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l a b i r i n t i collana di nar r a t i v a p e r l a scuola media novelle scelte Giovanni Verga a cura di Tommaso Mainenti Luigi Pirandello Excerpt of the full publication

Giovanni Verga Luigi Pirandello novelle scelte · 2018. 4. 12. · Giovanni Verga 6 Emilio Praga, Arrigo e Camillo Boito, Federico de Roberto e Giuseppe Giocosa — e le opere dei

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    novelle scelteGiovanni Verga

    a cura diTommaso Mainenti

    Luigi Pirandello

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    novelle scelteGiovanni Verga

    a cura diTommaso Mainenti

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    Luigi Pirandello

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  • Copyright © 2005 Esselibri S.p.A.Via F. Russo 33/D80123 Napoli

    Azienda con sistema qualità certificato ISO 14001 : 2003

    Tutti i diritti riservatiÈ vietata la riproduzione anche parzialee con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazionescritta dell’editore.

    Per citazioni e illustrazioni di competenza altrui, riprodotte in questo libro,l’editore è a disposizione degli aventi diritto. L’editore provvederà, altresì, alleopportune correzioni nel caso di errori e/o omissioni a seguito della segnalazionedegli interessati.

    Prima edizione: gennaio 2005

    ISBN 88-244-8356-9S 280 - Novelle scelte

    Ristampe8 7 6 5 4 3 2 1 2005 2006 2007 2008

    Questo volume è stato stampato presso«Officina Grafica Iride»Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII traversa, 24 - 80022 Arzano (NA)

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    Grafica di copertina: Gianfranco De AngelisIllustrazione di copertina: Aldo Amati○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○

  • Giovanni Verga

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  • LA VITA

    Giovanni Verga nasce a Catania il 2 settembre 1840 da una nobile eantica famiglia di Vizzini, grosso borgo a metà strada tra Catania eRagusa. Ha quattordici anni quando si trasferisce temporaneamentea Vizzini per sfuggire ad un’epidemia di colera. Qui ha l’opportunitàdi frequentare e conoscere la vita e gli ambienti contadini.A diciotto anni s’iscrive a Catania alla facoltà di Giurisprudenza, mapoco prima della laurea sospende gli studi, manifestando grande in-teresse per la letteratura. Sedicenne, aveva scritto il romanzo d’ispi-razione patriottica Amore e patria, mai pubblicato, cui fanno seguitoI carbonari della montagna (1861), fatto pubblicare dal padre, e Sul-le lagune (1863).Nel 1860, dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia, a Catania si arruolanella Guardia Nazionale, partecipando attivamente al nuovo corso edando vita a diversi giornali politici. È direttore, tra l’altro, del setti-manale politico «Roma degli italiani».Nel 1865 muore il padre, evento che l’addolora profondamente. Or-mai intollerante all’ambiente ristretto di Catania, Verga si trasferiscea Firenze, dove comincia a frequentare i salotti letterari che contano.Nel 1866 pubblica il romanzo in forma epistolare Una peccatrice, concui abbandona il tema patriottico per affrontare quello sentimentale.In questi anni nasce la grande amicizia con Luigi Capuana, un altrosiciliano partito dalla sua terra in cerca di fortuna.Nel 1871 pubblica a Milano il romanzo Storia di una capinera, che haun grandissimo successo. È la storia di una giovane, orfana di madre,che, chiusa in convento contro la sua volontà, vive un amore impossi-bile e muore di consunzione.Nel 1872 Verga si trasferisce definitivamente a Milano, dove conduceuna vita vivace e brillante, frequentando i ritrovi letterari della città(in particolar modo il salotto della contessa Maffei), nei quali ha mododi conoscere i massimi rappresentanti della cultura del tempo — come

