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Fondi e Raccolte: Istituto per la Storia e le Memorie del '900 ...parridigit.istitutoparri.eu/public/multimediale/1/...processo moralistico che il Psi aveva intentato contro l'interventismo

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  • Storia Feltrinelli

    collana diretta da Ugoberto Alfassio Grimaldi

  • Prima edizione: maggio 1980

    Copyright by

    ©Giangiacomo Feltrinelli EditoreMilano

  • Nazario Sauro Onofri

    La strage di palazzod'AccursioOrigine e nascita del fascismo bolognese1919-1920

    Feltrinelli Editore Milano

  • CAPITOLO PRIMO

    Il primo Fascio bolognese

    1. La polemica tra Nenni e Mussolini

    Nel 1919, l'anno in cui nasce ufficialmente il fascismo, a Bolognasopravvivono i resti del Fascio parlamentare, che era stato ricostituitodopo Caporetto, sulle rovine del Fascio democratico di resistenza del1914. I suoi aderenti — in massima parte repubblicani, radicali esocialisti bissolatiani — erano antisocialisti e negli anni della guerraavevano combattuto con decisione una durissima e sfortunata battagliacontro l'amministrazione comunale del Psi, ma non volevano la di-struzione dell'esercito proletario e auspicavano la trasformazione dellostato con l'immissione delle masse popolari nella vita attiva dellanazione.1 Erano cosi poco fascisti — nel senso che questa parola assu-merà in seguito — che accolsero con poco entusiasmo l'invito di Mus-solini a costituire un nuovo Fascio, in quanto dissentivano profonda-mente dalla sua impostazione politica. Solo vincoli di fraterna amicizialegavano ancora Mussolini e Pietro Nenni, l'esponente più in vista del-l'interventismo democratico bolognese. Sul piano politico erano ormaiagli antipodi, dopo tante battaglie comuni. Fu solo in nome del-l'amicizia che Nenni fece credito all'amico, senza immaginare che stavaper compiere un errore del quale gli è rimasto un ricordo amaroper tutta la vita.2

    Quando Mussolini derise Leonida Bissolati — dopo le dimissionidal governo perché contrario alla politica imperialista nei confrontidella nascente Jugoslavia — e scrisse che si trattava di "balbettamentisenili dei nostri poveri donschisciotte 'democratici'",3 Nenni ritenne chefosse giunto il momento di differenziarsi politicamente dall'amico. Fucosi che indirizzò una lettera aperta al "Caro Mussolini", dal signi-ficativo titolo Imperialismo o democrazia? Dopo aver ricordato che ildisarmo e la Società delle nazioni erano i veri obiettivi della "guerrademocratica" e che occorreva realizzarli per garantire il "mondo dalpericolo e dall'orrore della guerra" e che egli era contrario a "tuttele follie nazionaliste ed imperialiste inglesi, francesi, italiane", scrisseche i "popoli vincitori debbono contenere il loro diritto nei limitidel giusto". Se, invece, l'obiettivo è un altro,

  • La strage di palazzo d'Accursio

    bisogna avere l'onestà di dire che si vuole che i vincitori mettano il piede sulcollo del vinto e premano fino a strozzarlo. Attenti però! Sotto la cenere diquesta guerra coverebbe fin da ora il fuoco di nuovi conflitti dei quali non ci èdato prevedere le conseguenze perché è difficile sapere dove può condurre ildisperato furore di milioni e milioni di uomini. [E concludeva: ] Stai attento però,mio caro Mussolini. Tu non t'accorgi di lavorare per la peggior genia del mon-do che ha bisogno di salvare la cuccagna del militarismo per la maggiore e rin-novata... gloria dei privilegi contro i quali si erge ormai l'implacabile vocedei popoli. Vorrei che almeno tu non dimenticassi che la vittoria, prima d'esse-re stata vittoria di armi è stata vittoria di idee e di principi.4

    Mussolini — senza pubblicare la lettera sul suo giornale — si limitòa constatare: "Il mio carissimo amico Nenni mi cataloga fra i reprobie quasi mi accomuna agli imperialisti", ma io "non gliene voglio.Sarebbe troppo bello andare sempre d'accordo".5 Avendo egli con-fermato che il confine doveva essere portato oltre Zara, Nenni glireplicò che l'Italia non aveva alcun diritto sulla Dalmazia e che inEuropa "la voce dei vincitori prende gli accenti di Brenno". Per farintendere a Mussolini che le loro strade divergevano in modo netto,scrisse — riprendendo una classica parola d'ordine della propagandasocialista — che era necessario dichiarare "guerra alla guerra".6 Anzi-ché attenuarsi, la polemica divampò più violenta che mai.

    Quando Mussolini impedì a Bissolati di parlare alla Scala di Milanoe di illustrare le ragioni per le quali era uscito dal governo, Nenniscrisse due note molto importanti, la seconda delle quali era parti-colarmente violenta.

    Benito Mussolini sta sorpassando i limiti di ogni onesta e decente polemi-ca. Egli è il monopolizzatore unico e solo del patriottismo. Che non venga inmente a nessuno di vantare il minimo titolo di benemerenza nazionale. Che,per esempio, non venga in mente a noi di ricordare che l'interventismo è na-to quando Benito Mussolini era ferocemente neutralista, che la democrazia ingenere e quella repubblicana in specie hanno incominciato ad essere interventi-ste appena l'Austria aggredì la Serbia e la Germania il Belgio e la Francia. Chenessuno ricordi che l'interventismo più e meglio che coi discorsi di Mussoliniè stato affermato col sangue dei volontari accorsi a morire in Serbia e poi nelleArgonne. Il direttore del Popolo d'Italia non ammette che una verità: che la guer-ra l'ha voluta, imposta, fatta vincere lui. Il perfetto patriota da oggi in avantiè quello che giura che il confine italiano è fissato alle Alpi Dinariche. Chi pensacome Dante, come Mazzini, come Tommaseo, come Cavour è un vigliacco. Nonimporta neppure che la vostra opinione sulla Dalmazia non sia del gennaio 1919ma che voi l'abbiate costantemente manifestata quando eravate irredentista con-tro il Governo, la borghesia e il partito socialista, che riconosceva e acclamavain Mussolini il suo capo. Siete egualmente un vigliacco. No. Benito Mussolini,al quale siamo legati da amicizia di vecchia data e da affetto che resiste ancheal suo incomposto vociare, Benito Mussolini, al quale non neghiamo i meritireali che ha, torni alla ragione, abbandoni, se può, il vocabolario delle ingiuriee si persuada che si può avere un diverso pensiero sulla Dalmazia senza esseredei vili.7

  • Il primo Fascio bolognese

    Anche se Duilio Susmel esclude che fra i due ci sia stata unarottura nei primi mesi del 1919, è un fatto che, dopo quella polemica,i loro rapporti non furono più quelli di un tempo. La polemica erail segno che erano usciti dalla guerra profondamente trasformati,avendo maturato, mentre si trovavano nello stesso schieramento poli-tico, esperienze diverse. Mussolini, che era partito da posizioni diestrema sinistra, "aveva definitivamente abbandonato il terreno dellalotta di classe per avviarsi su quello della collaborazione produttivi-stica".8 Nenni, che proveniva da un partito di centro-sinistra — anche senel congresso del Pri di Bologna, nel 1914, si era schierato con l'alaoperaistica — si andava orientando verso la lotta di classe. Infatti, funegli anni del suo soggiorno bolognese che maturò e assunse quellafisionomia politica che lo porterà ad aderire al Psi.'

    Uscito moralmente sconfitto dalla guerra vittoriosa, per il falli-mento delle idealità dell'interventismo democratico, nei primi mesi dipace Nenni ebbe la conferma dei dubbi che lo tormentavano sullanatura del conflitto, anche se si sforzava di scrivere il contrario.L'inizio della pace — mentre l'esercito dei disoccupati si ingrossavaogni giorno di più, con la chiusura delle fabbriche — non potevacerto piacergli perché era evidente il tentativo di scaricare sulle spal-le dei lavoratori il peso della guerra, oltre che della riconversioneindustriale. E quando, da più parti, si cominciò a sostenere la neces-sità di chiudere le fabbriche nate con la guerra, Nenni ammonì cheun simile patrimonio, di uomini e di cose, non poteva andare disperso.Per questo rivolse un ingenuo appello agli "uomini che più pote-rono avvantaggiarsi finanziariamente in questo periodo di guerra, iCavazza, i Bonora, i Benni, i Calari, i Bersani" perché mettessero "adisposizione una buona parte dei loro forti guadagni".10

    Ciò che più indignava Nenni — che pure non era d'accordo conla linea del Psi, il quale sosteneva le stesse cose — era lo spettacolodella nazione abbandonata alla deriva da quelle persone e da queiceti che più di tutti avevano profittato della guerra.

    Com'era facile prevedere — scrisse — la "gente nuova", quella arricchitadalla guerra, sulla quale si faceva gran conto, diserta il campo della vivace lot-ta economica. Molte fabbriche si sono chiuse e molti commerci si sono arenatidacché non ci sono più i mirabolanti guadagni dei tempi di guerra. Per man-canza di volontà o per deficienza di intelligenza la "gente nuova" che faceva af-fari d'oro quando lo Stato comperava tutto — dai chiodi delle scarpe ai can-noni — senza discutere sul prezzo, trova molto più comodo adesso spassarselacon le donne cogli automobili col gioco. La Patria? Oh la Patria — col Pmaiuscolo — ha già fruttato abbastanza.

    La gravità della crisi — concludeva Nenni, dopo aver accusato il governodi non avere approntato dei piani per il dopoguerra — è tale che noi non ve-diamo altra soluzione che non sia quella da noi già additata dell'espropriazioneparziale del capitale. Ci saranno 100.000 sacrificati — adoperiamo pure questaparola impropria — ma la nazione si salverà. All'infuori di questo non ve-diamo una via d'uscita.11

  • La strage di palazzo d'Accursio

    Mentre — rimeditando le negative esperienze della guerra e vi-vendo le amare giornate della pace — Nenni risaliva lentamente allefonti della lotta di classe, non mancava chi si sforzava di renderglipiù difficile e duro quel cammino, lungo il quale perdeva, uno dopol'altro, gli amici di un tempo. A rendergli la vita difficile erano isocialisti bolognesi e il motivo era sempre quello: la guerra. Nennipoteva anche accettare l'idea di avere combattuto — con il fucile e conla penna — per un ideale che si era rivelato diverso da quello cheaveva sognato, ma non la sistematica svalutazione della guerra, né ilprocesso moralistico che il Psi aveva intentato contro l'interventismo.Su questo punto non ha mai cambiato idea. 12

    Nel momento in cui Nenni cercava faticosamente, non senza lace-razioni spirituali, una soluzione ai tanti problemi del primo anno dipace, da Milano gli arrivò l'appello lanciato da Mussolini agli excombattenti per la costituzione di un nuovo Fascio. La cosa in sé,a parte il promotore, non era di grande importanza. Solo in seguito,fu conferito all'avvenimento un significato che, sul momento, non ebbe.Allora destò uno scarso interesse negli ambienti politici anche perchédi fasci ce n'erano parecchi.13

    Solo a Bologna, erano una quindicina. Il 19 marzo, pochi giorniprima di quello mussoliniano, era stato costituito il Fascio econo-mico, al quale aderivano enti e associazioni padronali. Due mesi dopo,l'11 maggio, sorse il Fascio liberale, dalla fusione dell'Associazioneliberale e dell'Unione liberale. Gli altri, tutti minori rispetto aquesti due, erano: Fascio di resistenza dei movimentisti postali, Fasciolibertario bolognese, Fascio socialista comunista (di orientamentoanarchico), Fascio universitario repubblicano, Fascio universitario delPartito popolare, Fascio dei medici reduci dal fronte, Fascio universi-tario costituzionale, Fascio dei ferrovieri, Fascio universitario dei par-titi nazionalisti, Fascio libertario imolese, Fascio giovanile socialista,Fascio di educazione sociale, Fascio degli studenti delle scuole medie,Fascio di propaganda (aderente al Partito popolare), Fascio rivoluzio-nario dei postelegrafonici.

