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N. 1/2011 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 2 e 3, NO/TORINO - ANNO XLI. Primo sem. 2011, n. 1. Taxe perçue – Tariffa riscossa CRP TORINO CMP NORD

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Giornalino 2011

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Beato Francesco Faà di Brunoprega per noi!

AVVISO AI LETTORITutela della privacyCaro amico/a,il suo nominativo fa parte dell’archivio elet-tronico della nostra rivista “Nostra Signo-ra del Suffragio”. Nel rispetto di quantostabilito dalla legge n. 675/1996 per latutela dei dati personali (privacy), comu-nichiamo che tale archivio è gestito dallaCongregazione delle Suore Minime di N.S. del Suffragio, proprietaria della suddettarivista. I suoi dati pertanto non sarannooggetto di comunicazione o diffusione aterzi. Potrà chiedere, in qualsiasi momen-to, modifiche, aggiornamenti, integrazio-ni o cancellazioni alla redazione di:NOSTRA SIGNORA DEL SUFFRAGIOVia San Donato, 31 - 10144 TORINO.

La Redazione Bollettino “Suore Minime di N. S. del Suffragio”Via San Donato, 31 - 10144 TorinoTel. 011 489145 - Fax 011 4733201C.C.P. 25134107Sito internet: www.faadibruno.nete-mail: [email protected] redazionale: Remy Fuentes

Con permesso della Ven. Curia Arciv.Prof. Giacomo Brachet Contol Dir. Resp.Registr. nella Cancelleria del Tribunale di Torino n. 2148 del 12.3.71Grafica e stampa: Srl F.lli Scaravaglio & C. - Torino

Vi invitiamo acontribuire

alle spese distampa e spedizione

effettuandoun libero

versamentonel c.c.p.25134107

Se desiderate ricevere questo nostro Bollettino per viadella posta elettronica, comunicate il vostro indirizzomail ed il vostro desiderio a: [email protected]

Editoriale della Nostra Madre ...................................................... pag. 1

SpiritualitàMeditiamo con Francesco ..................................................................... pag. 4

Udienza generale di S.S. Benedetto XVI ......................................... pag. 8

Che cos’è l’Uomo perché te ne ricordi? Padre U. Terrinoni............. pag. 12

Centro Studi Francesco Faà di BrunoCentro Studi Francesco Faà di Bruno, un nuovo coordinatore... pag. 14

Viaggio nella Storia del Borgo San Donato, A. Toppino ..................... pag. 16

Faà di Bruno e il Risorgimento, appunti storici, C. Raviolo .... pag. 18

MissioniRitorno dall’Africa, G. Spicuglia ......................................................... pag. 20

Bogotà in Colombia, Sr. Alba, Sr. Umbertina e bimbe N. S. del Suffragio .... pag. 22

Le Missioni Faà di Bruno di Torino, T. Goria ............................. pag. 24

Verso il CieloBenefattori defunti,Stefano Rebellato ............................................................................................ pag. 25

Suore defunte,Suor Matilde Gamba .................................................................................... pag. 26Suor Silvia Frison .......................................................................................... pag. 26Suor Pasqualina Paiusco ............................................................................... pag. 30Suor Egidia Peggion ...................................................................................... pag. 31Suor Irene Bonato, a cura di Sr Costanza ....................................................... pag. 32Omaggio a Suor Irene .................................................................................. pag. 34

Page 3: Giornalino

EDITORIALE

Nel messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima 2011, dedicato alla partecipazione del cristiano al mistero pasquale di Cristo, inaugurata con il battesimo, egli dice – a proposito del vangelo della guarigione del cieco nato - che Gesù “insieme alla vista, vuole aprire il nostro sguardo interiore, perché la nostra fede diventi sempre più profonda e possiamo ri-conoscere in Lui l’unico nostro Salvatore”. Questa crescita avviene in particolare mediante “l’ascolto attento di Dio,” che continua a parlare al nostro cuore con la Sua Parola di vita e così “alimenta il cammino di fede che abbiamo iniziato nel giorno del Battesimo.”

Forse capita anche a te di dire a qualcuno: “Invidio la tua fede; io non riesco a cre-dere”. A volte credere può sembrare che sia ingenuità, un’abdicazione della ragio-ne o una specie di salto nel vuoto, con gli occhi chiusi. Oppure una stampella sulla quale ci si appoggia come ultima risorsa quando si fa fatica ad andare avanti.

No! La fede è dono di Dio e si accresce meditando la Parola di Dio. È fidarsi, un atteggia-mento propriamente umano; tutti continuamente ci fidiamo, anche solo di chi conduce l’autobus che abbiamo preso. Quel Dio che ha voluto parlare all’uomo mediante le Sacre Scritture, e rivelarsi in Gesù Cristo, è un Dio che ama, che ha dimostrato il suo amore col dono di ciò che aveva di più prezioso: il suo Figlio Gesù e ci invita a fidarci di Lui. La fede è essenziale per entrare in relazione con Dio nella preghiera ed è l’aspetto concreto della vera conversione.In ogni uomo vi è l’inquietante sensazione che gli manchi qualcosa: egli cerca continuamente qualche cosa di importante, che “dovrebbe possedere”, ma che non riesce mai a raggiungere. Spes-so gli accade di osservare qualcuno che sembra aver ottenuto una posizione sociale invidiabile, o individui che hanno scalato “le vette del successo”, ed in questi momenti egli pensa di essere il solo ad avvertire quel “senso di vuoto” che talvolta si materializza in tormento ed angoscia.

Si illude quindi che conquistando quelle, mete il problema trovi una soluzione immediata. Ma ahimè! Una volta “arrivato,” magari dopo estenuanti sacrifici, rimane deluso e si rende conto che deve esserci qualcosa di più... qualcosa di inspiegabilmente superiore... Questa condizione è comune a tutti gli uomini: ognuno vorrebbe un mondo migliore, più tranquil-lità, più sicurezza e più pace.

Page 4: Giornalino

EDITORIALE

La società attuale sembra guidata da una morale edonistica, la vita è ridotta in termini puramente materiali. Tutto questo non fa che acuire e portare ad esasperazione l’insoddisfazione dell’uomo. Si pensa spesso che il piacere e lo star bene fisico, emozionale e psicologico, ci renda felici. La filosofia che prevale nel mondo è: “mangiamo e beviamo perché domani... chi sa?” Divertirsi, svagarsi, coltivare degli hobby, non basta più. Oggi si cercano emozioni forti, realtà eccitanti, cose nuove... che spezzino la noia e la monotonia. Ma il vuoto resta e la ricerca non finisce mai!

Il santo Padre Benedetto ci invita a mostrare al mondo il volto di Dio, che è amore ed è l’unico che può rispondere all’anelito di pienezza dell’uomo. Ciò che può riempire il nostro vuoto insaziabile è solo Dio con il suo amore, perché l’uomo è stato creato per Dio. Questo è il grande compito, mostrare a tutti che Dio è un Dio di pace, di libertà e non di costrizione, di concordia e non di discordia. In un’epoca nella quale l’uomo pre-tende di edificare la sua vita alle spalle di Dio, come se non avesse più niente da dirgli.Testimoniare la propria fede in Dio Amore è la suprema affermazione e nello stesso tempo ci permette di riscoprire la nostra dignità.

Solo Dio può riempire il vuoto del cuore e la Parola di Dio è l’unica chiave che penetra nel significato della vita, e mostra all’uomo come risolvere i suoi problemi esistenziali, etici, morali e spirituali. Soprattutto indica la soluzione al vero problema dell’uomo: il peccato. “Dio ha tanto amato il mondo, da dare il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Giov. 3:16). GESÙ è la risposta! Egli disse: “Io sono la via, la verità, la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.”

Alcuni si domandano: Dio? Se Egli esiste davvero perché tanta violenza, guerre, odio, sof-ferenze, dolore, morte? Nazioni contro altre nazioni, razzismo, epidemie, corruzione, fa-miglie divise, figli abbandonati, egoismo? Perché non fa qualcosa? Sono domande vecchie quanto il mondo, ma anche abbastanza superficiali.

È Dio il colpevole? Colui che ha fatto la terra, che ha dato all’uomo la vita, l’intelligenza, la capacità di scegliere e di volere; che lo ha creato a Sua immagine e somiglianza dandogli dominio su tutto il creato, potrebbe desiderare il male o rimanere indifferente di fronte ai drammi dell’umanità? No, Dio è Amore! È l’uomo che potendo scegliere tra il bene e il male sceglie il male, sceglie il peccato, cioè la ribellione contro Dio. Gesù, il Figlio di Dio, portò su di sè i nostri peccati, facendosi solidale con gli uomini in tutto tranne il peccato, con la sua obbedienza fino alla morte e alla morte in croce vinse la morte, risuscitando dopo tre giorni e sedendo alla destra del Padre.“In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna.” (Giov.5:24)Il dono che chiedo per me e per tutti per questa Santa Pasqua è la grazia di crescere nella fede in una consegna sempre più piena e totale di noi stessi a Dio nella sequela di Gesù, Suo Figlio e nostro Redentore.

Page 5: Giornalino

EDITORIALE

Credo in Cristo e nel suo Vangelo che per amore ha creato il cielo e la terra,che tanto amato il mondoda dare per il mondoil suo Figlio Unigenito,e che continua aguidare la storia conil suo Spirito d’Amore.

Credo di poter trovare nel Vangeloil potenziamento massimodei valori umanie la risposta ai più grandiinterrogativi della vita.

Credo che Cristo è l’uomo nuovo,e che io diventerò tanto più uomoquanto più mi sforzerò didiventare simile a Lui.

Credo che Cristo è l’unico Salvatoree Liberatore, di cui l’uomo avràsempre bisogno.

Sono convinto che la mia vitae quella del mondo,al di fuori di Cristo,è senza speranza.Credo, sulla sua parola,che Cristo è il Figlio di Dioe, per mezzo di Lui,credo in Dio Padre Misericordioso.

M. Fabiola DETOMI

I più fervidi auguri di una Santa Pasqua

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SPIRITUALITÀ

Nel cuore della Quaresima e, in preparazione della Santa Pasqua, mettiamoci alla sua scuola del nostro Fondatore e meditiamo sui suoi scritti; il testo che segue è un estratto di Notes, taccuino di appunti spirituali. In questo tempo di conversione che ci è offerto, questo testo è senza dubbio il simbolo di quella del nostro Fondatore.

“Signore, quanti motivi per essere confuso alla vista dei miei peccati? Mi avete tratto dal nulla; mi avete fatto rinascere nel seno della Chiesa Cattolica; mi avete dato dei genitori così buoni, pii ed esemplari attraverso i quali ho potuto conoscere le vostre sublimi perfezioni che mi hanno ispirato il timore nei vostri confronti, così sano e fecondo di saggezza, e che mi hanno insegnato ad amarvi e servirvi. Grazie a voi la mia infanzia e la mia giovinezza sono state circondate dai consigli di sorelle di maestri illumi-nati, e di preti tanto devoti.