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    Emilio Praga, Arrigo e Camillo Boito, Federico de Roberto e GiuseppeGiocosa — e le opere dei naturalisti francesi, in particolar modo Zola.Seguendo lo stesso filone di Una peccatrice pubblica i romanzi Eva(1873), Eros (1874), Tigre reale (1875), ambientati nei salotti monda-ni, borghesi e artistici milanesi. Sono storie di passioni morbose eamori vissuti da eroi salottieri, donne fatali, artisti ribelli.Il 1874 è considerato l’anno della ‘conversione al Verismo’: pubblica,infatti, il ‘bozzetto siciliano’ Nedda, con cui inaugura un nuovo gene-re letterario, la novella. Vi si narra la storia di una povera raccoglitri-ce di olive, che assiste impotente alla morte delle persone a lei piùcare. Verga prende a interessarsi agli ambienti siciliani, alle dure con-dizioni di vita delle classi sociali più povere, alla tristezza di un mon-do arretrato e statico.Sviluppando questi temi nei suoi capolavori successivi, l’Autore di-venterà il principale esponente del Verismo. Corrente letteraria corri-spondente al Naturalismo francese che sosteneva la necessità di rea-lizzare un’arte oggettiva e impersonale, capace di descrivere la realtànel modo più fedele e reale possibile.È in questi anni che matura il progetto di un ciclo di romanzi di tipo‘naturalistico’, che avrebbe dovuto comporsi di cinque opere e intito-larsi La marea. Diventerà, invece, il ‘ciclo dei vinti’, del quale avrebbe-ro dovuto far parte i romanzi: I Malavoglia, Mastro don Gesualdo, Laduchessa di Leyra, L’onorevole Scipioni, L’uomo di lusso. Verga riusciràa completare i primi due e ad iniziare il terzo. In ogni opera si propo-neva di descrivere uno strato sociale, partendo da quello più bassoper arrivare a quello più alto.La morte improvvisa della madre, nel dicembre del 1878, lo getta,per mesi, in una crisi profonda. Solo nell’estate del 1879 torna aMilano e mette mano alla raccolta di novelle Vita dei campi, cheesce nel 1880. Vi confluiscono novelle — tra cui Cavalleria rustica-na, Nedda, La lupa, Ieli il pastore, L’amante di Gramigna — pubbli-cate su varie riviste, che fanno da premessa, per i temi trattati e perl’ambientazione, alle sue grandi opere. Ne emergono figure caratte-ristiche della vita contadina siciliana, presentate mediante la tecni-ca narrativa dell’‘impersonalità’, consistente nell’‘eclisse’ dell’autore

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    e nella ‘regressione’ della voce narrante fino al punto di vista delmondo popolare.Nel 1881 esce il primo romanzo del ‘ciclo dei vinti’: I Malavoglia, il suocapolavoro, in cui Verga narra la storia di una famiglia di pescatori diAci Trezza nel periodo successivo all’Unità d’Italia, le disgrazie chevive e l’inutile lotta contro la miseria e il degrado. L’opera, innovativaper il soggetto, le tecniche narrative e il linguaggio, non viene accoltafavorevolmente dal pubblico.Nel maggio del 1882 Verga va a Parigi, dove incontra Émile Zola, loscrittore più rappresentativo del Naturalismo francese. Nel 1883 pub-blica le Novelle rusticane, altra raccolta legata all’ambiente siciliano, ePer le vie, d’ambientazione milanese. Nel 1884 viene rappresentata congrande successo al Teatro Carignano di Torino la riduzione teatrale diCavalleria rusticana, con la famosissima attrice Eleonora Duse nelruolo di Santuzza.Contemporaneamente alla pubblicazione di altre raccolte di novelle(Vagabondaggio, 1887) e alla stesura di drammi, Verga scrive l’altrosuo grande romanzo: Mastro don Gesualdo, pubblicato nel 1889 —anno in cui l’Autore inizia una relazione sentimentale, che dureràtutta la vita, con la contessa Dina di Sordevolo — dall’editore Trevesdi Milano. Gesualdo è un popolano che riesce a raggiungere il be-nessere economico, diventando imprenditore e proprietario terriero,col duro lavoro e tanti sacrifici; diventa anche ‘don’, senza riusciretuttavia a elevarsi socialmente, pur sposando la nobile decadutaBianca Trao.Nel maggio del 1890 viene rappresentata l’opera Cavalleria rustica-na, musicata da Pietro Mascagni. Verga continua a comporre novellee nel 1891 pubblica la raccolta I ricordi del capitano d’Arce, d’ambientemondano.Nel 1894 l’Autore rientra definitivamente in Sicilia, a Catania, da dovenon si sposterà se non per brevi permanenze a Roma, a Milano e inSvizzera. Pubblica in questo periodo, presso Treves, una nuova rac-colta di novelle dal titolo Don Candeloro e compagni, dove si soffermasul tema della maschera e della finzione raccontando vicende legateai pupari e ai cantastorie.

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    La sua febbrile attività di narratore, comunque, rallenta ed entra incrisi. S’interesserà da questo momento quasi esclusivamente delle ri-duzioni teatrali delle sue opere, non riuscendo a portare a termine ilterzo romanzo del ‘ciclo dei vinti’, La duchessa di Leyra.Sempre più legato ai suoi interessi economici, politicamente assumeuna posizione conservatrice e nazionalista, dichiarandosi nel 1915favorevole alla guerra. A ottant’anni viene nominato senatore del Re-gno d’Italia da Giovanni Giolitti. Ai festeggiamenti, pronuncia il di-scorso ufficiale Luigi Pirandello. Verga muore a Catania il 27 gennaio1922, colpito da paralisi cerebrale.

