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Circa il trasferimento della Villetta Svizzera in via Bocconi Come operatore nella famigerata più che famo sa struttura a bassa soglia del Ser.t, mi preme qui evidenziare come tecnici, dirigenti e politici, oltre che operatori e utenti dovrebbero ri cordarsi di ricordare l’etimologia della parola trasferimento. Il mio auspicio è che questo “portare attraverso”, attraverso l’esperienza, la memoria (di chi è stato, è e sarà), la sensibilità, la passione, la condivisione, la relazione, le lacri me e le piccole cose umane della quotidianità, diventi spontaneamente un “portare oltre”, un naturale trascendimento in qualcosa di più grande, che includa e comprenda quanto era, e senza mai perdere la semplicità di quell’anima, da cui ha preso vita l’idea che inizialmente ne ha costituito il fondamento. Inoltre, credo che ogni fase critica che ha dovuto sopportare e che ancora sopporta Villetta, senza dubbio paragonabile a un organismo vivente, per prendere in prestito un termine dalla biologia, a un campo, nel senso inteso dalla psicologia di Lewin, a un siste ma di livelli interconnessi e interdipendenti, non sia da vedere come segnale negativo, pur essendo innegabili le difficoltà e gli ostacoli di ogni sorta che una tale struttura debba affrontare, primo fra tutti lo smantellamento di pregiudizi incistati nella profondità e nelle radici del contesto sociale e politico (e in certi casi anche sanitario), in cui è inseri ta. La saggezza tradizionale cinese, d’altronde, insegna che “crisi” porta sempre con sé anche il significato di “opportunità”. Ancora, tutto il filone, che va dalla New Age americana alle avanguardie della psicologia transpersonale, dalla neurobiologia alla fisica quantistica, ha ormai provato scientifica mente l’evidenza di come tutto si trovi costantemente in “transe”, cioè in un certo stato di coscienza (direbbe Tart), che può creativamente prendere diverse forme, anche molto distanti da quello che è definibile “stato discreto ordinario”. Chiaramente (e questo vuole essere un invito a tutti quelli, me in primis, che hanno da un minimo a un massimo di responsabilità e di potere decisionale circa il futuro della Villetta), l’immaginazione di uno stato di coscienza nuovo, di un “bardo Thodol”, di una morterinascita, di un risveglio o, semplicemente di un “viaggio strada facendo” con uomini e donne tossicodipendenti, è inevitabilmente influenzato da quanto ci è concesso di vedere lontano e di guardare in alt(r)o. Ugualmente al “Libro tibetano dei morti”, in conclusione, la fine è intrinsecamente legata alla nascita e il concetto di morte è soltanto un polo insieme alla vita dello spazio, lo spazio che crea l’ambiente in cui si agisce, si vive e si respira. Contro ogni pronostico di ghettizzazione o ancor peggio di cronicizzazione e di tutte le critiche poco costruttive che già ci sono state mosse negli anni, a mio parere, è in odore pro prio di questo “spazio” che si può parlare di uscita dai circuiti viziosi, di cambia mento, di scoperta, di riabilitazione, di pensiero, di legame, di simbolizzazione, di riflessione, di tregua, di umanizzazione, di guarigione (magari non dalla droga, ma almeno dalla solitudine, dall’emarginazio ne, dal vuoto, dall’eradicamento dell’uomo agito sull’uomo), oltre che di liberazione dai condizionamenti, dai giudizi e dalle proiezioni, le quali non appartengono soltanto ai nostri utenti.

Giornale di Strada Libera-mente

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Numero 9 (1) di Maggio 2011

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Page 1: Giornale di Strada Libera-mente

GIORNALE di STRADAPagina 1

Circa il trasferimento dellaVilletta Svizzera in via Bocconi

Come operatore nella famigerata più che famo­sa struttura a bassa soglia del Ser.t, mi premequi evidenziare come tecnici, dirigenti e politici,oltre che operatori e utenti dovrebbero ri­cordarsi di ricordare l’etimologia della parolatrasferimento. Il mio auspicio è che questo“portare attraverso”, attraverso l’esperienza, lamemoria (di chi è stato, è e sarà), la sensibilità,la passione, la condivisione, la relazione, le lacri­me e le piccole cose umane della quotidianità,diventi spontaneamente un “portare oltre”, unnaturale trascendimento in qualcosa di piùgrande, che includa e comprenda quanto era, e senza mai perdere la semplicità diquell’anima, da cui ha preso vita l’idea che inizialmente ne ha costituito il fondamento.Inoltre, credo che ogni fase critica che ha dovuto sopportare e che ancora sopportaVilletta, senza dubbio paragonabile a un organismo vivente, per prendere in prestito untermine dalla biologia, a un campo, nel senso inteso dalla psicologia di Lewin, a un siste­ma di livelli interconnessi e interdipendenti, non sia da vedere come segnale negativo,pur essendo innegabili le difficoltà e gli ostacoli di ogni sorta che una tale struttura debbaaffrontare, primo fra tutti lo smantellamento di pregiudizi incistati nella profondità enelle radici del contesto sociale e politico (e in certi casi anche sanitario), in cui è inseri­ta. La saggezza tradizionale cinese, d’altronde, insegna che “crisi” porta sempre con séanche il significato di “opportunità”.Ancora, tutto il filone, che va dalla New Age americana alle avanguardie della psicologiatranspersonale, dalla neurobiologia alla fisica quantistica, ha ormai provato scientifica­mente l’evidenza di come tutto si trovi costantemente in “transe”, cioè in un certo statodi coscienza (direbbe Tart), che può creativamente prendere diverse forme, anchemolto distanti da quello che è definibile “stato discreto ordinario”.Chiaramente (e questo vuole essere un invito a tutti quelli, me in primis, che hanno daun minimo a un massimo di responsabilità e di potere decisionale circa il futuro dellaVilletta), l’immaginazione di uno stato di coscienza nuovo, di un “bardo Thodol”, diuna morte­rinascita, di un risveglio o, semplicemente di un “viaggio strada facendo”con uomini e donne tossicodipendenti, è inevitabilmente influenzato da quanto ci èconcesso di vedere lontano e di guardare in alt(r)o.Ugualmente al “Libro tibetano dei morti”, in conclusione, la fine è intrinsecamentelegata alla nascita e il concetto di morte è soltanto un polo insieme alla vita dellospazio, lo spazio che crea l’ambiente in cui si agisce, si vive e si respira. Contro ognipronostico di ghettizzazione o ancor peggio di cronicizzazione e di tutte le critichepoco costruttive che già ci sono state mosse negli anni, a mio parere, è in odore pro­prio di questo “spazio” che si può parlare di uscita dai circuiti viziosi, di cambia­

mento, di scoperta, di riabilitazione, dipensiero, di legame, di simbolizzazione, diriflessione, di tregua, di umanizzazione, diguarigione (magari non dalla droga, maalmeno dalla solitudine, dall’emarginazio­ne, dal vuoto, dall’eradicamento dell’uomoagito sull’uomo), oltre che di liberazionedai condizionamenti, dai giudizi e dalleproiezioni, le quali non appartengonosoltanto ai nostri utenti.

Danny Ridotto

Un esiguo, eterogeneo, gruppo di perso-

ne, operatori del sociale e “volontari-

cl ienti”, hanno pensato e messo in atto

una nuova redazione per ri-proporre un

giornale di strada. Questo.

Prerogativa importante del giornale è

dare spazio ad interventi di chi lavora e

vive sul la strada, di chi cerca, nel l ’ indefi-

nibi le rock and rol l del la sopravvivenza,

un qualcosa da esprimere.

La redazione, ora in stato embrionale,

cerca nuovi addetti ai lavori, si ritiene

aperta a nuovi incontri , nuove espe-

rienze, per uscire dal suo essere

attualmente borderl ine e diventare una

“voce” proficua ed importante delle

esperienze che accompagnano il vissuto

di molti che poco o nulla possiedono.

Quindi ben vengano altri contributi : indi-

rizzo per nuovi-altri accoliti si trova a

pag.1 0. Questo nuovo numero si occupa

prevalentemente del passaggio della

Vil letta Svizzera (drop-in, struttura di bas-

sa soglia per accoglienza tossicodi-

pendenti) dal l ’area del San Lazzaro a via

Bocconi.

Questa scelta perché al momento la reda-

zione è composta da soggetti che per vari

motivi hanno a che fare con le dipendenze,

e anche perché l’ investimento fatto dall ’USL

di Reggio Emil ia per la nuova struttura ri-

volta ai maggiormente disagiati , ci sembra,

comunque possa andare, una iniziativa co-

raggiosa.

Merita attenzioneOOe poi la parola “pas-

saggio” ci seduce, ci riporta al nostro continuo

errare, al l ’attraversare, al l ’essere nomadi di se

stessiOO. Infatti ampio spazio viene dato ad

una intervista a tre professioniste che lavore-

ranno alla e nella nuova struttura. Professioni-

ste sia dell ’azienda USL, sia del privato sociale.

Mission comune, ma vision diverse. Alcune foto

manipolate riproducono progetti immaginal i . Se-

gue, poi, in esclusiva mondiale, un’intervista

fatta dal nostro inviato speciale al famigerato vi-

rus HIV. La prima parte viene pubblicata in que-

sto numero, un’altra nel prossimo.

A puntate verrà pubblicato i l romanzo autobiogra-

fico cronache di Cromo, radiografia del malesse-

re e dell ’amore. Sempre a puntate presenteremo

una “storia ed evoluzione delle droghe”.

Altri contributi importanti sono un’opera grafica

dell ’artista Anceschi e l ’articolo fi losofico di Alter-

ix, del quale vogliamo sottol ineare il concetto

”del la cultura come decentramento dal proprio

punto di vista”. Tema di fondo è comunque la di-

mensione del “passaggio”, l ’andare da un posto

all ’altro, l ’attraversare, momento medio tra

partenza ed arrivoOOO..mentre si è seduti

dentro un treno. . . (continua a pagna 10)

Numero 9

Maggio 2011

Page 2: Giornale di Strada Libera-mente

GIORNALE di STRADA Pagina 2

Cosa pensa delle intossicazioni voluttuarie? Secondo lei sono un

crimine, un errore, un vizio o una malattia?