Io, al contrario ho sempre risposto maldestramente alla vostra chiamata e non ho mai ascoltato le vostre imprecazioni - Quante cose avrei potuto fare con l’aiuto della vostra santa grazia e che al contrario ho trascurato per seguire i miei atteggiamenti sregolati? Se felicemente non sono caduto nel peccato mortale, tuttavia mi ci sono certamente avvicinato. Non ci voglio credere; perché ho sempre temuto offendervi, e sarei profondamente addolorato se per disgrazia avessi anche una sola volta meritato la vostra punizione eterna, che potrei morire di dispiacere e di vergogna soltanto al pensiero. Ma dopo tutto, se anche avessi avuto questa fortuna, non sarebbe tutto questo forse la conseguenza e l’opera delle vostre grazie? dell’educazione ricevuta e della posizione sociale che mi avete procurato?

Ah quanto mi pento al contrario di aver così male e incompletamente approfittato della vostra grazia, che mi ha seguito incessantemente in così tanti percorsi? Ah! Signore, quanto temo di essere più col-pevole nei Vostri confronti dopo aver ricevuto tanti favori, di quanto lo sarei stato se avessi commesso gli stessi errori ma con meno aiuto da parte vostra.

Quando penso che un giorno verrete a giudicare tutti noi a seconda delle nostre opere e dei ta-lenti ricevuti, tremo al pensiero di aver fatto così poco o piuttosto quasi niente per voi. Perché, io lo so, più avrete donato, più esigerete da noi. Ed io miserabile, potrò paragonarmi al buon servitore del Vangelo, che ha moltiplicato la somma dei talenti che gli erano stati affidati? Ben lontano, ho abusato delle vostre grazie e dei vostri doni; li ho rifuggiti sdegnoso e indifferente invece di trarne profitto per la mia salvezza e per la vostra gloria. Quante volte la malizia ha eluso la voce della mia coscienza, cercando delle scuse per il male che intravedevo. Se qualche volta mi è capitato di fare una buona azione, si è perchè mi è stato mostrato come fare o perché siete stato voi ad ispirarmi tale buona azione.

Meditiamo con Francesco

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SPIRITUALITÀ

Ma quante volte non ho seguito i vostri consigli? Quante volte ho dato la preferenza ai miei istinti naturali ed ai suggerimenti maligni del Demonio. Oh! quanto ho dunque un buon motivo per diffidare di me stesso! Se un San Paolo temeva di apparire davanti a voi, se così tanti Santi e Anacoreti im-maginavano la morte con tale inquietudine, che cosa ne sarà di me che mi preoccupo così poco perfino delle piccole cose? Ah! Signore, quanto sono colpevole; vedo chiaramente che non ho fatto il bene che attendevate da me e sopra ogni cosa, sento di non avere neanche la forza di essere pentito e risoluto a comportarmi meglio d’ora in avanti – Illuminate bene dunque la mia coscienza, per far penetrare nel mio cuore i dolori della Croce. Ah! È sin troppo vero. Anch’io ero lì al Pretorio per schernirvi, flagellarvi, infamarvi. Anch’io ero al Calvario per piantare su di voi dei chiodi, per aspergervi di aceto, per trafiggervi il cuore. Una delle vostre angosce, una delle vostre spine, una delle vostre gocce di sangue, è mia. E oserei forse ancora offendervi?

Ah! Fate penetrare in me un vivo pentimento per esservi stato infedele fino ad oggi. Dimenticate in me quelle ingratitudini con le quali ho così mal interpretato gli sfoghi della vostra immensa bontà. Fatemi toccare la vanità di questo mondo, al fine di poter ponderare le mie azioni, anche le più piccole, non per soddisfare il mio orgoglio o la mia concupiscenza, o guadagnarmi la stima del mondo, ma soltanto per piacere di più a voi, o mio Dio, e per rendermi più utile al prossimo vostra immagine. Rivivificate in me lo spirito di fede, speranza e carità, così che io possa da una parte agire meglio e di più per la vostra gloria, e dall’altra ottenere da voi più numerose grazie diffidando maggiormente di me stesso nelle mie opere.1

Questo estratto contenuto in Notes2 è unico in tutto il manoscritto. Si tratta di un lungo scritto in francese, senza precisazioni di data né di luogo, nel quale Francesco si sfoga, apre il suo cuore parlando al suo Signore. Il nostro Autore riporta una sorta di bilancio della sua vita passata, formula delle domande di perdono, si mette di fronte a Dio e si rimette completamente a Lui. Turba leggere questo testo il cui carattere intimo mette quasi a disagio.

Questo brano si trova all’inizio di Notes3 tra pagina 5 e pagina 11 del manoscritto. La sua datazione corrisponde quindi all’inizio della stesura del taccuino. Il testo che lo pre-cede, del 10 Ottobre 1847, è stato scritto da Madre Luisa-Delfina, sorella di Francesco. Quest’ultima morì il 27 gennaio 1849; il 10 marzo 1849 Francesco scrisse a sua sorella Maria-Luisa per chiederle uno scritto e dei fioretti della Visitandina defunta.4

Fu sicuramente così che questa preghiera arrivò a Francesco, il quale la ricopiò. Poiché tale preghiera di Madre Luisa-Delfina Faà di Bruno apre le Notes, il testo in oggetto po-trebbe essere stato scritto in quello stesso anno, che corrisponde quindi al primo periodo parigino della vita di Francesco. Ricordiamo anche che in tale occasione frequentò il Convento Gesuita di rue de Sèvres. Questo testo potrebbe allora essere stato scritto durante un corso di Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio, predicato in rue de Sèvres. Nella tradizione biografica è riportato che Francesco frequentava assiduamente questi ritiri ignaziani.

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SPIRITUALITÀ

“Ah! È sin troppo vero. Anch’io ero lì al Pretorio per schernirvi, flagellarvi, infamarvi. Anch’io ero al Cal-vario per piantare su di voi dei chiodi, per aspergervi di aceto, per trafiggervi il cuore. Una delle vostre angosce, una delle vostre spine, una delle vostre gocce di sangue, è mia. E oserei forse ancora offendervi?”5

Queste frasi sono proprio l’espressione del risultato della preparazione richiesta da Ignazio de Loyola durante la terza settimana:

“[...] penserò che il Salvatore patisce tutte queste sofferenze a causa dei miei peccati; e mi chiederò cosa devo fare e patire per lui.”6

La somma di tutti questi dettagli ci permette quindi di datare questa preghiera di Francesco Faà di Bruno all’inizio del suo primo soggiorno a Parigi, quando aveva 24 anni.

Il contenuto di questo testo è molto denso: si tratta di una sorta di bilancio che Francesco ritraccia della propria vita, esercizio che è un altro dei frutti dei ritiri ignaziani. Infatti, al-l’inizio del ritiro, gli Esercizi prevedevano proprio di mettersi di fronte a Dio, di spogliarsi e di avere uno sguardo onesto, sincero ed il più possibile obiettivo sulla propria vita passata. Ed è proprio ciò che fece Francesco. Questo testo contiene dunque la retrospezione e le domande di grazia che formulò.

Questo scritto che Francesco indirizza al suo Signore è una sorta di autobiografia spirituale. Preziosa per i dettagli contenuti e per il modo in cui è scritta, ci permette di cogliere quanto fosse grande l’umiltà di Francesco, la sua capacità di verità nonostante le mondanità che lo circondavano e gli altri rischi legati alla sua vita militare.L’esperienza della morte sui fronti del Risorgimento infatti riecheggia nella gravità dei toni. Da questa preghiera, Francesco rivela quindi la profondità della sua anima delicata e generosa.

Remy FUENTESTratto da François Faà de Brun, traces de vie cachée,

Université de Provence, Aix-Marseille I, URF ERLAOS,Tesi redatta in vista dell’ottenimento del Dottorato di Ricerca “Aire Culturelle Romane”

(secondo anno), Materia Italiano. Relatrice Madame Théa PICQUET, Anno Accademico 2009-2010.Traduzione Arianna SFERRAZZA

1- Francesco Faà di Bruno, Notes, APFT, 17 FFB 95, [pp. 5-11]. Trascrizione dall’originale in francese, Remy FUEN-TES; Traduzione dal francese Arianna SFERRAZZA.2- Op. cit.3- Ibid.4- “Si cela ne te cause pas trop de peine, repais-moi donc des belles choses qu’a fait et dit Louise-Delphine.” Francesco Faà di Bruno, lettera a sua sorella Maria Luisa, Casale, 10 mars 1849. 9 FSB 10 & 11.5- Francesco Faà di Bruno, Notes, font. cit. [pp. 9-10].6- Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali, Terza Settimana, Primo Giorno, punto 197.

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SPIRITUALITÀ

In alto a destra,Francesco

Faà di Bruno.Fotografia scattata in

occasione dell’Esposizione Universale di Londra nel 1851.

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SPIRITUALITÀ

Cari fratelli e sorelle,

oggi vorrei parlarvi di un’altra Santa che porta il nome di Caterina, dopo Caterina da Siena e Caterina da Bologna; parlo di Caterina da Genova, nota soprattutto per la sua visione sul purgatorio. Il testo che ne descrive la vita e il pensiero venne pubblicato nella città ligure nel 1551; esso è diviso in tre parti: la Vita propriamente detta, la Dimostratione et dechiaratione del purgatorio - più nota come Trattato - e il Dialo-go tra l’anima e il corpo. L’estensore finale fu il confessore di Caterina, il sacerdote Cattaneo Marabotto.

Caterina nacque a Genova, nel 1447; ultima di cinque figli, rimase orfana del padre, Giacomo Fieschi, quando era in tenera età. La madre, Francesca di Negro, impartì una valida educazione cristiana, tanto che la maggiore delle due figlie divenne religiosa. A sedici anni, Caterina venne data in moglie a Giuliano Adorno, un uomo che, dopo varie esperienze commerciali e militari in Medio Oriente, era rientrato a Ge-nova per sposarsi. La vita matrimoniale non fu facile, anche per il carattere del marito, dedito al gioco d’az-zardo. Caterina stessa fu indotta inizialmente a condurre un tipo di vita mondana, nella quale, però, non riuscì a trovare serenità. Dopo dieci anni, nel suo cuore c’era un senso profondo di vuoto e di amarezza.

La conversione iniziò il 20 marzo 1473, grazie ad una singolare esperienza. Recatasi alla chiesa di san Benedetto e nel monastero di Nostra Signora delle Grazie, per confessarsi, e inginocchiatasi davanti al sacerdote, “ricevette - come ella stessa scrive - una ferita al cuore, d’un immenso amor de Dio”, con una visione così chiara delle sue miserie e dei suoi difetti e, allo stesso tempo, della bontà di Dio, che quasi ne svenne. Fu toccata nel cuore da questa conoscenza di se stessa, della vita vuota che conduceva e della bontà di Dio. Da questa esperienza nacque la decisione che orientò tutta la sua vita, espressa nelle parole: “Non più mondo, non più peccati” (cfr Vita mirabile, 3rv). Caterina allora fuggì, lasciando in sospeso la Confessione. Ritornata a casa, entrò nella camera più nascosta e pianse a lungo. In quel momento fu istruita interiormente sulla preghiera ed ebbe coscienza dell’immenso amore di Dio verso di lei peccatrice, un’esperienza spirituale che non riusciva ad esprimere a parole (cfr Vita mirabile, 4r). È in questa occasione che le apparve Gesù sofferente, carico della croce, come spesso è rappresentato nell’iconografia della Santa. Pochi giorni dopo, tornò dal sacerdote per compiere finalmente una buona Confessione. Iniziò qui quella “vita di purificazione” che, per lungo tempo, le fece provare un costante dolore per i peccati commessi e la spinse ad imporsi penitenze e sacrifici per mostrare a Dio il suo amore.