    IL PENSIERO

    Alla base del pensiero di Verga vi è una visione radicalmente pessi-mistica della vita, intesa come lotta inesauribile per la sopravviven-za, in cui il più debole è destinato a soccombere, le classi inferiori con-dannate a rimanere legate alla propria condizione di miseria e sud-ditanza. L’Autore siciliano non ha fiducia nel progresso scientifico, nénella possibilità di un riscatto delle classi subalterne promesso dal-l’unificazione nazionale.Per Verga gli uomini sono mossi da interessi economici, da egoisticicalcoli, da tornaconti personali e dalla volontà di sopraffare gli altri.La ‘lotta per la vita’ mal si concilia con la generosità, l’altruismo, lapietà: valori ideali, che non trovano posto nella realtà.Trionfano le ambizioni e le convenienze, si scontrano gli antagonismisfrenati tra individui e tra individui e società. Verga coglie con grandelucidità la sofferenza e la degradazione umana. Prevale un tono di ‘pietàverso i vinti’ di cui egli stesso, in quanto osservatore, travolto anch’es-so dalla ‘fiumana’ si sente parte.Nessuno può modificare questa realtà. Nemmeno lo scrittore che larappresenta ha la possibilità di contribuire ad un cambiamento. Devepiuttosto limitarsi a ritrarla così com’è, in modo che si presenti da sé.Il narratore allora scompare nella storia, dietro ai fatti e ai perso-naggi. Di questi ultimi accetta i modi di parlare e di pensare, ren-

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    dendoli in una sintassi e in un lessico che, pur non essendo dialet-tali, fanno rivivere la voce e la personalità degli umili protagonisti.

    LE NOVELLE

    La novella è una narrazione in prosa di un fatto reale o immaginario,di varia estensione, comunque più breve rispetto al romanzo, con pocospazio per far nascere la storia, svilupparla e portarla a conclusione. Ifatti si svolgono secondo una rigida successione cronologica e causa-le. L’intreccio è molto limitato; di solito si sviluppa un solo episodiocon pochi personaggi, i quali, visti in azione, sono legati da un unicotema che fa da filo conduttore.Le novelle di Verga non si discostano molto da queste caratteristiche,pur presentando ambienti, personaggi, temi molto diversi. Sono unacostante della sua produzione letteraria, scandiscono le fasi della suapoetica e l’evoluzione delle sue riflessioni nei confronti dell’esistenza.Per quanto attiene alle trame, si possono distinguere novelle ‘di for-mazione’, ‘drammatiche’ e ‘corali’. Nelle prime il protagonista è costrettoa vivere una realtà dura e disumana con la consapevolezza che è im-possibile modificarla (Rosso Malpelo). Le seconde sviluppano temilegati all’onore, alla passione, alla superstizione, concludendosi inmodo drammatico (Cavalleria rusticana, L’amante di Gramigna). Leterze vedono l’intera collettività costretta a sopportare sofferenze eingiustizie che sono di tutti, non di un singolo individuo (Malaria,Don Licciu Papa, Libertà).La prima raccolta, Amori senza amore, risale al 1874. Ma il Verga au-tenticamente verista si manifesta nella raccolta Vita dei campi (1880),in cui emerge la necessità di denunciare un mondo dominato da forzeprimitive che l’uomo è incapace di combattere. I protagonisti obbedi-scono alle leggi elementari della tradizione, della famiglia, dell’onore.Sul piano della tecnica narrativa, proprio in Vita dei campi viene in-trodotto il cosiddetto ‘narratore implicito e corale’, tipicamente ver-ghiano, che compare già in Rosso Malpelo, novella risalente al 1878,forse la più innovativa in assoluto sotto l’aspetto strutturale e stilisti-