Bigi: Penso che ogni persona abbia i l diritto di scelta. Di qualsiasi argo-

mento si tratti , scegliere vuol dire conoscere, essere consapevoli e di

conseguenza ci può essere un uso consapevole di sostanze stupefa-

centi. . Tante persone (giovani e non solo) hanno un contatto con le so-

stanze e non tutte diventano consumatori problematici e/o dipendenti. Ci

sono sostanze legali , qual i alcol, tabacco,gioco che presentano danni

tanto quanto le sostanze il legal i . Questo è dimostrato anche dalla lette-

ratura scientifica, ma molte volte prevale una visione ideologica rispetto

al le diverse sostanze stupefacenti. Questo non vuol dire che la realtà

del l ’abuso problematico e/o dipendenze non sia una questione seria a

vari l ivel l i (sanitario, sociale, educativo, famigl iare, penale) e che non ri-

chieda molta attenzione e un forte lavoro di prevenzione.

Oddi: Inizio a rispondere a questa domanda, con quella che fu la frase

conclusiva della tesi del la mia special izzazione: “la tossicodipendenza è

una malattia particolare, ma pur sempre una malattia”; “particolare” per le

sue manifestazioni, comprendenti sintomi e segni fisici e psicologici, ma

anche un corredo di disturbi/disfunzioni social i e comportamental i . Mi

rendo conto che tale definizione non sia ancora accettata (e forse non lo

sarà mai da parte di molti pazienti così come di molti operatori, che lavo-

rano nella tossicodipendenza). I l timore principale nel definire la tossicodi-

pendenza come una malattia, è forse quello di voler patologizzare e

medical izzare, “costringendo” le persone a terapie lunghe con farmaci so-

stitutivi . Personalmente non la vedo così.

Innanzitutto come in tutte le patologie, vi è una ripetizione di sintomi, se-

gni e comportamenti che si ripetono e riconoscono in tutti i soggetti che vi-

vono con tale problematica, siano essi gial l i , bianchi, ricchi o poveri.

Ovviamente poi ogni paziente ha una sua storia, del le sue caratteristiche

e quindi ecco che la dipendenza come altre malattie, riconosce gradi di-

versi di evoluzione, presentazione, gravità. In secondo luogo per la tossi-

codipendenza vi è una terapia efficace, quella con farmaci sostitutivi da

attivare nell 'ambito di un trattamento multimodale e integrato con

interventi di tipo sociale e psicologico. Come venne dimostrato da Doyle

e Nyswonder, coloro che per primi uti l izzarono il metadone per trattare gl i

eroinomani, in quest'ultimi si osserva una riduzione del malessere psico-fi-

sico e una riduzione dei comportamenti di “antisocial ità”, riprendendo inte-

resse per le relazioni e attività per loro significative (lavoro, scuola, ecc.),

dopo l'assunzione di tale farmaco. Anche qui, rispettando la variabil ità

individuale di ognuno, una terapia assolutamente efficace per molti , per

qualcuno può non essere la soluzione, con conseguente atteggiamento

di apertura da parte del medico, verso le richieste del paziente, mediando

tra dovere di indicazione e informazione sui trattamenti di sua cono-

scenza più efficaci, e l ’accettazione di coloro che non vogliono aderire a

tale indicazione. I l tutto in accordo con quello che per me è poi i l reale

senso da dare alla medicina e all 'attività terapeutica: prendersi cura del

malato, inteso come portatore non solo di una patologia, ma anche di

una propria storia individuale ed esperenziale.

Zannini: I l termine “intossicazioni voluttuarie” indica i danni dovuti al l 'as-

sunzione, per ragioni che esulano da qualsiasi terapia, di sostanze danno-

se o che alterano l 'equil ibrio psicofisico come ad esempio, alcol,

sostanze stupefacenti e tabacco; nei casi piu’ estremi possono essere

anche associate a dipendenza. Attualmente il consumo di sostanze di

questo tipo sono molto diffuse tra i giovani e non solo; le cause, ritengo

siano multifattorial i ed i l consumo può mettere seriamente a rischio la

persona che le assume ed altre persone se tal i assunzioni avvengono in

particolari condizioni, ad esempio al la guida di mezzi o sul luogo di lavo-

ro. I l consumo puo’ portare allo sviluppo di dipendenza e quindi ad una

malattia in particolari condizioni psicologiche e social i .

Conosce la carta dei servizi e i diritti dei pazienti?

Sa elencarmene uno?

Bigi: La carta dei servizi è un documento che ogni servizio del la Pubbli-

ca Amministrazione o del privato accreditato è tenuto a fornire ai propri

cl ienti . Descrive final ità, modi, criteri e strutture attraverso cui i l servizio

viene attuato, diritti e doveri, modalità e tempi di partecipazione, procedu-

re di control lo che l’utente ha a sua disposizione. E’ uno strumento che

deve mostrare la trasparenza dei diritti e dei doveri sia del personale che

dei fruitori del servizio. Come esiste la carta dei servizi esiste anche la

carta dei diritti dei pazienti (utenti , cl ienti , fruitori) che prevede una serie

di diritti tra i qual i : diritto misure preventive, diritto al l ’accesso alle cure,

diritto al consenso, diritto al la l ibera scelta, diritto agl i standard di qualità

e alla innovazione, diritto ad un trattamento personalizzato, diritto al re-

clamo e alla sicurezza

Oddi: Si. La carta dei dritti del paziente è un documento di val idità euro-

pea, che ha come final ità quella di sancire i diritti che la persona ha

come individuo (infatti nel la prima parte essa comprende i diritti fonda-

mental i del l 'individuo) e come malato. E' diffici le scegliere quale tra i di-

ritti ricordare, essendo tutti preziosi ed essenzial i . Comunque pensando

al nostro campo di lavoro e alla fase di rinnovamento che il servizio sert

di Reggio Emil ia sta attraversando, con l 'imminente apertura di un ambu-

latorio a bassa soglia di accesso, ricorderei:

a) i l diritto al la prevenzione, comprendendo in tale concetto soprattutto la

prevenzione secondaria e quindi tutti gl i interventi di riduzione del

danno volti a l imitare l 'insorgenza di conseguenze socio-sanitarie

correlate al consumo di sostanze di abuso;

b) i l diritto al l 'accesso alle cure, che dovrebbe essere maggiormente ga-

rantito da questo ambulatorio che prevede l'accesso diretto della

persona.

Zannini:

a) La Carta europea dei diritti del malato, presentata a Bruxelles i l 1 5 no-

vembre 2002: "[. . . ] Malgrado le loro differenze, i sistemi sanitari nazio-

nal i dei paesi del la Unione Europea mettono a rischio gl i stessi diritti di

pazienti , consumatori, utenti , famigl ie, soggetti deboli e comuni cittadi-

ni. Malgrado le solenni dichiarazioni sul Modello sociale europeo (i l di-

ritto al l ’accesso universale ai servizi sanitari), numerose limitazioni

mettono in discussione la effettività di questo diritto. Come cittadini eu-

ropei non accettiamo che i diritti possano essere affermati in teoria e

negati in pratica a causa di l imiti finanziari. ”

b) La Carta dei Servizi Ausl-RE: La Carta dei Servizi è uno strumento ri-

volto a tutelare i l diritto al la salute, offrendo ai cittadini e al le loro asso-

ciazioni di rappresentanza la possibi l ità di valutare la qualità dei servizi

sanitari erogati ed i l rispetto degli impegni aziendali dichiarati .

Questa seconda edizione della Carta dei servizi è stata elaborata gra-

zie al l 'impegno dei Comitati Misti Consultivi distrettual i , organismi di

rappresentanza delle associazioni dei cittadini, che fin dal la prima edi-

zione hanno collaborato al la verifica degli impegni assunti dal l 'Azienda

e alla valutazione della qualità dei servizi sanitari , contribuendo in

modo propositivo al loro migl ioramento.

Cosa pensa dei trattamenti sostitutivi?

Bigi: I trattamenti sostitutivi sono molto importanti nel la cura delle di-

pendenze, ma penso vada chiarito con l’utente i l loro uso, cioè se vuole

affrontare solo i sintomi astinenzial i e prevenzione all ’overdose o supe-

rare la dipendenza. Questo è molto importante definirlo per l ’efficacia

dello stesso . I l trattamento con sostitutivi , come gli altri , deve essere

personalizzato e ci deve essere una buona compliance con il terapeuta.

Per l ’efficacia dei trattamenti sostitutivi è inoltre fondamentale l ’ integra-

zione con il sociale, l ’educativo, l ’abitare ed il lavoro

Opinioni a confrontoAbbiamo fatto cinque domande specifiche a tre professioniste impegnate nella realizzazione e conduzione della nuova Villetta Svizzera ora

denominata Officine di via Bocconi. La prima, Bigi, è assistente sociale della operativa La Collina e responsabile della nuova struttura;

un’altra, dott. Oddi, è tossicologa del Sert; ultima,dott. Zannini, sempre Sert è responsabile dell’area che coordinerà i lavori.

Un "nuovo" parco attorno alla "nuova" Villetta

Page 3: Giornale di Strada Libera-mente

GIORNALE di STRADAPagina 3

Oddi: In parte ho già risposto prima. Ritengo i trattamenti sostitutivi e

quindi sostanzialmente il metadone e la buprenorfina, per ciò che ri-

guarda il trattamento della eroinodipendenza, dei mezzi val idi ed efficaci

nel la cura di tale problematica. Infatti tale farmaco, tra i più studiati se

non il più studiato nella letteratura scientifica, favorisce:

• una riduzione dei danni sanitari (morte per overdose, trasmissione HIV

e malattie infettive) e social i (abbandono lavoro, famigl ia, riduzione atti-

vità i l legal i) conseguenti al l 'uso di sostanze d'abuso;

• la riduzione delle condotte di abuso e della quantità e frequenza di uso

dell 'eroina;

• la riabi l itazione e guarigione della persone.