    A Bologna gli interventisti di sinistra non mostrarono molto entu-siasmo, anche se Susmel sostiene che "moltissimi furono gli assentiche sentirono il richiamo di quel programma non ideologicamentedefinito. Fra loro Nenni". 14 In realtà, i bolognesi disertarono in massal'adunata del 23 marzo a Milano perché, a cominciare da Nenni, nonavevano più stima e fiducia in Mussolini.

    Quando il 9 marzo su Il Popolo d'Italia, annunciò che "il 23 marzosarà creato l'antipartito, sorgeranno cioè i Fasci di Combattimento",Nenni si disinteressò della cosa e sul Giornale del Mattino — da luidiretto — non pubblicò una sola riga sull'iniziativa. Come non bastasse,il 23 marzo — mentre Mussolini dava vita al Fascio — sul foglio bo-lognese apparve un articolo di fondo molto importante e significativo.Nenni o chi per lui — lo scritto non era firmato — prendeva nettamen-te le distanze dal futuro dittatore, sostenendo che non era esatto, come

  • Il primo Fascio bolognese

    asseriva Mussolini, che "s'è fatta la guerra per la Dalmazia e se questamanca nel nostro bottino i nostri morti — i nostri grandi morti — sonotutti caduti invano". Dopo avere sostenuto che la politica di Musso-lini era sbagliata, almeno quanto quella dei bolscevichi e che entrambeavrebbero causato danno al paese, l'articolista ribadiva la tesi dell'in-terventismo democratico, per il quale il confine orientale dell'Italiaera sulle Alpi Giulie. Purtroppo, concludeva, c'è chi "crede che ilconfine nostro sia alle Dinariche e può darsi che domani — quandoquel confine non ci sarà dato — ritenga truffata la nostra vittoria, conquanto vantaggio per il nostro avvenire lasciamo che lo dica BenitoMussolini".

    Scarse e poco qualificate furono le adesioni bolognesi all'appello diMussolini. Mario Giampaoli, che, con Cesare Rossi, fu tra gli organiz-zatori dell'adunata e che scriverà poi — sulla base dei documenti e deiresoconti de Il Popolo d'Italia — una cronaca fedele dell'avvenimento,segnala due adesioni ufficiali da Bologna: quella scontata di MarioBonzani, corrispondente locale de Il Popolo d'Italia, e quella di DinoZanetti a nome della Lega latina della gioventù. 15 Scarse anche le adesionisingole: avvocato Mario De Flora, Giuseppe Martelli, Paride De Bella,Enzo Mingozzi, Elio Poggi, Augusto Piata, Petronio Zaniboni, AngeloMinguzzi.16 Qualche giorno dopo il 23 marzo arrivò l'adesione del vo-lontario di guerra Mario Floriani." Gli esponenti maggiori dell'inter-ventismo bolognese — come risulta dall'elenco di questi scarsi e scono-sciuti personaggi — non furono quindi dei "sansepolcristi" e pareaddirittura che a Milano non vi fossero delegati di Bologna. SecondoGiampaoli, per Bologna era presente Edoardo Malusardi, il quale figuraanche nella delegazione milanese."

    Anche i giornali bolognesi si disinteressarono dell'iniziativa diMussolini. Il Giornale del Mattino, che avrebbe dovuto essere il piùattento, ignorò completamente l'avvenimento. Il 24 marzo annunciòla costituzione di un Fascio, ma era quello delle forze economiche diBologna che, con quello mussoliniano, non aveva nulla in comune.Il giorno 26 pubblicò in cronaca, e con scarsa evidenza, la notizia chea Milano si era tenuto il primo convegno nazionale dei combattenti, masi trattava dell'Associazione combattenti, per dare vita ad una "vastaorganizzazione nazionale tra i combattenti, intesa a cementare e aperpetuare la fratellanza tra i reduci delle trincee ed ottenere dallostato e dalla Nazione tutto il riconoscimento dei loro diritti". Anche ilcattolico L'Avvenire d'Italia ignorò l'avvenimento, mentre Il Restodel Carlino pubblicò, senza commenti, un breve riassunto del pro-gramma del Fascio. 19

    2. Il Fascio nasce tra polemiche

    In questo clima di pressoché totale disinteresse si giunse alla costi-tuzione della sezione bolognese del Fascio di combattimento. Ciò av-

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  • La strage di palazzo d'Accursio

    venne, non a caso, nella sede della Lega latina della gioventù, in viaBarberia 4, il 9 aprile. Questa Lega, era un'organizzazione paramilitaredi destra che Zanetti aveva costituito poco prima della fine dellaguerra, per poter tenere legalmente — con la diretta complicità delleautorità militari — dei corsi premilitari onde consentire ai giovanidi "assuefarsi alla disciplina e soprattutto per perfezionarsi nell'usodelle armi".20 Accanto a questa organizzazione — che era la sezionegiovanile del Gruppo nazionalista — operava la Lega studentescaitaliana che negli anni della guerra si era unita a tutte le manifestazioniantisocialiste promosse dai gruppi interventisti.

    L'opera che la Lega Studentesca Italiana — ha scritto Ronzio — di cui fudirigente infaticabile il giovanissimo studente Giuseppe Maranini, svolse nel 1918-1919 fu molto importante perché nel collasso delle autorità e nel disorientamen-to generale, per quasi due anni questa forza, sebbene composta di giovanissimi,fu l'unica a mantenere, contro le tendenze allora prevalenti, una vigorosa orga-nizzazione ed a svolgere un'attività continua e vivace.21

    Questa attività consisteva in una continua campagna di provoca-zione nei confronti del Psi — come il tentativo, fallito, di far allon-tanare dall'insegnamento il professor Mario Longhena, assessore comu-nale socialista — o in iniziative pseudopatriottiche come quella che ten-deva ad imbandierare, a comando, gli stabili di Bologna. E quandola guerra volse al termine, la Lega non mancò di raccomandare "cal-damente a tutti gli studenti d'iscriversi al corso premilitare, già iniziatopresso il 6° Bersaglieri".22

    L'iniziativa di costituire anche a Bologna una sezione del Fasciopartì dai dirigenti di queste due organizzazioni in quanto esse appro-vavano la linea politica imperialista e antiproletaria di Mussolini, adifferenza degli interventisti democratici, anche se il particolare climapolitico di quei giorni era tale da indurre gli interventisti — i demo-cratici come i nazionalisti — a favorire la creazione di un nuovo unicoschieramento politico in grado di fronteggiare il bolscevismo. Il quadropolitico, sia nazionale che internazionale, era poco rassicurante. In Russiail governo rivoluzionario, nonostante l'intervento degli eserciti stra-nieri, stava eliminando tutte le armate antirivoluzionarie e consolidavail suo potere. In Ungheria il governo era nelle mani di Béla Kun.In Baviera era stata proclamata la repubblica sovietica, mentre inGermania i moti spartakisti erano tutt'altro che esauriti. In Italia,con la fine della guerra, erano riprese le agitazioni sindacali che turba-vano "l'ordine", mentre i socialisti, ora che la guerra aveva dimo-strato il suo vero volto e che i fatti davano loro ragione, erano decisia restituire tutto ciò che avevano subito dai partiti interventistidurante il conflitto.

    La sera del 31 marzo, quando l'Unione socialista italiana (l'ex Cir-colo socialista indipendente, favorevole all'intervento), il Pri e i ra-dicali organizzarono una manifestazione per discutere la riforma elet-torale, i socialisti intervennero in massa e la fecero fallire. Uno

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  • Il primo Fascio bolognese

    degli oratori avrebbe dovuto essere Luigi Tornasi che, negli ultimigiorni di guerra, aveva tenuto numerosi comizi per invitare i citta-dini ad assalire Palazzo d'Accursio. "Ne prendiamo atto", scrisseindignato il Giornale del Mattino, "e ci impegniamo a dare del filoda torcere alle varie tribù avvinazzate che presumono d'aver acquisitoil diritto di dirigere il paese solo perché sanno urlare."23 Riprendendo,in seguito, l'argomento, il foglio della Massoneria scrisse:

    C'è chi lavora apertamente per la disfatta del paese e non lo nega. Non ègran male. Ma il male si è che dall'altra parte nessuno si muove e si orga-nizza, nessuno serra le file, nessuno si propone di non subire sopraffazioni, at-tendendo non si sa da chi salvezza e salute e contentandosi di deplorare nella nonfaticosa siesta i tempi malvagi. Fino a quando?24

    La risposta gliela diede Concetto Valente, il corrispondente daBologna de L'Idea nazionale, proponendo la costituzione di "un blocconazionale antibolscevico per una santissima reazione".25

    Il Fascio avrebbe potuto essere questo invocato " blocco nazionaleantibolscevico". Senonché, mentre i nazionalisti si rendevano conto chea Bologna, se gestito da repubblicani e radicali, sarebbe stato una cosadiversa da quello mussoliniano, gli interventisti democratici pensavanoche sarebbe stato un buon strumento politico, se fossero stati loro adirigerlo. Con queste riserve mentali e con la preoccupazione di elimi-narsi a vicenda, i due gruppi organizzarono una riunione di combat-tenti per costituire il Fascio. Il lavoro organizzativo e preparatorio fufatto dai nazionalisti i quali, essendo consapevoli di essere in mino-ranza, previdero anche una soluzione di riserva, naturalmente al-l'insaputa degli altri.

