

arrogante nella sua ignoranza e accettazione di se stesso. Ma ci

viene anche suggerito dall'autore che nonostante queste tare che 10

rendono teoricamente un essere meno ammirabile deI protagonista,

egli nutre per il nostro eroe un sentimento sincero che questi è

incapace di ricambiare. Ci viene spiegato che l'amico ama il

protagonista perché 10 trova docile e dominabile, e che viene

ammirato a sua volta proprio per ragioni antitetiche di aggressività

e forza; la relazione si fonda qu~ (di su basi inaccettabili al

protagonista poiché viene amato pe',,- gli aspetti deI suo carattere che

egli disprezza.

In Una vita Svevo ci presenta oltre alla tipica figura

dell'amico sveviano, Macario, l'amico "ideale," White, un collega

superiore ad Alfonso nella gerarchia della banca, che ha ottenuto

la sua posizione attraverso una raccomandazione. La reciproca

stima e ammirazione si basa su una qualità che essi hanno in comune:

l'onestà verso se stessi e verso i lare sentimenti. Ad Alfonso che

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gli chiedeva il suo parere sulla sua relazione con Annetta senza

svelare che si trattava di un prob1ema persona1e, White risponde:

Se non l'ama ••• gli consiglio di togliersi senza alcun riguardo da qua1unque impegno perché è affare scosigliabi1e sempre e in tutte le circostanze. Non 10 si crederebbe, ma pure ancora esistono a questo mondo delle cose che non si possono vendere.

IIPer lui il quesito era sciolto" (303), dichiara Svevo.

White partirà per l'oriente e al momento de1 congedo "1 due

amici si strinsero la mana e si guardarono un istante senza parole

negli occhi •••• Poi si divisero, ambidue con passo rapido e Alfonso

senti tutta l'importanza di tale separazione" (304). Questa è

l'unica relazione che non ha vièlentato la sua personalità: White

10 ha apprezzato ed amato per la sua essenza e Alfonso ha potuto

ricambiarne l'amicizia senza preoccuparsi di dover giustificare

davanti a se stesso l'esistenza di tale relazione come utile e

vantaggiosa.

Vediamo invece le basi fa1se su cui si tiene l'amicizia con

Macario:

La sua compagnia doveva piacere a 11acario. La cercava di

29

spesso •••• Ad Alfonso non sfuggi la causa di quest'affetto improvviso. Lo doveva alla sua docilità e, penso, alla sua picco1ezza. Era tanto piccolo e insignificante, che accanto a lui Macario si trovava bene. Non si compiacque meno di tale anuc1Z1a. Le cortesie, anche se comperate a caro prezzo, piacciono (205).

Ma per Alfonso il prezzo è troppo alto. Spesso, 10 vediamo, ane1a

ad una vita diversa, "contemplativa," in cui

••• non avrebbe avuto il bisogno di adulare 0 di fingere e non correva il pericolo di ritrovarsi un bel giorno ne1 cuore un amore nato dalla vanità 0 dalla cupidigia. Sarebbe vissuto gon la sua franchezza natia, coi desideri semp1ici, sinceri e perciè duraturi (358).

30

La contrapposizione dell'amico al protagonista è continua:

anche quando Svevo sembra occuparsi soltanto della figura dell'amico,

la sua mente continua il raffronto, come dimostra il seguente

brano:

Macario cadeva spesso in contraddizioni, ma mai nel medesimo giorno. Era soggetto all'umore della giornata. Secondo que.llo si metteva in dati panni non suoi e ci viveva come se fossero stati suoi e non avesse avuto da smetterli mai più. Cio gli era facile in grazia della sua cultura superficiale, abbastanza estesa per ricavarne i mezzi a creare un tipo da persona colta e stramba, non abbastanza profonda per dargli una ferma convinzione sua, tale da non potervi rinunziare neppure per ischerzo (204).

L'ultima frase non ha valore ed è pleonastica se non la si

intende come secondo termine di paragone riferentesi ad Alfonso.

II

SENILITA' (1898)

"Que l Y'omanzo è aeY'to il più ingenuo fY'a i tY'e."l

"Non aapisao questa inaompY'ensione. Vuol diY'e ahe la gente non intende."2

1.

Nel 1898 Senilità esce a puntate sull'Indipendente ed è

pubblicato nello stesso anno da Vram a spese dell'autore in

un'edizione di 1000 copie. Svevo aveva iniziato il romanzo nel

1892 non con 10 scopo di pubblicarlo:

moIti suoi capitoli furono scritti con l'intento di preparare l'educazione di Angiolina, quell'educazione di cui nel romanzo tanto spesso si parla. Angiolina fu la prima che conobbe il romanzo di cui ella era la protagonista (III, 804).

Alla moglie, durante il viaggio di nozze, nel luglio deI 1896,

Svevo lesse i primi tre capitoli. 3

La reazione critica al romanzo è minima: Silvio Benco 10

recensisce favorevolmente sull'Indipendente e la scrittrice

1 Lettera a Jahier, 1 febbraio 1928, Epistolario, p. 863.

2 Parole attribuite a Svevo dalla moglie. Veneziani Svevo, p. 48.

3 Veneziani Svevo, p. 44.

triestina Ida Finzi ne fa l'elogio sul Supplemento al Caffaro 'di

Genova, ma l'Idea italiana di Rovigno, il Corriere di Gorizia e

Il Sole di Milano ne danno un giudizio vicino alla stroncatura.

"Mi rassegnai al giudizio tanto unanime (non esiste unanimità più

perfetta di quella deI silenzio) e per 25 anni m'astenni dallo

scrivere," dice 10 Svevo nella prefazione alla seconda edizione

di Senilità nel 1927.

Ma Senilità ebbe un ammiratore in James Joyce; i due scrittori

si incontrarono a Trieste nel 1906 dove Joyce viveva dando lezioni

di inglese e Svevo ne divenne allievo:

James Joyce già allora si trovava in condizioni letterarie un po' (ma non molto) migliori di quelle della Svevo. Molto migliori in quanta a stato d'animo: il Joyce si sentiva in pieno rigoglioso sviluppo mentre 10 Svevo s'accaniva ad impedire il proprio. Era persino riluttante a parlare deI proprio pas sato letterario ed il Joyce dovette insistere perché gli fossero consegnati per la lettura i due vecchi romanzi. Una vita gli piacque meno. Invece ebbe

32

subito un grande affetto per Senilità di cui ancora oggidi sa quaI che pagina a memoria (III, 806-807).

Senilità dovrà aspettare fino al 1925 per conquistarsi un

altro ammiratore:

La predilezione deI Larbaud per questo romanzo me 10 rese subito caro come nel momento in cui l'avevQ vissuto. Lo sentii subito nettato da un disprezzo durato per trent'anni, cui io, per debolezza, avevo finito con l'associarmi. 4

Il terzo e più influente ammiratore fu Montale che nel 1925

dichiarava Svevo "una delle figure d'artista più concrete e

significative deI nostro tempo," e Senilità il suo capolavoro:

4 Svevo, "Prefazione alla seconda edizione" di Senilità (1927), Romanzi, p. 430.

"libro di veramente rara potenza," "libro tutto fuoco,,5 che "dà

modo a Svevo di toccare i suoi risultati maggiori e la sua più

sicura originalità.,,6 Per la prima volta si propone allo Svevo

di correggere la lingua dei suoi primi due romanzi, ma il problema

è già situato nella prospettiva che specialisti quali il Devot07

confermeranno do po una analisi accurata:

la lingua approssimativa, convulsa, quasi dialettale e non scevra di anacoluti dei due primi volumi ••• non sarà facilmente mandata buona allo Svevo da quel la parte della nostra critica che più si preoccupa di problemi astrattamente formali e financo linguistici. E non credo che cio avverrà con troppa ragione: dato che queste mende verbali non intaccano molto più della superficie dei primi libri di Svevo, e sono agevolmente identificabili, a tal segno che non appare inverosimile che l'autore possa farle sparire in una prossima edizione dei suoi volumi. 8

Dapprincipio l'idea di rivedere Senilità scoraggio Svevo.

"Già non c'è molto da fare. Bisogna lasciarlo COSl. 0 gettarlo nel

fuoco,,,9 scrive il 27 marzo 1926 a Montale che subito gli risponde:

Se non fosse ridicolo da parte mia darLe dei consigli, La pregherei di ristampare Senilità con pochissimi ritocchi per non

5 E. Montale, "Omaggio a Italo Svevo," in Montale-Svevo Lettere, pp. 93, 98, 99, pubblicato prima nell'Esame, IV (1925), 804-813.

6 E. Montale, "Presentazione di Italo Svevo," in Montale-Svevo Lettere, p. 109, pubblicato prima nel Quindicinale, 30 gennaio 1926.

7 Giacomo Devoto, "Decenni per Svevo," in Studi di stilistica (Firenze, 1950), pp. 175-193.

8 Montale, p. 104.

9 Lettera a E. Montale, 27 marzo 1926, Epistolario, p. 790.

"

33

guastare con appiccicature letterarie la schiettezza deI testo. Potrebbe eliminare quaI che esclamativo e uno 0 due anacoluti in tutto, consigliandosi cî8 BazIen che ha un gusto squisito. Ma provveda alla ristampa.

34

Svevo si mette aIl 'opera e già il 3 aprile puo scrivere all'amico:

Di questi giorni mi sono accinto alla correzione di Senilità aiutato da un letterato mio amico. ll Non mutiamo che quelle che si deve. Non molto. 12

Le correzioni consisteranno prevalentemente in "quaI che ritocco

13 meramente forma1e." Ma anche cost riveduto il romanzo rimane a

lungo senza editore: i Fratelli Treves, dopo mesi di

tergiversazione, 10 rifiutano; Mondadori 10 respinge poiché si

tratta di una seconda edizione e Somarè che si era impegnato ad

iniziarne la stampa a metà novembre 1926 non mantiene fede al

contratto. Svevo sempre più ossessionato dall'incalzar deI tempo

("Ho 66 anni e da me l'aspettare equivale a rinuncia,,,14 "10 non

ho tempo!!!,,15) incomincia a pensare di farlo stampare a sue spese:

"Passero le forche caudine che menano al Cappelli che è un editore

che vale poco ma ch'è commercialmente sicuro.,,16 Nel gennaio deI '27

10 Montale, p. 27.

Il Secondo il Maier si tratterebbe di Marino de Szombathely. Si veda Epistolario, p. 791, nota 1.

12 Lettera a E. Montale, 3 aprile 1926, Epistolario, p. 791.

13 Svevo, "Prefazione alla seconda edizione," Romanzi, p. 431.

14 Lettera E. Montale, 6 dicembre 1926, Epistolario, 819. a p.

15 Lettera E. Montale, 17 dicembre 1926, Epistolario, p. 821. a

16 Lettera E. Montale, 6 dicembre 1926, Epistolario, p. 819. a

informa MOntale di essere in trattative con Cappelli, ma a metà

febbraio nulla è ancora definito e Svevo amareggiato sembra

abbandonare l'impresa:

In quanto a Senilità son dolori. Un amico ••• fece addirittura una circolare ai varii editori d'Italia per offrirla. Mi domandano fra le sette e le dieci mila lire per pubblicarla •••• Senilità pua continuare a dorrnire. 17

Ma nello spazio di qualche giorno cambia idea perché scrive a

Prezzolini: "~trovo ancora con Senilità inaccolta che pubblicherè

18 qui a Trieste a mie spese." Poco dopo Svevo riceverà una

proposta dalla Casa Editrice Morreale di Milano che pubblicherà il

romanzo in 3000 copie; Svevo contribuirà con tremila lire. Da una

lettera deI 5 settembre che Svevo indirizza al Crémieux sappiamo che

la seconda edizione di Senilità è finalmente pubblicata:

Dai giornali italiani non apparirebbe che voglia determinarsi un qualche successo di questa pubblicazione. Invece da lettere che ricevo risulterebbe proprio che il romanzo piaccia. 19

35

Benco ha accolto la pubblicazione con un articolo sul Piccolo,20

ma presto ci saranno altre reazioni favorevoli da parte di critici

1 · ·1 SI· 21 l.·l F 22 ·1 p. i 23 qua l. l. 0 ml., errata, l. l.cen.

17 Lettera a E. MOntale, 14 febbraio 1927, Epistolario, 833. p.

18 Lettera a G. Prezzolini, 19 febbraio 1927, Epistolario, 835. p.

19 Lettera a B. Crémieux, 5 settembre 1927, Epistolario, p. 851.

20 Silvio Benco, "Senilità di Italo Svevo dopo trent'anni," Piccolo della Sera, 6 settembre 1927.

21

671-677 •

22

Sergio Solmi, recensione di Senilità, Il Convegno, VIII (1927),

Giansiro Ferrata, "Il libre di cui si parla: Senilità," La fiera letterari~, 25 dicembre 1927.

23 E. Piceni, "Italo Svevo," Rivista d'Italia, XXX (1927), 674-679; XXXI (1928),140-144.

Il desiderio di veder ripubb1icato Seni1ità è cost appagato.

Svevo non riuscirà pero a vederne la traduzione francese. Si

ricorda che a1cune pagine erano state tradotte da1 Larbaud per il

Navire d'argent, ma la traduzione integra1e de1 romanzo fu

intrapresa da Paul Henri Michel solo due anni dopo. Abbiamo una

1ettera di Svevo a lui indirizzata24 che COmmenta la traduzione dei

primi due capito1i; nonostante a1cune obiezioni, Svevo li aveva

trovati "magnifici."

Seni1ità è il romanzo sveviano che ha avuto più consenso di

critica e di pubb1ico in Ita1ia. Questo successo si pua spiegare

considerando che questa è l'opera che più si attiene ai canoni

ortod08si de1 romanzo ed è quindi più faci1mente inseribi1é ne1

quadro di una 1etteratura "ch'è portata sempre alla p1asticità e

aIle simmetrie compositive.,,25 Da Honta1e che ne faceva rimarcare

"un che di genuino e di compatto, un'armonia fra premesse, svi1uppi,

36

" " d . .. 1· . , d· . ,,26 conseguenze e gran e sap~enza e ~ns~eme semp ~c~ta ~ costruz~one,

a Forti che anni dopo ne ammira il "disegno esteriore perfettamente

compiuto" e che 10 dice "il 1ibro forse meg1io disegnato e

24

p. 883.

25

Lettera a Paul Henry Michel, 20 1ug1io 1928, Episto1ario,

Emilio Cecchi, "Svevo," Encic10pedia Ita1iana, ed. 1949, XXXIII (Roma, 1950), 40.

26 Montale, pp. 99-100, 109.

strutturato di tut ta la sua opera di scrittore.,,27

Il titolo originale deI romanzo, Il carnevale d'Emilio, è

molto affine a quello che Svevo scelse per il suo terzo romanzo,

La coscienza di Zeno; il soggetto comporta 10 stesso tipo di

ambivalenza, più raffinata nella Coscienza di Zeno poiché entrambi

i significati deI vocabolo sono astratti. Non c'è indicazione

della ragione per cui Svevo cambia il titolo in Senilità. Egli si

mostrerà soddisfatto e rimarrà convinto della pertinenza deI titolo

scelto e 10 manterrà e 10 difenderà dall'opinione influente deI

Larbaud che non 10 trovava calzante •. Scrive a Montale:

Il Larbaud od5.a il titolo Senilità che gli sembra una bugia. A me ancora adesso che sono tanto senile mi sembra proprio per l'individuo e il suo mondo. 28

Ancora più rivelatore è cio che dice nella "Prefazione alla seconda

edizione":

Pensa Valéry Larbaud che il titolo di questo romanzo non sia quello che gli competa. Anch'io, che so ormai cosa sia una vera senilità, sorrido tavolta di aver attribuito ad essa un eccesso in amore. Eppure, per non conformarmi neppure ad un consiglio deI Larbaud ••• devo avere dei motivi fortissimi. Mi sembrerebbe di mutilare il libro privandolo deI suo titolo che a me pare possa spiegare e scusare quaI che cosa. Quel titolo mi guido e 10 vissi (430-431).

27 Marco Forti, Svevo romanziere: con un inedito di Italo

Svevo (Milano, 1966), pp. 51, 68.

28 Lettera a E. Montale, 10 marzo 1926, Epistolario, p. 787.

37

38

Questa la ragione sentimentale che l'autore adduce quasi una trentina

d'anni dopo; ma quale era il valore e il significato che Svevo dava

al vocabolo al momento della stesura deI romanzo? Citiamo due punti

di Senilità:

E dire che poche ore prima egli aveva pensato di aver perduto la capacità di sognare. Oh, la gioventù era ritornata. Correva le sue vene prepotente come mai prima e annullava qualunque risoluzione la mente senile avessa fatta (532) .

••• un dolore, un rimpianto continuo, delle ore interminabili di agitazione, altre di sogni dolorosi e poi d'inerzia, il vuoto, la morte della fantasia e deI desiderio, uno stato più doloroso di qualunque altro (539).

Nel primo casa si na la "mente senile" contrapposta alla "gioventù"

che è "capacità di sognare," quindi di svincolarsi dalla realtà che

per Emilio è sempre linon lieta"; nel secondo si ha una definizione

della senilità vista come reazione all'angoscia continua deI vivere

e descritta come une stato più doloroso di qualunque altro, poiché è

rinuncia alla vita, un suicidio intellettuale. Si notino i

riferimenti al passato ("rimpianto") e al presente, e la mancanza di

accenni al futuro; non esiste la speranza. Senilità e gioventù non

si riferiscono quindi al ciclo temporale della vita come si

potrebbe a volte dedurre da cornmenti posteriori della stesso Svevo,

ma ai due elementi, aIle due forze costruttive della personalità

dell'individuo: la razionalità (l'intelletto), e l'irrazionalità

(il sentimento). Quando nella Coscienza di Zeno ricontreremo la

stessa figura di protagonista, cioè Emilio diventato Zeno,

l'esperienza della vita 10 avrà cambiato a tal punto, che non

soffrirà più di questo conflitto e potrà enunciare con tranquillità

39

che "la legge naturale non dà il diritto alla felicità, ma anzi

prescrive la miseria e il dolore" (899). Sopraggiunta la senilità

fisiologica, la senilità esistenziale d'Emilio si sarà dileguata.

Durante tutto il romanzo Emilio si rivela intellettualmente

pessimista, ma sentimentalmente ottimista. E' per questo che la

sua esistenza è una continua fuga dalla realtà che egli non accetta

mai, come dimostra la conclusione deI romanzo con la trasfigurazione

deI personaggio di Angiolina in un essere che della vera donna non

ritiene che la bellezza. Perché la realtà sia vista da Emilio come

uno stato di senilità, è un problema che Svevo non tratta in questo

romanzo che è descrizione e analisi psicologica di situazioni e

sentimenti di cui Svevo non ricerca le origini, come invece aveva

fatt.0. in Una vita e farà formalmente nella Coscienza di Zeno. E'

forse per questo che riferendosi a Senilità, Svevo scrive a Jahier:

"Q 1 ~ '1' ~ . f' ,,29 ue romanzo e certo 1 p1U 1ngenuo ra 1 tre.