Purtroppo però ritengo che la Sanità ital iana sia gravata da una lunga sto-

ria di inadeguato e non corretto uso di tal i farmaci per due motivi principa-

l i :

1 ) i l primo per l 'impregnazione e interferenza delle ideologie politiche e

moraliste che da sempre padroneggiano nel mondo della tossicodi-

pendenza, considerata purtroppo in modo diffuso ancor oggi, come vi-

zio e devianza;

2) secondo perché rispetto la complessità del la natura della tossicodi-

pendenza che affianco a conseguenze più strettamente medico-sanita-

rie, comprende ripercussioni social i e psicologiche, la loro prescrizione

non è di prassi attivata al l 'interno di trattamenti integrati e multimodali ,

cioè comprendenti anche interventi socio-assistenzial i , educativi e

psicologici, riducendo in parte la loro efficacia.

Penso infine, che tal i farmaci non dovrebbero essere definiti solo “sostitu-

tivi”, potendo risultare tale termine fuorviante, in quanto fa pensare, ahi-

mè, a un farmaco che “si da al posto dell 'eroina o degli oppiacei, per non

sentire l 'astinenza fisica”. L'azione infatti veramente terapeutica del meta-

done e della buprenorfina è quella di ridurre e contrastare l 'insorgenza

del craving e quindi del desiderio incontrol labi le e invasivo della sostanza

e nel contempo quella di rafforzare le capacità cognitive della persona in

particolare, la volontà e la capacità di scegliere e decidere per comporta-

menti gratificanti a lungo termine e non sulla base di impulsi.

Zannini: I trattamenti sostitutivi sono riferiti al la dipendenza da oppiacei.

Sono uno dei cardini del le attività di riduzione danno e tutela del la salute

rivolte al le persone dipendenti da oppiacei. Le evidenze scientifiche

internazionali ritengono che all ’attuale tal i trattamenti siano i piu’ indicati

ed efficaci nel la dipendenza da oppiacei, in modo particolare se sono inte-

grati con un supporto psico-educativo. All ’ interno dei SerT questo tipo di

trattamenti sono da lungo tempo attuati con buona compliance da parte

dell ’ utenza e sono efficaci nel lungo termine.

Lo stesso dicasi dei trattamenti sostitutivi del la nicotina per la dipenden-

za da tabacco.

La nuova Villetta Svizzera. Se ci sono state valide ragioni per trasfe-

rirla dal San Lazzaro, qual'è secondo lei la collocazione ideale per

una struttura di questo genere?

Bigi: Personalmente ho sempre pensato che il Parco sia un habitat molto

importate per la collocazione di un servizio di riduzione danno quale

Vil letta Svizzera, come pure la vicinanza alla città, cioè un luogo fa-

ci lmente raggiungibi le. I l trasferimento è dovuto al fatto che l’attuale Parco

dovrà diventare Campus Universitario.La scelta del nuovo luogo è stata

molto sofferta e complessa, i l non aver consultato gl i utenti è stato certa-

mente un errore. L’attuale luogo della nuova struttura presenta seri pro-

blemi di contesto quali : la maggior distanza dalla. città, la mancanza del

parco, la vicinanza di una strada ad alto scorrimento, i l canale e la ferro-

via. E’ un luogo certamente più isolato, non so se la popolazione che fre-

quentava la Vil letta Svizzera continuerà nel nuovo Drop in o se sceglierà

i l ritorno “in città”. Buono è il fatto che inizierà i l lavoro di riduzione del

danno dell ’unità di prossimità (Progetto SWITCH UP - vedi riquadro a fine

intervista, NDR) in vari luoghi del territorio cittadino. Lavorerà in integra-

zione con il drop in e non solo in relazione agli utenti ma anche alla citta-

dinanza di san Maurizio e degli altri luoghi del la città dove lavorerà.

Oddi: Rispetto i l nuovo drop-in di via Bocconi, i pensieri, le valutazioni

che si possono fare sono in parte positive e in parte negative. Di certo la

scelta di un luogo più periferico e quindi più isolato e di diffici le raggiungi-

mento da parte dell 'utenza, può ostacolare/rendere meno accessibi le i l

raggiungimento della struttura e quindi scoraggiare l 'utenza ad accedervi.

L'isolamento può rendere più diffici le la connessione con gli altri servizi e

con la città, andando in direzione contraria a quello che è uno degli

obiettivi degl i interventi nel trattamento delle tossicodipendenze, cioè fa-

vorire l 'inserimento o reinserimento dell ’ individuo nella società. L’ instal la-

zione di luoghi per consumatori nei centri abitati , inoltre, scoraggia

pratiche tossicomaniche o comportamenti violenti . Vantaggi però a mio

avviso ci sono:

1 ) innanzitutto è da sottol ineare il significato politico che può avere la

scelta di investire in un periodo di grande crisi economica (e spirituale)

del S.S.N. , con tagl i attuati in modo trasversale al le varie discipl ine

mediche;

2) la coesistenza di un ambulatorio per la terapia farmacologica della tos-

sicodipendenza, con un drop-in, dando una dimostrazione pratica

dell 'adozione da parte del sistema sanitario del famoso quarto pilastro

(la riduzione del danno), definito nel la famosa strategia svizzera di

intervento per la tossicodipendenza, insieme agli altri 3: prevenzione,

terapia farmacologica, lotta al la droga;

3) la possibi l ità di avere un luogo proprio da parte dell 'utenza, con locali

rinnovati e pul iti , è un importante opportunità, in un Paese in cui in

molti casi, i luoghi destinati al trattamento dei tossicomani, sono

sempre quell i più abbandonati.

Non parlerei infine di isolamento, anzi forse era maggiore i l senso di te-

nere lontano dalla cittadinanza i tossicodipendenti nel la vecchia locazio-

ne della Vil letta Svizzera, al l 'interno del San Lazzaro, in un luogo

circoscritto e non direttamente visibi le al la città. Qui al contrario la visibi l i-

tà è maggiore, i l che potrà favorire da una parte, lo spunto per educare e

informare la cittadinanza, ma dall ’altra soprattutto spaventerà la stessa,

rendendo pertanto essenziale un lavoro di scambio e di ricerca di coali-

zione con il vicinato. I l problema diverrà riuscire a far convivere e

accettare la cittadinanza del quartiere di via Bocconi,con questa “nuova”

realtà sociale e sanitaria.

Al lo stesso tempo la visibi l i tà può essere un importante problema per i

nostri utenti , come anche è emerso in alcuni incontri con loro, preoccu-

pati per la privacy personale.

Zannini: La nuova struttura di riduzione del danno e bassa soglia

d’accesso di Via Bocconi del SerT Ausl-RE è formata da uno spazio

ambulatoriale-sanitario strettamente gestito dal SerT di RE e da un

Drop-in, con offerta di accoglienza, sostegno socio-educativo e motiva-

zionale, accompagnamento e offerta di beni di prima necessità gestito in

appalto dalla Coperativa La Quercia .

E’ una struttura con caratteristiche di sicurezza sia per l ’ utenza che per

gl i operatori; dista circa 1 km dall ’attuale struttura, è in stretto contatto

con la comunità locale che è un interlocutore importante a cui far riferi-

mento per lo sviluppo del progetto. I l contesto locale viene riconosciuto

come ambito in cui possono essere ritrovate risorse e in cui favorire

l ’acquisizione di competenze. Si sta promuovendo con diverse iniziative

/incontri la massima integrazione possibi le col contesto sociale, con gli

enti pubblici sanitari e social i , con il privato sociale e con i cittadini stes-

si con l ’obiettivo di massimizzare le risorse presenti e di uti l izzare ogni

suggerimento o critica come possibi le fonte di migl ioramento. De-

stigmatizzare un luogo come questo è indispensabile per offrire cura alle

problematiche di dipendenza nella fasi di precontemplazione , quando

cioè la persona dipendente non ha ancora acquisito la consapevolezza

dei suoi problemi o è ancora in una situazione di ambivalenza psicologi-

ca. Ritengo che sia un luogo dove gli operatori (professionisti di diverse

discipl ine e di consolidata esperienza nel settore) lavorino con strumenti

di provata efficacia tal i da renderlo accogliente, dignitoso, ed ambito per

la presa in cura delle problematiche di dipendenza; ed infine ritengo che

la nuova struttura di Via Bocconi rappresenti, al l ’ interno del contesto

cittadino, un esempio di elevato l ivel lo di civi ltà di cui tutti noi, compresi i

cittadini, ne dovrebbero essere fieri .

Può darmi una definizione di Riduzione del danno?

Bigi: Riduzione del danno: serie di interventi uti l i al “prendersi cura” di

un’utenza dal diffici le rapporto coi servizi e che, in assenza di una moti-

vazione o di una capacità, non intende cessare il consumo di sostanze

Progetto "Integrazione"

Page 4: Giornale di Strada Libera-mente

GIORNALE di STRADA Pagina 4

psicoattive. La storia in I tal ia del la riduzione del danno è stata fatta dal

basso, cioè dalla iniziativa di operatori e di amministratori sensibi l i ad

accogliere le istanze che provenivano dalle pratiche di cura. . La riduzione

del danno, in I tal ia,è stato un pilastro “ufficioso”, non ufficiale, mai aperta-

mente riconosciuto nella sua importanza, che senza l’ investimento e la te-

nacia di un vero e proprio “movimento” che ha dialogato con la logica

istituzionale, non sarebbe stato costruito. Dall ’attuale governo la politica

della riduzione del danno non viene riconosciuta come tale, ma come pre-

venzione delle patologie correlate. Gli interventi previsti dal piano d’azio-

ne ital iano all ’Europa si attengono ai temi più tradizionali del la sanità

pubblica, non riconoscendo tre pratiche di interventi di riduzione del

danno, ormai largamente sperimentale sia nel Nord che nel Sud Europa,

quali la somministrazione control lata di eroina, le stanze da iniezione pro-

tette e il pi l l testing. Gli obiettivi strettamente sanitari del la riduzione del

danno sono stati in buona parte conseguiti :

• Riduzione della mortal ità per overdose

• Limitazione delle malattie infettive,

• Aumento aspettativa di vita media per le persone dipendenti da eroina

per via endovenosa.