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    co. L’omonimo protagonista è un giovane sterratore sfruttato fino allostremo da una società crudele in cui il prepotente, agendo con bestia-le ferocia sui più deboli, ha sempre la meglio.Nelle novelle Cavalleria rusticana e L’amante di Gramigna sono l’ono-re e l’amore inteso come puro desiderio fisico a muovere irresistibil-mente i protagonisti, avviati verso un destino che non sono in gradodi contrastare. Nelle Novelle rusticane, pubblicate nel 1883, oltre ai temigià sottolineati, Verga punta il dito su uno Stato assente e repressivo.Protagonisti sono ‘la roba’ (La roba), la miseria, la malattia (Malaria),la giustizia iniqua (Don Licciu Papa), la donna e gli animali con unruolo ben preciso nel ciclo produttivo (Gli orfani, Storia dell’asino diSan Giuseppe) da sostituire al più presto quando non hanno più nien-te da spendere nella vita.Anche il re viene visto come colui che può decidere della vita dellepersone a proprio piacimento (Cos’è il Re); mentre Nino Bixio da sal-vatore diventa oppressore, quando reprime nel sangue il desiderio dilibertà e giustizia degli abitanti di Bronte.Nella raccolta Per le vie (1883) Verga ci presenta l’ambiente cittadinomilanese. Vi si consumano squallide vicende di miseria e di solitudi-ne, con personaggi senza scrupoli, il cui unico Dio è il denaro, concreature sole, abbandonate alla disperazione, per le quali la morte ilpiù delle volte rappresenta un’ancora di salvezza.Nei dodici racconti della raccolta Vagabondaggio (1887) i personaggisono dominati dalla voglia di fuga e di evasione. Diverse novelle sonoabbozzi delle prime redazioni di Mastro don Gesualdo. Nanni Volpe,protagonista della novella omonima, passa tutta la vita ad accumula-re ricchezze. Muore riverito e assistito dalla moglie e dal nipote, cheinganna con la promessa di un testamento a loro favore.Al 1894 risale l’ultima raccolta Don Candeloro e compagni, nella qualeVerga, raccontando storie di pupari e artisti delle marionette, coglie lospunto per criticare il gusto corrotto del pubblico che costringe l’artistaa svendersi, arrendendosi al cattivo gusto imperante, per poter soprav-vivere. L’assenza di commenti del narratore trasforma lo scrittore in unosservatore esterno imparziale, che presenta la società con il medesi-mo distacco col quale uno scienziato descrive il mondo animale.

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  • Cavalleria rusticanaLa novella fa parte della raccolta Vita dei campi. È una delle più famo-se, lo stesso Verga ne trasse un dramma in un atto, messo in scena conmolto successo per la prima volta a Torino nel 1884. In seguito PietroMascagni ne ricavò il melodramma omonimo, rappresentato tuttoranei teatri di tutto il mondo. L’Autore presenta le condizioni sociali dellaSicilia rurale di fine Ottocento, dove è consolidato il sentimento del-l’onore tradito cui segue la vendetta per l’offesa che deve essere lavatanel sangue.Turiddu, al ritorno al suo paese dal servizio militare, trova che Lola, lasua donna, ha scelto di fidanzarsi per poi sposarsi con Alfio, ricco car-rettiere. Per vendicarsi la fa ingelosire corteggiando Santa, una giovanevicina di casa. Quindi, Lola e Turiddu diventano amanti. Ferita nell’or-goglio, Santa rivela tutto ad Alfio, che sfida Turiddu a duello per difen-dere il proprio onore. Obbediente alle leggi del mondo contadino, Tu-riddu accetta di battersi e viene ucciso dal rivale.Nel titolo, Verga usa il termine «cavalleria» in senso ironico. Il mondocavalleresco prevede norme e regole morali quali la difesa dei deboli, ilrispetto delle donne, la lealtà e la difesa dei valori cristiani. Nella novel-la, invece, prevale il desiderio di vendetta, il disprezzo dei buoni senti-menti, la brama di ricchezza, l’assenza di onestà e lealtà, tanto che Al-fio arriva ad uccidere Turiddu con l’inganno, dopo averlo accecato conuna manciata di terra.

    Turiddu (1) Macca, il figlio della gnà (2) Nunzia, come tornò da fare ilsoldato, ogni domenica si pavoneggiava (3) in piazza coll’uniforme

    (1) Turiddu: forma vezzeggiativa di Sal-vatore, abituale in Sicilia.(2) gnà: signora; è appellativo sicilianoper le donne del popolo, diverso da

    donna, che comporta distinzione so-ciale.(3) si pavoneggiava: si dava delle arie,compiacendosi in modo esagerato di sé.