2.

"Subito, con le prime parole che le rivolse, voIle avvisarla

che non intendeva compromettersi in una relazione troppo seria"

(437); è con queste parole che Svevo avvisa il let tore deI secondo

29 Lettera a V. Jahier, 1 febbraio 1928, Epistolario, p. 863.

romanzo che il suo protagonista è cambiato. 30 Alfonso voleva amare

ma non ne era capace; Emilio, sebbene vada dicendo di non volersi

legare, è pronto all'amore, un amore pero da adolescente che

mitizza la persona pur di soddisfare la propria necessità d'amare.

E' passato deI tempo, Emilio ha trentacinque anni e nuovi

sentimenti:

Si ritrovava nell'anima la brama insoddisfatta di piaceri e d'amore, e già l'amarezza di non averne goduto, e nel cervello

40

una grande paura di se stesso e della debolezza deI proprio carattere, invero piuttosto sospettata che saputa per esperienza (435).

Si fa avanti la possibilità ottimistica che egli non sia un debole,

cio che rende l'amarezza di Emilio non cosi schiacciante come quella

d'Alfonso, "uomo dai rimpianti amari e dai rimorsi" (II, 344).

Rimane l'inclinazione alla letteratura che per Alfonso era rimasta

alla stadio di desiderio di pubblicazioni future, mentre Emilio ha

veramente scritto un romanzo "lodatissimo dalla stampa cittadina,"

e quando 10 incontriamo egli esplica una duplice attività, nel

campo assicurativo e nel campo letterario. Negli ultimi anni non

ha più pubblicato, per "inerzia" non per incapacità, convinto di

••• trovarsi ancora sempre nel periodo di preparazione, riguardandosi nel suo più segreto interno come una potente macchina .geniale in costruzione, non ancora in attività. Viveva sempre in un'aspettativa, non paziente, di qualche cosa che doveva venirgli dal cervello, l'arte, di qualche cosa che doveva venirgli di fuori, la fortuna, il successo (434).

30 Il paragone tra Emilio e Alfonso è forse suggerito dalla stesso Svevo che in questo modo inizia il terzo paragrafo di Senilità: "La carriera di Emilio Brentani era più complicata perché intanto si componeva di due occupazioni e due scopi ben distinti," Romanzi, p. 432, dove notiamo che manca il secondo termine di paragone.

Il nostro nuovo eroe si è reso conta che il senso d'inferiorità che

a volte la as sale non è razionale: "l'abbondanza d'immagini nel

mio cervello forma la mia inferiorità" (503), ed è diventato

decisamente ottimista. 3l Alla realtà deI disamore di Angiolina non

reagirà suicidandosi, ma si limiterà a pensare di ucciderla: ha

trovato un modus vivendi. Differenza fondamentale tra questo e gli

altri due romanzi è il trattamento dei personaggi: in Una vita

Svevo si è occupato unicamente deI suo protagonista, della sua

visione e della sua reazione alla vita, tanto che nel "Profilo

autobiografico" dirà: "Certo, per l'autore, la relazione di Alfonso

con Annetta ••• è la parte importante deI romanzo" (111,802), dove

la specificazione si riferisce solo ad Alfonso; in Senilità c'è più

attenzione verso gli altri personaggi e a volte viene svelato il loro

sentire più segreto attraverso il monologo interiore. Possiamo

citare due esempi, une riferentesi al Balli, l'altro ad Amalia:

[Il Ball!3 non aveva fatto nulla che avesse potuto offendere Emilio; le sue intenzioni, anzi, erano state tali che avrebbe creduto di meritare un inno di ringraziamento. Per reagire meglio all'attacco perdette subito la coscienza deI proprio torto e si senti pure di ogni macchia (474).

Nelle sue mani lunghe e bianche el la era deI tutto libera e nessuno le chiedeva né risoluzione, né forza, né amore (481).

31 Un altro esempio dell'opinione che Emilio ha di se stesso 10 abbiamo nel monologo interiore dove si esprimono le sue id~e a proposito deI sua contributo ad un futuro successo di Angiolina: "Anche il suo era un dono preziosissimo, perché con quel la bellezza e quella grazia, diretta da persona abile come lui, avrebbe potuto essere vittoriosa nella lotta per la vita!" Romanzi, p. 442.

41

In Senilità non assistiamo alla stesso processo di netta separazione

fra il protagonista e i personaggi che 10 circondano, quale invece

troviamo in Una vita e nella Coscienza di Zeno, quanto ad un

avvicinamento della posizione spirituale di Emilio a quella deI

Balli e di Amalia, pur nella sostanziale opposizione nel grade di

partecipazione di questi personaggi al mondo interiore dellJAutore,

che è evidentemente maggiore per Emilio rispetto agli altri due.

Per cui la seconda parte deI commento di Montale che mette in

rapporto i primi due romanzi: "il quadro si è ristretto, in

superficie, ma 10 scavo è andato più addentro,,,32 non è deI tutto

corretto; 10 scavo è diventato più conscio e più sistematico, ma

non raggiunge le profondità di Una vita. Si potrebbe forse fare

questa distinzione: Senilità a differenza di Una vita e della

Coscienza di Zeno, è un libre di analisi non di psicanalisi, poiché

c'è un'attenta osservazione di un carattere senza la sua continua

giustificazione ed è la storia di un uomo che vive, non - come Zeno

di un uomo che pensa; di un uomo che, al contrario di Alfonso e

Zeno, non ha memorie, non ha passato, non ha futuro.

Nel primo capitolo Svevo introduce, oltre ad Emilio, gli altri

tre protagonisti: Angiolina, l'amante; il Balli, l'amico; Amalia,

la sorella (l'ordine di presentazione rispetta l'importanza deI

32 Montale, p. 98.

42

43

personaggio nell'intreccio); e il tema su cui costruirà il suo

romanzo: la realtà soggettiva dell'innamorato e la realtà in

assoluto.

Angiolina, fiorente di bellezza e di salute, senza complessi

e falsi pudori incanta Emilio sin dal primo momento. E' lei che

con la caduta deI suc ombrellino provoca il lorD incontro ed è

veramente la donna che Emilio dice di volere: con lei egli potrebbe

vivere l'avventura "facile e breve" a cui anelava da sempre. Invece,

malgrado il comportamento della donna e quelle che gli viene

riferito sul suo conto, e nonostante i ragionamenti e le affermazioni

ch'egli stesso va facendo, Emilio si innamora. L'oggetto deI suo

sentimento non è la donna reale, ma la costruzione deI sua desiderio

che ha le sembianze di Angiolina: la chiamerà Ange. Per mantenere

intatto il sua sogno Emilio deve lot tare continuamente; ecco come

Svevo ci presenta questo conflitto:

La donna ch'egli amava, Ange, era sua invenzione, se l'era creata lui con une sforzo voluto; essa non aveva c6llaborato a questa creazione, non l'aveva neppure lasciato fare perché aveva resistito. Alla luce deI giorno il sogno scompariva. "Troppe luce!" - mormoro egli abbacinato_- "Andiamo aIl 'ombra." Essa 10 guardo con curiosità vedendogli il viso sconvolto: " ••. Il sole a te fa male? Mi dicono infatti che ci sono delle persone che non 10 possono sopportare" (459).

Egli vive queste due esperienze le quali, sebbene superficialmente

intersecantesi, nel profonde sono isolate. Cosi Svevo descrive la

schizofrenia deI protagonista:

Cosi fra il modo di parlare col Balli e quello da lui usato con Angiolina, nel Brentani s'erano andati formando due individui che vivevano tranquilli l'uno accanto all'altro, e ch'ègli non si curava di mettere d'accordo. In fondo egli non mentiva né al Balli, né ad Angiolina (454).

Angiolina che ha voluto conoscere Emilio perché la lusinga la sua

fama di letterato, si accorge presto dell'assurdità di una

relazione con lui33 e continua i rapporti solo per ragioni di

convenienza finanziaria. Questa ragazza deI popolo, ignorante ma

istintivamente saggia, realista e pratica, per la quale "anche le

parole più difficili avevano un suono non ambiguo" (435), non pue

interessarsi a lungo a un uomo che non vede nulla di chiara e

definito, ma per il quale tutto è discutibile e giarnrnai risolto, i

cui complessi hanno persino traviato l'istinto; il protagonista

sveviano traumatizzato dal suo attaccamento per la figura della

madre non riuscirà mai ad avere una soddisfacente relazione sessuale

libera da sentimenti incestuosi. A questa creatura nel fiore degli

anni egli non sa offrire dapprima che un amore platonico e fraterno

34 che la meraviglia e diverte; quando poi Emilio oserà possederla,

la colpa e il tormento sconvolgeranno il suo animo, portandolo a

scene per Angiolina disgustose e incomprensibili aIle quali lei

33 L'unica occasione in cui Angiolina palesa un sentimento positivo d'arnrnirazione e di rispetto per Emilio è quando egli scrive a nome di lei al sarto Volpini. Ci dice Svevo che Angiolina "contava sui consigli d'Emilio, nel quale aveva l'enorme fiducia che hanno gli incolti per i letterati." Romanzi, p. 553.

34 Si notino le parole usate da Svevo nel trasmetterci il sentire di Emilio prima che egli faccia all'amore con Angiolina: "Le mormoro sulle labbra e sul collo delle parole di rimprovero a cui ella neppure rispose perché avevano il suono di una preghiera, di una adorazione. Nella penombra la stanza della vedova Paracci divenne un tempio.... Ella aveva disciolti gli abbondanti capelli, ed egli si ritrovo con la testa appoggiata su un guanciale d'oro. Come un bambino egli vi appoggio il vol to • ••. '" Romanzi, p. 534. Le sottolineature sono mie.

44

45

passivamente partecipa. Invidierà la sorella appunto perché il suo

amore non ha avuto compimento:

••• la vedeva disfatta ma tranquilla. E aveva pensato che l'amore, per Amalia, restava il puro grande desiderio divino: era nell'effettuazione che la piccola natura umana si trovava bruttata, avvilita (534).

Amalia è stata vista dalla critica come la versione femminile

di Emilio: "cosi simile a lui nel destino e nel carattere" dice

il ~wxia,35 mentre invece se osservata attentamente la personalità

della sorella si rivela antitetica. Come tutte le figure di donna

create da Svevo, Amalia non è tormentata da dubbi; quando le viene

propos ta la verità la riconosce e l'accetta con semplicità e senza

indugi. Allorché, dopo una vita di rispettosa obbedienza a

"quell' imper'ativo che le era stato gridato nelle orecchie sin

dall'infanzia," si sveglia all'amore, ammette con brutale coraggio

di essere stata truffata:

Il Balli era la virtù e la forza, il Balli che dell'amore parlava tanto serenamente, dell'amore che per lui non era stato mai un peccato (476).

Mentre Emilio si agita in "torbide manovre psicologiche attraverso

1 1 · d d" " ,,36 Am 1" ~ 1 d' e qua 1 ••• preten e 1 aut01ngannars1, a 1a e consapevo e e1

suoi sentimenti e agisce di conseguenza; ma con riservatezza e

dignità, tanto che 10 seul tore non si accorge deI cambiamento. E'

Emilio che con egoismo e crudeltà, scoperta la passione della sorella

35 Sandro Maxia, Lettura di Italo Svevo (Padova, 1965), p. 80.

36 Maxia, p. 61.

per l'amico, renderà la situazione insostenibile per Amalia che

diventerà un'alcolizzata e impazzirà. 37 Due sono le forze che

spingono Emilio alla decisione di allontanare il Balli da Amalia:

la gelosia di un ulteriore successo sentimentale dell'amico, e la

gelosia dell'affetto della sorella che fino a quel momento era

vissuta per lui "come una madre dimentica di se stessa" (434). Ma

ecco come Emilio razionalizza le sue passioni: "Sarebbe stata una

vigliaccheria non salvare la sorella per la paura di perdere

l'amico; nell'azione ch'egli meditava non vedeva più che un

esperimento di coraggio" (508), soggiunge Svevo. Intuiamo qui

l'opinione dell'autore, e quindi la verità deI suo personaggio, da

due parole che egli usa in questo suo commento: "meditava," che ci

riporta all'idiotismo "meditare un delitto 0 una vendetta," e

"esperimento," parola che esclude ogni possibilità di sentimento.

Che il modo di agire di Emilio non sia dettato dal desiderio

di vendetta per il comportamento deI Balli verso Angiolina, come

invece egli pensa,38 è anche dedotto dal fatto che prima di dar

corso alla sua decisione vuole essere sicuro che la sorella sia

veramente innamorata dell'amico: "Non 10 fece solo per il dubbio

37 La pazzia di Amalia è citata come esempio letterario di psicosi maniaco-depressiva. Leslie Y. Rabkin, "Affective Reactions," in Psychopathology and Literature (San Francisco, 1966), pp. 192-199.

38 "Egli era pero tante in chiara in quel momento sui propri sentimenti che temette che anche il Balli non s'accorgesse che gli si parlava di Amalia per vendicar.si deI contegno da lui avuto con Angiolina." Romanzi, p. 509.

46

--ô j

47

di poter ancora essersi ingannato sui sentimenti d'Amalia" (508);

quindi l'importante era di stroncare i sentimenti della sorella se

fossero esistiti. La osserva e si convince della sua passione;

cerca di imporsi all'attenzione d'Amalia non riuscendo nell'intento,

provando quindi la stessa "dolorosa gelosia" che aveva provato

quando si riunivano con Angiolina. Le parole che Svevo usa per

descrivere i sentimenti deI suo protagonista sono "amaro rancore,"

"violenza" e "odio." Ma la sordidezza deI suo comportamento

raggiunge l'apice quando "preso da una paura puerile di perdere

l'amico" (511) scusa il suo comportamento rivelando il segreto di

Amalia. Nelle sue mani di debole e insicuro nessuno si salva; spinto

dalle sue necessità angosciose che non sa controllare, strumentalizza

le persone a lui devote:

Amalia stessa era stata insignificante nella sua vita. Non ricordava neppure ch'ella avesse dimostrato il desiderio di riavvicinarsi a lui quando egli, per salvarsi da Angiolina, aveva tentato di rendere più affettuosa la loro relazione. La sua morte sola era stata importante per lui; quella almeno l'aveva liberato dalla sua vergognosa passione (591).

In Senilità l'amico de1 protagonista è 10 scultore Bal1i,

un be11'uomo alto e forte, sicuro di se, ammirato ed amato dalle

donne, deI quale Svevo impietosamente svela subito i difetti usando,

come sempre con i personaggi maschi1i di un certo ri1ievo, il

metodo de1 raffronto con l'eroe: "era men co1to," "fra di lorD non

si parlava mai delle teorie letterarie complesse di Emilio poiche

il Bal1i detestava tutto cio che ignorava," "in arte aveva giudizi

aspri e imprudenti," ed era inoltre ambizioso, vi11ano, incapace

48

d'amare (438-439). Il Balli era diventato amico di Emilio poiché

era lusingato dall'ammirazione che questi gli mostrava e perché gli

era stato facile imporsi ed avere "una specie d'autorità paterna."

Emilio poi, che "abbisognava di puntelli per sentirsi sicuro" (438),

ne aveva subito l'influenza persino nel modo di camminare, parlare,

gestire; Svevo scrive che il Balli accanto al Brentani "poteva

avere la sensazione d'essere accompagnato da una delle tante femmine

a lui soggette," e che gli era divenuto "caro, indispensabile" (439)

unicamente per abitudine; cosi presentata questa amicizia non è

convincente, mentre nel corso deI romanzo si avverte la portata

affettiva di questa relazione che è la più sincera nell'esperienza

dell'eroe sveviano. Ci sono due elementi originali in questo

sentimento d'amicizia tra Emilio e il Balli: il desiderio deI

protagonista di suscitare la compassione dell'amico e la gelosia di

questi per l'affetto che il protagonista ha per Angiolina. Quando

essa appare sulla scena Emilio trascura il Balli che, geloso e ferito,

si vendica deridendo e denigrando la donna, cioè attenendosi, con

motivazioni diverse, al tipico comportamento della figura

dell'Amico nei romanzi sveviani. Come sempre egli conquista la

donna amata dal protagonista, sebbene sia solo in questa occasione

che Svevo ce 10 mostri aIl 'opera; Emilio gli confida il suo

insuccesso e il Balli, per amicizia, decide di mostrargli come un

uomo si debba comportare per es sere apprezzato da una donna e gli

propone di passare la serata insieme, a quattro, ma eccitato dalla

presenza della bella Angiolina e lusingato dalla sua attenzione, si

dimentica deI proposito e si serve invec~ dell'amico per dimostrare

la sua schiacciante superiorità. Alla fine della serata Emilio è

pieno di "amara gelosia," di rancore e di odio. "La stessa nota,

dolorosa gelosia" (509) si risveglia in lui quando si accorge che

sua sorella ama il Balli: è gelosia per la "donna," chiunque essa

sia.

L'usuale trattamento da parte dell'autore per la figura

dell'Amico di cui ci vengono presentate le azioni ma non le

passioni - subisce in questo romanzo un cambiamento notevole: a

volte Svevo si insinua nella coscienza deI Balli in modo tale che

il let tore viene a conoscerne i pensieri intimi e viene messo al

corrente dei sentimenti per nulla amichevoli dello seul tore: sarà

l'unico esempio di personaggio sveviano che, came il pratagonista,

svela la sua natura contraddittoria nel campo degli affetti.

Questa similarità della maniera di presentarci il mondo interiore di

due personaggi che nella laro realtà di ogni giorno sono moIti

diversi, fa nascere il dubbio che egli faccia usa della stessa fonte

d'esperienza intima. Vorrei ricordare a questo punto quanta Montale

riporta in une dei suai articoli su Svevo; un conoscente deI

romanziere di cui Hontale mantiene l'anonimata gli aveva scritto:

"Italo Svevo fu un uomo geniale ..• punta critico e cattivo

conoscitore degli uomini,,;39 e cio forse è dovuto al fatto che 10

39 E. Montale, "Leggenda e verità di Svevo," in Montale-Svevo Lettere, p. 125, pubblicato prima in Solaria,'I'(J (1929), p. 56.

49

50

scrittore alla ricerca di se stesso non ha tempo di analizzare in

profondità gli altri.