Udienza generale di S.S. Benedetto XVIdel mercoledì 12 gennaio 2011su Santa Caterina da Genova e il suo Trattato del Purgatorio

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SPIRITUALITÀ

In questo cammino, Caterina si andava avvicinando sempre di più al Signore, fino ad entrare in quella che viene chiamata “vita unitiva”, un rapporto, cioè, di unione profonda con Dio. Nella Vita è scritto che la sua anima era guidata e ammaestrata interiormente dal solo dolce amore di Dio, che le dava tutto ciò di cui aveva bisogno. Caterina si abbandonò in modo così totale nelle mani del Signore da vivere, per circa venticinque anni - come ella scrive - “senza mezzo di alcuna creatura, dal solo Dio instrutta et governata” (Vita, 117r-118r), nutrita soprattutto dalla preghiera costante e dalla Santa Comunione ricevuta ogni giorno, cosa non comune al suo tempo. Solo molti anni più tardi il Signore le diede un sacerdote che avesse cura della sua anima.

Caterina rimase sempre restia a confidare e manifestare la sua esperienza di comunione mistica con Dio, soprattutto per la profonda umiltà che provava di fronte alle grazie del Signore. Solo la prospettiva di dar gloria a Lui e di poter giovare al cammino spirituale di altri la spinse a narrare ciò che avveniva in lei, a partire dal momento della sua conversione, che è la sua esperienza originaria e fondamentale. Il luogo della sua ascesa alle vette mistiche fu l’ospedale di Pammatone, il più grande complesso ospedaliero genovese, del quale ella fu direttrice e animatrice. Quindi Caterina vive un’esistenza totalmente attiva, nonostante questa profon-dità della sua vita interiore. A Pammatone si venne formando attorno a lei un gruppo di seguaci, discepoli e collaboratori, affascinati dalla sua vita di fede e dalla sua carità. Lo stesso marito, Giuliano Adorno, ne fu conquistato tanto da lasciare la sua vita dissipata, diventare terziario francescano e trasferirsi nell’ospedale per dare il suo aiuto alla moglie. L’impegno di Caterina nella cura dei malati si svolse fino al termine del suo cam-mino terreno, il 15 settembre 1510. Dalla conversione alla morte non vi furono eventi straordinari, ma due elementi caratterizzarono l’intera sua esistenza: da una parte l’esperienza mistica, cioè, la profonda unione con Dio, sentita come un’unione sponsale, e, dall’altra, l’assistenza ai malati, l’organizzazione dell’ospedale, il servizio al prossimo, specialmente i più bisognosi e abbandonati. Questi due poli - Dio e il prossimo - riem-pirono totalmente la sua vita, trascorsa praticamente all’interno delle mura dell’ospedale.

Cari amici, non dobbiamo mai dimenticare che quanto più amiamo Dio e siamo costanti nella pre-ghiera, tanto più riusciremo ad amare veramente chi ci sta intorno, chi ci sta vicino, perché saremo capaci di vedere in ogni persona il volto del Signore, che ama senza limiti e distinzioni. La mistica non crea distanza dall’altro, non crea una vita astratta, ma piuttosto avvicina all’altro, perché si inizia a vedere e ad agire con gli occhi, con il cuore di Dio.

Il pensiero di Caterina sul purgatorio, per il quale è particolarmente conosciuta, è condensato nelle ul-time due parti del libro citato all’inizio: il Trattato sul purgatorio e il Dialogo tra l’anima e il corpo. È importante notare che Caterina, nella sua esperienza mistica, non ha mai rivelazioni specifiche sul purgatorio o sulle anime che vi si stanno purificando. Tuttavia, negli scritti ispirati dalla nostra Santa è un elemento centrale e il modo di descriverlo ha caratteristiche originali rispetto alla sua epoca. Il primo tratto originale riguarda il “luogo” della purificazione delle anime. Nel suo tempo lo si raffigurava principalmente con il ricorso ad immagini legate allo spazio: si pensava a un certo spazio,

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SPIRITUALITÀ

dove si troverebbe il purgatorio. In Caterina, invece, il purgatorio non è presentato come un elemento del pae-saggio delle viscere della terra: è un fuoco non esteriore, ma interiore. Questo è il purgatorio, un fuoco interiore. La Santa parla del cammino di purificazione dell’anima verso la comunione piena con Dio, partendo dalla propria esperienza di profondo dolore per i peccati commessi, in confronto all’infinito amore di Dio (cfr Vita mirabile, 171v). Abbiamo sentito del momento della conversione, dove Caterina sente improvvisamente la bontà di Dio, la distanza infinita della propria vita da questa bontà e un fuoco bruciante all’interno di se stessa. E questo è il fuoco che purifica, è il fuoco interiore del purgatorio. Anche qui c’è un tratto originale rispetto al pensiero del tempo. Non si parte, infatti, dall’aldilà per raccontare i tormenti del purgatorio - come era in uso a quel tempo e forse ancora oggi - e poi indicare la via per la purificazione o la conversione, ma la nostra Santa parte dall’esperienza propria interiore della sua vita in cammino verso l’eternità. L’anima - dice Caterina - si presenta a Dio ancora legata ai desideri e alla pena che derivano dal peccato, e questo le rende impossibile godere della visione beatifica di Dio. Caterina afferma che Dio è così puro e santo che l’anima con le macchie del peccato non può trovarsi in presenza della divina maestà (cfr Vita mirabile, 177r). E anche noi sentiamo quanto siamo distanti, quanto siamo pieni di tante cose, così da non poter vedere Dio. L’anima è consapevole dell’immenso amore e della perfetta giustizia di Dio e, di conseguenza, soffre per non aver risposto in modo corretto e perfetto a tale amore, e proprio l’amore stesso a Dio diventa fiamma, l’amore stesso la purifica dalle sue scorie di peccato.

In Caterina si scorge la presenza di fonti teologiche e mistiche a cui era normale attingere nella sua epoca. In particolare si trova un’immagine tipica di Dionigi l’Areopagita, quella, cioè, del filo d’oro che collega il cuore umano con Dio stesso. Quando Dio ha purificato l’uomo, egli lo lega con un sottilissimo filo d’oro, che è il suo amore, e lo attira a sé con un affetto così forte, che l’uomo rimane come “superato e vinto e tutto fuor di sé”. Così il cuore dell’uomo viene invaso dall’amore di Dio, che diventa l’unica guida, l’unico motore della sua esistenza (cfr Vita mirabile, 246rv). Questa situazione di elevazione verso Dio e di abban-dono alla sua volontà, espressa nell’immagine del filo, viene utilizzata da Caterina per esprimere l’azione della luce divina sulle anime del purgatorio, luce che le purifica e le solleva verso gli splendori dei raggi fulgenti di Dio (cfr Vita mirabile, 179r). Cari amici, i Santi, nella loro esperienza di unione con Dio, raggiungono un “sapere” così profondo dei misteri divini, nel quale amore e conoscenza si compenetrano, da essere di aiuto agli stessi teologi nel loro impegno di studio, di intelligentia fidei, di intelligentia dei misteri della fede, di approfondimento reale dei misteri, per esempio di che cosa è il purgatorio.

Con la sua vita, santa Caterina ci insegna che quanto più amiamo Dio ed entriamo in intimità con Lui nella preghiera, tanto più Egli si fa conoscere e accende il nostro cuore con il suo amore. Scrivendo sul purgatorio, la Santa ci ricorda una verità fondamentale della fede che diventa per noi invito a pregare per i defunti affinché possano giungere alla visione beata di Dio nella comunione dei santi (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1032). Il servizio umile, fedele e generoso, che la Santa prestò per tutta la sua vita nell’ospedale di Pammato-ne, poi, è un luminoso esempio di carità per tutti e un incoraggiamento specialmente per le donne che danno un contributo fondamentale alla società e alla Chiesa con la loro preziosa opera, arricchita dalla loro sensibilità e dall’attenzione verso i più poveri e i più bisognosi. Grazie.

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SPIRITUALITÀ

a) Autorevoli testimonianze

Il salmo ci offre l’occasione di riflettere sulla nobiltà e grandezza dell’uomo. “Ogni uomo è un meraviglioso universo – scriveva il grande scienziato Enrico Medi – com-pleto in sè, anima e corpo. Nessuna stella, nessuna galassia può vantare lo splendore. la perfezione, l’altezza di un corpo umano. Distruggere una sola di queste opere d’arte di Dio è un delitto che grida orrore nell’universo.”

Eppure in un mondo che si ritiene tanto progredito, si tiene in così poco conto la vita uma-na. Gli uomini sono contati, numerati, sommati come cose, come oggetti: sono valutati per quello che rendono, non per quello che sono; per il voto che danno, non per la coscienza che portano. Difendere la vita: ecco la missione dell’uomo. Bisogna costruire un mondo che trovi la sua felicità nel salvare la vita, non nell’uccidere, nell’elevare l’amore, non nel calpestarlo, nella collaborazione, non nella lotta.

Il noto vescovo emerito, mons. Antonio Ribaldo, confida testualmente: “Quando pen-so o vedo un uomo, mi viene sempre in mente il salmo 8”. Egli stesso racconta che un giorno in visita ad una ricca famiglia, conversando con loro giocherellavo con qualcosa che mi sembrava un pezzo di vetro rotto. La padrona di casa, inorridita, mi chiese di restituirglielo dicendomi tra lo stupito e lo scandalizzato: “Me lo ridia. Lo sa che è un diamante prezioso?”

Ecco, a volte ho l’impressione che noi uomini siamo diventati giocattoli senza valore nelle mani degli altri, cose da nulla. Tocca allora a ciascuno di noi prendere coscienza della nostra dignità, viverla, difenderla e donarla a chi l’ha persa. Come faceva Madre Teresa con i poveri di Calcutta. Come fanno tutti i testimoni della carità di Cristo. Come dobbiamo fare noi. Ci tolgano pure tutto, ricordo spesso a me stesso, ma non la dignità umana con i suoi diritti. Lì è la nostra ricchezza, lì la gloria dataci dal Padre.

b) Ogni uomo è unico, irrepetibile e insostituibile

Ogni uomo, qualunque sia la sua riuscita in società e a prescindere dal proprio quoziente intellettivo, è un capolavoro di Dio che suscita sempre sorpresa e stupore. L’uomo in quanto tale, senza aggettivi, ruoli, titoli e benemerenze, l’uomo come soggetto vivente nella sua totalità unificata, l’uomo nella sua realtà essenziale rivela una straordinaria

Che cosa e’ l’uomo perchè te ne ricordi?Riflessioni sul salmo 8

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SPIRITUALITÀ

meravigliosa ricchezza, un’assoluta e inviolabile dignità. È il vero grande della storia. E tut-tavia è sempre in agguato la tentazione di elencare i suoi difetti, misconoscendo totalmente i pregi.

Lo scrittore e giornalista francese Jean-Claude Guillebaud, nella sua opera Le princìpe d’hu-manitè, ha lanciato un preoccupante allarme: Oggi è seriamente a rischio il principio stesso di umanità: è appannata, se non addirittura sfocata e irriconoscibile la dignità unica di ogni persona. La civiltà dei voli interplanetari corre il rischio di una spaventosa regressione in chiave antropologica: la svalutazione dell’uomo!