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    da bersagliere e il berretto rosso (4), che sembrava quello della buonaventura (5) quando mette su banco colla gabbia dei canarini (6). Leragazze se lo rubavano cogli occhi, mentre andavano a messa col nasodentro la mantellina, e i monelli gli ronzavano attorno come le mo-sche. Egli aveva portato anche una pipa col re a cavallo che parevavivo, e accendeva gli zolfanelli sul dietro dei calzoni, levando la gam-ba, come se desse una pedata. Ma con tutto ciò Lola di massaro (7)Angelo non si era fatta vedere né alla messa, né sul ballatoio, ché si erafatta sposa (8) con uno di Licodia (9), il quale faceva il carrettiere (10)e aveva quattro muli di Sortino (11) in stalla. Dapprima Turiddu comelo seppe, santo diavolone! voleva trargli fuori le budella dalla pancia,voleva trargli, a quel di Licodia! però non ne fece nulla, e si sfogò col-l’andare a cantare tutte le canzoni di sdegno che sapeva sotto la fine-stra della bella.«Che (12) non ha nulla da fare Turiddu della gnà Nunzia» dicevano ivicini «che passa le notti a cantare come una passera solitaria?».Finalmente s’imbatté in Lola che tornava dal viaggio (13) alla Ma-donna del Pericolo, e al vederlo, non si fece né bianca né rossa quasinon fosse stato fatto suo (14).«Beato chi vi vede!» le disse.«Oh, compare (15) Turiddu, me l’avevano detto che siete tornato alprimo del mese».

    (4) berretto rosso: il cosiddetto fez con lanappa (cfr. nota 20).(5) quello della buona ventura: l’indovi-no.(6) gabbia dei canarini: durante le festi-vità e le fiere gli indovini offrivano deiresponsi scritti su biglietti, estratti a caso,col becco di un canarino tenuto in gab-bia.(7) massaro: variante di massaio (damassa, podere), in siciliano massaru, colsignificato di ‘fattore’ e spesso ‘possiden-te benestante’. Usato anche come appel-lativo colloquiale.(8) fatta sposa: fidanzata.

    (9) Licodia: Licodia Eubea, a circa 80 kma sud-ovest di Catania, sul versante oc-cidentale dei monti Iblei.(10) carrettiere: conducente di carro.(11) Sortino: è in provincia di Siracusa, acirca 40 km da Vizzini.(12) che: introduce un’interrogativa, diuso popolare.(13) viaggio: pellegrinaggio.(14) non si fece… suo: restò indifferentecome se la cosa non la riguardasse.(15) compare: appellativo amichevole chesi rivolge a un uomo con cui si è in rap-porti di grande confidenza e antica ami-cizia.

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  • Cavalleria rusticana

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    «A me mi hanno detto delle altre cose ancora!» rispose lui. «Che èvero che vi maritate con compare Alfio, il carrettiere?».«Se c’è la volontà di Dio!» rispose Lola tirandosi sul mento le due coc-che (16) del fazzoletto.«La volontà di Dio la fate col tira e molla come vi torna conto! E lavolontà di Dio fu (17) che dovevo tornare da tanto lontano per trovareste (18) belle notizie, gnà Lola!».Il poveraccio tentava di fare ancora il bravo (19), ma la voce gli si erafatta roca; ed egli andava dietro alla ragazza dondolandosi colla nap-pa (20) del berretto che gli ballava di qua e di là sulle spalle. A lei, incoscienza, rincresceva di vederlo così col viso lungo (21), però nonaveva cuore di lusingarlo con belle parole.«Sentite, compare Turiddu», gli disse alfine. «Lasciatemi raggiungerele mie compagne. Che direbbero in paese se mi vedessero con voi?…».«È giusto», rispose Turiddu «ora che sposate compare Alfio, che ciha quattro muli in stalla (22), non bisogna farla chiacchierare lagente. Mia madre invece, poveretta, la dovette vendere la nostramula baia (23), e quel pezzetto di vigna sullo stradone, nel tempoch’ero soldato (24). Passò quel tempo che Berta filava (25), e voi nonci pensate più al tempo in cui ci parlavamo dalla finestra sul cortile,e mi regalaste quel fazzoletto, prima d’andarmene, che Dio sa quan-te lagrime ci ho pianto dentro nell’andar via lontano tanto che siperdeva persino il nome del nostro paese. Ora addio, gnà Lola, face-mu cuntu ca chioppi e scampau, e la nostra amicizia finiu (26)».

    (16) cocche: estremità di un fazzoletto odi un tovagliolo.(17) fu: passato remoto con valore per-fettivo, tipico della lingua siciliana.(18) ste: queste. È abbreviazione tipicadella lingua toscana e meridionale.(19) bravo: spavaldo, disinvolto.(20) nappa: è un mazzetto di fili riunitiad una estremità, che fanno da orna-mento.(21) col viso lungo: offeso, amareggiato.(22) ci ha quattro muli in stalla: è ricco.

    (23) baia: dal mantello rosso-bruno.(24) nel tempo ch’ero soldato: il serviziomilitare durava, all’epoca, cinque anni.(25) Berta filava: locuzione proverbialeper indicare i tempi passati e i cambia-menti avvenuti.(26) facemu cuntu ca chioppi e scampau,e la nostra amicízia finiu: facciamo con-to che sia piovuto e spiovuto e la nostraamicizia sia finita. Espressione dialettale,è un modo di dire per porre fine a unadiscussione o un diverbio.