    Furono Zanetti e Maranini, a nome della Lega latina della gio-ventù e della Lega studentesca italiana, a rivolgersi direttamente aMussolini. Sulla base della testimonianza dei due, allora viventi, Ron-zio ha scritto che "l'invito formulato dalla Lega Studentesca Italianaed a firma di Giuseppe Maranini, fu portato di persona da Dino Za-netti ed Elio Bernini. Benito Mussolini, non potendosi muovere daMilano, delegò per la fondazione del Fascio Bolognese il Capitano degliArditi Ferruccio Vecchi".26 In realtà Mussolini non volle interveniredi persona perché troppo profondo era il disaccordo con la maggioranzadegli interventisti bolognesi e troppo recenti le vivaci polemiche. Perquesto, volendo egualmente controllare l'iniziativa, inviò FerruccioVecchi, un bravaccio che, di lì a pochi giorni, avrebbe guidato il primoassalto contro la sede milanese dell'Avanti!.27 Secondo Nenni, Vecchiintervenne "per limitare il carattere polemico che quel fascio assu-meva rispetto alle posizioni di Mussolini sulla pace e nei confronti delmovimento operaio".28

    L'annuncio, poco evidente e con un titolo a una colonna un po'anodino, Gli arditi ed i combattenti di Bologna, apparve il 9 aprile solosul Giornale del Mattino. La nota diceva che nel pomeriggio si sarebbe

  • La strage di palazzo d'Accursio

    tenuta una riunione di arditi per "fondare la Casa di Mutuo Aiutodell'Ardito, nonché la 'Sezione Bolognese dell'Associazione fra Arditid'Italia'. Spiegherà i programmi il capitano degli Arditi Ferruccio Vec-chi presidente della sezione di Milano. Parlerà pure sui 'Fasci di com-battimento' per la costituzione dei quali occorre convengano ancheUfficiali e Soldati delle altre armi". Un avviso analogo, ma nel qualenon si parlava della fondazione del Fascio bolognese, era già uscito suIl Popolo d'Italia sotto il tìtolo Gli arditi di Bologna:

    Tutti gli arditi che si trovano nella città di Bologna e nei dintorni sono pre-gati di trovarsi il giorno 9 corrente in via Barbaziana n. 4, nei locali della LegaLatina, alle ore 15 allo scopo di fondare la Casa del Mutuo Aiuto dell'Ardito,nonché la Sezione Bolognese dell'Associazione tra gli Arditi d'Italia. Spiegherài programmi il Capitano degli arditi Ferruccio Vecchi, Presidente della Sezionedi Milano.29

    Sulla fondazione del primo Fascio di combattimento non esisteun verbale, così come non esiste una storia ufficiale del fascismo bolo-gnese.30 Inoltre, quella riunione fu sistematicamente ignorata dallascarsa e parziale storiografia fascista. Lo stesso Mussolini facevarisalire le origini del fascismo bolognese alla tarda estate se non addi-rittura alla fine di novembre del 1920, quando fu compiuto l'eccidiodi Palazzo d'Accursio.31 Qualcosa, e non sempre in termini esatti, delprimo Fascio bolognese è stato riesumato nel secondo dopoguerra piùper mettere in difficoltà Nenni, che non per ricostruire quel difficile econfuso periodo storico. Vecchi, quando venne arrestato nel 1945,fece addirittura una chiamata di "correo" nei suoi confronti.

    Nel pomeriggio del 9 aprile un centinaio di ex combattenti in di-visa, in prevalenza repubblicani, radicali, anarco-sindacalisti e nazionali-sti, si riunirono nella sede della Lega latina della gioventù per costituirela sezione bolognese del Fascio di combattimento. La riunione, presie-duta da Vecchi, fu aperta da un discorso di Guido Bergamo. Secondoquanto fu riportato sul Giornale del Mattino, egli "ha rivelato chescopo dei Fasci è mantenere vivo quel vincolo di affetto e di solida-rietà fra i combattenti che, nato sui campi di battaglia, cementato allaprova suprema del fuoco, non deve estinguersi ora che la guerra èfinita, ma deve invece anche nei problemi della pace, anche nellequestioni gravissime che si impongono per il riassetto della nazione neldopo guerra, dare i suoi benefici frutti".

    L'oratore passa alla lettura del programma dei Fasci, e rileva che le diret-tive dell'attività politica dei Fasci di Combattimento sono state fin qui: una fie-ra critica all'incredibilmente deficiente ed improvvida opera del governo, dellaburocrazia, degli organi della compagine statale, per cui si è dovuto constataretale un marasma nelle nostre classi dirigenti, da assumere le proporzioni e lagravità di una vera crisi di regime; una recisa opposizione alle tendenze bolsce-viche che sembrano sempre più prevalere nel partito socialista, minacciando ditravolgere anche il nostro paese, nelle commozioni e nei vortici di moti incon-sulti senza chiare finalità, vacuamente ed astrattamente ispirate ai principi di

  • Il primo Fascio bolognese

    un comunismo, della possibilità di attuazione del quale è ben lungi, lo svilup-po industriale ed economico del nostro paese, il livello di evoluzione morale edintellettuale del nostro proletariato; la rivendicazione della necessità dell'inter-vento della fortuna rivoluzionaria della guerra, e l'opposizione e la sconfessio-ne dei neutralisti di ieri, sia clericali che socialisti ufficiali, i quali, dopo avereostacolato un fatto storico della più grande importanza ed espletata opera sostan-zialmente rivoluzionaria, illudono ora le masse inconsce trascinandole verso me-te, il cui effetto potrebbe essere oggi esiziale; infine di vigilare affinchè tantosangue non venga versato invano, l'Italia non sia defraudata della vittoria, maabbia invece tutto quello che alla stregua dei principi wilsoniani di nazionalitàed in considerazione del suo poderoso contributo militare le spetta.32

    La parte principale del discorso di Bergamo — così come risultada questo resoconto, che è quasi uguale a quello apparso su Il Popolod'Italia — è quella relativa all'accenno, quasi sfumato, che dal Fasciodovevano essere esclusi sia i cattolici che i socialisti. Anche se la cosariguardava solo i primi — dal momento che i socialisti non solo nonpensavano di aderire al Fascio, ma stavano addirittura dando vita auna loro associazione di ex combattenti33 — l'ammissione è importanteperché una simile pregiudiziale non era stata sollevata a Milano.

    Il prefetto, nel suo rapporto al ministro degli Interni, cercò diaccentuare i toni rivoluzionari del discorso di Bergamo, per far appa-rire il Fascio bolognese come un'organizzazione di sinistra o, almeno,non costituzionale. Secondo il questore, Bergamo avrebbe detto:

    Tenere vivo il vincolo di solidarietà dei combattenti, che, nato sui campi dibattaglia, deve continuare e intensificarsi dopo la guerra per la soluzione deiproblemi gravissimi pel riassetto della Nazione; promuovere una fiera e costan-te critica alla imprevidente e deficiente opera del Governo, della burocrazia, ditutti gli organi della compagine statale, per cui si è constatato l'assoluta inca-pacità delle classi dirigenti, incapacità che avrebbe acquistato tutti i caratteridi una vera crisi di regime; combattere con ogni mezzo le tendenze bolscevichealle quali si avvia il partito socialista; valorizzare il concetto della fortuna ri-voluzionaria della guerra; promuovere l'unione di tutte le forze sane e giovanidel paese per una politica audacemente democratica, rivoluzionaria, ma nonbolscevica; invitare il popolo italiano a darsi, attraverso la costituente, la for-ma di governo che crede meglio ed agire energicamente perché la rivoluzioneriesca un efficace rinnovamento delle istituzioni, e perché le forze sociali e po-litiche del paese rientrino, subito dopo la rivoluzione, nell'ambito della legalità.34

    Dopo il discorso moderatamente antibolscevico, ma non antioperaiodi Bergamo, Vecchi cercò di calarsi nella realtà bolognese. Rispolve-rando gli argomenti della fallita battaglia del novembre 1918 controil sindaco socialista Francesco Zanardi e l'amministrazione comunale,disse " che gli uomini che tornano dalla trincea e che per il bene delpopolo italiano hanno versato il sangue ed affrontato la morte, nonpossono consentire che la loro Bologna resti un feudo di nessuno diquei partiti che con la loro imbelle politica neutralista, hanno svalu-tato il loro sacrificio, misconoscendo l'ideale che li animò nei giorni

  • La strage di palazzo d'Accursio

    terribili delle prove più dure". Dopo aver detto che il Fascio avrebbedovuto essere "quel primo nucleo attorno a cui si riuniranno tutte leforze sane del paese per una politica audacemente democratica, magaririvoluzionaria, ma niente neutralista, né bolscevica", auspicò che quellobolognese fosse eguale, in tutto e per tutto, a quello milanese.35

    Nenni, che aveva il compito di chiudere la serie dei discorsi in-troduttivi, si guardò bene dal riprendere i temi della sfortunata ope-razione anti-operaia di novembre — probabilmente era già più checonvinto che si fosse trattato di un errore — e si limitò a criticarel'operato del governo.36

    Pietro Nenni — si legge nel foglio bolognese, la cui versione fu ripresa allalettera dal giornale mussoliniano — fa poi un'ampia impressionante esposizionedell'insufficienza con cui il Governo si è accinto alla soluzione dei problemi dipolitica interna e di politica estera. Rileva che questa disorganizzazione, que-sta mancanza di energia, di competenza e di preveggenza rischia di defraudaredi tutti i frutti della vittoria, che anche Fiume, la città italianissima, che duran-te tutta la guerra altro non sospirò che l'unione alla madre patria, ci viene conte-stata; deplora che in un momento sì grave la democrazia si sia scissa in pole-miche inopportune, e ritiene che in questo momento sia dovere supremo di tut-te le frazioni di essa riunire tutti gli sforzi per imprimere al governo una di-rettiva più provvida, meglio consona delle urgenti necessità sociali e nazionali,ma che se questo tentativo non varrà a scongiurare il pericolo, se la cecità el'incompetenza dell'alto cospireranno coi livori e l'insano demagogismo da cuisembrano dominate le folle, se il grande ciclone dovrà davvero scatenarsi, la de-mocrazia dovrà agitare il vessillo della Costituente, invitare il popolo italiano adarsi la forma politica che crede meglio e scegliersi gli uomini in cui ripone fe-de, agire con la massima energia perché la rivoluzione riesca un efficace rin-novamento democratico delle istituzioni, ma anche perché le forze sociali e po-litiche del paese trovino subito dopo la loro diga nell'ambito della legalità.

    Il foglio massonico concludeva il resoconto scrivendo: "Il discorsodi Pietro Nenni è stato accolto da unanimi applausi e ha riportatoperfetta concordia nell'assemblea."37

    Dei motivi di disaccordo, però, non una sola riga. Sia il fogliomassonico che quello mussoliniano non parlarono della discussioneche si era sviluppata dopo le tre relazioni e che era stata animatissima.Se non fosse stato per il foglio cattolico — Il Resto del Carlino avevaignorato completamente l'avvenimento — non si sarebbe forse piùparlato della cosa e oggi ignoreremmo i particolari.

    3. Il Fascio socialista

    Curioso modo di organizzare i combattenti: "Chi non è socialista,fuori...!

    Con questo titolo, il giorno dopo, il foglio cattolico pubblicò la let-

  • Il primo Fascio bolognese

    tera di un anonimo combattente, nella quale si protestava controquanto era avvenuto durante l'assemblea.