Nel libre della signora Veneziani Svevo ei fa presente che

Senilità prende 10 spunto da un episodio reale della vita

dell'autore e che a Trieste si riconoscono i protagonisti della

vicenda; ma si tratta di una realtà modificata, come sta a dimostrare

quanta scrive Svevo stesso al pittore e critico d'arte

Emerico Schiffrer:

La prima cosa che mi colpisce cercando di ricordare il carattere del Veruda èche radicalmente è differente da quello del Balli •••• Era dunque differente del tutto da quel sicuro e poco artistico Balli .••• Al Balli egli certo somigliava in qualche cosa ••• la grande lealtà ma anche una certa indifferenza per le cose di questo mondo quando non sono belle. 40

40 Lettera datata 14 giugno 1928, Epistolario, p. 879-880.

III

LA COSCIENZA DI ZENO (1926)

" la psicoanaUsi ch 'io~ timidamente~ precorsi" (608).

1.

Aveva scritto Senilità con facilità e ne era soddisfatto.

Lo aveva dato aIle stampe con "un'ultima speranza" di essere

finalmente riconosciuto, speranza che aveva dovuto abbandonare

dato l'insuccesso riservato al romanzo: amareggiato a oberato dal

lavoro smette di scrivere:

Gettai la penna aIle ortiche •.• religiosamente, e per quindici anni nel mio tempo libero suonai rabbiosamente il violino. Bisognava pur fare il proprio dovere verso chi aveva messe il suo destino 1 nelle mie mani e non lasciarsi distrarre dalla lotta per la vita ••••

1 Questa è la ragione che Svevo ripetutamente adduce per l'intervallo di 25 anni che separa la pubblicazione di Senilità da quel la della Coscienza di Zeno. Ad esempio: "Temevo che la letteratura mi impedisse di fare il dovere che m'ero imposto a vantaggio mio, dei miei e anche dei miei soci. Era una questione d'onestà." Lettera a Bice Rusconi Besso, 19 aprile 1928, Epistolario, p. 872. "Scrivere dell'altro era difficile perché allora per poter corrispondere un po' meglio ai proprii impegni 10 Svevo occupava tre impieghi •••• Derivava la necessità della rinuncia •••• La serietà della vita incombeva su di lui. Fu un proposito ferreo." "Profilo autobiografico," Racconti, p. 805.

Poi venne la guerra e la mia azienda fu chiusa. Non mi sentii di suonare per otto ore al giorno il vio1ino. Mi credetti chiamato ad un'opera più uti1e,,;2

"Incomincia a raccog1iere i suoi pensieri in numerosi fog1ietti

per un 1ibro di ricordi che non fu mai compiuto,,,3 e "si accinse in

queg1i anni di tormenta a un'opera umanitaria, a un progetto di

pace universa1e.,,4

Questo ritorno alla 1etteratura cu1minerà con l'ispirazione

per un nuovo romanzo. Cosi. racconta 10 stesso Svevo ne1 "Profi10

autobiografico":

Fu un attimo di forte travo1gente ispirazione. Non c'era possibi1ità di sa1varsi. Bisognava fare quel romanzo. Certo si poteva fare a meno Ji pubb1icar10. 5

Questo è un cenno alla prima stesura che Svevo butta giù in

quindici giorni, ne1 1919.6 7 Solo tre anni dopo, ne1 1ug1io de1

1922, l'autore decide di pubb1icar1a e passa le sue vacanze

2 Lettera a G. Prezzo1ini, 2 dicembre 1925, Episto1ario, pp. 771-772.

3 Veneziani Svevo, p. 92.

4 Veneziani Svevo, p. 94. Svevo stesso ne farà menzione in una 1ettera a Prezzo1ini:" mi misi a compi1are un trattato, che poi distrussi, sulla possibi1ità della pace universa1e." 2 dicembre 1925, Episto1ario, p. 772. "Sulla teoria della pace," Racconti, pp. 649-662; sarebbe secondo il Maier (Episto1ario, nota 2, p. 772), un frammento di quest'opera.

5 "Profi10 autobiografico," Racconti, p. 808.

6 Veneziani Svevo, p. 99.

7 Svevo scrive a Montale: "Ci misi tre anni a scriver10 nei miei ritag1i di tempo." 17 febbraio 1926, Episto1ario, p. 779.

52

chiuso in salotto a scrivere a macchina tutta la giornata. 8

Svevo si mette in contatto epistolare con l'editore Cappelli:

di questo scambio ci è rimasta una lettera deI romanziere, deI

dicembre della stesso anno,9 in cui egli accusa la sua prima

delusione: il Cappelli, dopo aver letto il romanzo, ha suggerito

di limitare l'edizione da 2500/3000 copie a 1500.

La coscienza di Zeno esce nel 1923, a sue spese.

Silvio Benco 10 recensisce sul Piccolo della Sera deI 5 giugno.

Il critico nota che Svevo è "un po' spaesato" nel mondo letterario

deI suo tempo, che non è infatti un letterato di professione, ma un

industriale. Per Benco il valore intrinseco della Coscienza di Zeno

non è nell'espressione letteraria - trova la lingua "dura e strana"

ma nel contenuto intessuto di esperienze di vita, di coraggiosi

approfondimenti analitici: egli è il primo ad additare l'elemento

psicanalitico deI ramanzo. La recensione anche se molto favorevole

53

non lancia il romanzo, data la portata unicamente locale deI giornale.

Lo stesso giorno appare un articolo non firmato sull'Era nuova:

l'opera è considera ta autobiografica, con un fondo grottesco; si

parla di scetticismo di Svevo che "sa ridere di sé e degli altri."

Il 15 luglio Donatello d'Orazio recensisce La coscienza di Zeno sul

Popolo di Trieste, il 16 ottobre Willy Diaz sul Caffaro. La critica

8 Veneziani Svevo, p. 98.

9 Lettera all'editore Licinio Cappelli, 9 dicembre 1922, Epistolario, p. 744.

54

deI Corriere della sera che avrebbe potuto dare l'avvio ad un

riconoscimento di Svevo, è invece scoraggiante: Giulio Caprin

scrive che il romanzo è prolisso, "scucito e frammentario," sebbene

gli riconosca un interesse psicologico. L'undici dicembre su

Il reste deI Carlino il romanzo viene chiamato paradossale, ricco

pero di umorismo e di sottile ironia. L'anno dopo sulla Libertà

di Trento (la agosto 1924) Ferdinando Pasini scrive un articolo in

cui riprende l'elemento psicanalitico che giudica spinto fino

all'esasperazione; fa notare il carattere abulico deI protagonista

opposto a quello posato e solido della moglie; ed inoltre il tono

umoristico, a volte cinico, che pervade il romanzo al quale

riconosce pero un "alto valore umano." Questa recensione rincuoro

il nostro autore che cosi si esprime nella lettera di ringraziamento

che invia al Pasini: "L'insuccesso imperversava minaccioso nel mio

h o ° d d Lola vecc ~o organ~smo ••. venen 0 a una persona come e~, una

manifestazione di interessamento simile aIl 'opera mia, m'assolve deI

delitto di presunzione di aver pubblicato."ll Il 14 maggio dell'anno

dopo il Pasini dedicherà a Svevo un articolo panoramico nel quale

afferma l'insufficienza critica deI "criterio della perfezione

stilistica.,,12

la Il Pasini era docente di letteratura italiana presso l'Istituto Superiore di Studi Economici e Commerciali di Trieste.

Il 30 agosto 1924, Epistolario, p. 754.

12 F. Pasini, "Note retrospettive," La libertà, 14 maggio 1925.

Sebbene addo10rato da11'insuccesso sia di critica che di

pubb1ico tanto da risentirne psico10gicamente e fisicamente,13

Svevo non si era rassegnato e ne1 gennaio de1 1924 aveva inviato

a James Joyce, a110ra a Parigi, una copia de1 suo romanzo. Joyce

gli rispondeva:

Grazie de1 romanzo con la dedica •••• Sto 1eggendo10 con molto piacere. Perché si dispera? Deve sapere che è di gran 1unga il suo mig1iore 1ibro. Quanto alla critica ita1iana non so. Ma faccia mandare esemp1ari di stampa a M. Valéry Larbaud, M. Benjamin Crémieux, Mr. T. S. Eliot .••• Par1ero 0 scrivero in proposito con questi 1etterati.14

In un'a1tra 1ettera l'ir1andese avverte l'amico di aver par1ato

con Larbaud e Crémieux; 10 rassicura: "Il suo 1ibro sarà

15 apprezzato," e consig1ia di mandare un esemp1are de1 1ibro a

Enzo Ferrieri, direttore de1 Convegno. 16 In apri1e gli scriverà:

"Good news: Mr. Valéry Larbaud has read your nove1. He is very

p1eased with it. He will write a review of it in the Nouvelle revue

française. ,,17 Ma la recensione non sarà scritta e il Larbaud si

13 Veneziani Svevo, p. 99.

14 "Carteggio inedito Ita10 Svevo - James Joyce," con un'introduzione di Harry Levin, Inventario, II, n. 1 (1949), 120; 1ettera datata 30 gennaio 1924: ita1iano ne1 testo.

15 Levin, p. 121; 1ettera datata 20 febbraio 1924.

16 Rivista mi1anese mensi1e di 1ettere e arti che presentava la mig1iore produzione 1etteraria e artistica d'Europa e d'America. Il fascico10 de1 gennaio-febbraio 1929 sarà interamente dedicato a Svevo da poco scomparso. l co11aboratori di questo numero sono: Debenedetti, Linati, Stuparich e Rossi.

17 Levin, p. 122; 1ettera datata 1 apri1e 1924: ing1ese ne1

testo.

55

metterà in contatto con Svevo solo nel gennaio dell'anno dopo,

1925. Durante il corso di quell'anno Svevo andrà a Parigi dove

verrà festeggiato e acclamato; Larbaud, Crémieux e la mog1ie,

Marie Anne Comnène, e la principessa di Bassiano, progetteranno

un articolo sul Commerce che avrebbe dovuto lanciarlo, ma che

non sarà mai pubblicato. Nel novembre Joyce potrà darg1i finalmente

buone notizie: "Ho parlato colla direttrice18 deI Navire d'argent

la quale m'assicuro che un brano deI suo libre sarà pubblicato ne1

numero di gennaio e febbraio presentato da Crémieux.,,19 Infatti

proprio nel numero gennaio-febbraio deI Navire d'argent sono

riportate una quindicina di pagine tradotte da1 Larbaud, precedute

da un breve articolo di introduzione deI Crémieux.

Intanto MOntale che aveva sentito parlare di Svevo, 1egge i

tre romanzi e precede i francesi presentando 10 scrittore triestino

al mondo letterario italiano nel suo famoso articolo "Omaggio a

Italo Svevo" pubblicato nell'Esame deI novembre-dicembre 1925.

E' questo finalmente il trampolino di lancio: a 64 anni, dopo

32 anni di attesa, Svevo ottiene il riconoscimento tante desiderato.

56

Il mondo letterario italiano è pronto a discutere il valore de1l'opera

18 Adrienne Monnier.

19 Levin, p. 125. Lettera datata 21 febbraio 1925: ita1iano nel testo. Il Levin traduce la data in inglese February 21, 1925 dall'italiano 21.11.25: si tratta di una svista dato che ne1la lettera il Joyce accenna a Natale: "Mercoledi e giovedi prossimo entro alla clinica dove devo subire un'operazione, la settima4n tre auni (cateratta secondaria) ma conto di esser di ritorno per Natale, poi passate le feste vogliamo andare a Londra."

.,

sua. Qua1i sono le ragioni di questa diversa accog1ienza?

L'interesse per l'uomo è ora al centro de11'esperienza narrativa:

Freud ha proposto l'esp10razione de1 subcosciente che è diventato

il più affascinante dei soggetti; Joyce ha va10rizzato il mono10go

interiore; Proust ha offerto come l'unica evasione la rievocazione.

Ed ecco che si scopre l'attua1ità di Svevo.

"Omaggio a Ita10 Svevo" è un saggio importante non solo perché

riesce ad aprire la discussione sul romanziere triestino, ma anche

perché Montale esprime dei giudizi che, seppur genera1i, verranno

ripetuti dai più seri studiosi di Svevo. Il suo giudizio di va10re

su110 scrittore triestino è più morale che estetico; dirà a un certo

punta: "La natura de11'autore è di una qua1ità più pura e più

vicina a noi," facendosi cosi interprete di Svevo; quindi non un

artico10 di critica, ma di presentazione. 20 Montale riconosce in

Svevo il precursore, unico in Ita1ia, e il portavoce della cri si

contemporanea; 10 sente spontaneo, sincero, artista puro. La

parte centrale de1 saggio è presa da11'esame dei tre romanzi che

vengono riassunti e commentati: Una vita gli ricorda Balzac, ma è

in Seni1ità che eg1i app1aude il capo1avoro. La coscienza di Zeno

è il 1ibro "più vasto e significativo" col qua1e Svevo ha tentato

"di darci il poema della nostra comp1icata pazzia contemporanea."

20 Di questa op~n~one è 10 stesso Svevo, come si puo 1eggere ne11a 1ettera scritta a Anne Marie Commène ne11a primavera de1 1926; "Chi Le scrive è un uomo circa celebre. Uno più 0 meno de11'a1tro, ogni giorna1e d'Italia ha fatto il mio nome con termini più 0 meno lusinghieri. Pero di critica non v'è questione. Dicono che verrà." Episto1ario, p. 791.

57

Sebbene sia evidente dal suo scritto che è La coscienza di Zeno

l'opera che più 10 affascina e 10 conquista, sarà solo dopo qualche

tempo che se ne renderà conto e scriverà a Svevo nell'ottobre deI

1927: "10 sono, come Ella sa, ormai definitivamente convertito a

Zeno.,,2l Montale affronta anche il problema della lingua di Svevo,

e non è una critica, ma una difesa. Nel terzo romanzo egli vede

58

••• [un] progresso formale; ch'è certo la lingua approssimativa, convulsa, quasi dialettale e non scevra di anacoluti dei primi due volumi ••• non sarà facilmente mandata buona alla Svevo da quella parte della nostra critica che più si preoccupa di problemi astrattamente formali e financo linguistici. E non credo che cio avverrà con troppa ragione: dato che 1ueste mende verbali non intaccano molto più che la superficie. 2

Lo studio di Montale fu seguito nel gennaio deI 1926 da un suo

altro articolo, "Presentazione di Italo Svevo," pubblicato sul

Quindicinale, seguito a sua volta da un breve scritto, nel giugno

dello stesso anno, sull'Italia che scrive.

Ma il riconoscimento deI valore letterario dei romanzi di

Svevo è tutt'altro che unanime in Italia poiché, come nota il Luti:

Dobbiamo convenire che Svevo non fu compreso dalla coscienza italiarLa, poiché in quegli anni fummo soltanto sfiorati dalla coscienza europea, chiusi come eravamo nella involuzione preludente ad una tragica esperienza politica. 23

Anzi, il casa Svevo divenne la causa occasionale dell'antagonismo

21 Montale, p. 88.

22 Questo dira in sostanza il Devoto nel saggio gi,à citato sulla lingua della Svevo.

23 Giorgio Luti, Italo Svevo e altri studi sulla letteratura italiana deI primo Novecento (Milano, 1961), p. 214.

tra i letterati francesi e italiani. Criticare Svevo divenne ad

un certo momento il mezzo per attaccare velatamente le illogicità

nel campo dell' estetica dei contenutisti francesi (c.ritica a

tendenza psicologizzante). Svevo scriveva male, dicevano i critici,

per cui non ha importanza d'arte e si parla deI suo gergo "ingrato

e rozzo," pieno di calchi germanici e di residui dialettali, pieno

di sgrammati.cature e d' improprietà lessicali e sintattiche. Il

Caprin, critico letterario deI Corriere della sera, scrive un

articolo che intitola "Una proposta di celebrità" in data

Il febbraio 1926:

••• fin tante che, per esprimersi sulla carta stampata, non S1 e trovato di meglio che l'adoperare il vocabolario e la grammatica di una certa lingua, si sono fissati dei limiti che, quando non sono raggiunti, l'arte svanisce e non resta che una pena.

E più oltre:

..• si puo esser grati a questi am1C1 francesi di aver segnalato una curiosità antiletteraria."

Dobbiamo ricordare che pochi anni prima, dal 1919 al 1923, si era

59

pubblicata a Roma la rivista La Ronda e che il fine dei collaboratori

di questa rivista era di riportare la lingua scritta alla

perfezione tecnica e alla classicità formale leopardiana, per cui

si era insistito sulla elaborazione artistica. Infatti il

Gargiulo che era il teorico di questo movimento non fa neppure

menzione deI nome di Svevo nella sua Letteratura italiana deI '900. 24

24 Si noti pero che Montale scrive a Svevo: "Mi ha scritto il critico lü.fredo Gargiulo... con parole di ammirazione per Zeno," 23 luglio 1926; e ancora: "A Roma ho visto recentemente Alfredo Gargiulo ••• ed è ammiratissimo di Zeno," 28 novembre 1926. Montale, pp. 43, 58.

60

Emilio Cecchi, anch'egli rondista, ma di grande finezza e sensibilità

letteraria non si dimostra altrettanto rigido:

Una siffatta arte di narrare giungeva inaspettata alla letteratura italiana, ch'è portata sempre alla plasticità e aIle simmetrie compositive. E forse, tali modi, in Italia non sarebbero stati possibili, fuorché in un ingegno non professionale, cresciuto sul linguaggio talvolta improprio, ma percio audace e spesso felicissimo. 25

Nell'agosto 1926 sul Baretti di Torino scrive Umberto Morra

di Lavriano. L'articolo è interessante per alcune acute

osservazioni: i protagonisti dei tre romanzi si assomigliano

"come i diversi ritratti di un medesimo pittore"; attacca la triade

Proust-joyce-Svevo, che era diventata ormai uno slogan, dicendo che

in tale compagnia i limiti di Svevo erano tanto più evidenti. Trova

La coscienza di Zeno il migliore dei romanzi ma non 10 accetta come

opera d'arte. Sulla lingua di Svevo dice:

Le manchevolezze nello stile di Italo Svevo sono tanto evidenti che il primo giudizio su questi libri sar~ sempre di condanna: sono scritti male •••• Qui ci troviamo a fare i conti con una poco comune imperizia dello scrivere e una curiosa ostinatezza a non imparare, si direbbe a non volersi arrendere a un modo di scrittura più piano e un pochino più elegante, per paura che diventi una maschera 0 una cosa leziosa.

Anche Emilio Rocca critica aspramente la lingua di Svevo, ma

apprezza la fine psicologia dei romanzi (Stirpe, settembre 1927),

rifacendosi molto all'articolo di Montale.