I l principale impatto sembrano averlo riportato i trattamento a manteni-

mento con farmaco sostitutivo, la distribuzione delle siringhe steri l i

accompagnate dalla consapevolezza diffusa della necessità di pro-

teggersi dal le infezioni, i l lavoro di screening dei servizi rispetto le ma-

lattie infettive ed il conseguente sostegno alla compliance alla cura. Unità

di strada, drop-in, Sert, accoglienze del privato sociale hanno agito come

sistema per i l conseguimento di questi risultati .

Più diffici le valutare l ’ impatto sul l ’emarginazione sociale, sui senza fissa

dimora e la vita di strada. Un’attenzione doverosa concerne le persone di-

pendenti da sostanze stupefacenti straniere, senza permesso di

soggiorno, sempre più numerose e per le quali l ’ intervento è necessario

ed anche garantito per legge, ma incontra ostacoli a volte insormontabil i .

La riduzione del danno non è solo riduzione del danno alla persona, ma

anche riduzione del danno degli altri e del la società. Sul piano della sicu-

rezza, i l fatto di riuscire a garantire la soddisfazione dei bisogni primari e

di tenere in cura le persone, significa anche control lo sociale. Un

control lo sociale “leggero”, non repressivo.Le politiche di riduzione del

danno richiedono la partecipazione attiva delle persone dipendenti ed i l

loro contributo come persone informate, con un sapere specifico.

Oddi: Prevenzione secondaria/terziaria dei danni e conseguenze sanita-

rie e social i correlate al l 'uso di sostanze psicoattive, in persone che non

riescono, non possono, non vogliono al momento, interrompere il loro

uso di sostanze. Tali interventi non presuppongono e non chiedono

l'astensione della persone consumatrice attiva, per la quale è accettato e

riconosciuto i l diritto sia di scegliere di continuare l 'uso, sia di essere cu-

rati al pari di ogni altro individuo. Non posso non ricordare una frase di un

operatore anonimo in riferimento agli interventi di riduzione del danno, in

particolare tesi al la prevenzione dell 'overdose: “ Non si possono riabil ita-

re tossicodipendenti morti” (“Dead addicts don't recover”). Spesso il

concetto di riduzione del danno viene scisso da quello di trattamento sani-

tario/medico, eppure esso è intriso di contenuti sanitari e teso alla salva-

guardia della massima integrità fisica della persona. Pertanto ritengo che

questo “pi lastro” del le strategie di intervento efficaci nel la tossicodi-

pendenza, dovrebbe essere parte integrante e riconosciuta degli

interventi “offerti” dai nostri servizi sert e non essere rimandato come

spesso accade al solo privato sociale.

Sebbene nel nostro paese il concetto di riduzione del danno fu introdotto

solo pochi decenni fa, in coincidenza della diffusione epidemica dell 'HIV

e con l'avvenuta consapevolezza della necessità di attivare interventi di

prevenzione tesi a ridurre in primis la trasmissione tra le categorie a

maggior rischio del virus, ritengo che in realtà ogni intervento sociale e

sanitario a qualsiasi l ivel lo di cura e ambito, implica una parte di riduzio-

ne del danno. Di fronte un paziente portatore di tumore, diabete,

ipertensione arteriosa, la discipl ina medica fa quello che è possibi le in

quel momento in relazione alla gravità, al la disponibi l ità e caratteristiche

individual i del la persona e del servizio sanitario. La differenza sarà poi

nel l 'esito del l 'intervento: guarigione totale, parziale o prevenzione di un

ulteriore aggravamento. Per questo ritengo, suscitando sicuramente fa-

stidio o perplessità da parte di molti col leghi o dei puristi del l 'etimologia e

della semantica, che la riduzione del danno è forse l 'essenza della cura.

Zannini: "Le persone che consumano sostanze sono titolari di diritti (di

tutela, di assistenza, di cittadinanza) e di doveri (di tutela e autotutela).

Sono capaci di scelte e cambiamenti anche se persiste l ’uso ed in as-

senza di richiesta di curaO”

Una efficace azione antidroga si fonda su quattro “pi lastri”:

• Riduzione dell ’offerta/repressione del traffico

• Riduzione della domanda/prevenzione

• Trattamento e riabil itazione/integrazione

• Riduzione del danno/riduzione dei rischi RdD/R

La riduzione del danno/rischio può essere definita come somma delle

azioni volte ad evitare/contenere/ridurre le conseguenze derivanti dal

consumo (occasionale o continuativo) di sostanze (legali ed i l legal i) con

particolare attenzione ai temi del la tutela del la salute e della promozione,

del mantenimento e del migl ioramento del l ivel lo di inclusione sociale e

di soddisfazione dei bisogni di base delle persone che consumano so-

stanze. Gli interventi di RdD/R non sono subordinati al la cessazione del

comportamento di consumo, valorizzano l’orientamento alla cura anche

per i l loro valore protettivo verso la persona.

In accordo con le l inee guida nazionali ed internazionali , i danni e i rischi

principal i che si intendono ridurre o contenere sono costituiti da:

• patologie infettive trasmesse per via iniettiva e sessuale,

• mortal ità acuta (overdose, colpo di calore etc.) diretta o conseguente

(es. incidenti stradali etc.),

• eventi dannosi per la salute (aggressività, confl ittual ità, disturbi fisici

etc.).

La riduzione del RdD/R è una modalità di approccio che è complementa-

re ad altre strategie volte ad evitare l ’uso di sostanze, tipo la riabil itazio-

ne o la prevenzione.

Spazio libero

What's up? Switch UP!>che succede? Switch UP!<

E' ufficiale: Reggio Emil ia ha un'unità di strada di riduzione del danno rivolta a perso-

ne con problemi di tossicodipendenza.

Dall '1 1 apri le 2011 è attivo Switch UP, la componente del progetto Unità di Prossimità

che si occupa di -appunto- riduzione del danno. Switch, in inglese, sta per: cambio,

scambio, cambiamento, connessione; UP siamo noi. Per 1 0 anni UP [che ai tempi

era Unità di Prevenzione] ha lavorato in tutte le discoteche, feste, raves della città

con il camper arancione, i material i informativi -autoprodotti-, preservativi ed eti lome-

tro, prevenendo e limitando i rischi legati a sostanze psicoattive e sessualità. Da

settembre 201 0, UP è cambiato, anzi, è cresciuto ed è diventato un progetto di pros-

simità. I l campo di azione del progetto si è al largato ma le modalità di intervento sono

rimaste le stesse: andare là dove sono le persone; non giudicare i comportamenti e

le scelte altrui; accompagnare ed esserci, comunque; facil itare le relazioni intergene-

razionali , creare e rafforzare legami; favorire la corretta informazione e la partecipa-

zione sociale; lavorare all 'interno della rete dei servizi socio-sanitari del la città;

stimolare e promuovere la creatività, le passioni e le risorse personali . A tutto questo

ora si aggiunge una parte più sanitaria di prevenzione delle malattie sessualmente

trasmissibi l i (HIV, HCV) con lo scambio di materiale steri le [raccolta di siringhe usate

e distribuzione di nuove, distribuzione di preservativi] e la tutela del la salute di perso-

ne che usano sostanze per via iniettiva attraverso la distribuzione di fiale di acqua fi-

siologica iniettabile, salviettine disinfettanti , naloxone [“narcan” farmaco contro

l 'overdose].

UP è un progetto finanziato dal Comune di Reggio Emil ia e dalla Regione Emil ia-Ro-

magna; con il nuovo mandato, inoltre, si opera in stretta collaborazione con l 'AUSL

ed in particolare i Ser.T dei distretti del la provincia (che forniscono le attrezzature sa-

nitarie) e con il Drop-in Vil letta Svizzera. L'ente che gestisce UP, è l 'Associazione

ONLUS Cento Sociale Papa Giovanni XXI I I .

Gl i operatori di UP, in vista del trasferimento e prossima apertura della nuova sede di

Vil letta Svizzera, sono in affiancamento agli operatori del la Coop. Soc. La Quercia,

al l 'interno del drop in due volte a settimana, i l lunedì e giovedì dal le 1 0 al le 1 3 circa.

Switch UP è attivo tutti i giorni dal le 1 7:00 alle 1 9:00. Ci trovi i l lunedì, martedì e ve-

nerdì in piazzale Europa [parcheggio dietro la stazione] e i l mercoledì e i l giovedì in

via del Verme [zona via Pansa]. Cerca il camper arancione!

Per info e contatti: cell 34711 611 54, mail [email protected]