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    La gnà Lola si maritò col carrettiere; e la domenica si metteva sul bal-latoio (27), colle mani sul ventre per far vedere tutti i grossi anellid’oro che le aveva regalati suo marito. Turiddu seguitava a passare eripassare per la stradicciuola, colla pipa in bocca e le mani in tasca, inaria d’indifferenza, e occhieggiando (28) le ragazze; ma dentro ci sirodeva (29) che il marito di Lola avesse tutto quell’oro, e che ella fin-gesse di non accorgersi di lui quando passava.«Voglio fargliela proprio sotto gli occhi a quella cagnaccia (30)!» bor-bottava.Di faccia (31) a compare Alfio ci stava massaro Cola, il vignaiuolo, il qualeera ricco come un maiale, dicevano, e aveva una figliuola in casa. Turiddutanto disse e tanto fece che entrò camparo (32) da massaro Cola, e comin-ciò a bazzicare (33) per la casa e a dire le paroline dolci alla ragazza.«Perché non andate a dirle alla gnà Lola ste belle cose?» rispondevaSanta.«La gnà Lola è una signorona! La gnà Lola ha sposato un re di corona,ora!».«Io non me li merito i re di corona».«Voi ne valete cento delle Lole, e conosco uno che non guarderebbe lagná Lola, né il suo santo, quando ci siete voi, ché la gná Lola non èdegna di portarvi le scarpe, non è degna».«La volpe quando all’uva non poté arrivare…».«Disse: come sei bella, racinedda (34) mia!».«Ohè! quelle mani, compare Turíddu».«Avete paura che vi mangi?».

    (27) ballatoio: balcone, terrazzino conringhiera.(28) occhieggiando: guardando con am-mirazione e desiderio.(29) ci si rodeva: era tormentato dalla rab-bia.(30) cagnaccia: dispregiativo, qui sta per‘crudele’.(31) di faccia: di fronte.(32) camparo: chi custodisce i campi egoverna le bestie, con contratto annuo.

    Verga usa anche le forme campaio e cam-piere. Per campiere, però, intende il so-prastante, colui che sorveglia armato illavoro dei contadini.(33) bazzicare: frequentare.(34) racinedda: piccolo grappolo d’uva.Diminutivo di racina, uva, dal franceseraisin. È, in questo caso, un apprezzamen-to galante.

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  • Cavalleria rusticana

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    «Paura non ho (35) né di voi, né del vostro Dio».«Eh! vostra madre era di Licodia, lo sappiamo! Avete il sangue risso-so! Uh! che vi mangerei cogli occhi!».«Mangiatemi pure cogli occhi, che briciole non ne faremo; ma intantotiratemi su quel fascio».«Per voi tirerei su tutta la casa, tirerei!».Ella, per non farsi rossa, gli tirò un ceppo che aveva sottomano, e nonlo colse per miracolo.«Spicciamoci, che le chiacchiere non ne affastellano sarmenti (36)».«Se fossi ricco, vorrei cercarmi una moglie come voi, gnà Santa».«Io non sposerò un re di corona come la gnà Lola, ma la mia dote cel’ho anch’io, quando il Signore mi manderà qualcheduno».«Lo sappiamo che siete ricca, lo sappiamo!».«Se lo sapete allora spicciatevi, ché il babbo sta per venire, e non vor-rei farmi trovare nel cortile».Il babbo cominciava a torcere a muso (37), ma la ragazza fingeva dinon accorgersi, poiché la nappa del berretto del bersagliere gli (38)aveva fatto il solletico dentro il cuore, e le ballava sempre dinanzi gliocchi. Come il babbo mise Turiddu fuori dell’uscio, la figliuola gli aprìla finestra, e stava a chiacchierare con lui ogni sera, che tutto il vicina-to non parlava d’altro.«Per te impazzisco, diceva Turiddu, e perdo il sonno e l’appetito».«Chiacchiere».«Vorrei essere il figlio di Vittorio Emanuele (39) per sposarti!».«Chiacchiere».«Per la Madonna che ti mangerei come il pane!».«Chiacchiere!».«Ah! Sull’onor mio!».«Ah! mamma mia!».

    (35) paura non ho: il verbo è posposto,secondo l’uso del dialetto siciliano.(36) le chiacchiere non ne affastellanosarmenti: con le chiacchiere non si con-clude niente; i sarmenti sono i rami sec-chi della vite, da bruciare.