Nell'articolo di Sergio Solmi su Senilità, pubblicato sul

Convegno il 25 novembre 1927, si dà la spiegazione delle difficultà

25 Emilio Cecchi, "Svevo," Enciclopedia Italiana, ed. 1949,

XXXIII (Roma, 1950), 40.

che l'opera di Svevo presenta ai critici e la conseguente lol'o

incomprensione: "pel' una concezione nuova, quale quella di Svevo,

ci vuole una critica nuova." Egli continua:

Il fondamento che presso altri scrittori è rappresentato solitamente dall'elaborazione letteraria, dalla studio dei classici e dei moderni, sembra esser stato sostituito pel' lui, da una riposata e attenta esperienza di vita, da una lucida corrosiva scienza deI cuore umano~ Sicchê a ben guardare, le scorrettezze stilistiche e a volte addirittura sintattiche e grammaticali deI linguaggio senza storia di cui si è servito, ci appaiôno in certo

61

modo indifferenti, di fronte alla forza vergine della rappresentazione quale si esprime nelle sue migliori pagine, davanti alla felicità di tono e d'impostazione, tutta inconscia, della sua narrativa, al tocco precisa e leggero con cui, in pochi tratti, egli riesce ad equilibrare moti e situazioni psicologiche complicatissime.

Senilità è pel' Solmi l'opera migliore, mentre trova La coscienza di

Zeno arida. Anche pel' Leo Ferrero (Solaria, luglio-ottobre 1927)

Senilità è l'opera più perfetta, anche se nella Coscienza di Zeno

l'autore "è andato più in là." Dirà inoltre che le opere sv-2viane

sono sempre scritte "dal punta di vista deI protagonista," che è

un'osservazione assolutamente fondamentale in una discussione su

Svevo e che il Maier, con la sua superficialità, sviserà: "come se

au tore e protagonista fossero non due, ma uno: che è modo

criticamente esatto pel' definire l'autobiografia di Svevo."

L'ultimo a venir citato nella nostra cronistoria è Carlo Linati

che scrive nella Nuova antologia deI febbraio 1928. Egli vede in

Svevo un nuovo tipo di scrittore ossessionato da una "assidua

assillante ricerca della realtà intima," e questo suo ritrarre la

vita come veramente essa è, gli preclude la possibilità di une stile;

ma cito: "il suo stile sembra consistere nel non averne uno, che è

poi 10 stile della vita."

G1i u1timi anni di Svevo sono caratterizzati da brevi e

sporadici periodi disuccesso a1ternati da 1unghi mesi di stasi

che tanto agitavano e addo10ravano il nostro autore. Dopo la

fe1ice accog1ienza ottenuta da1 ristretto circo10 di 1etterati

francesi eg1i dovette attendere fino a11'inizio de1 1926 per essere

presentato al pubb1ico dalle pagine de1 Navire d'argent. Ma

l'occasione non venne sfruttata: "Credo che un successo ci sia

stato: Que110 fatto1e da1 Navire d'argent che si sarebbe potuto

sfruttare ma non si seppe," scrive Svevo al Crémieux. 26 Ancora due

anni passano prima che La coscienza di Zeno sia pubb1icata da1

Gallimard. Anche in Ita1ia il consenso di critica e di pubb1ico gli

viene a mancare; ad Alberto Rossi27 avrebbe scritto:

il mio successo è tutt'a1tro che grande presso i nostri 1ettori. Ma .•• dalla fo11a ••• esce ogni tanto un amico a porgermi la mano. Percio io sono in Ita1ia l'uomo dai tanti successi. Tanti giovani, uno alla volta, mi sa1utano come se fossi uno di 10ro e io godo più che se avessi un solo grande successo. 28

Ne11'episto1ario possiamo seguire questi alti e bassi. Ne1

1925 inizia uno scambio di 1ettere con Larbaud, Crémieux e la mog1ie,

Marie Anne Comnène, con la qua1e Svevo rimarrà fino a11'u1timo in

affettuosa corrispondenza; le 1ettere sono dominate da due terni

assi11anti: il desiderio di venir pubb1icato e l'ossessione

de11'inca1zar de1 tempo:

26 23 marzo 1927, Episto1ario, pp. 841-842.

27 Giorna1ista e scrittore.

28 Minuta di 1ettera - non datata. Episto1ario, p. 882.

62

10 non sono ansioso di réclame 0 di gloria. vostra, già più di quanta potevo sognare •••• Ma attendo. 10 sono ora molto curioso di me stesso qualche cosa prima di morire. 29

Ebbi, per opera non è questo ch'io e vorrei saperne

Svevo sebbene conscio deI suo valore necessità un appoggio continuo

e una continua rassicurazione delle sue abilità e deI suo talento.

63

Ma in questo bisogno di pubblico riconoscimento c'è un elemento molto

originale e, direi, deliziosamente ingenuo: la curiosità di se

d 1 . d . 30 stesso e e propr~o est~no. Egli è ansioso di scoprire altri

aspetti della sua opera e di se stesso che gli possono venir

rivelati da commenti e critiche.

A MOntale che aveva fatto notare la similarità dei rapporti tra

Emilio e il Balli, e Zeno e Guido, Svevo dirà: "Ne sono incantato.

Mi sorprese come una scoperta l'evidenza dell'analogia •••• Ella

insomma fa molto per me e ogni suo articolo m'è prezioso.,,3l A

Benco, più tardi: "Ne sono incantato perché vedo me stesso e la mia

storia più chiari.,,32

Che abbia bisogno di un continuo incoraggiamento 10 confessa

chiaramente al Larbaud:

10 sono fatto cost e forse a quest'ora sono in parte disfatto e facilmente perde l'equilibrio ••.• Eccomi di nuovo messe in

29 Lettera a V. Larbaud, 3 novembre 1925, Epistolario, p. 766.

30 Lettera a E. Montale, 17 febbraio 1926, Epistolario, p. 779. Svevo scrive: "Il Crémieux che fece delle osservazioni tali che io ora ne vivo perché chiariscono il mio sentimento 0, meglio, il mio destino a me stesso."

31 22 maggio 1926, Epistolario, p. 795.

32 14 settembre 1927, Epistolario, p. 852.

piedi per opera Sua •••• Adesso sono buono per varii mesi e gridera aiuto quando mi sentira crollare di nuovo. 33

E a Jahier:

Ha fatto molto bene di scrivermi, anzi m'ha fatto deI bene. Deve sapere che il mio successo è molto importante per me. Arriva proprio nel momento in cui m'affievolivo e la vita si faceva incolore per avvisarmi che da me voleva staccarsi. Per un momento il successo addirittura rallenta il progresso deI tempo e mi sentii ancora vivo. Pua immaginare quale gratitudine io provi per cha contribuisce a conservare tale luce. 34

E' di questo periodo il primo contatto con Prezzolini,

letterato e scrittore di fama, allora residente a Parigi e direttore

della Voce. Svevo scrive alla signora Comnène:

Non Le nascondo la mia soddisfazione per la lettera deI Prezzolini. E' il primo italiano di fama che appone la sua firma al giudizio dei miei grandi amici francesi. 35

E ancora: "Adesso che Prezzolini ha letto e non protesto io dormo

i miei sonni tranquilli.,,36 Subito dopo scrive allo stesso

Prezzolini che gli ha inviato una lettera di apprezzamento:

Il Crémieux pot?à dirLe come, incantato deI giudizio che di me facevano a Parigi, io fossi dolorosamente ansioso di sentire quelle che ne avrebbe detto uno scrittore italiano. Eppure prima o poi bisognava passare per di là ed io avevo l'impressione d'essere atteso al varco. Eccomi - per opera Sua - libero di un grosso pensiero. 37

33 3 novembre 1925, Epistolario, 766. p.

34 2 dicembre 1927, Epistolario, 856-857. pp.

35 17 novembre 1925, Epistolario, p. 768.

36 A Marie Anne Comnène, 28 novembre 1925, Epistolario, p. 770.

37 2 dicembre 1925, Epistolario, p. 771.

64

Gallimard accetta di pubblicare La coscienza di Zeno ma lascia

l'onere della traduzione a Svevo che, seguendo il consiglio di

Crémieux, ne affida l'incarico a H. Michel. Si esigono dei tagli:

Crémieux pensa che la storia deI fidanzamento e il capitolo che

tratta l'associazione commerciale tra Guido e Zeno debbano essere

abbreviati. Svevo recalcitra e scrive a Marie Anne Comnène per

sfogarsi: "10 tentera di compiacerlo ma non so se sapra," e per

avere consiglio:

Mi dica con piena sincerità il Suo parere. 10 mi vi atterra senz'altro. Evidentemente la traduzione è urgente. Vi sono delle persone che raggiungono i 70 anni. Ma non moIte (l, 783).

A malincuore Svevo si decide a fare dei "lievi tagli," ma l'editore

insiste che il volume sia ridotto di un centinaio di pagine.

Preoccupato, amareggiato e offeso dalla censura che Gallimard,

Crémieux e 10 stesso traduttore vogliono imporgli, si sforza di

sottomersi con fiducia al loro giudizio; ma l'amarezza e il

risentimento traspaiono dalle sue lettere. A Michel, correggendo

la versione di una frase: "Lei tradusse sempre spinto dal desiderio

di abbreviare" (1,815); "Sono ••• sconcertato dalle soppressioni che

si vollero. Mi pare stranissimo" (l, 838). E al Crémieux: "Sarà

una grande gioia [veder pubblicata La coscienza di zenoJ attenuata

dalle coupures" (l, 839).

Nell'ottobre deI 1927 riceve la traduzione completa: è

soddisfatto ed è grato a Michel ma dice:

Lessi anche l'ultima parte (la più amputata) e non posso negare che talvolta mi sentii ••• froissé come se taluno mi tagliasse brutalmente la parola in bocca (l, 853).

65

66.

A Jahier raccomanderà di leggere il romanzo in originale sia perché

è l'opera ch'egli pensa di aver scritto meglio, sia perché l'edizione

francese era stata troppo pesantemente edita. "Una ferita che -

secondo il Freud - è esposta alla soppressione patologica," soggiunge

scherzando (l, 858).

Il libre in Francia non ottiene il successo sperato e Svevo si

conforta pensando che siano proprio i tagli che 10 abbiano

danneggiato, e confida a Jahier: "anche quelle fu un grande

dolore. La traduzione sarebbe piuttosto buona se fosse integra"

(l, 864). Sarà 10 stesso Michel che 27 anni dopo, nel 1954, ne

farà la traduzione integrale che verrà sempre stampata da Gallimard

e questa volta avrà successo di pubblico.

Svevo era in trattative con Piero Rismondo per la traduzione

tedesca della Coscienza di Zeno. Il 2 settembre 1927 il

Literarische Welt ne pubblicava il terzo capitolo, "Il fumo";

l'autore attendeva la pubblicazione di tutto il romanzo per

l'autunno deI '28, che pero uscirà soltanto l'anno dopo, quando

Svevo sarà già morto.

2.

La coscienza di Zeno - come Una vita e Senilità - si divide

in capito1i, otto di numero, di varia 1unghezza: una mezza

paginetta il primo,più di un centinaio il settimo. In questo

romanzo i capitoli non servono a dividere il racconto secondo un

67

ordine cronologico e non abbracciano episodi 0 periodi

circostritti da un tempo chiaramente individuato, ma in essi, ad

eccezione deI primo e dell'ultimo, Svevo esamina e sviscera

l'argomento proposto dal titolo. L'autore essenzialmente scrittore

analitico, vuole seguire il filo della sua esplorazione senza

doversi preoccupare deI fattore cronologico e riesce con questo

tipo di procedimento a svalorizzare il tempo organizzando l'interesse

attorno aIl "'io" protagonista. Questo sentimento deI tempo come

esperienza individuale è espresso ' dallo Svevo con le prime parole

che iniziano le memorie di Zeno:

Vedere la mia infanzia? Più di dieci lus tri me ne separano e i miei occhi presbiti forse potrebbero arrivarci se la luce che ancora ne riverbera non fosse tagliata da ostacoli d'ogni §enere, vere alte montagne: i miei anni e qualche mia ora (600).3

" ••• experience is as to intensity, and not as to duration" aveva scritto

39 Thomas Hardy nel lontano 1891, e Svevo traduce questo sentimento

nella concretezza di una struttura. Dopo qualche pagina Svevo

oserà di più: "Il tempo, per me, non è quella cosa impensabile che

non s'arresta mai" (607),40 cio che è una rivolta alla categoria deI

tempo inteso come chiarificatore e organizzatore di pensiero è di

38 Questo stesso pensiero si ritrova in "Pagine di diario e sparse": " ••• non capisco perché io vedo tante cose evolversi con la rapidità deI fuoco d'artificio e tante altre muoversi con la lentezza deI sole." Racconti, p. 838.

39

p. 147.

40

Thomas Hardy, Tess of the d'Urbervilles (London, 1966),

Svevo scrive a Jahier il 2 dicembre 1927: "Per un momento il successo addirittura raI lento il progresso deI tempo e mi sentii ancora vivo." Epistolario, p. 857.

68

vita. Staccandosi da questa convenzione arbitraria l'uomo riesce a

recuperare il possesso di se stesso: "Una cosa definitiva è sempre

calma perché staccata dal tempo" (676): l'uomo s'impone. Ma non è

facile essere libero quando non si sappia dove la nuova visione ci

conduca:

Con un'evidenza tanto disperante che forse finalmente m'avrebbe data la pace staccandomi dal tempo troppo lento •••• Solo allora il tempo avrebbe potuto camminare come voleva perché io non avrei avuta più alcuna ragione d'ingerirmene: sarei arrivato al punta fermo: (676).

Mentre il primo capitolo è scritto dalle psichiatra, dottor S.,

tutti gli altri sono opera di Zeno e sono composti in successione

temporale tranne l'ultimo, l'ottavo, che il protagonista scrive dopo

un intervallo di un anno durante il quale ha seguito una cura

psicanalitica dura ta sei mesi.

Mentre nei capitoli 2-7 ci sono due punti di vista, quello di

Zeno narratore'e quel la di Zeno protagonista, nell'ottavo il gioco

si complica perché la Zeno protagonista ha tre momenti diversi: il

momento dell'evocazione deI passato, il momento dell'evocazione

della prima analisi scritta, il momento dell'analisi con la psichiatra.

Per semplificare questo intricato groviglio Zeno narratore nega

validità a qualsiasi altro momento che non sia quel la presente. A

intaccare la sua credibilità ci pensa Svevo stesso: dopa la cura

psicanalitica Zeno si sente "malato più che mai" e cerca di guarirsi

rimettendosi a scrivere: "almeno sono sicuro che questo è il vero

sistema per ridare importanza ad un passato che più non duale" (927).

Ma in "Pagine di diario e sparse," troviamo questo appunto:

E' strano che l'analisi delle cause di un sentimento troppo doloroso non basti né ad annullarlo e nemmeno a mitigarlo. Le cause scomposte risultano un malinteso, un errore facilmente appianabile, una cecità che impedisce di mettere al vero piano un fatto, una cosa, una parola. Ad analisi finita tutto rimane com'era prima, un dolore, una delusione, un appassionato desiderio (III, 848).

Il suo creatore ha smentito tutto cio con un'esperienza personale.

Nella Coscienza di Zeno, Svevo ha costruito il veicolo ideale

per la sua libertà d'artista: con 10 sdoppiamento della figura di

Zeno, Svevo riesce a dedic~rsi all'esplorazione dell'intimità deI

suo protagonista che diventa l'argomento e il metodo di svolgimento

deI romanzo. Fine e metodo sono identici: l'analisi. Organizzato

e dichiarato questo impianto formale, Svevo pua dedicarsi, per la

prima volta con completa libertà, non oppresso da nessun limite

formale, al suo protagonista ora che 10 ha fatto centro e veicolo.

Nella Coscienza di Zeno non c'è mai il tentativo di dare la visione

interna degli altri personaggi.

Il primo capitolo che si intitola'~refazione" è la presentazione

delle memorie di Zeno Cosini da parte dello psichiatra che le ha

date aIle stampe. Il Dottor S. comunica ai lettori che il suo

paziente ha scritto l'autobiografia sotto suo consiglio, come

preludio ad una cura psichiatrica che ha poi voluto interrompere, ed

ora egli la pubblica per vendicarsi deI tempo perduto ad analizzare

il manoscritto infarcito di "tante verità e bugie. Il Queste "verità e

bugie" sono l'alibi di Svevo per venire assolto dalla responsabilità

---1

69

deI SUD collage di realtà e fantasia a cui manca al fondo la

coerenza. Citiamo Svevo stesso:

Dirô solo che dopo aver conosciuta l'opera (di Freu~, io feci la cura nella solitudine senza medico. Se non altro da tale esperienza nacque il romanzo. 4l

10 so d'aver fatto una psicanalisi, solitario, senza medico. Avrei dovuto farla col medico oppure basare il mio romanzo esattamente sulla mia esperienza. Sarebbe stato più onesto. 42

Magari avessi fatto io una cura con lui [Freud1., Il mie romanzo sarebbe risultato più intero. 43 ~

Svevo sente che la mescolanza di realtà e di fantasia ha intaccato

44 l'integrità deI suo personaggio e la coerenza deI suo romanzo:

E' vero che La coscienza di Zeno è tutt'altra cosa dei romanzi precedenti. Ma pensi ch'è un'autobiografia e non la mia •••• Ci misi tre anni a scriverlo nei ritagli di tempo. E procedetti cos!: Quand'ero lasciato solo cercavo di convincermi d'essere io stesso Zeno. Camminavo come lui, come lui fumavo, e cacciavo nel mio passato tutte le sue avventure che possono somigliare aIle mie solo perché la rievocazione di una propria avventura è una ricostruzione che facilmente diventa una costruzione nuova deI tutto quando si riesce a porla in un'atmosfera nuova •••• Certo se avessi la fortuna di vivere si a lungo da poter scrivere quaI che cosa d'altro, io non m'imbarcherei più in una simile avventura. Ci vuole altra abilità della mia ed io so di une 0 due punti dove la bocca di Zeno fu sostituita dalla mia e grida e stuona. 45

41 Lettera v. Jahier, 10 dicembre 1927, EEistolario, 858. a p.

42 Lettera v. Jahier, 1 febbraio 1928, Epistolario, p. 863. a

43 Lettera v. Jahier, 27 dicembre 1927, Epistolario, 859. a p.

44 Questa mancanza d'integrità deI personaggio sveviano,

Debenedetti pensa che sia dovuta all:'origine ebraica mai dichiarata da Svevo, riportandosi quindi a qualcosa insito nello scrittore piuttosto che nel personaggio. L'accusa non è quindi di essere un'autobiografia, ma di non essere "onesta."