Page 5: Giornale di Strada Libera-mente

GIORNALE di STRADAPagina 5

Da quasi tre decenni si parla di que­sta entità. Lo si è fatto in manieraabbondantissima all'inizio, alla sua“comparsa”; poi sempre meno, occa­sionalmente. Poi ancora meno, ma luic'è ancora, eccome.L'idea è di incontrare proprio lui echiedergli come sta andando questaesistenza che sembrava essere unevento epocale solo ieri.Lo si può incontrare ovunque, è cosmopolita e nonè classista. E' in grado di accoppiarsi conchiunque, non bada all'età, al sesso, al luogo, alleconvinzioni politiche o religiose, all'etnia,all'aspetto. Molto democratico. Lo è totalmente.Ci siamo abituati a chiamarlo AIDS, ma sarebbepiù corretto chiamarlo HIV (virus da immunodefi­cienza umana), un'infezione che se non riconosciu­ta, non curata, può portare all'AIDS (sindrome daimmunodeficienza acquisita).Decido di incontrarlo in un posto a caso, dalle mieparti, per comodità. Suono. Aspetto. Apre.— “Salve, sono un vicino, un concittadino, uncondomino"L'altro c'è, ma non lo vedo bene, sembra checambi davanti a me, muta in continuazione, un ca­leidoscopio, un'allucinazione psichedelica, lisergi­ca, ma c'è e risponde.— “Ah, salve”— “Sono venuto qui per conoscerla”— “Ah, grazie, piacere, arrivederci" ­ E richiude.— “Un momento! Vorrei farle un'intervista. Bre­ve”. — Aspetto. Riapre. Sta lì.­ “E' possibile. Venga”.Duro il tipo da acchiappare, ma sembra possibile,direi facile, basta insistere; neanche tanto.Entro. Preferisco non ricordare dove. Mi vieto rea­zioni, sensazioni, distrazioni. Obiettivo, vai!— “Mi dica qualcosa di lei... come si chiama... chiè... Cos'è?”.— “Mai pensato di darmi un nome, veramente.Nei testi però mi chiamano HIV (poco simpatico,ma a me non importa. Non è una questione mia).Su chi sono o cosa sono; bé, sono un essere vi­vente. Sempre nei testi vengo definito un virus,anzi più precisamente un retrovirus. Ma ce n'è unsacco di altri nomi: il cancro dei gay, la lebbradei drogati, la peste del XX secolo, il castigo didio, il contorno viola. E così via, la fantasia para­noica e malefica non ha confini. A me nonimporta nulla. Anzi, mi diverte e mi facilita icompiti. A me interessa vivere, riprodurmi, comea voi umani: senza guardare in faccia nessuno.Nonostante viva all'interno di voi umani e con li­miti decisamente ristretti — solo nel sangue e neiliquidi seminali una quantità sufficiente per unapossibile trasmissione, impossibile l'esterno,impossibile per me sotto o sopra le temperaturecorporee, ecc. — le cose mi vanno abbastanzabene. A dirgliela tutta non me l'aspettavoneanch'io. Siete ancor più superficiali e sciocchidi quanto già non sapessi. Vi sono molto grato,ormai penso in grande. Molto in grande. Conqui­sterò il mondo se continuo così. Fantastico, il po­tere”— Intanto che dice quest'ul­tima frasel'attività cangiante sembra crescere.— “Senta, io so che lei può essere combattuto conle terapie. O è sciocco e superficiale anche leicome noi tanto da negare l'evidenza?”

— “L'evidenza è che le terapie sono a disposizionedi una minima parte di persone e zone della terrae comunque anche lì continuo a crescere. Allora,chi nega l'evidenza? Io o voi?”— “Questo è un punto per lei. Ma mi dica, allora,per la storia e per correttezza giornalistica: dadove viene lei?” — Scoppia a ridere.— “Questo aspetto è ancora troppo divertenteperché smetta di godermela con le ipotesi che ave­te fatto e continuate a difendere a oltranza e acrearne. Le basti una per tutte: per eminenti stu­diosi io non esisto, non sono né un virus né unantivirus. Come mi diverto, chissà cosa sono eintanto mi diffondo. Un indizio mi va di darlo: ilSIV (virus dell'immunodeficienza delle scimmie)è molto simile all'HIV. Sappia che è un'informa­zione che comunque non risponde del tutto allaquestione. Comunque per gli oppositori del capi­talismo sono un'invenzione, se non una produzio­ne, delle multinazionali, per gli antiamericanisono un prodotto dei loro laboratori militari, peri moralisti il giusto frutto di comportamenti de­vianti. Per tutti qualcosa che non li riguarda. Pertutti qualcosa creato dai nemici di sempre, senzadubbi. C'è la storia dell'umanità in questo.”— “Ok, ti stai divertendo, ti sta andando allagrande; ma allora, giochiamo a carte scoperte!Non mi importa nulla che ci ritieni sciocchi e su­perficiali. Sfondi una porta aperta, ho le mie opi­nioni in proposito. Comunque anche tu non seipoi così furbo, alla lunga. Ne stai ammazzandodecine di milioni e se il tuo solo obiettivo è molti­plicarti all'infinito in fondo al tuo gioco ti saraimangiato tutto ciò che ti nutre. Che poi noi si stiafacendo lo stesso con i rapporti che teniamo tranoi e col pianeta che ci ospita non ti da certovantaggio. Pertanto: hai nulla da ridere. Pensa­ci. In ogni caso oggi a me interessa questa batta­glia. La guerra è un altro discorso che non facciocon te. Abbiamo circa 30 farmaci, studi avanzatisul vaccino e per il resto ti assicuro che maismetteremo (alcuni di noi) di lottare per l'accessouniversale alle terapie e farti fuori. Chiaro?Tocca a te. Che mi dici? Dammi pure del tu, ho co­minciato io.”— “Lo sai anche tu che il problema vostro è solo inparte nell'accesso e nel costo delle terapie, perora comunque non risolutive e per pochi. Ti ripe­to: ho solo due obiettivi, sopravvivere (e 30farmaci che non mi debellano sono la prova chesono in gamba. Parecchio, direi.) e diffondermi (eanche qui ammetterai che la mia modalità di tra­smissione di gran lunga prevalentemente, quellasessuale, è una gran bella genialata, no?!)”— “Già. Sul sesso è un bel terreno. Si gioca facilese si vuol far casino e approfittarne per governa­re, per conquistare, per confondere, per specula­re. Ma a me ora interessa un'altra capacità tra letue. Quando ti attacco tu cambi rapidamente e tidifendi ogni volta. Ti danneggio, ma solo per unpo'. Hai spie nelle alte sfere, che ti passanoinformazioni?”— “Siete convinti di conoscere i meccanismi dellavita e della morte. Caro mio, i segreti della vita edella morte per voi sono ancora ben protetti. Ioposso cambiare più volte nel corso della mia esi­stenza perché sono semplice, agile e amorale, cosìfinché che voi mi considerate complesso e cattivoio sono tranquillo. Va bé, posso dirtelo. Perchétanto tutto è sotto i tuoi occhi ma i tuoi pregiudiziti impediranno di vedere. Sfrutto semplicemente

la tua forza contro di te. Come un bravo monacoshaolin. Come vedi qualche cosa di davveroimportante già lo sapreste, ma voi credete nellaforza bruta e allora andiamo pure avanti per unbel pezzo. Come siete buffi e tragici! Quanti sforzinella prevenzione, quanti nel predicare rispetto,responsabilità, amore serio e consapevole, fidu­cia, comportamenti corretti. Ti rendi conto cheson qualità e caratteristiche che non avete, se nonsulla lingua e in qualche anomalia umana pocofrequente? In fondo io vi sto dando un'occasione.Un'altra. L'ennesima, per riflettere su voi stessi.Son sicuro che non la userete.”— “Sì, siamo lenti e convinti di essere sapienti,come ogni vero grande ignorante. Eppure sappiche quelle anomalie umane poco frequenti, comele chiami tu, sono umane, prima di tutto, e sa­pranno sconfiggerti senza odiarti. Lo farannoanche per tutti gli altri e poi tutti quanti puntere­mo di nuovo verso un nuova sfida armati dellanostra grande ignoranza, brutalità, ingordigia,ma anche di una quantità di sogni e ideali. Cose,caro mio, che tu non hai. Questo farà la diffe­renza.”— “Perfetto, continua a sognare. Io ho del lavoroda svolgere. Ci si vede.”Chissà perché, questa cosa dei sogni e degli idealimi sembra l'abbia irritato più del resto. Vuoi vede­re che … In fondo i primi risultati contro questoessere li ha dati proprio l'incontro di persone conHIV senza farmaci, senza risposte di nessun tipo,solo domande, montagne di domande e fatticoncreti drammatici. Niente di positivo da anno­tare complessivamente in primo quel periodo,solo la volontà di resistere di alcuni e l'incrementodegli studi di ricerca di alcuni altri. Panico diffuso.Ora la situazione è molto diversa, siamo al noccio­lo della questione nell'affrontare da un lato unafase avanzata della ricerca e dall'altro ancora lalotta contro con le abitudini mentali, dicomportamento e di cultura che si riescono a scal­fire a malapena. Durissima. Right on, brothers!Ho alzato lo sguardo a mezza altezza puntato suniente, come faccio senza accorgermene quandomi chiudo nei miei pensieri. Basterebbero un paiodi pensieri lontani nel tempo:— “Più mi sembra di capire qualcosa e più so dinon sapere” ... “Non fare agli altri ciò che nonvorresti fosse fatto a te”— Niente. … no, beh,poco. Troppo poco. RISPETTO.Basterebbe che questo concetto non fosse solouna parola, per i più.Intanto sto girando le spalle e me ne sto andandopensoso. Senza salutare. Senza ringraziare. Senzainsultare. Senza neppure un insulto o un bacio.— “Ehi tu, in gambissima! Te ne vai?” lui. Esso.— “Eh? Cosa?” io.— “Ma lo sai che sei rimasto qui con me un belpo'? E non sto parlando di quel che ci siamo detti,sai. Eh!!? Ah, ah! AH! AH!AH!”— “Ma lo sai che: uno, ho preso le mie precauzio­ni, potrei abbracciarti e non rischiare nulla, manon ti abbraccio solo perché sono dispettoso;due, hai rivelato il tuo delirio di onnipotenza, latua bramosia distruttiva, la tua ingordigia, il tuoodio e quindi hai rivelato la tua fragilità. E' comese tu avessi dichiarato la tua debolezza, la tuafine. Le tue abilità non sono in discussione, ma latua forza è soprattutto nella nostra paura equindi il tuo potere è limitato e discutibile. Ciao,adesso vado”.— “Oh, cazzo!”— “Fanc...” … e canto pure! .Rock Pop Punk Blues Soul R&B Rap Hip hop FolkCountry Etno Classica Crossover Fusion JazzAll together: ALL WE NEED IS LOVE

Un'intervista all'HIV?«è possibile»di Jo Falloprotetto

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GIORNALE di STRADA Pagina 6

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GIORNALE di STRADAPagina 7

Pietro AnceschiPittore, scultore, il lustratore.