    Alla riunione — si legge, tra l'altro, nella lettera — erano intervenuti i re-duci della guerra senza distinzioni di classi o di partiti perché gli ex combat-tenti, avvezzi ad una fraternità di sangue e di ideali, possono avere ancora diqueste melanconiche ingenuità: che un fascio di ex combattenti possa costituirsiindipendentemente al di fuori ed al di sopra di ogni speculazione politica. Maquesta illusione doveva, come tante altre, anzi come tutte le altre, dissolversirapidamente fin dal primo momento.

    Dopo aver detto che Bergamo e Vecchi avevano fatto un discorsoanticlericale, l'anonimo combattente aggiunse che i relatori avevanoposto i presenti davanti a un dilemma: "Chi è favorevole al program-ma può parlare fin che vuole; chi ha osservazioni da fare e non sidimostra apertamente e completamente favorevole, sarà bene aspettiun'altra occasione e un altro pubblico per poter esprimere liberamenteil proprio parere. È il caso di dire: come sono bolscevichi certi antibol-scevichi d'Italia."

    Dopo le relazioni, continuava la lettera dell'ex combattente catto-lico, ci fu posta questa alternativa: "Chi è d'accordo nel riconoscere lacrisi del regime attuale e la necessità di rimediarvi con un socialismonon bolscevico (ma sempre socialismo!) si sottoscriva quale aderenteal 'fascio'; gli altri escano. E questo è un trucco e [una] speculazionepolitica tentata ai danni degli ex combattenti." La conclusione erascontata: "E cosi a Bologna, si è potuto costituire, con tinta sociali-stoide, uno pseudo 'fascio di combattenti', il quale, per le sue colped'origine e per gli uomini che lo dirigeranno, non potrà essere che unapiccola frazione della grande massa dei nostri eroici combattenti."38

    Sia che l'ultimatum fosse stato posto in modo brutale, come affermail quotidiano cattolico, sia che fosse stato posto in modo blando, comerisulta dal discorso di Bergamo, è un fatto che i combattenti cattolici,subito seguiti da quelli monarchici, lasciarono la sala. Secondo il pre-fetto, ma era un calcolo ottimistico, se ne andarono un centinaio suiduecento presenti.39 Restarono, pur protestando vibratamente, i naziona-listi di Zanetti.40

    I combattenti rimasti — i democratici e i nazionalisti — costituironoil Fascio ed dessero gli organi dirigenti. Guido Bergamo, Zanetti, RenzoFontanesi, Nenni, Adelmo Pedrini entrarono nella giunta; Guido eMario Bergamo, Ulisse Lucchesi, Costantino Andruzzi, Carlo Zen,Pedrini e Foscaro Villani nella commissione stampa; Andruzzi, Fontanesie Alberto Pagani nella commissione amministrazione. Zanetti fu nomi-nato segretario generale. La sera stessa fu costituita anche la sezionedell'Associazione arditi, nel cui consiglio entrarono Eugenio DellaFabia, Ilario Cantelli, Arturo Rizzoli, Renzo Fontanesi, Elio Bernini,Gino Ronchi e Giovanni Cristini. La Casa mutua, che avrebbe dovutoessere l'argomento principale della riunione, venne costituita parecchi

  • La strage di palazzo d'Accursio

    giorni dopo e anche questa, come la sezione degli arditi, aderì al Fascio."Presidente della Casa era Salvatore Farina.

    Il compromesso, tra le due anime del primo Fascio bolognese, duròsolo pochi giorni, nonostante quanto aveva scritto Il Popolo d'Italia:"Questa ripresa ci autorizza a ben sperare in un'opera fattiva di resi-stenza e di reazione contro tutte le mene bolsceviche."42 Il dissidio eratroppo netto perché l'accordo potesse durare a lungo. Non per nullala maggior parte dei fondatori del Fascio divennero degli antifascistimilitanti come i fratelli Bergamo, Nenni, Lucchesi, Pedrini, l'avvocatoDante Calabri e l'avvocato Giovanni Ghiselli (Giannino) presenti lasera del 9 aprile.43

    Alla componente nazionalista — rimasta in netta minoranza, dopol'esclusione dei cattolici e di molti monarchici — non era bastata lanuova interpretazione, che non si discostava molto dalla precedente,che Nenni, o chi per lui, aveva dato del Fascio. Rispondendo allalettera comparsa sul quotidiano cattolico, il foglio massonico avevascritto:

    Che cosa è questo "Fascio dì combattimento"?La parola stessa lo dice: una associazione fra uomini che pure apparte-

    nendo a partiti diversi hanno in comune il proposito di non permettere che l'I-talia, vittoriosa sui campi di battaglia, sia vinta all'interno dalla rivolta degliex imboscati o sia avvilita da governi inetti.

    Basta questo per intendere che il "Fascio" non può pretendere di sostituir-si all'Associazione dei Combattenti, e che non può raccogliere che le adesionidi determinati gruppi. Non basta infatti essere d'accordo nel giudicare un peri-colo ed una follia il bolscevismo perché questo solo elemento di giudizio nega-tivo consenta un'unione politica. È sui programmi di ricostruzione che bisognatrovarsi d'accordo.

    Ora di fronte al bolscevismo tre sono le opinioni: c'è chi giura che le cosevanno perfettamente bene come vanno e confida nel senno dei... carabinieri,c'è chi pensa che un po' di bolscevismo sarebbe un ... male necessario, c'è chinon approfitta del bolscevismo per varare le azioni del governo.

    Questi ultimi sono chiamati a formate il "Fascio" che domani potrebbe avereuna funzione importantissima da compiere nell'interesse della nazione.44

    I nazionalisti, senza interpellare gli altri componenti del Fascio— la quale cosa provocherà una furiosa polemica tra il foglio massonicoe quello cattolico, mentre Il Resto del Carlino continuava a mantenersiestraneo — convocarono una riunione di combattenti, inviando l'av-viso solo a L'Avvenire d'Italia. È

    intenzione di una parte degli attuali aderenti — si legge nella notizia — di giun-gere ad un "fascio", che sia l'espressione di tutti i reduci dalla guerra, per ladifesa dei loro comuni interessi e la salvaguardia della Nazione tutta contro ilpericolo del bolscevismo. È parere di questi convenuti [i nazionalisti] che ilsuddetto "Fascio" non debba rappresentare nessuna corrente politica e tantomeno quella socialista, sia essa bolscevica o socialista-riformista.45

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    La riunione, che avrebbe dovuto chiarire definitivamente la situa-zione del Fascio, si tenne la sera del 12. Gli ufficiali Cesare Tumedei,Zanetti e Andruzzi chiesero un riesame generale del programma e lasua modifica per la pregiudiziale repubblicana e per la richiesta diriforme democratiche. Nel rapporto al ministro degli Interni, che ab-biamo già citato, il prefetto ha scritto che i tre "dichiararono che essie i loro amici non potevano continuare a fare parte del 'fascio di com-battimento', il cui programma politico si rivelava apertamente con-trario alla gloriosa Monarchia dei Savoia".

    Questa volta il Giornale del Mattino non nascose il dissenso che siera manifestato durante la riunione alla quale, scrisse, a causa del-l'equivoco annuncio apparso sul quotidiano cattolico, intervennero"ufficiali che per le loro notorie opinioni politiche" erano ben lontani"da quell'indirizzo democratico che, come tutti sanno, i 'fasci' hannoassunto in Italia". Per questo accusò L'Avvenire d'Italia di averel'intenzione "liberticida di impedire agli ex combattenti di principiaccentuatamente democratici di costituirsi in sodalizio che rispecchile loro opinioni".

    Guido Bergamo, dopo aver premesso che la discussione sul pro-gramma veniva riaperta solo per "un cavalieresco senso di longanimi-tà verso i colleghi", diede la parola a Zanetti e ai suoi amici i quali,dopo avere detto quanto è scritto nel rapporto del prefetto, invitaronol'altra componente "a non accentuare troppo la tinta politica che nonpotrebbe venire da tutti accettata".

    I fratelli Bergamo e i tenenti Zen e Solaroli replicarono che ilFascio non poteva essere un doppione dell'Associazione combattentie che doveva avere un programma politico molto avanzato, per conqui-stare il consenso tra le masse operaie e impedire che venissero bolsce-vizzate. Lucchesi andò ancora più in là e disse ai nazionalisti che sela lotta al bolscevismo era comune "le rispettive finalità [dei demo-cratici e dei nazionalisti], restano così divergenti che i democraticisvaluterebbero tutta la loro opera, spunterebbero le loro armi più effi-caci, gitterebbero il loro prestigio presso le folle, aderendo ad untale connubio. La lotta contro il bolscevismo sarà fatta dai democraticicome dai nazionalisti, ma da ciascuno sul proprio terreno e con leproprie armi".

    Dopo l'intervento di Lucchesi si alzò Tumedei che "rendendo omag-gio alla loro sincerità e correttezza politica dichiara separarsi senzarancore dai compagni cui serba tutta la sua stima". Alzatisi per uscire,i nazionalisti vennero invitati a restare "ospiti e colleghi graditi inun'associazione che professa palesemente e ardentemente una determi-nata direttiva politica"/6

    La discussione — si legge nel rapporto del prefetto al ministro degli In-terni — si protrasse animata, e quantunque il capitano Bergamo avesse cerca-to di dimostrare che i combattenti di qualsiasi partito potevano aderire senz'altroal "Fascio", almeno per la lotta contro il bolscevismo, e per l'attuazione dei po-stulati di ordine sociale, politico interno ed economico finanziario, non si po-

    19

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    té addivenire ad accordo alcuno, restando immutato il dissidio manifestatosi frai dirigenti repubblicani e i monarchici costituzionali.

    Per tentare di salvare il salvabile di quel Fascio che, in pochi giorni,aveva conosciuto l'espulsione preventiva dei cattolici e dei monarchicie la scissione dei nazionalisti, fu convocata una terza riunione la seradel 16, con il solo risultato di constatare che la frattura era insanabilee definitiva. La scissione, si legge nel rapporto del prefetto, avvenne"perché i repubblicani intendevano accoppiare all'azione antibolscevi-ca, finalità politiche in contrasto con le istituzioni monarchiche". Perquesto "Il Capitano Tumedei e i Tenenti Andruzzi e Zanetti abbando-narono la riunione coi loro seguaci e convennero successivamente neilocali della 'Lega latina della gioventù', costituendo la lega 'Antibol-scevica' e aderendo come combattenti all'Associazione nazionale com-battenti..."

    In realtà questa nuova associazione, la soluzione di riserva comeabbiamo detto in precedenza, era già pronta da giorni perché Zanettie gli altri sapevano che ben difficilmente avrebbero potuto accor-darsi con gli interventisti democratici. Sin dall'8 aprile Valente, suL'Idea nazionale, aveva scritto che si stava preparando un Blocconazionale antibolscevico con sede in via Barberia 4, presso la Legalatina, e che Zanetti e Tumedei avevano approntato il programma. Idue avevano inviato una lettera-circolare a varie persone per dire cheera "necessario che ogni cittadino prenda vivo interesse e partecipiattivamente alla vita della 'Lega antibolscevica popolare' e intervenen-do alle adunate da essa indette, faccia vedere ai 'vigliacchi di dentro'come Bologna, anche se governata da 'poverissima gente, sente ita-lianamente e che al di sopra di ogni pregiudizio o spirito di parte iNostri Morti vivono e comandano". A questa delirante lettera eraallegato un volantino con il decalogo dei perfetti cittadini ai quali sichiedeva se erano pronti e disposti:

    I Ad opporvi con tutta la vostra energia come soldato e come cittadino aqualsiasi moto rivoluzionario che in questo momento minaccerebbe le sorti dellapatria? II A prendere netta posizione di combattimento al primo appello chevi sarà lanciato? III A trovarvi fusi in un'unica forza prescindendo da qualsia-si considerazione di partito, e a nominarvi al momento opportuno i capi chedovranno guidarvi nel movimento?