Già il noto teologo ebreo Abraham J. Heschel, nel suo libro: Chi è l’uomo? ricorda che nella Germania nazista prevalse esclusivamente la cultura del deprezzamento dell’uomo da arri-vare a dichiarare che “il corpo umano contiene una quantità di grasso sufficiente per produr-re sette pezzi di sapone, abbastanza ferro per produrre un chiodo di media grandezza, una quantità di fosforo sufficiente per allestire duemila capocchie di fiammiferi”.

Chi è l’uomo? È la prima realtà indispensabile per la costituzione di una comunità; “è il principio, il soggetto e il fine di tutte le istituzioni sociali” (GS, 25). Oggi, più di ieri, l’uomo è il valore primo, attorno al quale si muovono tutti gli altri. Egli ha per sua natura, nobiltà e dignità proprie. E ognuno è unico, un esemplare in esclusiva, sacro e inconfondibile. “La mia esistenza è un evento originale – dichiara Abraham J. Heschel - . Non vi sono due esseri umani uguali. L’elemento fondamentale dell’essere uomini è l’unicità. Ogni essere umano ha da dire, da pensare e da fare qualcosa che non ha precedenti. Essere uomini è una cosa sempre nuova... È una sorpresa, non una conclusione scontata. Ogni individuo è una sco-perta, un esemplare esclusivo”.

E di conseguenza è irrepetibile. È a tutti noi noto il proverbio popolare che recita: “Dio fa ognu-no di noi e poi getta via lo stampo”. Lo ripeteva sovente il fervente cattolico Giorgio La Pira con un’intensa carica di entusiasmo, quasi a voler rendere grazie al Creatore, il quale non lavora in serie e non ha bisogno dell’aiuto di qualcuno per “sfornare questi capolavori del suo amore. Ogni giorno offre all’umanità modelli originali. L’esperienza quotidiana poi conferma a iosa che ognu-no ha doni, qualità e prerogative in esclusiva. Ognuno infine è insostituibile! Ogni individuo è come una nota che non può essere confusa e tanto meno sostituita con un’altra nel concerto della creazione. “Se non mi realizzo – scrive don Pronzato -, se non sono me stesso, privo il mondo e la Chiesa di qualcosa che soltanto io sono in grado di produrre… La vita non può fare a meno di me, per cui non mi è consentito concedermi turni di assenza dalla vita”. Si tenga ben presente che nel ruolo che sono chiamato a svolgere in seno alla comunità posso essere sostituito, ma per il progetto che sono chiamato a realizzare non posso essere in alcun modo sostituito.

Ubaldo TERRINONI

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Centro Studi

F. Faà di Bruno

“Vieni e seguimi.” (Lc. 18.22) Non sono forse queste le parole che dominano e guidano la direzione che ogni cristiano dà alla propria esistenza?

Ecco dunque qual’è stato il monito che mi ha spinto a decidere di oltrepassare le Alpi ed abbandonare la mia terra di Provenza per venire a vivere nell’antica capitale savoiarda, al servizio della Congregazione delle Suore Minime di Nostra Signora del Suffragio.

La nostra beneamata Madre, insieme alla Vicaria ed al Consiglio, ha scelto di affidarmi la Coordinazione del Centro Studi che porta il nome del nostro Beato Fondatore, Francesco Faà di Bruno.

Felice, profondamente commosso e grato per la fiducia dimostratami, è con il cuore pieno di gioia, di entusiasmo e di riconoscenza che assumo questo incarico.

Francesco Faà di Bruno. Persona che ho incontrato nel 2006, quando ero ancora studente a Torino. Incontro avvenuto durante la Quaresima, durante una riunione che aveva come scopo di promuovere una Missione africana, proprio quella che oggi si è rivelata essere piena di vigore e promesse.

Per tale Missione ho tradotto dall’italiano al francese l’opuscolo intitolato Certosino laico, scritto da Suor Anna-Maria Bairati. È stato così, grazie a questo umile lavoro, nel segreto e nel silenzio dello studio, che incontrai Francesco Faà di Bruno. Pieno di curiosità, al mo-mento di scegliere un tema per la mia tesi di laurea, fu proprio sulla biografia di quest’Uo-mo che ho deciso di concentrare la mia attenzione. E il titolo infatti è: Una vita impegnata, Francesco Faà di Bruno.1

Le ricerche portate avanti in occasione della preparazione della mia tesi sono servite come materiale di base per redigere una biografia del Fondatore in lingua francese, non solo per la nostra Missione africana ma anche per tutti i paesi francofoni. La biografia, se Dio vuole, sarà pubblicata prossimamente.

Durante i miei due anni di seminario nei quali ho continuato i miei lavori di ricerca su Fran-cesco, ho accompagnato dei gruppi di pellegrini in Casa Madre per far scoprire e conoscere Francesco, ma soprattutto è un’amicizia profonda con lui che ho coltivato.

Per la composizione di un’altra tesi per l’Università, la mia curiosità si è portata su un tac-

Centro Studi Francesco Faà di Bruno,un nuovo Coordinatore

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F. Faà di Bruno

cuino di appunti ancora inedito scritto dallo stesso Francesco: Notes.2 Questo nuovo studio mi ha permesso di entrare nell’intimità tra quest’Uomo e il suo Signore. Fu un Francesco molto interiore, dall’anima profonda e quasi toccante, quello che incontrai.

In qualità di Coordinatore del Centro Studi Francesco Faà di Bruno mi impegno, oltre a prendermi cura delle attività quotidiane, a servire la Congregazione delle Suore Minime di Nostra Signora del Suffragio diffondendo la conoscenza del loro Fondatore attraverso i mezzi che ci sono oggi dati.

È evidente che da solo non potrei nulla. Dunque, conto sulla collaborazione generosa dei membri della nostra Associazione per servire Colui che ci ha conquistati e ci riunisce, non-ché sulla preghiera di ognuno di noi affinché restiamo fedeli allo spirito delle Minime, rias-sunto in queste parole: Pregare, Agire, Soffrire.

Torino, 14 Marzo 2011Remy FUENTES.

Tradotto dal francese da Arianna SFERRAZZA

1- Una vita impegnata, Francesco Faà di Bruno (1825-1888), Tesi redatta in vista del Dottorato di Ricerca “Aire Culturelle Romane” (primo anno), Materia Italiano. Université de Provence, Aix-Marseille I, UFR ERLAOS, Direttrice di ricerca : Théa PICQUET, Anno Accademico 2006-2007.2- François Faà de Brun, traces de vie cachée, Tesi redatta in vista del Dottorato di Ricerca “Aire Culturelle Romane” (secondo anno), Materia Italiano. Université de Provence, Aix-Marseille I, UFR ERLAOS, Direttrice di ricerca : Théa PIC-QUET, Anno Accademico 2009-2010.

Foto Maria Pia

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F. Faà di Bruno

Nell’ambito del ciclo di formazione alle Guidedel Museo Francesco Faà di Brunosono proposte conferenze mensili.Offriamo il contenuto di queste allo scopo diapprofondire ulteriormente le nostre conoscenze

Viaggio nella Storia del borgo San Donato

Conferenza data da A. TOPPINO il 17 febb. 2011

La storia del borgo San Donato si perde nella notte dei tempi ; era un agglomerato di casu-pole alle porte della città di Torino. Come tutti i paesi era fortificato : le uniche possibilità di accesso erano all’inizio e alla fine di contrada san Donato; si accedeva solo attraverso le porte che, alla sera o durante i momenti di pericolo, venivano chiuse. Luigi Cibrario rilevò alcune testimonianze sul Borgo in documenti del Quattrocento “vennero gli agostiniani ma invece di San Solutore minore che trovasi in stato rovinoso, ottennero la chiesa e la casa degli Umiliati, nel borgo San Donato a Porta Susina dove erano già stabiliti dal giugno precedente”.

All’alba del Cinquecento, San Donato aveva una sua chiesa ed un suo ospedale. Era abitato in prevalenza da operai e anche da molti soldati. Probabilmente erano quelli della guarnigio-ne della Cittadella che avevano con sé la famiglia. La vita del Borgo, nei secoli, fu travagliata da diverse invasioni straniere. Nel 1835 il Borgo si aprì alla città di Torino, di cui erano state abbattute le mura. Borgo San Donato ebbe subito un grande sviluppo: qui la vita costava meno che a Torino, inoltre c’erano molti torrenti che permettevano attività commerciali di tutti i tipi.

Purtroppo, appena aperto il Borgo, arrivò un grande flagello: il colera. Persone di buona volontà decisero di aprire un lazzaretto in un vecchio stabile, al numero 2 dell’attuale via Miglietti. Era un gruppo coordinato da don Bosco, ne facevano parte Michele Rua, il futuro cardinale Cagliero e don Pietro Merla. Molte persone furono ricoverate in questo lazzaret-to. Dopo alcuni mesi, l’epidemia si placò e il sacerdote che aveva lungamente lavorato con don Bosco, don Merla, decise di trasferire in Via Miglietti 2 il suo piccolo istituto di assisten-za per le ragazze che prima aveva sede in centro città.

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Purtroppo poco tempo dopo, nel 1855, don Merla cadde vittima di malavitosi e morì a soli 40 anni. Ancora oggi l’istituto di san Pietro, da lui fondato, è attivo nel campo dell’assisten-za sociale ed è gestito dalle suore del Cottolengo.

A San Donato arrivò anche il teologo Gaspare Saccarelli. Egli nacque a Torino nel 1817. Diventato sacerdote, fu nominato cappellano di re Carlo Alberto. Egli decise di seguire le bambine abbandonate. Anni prima aveva aperto il primo asilo per le bambi-ne a Venaria. Tornato a Torino, affittò alcuni negozi nel borgo San Donato e, nel 1850, aprì il primo oratorio festivo per le ragazze. Sempre in un negozietto, allestì la prima chiesa in cui officiava la Messa. Con l’aiuto della marchesa di Barolo, aprì la scuola festiva per le operaie: vi partecipavano fino a 500 fanciulle. Aprì anche un orfanotrofio dove c’era la famosa ruota in cui si mettevano i neonati abbandonati. Saccarelli voleva dotare il Borgo di una vera chiesa e, a sue spese, acquistò un terreno e una vecchia bottiglieria.

Qui, su progetto dell’architetto Blachier, fece costruire una chiesa dedicata alla Sacra Fami-glia, sita in via San Donato 17. Dopo la costruzione della Sacra Famiglia, Saccarelli iniziò ad ospitare anche le ragazze povere e orfane, dai 10 ai 14 anni. Queste ragazze intervenivano durante le processioni e ai funerali: erano le famose “verdine”.

Nel 1869, le giovani ricoverate erano duecentoventi. Nel 1864 Saccarelli morì lascian-do a suo imperituro ricordo una grande opera che sarà continuata dal fratello Paolo. Un altro grande personaggio del Borgo fu Casimiro Sperino, un valente medico che si fece conoscere per essere rimasto per mesi nel lazzaretto di Genova, con i colerosi. Nel Borgo Moschino, zona off-limit per la polizia, aprì un piccolo centro per curare i bambini. In seguito aprì il suo primo ospedaletto in Borgo San Donato al numero 5. Fu nominato Senatore del Regno. Fondò l’ospedale oftalmico di Torino (che ancora oggi si chiama Sperino).