Lavora in uno degli ateliè dell'assocazione di artisti

"viadeiduegobbitre" in Via Dei Due Gobbi.

tel 3488849830 - EMAIL [email protected]

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GIORNALE di STRADA Pagina 8

No! No! Non è possibile! E' già qui, dopo qualche curva e neanchetanto curva.Maledizione! Che cazzo devo fare? La saliva mi riempie la bocca,un classico del vomito. Perché è quello che devo tentare di argina­re: il subdolo e traditore vomito.Lo stronzo sono io, perché ho voluto fare il grande: con un paio digrammi di roba ho preferito aspettare la sosta che fa la corrieradopo circa due ore di viaggio. E adesso?Devo assolutamente cacciare fuori i liquidi. Mi sento la salivafredda sul collo. Che brutto!Ho deciso, mi alzo, e con le budella in bocca vado verso l'autista.­"Salve, sto malissimo. Ho bisogno di vomitare, non riesce a trova­re una piazzola, qualcosa da poter accostare?"­ Silenzio da partedell'autista.Sento la freccia e la corriera che accosta in una rientranza dell'au­tostrada.Si aprono le porte e io volo giù proprio perché ero al limite: VAI,caffè liquido e la bile verde che stoppa la vomitata. Lentamente ri­salgo e l'autista che pareva muto mi dice:­"Tutto bene?"­"Si, ora torno al mio posto, grazie."Mi sento bianco, la testa come un ventilatore. In bocca un saporemisto di cavolo marcio e minestrone da buttare.La sosta è prevista per le 8.30/9.00 a Fivizzano, in Toscana. Ioconvivo con un pugile che picchia nel mio stomaco come unfabbro incazzato.Che viaggio eh? Un Trip. Genova­Ramiseto per scappare dall'eroi­na. In tasca qualche pera, una manciata di Tavor e un milione di li­re circa in contanti. In valigia quattro stracci vecchi e sbiaditi,quei pochi che mi ha permesso l'eroina, indumenti da mercato, po­vertà assoluta.Siamo all'estate dell'87. La roba mi ha messo K.O. in due anni,giorno dopo giorno mi ha fatto suo senza farmelo sapere.Attenzione! Attenzione! C'è la sosta. Vedo la scritta WC e mi preci­pito. Mi siedo sul cesso; impasto; il rosso che colora la liquida eroi­na e poi BOOM, lo stantuffo che spinge il mischione e mi cambiain due secondi tutto l'intorno.Esco e acquisto un po' di focaccia. Due morsicate e la caccio aterra. Merda, ancora IL vomito. Ma questo è vomito di fattanza,ottimo direi.Ripartiamo.Chiaramente sto bene, anche se non mi azzardo a bere liquidiperché non li terrei sicuramente.Passano dieci minuti e ci do di abbiocco. Mi sveglio a Cervarezza,cinque minuti dalla mia fermata. Però l'ho passata bene da Fi­vizzano. Il bivio dove mi lascia la corriera è tale Sparavalle. Dopo isaluti all'autista mi trovo un amico di vecchia data ad aspettarmi,Oscar.­"Ciao Oscar, beh?"­"To mamma la ma dit se podeva gnirt a tor."Salgo e si parte.­"Cuma vala? E man dit che te fat un po' al coion oh no?"­"Ma si. Qualcosa, però niente di irrisolvibile".­"Mei axi".

Arriviamo a Costa di Ramiseto, diciamo la mia borgata. SalutoOscar e do un occhio a casa mia, che però mio padre già per tele­fono me l'ha messa out.Ecco la telefonata:­"Ciao papà"­"Ciao una bella merda, bada den gnir mia in cà. Al canchel tal poguardar ma passi come si dice, intesi?"­"Va da to zia"­ continua lui ­"e an t'azardar se sun in cà gnan aguardar dentre. Ok?"­ Click.

Così è il clima paterno. Io mi infilo di sotto e gli zii hanno prontoin tavola. Si mangia e i miei zii sono felici di potermi ancora unavolta accudire e difendermi tenendomi da loro.Finito il pranzo arriva ciò che aspettavo. La lavata di capo. E' miazia a farmela.­"Allora, noi siamo daccordo di tenerti qui finché ne hai bisogno,quello che è successo a Zena non vogliamo saperlo, vala ben? Quia Ramiseto voglio che ti comporti bene. Hai tutti i tuoi spazi e setfe a mod insun ad dira quel. Se cominci a rubarci in casa a me eallo zio quella porta rimarrà chiusa e stavolta non scherzo. Etinquadrà la facenda?"­"Si zia, ti ringrazio per l'ennesima occasione e saprò stare al mioposto."Direi che aspettavo queste cose così come sono arrivate.

1 . Continua

Cronache di CromoRomanzo autobiografico a puntate

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GIORNALE di STRADAPagina 9

Trasformazione deriva da trasformare (ant. transformare) v. tr. [dal lat. trans­formare, comp. di trans­ «trans­» e formare «dare forma»] (io trasfórmo, ecc.). Ri­durre in forma diversa dalla primitiva, far mutare di figura e di aspetto, distruttura e di funzione. È verbo di larghissimo uso e può riferirsi a mutamenti diqualsiasi genere, provocati dall’opera della natura, dall’intervento dell’uomo, dafatti d’ordine soprannaturale. Così scrive la Treccani.Trasformarsi è cambiare cercando di mantenere una propria continuità. Se sipensa che siamo fatti per il 60/70% di acqua proviamo a pensare a quanta acquaesce ed entra nel corpo, a quale quantità immensa di liquidi il nostro corpo go­verna per tutta la vita. E qual è il destino dei liquidi! Il corpo come una spugnatrattiene e si trasforma dai liquidi esterni e ne ha bisogno vitale: è un continuo pas­saggio da dentro a fuori e viceversa. Il liquido esterno, come il cibo, viene assimi­lato e noi diventiamo ciò che assumiamo. Anche le ossa si rinnovano, lentamentema inesorabilmente. Questo puro fatto biologico ha i suoi correlati in altri campi.Cambiare è anche un grande mito: lo si invoca sempre, il cambiamento, ma spessoquesto desiderio è zavorrato dal timore di farlo… I “falsi movimenti” sono ubiqui­tari… Cos’è, dunque, che ci impedisce di seguire il naturale realizzarsi del muta­mento? Perché l’essere umano spesso ci appare così “reazionario”? A livelloplanetario, tanto per fare un esempio “macro”, c’è l’emergere di una nuova razza,meticcia, frutto della commistione tra diversi individui: è noto a tutti quanto que­sta idea di mescolamento etnico spaventi molti. Ciò che inquieta ha a che fare conil fantasma della contaminazione e la reazione più retriva ha a che fare con un’ideadi assoluta identicità, la purezza della propria razza, il male che viene dal diverso.L’identico, l’”omo”, è l’ultimo baluardo all’inevitabile cambiamento; dall’altraparte, il “trans”, l’attraverso, induce a ripensare le nostre categorie mentali. Le di­visioni manichee tra bene e male, tra lecito e illecito, tra sano e malato, solo per ci­tare le più abusate, preservano gli individui dal pericolo di esperire confusione edincertezze, angoscia e tutti quei sentimenti spiacevoli che l’attuale società tendecon violenta pigrizia a problematizzare se non a medicalizzare. Alla necessaria edinevitabile “teoria della complessità” che dovrebbe “informare” le nostre azioni , inostri pensieri e le nostre ideologie, si contrappongono con furore cieco pseudoteorie semplificative che tanto evocano obbrobbri passati della storia. Il contestoculturale attuale non aiuta in tal senso: cultura è rispetto per l’altro, nascedall’umiltà di non conoscere, è sforzo e fatica, è continuo confronto con gli altri eperenne ridefinizione di sé stessi, ma soprattutto è decentramento dal propriopunto di vista. Assistiamo invece all’emergere di un nuovo individuo –che ormaitanto nuovo non è, purtroppo­chiuso in una sua monade asfittica e sterile: unesempio è la persona sempre connessa altrove dallo spazio fisico in cui si trova.Vien da pensare che anche il “qui ed ora” terrorizzi… I passeggeri di un treno cheascoltano l’ipod, usano il computer o “comunicano” (virgolette d’obbligo) con ilcellulare sono un paradigma di questi corpi stanziali in uno spazio comune ma condistanze siderali tra loro; oppure i concerti musicali in cui una selva di cristalli li­quidi digitali si erge come tanti iceberg tra la folla impedendo la fruizione comodae diretta degli artisti che si esibiscono fanno pensare a come gli occhi e il cuore sia­no delegati sempre ad un altrove, ad altri spazi, altri tempi, altri fruitori… Aliena­zione è una parola che anni fa si usava molto, ora sembra un po’ in disuso, forseperché ormai fa parte di noi, è sotto la nostra pelle… Si pensi ancora a come la ri­cerca intellettuale sia stata pesantemente incanalata al “moloch” delle digitazionisu Internet, a come il fare ricorso ai propri imperfetti ragionamenti sia divenuto un“fare” obsoleto, delegato a un qualcosa di esterno e di pre­esistente. Questo fa sìche alla fine ci si ritrova sempre più realmente insicuri ed imperfetti a fronte diun’immagine falsamente funzionante ed efficiente, più in azione che in riflessione.E questo incessante “fare” determina un allontanamento da noi stessi perché è unfare automatico e preordinato, carente dell’adeguata nascita di un desiderio: in findei conti è un’azione autodistruttiva che si è insinuata abilmente mascherata dapseudo­abilità. L’”omo”, quindi, ci risuona meglio come omologazione, come un“linguaggio uguale” e perciò depotenziato dalla naturale differenza e ricchezzadell’alterità, sia interna che esterna a noi, mentre il “trans” ci appare come “chi­mera rivoluzionaria” ma anche come più adeguato al tempo in cui viviamo. Ilpensare reale è destrutturazione e ricostruzione perenne, smuove emozioni nonsempre piacevoli quando si confronta con l’esterno, ma è il tramite essenziale perla trasformazione; dall’”altra parte della barricata”, il rimuginare sempre uguale ase stesso, gli slogan o le affermazioni assolute ed indiscutibili sono i segnali dellapaura del cambiamento e della necessaria perenne rimessa in discussione chesempre dovrebbe attraversare le nostre vite.