    Fallito il tentativo di dar vita a un Fascio che fosse una nuova"grande armata antisocialista", Zanetti e Tumedei costituirono la Legaantibolscevica popolare." Alla riunione intervennero, caratterizzandolasubito come una associazione di estrema destra, il senatore Tanari,il professore Alessandro Ghigi, Ugo Gregorini Bingham, l'avvocatoRighini presidente dell'Associazione combattenti, l'avvocato Tito Bertie altri ancora. La nuova Lega antibolscevica popolare si rivelò uno deipiù grandi bluff della storia bolognese. I trecento aderenti della primasera — secondo quanto pubblicarono i giornali — erano già divenuti

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    4.000 appena due giorni dopo, nel rapporto del questore al Prefetto,per raggiungere quota 5.000 l'8 maggio.48 Nonostante la gran massadegli iscritti, la Lega doveva navigare in brutte acque finanziarie seil 7 agosto il nuovo prefetto di Bologna, Gennaro Bladier, si vedevaindotto a scrivere una lettera riservatissima al ministro degli Interniper chiedergli un sussidio da far uscire dai "fondi neri" della polizia.Dopo avere detto che la Lega "esplica opera patriotticamente utile",chiese 400 lire per pagare la tipografia che aveva stampato un numerounico dell'Avanti degli italiani, il giornale della Lega, ed un sussidiofisso di 500 lire al mese. Il governo concesse le 400 lire — che furonoincassate da Garibaldo Pedrini il 18 agosto — ma negò il sussidio.4'

    Rimasto nelle mani degli interventisti democratici, il Fascio nonpoteva avere, e non ebbe, alcuno sviluppo, avendo rinunciato a svol-gere un'azione antiproletaria, che era la sola che potesse avere unsenso per un'organizzazione di quel tipo. Quella di voler continuare atenere unita la "generazione del fuoco" era una malinconica idea,perché la "trincerocrazia" era una classe nata morta o, al massimo, conpochi mesi di vita. Non averlo capito fu un grave errore. E poi ilFascio, almeno a Bologna — una volta che aveva rinunciato a svolgereun'azione antiproletaria — aveva contro le autorità dello stato. Infatti,prima ancora che si determinasse il chiarimento politico, con l'uscitadei nazionalisti, il prefetto si era mosso per rendere la vita difficileai suoi dirigenti. L'11 aprile, nel primo rapporto al ministero degliInterni, aveva scritto: "Notevole è l'intonazione anticostituzionale as-sunta dal fascio fra cui dominano gli elementi repubblicani. Ho richia-mato l'attenzione dell'autorità militare sul fatto che alla adunanza par-teciparono ufficiali e soldati per la massima parte in divisa, alcuni deiquali sono tuttora soggetti alla disciplina." In altro rapporto scrisseche il Fascio e la Casa di mutuo aiuto fra gli arditi erano "una veraorganizzazione sovversiva forse più temibile della stessa socialista" e"sotto le vesti di un patriottismo ormai sorpassato, e quasi arrogandosiil monopolio della idealità della guerra e delle conseguenze vittoriose,giocano sull'equivoco sperando sfuggire all'attenzione vigile dell'auto-rità". Infine il 13 maggio, facendo il punto su un mese di attività delFascio e della Casa di mutuo aiuto fra gli arditi, scrisse "che sottoapparenti scopi di assistenza economica e sociale e di mutuo soccorso,hanno assunto carattere eminentemente politico" e che i dirigenti sono"giovani militari già iscritti ai partiti sovversivi anticostituzionali, epiù specialmente al partito repubblicano". Il prefetto aggiungeva chei soci del Fascio erano 70 e 30 quelli della Casa degli arditi.50

    Vere o no che fossero le cifre del prefetto — il quale aveva interessea gonfiare quelle della Lega antibolscevica popolare e a ridurre quelledel Fascio — è un fatto che il Fascio non ha mai svolto una veraazione politica. A farlo morire o, meglio, a impedirgli di svilupparsi,aveva contribuito, in modo determinante, l'autorità militare.

    Fin dall'11 aprile il prefetto aveva richiamato l'attenzione del co-mandante del Corpo d'Armata sulla posizione di Nenni e dei fratelli

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    Bergamo i quali, si legge nella lettera, "debbono essere ancora soggettia doveri disciplinari coi quali non panni siano conciliabili i senti-menti manifestati apertamente rivoluzionari, se anche antisocialisti". 51

    Il generale Edoardo Ravazza, il comandante del Corpo d'Armata, ancheperché sollecitato nuovamente dal prefetto con altri documenti tuttidallo stesso contenuto — soprattutto per l'intervento dei militari controi lavoratori in occasione degli scioperi del 16 e 17 aprile — il 18 aprileemise questa ordinanza interna:

    Da una informazione data dal prefetto risulterebbe che della Sezione arditidi Bologna e del Fascio di Combattimento fra militari in congedo, che hanno

    Ciò è contrario alle disposizioni regolamentari, non solo, ma porta insensi-bilmente la truppa a prendere parte a competizioni politiche, alle quali essa de-ve essere sottratta.

    Ordino che tutti i militari sotto le armi, che a tali associazioni hannoeventualmente aderito, si ritirino subito dalle medesime, analogamente per quellieventualmente ascritti ad associazioni socialiste od a Camere del lavoro.

    La reazione del Giornale del Mattino fu immediata, anche se unpo' patetica oltre che fuori misura. Dopo aver bizantineggiato un po',disse che

    il Fascio di Combattimento non è antistatale — che vuol dire, del resto,antistatale? — ma, se mai, non governativo; entrando con tanto entusia-smo nel Fascio di Combattimento, i nostri eroici ufficiali e soldati hanno in-teso di continuare la loro missione di continuità. [...] Il nostro era un bivacco digente onesta. C'erano i più bei petti dell'esercito. C'era gente sana di mente edi fegato decisa a non tollerare provocazioni, ma anche a non farne.

    Dopo avere annunciato che i militari si sarebbero dimessi, in obbe-dienza all'ordine, concludeva: "Il fascio non muore. Non può morire.È un vincolo di fraternità e di fede fra uomini che hanno troppecose da dire al paese perché la loro azione si sia esaurita in pochesettimane."52 E invece mori perché la sua funzione, se mai avevaavuto un senso, si era più che esaurita.

    4. Nenni e il Fascio bolognese

    Sulla natura politica del primo Fascio sono stati espressi vari econtrastanti giudizi, a seconda dei tempi o delle esigenze politiche diquesto o quel partito e sempre in riferimento alla persona di Nenni. Isuoi trascorsi "fascisti" sono stati infatti immancabilmente rievocati al-la vigilia delle sue più importanti battaglie politiche.

    Gli unici ad avere la mano leggera con Nenni, furono i fascisti.A parte Mussolini, che in privato lo definiva il "Dorando Petri dei

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    Maddaleni pentiti"53 o Zanetti, che nel suo libro si duole spesso del"tradimento" del compagno di tante battaglie,54 i fascisti bolognesistesero un velo di silenzio su Nenni. Il suo nome, a esempio, non figuranell'elenco degli "Iscritti del 1919" pubblicato nel libro di Chiurco.Fra i nomi dei pochi fascisti del 1919 vi sono quelli di AdelmoPedrini, di Mario Bergamo, di Calabri, di Tornasi, di Ghiselli e dialtri fondatori, con la specifica indicazione "che non appartengono piùal Fascio per avere tradito l'idea, o per essersene dimostrati indegni",o quelli di Arpinati e Mario Ghinelli, che entrarono nel Fascio allafine dell'anno, ma non quello di Nenni.55

    Quando diventò dirigente del Psi, L'Assalto dedicò qualche corsivoa Nenni, ma non ricordò i suoi trascorsi bolognesi. Il Senatore [GinoBaroncini] scrisse che era "un uomo col viso di bronzo", che "Inpochi anni è passato dalla repubblica alla democrazia e dalla demo-crazia al quasi bolscevismo" e che era stato "Bestemmiatore della patriaprima, esaltatore dell'Italia e dell'intervento dopo". E poiché erapassato "Dal sovversivismo all'interventismo, dall'interventismo al di-sfattismo, dal disfattismo all'internazionalismo", pronosticò "che sepoi ci sarà bisogno egli non avrà difficoltà alcuna a cambiare ancoraparere". Del suo passato di fondatore del Fascio di Bologna, nonuna sola parola, così come evitò di indicare Il Popolo d'Italia nel-l'elenco dei giornali ai quali aveva collaborato durante la guerra.56 Unanno dopo, B. B. {Bruno Biancini] pubblicò una lunga nota, dal ti-tolo Pietro Nenni, nella quale si può leggere che "una bella matti-na, abbandonò Mussolini per Lenin e la causa di Mazzini e dellapatria per quella di Marx e dell'Internazionale", ma nulla a propositodel suo passato bolognese.57

    I fascisti bolognesi, che si vergognavano di avere un simile "padre",non avevano bisogno di rivangare nel passato di Nenni, essendo suffi-ciente la pesante campagna diffamatoria che i comunisti avevano ini-ziato, nei suoi confronti, dopo la mancata fusione tra Psi e Pcd'I nel1923. Era stato lui, è noto, che al congresso nazionale del Psi diMilano aveva fatto fallire la fusione tra i due partiti, perché si sarebbetrattato di un vero e proprio assorbimento del Psi da parte del Pcd'I.I comunisti, che sino ad allora si erano limitati a rivolgere delle blandecritiche a G. M. Serrati, perché gli aveva affidato incarichi di respon-sabilità all'Avanti!58 si scagliarono contro Nenni con inaudita violenza."Le polemiche comuniste — ricorda Nenni — furono per un decennioasprissime soprattutto in esilio e fino alla svolta dell'Internazionalecomunista nel 1934-35, quando venne abbandonata la teoria del social-fascismo."59

    Nel secondo dopoguerra, quando divenne ministro nei primi go-verni del Cln, furono Vecchi e Farina che si preoccuparono di rinverdirei suoi lontani trascorsi. Vecchi — che durante il ventennio nero siera dato alla scultura, ma con scarsi risultati, nonostante l'appoggiodel regime60 — fu arrestato a Roma il 26 giugno 1945. In base

  • La strage di palazzo d'Accursio

    all'articolo 3 del D.L. 27 luglio 1944 n. 159 e all'articolo 12 del co-dice penale, doveva rispondere di organizzazione di squadre armatefasciste che compirono atti di violenza e di devastazione, di avere pro-mosso l'adunata del 23 marzo 1919 e di avere guidato, il 14 aprile1919, l'assalto contro la sede milanese dell'Avanti!. Di quell'arresto simostrò sorpreso e indignato perché si considerava un antifascista. Egli,infatti, nel giugno del 1944, subito dopo la liberazione di Roma, ave-va chiesto invano l'iscrizione al partito socialista e si era recato piùvolte da Nenni per proporgli di fare un monumento dedicato ai ca-duti della Resistenza."