Egli curava le persone gratuitamente; per far ciò chiedeva a tutta la popolazione tori-nese di aiutare l’ospedale con offerte. Un altro grande vanto per il Borgo è aver visto la nascita, nel 1907, della Croce Verde. Ancor oggi, in via Balbis 1, c’è una lapide a ricordo dell’evento.

Riassumendo, il nostro quartiere, dal 1835, vide un grande sviluppo grazie al collegamento con Torino, inoltre ebbe il grande contributo dei “Santi Sociali” e di persone “impegnate” come il Beato Francesco Faà di Bruno.

Angelo TOPPINO

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Il Beato Francesco Faà di Bruno eil Risorgimento, appunti storici

Conferenza data dal Prof. C. RAVIOLO il 10 marzo 2011

Dovendo presentare, in maniera sintetica, i momenti più significativi della storia del Risor-gimento italiano, mi è sembrato che gli argomenti fondamentali fossero i seguenti:

La Restaurazione ed il congresso di Vienna, che proclama i principi della legittimità e del-l’equilibrio; in questo momento risulta fondamentale l’opera ed il pensiero di Metternich, per il quale, secondo il pensiero illuministico, la libertà è frutto dell’ordine, il punto di arri-vo e non il punto di partenza, secondo le rivendicazioni romantiche e liberali.

In seguito, i moti del 1820-21, con l’emergere del problema nazionale a Milano e costitu-zionale a Torino e Napoli; non secondaria a appare qui la figura di Silvio Pellico, che dalla passione politica approda ad una sofferta dimensione religiosa, dopo gli anni di prigionia allo Spielberg.

Dopo questi, i moti del 1830-31, con le vicende tutt’ora discusse di Ciro Menotti e della cosiddetta “Congiura estense”, che rivelano tutti i difetti e i limiti dei moti carbonari.

Dal 1848 all’Unità d’Italia, dove il processo unitario si realizza, con l’apporto delle quattro grandi figure di Cavour, Vittorio Emanuele II, Garibaldi e Mazzini; unità di intenti, ma differenza di metodi, come emerge dai loro profili: Cavour, moderato e abile diplomatico, instancabile “tessitore” delle più complesse vicende politiche; Vittorio Emanuele II, impul-sivo e coraggioso soldato, influenzato talora da tentazioni reazionarie e da manie di prota-gonismo, ma pronto a svolgere comunque il suo ruolo di “Padre della Patria”; Garibaldi, eroico ed avventuroso, artefice di un’impresa, come quella dei Mille, densa di luci e di om-bre, personaggio molto popolare e molto amato; Mazzini, dal temperamento austero, con il suo principio del pensiero supportato dall’azione, con la sua idea del “sacrificio,” con la sua convinzione religiosa che Dio sorregge e guida i popoli che aspirano alla libertà.

È noto che il Risorgimento fu essenzialmente diretto da un’élite di intellettuali, le cui in-tenzioni non sempre furono comprese dalle popolazioni, che talora percepirono l’unifica-zione come opera di conquista; fu caratterizzato dal contrasto tra moderati e democratici; fu segnato dalla “Questione Romana,” che non pochi problemi suscitò nell’anima dei veri credenti, turbati non solo dalle sofferenze di Pio IX, ma anche dalla politica anti-religiosa

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del regno di Sardegna prima e del Regno d’Italia poi. Ma non è pensabile l’idea di un’Uni-tà d’Italia senza il concorso della Chiesa e del pensiero cristiano, se è vero che lo statista Marco Minghetti riconobbe che nella religione è la radice “dell’onesto vivere dei più nobili sentimenti,” mentre lo stesso Francesco Crispi riconosceva che il cattolicesimo agisce “ai fini della sua missione,” per “l’educazione, l’insegnamento, la beneficenza, l’apostolato” (è quanto ha ricordato Carlo Cardia, nel suo articolo sull’Avvenire del 15 marzo 2011 “Le basi dell’Unità” – editoriale).

Nell’ambito del Risorgimento, troviamo il generoso contributo del nostro Padre Fondato-re, il Beato Francesco Faà di Bruno, che, giovane Ufficiale al servizio del re Carlo Alberto, partecipò alle battaglie della prima guerra d’indipendenza del 1848-49.

Claudio RAVIOLO

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MISSIONI MISSIONI

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MISSIONI MISSIONI

Vi scrivo a pochi giorni dal mio rientro dal Congo. Insieme alla Madre, suor Fabiola e a Valentino, abbiamo visitato la missione delle nostre suore di Moukondo, nella capitale Brazzaville. È stata un’esperienza molto forte. Ci siamo potuti rendere conto di quanto sia preziosa l’opera di Santa Zita nella formazione delle giovani del luogo e dell’orfanotrofio nell’accoglienza dei bambini in difficoltà. Segni di speranza in un contesto molto difficile, segnato dalla povertà, dalla disuguaglianza e dal degrado anche ambientale. Abbiamo visto uomini costretti a trascinare carri stracolmi di rifiuti in discariche improvvisate dove altri uomini e bambini vivono e lavorano. Proprio vicino ad una di queste discariche a cielo aperto, opera da tempo il presidio sanitario che stiamo sostenendo. Una realtà di frontiera a cui si rivolgono i poveri per ogni esigenza. Di fronte alle ferite di un paese come il Congo, il desiderio di impegnarsi diventa un fatto naturale. C’è molto da fare, i progetti possibili sono diversi, ma è importante valutarli insie-me, per non fare il passo più lungo della gamba. Anche perché in molte situazioni bastano piccole idee per far nascere speranza e possibilità di cambiamento.

In questo viaggio, abbiamo concretizzato proprio una di queste piccole grandi idee, partita da Torino e finanziata con il ricavato del mercatino di Natale. Grazie alla vendita della bigiot-teria realizzata dai ragazzi delle quinte elementari della nostra scuola, sono state acquistate diverse Lampade di Aladino, piccoli impianti fotovoltaici capaci di portare luce ed energia in luoghi dove non c’è la corrente elettrica. Le lampade sono arrivate nelle case di alcune famiglie, nei locali della missione e dell’orfanotrofio con uno sguardo importante verso il futuro: è già stato individuato un gruppetto di giovani del posto in grado di assemblare altre lampade per le esigenze che verranno. In questo modo, siamo usciti dalla logica della sempli-ce assistenza, puntando sulla condivisione delle idee e la partecipazione della gente. Se tutto andrà come deve andare, intorno alle Lampade di Aladino nascerà una piccola economia.

L’esperienza in Africa ci ha dato moltissimo. A livello umano, perché abbiamo incontrato persone che al di là della miseria, lottano con i denti per difendere la loro dignità. A livello spirituale, perché l’esempio di chi sta dando la vita in quella terra vale più di tante parole. Proprio come diceva il Fondatore Francesco Faà di Bruno, invitando a condividere e a farsi prossimi con tutti.Adesso, l’impegno continua a Torino, il legame non si interrompe, anzi si rafforza. Posso annunciarvi che abbiamo un’associata in più che speriamo diventi il filo di unione tra l’Ita-lia e l’Africa. È mamma Celeste, la responsabile dell’orfanotrofio, che ha chiesto di aderire alla nostra associazione. Una storia molto bella che mi riprometto di raccontarvi appena possibile durante uno dei nostri incontri. Un motivo in più per partecipare numerosi. Un caro saluto.

Giovanni SPICUGLIA

Ritorno dall’Africa

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“A prevenire tanto male, si è aperta una casa destinata adessere come iltetto paterno di tutte lefiglie…”

F. Faà di Bruno, 1859

L’Opera iniziatada Francesco,continua oggianche in AFRICA!!!

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Dalla Colombia:riprendiamo il nostro contattoinformativo tramite diario

Caro diario, scusaci se per qualche mese ti abbiamo tenuto all’oscuro di tanti avvenimenti del nostro Hogar.Cominciamo da ottobre: Il 31 si “festeggia” il giorno della strega e i bambini, e non solo, si travestono (come da noi a carnevale) da pagliaccio, da strega, da pipistrello, da diavolo,da animale,ecc. Quest’anno, però, la Parrocchia ha proposto un concorso con premi: travestir-si da un santo qualsiasi, da Madonna, da angeli ecc.; chi si vestiva doveva raccontare un po’ di storia del santo che rappresentava. Anche le nostre bambine hanno partecipato rappre-sentando la Madonna di Fatima e i tre pastorelli. È stato molto bello vedere tanti “santi”; sembrava proprio essere in Paradiso con Maria, S.ta Teresita, Antonio, Lucia, Francesco, ecc. Le nostre bimbe hanno vinto il primo premio. Sfilavano cantando: “angeli sì, demoni no, santi sì, streghe no.” Tutto si è svolto con una gran partecipazione dei bimbi del Barrio. Un giorno la Madonna ha chiesto ai pastorelli di Fatima: “Gli adulti non mi ascoltano più, volete voi aiutarmi con la preghiera e il sacrificio a convertire i peccatori?” La risposta è stata affermativa e i bimbi del nostro Barrio e le bimbe dell’Hogar hanno formato “L’Esercito Mariano” impegnandosi alla recita del rosario quotidiano (il rosario dei bambini) e con la consacrazione alla Madonna.

Caro diario, non ti annoiare, perché abbiamo ancora varie cosette da raccontare.Sai, nel nostro Hogar quest’anno circolava una moneta, privata, solo nostra; le nostre Suore hanno proposto una paga per ogni buon comportamento, buon tratto con gli adulti e compa-gne; però c’era pure una multa accompagnata, a volte, da lacrime. Le bambine sono buone, ma a volte bisogna riprenderle. Ti dirò che alla fine dell’anno quasi tutte avevano un bel gruzzolet-to e perciò abbiamo allestito una fiera con ogni sorta di indumenti, di cose utili allo scolaro, di giochi. I prezzi erano accessibili e tutte quindi con grande importanza hanno potuto scegliere ciò che veramente era di loro gradimento; alla fine questa festa ha premiato tutte le bambine.Ed ecco un’ultima notizia che corona ciò che ti abbiamo raccontato, o diario. Il giorno del-l’Immacolata, Ingridt, Luna e Nicol hanno fatto la prima Comunione. E’ stato un momento bellissimo e condiviso da tutta la Comunità.Il nostro notiziario è finito, caro diario, ci sentiremo il prossimo anno. Intanto diciamo a tutti gli amici e benefattori: “vi vogliamo bene”.

Sr. Alba, Sr Umbertina e bimbe HogarN. S. del Sufragio - Bogotà

Bogotà – Colombia

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Nel congedarsi dai suoi Apostoli, Gesù lasciò loro un “mandato”: “Andate in tutto il mondo, predicate il Vangelo a tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” ( Mc 16, 15; Mt 28, 29 ). Perciò la Chiesa istituita da Lui è, per sua na-tura, missionaria e non è mai venuta meno al suo compito. Oggi i Missionari sono presenti in tutti i continenti e diffondono la Parola di Dio, rivelata da Gesù, con l’insegnamento e soprattutto con opere di carità.Il Missionario fa una scelta difficile e coraggiosa: non solo la-scia la sua famiglia, ma anche la propria terra, la lingua, le abitudini, sapendo che incontrerà molte difficoltà e dovrà affrontare pesanti sacrifici, rischiando anche la vita.