L'Omo e il Transdi Alter­ix

La canzone del pre Unodi Conti EoloDa qui, dal regno del bambino, sì da qui

dove si canta la canzone del preuno

da qui dove prima dell’essere sta la

sollecitudine per l’essere

da questa allegria intristita dalla mia partenza

io vi scrivo compagni

mentre tutti i giorni muoiono,

vi scrivo che non è tempo, non è tempo

non è tempo per trasmettere parole

forse tra 100 anni di duro silenzio

forse 100 anni renderanno possibile l’ascolto

ma ora no,

non ora non ora non ora

prima dell’uno l’ombra dell’uno canta la canzone

prima dell’uno il doppio dell’uno

ripete la canzone

prima dell’essere la sollecitudine per l’essere

ma non ora

ora è tempo di mercanti

di catene dorate di gabbie luminose

di predatori ottusi

di uomini accampati nel cinismo della vita quotidiana

che casificano la poesia

poetizzano casi

non ora non ora non ora

… e poi, come dice Nieve

se non basta un corpo per contenere questo

se non c’è spazio né parole per dirlo

perché trasmetterlo? E a chi?

Per chi una pedagogia della voce rotta e degli occhi umidi?

Per chi una pedagogia dell’orecchio di Van Gogh?

Non ora non ora non ora

non in questo tempo di lacrime salate

non in questo tempo di luna e sabbia di luna

e chiodi

non ora

ché proprio ora vi ho conosciuto e già mi mancate,

vi prego, tacete, non cantate ad altri la canzone del pre uno,

lasciate che il vento la porti

con lacrime salate

luna, sabbia di luna

e chiodi…

Page 10: Giornale di Strada Libera-mente

GIORNALE di STRADA Pagina 1 0

Se volete contattarci per proporre

articol i , domande o anche solo

per mandarci a quel paese

. . .e chi non ha il computer

lo farà sicuramente. . .

scriveteci a questo indirizzo:

[email protected]

Passaggi scolasticiHo avuto la fortuna di vivere i primi anni del la

mia vita in un paese della provincia dai primi

anni del l ’asi lo fino al la quarta elementare.

E’ mio dovere premettere che i grembiul ini sia

del le femmine che dei maschi erano dello

stesso blu e si distinguevano le prime per un

colletto bianco ricamato e abbottonato al col lo,

mentre i secondi per un bel fiocco blu anno-

dato allo stesso modo. Tra di noi non si viveva

tanto la differenza di sesso essendo tutti noi

abituati a condividere spazi e giochi. Talvolta

ci dividevamo in gruppi tenendo presente più

le affinità di gioco che la diversità di genere.

Maschi e femmine si mescolavano per creare

squadre di gioco senza alcun problema.

Nella scuola suonava la campanella due volte:

una per segnalare l ’ inizio del le lezioni e l ’altra

la fine della giornata scolastica. La ricreazione

era regolata dalle maestre che control lavano

l’ora.

Premesso questo vi racconterò ora il mio pri-

mo giorno di scuola a Reggio Emil ia, la città!

I grembiul ini erano bianchi per le bimbe,neri

per i bimbi.

Cercando la mia nuova classe, quando fi-

nalmente la trovai, affacciandomi la vidi divisa

nettamente in due colori, bianco a sinistra e

nero a destra con alla fine un unico banco

vuoto dove cercai di sedermi, ma venni subito

aggredita da un bimbo che mi disse:

- “ Ehi tu sei una femmina ed io non ti vogl io

dietro di me, sposta i l banco e vai nel la tua fi-

la!”

Suonò la campanella del l ’ inizio del la lezione

ed entrò una signora che si fece il segno della

croce e ci fece recitare l ’ave ma-

riaOOOOO..

A metà mattina suonò un’altra campanella ed

io automaticamente chiusi la cartel la e mi

avviai per andare a casa pensando che come

primo giorno ci facessero fare solo due ore. La

maestra se ne accorse e mi domandò cosa

stessi facendo. Le risposi che per me il se-

condo suono della campanella significava la

fine della giornata scolastica. Lei mi rispose

sorridendo che invece la campanella suonava

per avvisare l ’ inizio del la ricreazione.

Al mio ritorno a casa spiegai ai miei genitori

l ’accaduto, che stavo tornando a casa prima

della fine delle lezioni. Scoppiammo tutti in

una fragorosa risata!

Kikka

Storie di vi(llet)ta vissuta

Nella primavera del 1 999, per la prima volta apre la Vil letta Svizzera, struttura rivolta a

dare un servizio a tutta le persone con problemi di dipendenze senza altro posto dove

andare. Questa iniziativa ha da subito suscitato polemiche e pareri sfavorevoli nei

reggiani, ma immediatamente si è notato che dal centro di Reggio erano sparite proprio

quelle persone che per loro costituivano motivo di turbamento. Grazie al la Vil letta si so-

no avuti altri risultati , un calo della mortal ità per overdose grazie al la distribuzione del

“NARCAN”, fialette che iniettate in caso di overdose salvano la vita nel 90% dei casi; in

11 anni si sono verificati solo 2 decessi; è calato i l tasso di malattie trasmesse con la

distribuzione di material i steri l i per iniezioni e preservativi ; meno persone si lavano nelle

fontane del centro o nei bagni pubblici grazie al la doccia pubblica, al la lavatrice ed al

deposito bagagli ; molti tossicodipendenti e alcol isti hanno intrapreso un programma di

recupero grazie ai col loqui che vengono fatti al l ’ interno della struttura con gli operatori e

molte persone grazie al la struttura e al sostitutivo hanno smesso di fare uso di stupefa-

centi. Questi sono risultati che non possono far finta di non vedere. La struttura è nata

e ha continuato ad esistere grazie al lavoro e all ’ impegno di tutti gl i operatori e a quei

ragazzi che hanno fermamente creduto in questa iniziativa. Dalla testimonianza di quei

ragazzi che sono stati i primi utenti ,si è chiaramente capito che la struttura è diventata

parte integrante della loro vita,ci basti pensare che quando è stata messa in opera la

struttura hanno partecipato anche gli utenti sistemando ogni cosa: è stata adibita una

stanza ad atel ier dove le persone potevano stare insieme a dipingere quadri, lavorare

l ’argi l la,creare oggetti di bricolage,ecc. ;una stanza adibita a “music room”, con stru-

menti musical i per imparare a suonare uno strumento e quindi suonare e cantare insie-

me;una stanza adibita a cinema, dove guardare fi lm e poi commentarl i insieme; una

stanza preparata in ogni suo particolare per fare una colazione calda la mattina e una

sala pranzo dove condividere il cibo senza dover sempre mangiare in strada da soli co-

me cani;anche il giardino è stato ripul ito da rovi e cespugli secchi creando uno splendi-

do paesaggio. Sin dal l ’ inizio c’è stato una forte partecipazione da parte di tutti con

profonda amicizia, tutti si aiutavano e questo era motivo di vita sana. Con il passare de-

gl i anni si sono però presentate persone che hanno usato la Vil letta per i loro scopi

tutt’altro che costruttivi e piano piano hanno rotto quell 'equil ibrio creato con tanta fatica.

Le forze dell ’ordine hanno lavorato per arginare questo problema dove gli utenti , per

evitare confl itti , erano impotenti . Nonostante qualche problema, che è normale

incontrare in un qualsiasi percorso di vita, la Vil letta ha continuato ad esistere e a que-

sto scopo ora è stato pensato di aprire una nuova Vil letta Svizzera,speriamo tutti che

continui a funzionare nel modo più ottimale possibi le e che non si trasformi in un ghetto

sfruttato da chi vede solo in quelle persone di strada un modo per guadagnare soldi

sul la loro pelle.

Rosso

(segue da pag. 1) . . .si guarda dal finestrino e tutto scorre,anche la propria identità si perde nel

vento e nell ’ebbrezza della velocità, del dover andare in qualche postoOOOO.identità fuggita,

assenza di identità, stato borderl ine.

Si apre il palcoscenico del non definito, del l ’anel ito costante, del la vivacità agita, le scenografie

cambiano; se il mondo possiede i suoi quadri sicuri, i suoi rigidi , ma rassicuranti , ritual i condivisi ,

ecco che tutto diviene più morbido, gommoso o terrificante, tragico, persecutorio, angeli e fantasmi

circolano ansimando per le zone crepuscolari di questa normalità l iquida, gelatinosa. Molte perso-

ne vivono senza stazioni di riferimento all ’ interno della loro anima, e si sentono costantemente in

viaggio senza treno alcuno, e tutto diviene più diffici le, la lotta per la sopravvivenza quasi impossi-

bi le. Le città sono piene di persone: tutti corrono per dover far qualcosa, la vita quotidiana lo impo-

ne. Anche gli abitanti del crepuscolo corrono, ansimano in un territorio che non ha il confine

definito dagli oggetti benevoli che abbiamo esperito come rassicuranti . Unica costante dei senza

patria è il proprio respiro, spesso misconosciuto, ed una costante ebbrezza che confonde deside-

rio con paura, amore con rabbia. Quindi i l dover correre è per loro più diffici leO.ah, se il mondo

fosse maggiormente benevoloO.diffusa affettività, attenzione, empatiaOOuna volta esperita

come solidarietàOOOquanti abitanti del crepuscolo troverebbero dimora. C’è chi ha strumenti per

vivere e chi lotta per la sopravvivenza. Chi crede di essere evoluto e padrone della sua storia, chi

invece sente i l vento che lo getta in una terra dove non avrebbe voluto essere. Questo giornale

vuole essere, aspira a diventare, strumento del “dare voce” a chi non ha strumenti social i , come i

soldi, un lavoro, una casa, oggetti di qualsivogl ia valore, forse eccetto la memoria, vuole anche es-

sere antenna ricevente e comunicante del popolo dell ’affettività negata, del l ’affettività ferita, del le

passioni non addomesticate, popolo del pre-significato, del non ancora, degl i abitanti del la “reve-

rie”; questo giornale è un’avventura che forse durerà quanto un bagliore primaveri le, come un’effi-

mera nella notte,o forse continuerà a dire qualcosa, ma che cercherà di essere vaccino contro la

malattia del la possedomania, del l ’autoreferenzial ità compulsiva, del la normopatia, del narcisismo

esasperante, del la competizione ad oltranza, del ruolo sociale, per difendere chi ancora crede che

non sia possibi le vivere in un mondo senza farfal le!