    Mentre era in carcere, dovette ripensare ai propri sentimenti anti-fascisti ed alla amicizia che diceva di nutrire per Nenni, perché inviòquesto esposto al procuratore del Regno di Roma:

    Per quanto riguarda la fondazione del Fascio di Bologna, oggetto della con-testazione mossami da V.S. a seguito del mandato di cattura per questo spicca-tomi dall'Alto Commissario significo che:

    Nel maggio [era l'aprile, N.d.A.] del 1919 il sig. Pietro Nenni, LeandroArpinati [Arpinati non c'era, N.d.A.] ed altri nominativi comunicarono alla se-de di Milano del movimento fascista di voler procedere alla fondazione del Fa-scio di Bologna e richiedevano per questo una rappresentanza del Fascio Mila-nese.

    Mussolini mi officiò a tale incarico ed io intervenni nella qualità di invi-tato spettatore alla funzione del rogito per la fondazione del fascio stesso. Trai fondatori come sopra denunciato vi era in figura preminente Pietro Nenni ilquale apportava oltre che la sua attività personale l'adesione piena ed assoluta deIl Mattino quotidiano di Bologna di cui era direttore.

    Il Nenni dopo aver tenuto il discorso ufficiale fu designato per acclama-zione unanime membro dello stesso Direttorio. Nenni sul suo giornale, il giornosuccessivo scrisse un articolo di fondo di due colonne inneggiando al fascismoe a B. Mussolini [artìcolo che non è mai uscito, N.d.A] e sconfessando nel mo-do più irruento gli uomini ed il partito comunista [che non esisteva, N.d.A.] esocialista.

    L'art. 3 del quale mi si imputa vuole al capoverso che rispondono diatti rilevanti coloro che hanno promosso o diretto l'insurrezione che ha portatoal 28 ottobre 1922. Non so se possa attribuirsi la promozione di tale atto a megiovane ventiquattrenne che vi partecipava per invito o se invece debba rite-nersi quale promotore in uno dei centri più importanti del movimento nascenteun uomo che per la sua età molto superiore alla mia, per la sua posizione pre-minentemente superiore alla mia dal punto di vista politico-sociale, per la suaqualità di direttore di un giornale quotidiano e per il suo ascendente morale epolitico che aveva nel paese e specialmente sui giovani.

    Quanto ho dichiarato sopra a difesa della contestazione mossami dalla S.V.per questo in altro interrogatorio, vale anche quale esplicita denunzia controil sig. Nenni per l'atto rilevante a lui attribuito e a me contestato.

    Chiedo pertanto di essere messo a confronto col Nenni per chiarire que-sta ed altre più gravi circostanze quale quella fra l'altro di essere stato da luiconsigliato in occasione di un attacco a lui mosso dall'Italia Nuova del luglio1944 per i fatti su descritti che, ove fossi interrogato, avessi minimizzato la suaresponsabilità del fascismo bolognese.62

  • Il primo Fascio bolognese

    Qualche giorno dopo, in aiuto di Vecchi, giunse l'ex ardito Sal-vatore Farina che era anche stato membro del primo Fascio. Con unalettera dal tono tendenzioso — soprattutto nella descrizione del climapolitico bolognese — egli confermava tutte le accuse di Vecchi controNenni.63 Il quotidiano monarchico pubblicò ancora qualche articolocontro Nenni, poi la cosa mori.

    Nel 1961, all'indomani dei grandi moti popolari antifascisti controil governo Tambroni e alla vigilia della costituzione del primo governodi centro-sinistra — nel quale Nenni avrebbe assunto la carica di vicepresidente — il deputato fascista Nino Tripodi pubblicò un articolodal suggestivo titolo Lo squadrista Pietro Nenni. La tesi centrale diquella nota — nella quale si elencavano vari episodi più o menocoloriti, tratti dal Giornale del Mattino, compreso quello del gagliar-detto degli arditi bolognesi confezionato dalla moglie di Nenni — erache il primo Fascio bolognese era stato politicamente molto importantee squadristicamente molto attivo.

    Nella primavera del 1919 — scrive Tripodi — i protagonisti dei primi fascidi combattimento emiliani non recitavano a soggetto. Essi erano legati da unpreciso intento politico e, se stavano da una parte, era perché avevano propriorotto con l'altra.

    Se Nenni, anziché operare sotto le bandiere proletarie, militava coi fascisti,non c'era alcun dubbio sulla linea politica prescelta. È inutile che oggi cerchi dicambiare le carte in tavola. Non è nemmeno decoroso.64

    Non è decoroso scrivere queste cose perché quel Fascio non ebbevita, mentre le poche azioni squadristiche del 1919 — lo vedremo piùoltre — furono compiute dal gruppo nazionalista di Zanetti. GiorgioPini — che fu uno dei massimi dirigenti del secondo Fascio bolognese,direttore de L'Assalto e che diventerà redattore capo (in praticadirettore, dato che Vito Mussolini non si interessava del giornale) deIl Popolo d'Italia — dà oggi questo giudizio sul primo Fasciobolognese:

    Era un'accolta di cittadini che erano stati interventisti quasi tutti e che nelcaos del dopoguerra sentirono la necessità di rimettere un po' d'ordine in queldisordine che derivava da motivi psicologici per la stanchezza della guerra e damotivi economici per l'inflazione e la disoccupazione. Era un'accolta di gente dibuona volontà. Erano o nazionalisti — i quali erano per un ordine conser-vatore — o repubblicani o sindacalisti. Fra loro c'erano però delle gravi di-vergenze e non avrebbero potuto restare assieme per lungo tempo.

    Noi giovani ignoravamo che Nenni avesse fatto parte del primo Fascio. Igno-ravamo tutto di quel primo Fascio che era diventato un fatto archeologico. Nonci passava neppure per la testa il fatto Nenni-Fascio di Bologna. Nenni, inter-ventista intervenuto, fascista dei primi tempi, collaboratore del Popolo d'Italia,quando ha visto che il fascismo era influenzato da interessi di carattere economi-co ed agrario se n'è andato dalla parte che era allora soccombente.65

    Sul primo Fascio bolognese esiste un altro giudizio molto importantee significativo, quello di Arpinati che sarà il fondatore del secondo.

    25

  • La strage di palazzo d'Accursio

    Alla fine del 1920 egli, a nome del Direttorio del Fascio bolognese,consegnò un memoriale alla commissione parlamentare incaricata diun'inchiesta sulla situazione politica a Bologna. In esso si legge:

    La Sezione bolognese dei Fasci italiani di combattimento si costituì inBologna nell'anno 1919 con un centinaio circa di aderenti. Essa sviluppò la suaopera parallelamente a quella svolta dall'Associazione dei combattenti [il che nonè vero perché questa associazione era collegata alla Lega antibolscevica di Za-netti, N.d.A.], ma data la sua esiguità numerica non potè costituire allora unavera e propria forza cittadina. Per tutto l'anno 1919, e fino all'ottobre dell'an-no 1920 la sua forza numerica non aumentò sensibilmente.6*

    Un altro giudizio, recente questo, ma sostanzialmente esatto, anchese ignora la scissione dei nazionalisti, è questo di Susmel: "Al Fascioài Bologna confluirono uomini di varie tendenze politiche, nazionalisti,repubblicani, sindacalisti, anarchici, socialisti rivoluzionari, e anche ditendenze non ben definite. L'eterogeneo raggruppamento non superò ilcentinaio di aderenti, ma dopo la sconfitta elettorale fascista di novem-bre, moltissimi abbandoneranno il campo. Sorgerà allora il secondofascio bolognese, del quale prenderà le redini Leandro Arpinati."67 Restainoltre il fatto che il primo Fascio fu sistematicamente ignorato da tuttala storiografia ufficiale del fascismo."

    Tutto sommato, aveva ragione Nenni, nell'immediato secondo dopo-guerra, quando scriveva che assieme ai fratelli Bergamo ed a Zanettiaveva "ridato vita ad un fascio di combattimento e tenuto a battesimouna sezione di arditi che furono senza indomani",69 e ha ragione ancoraquando afferma che il Fascio "fu l'iniziativa di un gruppo di repubbli-cani e di sindacalisti i quali volevano impegnare i reduci dal frontenella difesa dei motivi democratici e non nazionalisti dell'interventismodi sinistra e nella battaglia per la Costituente e la repubblica", ma fu"una valutazione risultata subito sbagliata".70

    Ma la vera natura politica del primo Fascio bolognese, la si puòfacilmente ricavare dalle posizioni assunte dallo stesso o dagli atticompiuti dai suoi principali esponenti e, in modo particolare, daNenni il quale, proprio in quei giorni, fu colto da un nuovo, l'ultimo,sussulto di "nevrosi patriottica". Fu per Fiume. Il Pri, al quale Nennicontinuava a essere iscritto, era favorevole all'annessione di Fiume, macontrario a quella della Dalmazia. In pieno accordo con il suo partito,Nenni si battè per l'ammissione di Fiume. Quando cominciò a deli-nearsi la posizione delle grosse potenze vincitrici, tutte contrarie aconsegnare Fiume all'Italia, i gruppi interventisti e, in particolare, quellinazionalisti, cominciarono a promuovere pubbliche manifestazioni. Il23 marzo al teatro Duse — molto contrastata dai socialisti peril tono bellicoso — parlò Maria Rygier ormai passata, in modo defi-nitivo, dall'anarchia al nazionalismo più gretto. Al termine un gruppodi studenti, capeggiati da Zanetti, si azzuffarono con i socialisti, mentreil giorno dopo fu proclamato uno sciopero nelle scuole. In quegli

  • Il primo Fascio bolognese

    stessi giorni Zanetti costituì, nella sede della Lega latina, l'Associazionenazionale fra i volontari di guerra per rivendicare la Dalmazia. Secondola questura la nuova associazione, destinata a non lasciare traccia,aveva 400 aderenti. 71

    Fu solo alla fine del mese di aprile, dopo l'accusa di imperialismolanciata dal presidente degli Stati Uniti al governo italiano, che a Bo-logna e altrove si tennero imponenti manifestazioni di protesta. Par-lando il 24 aprile, in piazza VIII agosto, unitamente a Zanetti e aGida Rossi, Nenni concluse il discorso gridando: "O Fiume o morte! "Tre giorni dopo, a nome del Fascio, parlò in piazza Vittorio EmanueleII, unitamente al tenente Farina, al senatore Alberto Dallolio, al mag-giore Mattina e all'onorevole Francesco Cavazza. Questa manifesta-zione, al di là del significato politico, è importante perché segna lafine di un'epoca: quella equivoca degli abbracci tra destra e sinistrademocratica per un malinteso senso di unità nazionale. Dopo di alloraogni partito riprese la propria autonomia e gli interventisti democraticinon si confusero più con quelli di destra.