Ogni anno, nel mese di ottobre, la Chiesa Cattolica invita i fedeli a preghiere ed offerte in favore delle Missioni, per farle conoscere a tutti e per sostenere le loro molteplici attività.Ma le Missioni sono vive tutto l’anno ed impegnano anche noi, cristiani che viviamo nelle nostre case, a coltivare lo “spirito missionario”, che ci renda non solo consapevoli, ma anche fraternamente partecipi dei numerosi problemi che affliggono i popoli, in mezzo ai quali vivono ed operano i nostri Missionari.

Le signore del Pensionato San Giuseppe, con l’indispensabile aiuto delle Suore Minime, cercano di dare il loro modesto contributo alle Missioni “Faà di Bruno”, che operano in Colombia, Argentina, Romania e, da qualche anno, anche in Africa. Con questa intenzione allestiscono una piccola mostra di lavori a maglia e di oggetti d’ogni genere, antichi e mo-derni, utili e curiosi: dalle borse confezionate a mano da una signora prossima ai 90 anni, ai soprammobili del nostro passato, ai pupazzetti che piacciono tanto ai bambini.

Chi entra per la prima volta nella sala della mostra ha un attimo di smarrimento, ha l’impressione di essere atterrato improvvisamente nella piazza del variopinto mercato di Marrakech.... Ma, circon-dato da un vivace brusio, scorge ben presto il sorriso rassicurante di una Suora o di una Signora, che gli va incontro, lo ascolta e lo orienta. Succede talvolta che il visitatore, entrando per curiosità, scopra sui tavoli un “articolo” che lo interessa e decida di acquistarlo. Poi, proseguendo nella visita, ne trova un altro e un altro ancora e la sua offerta per le Missioni cresce a poco a poco, inaspettatamente.

Le persone che visitano la mostra portano via con sé non solo qualche oggetto originale, utile e divertente, ma anche una rinnovata sensibilità verso le opere missionarie, che sono rivolte per lo più a popolazioni bisognose di tutto, le quali, specialmente in Africa, vivono in condizioni di estrema povertà e soffrono fame e malattie. Quei bambini di pelle scura, che siamo abituati a vedere quando sgranano gli occhi davanti alla telecamera, sembrano dire alla nostra società: dateci un mondo più giusto!

Teresa GORIA (Ospite del Pensionato S. Giuseppe)

Le Missioni “ Faà di Bruno” di Torino

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VERSO IL CIELO

Mamma saluta il suo Stefano Amadu3 febbraio 2011

Caro figlio, figlio amato, figlio ritrovato, figlio benedetto! Nell’immensa sofferenza e nella profonda pace, sento di non averti perso, ma ritrovato in nuova veste.Ti abbiamo chiamato Stefano perché tu possa essere coraggioso nel portare avanti la testimo-nianza di fedeltà al Bene più grande. Ti abbiamo chiamato Amadu perché tu possa essere “nomade”, “cosmopolita” e, nell’andare per il mondo, tu abbia a cuore il messaggio di Dio che è: amore, pace, giustizia! Santo Stefano è stato ucciso da pietre, tu, da cellule malate. Lui, ha lasciato il messaggio della totale fedeltà a Dio e del perdono offerto, a chi uccise il suo giovane corpo. Tu, Stefano, nella tua breve vita hai scolpito nel mio cuore che Dio è oltre la forma, la religione, gli schemi… che Dio è ovunque e tutto comprende. Mi hai insegnato l’impor-tanza della fedeltà al proprio sentire, al di là delle convenzioni sociali o delle convenien-ze personali.All’ombra della tua croce, nella lenta macerazione dell’anima, ho colto da te quanto sia impor-tante l’accettazione di ogni persona per quello che è; l’attesa e la fiducia che il tempo e la vita fanno crescere e maturare, più di mille discorsi. Mi hai aiutato a capire, come sia indispensa-bile il superamento di ogni astio e divisione, per non essere sepolcri imbiancati...La sofferenza, che in questi mesi, non ti ha mai abbandonato, ti ha portato a raggiungere le più alte vette dell’etica, che è giustizia, che è Dio, e questo rapido volo ha colmato il tuo e il mio animo di pace. Forse è stato questo, il miracolo, che ho tanto atteso.

Un bacio,tua mamma

Saluto a Stefano Amadu Rebellato

“INCONTRO FRA I POPOLI” (IFP)

è un’Associazione di Cittadella (VI) che da anni sostiene la no-stra missione in Romania. Leopoldo Rebellato ne è il Presiden-te. Leopoldo con la moglie Maria Nichele il 31 gennaio u.s. ha dato l’ultimo saluto al figlio Stefano che ha chiuso gli occhi a questa vita terrena per aprirli alla vita eterna.

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VERSO IL CIELO

Papà salutail suo Stefano Amadu3 Febbraio 2011

Pace a te, figlio mio, che ormai vivi nell’eternità. Tu lo sai quanto è stato duro per noi vederti partire nella sofferenza. La tua partenza è una parte di noi che se ne è andata. Noi umani siamo fatti così: ognuno di noi è parte di tanti altri ed insieme siamo uno. Ma anche ora che sei di là, noi crediamo, seppure con difficoltà, che continui ad essere una parte di noi. Tu sei noi di là e noi siamo te di qua. Sei nato in terra africana, urlando la tua voglia di vivere, ancor prima di finire di uscire dal grembo di tua mamma.

Hai espresso sempre la tua voglia di autonomia e di sfida dell’estremo. Hai cercato in tutti i modi la tua identità. Hai esplorato tutte le piste per scoprire ed esprimere le tue potenzialità. Hai osato fare anche qualche scelta trasgressiva, nel disorientamento tipico della giovane età fra le innumerevoli proposte dalla nostra società, dove, purtroppo il facile è elogiato ed il guadagnato non è apprezzato. La tua Africa natale l’hai rivista solo un paio di volte. A 11 anni nei villaggi del Senegal. A 17 anni con papà nel Congo ancora in guerra, a confronto con feroci bambini soldato. A 16 anni hai sventolato la tua prima bandiera della pace […]. Hai vissuto una splendida esperienza affettiva nell’adolescenza, piena di gioia e di sublimi sentimenti […].

Da quando avevi vent’anni, da quando la fiamma di Dio che è in te iniziava ad esprimersi nella sua originalità, hai cominciato un crogiolo di sofferenza. Ma non per questo ti sei lasciato prendere dallo scoraggiamento. E proprio quando la malattia pian piano ti consumava, con la tua ferrea voglia di vivere, cominciavi a definire bene il tuo stile di vita: fare scelte grandi, che armonizzassero una vita di avventura estrema, con una vita utile alla società. Non volevi essere grigio. “Che vita hanno vissuto oggi i miei amici al bar, mentre io scalavo le montagne?” dicevi.

Ed è allora, ormai un giovane, che hai trovato nella dolce Naomi colei con cui costruire un futuro comune. Un giorno mi hai detto: “Tu giri il mondo e tante persone vivono meglio grazie a te. Sarò il tuo vice”. E così te ne sei andato in Bolivia a percorrere in bicicletta la spericolata ‘careteras de la muerte’ e nello stesso tempo a condividere la vita con ragazzi di strada, alcolizzati e drogati, per dare loro quanto di positivo poteva uscire da te. Ma la malattia progrediva e ti divorava e tu dicevi a tutti, anche alla dottoressa Travaglia, che con saggezza ammirabile, puntellava il tuo corpo ed anche il tuo spirito, trovando sempre le parole giuste per non farti cadere nella disperazione, dicevi alla dottoressa, a noi, e agli amici: “Io sono io, ma il mio corpo non risponde a chi sono io. È come un’auto impazzita, che non risponde all’autista”.

Ma chi sei tu, figlio mio! Chi siamo noi, chi sono io, chi siamo ciascuno di noi? Il filosofo Berkeley diceva che noi siamo un fascio di idee. Noi siamo solo un immenso ed imperscrutabile ‘invisibile’, reso possibile in questa terra da un corpo ‘visibile’. Noi siamo la meraviglia dell’universo perché - mistero arcano - una complicata sequenza di processi biochimici di ordinarie molecole composte dei più banali elementi chimici, produce il pensiero, i sentimenti, le intuizioni,

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la memoria, i ragionamenti, la volontà, l’odio e l’amore, la gioia e la sofferenza. Tutto questo invisibile che è in noi, tutto questo e solo questo siamo noi. E questo nostro piccolo invisibile testimonia l’esistenza certa del grande Invisibile, l’infinito ed eterno Metafisico, oltre la fisica, oltre la materia, oltre l’Universo. Il corpo è solo il veicolo di trasmissione di questo nostro essere misterioso. Ma c’è una seconda meraviglia in noi: noi possiamo essere costruttori di questo nostro invisibile. È nelle nostre possibilità, nella nostra libertà, costruirlo ricco o povero, egoista od altruista, futile o pregnante. Infine siamo una terza meraviglia. Ciascuno di noi è un invisibile generato da un rapporto d’amore fra i nostri genitori, ma che dura poi in eterno. Nati per essere immortali, dapprima in corpo e spirito, poi solo spirito, come sei ora tu, figlio mio, Stefano Amadu. “Amadu”, cioè messaggero di Dio nel mondo. Una piccola grande scintilla di Dio che producevi la tua luce, la tua specifica luce ed infiammavi chi ti stava intorno. Ora sei tornato precocemente nella grande fiamma dell’amore di Dio. Perché così presto, perché proprio alle porte di soli 24 anni di vita su questa terra?

Io sono dell’idea che Dio non ha finito di creare l’universo. Lo sta creando ancora attraverso di noi, gli unici esseri del creato capaci di far crescere l’invisibile stesso del creato: lo Spirito, verso cui anela anche la materia inanimata, come dice S. Paolo nella sua lettera ai Romani. E Dio ha affidato a noi questo ultimo tassello della sua creazione, ha affidato a noi la costruzione dell’amore nell’universo, mentre lui, che è al suo settimo giorno, si riposa, dandoci però ogni giorno i necessari consigli e la forza per attuarli.

Figlio mio, io vedevo in te Dio che stava costruendo anche con te il suo grande progetto di armonia cosmica. Perché allora ti ha portato via così presto?Ti ho raccontato qualche mese fa la profezia di tuo nonno Luigi. La sera prima di morire mi disse: “Mi sono apparsi nella mente tutti i miei nipoti, uno ad uno, tutta la loro vita futura. Tutto bene per loro, tutti avranno una vita tranquilla e serena. Solo Stefano… non l’ho capito, non l’ho visto chiaro”. Avevi allora sei anni. E tu mi dicesti un mese fa: “Ecco perché il nonno non ha visto chiaro su di me. Perché io avrò una vita breve. Non arriverò ai 24 anni”. Non so se era una buona risposta la tua. Ora però la risposta la sai, ora sai perché il nonno non vide chiaro su te, perché Dio ti ha dato una vita così breve.