    (37) torcere a muso: non essere d’accordo.(38) gli: uso popolare per ‘le’.(39) Vittorio Emanuele: il re Vittorio Ema-nuele II. La storia è ambientata, eviden-temente, prima della sua morte, avvenu-ta il 9 gennaio 1878.

  • Giovanni Verga

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    Lola che ascoltava ogni cosa, nascosta dietro il vaso di basilico e sifaceva pallida e rossa, un giorno chiamò Turiddu.«E così, compare Turiddu, gli amici vecchi non si salutano più?».«Ma!» sospirò il giovinotto «beato chi può salutarvi!».«Se avete intenzione di salutarmi, lo sapete dove sto di casa!» risposeLola.Turiddu tornò a salutarla così spesso che Santa se ne avvide, e gli bat-té la finestra sul muso (40). I vicini se lo mostravano con un sorriso, ocon un moto del capo, quando passava il bersagliere. Il marito di Lolaera in giro per le fiere con le sue mule.«Domenica voglio andare a confessarmi, che stanotte ho sognato del-l’uva nera (41)» disse Lola.«Lascia stare! lascia stare!» supplicava Turiddu.«No, ora che s’avvicina la Pasqua, mio marito lo vorrebbe sapere ilperché non sono andata a confessarmi».«Ah!» mormorava Santa di massaro Cola, aspettando ginocchioni ilsuo turno dinanzi al confessionario (42) dove Lola stava facendo ilbucato dei suoi peccati (43). «Sull’anima mia non voglio mandarti aRoma per la penitenza (44)».Compare Alfio tornò colle sue mule, carico di soldoni, e portò in rega-lo alla moglie una bella veste nuova per le feste.«Avete ragione di portarle dei regali» gli disse la vicina Santa «perchémentre voi siete via vostra moglie vi adorna la casa (45)!».Compare Alfio era di quei carrettieri che portano il berretto sull’orec-chio (46), e a sentir parlare in tal modo di sua moglie cambiò di colo-re come se l’avessero accoltellato. «Santo diavolone!» esclamò «se non

    (40) gli batté la finestra sul muso: non glirivolse più la parola.(41) ho sognato dell’uva nera: segno dimalaugurio, disgrazia.(42) confessionario: confessionale.(43) stava facendo… peccati: si stavaconfessando.(44) non voglio mandarti a Roma per lapenitenza: desidero farti scontare subitoi tuoi peccati. Santa provvederà perso-

    nalmente alla penitenza di Lola, avver-tendo compare Alfio.(45) vi adorna la casa: vi tradisce con unaltro uomo.(46) il berretto sull’orecchio: spesso dicolore bianco, il berretto è il copricapotipico dell’uomo di campagna, mentre ilcappello lo è dei signori. Portato sul-l’orecchio è segno di spavalderia e difierezza.

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  • Cavalleria rusticana

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    avete visto bene, non vi lascerò gli occhi per piangere! a voi e a tutto ilvostro parentado!».«Non son usa (47) a piangere!» rispose Santa. «Non ho pianto nem-meno quando ho visto con questi occhi Turiddu della gnà Nunzia en-trare di notte in casa di vostra moglie».«Va bene», rispose compare Alfio «grazie tante».Turiddu, adesso che era tornato il gatto (48), non bazzicava più di gior-no per la stradicciuola, e smaltiva l’uggia (49) all’osteria, cogli amici.La vigilia di Pasqua avevano sul desco (50) un piatto di salsiccia. Comeentrò compare Alfio, soltanto dal modo in cui gli piantò gli occhi ad-dosso, Turiddu comprese che era venuto per quell’affare e posò la for-chetta sul piatto.«Avete comandi da darmi, compare Alfio?» gli disse.«Nessuna preghiera, compare Turiddu, era un pezzo che non vi vede-vo, e volevo parlarvi di quella cosa che sapete voi».Turiddu da prima gli aveva presentato il bicchiere, ma compare Alfiolo scansò colla mano. Allora Turiddu si alzò e gli disse:«Son qui, compar Alfio».Il carrettiere gli buttò le braccia al collo (51).«Se domattina volete venire nei fichidindia della Canziria (52) potre-mo parlare di quell’affare, compare».«Aspettatemi sullo stradone allo spuntar del sole, e ci andremo insie-me».Con queste parole si scambiarono il bacio della sfida. Turiddu strinsefra i denti l’orecchio del carrettiere, e così gli fece promessa solenne dinon mancare.Gli amici avevano lasciato la salsiccia zitti zitti, e accompagnaronoTuriddu sino a casa. La gnà Nunzia, poveretta, l’aspettava sin tardiogni sera.