AhOOil nostro eroe è il flaneur, l ’ idiota che esclama, grida:” i l re è nudo!”

Un grazie a chi ha creduto e voluto partecipare all ’ impegno.

Jack Crepuscolo

Page 11: Giornale di Strada Libera-mente

GIORNALE di STRADAPagina 11

La storia della droga ha probabilmente inizio con l’uomo che, con mo­dalità e finalità diverse nel tempo, ha da sempre fatto ricorso a so­stanze psicotrope, a tutte le latitudini, sia geografiche che sociali.In scavi risalenti alla fine del neolitico e della prima età del bronzo, 4­5000 anni fa, effettuati in Spagna e Svizzera, sono stati ritrovati semidi papavero da oppio, indice quindi che questa pianta era già nota edutilizzata. I sumeri, già nel 1300 A.C., usavano comunemente l’oppioe non deve stupirci se lo stesso Alessandro Magno (IV secolo A.C.)avesse diffuso tra i suoi soldati il costume di assumere oppio per resi­stere alla sofferenza ed alla fatica dei lunghi mesi di marcia e deicombattimenti.La canapa indiana, usata come sostanza psicoattiva, fa la sua appari­zione in India e, secondo i Veda (2.000/1.500 A.C), sarebbe un donodel dio Shiva. Nel XII secolo nasce la setta degli hashishin (da cui de­riva il termine assassini), in cui l’hashish viene sfruttato come mezzoper indurre i membri della setta a sacrificarsi per la gloria di Allah,complice la visione del paradiso che veniva loro indotta artifi­cialmente, durante lo sballo, grazie ad odalische e fiumi di latte e mie­le riprodotti tramite fontane. Non sarà l’unico caso di sfruttamentodi una droga a fini politici dato che per ottenere il controllo dellerotte dell’oppio si combatterono (ma sarebbe più giusto dire “sicombattono”) guerre e sanguinose rivolte.Funghi, erbe, foglie e radici fanno parte da sempre del patrimoniodelle popolazioni che ci hanno preceduto, ma è con l’avvento dell’eramoderna e della chimica che si assiste ad un salto di qualità graziealla comprensione ed allo studio dei principi attivi ed alla ricercadelle formule in grado di garantire effetti sempre più potenti ed altempo stesso devastanti.A tal proposito va infatti detto che, sebbene largamente diffuse, le so­stanze non avevano mai veramente costituito una fonte di preoccu­pazione per la società, nonostante la già ben documentatadipendenza. Addirittura la parola droga, fino alla metà degli anni ’50del secolo scorso serviva ad indicare le spezie come sale, pepe, cacaoe caffe, tant’è che fino a pochi anni fa ci si poteva ancora recare in“drogheria”. Fu l’OMS ad attribuire questo nome d’uso comune atutte le sostanze psicotrope.Nell’800 la chimica fa notevoli passi avanti e con essa la farmacolo­gia grazie alla distillazione che permette di ottenere sostanze semprepiù concentrate e così nel 1805 si estrae il principio attivo dell’oppioricavando la morfina, una vera e propria rivoluzione nel trattamentodei pazienti grazie ai suoi effetti analgesici che, prima che se necomprendano le conseguenze, inizia a diffondersi anche al di fuori de­gli ambienti medici, soprattutto nei salotti “in” e “a­la­mode” (vitti­me illustri della morfinodipendenza furono Bismark, Wagner eMaupassant). Sono ancora moralmente accettate e benviste dalla so­cietà che tende a sottovalutare i problemi derivanti dall’abuso, ancheperché vengono soprattutto usate da persone benestanti e per le qua­li questo non costituisce un problema. Per i meno ricchi restano anco­ra le fumerie d’oppio che andranno però a scomparire sempre piùrapidamente con la messa al bando di tale sostanza agli inizi del no­vecento.In questi anni saranno letterati, artisti e personaggi famosi a farneuso e a promuoverne il consumo come ad esempio lo stesso Freudche dedicò alla cocaina il saggio “über coca” in cui ne decantava i mi­racolosi effetti come antidepressivo e come rimedio ai problemi ses­

suali.L’industria farmaceutica sarà una delle principali responsabili nellacreazione e diffusione delle sostanze psicotrope. A partire dal 1860quando fu isolato il principio attivo della coca creando così la cocai­na, dell’eroina, dall’acetificazione della morfina nel 1898, usatacome rimedio alla dipendenza dalla morfina o la creazione nel 1912della molecola del MDMA usata in psicoanalisi e così via per tutte lealtre droghe oggi conosciute.Durante la seconda guerra mondiale furono gli stessi governi (tede­schi, americani e giapponesi) a fornire anfetamine ai propri soldatiper incrementarne il coraggio durante gli attacchi o tenerne alto ilmorale nelle trincee.A questo punto ormai, nonostante la messa al bando delle droghe daparte di quasi tutti i governi occidentali, la società era pronta adaccettare e sostenere il mercato nero che si venne così a creare, favo­rito anche dalle nuove generazioni di giovani ribelli che stavano permuovere i primi passi nel mondo.Dalla conclusione della seconda guerra mondiale si assiste ad unsempre più rapido avvicendamento di generazioni più o meno dediteall’uso delle droghe la cui evoluzione spesso si sovrappone e siconfonde rendendo difficile stabilire confini netti nel breve periododel loro sviluppo. Storie diverse, spesso intersecate l’una con l’altra,a volte contrapposte, a rispecchiare il rapido mutare dei tempi…Negli Stati Uniti la lost generation, i primi adolescenti del dopo­guerra, si ribella ad ogni cosa, senza porsi domande ma per il solo gu­sto di farlo. Sono gli anni dei raid motociclistici, delle lotte tra bandee del vandalismo selvaggio, con una totale assenza di ideali. In queglianni è l’eroina a farla da padrona. Eroina che, prodotta in Europa, inlaboratori clandestini (i più famosi situati a Marsiglia) e sotto ilcontrollo della malavita organizzata.In Italia eravamo ancora troppo preoccupati a riprenderci dai dannidella guerra per pensare a sballi e droghe. Sicuramente tra i più fa­coltosi continuavano a girare sostanze, quasi sempre di alta qualità,ma senza che questo costituisse un problema sociale rilevabile e taleda destare attenzione.Mentre negli Stati Uniti cominciano ad affermarsi i movimentihippy ed a crescere la rivolta giovanile contro il sistema, aiutata dalsempre più ampio dissenso popolare verso la guerra del Vietnam,spunta un nuovo tipo di eroina: la brown sugar. Finora l’eroina erasempre stata bianca, ora un nuovo tipo di sostanza, dal colore dellacanna da zucchero o a volte di aspetto caramellato viene introdottasul mercato. Proviene dal triangolo d’oro, Thailandia, Laos eCambogia, favoriti dalla guerra del Vietnam e grazie anche alla re­cente chiusura dei laboratori di raffinazione dell’eroina di Marsiglia.Sono gli anni delle droghe psichedeliche, dell’affermazione dell’indi­viduo come tale e della sua ricerca di libertà, gli anni delle lotte diconquista per i diritti civili e gli anni di forti repressioni e sanguinoserivolte. Uno scenario difficile e complesso che si ripercuote anche sulmercato delle sostanze.I primi anni ’70 in Italia erano ancora caratterizzati da una sorta diingenuità, di disincantata illusione verso il mondo. Vivevamo ancorasull’onda del boom economico e i problemi mondiali, seppur pre­senti, sembravano lontani. Il ’68 aveva toccato un po’ tutta Europa,ma l’Italia ne era stata solo sfiorata.Anche da noi arriva questa nuova eroina, spinta da una vera e pro­pria operazione di marketing da parte delle organizzazioni malavito­se. Inizialmente viene praticamente regalata per creare così una basedi consumatori affezionati e fedeli, prigionieri della dipendenza, ingrado così di mantenere ed alimentare il mercato coinvolgendosempre più consumatori. Ed è così che nel 1971 sale alla cronaca ilprimo caso di overdose da eroina e negli anni seguenti sarà semprepiù spesso presente nelle pagine di cronaca nera.

Come eravamo...Evoluzione storica delle droghe e del loromercato. Un viaggio attraverso il tempo da ri­percorrere assieme per capire come si sonomodificate le abitudini e le consuetudini dellepopolazioni riguardo a questo fenomeno.

di Fred SborniaNotizie ed informazioni ricavate da diversi siti internet tramite ricerca su Google

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GIORNALE di STRADA Pagina 1 2

ORIZZONTALI

9. Vende senza licenza - 1 0. Qualche medico lo prescrive

troppo facilmente - 11 . L'ABC del fegato - 1 3. I l migl iore è

il sesso - 1 5. Fece colonne sonore per Fell ini - 1 8. Non ci

inciampi - 1 9. Riduzione del danno - 20. I l migl ior amico

del Punkabbestia - 22. La chiocciola del Clochard - 23.

Spesso la ritirano - 24. Meglio del la cura - 25. La casa di

molti - 26. Siamo sempre in. . .

VERTICALI

1 . Trasformazione mandibolare - 2. Vi trascorse le va-

canze il pittore A. Ligabue - 3. Profi lo di prevenzione - 4.

Se lo è di una canna è reato - 5. Si rimanda sempre a do-

mani - 6. La tua storia medica - 7. Se ne occupa UP - 8.

La coca lo è se non sei ricco - 1 2. Come ci piace scegliere

- 1 4. La rubi in cucina e la usi in strada - 1 6. Resuscita

Lazzaro - 1 7. Fa il pieno al bar - 21 . Oh vecchio che. . .

La Pagina dei Giochi

"Libera-Mente" n. 9 - Maggio 2011

Giornale di strada edito da Ass. Centro Sociale Papa Giovanni XXI I I

Stampato dalla Cooperativa Sociale "Libera-mente" - [email protected]

Proprietario: Associazione "Centro Sociale Papa Giovanni XXI I I "

Registrazione del Tribunale di Reggio Emil ia n. 1 057/01

Direttore Responsabile: Matteo Iori - Iscritto al l 'Elenco Speciale del l 'Ordine dei Giornalisti dal 02/03/2001

La QUERCIA