Tua sorella, tua mamma ed io ti abbiamo visto uscire dal tuo corpo, lunedì scorso alle ore tredici. Ti abbiamo sentito aleggiare attorno a noi, quasi abbracciati da te, ormai solo invisibile. Voi tutti, voi giovani soprattutto, che avete invaso casa nostra in questi giorni, rendete Stefano ancora vivo in questa terra. Fate che veda un figlio in ciascuno di voi, che veda mio figlio ancora vivo attraverso di voi, che veda che anche in voi si trasmette Dio, la bontà, la dolcezza, l’amore, le scelte coraggiose vissute bene. Il nostro Stefano vi ha ben detto: “Puoi avere la macchina, la casa, la carriera, i soldi, ma la vita prende senso e bellezza solo quando ci si impegna a rendere bella la vita degli altri, soprattutto quelli che sono nella difficoltà”. Stefano, aiuta ora me che avanzo negli anni e ho bisogno di un figlio al fianco. Aiuta tua mamma, tua sorella, tuo cognato e tuo nipotino in arrivo, aiuta la tua Naomi, i tuoi amici alla ricerca e tutti noi, ad essere, ciascuno di noi, una meravigliosa scintilla di Dio, per quei pochi anni che siamo chiamati a vivere su questa terra. Ciao ‘bello’ e buon soggiorno nell’aldilà. tuo papà

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Suor Silvia Frison Vigodarzere (PD) 19 marzo 1929 Torino, Casa Madre 12 dicembre 2010

La vita religiosa di Sr. Silvia è racchiusa in 51 anni di Professione religiosa, vissuta all’insegna di tanta attività, sempre al servizio di varie comunità dove l’obbedienza la poneva a supporto di consorelle che operavano in svariate opere. Aveva 28 anni quando ha lasciato la sua bella famiglia, ricca di una buona esperienza, valida per dare quanto di meglio poteva donare nelle varie comunità. Emessi i Voti nel 1959, dopo appena un anno di servizio all’Ist. Charitas, dal 1961 è stata inviata in un’opera nuova, un orfanotrofio nei pressi di S.Casciano, Val di Pesa, (FI); tre anni appena fra tante

Suor Matilde Gamba Pieve di Curtarolo (PD) 10 marzo 1918 Torino - Casa Madre 8 dicembre 2010

Era desiderio di Sr. Matilde che non si parlasse di lei, dopo la sua morte. Ma è giusto dare almeno un an-nuncio alle persone che l’hanno conosciuta, indicando, con i suoi dati personali, i luoghi dove l’obbedienza l’ha mandata ad operare in servizio al prossimo dal 1947 fino al 1996, quando rientrando in Casa Madre per un dovuto riposo, ha atteso con tanta impazienza di congiungersi con la sua numerosa famiglia: lei era l’ultima di dodici figli. Ecco perciò dove potrebbe essere ancora ricordata: nel 1947 dalla Casa Madre, è passata da Mussot-to d’Alba, Benevello, Padova–Cave, Albenga, Campi Bi-senzio, Calcroci, Bertipaglia, Cavolano di Sacile, Bagnolo Po, S. Giuseppe di Sommariva Perno, Dormelletto, Alba, Cortemilia CN, per fermarsi appunto nel 1996 a Torino, in Casa Madre.

Proprio la festa dell’Immacolata 2010 ha segnato il suo passaggio all’eternità. E da allora la pensiamo a godere il premio della sua vita consacrata, lunga 67 anni, mentre i suoi resti mor-tali riposano a Gambulaga di Portomaggiore, in provincia di Ferrara, là voluta dai nipoti a riposare nella loro tomba insieme ad altri quattro fratelli. Ecco, Sr. Matilde, appena qualche notizia, né lodi, né ringraziamenti umani: certamente, quelli giusti e veri, li hai ricevuti da Dio Padre. PregaLo per noi e per le tue persone care. GRAZIE!!!

Sr. Costanza SALBEGO

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bimbe che hanno goduto delle sue cure materne, per poi passare in Casa Madre per dieci anni come supporto all’opera delle Apostoline e come autista. Passando in altre comunità per brevi periodi e si può immaginare fosse per ovviare a qualche emergenza, perché nel 1979, il suo curriculum la indica Economa a Roma - Torre Maura, fino al 1986, per passare a Campi Bisenzio fino al 1994.

Quindi a Roma, in Casa Generalizia fino al 1998, anno in cui ritorna in Casa Madre, dove presta il suo servizio nella Por-tineria della Scuola e soprattutto nel mettere a frutto la sua abilità in sartoria, cosa che per altri servizi richiesti, ha tenuto

in serbo, fino a questo momento. Si ricorreva a lei per qualche riparazione, per qualche consiglio: era sempre disponibile e servizievole.

Sr. Silvia, negli ultimi anni, è stata provata dalla malattia che ha ostacolato, ma non limitato la sua attività, e nonostante la sua buona volontà che la portava a tener duro, la sofferenza ultimamente l’ha molto provata. Non si esprimeva, ma si capiva benissimo dall’espressione che ne era preoccupata. Era conscia della sua realtà tanto compromessa. Alcuni ricoveri ospedalieri, cure ed attenzioni nell’in-fermeria di Casa Madre, non sono state sufficienti a debellare il male e così il 12 dicembre 2010, la sua anima ha potuto spiccare il volo verso l’eternità. Una vita buona quella di Sr. Silvia, vissuta all’insegna della semplicità e del servizio, umile e preciso, sostenuti dall’offerta silenziosa del quotidiano, dalla preghiera.

È sempre stata molto confortata dall’affetto dei suoi familiari, dalle loro visite, e a coronamento hanno voluto le sue spoglie nella tomba di famiglia a Vigodarzere, come a ricomporre l’unità di famiglia in attesa della Risurrezione. Anche se non vedremo il suo nome nel lungo elenco delle tombe dell’Istituto, non ci dimenti-cheremo di lei, perchè tanto ci ha dato e ancora i suoi lavori resistono nei nostri abiti, nei veli, e in quanto lei sapeva riparare e confezionare. Le siamo grate, non solo per questo, ma per il suo esempio di laboriosità, di servizio generoso, di si-lenzio e di preghiera. Preghiamo perché sia felice in Dio, Lo adori e Lo ringrazi anche per noi ancora protese verso la grande Speranza che è Lui.

Sr. Costanza SALBEGO

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Suor Pasqualina Paiusco Caldogno (VI) 27 maggio 1919 Torino - Casa Madre 31 dicembre 2010

Suor Pasqualina proprio l’ultimo giorno dell’anno, ha con-cluso il suo cammino terreno, un tempo in cui la sofferenza, no-nostante cure mediche ed attenzioni fraterne, ha avuto la meglio sul suo fisico. Aveva fatto la sua professione il 15 luglio 1939, aveva conseguito il diploma di infermiera, e fino al 1950 ha offerto il suo servizio a Cabianca ed ad Albenga anche come economa. Tutto è stato propedeutico a quanto l’obbedienza le avrebbe chiesto nel 1950, quando, imbarcatasi su una nave con altre quattro consorelle, dopo settimane di navigazione, approderà a Buenos Aires per aprire la prima missione delle Suore Minime. Se è bello essere pionieri, è altrettanto duro vivere gli inizi di un’opera dove la lingua costituisce il primo problema, dove la povertà e altre difficoltà facilmente immaginabili quando c’è di mezzo una dipendenza difficile, limitano e pesano sul cuore di chi le vive.

Poi di mezzo un oceano che al tempo si superava soltanto in nave; notizie scritte che giungevano ancora via mare, difficoltà da gestire con l’aiuto di Dio e con la potenza dell’obbedienza che opera anche miracoli. E il miracolo continua anche oggi per il tan-to bene operato, grazie anche ai sacrifici vissuti generosamente e comunitariamente che hanno fecondato gli inizi.

Sr. Pasqualina, forte della sua esperienza, aiutata da altre consorelle mandate a supporto di quanto si andava sviluppando, nonostante tutto, è vissuta in terra argentina ben 56 anni, finché l’obbedienza l’ha richiamata per un giusto e meritato riposo, ponendola a Cabianca, da dove aveva mosso i suoi primi passi di giovane professa dal 1939 fino al 1945.

Pace e riposo fra tanto verde, non erano sufficienti, complice anche l’età ed allora nel 2009 è stato necessario ricevere le cure nell’infermeria di Casa Madre. Qui ha trascorso il suo ultimo tempo, pregando, offrendo e certamente ricordando non solo il costo degli inizi, ma il tanto bene seminato e raccolto fra quella gente, soprattutto fra i poveri. Le sue persone care le hanno sempre manifestato affetto e stima, visitandola spesso e partecipando numerose alla Messa di esequie. Dalla dimensione eterna, certamente continuerà a volere bene a tutti, pregherà ed assisterà particolarmente le conso-relle che vivono ed operano in Argentina. E con le altre quattro consorelle che l’hanno preceduta, per la comunione dei Santi, continueranno la loro missione pregando Dio ed implorando la Sua paterna benedizione e la protezione del beato Francesco Faà di Bruno su tutte noi.

Sr. Costanza SALBEGO

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Suor Egidia Peggion S. Giorgio delle Pertiche (PD) 4 luglio 1924 Torino. Osp. Cottolengo 15 febbraio 2011

Sr. Egidia, nonostante che il cuore per il passato le avesse dato qualche problema, superato e risolto con cure e rico-veri ospedalieri, il suo fisico dimostrava d’avere delle ricor-se sufficienti per riprendersi e vivere ancora.E così è stato, ed era grata a Dio e riconoscente per le cure ricevute al Cottolengo. Però passando il tempo la situazio-ne è peggiorata ed in poco tempo fu ricoverata due volte al-l’ospedale Cottolengo confidando in una ulteriore ripresa, ma il progetto di Dio su di lei si è concluso il 15 febbraio,

proprio nella casa della Divina Provvidenza.

Quando nel 1946 Sr. Egidia aveva lasciato la famiglia per entrare nel Noviziato con altre giovani come lei, la Seconda Guerra Mondiale era finita da pochi mesi. Sembra un particolare da poco, ma terminata questa, le ristrettezze conseguenti il conflitto bellico hanno continuato ad affliggere ogni realtà. Spesso raccontava nelle sue fiorite conver-sazioni, le fatiche a ricercare il lavoro, le umiliazioni, i sacrifici sostenuti prima della decisione di rispondere alla chiamata del Signore che la voleva Minima. E così nel 1946 è entrata nel Noviziato, il 25 marzo del 1949 ha fatto la sua Professione religiosa e dopo questa è iniziato il suo servizio secondo le indicazioni dell’obbedienza. È passata in mol-te comunità, in su e in giù, o in qua e in là per l’Italia, per periodi brevi o più prolungati, dedicandosi a umili, ma preziosi servizi dovunque c’era bisogno, come è richiesto nelle varie comunità. È stata d’aiuto nel pensionato di Torino in due riprese, così a Cabianca; per 11 anni è stata a Roma in Casa Generalizia dove ha operato anche come sacrestana, oltre che in altri servizi.

Nel 1998 è ritornata in Casa Madre a Torino, dove ha continuato ad avere cura di tante piccole cose, così come è richiesto nei vari ambienti, perché tutto sia ordinato, funzionale e non ci siano sprechi, con l’attenzione che si fa in ogni buona famiglia. Così fino alla fine del 2010, quando lei stessa ha chiesto di salire in infermeria, perché certamente sentiva che le forze scemavano e gli acciacchi aumentavano. Ha vissuto le ultime settimane lucida, ma senza poter interloquire con chi la visitava, conservando la sua calma che certamente signi-ficava il suo modo di accettare la volontà di Dio. È un atteggiamento preparato da lontano, con la preghiera, con la fedeltà al proprio dovere, con lo scrupolo di non perdere tempo, con il sacrificio che purifica e dà la speranza che nulla va perduto.