45 Lettera a E. Montale, 17 febbraio 1926, Epistolario, p. 779.

'- 1

70

71

Svevo, in un primo tempo, aveva creduto di aver scritto un

romanzo psicanalitico ed era tanto convinto di questo che ne aveva

dato una copia ad un amico psichiatra, il dottor Weiss, perché ne

facesse una relazione su una rivista viennese di psicanalisi; ma dopo

la lettura il Weiss gli aveva comunicato di non poterlo accontentare

perché il romanzo "con la psicanalisi non aveva nulla a che vedere.,,46

Infatti La coscienza di Zeno non è opera psicanalitica, cioè di

psicanalista, ma di paziente che sa che il primo passo verso la

guarigione è una più attenta e sincera esposizione di se stesso; ma

che al tempo stesso non ha il coraggio e la forza d'animo di farlo,

limitandosi invece a confessare le verità più accettabili.

In "Preambolo," il secondo capitolo, Zeno sdraiato comodamente

in poltrona inizia la sua analisi con tanto di carta e mati ta. La

prima cosa che gli passa per la mente è l'immagine di una locomotiva

sbuffante: il grumo doloroso è venuto alla luce,47 ma Zeno che è

all'inizio della sua auto-auscultazione non è capace di riconoscerlo

e scaccia la visione trovandola bizzarra e insignificante e si mette

à la recherche della sua prima infanzia. Cerce di rievocare se stesso

ma vede un "fantolino" che ha le sembianze di un "fantolino" nato da

46 Italo Svevo, "Soggiorno londinese," in Racconti, p. 686.

47 Solo più tardi, ricostruendo se stesso al momento dell'agonia di suo padre, ricorderà di aver fatta questa analogia sentendo il rantolo deI moribondo. Racconti, p. 634.

72

pOCO; su questa nuova vita egli medita. Non c'è scampo: il destino

di ogni individuo è dolore e malattia, malattia vista come colpa in

cui cade inconsciamente l'essere già bacato dalla sua origine. Questo

concetto verrà ribadito anche all'inizio deI capitolo quarto: "Se

descrivessi troppo minuziosamente mio padre, potrebbe risultare che

per aver la mia guarigione sarebbe stato necessario analizzare lui

prima" (622).

Questa drammatica visione esposta all'inizio deI romanzo si

riallaccia a quel la apocalittica che 10 chiude, e tra questi due

pronunciamenti è inserita la storia di Zeno che, sebbene vista da

vari critici come un'opera di umorismo, ad un'attenta lettura si

rivela puntualizzata da riflessioni amare e devastanti di Zeno la

cui premessa fondamentale è che "la legge naturale non dà il diritto

alla felicità, ma anzi prescrive la miseria e il dolore" (899).

Zeno, riflettendo sulla vita, concluderà con tranquillità che

la libertà non esiste e che, in qualsiasi modo uno viva, è condannato;

e anche la differenza della condanna, obblighi essa al movimento 0

all'inerzia, non è una scelta personale ma dipende dal casa e quindi

non legittima "né un biasimo, né UD.a Iode" (865).

Oltre alla libertà anche la verità non esiste, tutto è relativo -

questo SUD modo di sentire è forse meglio esemplificato nel commento

di Zeno autore all'episodio delle "storielle" con le quali Zeno

aveva intrattenuto le tre ragazze Malfenti. Al sentirle esse le

avevano credute false, ma con il passar deI tempo si convincono della

loro veridicità. Zeno stesso non pua dire se siano vere 0 false, ma

73

conclude il suo ragionamento: "Erano vere dal momento che io non

avrei saputo raccontarle altrimenti" (665).

Il significato della frase cosi spesso citata: "la vita non è

né brutta né bella, ma è originale" (869), è svisato da moIti.

Questa è un'idea che Zeno avanza "seguendo il suono delle parole

come s'associano casualmente" a critica di un'esclamazione sconsolata

di Guido. Zeno riflette:

Se l'avessi raccontata a qualcuno che non vi fosse stato abituato e fosse perciô privo deI nostro sense comune, sarebbe rimasto senza fiato dinanzi all'enorme costruzione priva di scopo. M'avrebbe domandato: "Ma come l'avete sopportata?" ••• non occorreva mica venire dal di fuori per vederla messa insieme in un modo tanto bizzarro. Bastava ricordare tutto quelle che noi uomini dalla vita si è aspettato, per vederla tanto strana da arrivare alla conclusione che forse l'uomo vi è stato messo dentro per errore e che non vi appartiene (869).

Questa è un'originalità non interessante ma drammatica che spiega une

dei motivi che ricorrono nella narrativa sveviana, il rifugiarsi dei

protagonisti nel mondo della fantasia, sia per sfuggire ad una

realtà insopportabile, sia per attingerne forza per affrontarla ed

accettarla. Un altro esempio di questa visione disperante 10

troviamo nelle riflessioni di Zeno quando viene a sapere della

malattia di Ada: egli pensa all'umanità come ad una linea

immaginaria

••• col gozzo ad une dei suoi capi e l'edema dall'altro, e non c'è rimedio. In mezzo stanno coloro che hanno incipiente 0

gozzo 0 edema e su tutta la linea, in tutta l'umanità, la salute assolutamente manca (858).

"Il fumo" è un capitolo breve, di grande umorismo, che sin

dall'inizio suscitô interesse e riscosse notevole successo. 48 In

esso Zeno ormai riconciliato al vizio deI fumo, rievoca le sue prime

esperienze di fumatore che risalgono all'infanzia e si collegano ai

rapporti con il padre, e la sua annosa lotta per liberarsene. 10

spunto è autobiografico,49 come si puô accertare dall'Epistolario e

dal "Diario per la fidanzata" nel quale ritroviamo il tipico gioco

zeniano della successione di date puntualizzate persino dall'ora e

dai minuti, con il quale il protagonista cerca costantemente di

consolidare la risoluzione di abbandonare tale vizio.

Anche il padre, come Zeno, è un fumàtore accanito, ma invece di

essere ossessionato da questa abitudine e voler sene liberare la

considera come una buona medicina. La realtà esteriore è la stessa,

ma l'atteggiamento dei due uomini verso di essa è agli antipodi.

74

Anche le persone "sane," la moglie, i dottori, sorridono al dibattersi

di Zeno lasciandolo solo nel suo tormento; egli sente che la sua

incapacità di liberarsi da questo vizio è riprova della sua debolezza

e questa convinzione, che gli toglie ogni fiducia, gli preclude

ogni possibilità di successo. Gli è impossibile rompere questo

48 Dopo aver letto il romanzo Joyce scrive a Svevo: "Per ora due cose mi interessano. Il tema: non avrei mai pensato che il fumo potesse dominare una persona in quel modo •••• " Lettera deI 30 gennaio 1924. Levin, p. 120.

49

Confessa Forse le passione

Si legge nella biografia scritta dalla moglie: "[svevo] di aver fatto qualche prova di psicanalisi su se stesso ••.• medesime prove fatte dal suo Zeno per liberarsi dalla deI fumo." Veneziani Svevo, p. 95.

circolo vizioso con un atto volitivo; si sa malato di una malattia

al cui confronto il diabete, che il dottore erroneamente gli

prognosticherà, è un sollievo. E' in questo capitolo e nel seguente

che Zeno chiarisce il concetto ch'egli ha di "màlattia";

La malattia è una convinzione ed io nacqui con quella convinzione (607).

E' importante per me ricordare di aver rintracciato la malattia dove un dotto vedeva la sa lute (610).

rUn amici] mi spiego che la mia vera malattia era il proposito e non~a sigaretta (611).

[Mia moglie] non aveva mai preso la mia malattia sul serio e diceva che il fumo non era altro che un modo un po' strano e non troppo noioso di vivere (612).

Forse la mia massima sventura rè) un impetuoso conato al meglio. Tutti i miei sogni di equilibrio e di forza non possono es sere definiti altrimenti (624).

Il sintomo più tangibile e più convincente della malattia è

per Zeno la sua incapacità di suonare il violine nonostante la

notevole preparazione musicale, teorica e pratica:

La musica che proviene da un organisme equilibrato è lei stessa il tempo ch'essa crea ed esaurisce. Quando la faro cosi sara guarito (691).

Zeno usa due diversi metodi per tenere a bada la sua malattia:

la repressione che pur dandogli refrigerio momentaneo, aggrava in

effetti il suo stato, e l'esercizio fisico di cui già si valeva

Alfonso, ma che Zeno riprende deliberatamente essendo cons cio della

ragione per cui il movimento gli apporta beneficio:

Preferii di camminare le vie con un passo ritmico che avrebbe potuto avviare ad un poco d'ordine il mio animo. E infatti l'ordine venne (818).

75

76

Zeno ci dà anche la sua definizione della "salute":

Compresi finalmente cosa fosse la perfetta salute umana quando indovinai che il presente per lei JAugust~ era una verità tangibile in cui si poteva segregarsi e starc\ cald~ .••• La terra girava, ma tutte le altre cose restavano al loro posto. E queste cose immobili avevano un'importanza enorme •••• Le ore dei pasti erano tenute rigidamente e anche quelle deI sonno. Esistevano, quelle ore, e si trovavano sempre al lorD posta (726).

E' a questo punta che Zeno autore ci riporta la conversione di Zeno

personaggio alla teoria ch'egli stesso ha della malattia-salute:

analizzando la salute della moglie, incomincia a dubitare se "quel la

salute non avesse avuto bisogno di cura 0 d'istruzione per guarire"

(727). Teoria che 10 stesso Svevo condivide, come si pua notare da

quanta scrive a Jahier:

E perché voler curare la nostra malattia? Davvero dobbiamo togliere all'umanità quelle ch'essa ha di meglio? 10 credo sicuramente che il vero successo che mi ha dato la pace è cànsistito in questa convinzione. 50

D' ora in avanti Zeno commenterâ,OJIlll ironia la salute dei sani

La salute non analizza se stessa e neppur si guarda nello specchio. Solo noi malati sappiamo quaI che cosa di noi stessi (730).

"La morte di mio padre" è un capitolo relativamente breve: in

esso Svevo riprende une dei grandi terni sotterranei di Una vita, il

conflitto deI protagonista con il padre; ma nella Coscienza di Zeno

questo conflitto è trattato esplicitamente e se ne presentano tutti

i sintomi: la mancanza di fiducia tra padre e figlio, la loro

50 Lettera a V. Jahier, 27 dicembre 1927, Epistolario, p. 859.

77

. . i . b '1' t~ 51 -il . d' d' d' ~ncomprens~one e ncomun~ca ~ ~ a, ~ sent~mento amore e 0 ~o

che obera Zeno di un amaro rimorso e di un complesso di colpa.

In contrasto con Una vita, la figura deI padre è qui descritta,

con umanità ed affetto; Zeno non condivide il suo punta di vista 0 i

principi che regolano la sua vita, ma neppure li disapprova; non c'è

accusa da parte deI figlio e il conflitto assurge a simbolo

dell'incomunicabilità tra le due generazioni.

Sebbene il passar degli anni abbia infiacchito il suo rancore,

Zeno autore non si è ancora riconciliato e non ha ancora saputo

chiarire a fondo la relazione con suo padre, il che ammette con tutta

sincerità. "Ricordo tutto, ma non intendo niente" (623): è un nodo

che Zeno non puo sciogliere. Egli è molto simile al padre, la stessa

insicurezza, le stesse debolezze - anche se cambia l'atteggiamento

verso di esse; ma di questa somiglianza egli non si rende conto e

insiste nel dire che non c'è nulla di comune tra loro.

Proprio all'ultimo, prima della crisi che inizierà la sua agonia,

il padre tenta un ravvicinamento, ma la consuetudine al silenzio e

all'isolamento hanno minato in lui ogni capacità di comunicare con il

figlio: non riesce a trovare la parola, quell'''una parola, la sola"

che farebbe luce e assolverebbe la sua vita dî padre; anzi, venuto al

dunque, quando Zeno 10 fissa negli occhi, si schermisce dalla sguardo

51 Dalla biografia della moglie si potrebbe desumere che questo fosse un tratto particolare della stesso autore: "In quegli anni eréi stato troppo assorbito dal lavoro e dai suoi fantasmi per riuscire a stabilire con la figlia una corrispondenza intima e continua." Veneziani Svevo, pp. 80-81.

-j

78

de1 fig1io che, a sua volta, si nasconde dietro un atteggiamento

ironico e derisivo. La 10ro è una schermag1ia di tentativi impacciati,

sempre ostaco1ati e arrestati dalla pusi11animità del1'a1tro

partecipante, impaurito diottenere tutto d'un tratto l'intimità che

gli è stata finora negata: questo atto di coraggio richiede una

maturità che i due esseri qui coinvo1ti non hanno. Il padre morirà e

il fig1io continuerà a vivere senza ammettere di aver sperato 0

intravisto l'a1ternativa.

Zeno autore, come Zeno protagonista, non ha riso1to nu11a. E'

lui che nei momenti crucia1i quando un confronto con se stesso

potrebbe mettere a nudo fina1mente la verità, si irrigidisce e con un

commenta azzardato, direi osceno, troppo rive1a que1lo che vuo1e

rimanga nascosto:

"15. 4. 1890, ore 4!.52 Muore mio padre. U.S." Per chi non 10 sapesse quelle due ultime lettere non significano United States, rr~ ultima sigaretta. É1'annotazione che trovo su un volume di fi10sofia positiva de11'Ostwa1d sul qua1e pieno di speranza, passai varie ore emaiintesi.Nessuno10crederebbe.ma.ad onta di que11a forma, que11'annotazione registra l'avvenimento più importante della mia vita (622).

52 Jean-Noël Schifano nota: "(comme nous pouvons le lire à chaque page du 'Diario per la fidanzata' et fort souvent dans les premières lettres de llEpistolario, le chiffre '4' est obsessionnel1ement lié à la mort de la mère d'Ettore); Zeno lie à cette mort sa dernière cigarette: la récurrence du '4' est toujours associée à l'élément maternel." "Esquisse pour une Psychobiographie d'Ita10 Svevo," Ita1ica t XLVIII (1971), p. 441. Si trova specifica referenza di cio in Veneziani Svevo, p. 41: "Ta1vo1ta accanto alla data comparivaun'indicazione: 'Ore 4 e 7 minuti.' Era questa l'ora della morte di sua madre. E a que11'ora spesso eg1i si proponeva di fumare l'u1tima sigaretta che purtroppo non fu mai l'u1tima."

79

Il padre si intrattiene con il figlio e ha un momento di illuminazione:

in lui "si manifesta la stessa intelligenza che voIle la Creazione

intera"; ma Zeno commenta: "Ora pero so anche che quel sentimento

era il primo sintomo dell'edema cerebrale" (632).

Seguiamo Svevo, in questa scena psicologicamente COS1 attenta:

Zeno rientra tardi ed è avvertito dalla cameriera che il padre sta

male:

Corsi alla camera da pranzo con una certa curiosità e non ancora impensierito. Mio padre si levo subito dal sofà su cui giaceva e m'accolse con una grande gioia che non seppe commovermi perché vi scorsi prima di tutto l'espressione di un rimprovero. Ma intanto basto a tranquillarmi perché la gioia mi parve un segno di salute •.• invece di rimproverarmi, egli si scuso di essere stato caparbio. "Che vuoi farci?" - mi disse bonariamente. "Siamo noi due soli a questo mondo e volevo vederti prima di coricarmi" (628).

Zeno corre a vedere suo padre e nel vederlo gioioso si

tranquillizza, dal suo comportamento si dovrebbe dedurre che il padre

gli stia a cuore ma egli ci vuol far credere altrimenti, per cui si

mette a ~piegarci che non era affatto preoccupato ma piuttosto

curioso. 10 opprime il sense di colpa per essere stato fuori con gli

amici mentre suo padre non stava bene e 10 aspettava; anzi è tante

agitato dal rimorso che è pronto a immaginarsi un rimprovero da parte

deI padre e questa sua fabbricazione fa nascere in lui un immediato

risentimento. Il vecchio al contrario siscusa di essere rimasto ad

aspettarlo.

Ecco il primo approccio deI padre: aspetta Zeno per cenare con

lui, esprime grande gioia nel vederlo, si scusa di averlo aspettato e

gli indirizza parole molto affettuose; a questo, Zeno reagisce con il

rimprovero di averlo aspettato. Il padre insiste:

Si mangia meglio in due •••• Poi stette a guardarmi come mangiavo ••• il sorriso persisteva sulla sua vecchia faccia.

Ma ora il gioco si riversa: "Mi ricordo ••• che un paio di volte

ch'io 10 guardai negli occhi, egli storno il suo sguardo dal mio" -

Zeno autore commenta "ora io so ch'è un segno di malattia ••• di

debolez.za" (628-629). Debolezza è vocabolo dall 'ambiguità

tipicamente sveviana, scelto con attenzione per il suo duplice

significato; debolezza dovuta a malattia, come è nell'intenzione

cosciente di Zeno autore, e debolezza d'animo che è la grande

accusa silenziosa deI figlio al padre.

Dopo aver sventato il primo invito deI figlio, abbassando gli

occhi, il padre riprende l'iniziativa e chiede a Zeno di come abbia

passata la serata, ed ecco come reagisce Zeno:

vedendo che ci teneva tanto cessai per un istante di mangiare e gli dissi secco, secco, ch'io fino a quell'ora avevo discusse le origini deI Cristianesimo.

Ma il vecchio non si lascia fuorviare dal tono di Zeno e opera un

80

ravvicinamento con le parole: "Anche tu, ora, pensi alla religione?";

ma è di nuovo respinto: "Per me la religione non è altro che un

fenomeno qualunque che bisogna studiare." A questo punta Zeno

autore ammette di aver provocato il padre e anzi confessa che

"allora mancava nel suo animo l'affetto che fa intendere tante cose."

La sfida non è raccolta e il padre continua:

10 sento come la mia esperienza e la scienza mia della vita sono grandi. Non si vivono inutilmente tanti anni. 10 so moIte cose e purtroppo non so insegnartele tutte come vorrei. Oh, quanto 10 vorrei! Vedo dentro nelle cose, e anche vedo quello ch'è giusto e vero e anche quelle che non 10 è •••• Peccato che sei venuto tanto tardi. Prima ero meno stanco e avrei saputo dirti moIte cose (629-630).

In queste parole Zeno vuole sentire soltanto un rimprovero, si

irrita e propone di rimandare la discussione al giorno dopo, ma

il padre insiste con dolcezza:

Non si tratta di una discussione ma di tutt'altra cosa. Una cosa che non si puo discutere e che saprai anche tu non appena te l'avro detta. Ma il difficile è dirla.