    Fu ancora in questo clima di artificiosa e forzata unità nazionalee di difesa della vittoria, che Nenni arrivò a giustificare l'assalto deifascisti milanesi — guidati da Vecchi e Marinetti — contro la sededell'Avanci!. È una brutta pagina, forse la più brutta del suo periodo"fascista", perché dimostra che egli non seppe comprendere doveavrebbero finito per portare simili episodi. Qualche giorno dopo laprima spedizione punitiva fascista, nel foglio bolognese apparve unanota anonima, ma ben isolata tipograficamente, che se non fu scrittada Nenni, fu però da lui approvata e pubblicata. Ne riportiamo laprima parte, la più significativa:

    L'Avanti! che va facendo la cronaca delle giornate milanesi per dimostrareche la provocazione non parti dai suoi seguaci, potrebbe magari dare la provache dalle sue finestre non parti nessun colpo d'arma da fuoco, potrebbe ancheconvincerci che i provocatori furono i dimostranti anarchici, anche se il con-flitto è avvenuto in via Mercanti ad un paio di chilometri cioè dal luogo doveaveva avuto luogo il comizio socialista, ma dovrebbe sempre rendere conto dellasobillazione compiuta per cinque mesi, della propaganda bolscevica ed insurrezio-nista che aveva fatto, dei discorsi e dei fatti che aveva esaltato.

    Noi deploriamo sinceramente che sangue fraterno sia corso per le vie diMilano, noi abbiamo sofferto più di quel sangue che di una battaglia persa; machi non ha il diritto di lamentarsi, chi non ha il diritto di protestare è propriol'Avanti! esaltatore del "terrore rosso", esaltatore della guerra civile.

    Credevano forse in via S. Damiano che si potesse seminare a piene manil'odio contro gli interventisti ed i patrioti, credevano che si potessero farele liste di proscrizione, credevano che si potesse esaltare la dittatura del prole-tariato come redde rationem per chi aveva amato il proprio paese, senza che lareazione fosse immediata ed imperiosa?72

    È grave che Nenni non abbia speso una parola per condannarel'aggressione contro il foglio socialista, considerata forse come una

    27

  • La strage di palazzo d'Accursio

    giusta punizione postuma. Ma gli scioperi che vennero proclamati primae dopo quella spedizione punitiva ebbero il merito di fargli vedereun mondo diverso da quello che si era prefigurato e di far precipitaree maturare quella crisi che lo agitava.

    Alla vigilia dello sciopero del 16 e 17 aprile — proclamato perprotesta contro l'assalto alla sede dell'Avanti! — aveva scritto, dimen-ticandosi delle aggressioni antisocialiste del novembre precedente a Bo-logna, che dopo la fine della guerra gli interventisti avevano propugnatouna politica di pace sociale.

    Non si può tacere — si legge in una nota anonima — che fu il Partito So-cialista a non volere questa pace. All'indomani della vittoria esso sostituì la ban-diera del neutralismo con quella del leninismo e dopo aver detto pace mentre perfatale colpa di imperi nemici si imponeva la guerra, disse guerra non appena lapace venne a consolare gli uomini. [...] Non è il tempo di fare con rigore sto-rico l'esame delle responsabilità materiali dei fatti di ieri. Oggi agli occhi ditutta Italia balzerà dinanzi una grande, ma tragica responsabilità morale: quel-la di una minoranza dello stesso partito socialista che ha voluto gettare fraclasse e classe, fra partito e partito la parola che inesorabilmente divide e pre-para nei cuori la guerra civile.

    La Confederazione Generale del Lavoro proclama oggi lo sciopero generalein tutta Italia. Auguriamoci che esso non dia luogo a nuove tragedie.

    Il partito socialista pensi alla propria responsabilità. Non si può fare larivoluzione contro la guerra. Migliaia di reduci sono pronti in ogni città a di-fendere le loro medaglie, le loro ferite, i loro sacrifici simbolizzanti dell'Italiavittoriosa.

    Pace: ecco la nostra parola.C'è in questo momento una possibilità di progresso infinito. L'Italia può

    scrivere, solo che i nostri cittadini lo vogliano, mirabili pagine di storia civile.Cos'è questa rissa sanguinosa? Cosa sono queste grida evocanti tragedie lon-

    tane? Quale demone tiene l'animo di quelli che spingono alla guerra civile?Avremo dunque vinto, a prezzo di tanto sangue, per poi uccidere colle stessenostre mani la vittoria? E la patria che fu salvata dopo Caporetto non lo saràpiù dopo Vittorio Veneto?

    No. Non può, non deve essere.Se il socialismo non diviene anarchismo, se l'odio insano non soffoca ogni

    palpito d'amore, se la pazzia non turba i nostri cervelli, noi torneremo domanitutti al lavoro, fatti migliori da questa triste sciagura, noi riprenderemo l'operainterrotta per la salvezza della grande famiglia Umana alla quale la vittoriaschiudeva la via di nuove libertà.

    Siate buoni fratelli."

    Lo sciopero lasciò confuso Nenni — o chi scrisse il commento,anonimo anche questa volta —, dal momento che i dirigenti socialistiavevano fatto di tutto per evitare degenerazioni di tipo insurrezionaleo preinsurrezionale.

    Se si pensa — si legge nella nota — che i dirigenti socialisti prima e du-rante gli scioperi di Roma, di Milano, di Torino, di Bologna ecc. non hannofatto altro che raccomandare la calma alle poche migliaia di persone che ne se-

  • Il primo Fascio bolognese

    suono gli indirizzi, c'è da chiedersi: ma a che cosa tende allora la propagandaleninista e bolscevica alla quale costoro si sono dedicati con tanta violenza verba-le? Come si spiega questa contraddizione fra ciò che si scrive e ciò che si fa?

    Se sono rivoluzionari, concludeva la nota, preparino la rivoluzione,e se non lo sono "è tempo di smetterla col frasario leninista che rischiadi giovare magnificamente ai conservatori per non discutere e non at-tuare le riforme che il paese attende".74

    In realtà alla vigilia dello sciopero tutte le organizzazioni di si-nistra — la Federazione del Psi, la Camera del lavoro, l'Unione so-cialista bolognese, la Federterra, il Fascio libertario bolognese e laVecchia camera del lavoro — avevano indirizzato un manifesto ai cit-tadini e ai lavoratori per invitarli a scioperare, ma nella calma e condisciplina. E durante il comizio tutti gli oratori avevano detto eripetuto che quello non era uno sciopero insurrezionale, ma di pro-testa. Solo Enrico Leone lo aveva paragonato agli scioperi che eranostati indetti in Russia nel 1905.

    Dello sciopero aveva approfittato il Fascio per caratterizzarsi conun documento nel quale i suoi aderenti

    1) Rivendicano a titolo d'onore la premessa che ogni loro atto sarà su-bordinato alla difesa dei principi che vollero ieri per l'Italia la guerra rivolu-zionaria; 2) dichiarano la loro avversione alle classi dirigenti che non seppero enon sanno difendere le idealità e gli interessi della Patria, né risolvere i pro-blemi della pace; 3) avvertono il proletariato che il partito socialista gioca "sullasua pelle" una carta che non ha nulla a che fare coi suoi veri interessi di clas-se; 4) dicono ai cittadini una parola di calma che li trattenga dal baratro dellaguerra civile, che nella mente di incoscienti vuole essere punizione dei fautoridella guerra e non già giusta rivendicazione dei diritti che le benemerenze delproletariato hanno acquisito alla classe; 5) decidono di prendere possesso dellapiazza solo quando la provocazione e la intolleranza dei fanatici aiutati dalla in-capacità dei governanti lo imponga, avvertendo che tale decisione avrà assolutocarattere di legittima difesa. 75

    La prosa del Giornale del Mattino e il documento del Fascio — vo-tato dopo una relazione di Nenni — dimostrano che gli interventistidemocratici e Nenni non avevano ancora le idee chiare. O, per lo meno,non avevano più le idee chiare che credevano di avere alla vigiliadello sciopero. Dopo gli ultimi sussulti della "nevrosi patriottica",Nenni cominciava a rendersi conto che il problema grosso non eraquello di Fiume o della rivoluzione. Il problema grosso era quelloeconomico e sociale che la guerra aveva aggravato. Gli effetti disastrosidel conflitto continuavano a prolungarsi nei primi mesi di pace. E daquelli, se non fossero stati ovviati e sanati, sarebbe nato il fascismo.Quello vero.

  • La strage di palazzo d'Accursio

    Note

    1 Per quanto avvenne a Bologna negli anni della guerra mondiale del 1915, cfr.: N.S.ONOFRI, La grande guerra nella città rossa, Edizioni del Gallo, Milano 1966. Il presentelavoro è la continuazione di quello e dà per scontato e avvenuto quanto è detto in esso.

    2 Nenni, dopo un anno di guerra, era stato inviato in licenza per malattia. Nel1916 si era trasferito a Bologna per dirigere il "Giornale del Mattino", il quotidianodella massoneria. Era iscritto al Pri ed era interventista democratico. Per l'attività poli-tica e giornalistica di Nenni durante il suo soggiorno bolognese, cfr.: N.S. ONOFRI, Lagrande guerra, cit.; P. NENNI, Pagine di diario, Garzanti, Milano 1947; D. SUSMEL, Nennie Mussolini mezzo secolo di fronte, Rizzoli, Milano 1969.

    3 "Il Popolo d'Italia", 1° gennaio 1919.* "Giornale del Mattino", 3 gennaio 1919.5 "Il Popolo d'Italia", 8 gennaio 1919.' "Giornale del Mattino", 9 gennaio 1919.7 "Giornale del Mattino", 14 gennaio 1919.8 D. SUSMEL, Nenni e Mussolini..., cit., p. 92.' ENZO SANTARELLI, nel saggio Nenni dal repubblicanesimo al socialismo (1908-1921),

    contributo ad una biografia — contestando quanto abbiamo sostenuto in La grande guerranella città rossa — ha scritto che "la tesi di Onofri, che Nenni 'divenne socialista a Bolo-gna' tra il 1916 e il 1919, nel corso dello scontro tra interventisti e neutralisti, è troppoindulgente, ed anzi è contraddetta dai documenti" ("Studi storici", n. 3, 1974). Riconfer-miamo che Nenni "divenne socialista a Bologna", anche se si iscriverà al Psi solo quandosi trasferirà a Milano. Poiché in questa sede ci interessa solo quanto fece Nenni a Bolo-gna, tralasciamo di esaminare in modo approfondito la sua evoluzione dal repubblica-nesimo al socialismo.