Visitata e seguita con amore e premura ogni giorno dalle consorelle, consolata più volte dalla visita della sorella religiosa della Misericordia di Verona e dai nipoti, ha

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trascorso così i suoi ultimi giorni, senza la ripresa che i medici prevedevano.Ora qui un altro posto è vuoto, ma Gesù che ha promesso di prepararne uno vicino al Padre, ha certamente accolto le nostre preghiere di suffragio e vogliamo credere che là, sia assisa e che finalmente, dopo 61 anni di consacrazione a Gesù nella nostra Congregazione, riposi nella gloria del Paradiso e preghi anche per le sue persone care e per noi che ancora ci dibat-tiamo fra tante attività ed impegni.

Sr. Costanza SALBEGO

Suor Irene Bonato Salcedo (VI) 18 dicembre 1933 Torino, Casa Madre, 20 marzo 2011

Scrivere qualche riga per ricordare Sr. Irene, è necessario pensare alto, come fosse una fiaba da raccontare, perché la sua anima ci è stata rapita davvero in una maniera inaspettata. Il Signore, fedele alle Sue promesse, è davvero arrivato come un ladro e in un giorno, guarda caso!, che ricordava il 60° di Vestizione religiosa. Nel 1951 era la cerimonia solenne che dava ufficialità alla scelta di vita, ricevendo l’abito religioso. E’ incredi-bilmente vero che lei non è più fisicamente tra noi e ha lasciato in noi sue consorelle, nella popolazione scolastica dei piccoli, nei loro genitori e nonni, una grande nostalgia di poterla ancora rivedere. In cambio ci rimane il suo ricordo e il pensiero che ora, più che prima, è con noi, con il suo spirito, con la sua preghie-ra, con la sua protezione. Di Sr. Irene si può dire che la sua esistenza è stata segnata dalla sofferenza a partire dal noviziato, quando un incidente sul lavoro ha portato via il papà, lasciando altri 5 figli orfani e la mamma vedova. Poi la salute: un po’ sempre cagionevole, poteva renderla meno sicura, ma lei, volitiva e capace di tener duro, non è mai stata vinta e nonostante tutto non perdeva la sua serenità. Anche per questo motivo il suo curriculum vitae ci fa leggere che appena per due anni non è stata in Casa Madre, altrimenti ha sempre operato a Torino, prima di aiuto presso le Educande, poi dalle Apostoline e nella Scuola Materna. Poi chi sa? se per suo desiderio o per obbedienza, ha preso libri e penna, si è preparata e nel 1977 ha conseguito il diploma per insegnare a pieno titolo ai bimbi e non essere soltanto assistente. Così ha insegnato nella Scuola Materna di Torino fino al 1996.Poi qualche anno di servizio nella portineria, occasione propizia per incontrare ancora i suoi alunni che crescevano, rinsaldare contatti, consolidare affetti e quasi tanto tempo non fosse

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bastato, l’obbedienza l’ha posta nei corridoi della Scuola Elementare, a vigilare, ad accogliere, a seguire ancora con gli occhi e con il cuore, altri bambini, da custodire ed amare. Lì, con Sr. Rita, collaborando e sostenendosi nei giorni “no” di salute, ha operato fino a pochi giorni prima della morte, quando una consueta costipazione l’aveva trattenuta a curare qualche linea di febbre. Sono salita nella sua stanza dell’infermeria, dove da tanti anni risiedeva, a porgerle gli auguri per il ricordo dell’indomani, era la sera del 19, u.s., (con Sr. Patrizia eravamo compaesane, entrate in Noviziato insieme il 29 agosto 1950) mi ha espresso la gioia di aver superato, il giorno prima, un brutto momento in cui credeva di morire. Era davvero contenta!! È stato il mio ultimo incontro: avrei sentito ancora la sua voce al telefono interno, incredibilmente chiara, il giorno dopo, per chiedere un’informazione e poi, chiamata a salire in infermeria, poco dopo le 15, ho trovata Sr. Irene già composta sul suo bianco lettino. Serena e distesa: era arrivata a Casa!!

Durante la Messa di esequie, che gli alunni delle Elementari hanno animato anche con qualche loro canto, a mala pena riuscivano a trattenere il pianto: non era proprio sufficiente rassicurarli che lei era in Paradiso, che tuttavia ci sta vicina. La nostra Chiesa gremita di genitori, nonni, ex-alunni/e, molti raggiunti con il passa parola, ha testimoniato il ricordo che ciascuno porta-va nel cuore e molte lacrime ne erano la conferma. Chi poteva raccontare, aveva un ricordo da rievocare, non fosse altro l’estrazione del primo dentino di latte, quello che neanche la mamma ha il coraggio di toccare; ma lei, Sr. Irene, l’ha fatto senza far sentire male!

L’ultimo, il più bello, suggella tutti i ricordi che ciascuno conserverà, e dice come le persone sempli-ci e buone, toccano e lasciano il segno. Il mattino del 21, ore 11,15 circa, giunge in portineria un gio-vane: io credo venga, come tante altre persone, per visitare la salma di Sr. Irene, ma parla lui: - Sono venuto a salutare Sr. Irene perché è un annetto, un annetto e mezzo che non la vedo. Rimango allibita:, capisco che non sa della sua morte. Desidera allora visitarla, l’accompagno e dopo qualche attimo di silenzio dice: “Se oggi sono diplomato, lo devo a lei: avevo tralasciato di studiare. Una sua telefonata mi ha sollecitato a ritornare sui miei passi, ho ripreso a studiare ed ora sono contento e la ringrazio!!!” Ecco: una sollecitazione telefonica, può bastare quando si vuole bene.

La grande partecipazione è stato un bel segno di riconoscenza verso Sr. Irene, una lezione per chi resta, una consolazione per le tre sorelle venute dal Veneto e da Como, anche a rap-presentare i due fratelli residenti in Canada. Ora riposa nella nostra tomba nel Cimitero mo-numentale di Torino, ma certamente il suo spirito rimane con noi e continua a volerci bene, e soprattutto ci raccomanderà al nostro buon Padre del Cielo, perché ci aiuti a raccogliere i tanti segni di bontà che incontriamo, piuttosto di notare il tanto male che affligge il mondo. Tentare di sconfiggerlo, seminando il bene senza pensare di farlo, si realizza ciò che ha detto Gesù: “Nulla è impossibile a Dio!” E noi lo crediamo con tutta la nostra fede!Suor Irene, prega per quanti ti vogliono bene, per i tuoi famigliari, per noi tue consorelle. Grazie!!

Sr. Costanza SALBEGO

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Carissima Suor Irene,

in questi anni ti ho sempre dato del “Lei”, per la differenza di età e per il grande rispetto che ho sem-pre avuto per te, ma oggi nel salutarti ho deciso di darti del “Tu” e sono sicura che non ti spiacerà.Quando domenica Suor Maria Pia mi ha detto che ci avevi lasciato, non ci credevo, non mi sembrava possibile e ho cominciato a ripensare a tutti i ricordi che mi più legavano a te.

Poi, lunedì, entrando a Scuola ho visto il volto di Suor Simona, di Suor Stefanella ed ho incrociato alcuni genitori che avevano appena accompagnato i bambini alle elementari, occhi lucidi, umidi e arrossati e mi sono immediatamente resa conto del grande vuoto che da subito avevi lasciato, in par-ticolare nella scuola, quante belle, tenere e dolci parole ho sentito su di te, quante domande incredule sull’accaduto, quanti : “Ma no! Suor Irene?”

Mi mancherà non vederti entrare in segreteria con un sacco di monete da cambiare e sentirti dire: “Sta tenta, noi (inteso tu e la tua adorata Suor Rita) li abbiamo già contati ma conta anche te!” e quando puntualmente, sempre, i conti tornavano mi dicevi: “brava ma hai visto ? anche noi siamo precise !”.

Mi mancherà non vederti entrare con una borsetta con dentro dei bigliettini o delle buste da intestare e sempre mi dicevi : “non farti vedere quando li fai altrimenti mi sgridano perché ti do altro lavoro” o ancora quando mi chiamavi perché il tuo cellulare aveva qualcosa che non andava e tu dovevi co-municare con i tuoi parenti e prima di spiegarmi che cosa non funzionasse mi mettevi una mano sul braccio e mi dicevi “allora sta tenta.....!”Mi mancherai Suor Irene, ora, tu, da lassù accanto al tuo amato Signore aiuta tutti noi a superare il dolore per la tua assenza, proteggi, come hai sempre fatto, i tuoi bambini ed in particolare ti affido, ti affidiamo, Suor Rita, tua inseparabile sorella, quante preoccupazioni avevi per lei e per la sua salute, nel pensare ad una di voi in automatico pensavi anche all’altra; aiutala ad affrontare e superare con l’amore di Dio il distacco fisico da te e a tornare presto alle elementari ad aiutare Suor Maria Pia in quel prezioso lavoro che fino a qualche giorno fa vi univa più che mai.Ciao Suor Irene e questa volta sono io a dirtelo “Sta tenta: Ti voglio Bene”.

Alessandra

Omaggi a Suor Irene...

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VERSO IL CIELO

Torino, 22 marzo 2011

Cara Suor Irene,

ritornare a scuola come un normale inizio settimana è stato davvero difficile. La tua presenza indi-spensabile, quotidiana, rassicurante e disponibile è ancora qui con noi ! Quanto bene hai seminato ! Eri solita guardare nei nostri occhi e sapere se stavamo bene oppure no ; curare con tanta ammirazio-ne i bambini come le tue piantine, attenta alla loro crescita come una brava mamma premurosa ! Re-galare sorrisi e consigli… in poche parole : AMARE!!! Ci mancherà la tua presenza e la tua…Continua ad aiutarci con le tue preghiere. Noi continueremo a sentirti viva in mezzo a noi, dove tutto in questa scuola parla di te.

Ciao, Suor Irene! Le insegnanti della scuola Elementare di Torino

Carissima Suor Irene,

la notizia della tua scomparsa improvvisa ha lasciato noi ragazzi senza. Ogni giorno ci hai accolto con il tuo sorriso e, con il tuo sguardo, ci hai sempre incoraggiato e rassicurato.Attraverso piccoli gesti ci dimostravi il grande bene che ci volevi.Hai dedicato la tua vita a noi bambini ed ora hai lasciato un vuoto incolmabile nei nostri cuori e nella nostra scuola. Ci manchi tanto.

I ragazzi della Quinta elementare

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Mamma di Suor Loretta

Fratello di Suor Patrizia Silva

Fratello e zio di Suor Martina

Sorella di Suor Fiorangela

Sorella di Suor Giuliana

Sorella di Suor Arcangela

Cognata di Suor Oliva

Zia di Lux Amparo

Cugina di Suor Giuliana

Cugina di Suor Paoletta e Suor Stefanella

Cugino di Sour Nicoletta

Cognata di Suor Gottardina

Nipote di Suor Efi sia Dall’Oco

Preghiamo per i nostri defunti

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