Zeno, impaurito da tutti questi tentativi di approccio cerca di

fermarlo: "Non ti senti beneZ". Quando. il padre si avvia per

andare a letto e Zeno sente sventato il pericolo, si lascia andare

ad una frase gentile: "Papà ti sentira volentieri." Zeno commenta:

Vedendomi tanto disposto a sottomettermi alla sua esperienza, egli esito di lasciarmi: bisognava pur approfittare di un momento tanto favorevole!

Si notino i verbi "sottomettermi," "approfittare," che esprimono

un'interpretazione della situazione da parte di Zeno autore, e

l'appunto tagliente: "Non soffriva tanto di non sapersi esprimere

perché sorrise alla propria forza, alla propria grandezza" (630-631),

che è la vendetta deI figlio contro il padre per non aver saputo

stabilire il contatto; l'amarezza e la derisione continua. "Mi

piaceva di vederlo felice nella sua illusione di essere tanto forte

quand'era invece debolissimo," ma nello stesso tempo non puo non

esprimere il suo compiacimento per l'affetto dimostratogli dal padre

nel volergli confidare "la scienza di cui si credeva possessore,"

benché egli fosse convinto "di non poter apprendere niente da lui."

Zeno protagonista continua la sua vendetta col cercare di far

81

credere al padre di non capire la ragione e 10 scopo delle sue parole,

ma il vecchio insiste con pazienza e dolcezza: "Quello ch'io cerco

82

non è complicato affatto. Si tratta anzi di trovare una parola, una

sola e la troverè! ••• " e si disarma davanti al figlio: "Ho paura che

non sapro dire a te quelle che penso, solo perché tu hai l'abitudine

di ridere di tutto" (631). Per la seconda volta offre la guancia a

Zeno che 10 ricambia con un abbraccio; è qui rappresentata la

contraddizione che profondamente travaglia Zeno - mentre l'abbraccio

significa un atto di ravvicinamento sentimentale, la mente continua

nel suo futile dibattito: "10 rinunziai a discutere e convincerlo che

a questo mondo v'erano molto cose di cui si poteva e doveva ridere."

Il padre si svincola dall'abbraccio rifiutando per la seconda

volta la via di comunicazione che Zeno gli offre: pur volendo la

stessa soluzione, sono entrambi incapaci di accettare il metodo

d'approccio l'uno dell'altro, anzi, come abbiamo visto, 10 rigettano.

Il padre si allontana e Zeno "con rispetto filiale" ma con

virulenta derisione deplora che "una mente simile che mirava a mete

alte, non avesse trovato la possibilità di una coltura migliore" (631).

Questo episodio finisce con un commenta ambiguo di Zeno

narra tore:

Da mio padre è certo che nell'ultimo istante lucido della sua vita, il suo sentimento d'intelligenza fu originato da una sua improvvisa ispirazione religiosa •••• Dra pero so anche che quel sentimento era il sintomo dell'edema cerebrale (632).

Il capitolo finisce con la tras~igurazione della figura paterna

in mito, analoga alla manipolazione deI ricordo che Emilio fa di

Angiolina. Ma l'argomento non è certo chiuso per Zeno che fino

aIl 'ultimo esamina, analizza e apporta nuovi elementi per chiarire

la sua relazione col padre:

Poi, al funer ale , riuscii a ricordare mio padre debole e buono come l'avevo sempre conosciuto dopo la mia infanzia ••• divenni buono e il ricordo di mio padre s'accompagne a me, divenendo sempre più dolce. Fu come un sogno delizioso: eravamo ormai perfettamente d'accordo, io divenuto il più debole e lui il più forte •••• Immaginavo che mio padre mi sentisse e potessi dirgli che la colpa non era stata mia, ma deI dottore. La bugia non aveva importanza perché egli ormai intendeva tutto ed io pure (646).

In questo capitolo, come in tut ta la sua opera, Svevo usa il

paesaggio e le condizioni atmosferiche come specchio deI sentimento

degli eventi, e rende la natura partecipe alla vita dell'uomo:

questo pue essere citato a dimostrazione della soggèttività della

83

sua narrativa dove tutto è in funzione di una sua visione sentimentale.

Ad esempio, in questo ultimo e intensamente drammatico incontro tra

padre e figlio, la carica emotiva è anche espressa dal vento che

fuori "soffiava e urlava." A volte Svevo usa persino le stesse

parole per le persone e per la natura; ne troviamo un esempio proprio

in questo capitolo: "l'annnalato [n padreJ aperse gli occhi; erano

foschi, non ancora aperti alla luce" e fuori c'è "un'alba fosca,

esitante."

Morto il vecchio Cosini, Zeno è libero di cercargli un sostituto

con il quale stabilire un legame duraturo che sostituisca e compensi

quelle abortivo avuto con il padre. Quando incontra il Malfenti

rinuncia persino ad una relazione seria con una donna per potersi

dedicare interamente alla nuova amicizia. "Egli si accorse della mia

ammirazione e vi corrispose con un'amicizia che subito mi parve

paterna" (648); ancora una volta si noti l'attenta descrizione

84

psicologica: il comportamento deI Malfenti sembra paterno a Zeno,

ma in realtà non 10 è come il lettore ben pua dedurre. Neppure

questa volta l'autore devia dalla tipica presentazione di un

personaggio importante maschile e descrive il Malfenti in funzione

è in contrapposizione al protagonista "secondo padre, ordinario,

ignorante, feroce lottatore che dava risalto alla mia debolezza, la

mia cultura, la mia timidezza" (652). Per essergli gradito e avere

il privilegio di rimanergli vicino·, Zeno accetta dal Malfenti

insolenze di tutti i generi, convincendosi anche masochisticamente

di meritarle; e il suo attaccamento è tale che per mantenere alta la

reputazione dell'amico col vecchio Olivi, si addossa persino le sue

colpe - tutto questo ha un significato per il protagonista perché per

la prima volta puo dire con convinzione: "Ad onta ch'io fossi tanto

differente da lui, credo ch'egli abbia corrisposto al mio con un

simile affetto" (652), il che deve es sere vero perché è accettato con

gioia quale genero. E' questa una vittoria per l'eroe sveviano,

poiché come ricorderemo era stato decisamente respinto da MaIler (si

noti, pero, che uno dei fattori essenziali che avevano contribuito

all'insuccesso di Alfonso - la povertà - è stato eliminato da Svevo).

Per imparentarsi con il Malfenti, Zeno è disposto a sposarne una

figlia, una qualsiasi. Ecco come Svevo ce 10 racconta:

Il bello si è che la mia avventura matrimoniale esordi con la conoscenza deI mio futuro suocero e con l'amicizia e l'ammirazione che gli dedicai prima che aveséi saputo ch'egli era il padre di ragazze da marito ••• (647).

"Sposai sua figlia," cosi Svevo introduce nel romanzo Augusta.

Adesso io talvolta scruto le facce dei miei figlioli e indago se.accanto al mento sottile mio, indizio di debolezza, accanto agli occhi di sogno miei, che io loro tramandai, non vi sia in lorD almeno qualche tratto della forza brutale del nonno ch'io loro elessi (652).

Questa re1azione tra genero e suocero, si fa sempre più

comprensibile se la si esamina alla luce della situazione affettiva

che esisteva tra il protagonista e suo padre; si ricordi la

schermaglia tra i due uomini al matrimonio di Ada: offeso da1

suocero, Zeno si vendica sfidando10 a bere il vine che gli ha

85

versato e che gli è stato tassativamente proibito dal medico di bere -

10 scherzo è andato troppo oltre e il vecchio gli chiede: "Proprio,

vorresti uccidermi?" Zeno è scosso da questa domanda: "Continuai

ad osservarmi per intendere come fossi arrivato a quel pensiero

malvagio di danneggiare mio suocero" (782); ma non vuole spingere più

a fondo la sua analisi e trova come scusa davanti a se stesso di

essere "stanco, mortalmente stanco" (783). L'ultimo addio del

suocero riprende la scena tragica della violenta rinnegazione del

padre il cui ultimo atto, verso il figlio, prima di morire, era stato

une schiaffo; il Malfenti si accomiata con un'invettiva: 53 "Se

dando a te la mia malattia io potessi liberarmene te la darei subito

magari raddoppiata," parole quanto ma.i ostili ma seguite da una

dichiarazione di ammirazione: "Non ho mica le ubbie umanitarie che

hai tu!" (652).

53 Mi sembra a questo punta opportuno far notare che simi1e situazione era veramente accaduta al Veruda, che "aveva visto spirare la madre in collera con lui." Veneziani Svevo, p. 34.

86

l grandi terni della Coscienza di Zeno, l'amore e l'amicizia,

sono svolti nei capitoli 5, 6 e 7, che comprendono ben 280 pagine

delle 356 deI romanzo; si intitolano rispettivamente: "La storia

deI mio matrimonio," "La moglie e l'a~ante," "3toria di

un'associazione commerciale."

Mentre abbiamo visto Alfonso incapace di amare e Emilio

innamorato dell'amore, a Zeno tocca un'esperienza più completa e

ogni donna che incontra rappresenta una diversa situazione sentimentale:

Ada, la delusione d'amore; Augusta, il matrimonio; Carla; l'avventura.

Esaminiamo prfma la relazione di Zeno e Augusta dato ch~ è una

nuova situazione nella narrativa deI nostro autore.

In Augusta, Zeno soddisfa essenzialmente il desiderio della

54 figura della madre e benché gli epiteti che Zeno usa a suo riguardo

non siano deI tutto lusinghieri, "formica assidua," "la sana balia

che non s' accorgeva affatto di quello che avveniva nell' animo mio,"

"sempliciona," ciononostante ella rimarrà l'unico punta fermo e

valido della sua vita. Sposando Augusta, Zeno si imparenta al

Malfenti che cosi pua considerare ufficialmente come un padre, e

rimane in contatto con Ada. Per Augusta egli non prova mai passione

alcuna e il giorno deI suo matrimonio, un quarto d'ora prima deI

tempo convenuto 10 troviamo ancora a letto dove, fumando rabbiosamente

54 A quanta sc rive la moglie, anche il nostro autore nutriva simili sentimenti verso di lei: "Si affidava a me completamente, quasi come un figlio"; "si appoggiava a me ••. con una fiducia commovente, quasi filiale." Veneziani Svevo, pp. 46, 78.

medita la fuga. Sposandosi tutto pero si semplifica:

Una volta sposati non" si discute più d'amore e, quando si sente il bisogno di dirne, l'animalità interviene presto a rifare il silenzio. Ora tale anirnalità puo essere divenuta tante u~~na da complicarsi e falsificarsi ed avviene che, chinandosi su una capigliatura fernrninile, si faccia anche 10 sforzo di evocarvi una luce che non c'è. Si chiudono gli occhi e la donna diventa un'altra per ridivenire lei quando la si abbandona (723).

87

Zeno capirà ben presto quale abisso esista tra i loro modi di intendere

la vita, e abbandonerà subito la speranza di poter comunicare con lei:

sin dal viaggio di nozze ha dovuto decidere di vivere accanto a lei

senza mostrarle la sua vera natura dolente:

Fu da allora che l'atteggiamento mio immutabile fu di lietezza. Era corne un impegno che in quei giorni indimenticabili avessi preso con Augusta e fu l'unica fede che non violai che per brevi istanti, quando cioè la vita rise più forte di me (728).55

La moglie, pur non comprendendo l'animo complesso di Zeno, è sempre

"serena," "sana," "fedele," pronta a sorreggerlo e a consolarlo:

Quando la paura di morire m'assillava, mi rivolgevo ad Augusta per averne conforto corne quei bambini che porgono al bacio della marnrna la manina ferita (731),

riuscendo a rasserenarlo anche quando la coscienza 10 rimorde e 10

fa soffrire per i suoi stes si tradimenti.

Questo matrimonio che tutti considerano riuscito e di cui

Augusta è cosi felice ha l'unico detrattore in Zeno: "La cura drastica

deI rnatrimonio che avevo intrapresa nella mia affannosa ricerca della

salute era fallita" (766).

55 Cosi, questa situazione potrebbe essere stata espressa da Augusta: "A me non parlava mai né deI suo tormento né delle sue ossessioni, corne se volesse per partito preso tenermi lontana dal suo mondo tormentoso e segreto che io allora neppure supponevo. A me mostrava solo la faccia gioviale." Sono invece parole della moglie deI nostro rornanziere. Veneziaui Svevo, p. 65.

Nell'episodio di Carla moIti sono i richiami a situazioni dei

precedenti romanzi. Carla è, come Angiolina, una ragazza deI

88

popolo, piena di buon senso; è ignorante ma non volgare come la

Giolona·; l' ambiente di miseria in cui vivono è simile e la figura

della madre sembra ricalcata su quella della vecchia Zarri: entrambe

succubi delle figlie, fanno lorD da serve, vengono trattate con

durezza e disprezzo, e ciononosta,nte rimangono leali e fedeli, e in

combutta con loro. Anche il pas sato sentimentale delle ragazze ha

qualcosa in comune: erano state fidanzate, ma a causa di un tracollo

finanziario sono state abbandonate. Zeno, come Emilio, si dimostra

geloso dell'esperienze della sua amante - 10 scrittore usa nei due

casi la stessa fraseologia: "Quel suo fidanzato l'avrà baciato

molto?" (763). "Ella confessa: Il Heriggi l'aveva baciata molto"

(II, 446).

Nonostante tutti questi richiami; Carla è un personaggio nuovo

nella narrativa di Svevo: è un'amante dolce, affettuosa, disinteressata,

onesta (qualità queste che vengono riconosciute e apprezzate da

Zeno-autore, mentre Zeno··protagonista forse ricordando l'esperienza

di Emilio - rimarrà sempre sospettoso e incredulo della sincerità e

abnegazione di Carla).

'Perdura nel protagonista un intento educativo verso la donna,

che riprende specialmente la situatione di Alfonso e Lucia Lanucci;

ma questa è una velleità iniziale perché tipico di ogni amante

sveviano - appena l'amore si concretizza in una relazione fisica,

Zeno perde il suo interesse di pigmalione.

89

Nel momento in cui scrive, Zeno ha raggiunto un'opinione ben

precisa dell'amore: qualsiasi sviluppo abbia un sentimento amoroso,

e sia esso corrisposto, ignorato 0 respinto, finisce con l'esaurirsi

nell'indifferenza (832). Ma prima di raggiungere questo punto di

vista cosl ~emplificatore, Zeno ha lottato angosciosamente con le

esigenze della sua natura; una delle sue ossessioni caratteristiche,

la vecchiaia, il cui inizio egli fa risalire al tempo deI suo viaggio

di nozze e la cui origine egli crede sia da imputare ad un sentimento

di gelosia procuratogli dal pensiero di un possibile tradimento di

Augusta dopo un'eventuale sua morte, non è che un travestimento deI

suo anelito d'amore e della paura di arrivare, come dice Pirandello,

"con una fame da lupo a un banchetto già bell'e sparecchiato.,,56

Zeno che scrive le sue memorie, 10 ha capito e spiega questo suo

terrore a proposito di una lettera che anni prima aveva indirizzato

ad Ada e in cui si era dilungato sulla vecchiaia incombente:

Quella lunga disquisizione sulla vecchiaia non significava altro che il mio timore che trovandomi in corsa attraverso il tempo non potessi più essere raggiunto dall'amore. Pareva quasi gridassi aIl 'amore "vieni, vieni" (887).

La moglie e l'amante sono due esseri importanti nella vita di

Zeno, sono due impegni concreti che egli si è preso e che sbriga

con notevole bravura dedicando loro gran parte deI suo tempo,

circondandole di ogni premura, preoccupandosi deI loro benessere

morale e fisico. E' un marito ed un amante ideale, sia Augusta che

56 Luigi Pirandello, "Enrico IV," in Opere di Luigi Pirandello, 4a ed., IV (Milano, 1967), 366~

90

Carla 10 apprezzano, e ricambiano con gratitudine e affetto la sua

generosità e le sue attenzioni; ma egli per lorD non ha nessun

sentimento d'amore. Se Zeno parla d'amore, parla di Ada.

Ada che in un primo tempo 10 respinge, si dimostra poi

bisognosa se non de11'amore che Zeno costantemente le offre,

de11'appoggio di cui 10 vede tanto capace ne11a re1azione con la

sore11a, e per ottener10 sta al gioco: un gioco di parole non dette,

di sguardi evitati, di strette di mana non ricambiate. Ma se Zeno

non tenta l'approccio è Ada che 10 provoca, a volte con tale evidenza

da spaventare 10 stesso Zeno che, bisogna ricordar10, come tutti i

protagonisti sveviani, necessita che il suo amore idea1e ~imanga

p1atonico. Eccone un esempio: Zeno racconta che Ada aveva scritto

una 1ettera alla sore1la in cui

••• domandava prima notizie di me e finiva con l'appe11arsi alla mia bontà perché le dicessi qua1che cosa su11'andamento deg1i affari di Guido. Mi turbai quando sentii ch'essa si dirigeva a me e mi rasserenai quando vidi che come al solito si dirigeva a me per informarsi di Guido. Di nuovo non avevo da osare niente (886).

Ne1 risponder1e Zeno si 1ascia andare ad espressioni troppo esp1icite

e compromettenti che danno l'impressione che eg1i vog1ia

••. prendere per la vita la donna che m'aveva offerto solo la mano. Il mio dovere era di stringere solo que11a manina, do1cemente e 1ungamente per significare che intendevo tutto, tutto que110 che non doveva essere dette giammai (887),

per cui deve rifare la 1ettera e incana1a questa v~lta la sua emozione

in una disquisizione sulla vecchiaia, il cui significato sarà

captato da Ada che ignorerà l'argomento ne11a sua risposta,

••• arrossii quando ricevetti un biglietto di ringraziamento di Ada in cui non menzionava affatto le mie chiacchiere sulla mia vecchiaia. Mi parve ch'essa si compromettesse molto di più con me di quanta io mai mi fossi compromesso con lei. Non sottraeva la sua manina alla mia pressione (888).

Zeno cerca di spiegare il sentimento tutto particolare ch'egli

91

ha per Ada; "a me pareva d'essere fortemente impegnato con lei" (858);

la serietà di questo impegno si dimostra anche dall'attenzione

continua che le rivolge, sia riguardo al suo stato d'animo che al suo

aspetto fisico, mentre non è per nulla attento aIle altre figure

femminili. Questa continua reazione deI protagonista verso Ada

contribuisce a rendere la sua figura più viva e reale e a farne il

personaggio femminile di maggior risalto nel romanzo. Quando

incontra Carla ne fa il paragone non con Augusta ma con Ada, e le

darà ad intendere che ella sia sua moglie. Dirà, ad esempio, a

proposito della voce di Carla: "Ogni suono mi pareva d'amore ••••

Era proprio tutt'altra pronuncia di quella di Ada" (743) in cui si

vede che la pietra di paragone è Ada quando l'argomento è l'amore.