    (47) Non son usa: non sono abituata.(48) gatto: marito.(49) uggia: noia.(50) desco: tavola.(51) gli buttò le braccia al collo: gesto ri-

    tuale del duello, come il bacio della sfidae il morso all’orecchio descritti immedia-tamente dopo.(52) Canziria: località a est di Vizzini.

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  • Giovanni Verga

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    «Mamma», le disse Turiddu «vi rammentate quando sono andato sol-dato, che credevate non avessi a tornar più? Datemi un bel bacio comeallora, perché domattina andrò lontano».Prima di giorno si prese il suo coltello a molla, che aveva nascostosotto il fieno quando era andato coscritto (53), e si mise in camminopei fichidindia della Canziria.«Oh! Gesummaria! dove andate con quella furia?» piagnucolava Lolasgomenta, mentre suo marito stava per uscire.«Vado qui vicino», rispose compar Alfio «ma per te sarebbe meglioche io non tornassi più».Lola, in camicia, pregava ai piedi del letto, premendosi sulle labbra ilrosario che le aveva portato fra Bernardino dai Luoghi Santi, e recita-va tutte le avemarie che potevano capirvi (54).«Compare Alfio», cominciò Turiddu dopo che ebbe fatto un pezzo distrada accanto al suo compagno, il quale stava zitto, e col berretto su-gli occhi, «come è vero Iddio so che ho torto e mi lascerei ammazzare.Ma prima di venir qui ho visto la mia vecchia che si era alzata pervedermi partire, col pretesto di governare il pollaio, quasi il cuore leparlasse, e quant’è vero Iddio vi ammazzerò come un cane per nonfar piangere la mia vecchierella».«Così va bene» rispose compare Alfio, spogliandosi del farsetto (55),«e picchieremo sodo tutt’e due».Entrambi erano bravi tiratori; Turiddu toccò (56) la prima botta, e fua tempo a prenderla nel braccio; come la rese, la rese buona, e tiròall’anguinaia (57).«Ah! compare Turiddu! avete proprio intenzione di ammazzarmi!».«Sì, ve l’ho detto; ora che ho visto la mia vecchia nel pollaio, mi pare diaverla sempre dinanzi agli occhi».«Apriteli bene, gli occhi!» gli gridò compar Alfio «che sto per rendervila buona misura».

    (53) era andato coscritto: si era arruola-to come soldato di leva.(54) capirvi: entrarci.(55) farsetto: giubbetto da uomo, con o senzamaniche, indossato dalle persone umili.

    (56) toccò: incassò.(57) all’anguinaia: all’inguine.

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  • Cavalleria rusticana

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    Come egli stava in guardia tutto raccolto per tenersi la sinistra sullaferita, che gli doleva, e quasi strisciava per terra col gomito, acchiappòrapidamente una manata di polvere e la gettò negli occhi all’avversa-rio.«Ah!» urlò Turiddu accecato «son morto».Ei (58) cercava di salvarsi facendo salti disperati all’indietro; ma com-par Alfio lo raggiunse con un’altra botta nello stomaco e una terzaalla gola.«E tre! questa è per la casa che tu m’hai adornato. Ora tua madre la-scerà stare le galline (59)».Turiddu annaspò un pezzo di qua e di là tra i fichidindia e poi caddecome un masso. Il sangue gli gorgogliava spumeggiando nella gola enon poté profferire (60) nemmeno: «Ah! mamma mia!».

    (58) ei: egli, forma poetica.(59) lascerà stare le galline: non avrà piùalcun pretesto per vederti partire.

    (60) profferire: pronunciare.

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  • labir

    in

    ti

    collanadi

    narrativa

    perla

    scuolamedia

    Leggere per conoscerenuovi mondi e per riflet-tere su cose già conosciu-te. Leggere per perdersinei labirinti dell’immagi-nazione e, attraverso lafinzione letteraria, capirei problemi del mondo checi circonda. Leggere per

    “sentirsi convinti che ognilibro degno di questo no-me rappresenta una con-centrazione, un compen-dio e una forte semplifica-zione di cose complicate”.

    (H. Hesse)

    novelle scelte

    novelle scelte

    Giovanni VergaCavalleria rusticanaL’amante di GramignaRosso MalpeloLa robaGli orfaniStoria dell’asino di San GiuseppeMalariaLibertàDon Licciu PapaCos’è il ReNanni VolpeDon Candeloro e compagni

    Luigi PirandelloIl corvo di MìzzaroLa berretta di PadovaLa cassa ripostaLa giaraIl viaggioLa patenteCiàula scopre la lunaIl treno ha fischiato

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    TeresaTimbro

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