A volte Augusta si ingelosisce della sorella e un giorno Zeno,

per tranquillizzarla, mima l'espressione deI viso di Ada

contraffatto ormai dalla malattia di Basedow: "Gonfiai un po' le

guancie e spalancai in modo innaturale gli occhi cosi da somigliare

ad Ada malata" (905); ma imitandola gli pare quasi di abbracciarla.

E quando è solo ripe te più volte quelle sforzo "con desiderio e

disgusto" (906).

All'ammalarsi di Ada, Zeno spera che essendo cambiata la

situazione cambi aache il sentimento ch'ella ha per lui: "10 non so

92

come questo terrore (0 questa speranza) sia nato ne1 mio cervello"

(858). La ma1attia di Ada viene ad avere una grande importanza ne11a

vita di Zeno: l'idea l'ossessiona e 10 assorbe a scapito di tutte

le a1tre; ne11e sue e1ucubrazioni il morbo di Basedow perde la

qua1ità di ma1attia e diventa simbo10 di una vita vissuta

generosamente e freneticamente.

Dietro una paro1a 0 un tocco, Zeno nasconde il tumu1to de1 suo

desiderio e la passione de1 suo sentimento; Ada 10 ringrazia della

promessa di aiutare il marito e gli porge la mana: "Ebbi un brividio •••

sentii la sua statura e ne11'evidente confronto fra la mia e la sua,

mi parve di fare atto somig1iante a11'abbraccio" (879); cerca di

rassegnarsi alla sua vita "molto comune" dato che Ada non vuo1e

seguir10 "in que11a d'eccezione ch'io avevo sognata." Confessando

questa angosciosa rinuncia, scatta il meccanismo di difesa e Zeno

ristabi1isce l'apparente equi1ibrio delle sue sorridenti memorie:

Feci unD sforzo per discendere de1 tutto a terra, e scopersi immediatamente ne11a mia mente un prob1ema di contabi1ità non semp1ice (879).57

Notiamo ancora una volta la perpetua contraddizione de1

comp1essato protagonista che teme la rea1izzazione dei propri

desideri; la presa d;i. coscienza di questa situazione psichica da

parte di Zeno--autore non è- mai esplicitamente dichiarata, sebbene

sia spesso evidente, come ad esempio in questo casa ne11a paro1a

57 Si noti che questo è 10 stesso meccanismo che Zeno subisce

nei momenti più angosciosi della sua re1azione con il padre.

93

"sognata,,,58 0 ancora più chiaramente nell'espressione di dubbio:

"non sono sicuro di aver voluto quell' amore" (887). La vicenda

sentimentale interiore di Zeno è ricalcata su quella di Alfonso:

Zeno non si innamora di Ada, ma la sceglie razionalmente59 con il

precipuo scopo di imparentarsi con il padre; spaventato poi dalla

possibilità di venire ricambiato e quindi di legarsi, si comporta

in modo da essere respinto (si ricordino le storielle che Zeno

insiste a raccontare nonostante l'irritazione di Ada) , riesce pero

a mantenere la sua simpatia sposandone la sorella. Il matrimonio

con Augusta non 10 spaventa perché non la ama e quindi si tratta di

un vincolo unicamente formale. Nella Coscienza di Zeno Svevo esplora

un altro possibile sviluppo, non mena tragico ma più vicino alla

realtà di ogni giorno, di una storia che ha come protagonista 10

stesso tipo di uomo che reagisce pero diversamente a causa deI

diverso punta a cui la sua maturità è giunta.

Come ha fatto rilevare il Forti60 e ha ripreso e sviluppato

61 ~ Murray, il protagonista nasce già nella prima novella

58 Questo puo essere anche un esempio dell'attentissima ricerca di Svevo per l'appropriato vocabolo, attenzione psicologica che tanto ha sconcertato i critici letterari.

59 Alain Robbe-Grillet la chiama infatti "passion volontairement éprouvée." "La conscience malade de Zeno," in Pour un nouveau roman (Parigi, 1968), p. 97.

60 Marco Forti, Svevo romanziere (Milano, 1966), p. 17.

61 Jean Murray, "The Progress of the Hero in Italo Svevo's Novels," Italian Studies, XXI (1966), 91-100.

94

Assassinio di via Belpoggio e vive in tutta l'opera narrativa di

Svevo fino al frammento del Vecchione che è il romanzo a cui Svevo

si dedicava al momento della sua morte. Non si tratta quindi di un

protagonista trino ma unico e sempre presente nella narrativa

sveviana che in successivi momenti della sua vita affronta situazioni

analoghe risolvendole pero in modi diversi. Mentre in Una vita e

nella Coscienza di Zeno, Svevo ci dà una visione d'insieme per cui

comincia il racconto e 10 porta gradatamente a termine seppure con

metodo quanto mai diverso, in Senilità il romanziere limita e

circoscrive l'argomento: egli ci presenta un Emilio calato ne!

presente, in un presente di cui vive solo, con ossessione, un aspetto.

Nella Coscienza di Zeno il protagonista viene scisso: Zeno che vive

e Zeno che riflette sulla sua vita passa ta: questa costante analisi

a due livelli sfalda l'organicità dell'essere e svaluta qualsiasi

dichiarazione e confessione, per cui per capire il personaggio ci

dobbiamo rifare ad Alfonso che è l'unico a svelarsi e a mostrarci

(magari involontariamente) l'essenza della sua aggrovigliata

personalità. In Emilio, Svevo aveva scoperto già unacerta

schizofrenia che ritroviamo in Zeno; un amico riflette sull'impossibilità

che ha Zeno di sradicare il vizio del fumo:

••. secondo lui - nel corso degli anni erano andate a formarsi due persone di cui l'una comandava e l'altra non era altro che une schiavo il quale, non appena la sorveglianza diminuiva, contravveniva alla volontà del padro ne per amore alla libertà (611);

e Zeno -autore 10 ammette: "Devo confessare che, come sempre ne! mio

animo lottavano due persone" (618). Ma mentre la personalità di

95

Emilio svisa la realtà esterna per cui egli vede Angiolina come

vorrebbe che fosse, totalmente diversa da quella che in realtà è,

apportando cost delle conseguenze tragiche, con Zeno vediamo la

situazione in due diversi momenti, ma presentati all'unisono; e

sebbene il primo, quelle di Zeno protagonista sia altrettanto

tragico quanto quelle di Emilio, alla luce deI superamento di tale

situazione da parte di Zeno autore, perde la tensione drammatica e

diventa commedia umana.

"Come sempre invece che guardare ed ascoltare, ero tutto occupato

dal mio proprio pensiero" (698), riflette Zeno rendendosi conto di

essersi rifugiato nei sogni forse per derivare nuova forza a vivere

la sua realtà che già una volta, con Alfonso, aveva rifiutata

drasticamente, e con Emilio aveva totalmente svisata. Zeno protagonista

si è rassegnato a vivere la sua realtà, ma egli esiste proiettato in

un futuro che arricchisce e svisa con fantasie. Ad esempio quando si

rende conto che la sua relazione con Carla è definitivamente

termina ta , agitato accresce il suo travaglio interiore lasciandosi

abbordare da una prostituta e finendo tra le sue braccia: il presente

per il nostro eroe puritano dalla coscienza fragile, si fa allora

talmente insopportabile e disperante che cade il meccanismo di difesa

con il quale di solito si protegge:

Non mi pareva di poter trovare conforto in un proposito per l'avvenire, e per la prima volta non ne feci affatto. Occorsero moIte ore per ritornare al ritmo solito che mi traeva dal fosco presente al luminoso avvenire (819).

Il lavorio di fantasia è tipico dell'eroe sveviano ed è specialmente

96

evidente nel campo sentimentale: Zeno, come Emilio, svisa la realtà

e la ricostruisce con l'immaginazione per soddisfare il suo desiderio

e la sua necessità; "Ma io avevo mescolato tanto intimamente la realtà

ai sogni che non riuscivo a convincermi ch'essa Ada mai m'avesse

baciato" (664). Si congeda da Carla dopo averla incontrata per la

prima volta e non fa che pensare a lei: "Già conoscevo quella

fanciulla molto meglio che non quando le avevo stretta la mana per

congedarmi da lei" (745). Sempre dal campo sentimentale possiamo

prendere esempi per dimostrare che la caratteristica essenziale di

Alfonso, il dubbio,62 permane in Zeno. Infatti Zeno personaggio ha

nei rapporti con le donne le stesse incertezze e gli stessi

vacillamenti di Alfonso; Zeno autore si è reso ben conto di questo e

10 di ce esplicitamente nelle sue memorie, indicando l'irrazionalità

di un ragionamento di Zeno protagonista che cerca di spiegare e di

convincere se stesso deI suo sentimento d'amore. A proposito di Ada,

Zeno era arrivato a calmare i suoi dubbi e a rassicurarsi della

sincerità dei suoi sentimenti con un ragionamento che rendeva la sua

sicurezza quanta mai fasulla:

10 amavo Ada! Non sapevo ancora se quel verbo fosse proprio e continuai l'analisi. 10 la volevo non solo mia, ma anche mia moglie. Lei, con quel la sua faccia marmorea sul corpo acerbo, eppoi ancora lei con la sua serietà, tale da non intendere il mio spirite che non le avrei insegnato, ma cui avrei rinunziato per sempre, lei che mi avrebbe insegnata una vita d'intelligenza e di lavoro. 10 la volevo tutta e tutto volevo da lei. Finii col conchiudere che il verbo fosse proprio quelle: io amavo Ada (675).

62 Ricordiamo che Svevo scrive in Una vita: "Tutto quelle chIera dubbio finiva col divenire importante per Alfonso." Romanzi, p. 209.

Queste spiegazioni tanto razionali non stanno a dimostrare un

sentimento; noi non rimaniamo convinti tanto più che possiamo

leggere qualche pagina dopo, sempre a proposito di Ada: "Sogr;tavo

la vittoria anziché l'amore" (680).

97

Gli scopi, come abbiamo già visto, non sono più onesti allorché

si tratta della "brut ta Augusta" che Zeno sposa per soddisfare al

desiderio di essere imparentato al Malfenti e per cattivarsi le

simpatie di Ada. Il fatto che il matrimonio abbia una certa riuscita

formale è dovuto a due qual"ltà di Augusta: la prima, che rimarrà

essenziale, è l'istinto materno che le fa prendere cura affettuosa

deI marito e della casa, la seconda (all'inizio di grande importanza,

ma in seguito svalutata) è la sua "salute," cioè la serenità,

semplicità, linearità deI suo carattere che in un secondo tempo Zeno

vedrà come stupidità, ignoranza e superficialità. Cinicamente

definirà il matrimonio come una vita a due in cui i due esseri

rimangono "l'uno accanto all'altro immutati salvo che per una nuova

antipatia per chi è tanto dissimile da noi 0 per un'invidia per chi

a noi è superiore" (647). Ciononostante alla fin:e~ della sua

esistenza, dopo aver svalutato il sentimento d'amore, risponderà

alla domanda che si era posta nel salutare Augusta la sera deI lare

fidanzamento: "Chissà se l'amo?" E il vecchio Zeno soggiunge: "E'

un dubbio che m'accompagno tutta la vita e oggidl posso pensare che

l'amore accompagnato da tanto dubbio sia il vero amore" (712).

Insomma anche per il vecchio Zeno è impossibile non essere

contraddittorio. L'ossessione deI protagonista sveviano per l'amore

98

è dovuta alla sua fondamentale incapacità di amare: durante tutta

la sua lunga esistenza egli ha dovuto prendere cura di se stesso e

della sua fragile coscienza che ha cercato di sgravare come meglio

ha potuto (a suo onore si deve riconoscere che ha cercato di non

procurare dolore aIle persone che gli erano vicine e si è sforzato,

a volte con estremo insuccesso - come nel campo dell'amicizia - ad

essere generoso e d'aiuto al suo prossimo). Questa immaturità deI

protagonista è calcata da Svevo che sempre gli contrappone la

figura della donna che non ha esitazioni ed agisce consciamente e

coerentemente. "Le donne sanno sempre quello che vogliono" dice

Zeno (754). Gli esempi più validi sono Francesca, Amalia, Carla, ma

invero tutte le figure femmini1i hanno stabilità di intento e

sicurezza di proposito ed anche quando cambiano idea, non hanno

63 vacillamenti e continuano con la stessa fermezza sulla nuova strada.

La grande novità deI protagonista della Coscienza di Zeno sta

nella coscienza che Zeno ha di se stesso: esaminando la sua vita

"egli si accorge che la gente ha di lui un'opinione ben diversa da

quella ch'egli ha di se stesso: 10 stimano e gli riconoscono grandi

qualità; il lare apprezzamento è espresso sia dal loro comportamento

verso di lui, sia da esplicite dichiarazioni. Nel campo deI lavoro,

Luciano gli dirà: "Speriamo che ora che lei è qui, ci muoveremo di

nuovo" (839); nel campo familiare, Ada, la donna che tanto gli sta a

63 A Leo Ferrero che elogiava le sue eronie, Svevo rispondeva: ~

"Le ho amate tanto." "Visita a Svevo," Solaria, IV (1929), 39.

cuore, 10 elogia: "Sei il migliore uomo della nostra famiglia, la

nostra fiducia, la n ostra speranza" (880); e degli amici ammetterà

lui stesso: "1 miei amici mi conservarono durante tut ta la mia vita

la stessa stima" (647). L'unica persona che ha dubbi sulle sue

capacità e che ha motivi d'interesse personale troppo importanti per

riesaminare il suo pregiudizio è il vecchio Olivi che ha ereditato

l'opinione distruttiva che di Zeno aveva sua padre. Profondamente

rivelatrice dell'ambiguità sveviana verso il protagonista è la

posizione deI Malfenti, eletto da Zeno a sastituire la figura deI

vecchio Cosini; da una parte tratta Zeno come un imbelle e si prende

bonariamente ma decisamente gioco di lui, dall'altra lascia che

sposi sua figlia.

Zeno, rinfrancato sul proprio conta dall'opinione altrui, che

è concorde nel riconoscerlo persona abile e degna di rispetto,

abbandona la convinzione di una sua malattia personale. Il

voltafaccia è completo: "i malati" come lui sono ora coloro che

hanno valore umano, e "i sani" sono invece la rovina dell'umanità.

99

La sicurezza ch'egli ha ottenuto di se stesso, la paga con

un'amara concezione deI mondo e della natura umana che gli detterà

la disperata chiusadelle sue confessioni. Zeno non si suicida, come

a.veva fatto Alfonso. Chi si suicida è Guido, l'amico e rivale, la

figura che il protagonista sveviano ha sempre invidiato fino al suo

amaro rinsavimento. Zeno si sente ora degno di vivere, ma cio che

secondo lui non 10 è più è l'umanità, di cui predice il suicidio.

100

Con l'evolversi deI protagonista che da Alfonso, passando

attraverso la delimitata esperienza di Emilio, sbocca in Zeno, si

evolvono anche i rapporti d'amicizia che sono pur sempre, da parte

dell'eroe sveviano, 0 di puro antagonismo 0, nel più favorevole dei

casi, di ambiguità, Macario, Balli e GUiQO,64 che egli incontra

nei romanzi, sono presentati sempre come dei rivali e questa rivalità

nasce da due elementi base: la lotta per l'affetto della figura che

sta a simbolo paterno, e la lotta per la conquista della donna. La

sicurezza finanziaria e il successo nel campo deI lavoro che tanta

parte hanno nei rapporti tra il protagonista e i personaggi di contorno,

hanno valore periferico nella relazione con la figura dell'Amico. In

Una vita, solo Macario ha questi atouts in suo favore; nella Coscienza

di Zeno sia Guido che Zeno li hanno fin dall'inizio ma non per lorD

merito; Guido poi li perderà. Con l'episodio della gita in barca,65

si dimostra che l'unico successo che preme all'eroe che ormai ha

ottenuto tutti gli altri, è quelle con le donne che talvolta ancora

10 elude. 66

In Senilità, data l'impostazione deI romanzo, il Balli è rivale

solo negli affetti della donna, sia essa l'amante 0 la sorella; in

64 Si noti che Svevo usa sempre il cognome dell'Amico

vincitore, il nome dell'Amico vinto.

65 L'episodio della gita in barca è une degli elementi p1U importanti che indicano palesemente 10 sfruttamento della stessa materia in Una vita e nella Coscienza di Zeno e che ne rivelano ad un tempo la similarità e il superamento.

66 Ci si riferisce a Carmen.

Una vita e nella Coscienza di Zeno c'è anche la lotta tra il

protagonista e gli amici per la simpatia e l'affetto della figura

paterna. Si noti pero 10 spostamento di posizione: Macario è già

imparentato al MaIler essendone il nipote, ed è quindi favorito in

partenza; Guido e Zeno sono entrambi generi deI ~~lfenti e quindi

non ci sono beniamini.

101

Ma la rivalità più acuta è sempre per la donna che, come abbiamo

visto, è l'unico tema mantenuto costante in tutti e tre i romanzi.

Per dimostrarci quanto sia ingiusta la vittoria deI rivale sul suo

protagonista, Svevo ci presenta tutti e :re gli amici quali anti­

femministi: essi nutrono un grande disdegno per le donne e si

accaniscono in particolare proprio contro la donna che è al centro

dell'interesse deI protagonista e che, ciononostante, riescono senza

fatica a portargli via.

Sebbene a volte l'Arnico si comporti con una certa aggressività

verso l'eroe, gli dimostra sempre simpatia mentre questi immancabilmente

nutre grande risentimento verso di lui, risentimento che il suo

comportamento spesse volte tradisce: si pensi ad esempio alla

contesa delle storielline nella Coscienza di Zeno.

Guido è un bell'uomo, disinvolto, ottimo violinista che parla

impeccabilmente toscano ed è lui che Svevo contrappone al suo

protagonista stempiato, strimpellatore da strapazzo, a cui manca

un'inerente armonia e che ries ce ad esprimersi solo in un italiano

102

approssimativo a causa de1 suo dia1etto. Ma deg1i e1ementi essenzia1i

alla fe1icità de11'eroe sveviano: denaro, fortuna in amore e ne1

1avoro, l'unico che manca a Zeno e che Guido invece possiede, è il

successo amoroso; Ada, la donna che Zeno vuo1e, si innamora di Guido

e 10 sposa. Ma quando scrive le sue memorie, Zeno ha stravinto;

Guido simu1ando il suicidio è morto suo ma1grado, poiché la mog1ie,

che ha smesso di amar10, non 10 ha soccorso; e11a ha ino1tre in

varie occasioni dimostrato ammirazione per Zeno.

Zeno rif1ettendo sul suo passato si rende conto che le qua1ità

tanto invidiate a11'amico erano inesistenti e che i suoi propri

sentimenti verso Guido non erano né affettuosi né amichevo1i. Guido,

al contrario di Zeno, era un uomo d'azione che non perdeva il suo

tempo in dubbi: "Quanto sapevo io, mi serviva per par1are, e a lui

per agire" (824); ma dai risu1tati capisce che azione non è sinonimo

di forza e che Guido è in fondo un debo1e, un presuntuoso, insomma

un imbeci11e:

Veramente astuto, ma anche veramente unD scimunito. Era pieno di accortezze che non servivano ad a1tro che ad ungere il piano inc1inato sul qua1e scivo1ava sempre più in giù (852).

Quando Zeno si accorge che la sicurezza e la disinvo1tura di Guido

dono dovute a una "sproporzionata stima" che eg1i ha di se stesso e

non hanno basi solide, le sue decisioni sono prese avventatamente,

il suo coraggio è fasu110, e nei momenti di prova manca di dignità,

incomincia a disprezzar10. Da questo momento osa dire que11a verità

che il protagonista sveviano non aveva mai avuto il coraggio di

riconoscere: odia l'amico. Forti di questa sua ammissione, noi

103

possiamo osservare che mai ha avuto dei sentimenti di vera amicizia,

eccezion fatta per il signor White che era une straniero e mai in

lizza con lui, mentre in tutte le altre relazioni ha mancato di

sincerità.

Zeno si sente colpevole dei sentimenti ch'egli ha per Guido,

vorrebbe affezionarglisi e spesso 10 vediamo "rinnovare silenziosamente

il proposito di volergli bene" (871). Ma in fondo questo era sempre

stato evidente; persino il titolo deI capitolo che tratta della

relazione con Guido 10 stabilisee: "La storia di un'associazione

commerciale"; è un'associazione, non un'amicizia e non è neppure

necessario dire con chi. Sin dall'inizio, quando Zeno ci enumera le

ragioni di questa sua associazione, è evidente che non si tratta di

amicizia: Zeno vuole far pratica di commercio e non a sue spese:

il denaro è troppo importante per Zeno per arrischiare il suo; poi

"prima di tutto gli volevo bene e benché egli volesse sembrare forte

e sicuro, a me pareva un inerme abbisognante di una protezione ch'io

volentieri volevo accordargli" (821): ma solo ora che sappiamo che

genere di protezione Zeno gli abbia dato, capiamo il sense recondito

dell'ironia di Svevo; inoltre pensa che un'amicizia con Guido possa

togliere ogni dubbio ad Augusta gelosa dell'affetto ch'egli ha per sua

sorella e dimostri inoltre alla sua "coscienza" la sua indifferenza

per Ada. Ma Zeno autore trova queste ragioni poco plausibili e

sciocche e pensa che l'aver passato tante tempo con iiui ("10 non

volevo male a Guido, ma non sarebbe stato certamente l'amico che avrei

liberamente prescelto") sia prova di "malattia"; e soggiunge con

104

ironia "tra noi si sviluppo un grande affetto come succede sempre

fra gente dabbene che si vede ogni giorno" (823).

Una delle scene più rivelatrici si ha quando Zeno si convince

che non c'è più speranza di rimettere in sesto la ditta di Guido e

che il fallimento è inevitabile; atterrito e angosciato dalla

responsabilità ch'egli sa di avere, vede che Guido sembra saper

assumerne la colpa; e al prospettarsi di un fallimento colposo

esclama: "Semmai cio dovesse avverarsi saprei risolvere da solo!"

(867) ma Zeno che ben conosce la natura frivola dell'amico e non

crede più alla sua sincerità, commenta con cattiveria: "invece di

un mezzo fallito sembrava un apostolo" (867).

Dra che Guido è rovinato, Zeno 10 insulta apertamente e si

accanisce sempre di più contro di lui svuotando il rancore accumulato:

è come un segugio che eccitato dall'odore deI sangue, perseguita la

preda: "Egli voIle indurmi finalmente a lasciarlo in pace e con un

singhiozzo nella gola riconobbe di aver sbagliato" (902); si sente

vendicato delle umiliazioni inflittegli sin dal lontano tempo di

Macario e,< liberato dal suo rancore, liberato dalla furia dell 'odio

e della vendetta, appagato dal suo trionfo, sembra avere un moto

d'affetto per la sua vittima. Ma ormai conosciamo troppo bene Zeno

per lasciarci ingannare; ascoltiamolo:

••• l'avrei anche abbracciato se egli avesse voluto ••• 10 vedevo camminare accanto a me con la testa bassa e mi sentivo pentito di averlo trattato con tanta rudezza. Ma come fare altrimenti se l'amavo? Doveva pur ravvedersi ••••

Zeno sta qua cercando di far "ravvedere" Guido, cioè vuole che egli

105

riferisca alla moglie a proposito deI tracollo finanziario:

l'umiliazione deve essere totale, anche e soprattutto davanti alla

donna che l'aveva insultato preferendogli Guido.

Sarebbe per Zeno il trionfo se Guido e Ada gli dovessero

gratitudine, ma quando si tratta di poter ottenere questa

soddisfazione dando lare il denaro per salvare la ditta, il nostro

eroe non 10 ha mai pronto: dopotutto il denaro è troppo importante

per Zeno e non pua dividersene. 67 Ada, che come Francesca di

Una vita, è l'unica che veramente capisca il protagonista gli fa

intendere che si rende ben conto dei suoi piani, "in quel momento

essa non mi amava" (908), soggiunge Zeno sconfitto.

Mentre Alfonso incapace di farsi valere annulla la sua pena

esistenziale nel suicidio, Zeno lotta come pua e si fa vile aggressore

che spietatamente sobbilla al suie id iD l'uomo che era stato prima il

suo rivale in amore e che ne era uscito vinci tore; la sorridente

ironia sveviana maschera la più cruda violenza.

Zeno autore cerca di scolpare Zeno protagonista dicendo: "avrei

dovuto accorgermi" (893), "nella mia innocenza" (894); ma ecco il momento

cruciale: è in barca dove Zeno sferra il colpo di grazia, come era

stato in barca che Macario aveva deriso le speranze di Alfonso.

Guido gli chiede: "tu che sei chimico, sapresti dirmi se sia più

efficace il veronal puro 0 il veronal al sodio?" Zeno fa finta di

67 Si noti come 10 spunto autobiografico (Svevo si era reso garante di un prestito per un amico e data l'insolvibilità di questi, egli aveva dovuto far fronte all'impegno; si veda Veneziani Svevo, p. 46) venga trasformato e segua il desiderio di Svevo piuttosto che la realtà.

106

non capire l'importanza deI momento e di sforzarsi di dare una

risposta 'scientifica'; il suo pensiero cosciente vaga ai tempi

dell'università, ricorda il professore: come puo essere incolpato

Zeno che ha un alibi di pensieri tanto innocenti? "Sicché chi

volesse morire dovrebbe prendere il veronal al sodio," insiste

pietosamente Guido giocando anche lui per ottenere la protezione

dell'amico; "Si, risposi. Poi ricordando che ci sono dei casi in

cui si puo voler simulare un suicidio e non accorgendomi subito che

ricordavo a Guido un episodio spiacevole della sua vita, aggiunsi:

'E chi non vuol morire deve prendere deI veronal puro'" (895).

Il nostro protagonista finisce senz'altro vincitore nella lotta

con l'Arnico; il rovescimento della situazione è simboleggiato dal

suicidio di Guido, al quale Svevo non ha concesso dignità neppure

nella sua azione finale: il dot tore mostra le bQccette deI veleno

a Zeno, la dose che Guido ha ingerito è un po' più forte dell'altra

volta, ma si tratta di veronal. "Dunque non veronal al sodio. Come

nessun altro io potevo ora esser certo che Guido non aveva voluto

morire" (914). Zeno si è liberato dell'ultimo rivale con la

complicità della sua donna, Ada. Infatti quando Guido dice alla

moglie di essersi avvelenato, lei non 10 crede perché ricorda "come

Guido 1'avesse giocata mesi prima simu1ando un suicidio" (912), e

quando il dottore le ordina di dargli dei cucchiaini di caffé nero

fortissimo, Ada "si stanco di cacciare a Guido il cucchiaio fra i

denti" (913). Zeno non riconoscerà mai il suo crimine, anzi

attribuirà ad altri la colpa:

107

Egli moriva per un delitto commesso da tutti insieme perché egli aveva giocato alla Borsa col consenso di tutti loro. Quando s'era trattato di pagare allora l'avevano lasciato solo. E lui s'era affrettato di pagare. Unico dei congiunti io, che veramente non c'entravo, avevo sentito il dovere di soccorrerlo (914);

e fino all'ultimo negherà ogni responsabilità. "If only one had ••• a

robust conscience,,68 è il segreto desiderio di Zeno, poiché certo

egli non pua assuefare la sua coscienza aIle sue azioni.

L'ottavo ed ultimo capitolo, "Psico-analisi,1I di 28 pagine, si

differenzia dagli altri per la sua impostazione a diario: consiste

infatti in quattro appunti che Zeno scrive nello spazio di un anno,

un anno dopo aver scritto le sue memorie come preludio alla cura

psicanalitica che è durata sei·mesi.

Zeno ci fa credere di esser stato dato per guarito dalle

psichiatra me è questa un'altra delle sue menzogne, come si pua

constatare nella "Prefazione" dalle parole deI dottor S. e come è

evidente all'inizio di questo capitolo e da varie altre asserzioni

di Zeno; ad esempio: "La mia cura doveva essere finita perché la mia

malattia era stata scoperta" (928), dove "doveva" esprime una

necessità di Zeno, non una realtà. Zeno si è sottomesso alla pars

destruens dell'analisi psichiatrica che ha ottenuto 10 scopo voluto,

cioè il nucleo della sua aberrazione è stato individuato. Ma a

68 Sono parole di Solness nella commedia di Henrik Ibsen "The Master Builder," in Six Great Modern Plays (New York, 1967), p. 161.

108

t Z 0 J..°l 0 dO 1 dO 069 questo pun 0, a eno VJ..ene mena coraggJ..o J.. accettare a J..agnosJ..

e la respinge cercando di convincersi della sua scarsa validità: non

solo la psico-analisi non è una cosa seria, ma anche se egli avesse

dei dubbi in proposito, dovrebbe squalificarne la diagnosi perché

basa ta su premesse false: infatti le sue memorie sono costruite da

parole che non possono essere per lui che veicolo di menzogna:

(il dottor sJ ignora cosa significhe scrivere in noi cne parliamo e non sappiamo scrivere il dialetto. confessione per iscritto è sempre menzognera (928);

italiano per Una

e le immagini che ha tratto dal suo passato durante le sedute

psichiatriche sono solo fantasie:

•.• a forza di correredietro a quelle immagini, io le raggiunsi. Dra so di averle inventate •••• A forza di desiderio, io progettai le immagini, che non c'erano che nel mio cervello, nello spazio in cui guardavo (929).

Piuttosto che accettare la diagnosi, preferisce servirsi delle

sue energie per reprimere l' ottenuta conoscenza: '''Sono intento a

guarire dalla sua [dello psichiatra] cura. Evito i sogni e i

ricordi" (939)~ e di negarsi cost la via alla verità; ma questo è

un giuoco suicida per Zeno che per tutta la vita era stato sostenuto

da un "impetuoso conato al meglio" cioè da "sogni di equilibrio e di

forza" (623-624); in questo volere e sperare nella salute stava la

o d 1 0 0 dO bOl 0 0 70 ragJ..one e sua J..rrJ..me J..a J.. e ottJ..mJ..smo. Dra tutto questo è

69 "[La malattia] non era altra che quella diagnosticata a suo tempo dal defunto Sofocle sul povero Edipo: avevo amata mia madre e avrei voluto ammazzare mio padre" (928).

70 Svevo scrive di se stesso: "La mia forza era sempre la speranza." "Pagine di diario e sparse," Racconti, p. 814.

109

perduto e la speranza 10 diserta, la speranza che era per lui

simbolegglata nell'amore della donna amante e madre che gli avrebbe

spianato la via all'accettazione di se stesso. Svevo ci fa assistere

a questo dramma: Zeno ha un momento di illuminazione che ricorda

l'esperienza avuta dal padre, la sera prima di essere colpito

dall'attacco cardiaco che gli ha procurato la morte; sebbene non

nel piano fisico, anche il figlio perisce rinnegando la sua

integrità: "Fu un vero raccoglimento il mio, une di quegl'istanti

rari che l'avara vita concede, di vera grande oggettività in cui si

cessa finalmente di credersi e sentirsi vittima"; e si accorge di

aver vissuto accompagnato dalla speranza dell'amore: "l'illusione

rinacque subito intera dopo ogni naufragio, nel sogno"; ma ora che

tutto è cambiato, pensa: "Che fossi stato guarito, come il dottor S.

pretende?" (941), usando la menzogna ormai penetrata nel suo intimo.

Os servando la realtà empirica deI suo presente, il nuovo Zeno si

chiede:

Come si puo abbandonare un-presente simile per andare alla ricerca di cose di nessuna importanza? •• Cammino per le vie della nostra misera città, sentendo di es sere un privilegiato che non va alla guerra e che trova ogni giorno quelle che gli occorre per mangiare. In confronto a tutti mi sento tanto felice (944).

Ma l'angoscia, anche se negata e repressa, rimane; e se Zeno

è felice e sana: "10 sono sano, assolutamente" (953), allora è

"La vita attuale [che] è inquinata -aIle radici" (954), e IlQualunque

sforzo di darci la salute è vano" (955). Zeno rinnegato se stesso si

accanirà contro il genere umano che "è l'ordigno che crea la malattia

con l'abbandono della legge che fu su tut ta la terra la creatrice.

110

Le legge deI più forte spari e perdemmo la selezione naturale."

Ecco il death-wish: lui cosi debole e inadatto alla vita dovrebbe

essere stato eliminato e non essendolo, tutto è caose l'unica

salvezza sarà in "un'esplosione enorme che nessuno udrà e la terra

ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti

e di malattie" (955).

IV

CONCLUSISONE

IIHo il dubbio che mutando di desideri non mi muto essenzialmente 1f (III, 828).

Alcuni hanno visto nell'opera sveviana l'esemplificazione

della svolgimento deI romanzo moderno; altri hanno tracciato

l'evoluzione deI significato deI vocabolo "malattia" attraverso

il succedersi dei romanzi deI triestino: da qualsiasi punta ci

si avvicini a Svevo, e qualsiasi aspetto si esamini, ci si rende

conto della sua straordinaria attualità.

La sua forrnazione di cultura tedesca, la sua vita triestina,

la sua scelta d'italianità, le sue letture francesi, nord-europee

e russe, il suo lavoro commerciale, i suoi viaggi, la sua esperienza

insomma, 10 hanno reso unico: nel suo isolamento si è sviluppato

corne uomo e come scrittore, sensibile e attento, con l'ossessione

per l'analisi, un:. essere che pur rirnanendo sempre fedele a se

stesso, ha mille giochi e mille luci.

Anche l'accusa ricorrente della critica che la sua opera è

autobiografica sembra, almeno per ora, aver perso validità: 1 Freccero,

1 John Freccero, "Zeno's Last Cigarette," Modern Language Notes LXXVIII (1963), 3-23.

112

ad esempio, afferma l'impossibilità in assoluto di un'autobiografia,

Bergonzi2 invece la vede come unico possibile sviluppo deI romanzo.

Su questo argomento Svevo stesso sembra in un primo tempo contraddirsi,

poiché in momenti diversi ci dà affermazioni antitetiche: " . ••• gual.

se ci fossero moIti altri che sentissero come me! Povera umanità!

Quante autobiografie!" (III, 822); "; •• in realtà mai si svolse

co si" (III, 831): ma dobbiamo ricordare che sia nel "Profilo

autobiografico" che nell'Epistolario, Svevo dice che i suoi primi

due romanzi, Una vita e Senilità, sono a sfondo autobiografico,

asserzione corrobora ta dalla moglie nella biografia Vita di mio

marito. 3 E' solo per la Coscienza di Zeno che Svevo rivendica

l'originalità della sua creazione e con dubbio successo e coerenza:

E' vero che la Coscienza è tutt'altra cosa dei romanzi precedenti. Ma pensi ch'è un'autobiografia e non la mia ••• procedett~ cosi. Quand'ero lasciato solo cercavo di convincermi d'essere io stesso Zeno. Camminavo come lui, come lui fumavo, e cacciavo nel mio passato tutte le sue avventure che possono somigliare aIle mie solo perché la rievocazione di una propria avventura è una ricostruzione che facilmente diventa una costruzione nuova deI tutto quando si riesce a porla in un'atmosfera nuova. E non perde percio il sapore e il valore deI ricordo, e neppure la sua mestizia. 4

Avendo io cercato di dimostrare in questo studio la continuità tra

Una vita e La coscienza di Zeno, i cui protagonisti in circostanze

diverse reagiscono spinti dalle stesse implacabili necessità di cui

Zeno, al contrario di Alfonso, ha pero preso coscienza, verrei a

2 Bernard Bergonzi, The Situation of the Novel (Londra, 1970).

3 Veneziani Svevo, pp. 22, 30, 35, 47.

4 Lettera a E. Montale, 17 febbraio 1926. Epistolario, p. 779.

113

contraddire il nostro romanziere. Mi viene in aiuto Paul-Henri Michel,

il traduttore francese della Coscienza di Zeno e di Senilità, che

conoscendo Svevo come uomo e come autore, diceva in un articolo di

eulogia apparso in Solaria nel 1929: " ••• ne s'agit-il pas d'une

réalité matérielle, mais d'une réalité psychologique.,,5

E' in questa luce che anche le posizioni deI Bergonzi e deI

Freccero possono essere fatte collimare una volta accertato che la

loro diversificazione è puramente verbale e non ideo1ogica e

quindi interpretativa.

5 Paul-Henri Michel, "Una burla riuscita," Solaria, IV (1929),

53.

BIBLIOGRAFIA

Un'accurata bibliografia della critica su Italo Svevo si

trova nel secondo volume, parte seconda, delle Opera Omnia a

cura di B. Maier che arriva fino al giugno 1969. Le indicazioni

bibliografiche che seguono si limitano quindi ad un aggiornamento

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Premessa . . . . . . •

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II

- Una vita (1892)

- SeniZità (1898)

INDICE

III - La aosaienza di Zeno (1923)

IV - Conc1usione

Bib1iografia . . .

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