    10 "Giornale del Mattino", 3 gennaio 1919.11 "Giornale del Mattino", 11 giugno 1919.12 Nel 1926 Nenni scrisse che fu grave l'errore del Psi di "misconoscere in genere

    il complesso fenomeno del combattentismo. Fu questa svalutazione del fenomeno com-battentistico il primo errore e forse il più fatale" (P. NENNI, Storia di quattro anni,Einaudi, Torino 1946, p. 7). Molti anni dopo, illustrando le ragioni per le quali il Psiavrebbe dovuto iniziare l'esperimento del centro-sinistra con la Dc, sostenne che avevanosbagliato i socialisti e i comunisti nel 1920 quando "avevano preteso dal Psi la rivolu-zione proletaria e i Soviet, contro uno Stato e una borghesia che uscivano da una guerravittoriosa" ("Avanti!", 9 ottobre 1960).

    13 Cesare Rossi, che era il principale collaboratore di Mussolini, ha scritto che sitenne in una "atmosfera di diffidenza verso Mussolini da parte del vecchio interventismodemocratico". E ancora: "Quante leggende e quante amplificazioni nella storiografia diquell'Adunata!" (C. Rossi, Mussolini Com'era, Ruffolo, Roma 1947, p. 78).

    14 D. SUSMEL, Nenni e Mussolini..., cit., p. 93.15 M. GIAMPAOLI, 1919, Libreria del Littorio, Roma 1928, pp. 102 e 106. Questa

    l'adesione di Bonzani: "sono con te per tutte le belle battaglie che si combattono e sicombatteranno." Zanetti telegrafò: "Lega Latina Gioventù Bologna aderisce entusiasti-camente all'adunata del 23 marzo invierà la rappresentanza. Mutilato Zanetti." Sulla naturadella Lega latina vedremo più oltre.

    16 M. GIAMPAOLI, 1919, cit., p. 115. Queste adesioni sono riportate anche in: G.A.CHIURCO, Storia della rivoluzione fascista, Vallecchi, Firenze 1929, vol. I, p. 238. Lamaggior parte di questi nomi non figura nell'elenco degli "Iscritti del 1919" al Fasciobolognese (GA . CHIURCO, Storia..., cit., vol. II , p. 441).

    17 M. GIAMPAOLI, 1919, cit., p. 174. Il 26 marzo, "Il Popolo d'Italia" pubblicò untelegramma del Floriani, a nome del Fascio di educazione sociale, mettendo nel titolo chegiungeva da Bologna, mentre nel testo non portava la data di Bologna. Il suo nomenon figura nell'elenco degli iscritti al Fascio bolognese.

    18 M. GIAMPAOLI, 1919, cit., pp. 127-8. Anche "Il Popolo d'Italia" mette il nomedi Malusardi sia nella delegazione bolognese che in quella milanese.

    19 Non si conosce il giudizio che diedero i socialisti bolognesi sulla nascita del Fascioperché La Squilla ignorò l'avvenimento.

    20 D. ZANETTI, L'anima nella bufera, Galleri, Bologna 1936, p. 335.21 R. RONZIO, La fusione del Nazionalismo con il Fascismo, Mondadori, Milano 1925,

    p. 169.22 "L'azione studentesca", n. 10, 1918.23 "Giornale del Mattino", 1° aprile 1919.24 "Giornale del Mattino", 2 aprile 1919.25 " L ' I d e a nazionale", 5 aprile 1919.26 R. R O N Z I O , La fusione..., cit . , p. 170.

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  • Il primo Fascio bolognese

    27 Vecchi era uno dei tanti reduci che non si sapeva riadattare alla vita civile."Ognuno di noi", ha scritto, "avendo interrotto per quattro anni consecutivi glistudi o la professione o il mestiere è obbligato ad escludere la possibilità di riattaccarela propria vita al punto in cui l'interruppe nel 1915" (F. VECCHI, La tragedia del mioadire, Grafiche, Milano 1923, p. 15). Di idee repubblicane, a Milano guidò nel 1919 ilprimo'assalto contro la sede dell'"Avanti! " (F. VECCHI, Arditismo civile, l'Ardito, Milano1920). A Milano diresse "L'Ardito", il periodico dell'Associazione arditi. Nel 1921 fuespulso sia dal Fascio che dall'Associazione arditi perché si era fatto promotore di unainiziativa che prevedeva l'alleanza tra socialisti e fascisti.

    28 Da una dichiarazione rilasciataci da Nenni.29 "Il Popolo d'Italia", 8 aprile 1919. Era via Barberia e non via Barbaziana.30 Preparando questo lavoro, abbiamo sentito la mancanza di una versione ufficiale

    fascista, per avere almeno un termine di paragone. Esistono solo articoli di giornale osaggi scritti per ricordare il 28 ottobre. Inoltre, sino al 1933, quando fu espulso dalpartito, gli scritti sono interamente dedicati ad Arpinati. Dopo il suo nome sparisce dallabibliografia fascista. Non esistono molti libri, se si esclude G. PINI, Le legioni bolognesiin armi, L'Assalto, Bologna 1928, in cui si racconta quanto avvenne a Bologna il 28 ot-tobre 1922. ZANETTI, dopo aver pubblicato L'anima nella bufera (la cui narrazione terminaalla fine della guerra), non fece uscire l'annunciato seguito. Non sappiamo se Zanetti

    morto da parecchi anni — lo abbia scritto. Il manoscritto, in ogni caso, non è statotrovato quando il suo archivio è stato ceduto a un antiquario e disperso. Pini ricordache il libro di Zanetti, uscito nel 1938, non era piaciuto alle gerarchie fasciste, perchéparlava solo dei nazionalisti. Secondo il comune amico Carlo Casali, pare che Zanettivolesse dare nel seguito — sull'eccidio di Palazzo d'Accursio — una versione diversa daquella ufficiale del fascismo bolognese, secondo il quale era stato organizzato e consumatodai socialisti.

    La maggior parte dei saggi sul fascismo bolognese sono usciti nel secondo dopoguerrae nessuno è di parte fascista. Tra i principali segnaliamo: L. ARBIZZANI, L'avvento delfascismo nel bolognese, in "Movimento operaio e socialista", n. 2 e n. 3, 1964; B. UVA,La crisi del massimalismo socialista e la nascita del fascismo a Bologna, in "Pagine libere",luglio 1961 e novembre 1961 (il saggio è stato poi raccolto in volume nel 1961 dall'editoreConte di Roma); B. DALLA CASA, II movimento operaio e socialista a Bologna dall'occupa-zione delle fabbriche al Patto di pacificazione, in Movimento operaio e fascismo nell'Emi-lia-Romagna 1919-1923, Editori Riuniti, Roma 1973; A. DE BENEDICTIS, Note su classeoperaia e socialismo a Bologna nel primo dopoguerra, in Movimento operaio e fascismonell'Emilia-Romagna 1919-1923, cit.; I. MASULLI, Società e politica a Bologna dal1914 al dopoguerra, in "La Resistenza in Emilia Romagna", maggio 1970; I. MASULLI,Il movimento operaio e contadino e le origini del Partito comunista nel bolognese, in"Studi storici", n. 1, 1973; D. DONATI, Aspetti dell'organizzazione agraria bolognesetra guerra e dopoguerra (1915-1919), in "Studi storici", n. 2, 1973.

    Numerosi sono i libri nei quali si parla del fascismo bolognese. Oltre a quelliriportati in testo, segnaliamo quelli dove la trattazione è diffusa: A. IRACI, Arpinatil'oppositore di Mussolini, Bulzoni, Roma 1970; N.S. ONOFRI, 1 giornali bolognesi nel ven-tennio fascista, Modernissima, Bologna 1972; G. CANTAMESSA ARPINATI, Arpinati miopadre, Sagittario, Roma 1968; T. NANNI, Leandro Arpinati e il fascismo bolognese,Autarchia, Bologna 1927. Anche se non tutti trattano del fascismo bolognese, ricordiamola serie di volumi curata da Rodolfo Mondolfo per Cappelli di Bologna nel 1921. Gliscritti di Mario Missiroli, Mondolfo, Adolfo Zerboglio, Dino Grandi, Guido Bergamo,Giuseppe De Falco, Giovanni Zibordi, Luigi Fabbri, Cesare Degli Occhi, stampati separa-tamente e poi raccolti in un unico volume nel 1921, sono stati ristampati — ma nontutti — nel 1966 a cura di Renzo De Felice sempre da Cappelli. Da segnalare, infine,il saggio di F. MUSIANI TAROZZI, Il primo e secondo "Fascio di combattimento" di Bo-logna nelle carte dell'Archivio riservato del gabinetto di prefettura (1919-1922), inAlti e memorie della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, vol. XXIII,1972. Questo saggio, oltre all'ottima parte descrittiva, anche se molto stringata, ha ilpregio di riportare integralmente 18 documenti, tratti dall'Archivio di Stato di Bologna,sulla nascita e sullo sviluppo del Fascio.

    31 Nell'estate del 1921, quando socialisti e fascisti stavano discutendo il "patto dipacificazione", i fascisti emiliani si ribellarono e Dino Grandi scrisse alcuni articoli su"L'Assalto", contro Mussolini. Avendo sostenuto che Bologna era la "culla del fascismo",Mussolini gli rispose che il fascismo era nato il 23 marzo 1919 e che il fascismo milanese"fu per almeno dodici mesi il Fascismo italiano", mentre "nella Valle del Po, la parolaFascismo era totalmente ignorata". Aggiunse che "l'unico fascista che vi fosse alloraa Bologna era Arpinati, il quale sudò sette camicie prima di arrivare a combinare unFascio degno di questo nome" ("Il Popolo d'Italia", 7 agosto 1921).

    32 "Giornale del Mattino", 10 aprile 1919.33 Nell'aprile 1919 a Bologna — come in altre città — era stata costituita la Lega

  • La strage di palazzo d'Accursio

    proletaria fra mutilati e invalidi di guerra. Il segretario era Armando Cocchi ("La Squilla",n. 15, 1919). Il primo congresso si tenne il 25 novembre; la vedova di guerra NoemiBetti tu eletta segretario e Dante Ratta vice.

    34 ASB, Cart. ris. pref, Cat. 7, Fas. 1, 1919. Il rapporto è del 13 aprile.35 "Giornale del Mattino", 10 aprile 1919. Uguale è la versione de "Il Popolo

    d'Italia".36 Nel secondo dopoguerra, quando furono fatte molte rivelazioni per mettere in

    difficoltà Nenni, Carlo Silvestri pubblicò un libro nel quale si sforzava di dimostrareche Mussolini era estraneo al delitto Matteotti. In esso, tra l'altro, si legge: "Allafondazione del fascio di Bologna assisteva anche l'autore di queste note, però soloin veste di osservatore come redattore del 'Corriere della Sera'. Ed i suoi ricordi sonoancora inediti" (C. SILVESTRI, Matteotti, Mussolini ed il dramma italiano, Ruffolo, Roma1947, p. VI). A questo annuncio non fece seguito alcuna rivelazione.

    37 "Giornale del Mattino", 10 aprile 1919.38 "L'Avvenire d'Italia", 10 aprile 1919. Non potendo entrare nel Fascio, i cattolici

    diedero vita all'Unione fra i militari cattolici.39 Questo dato, amplificato per far risaltare che almeno la metà dei presenti non

    avevano aderito, facendo fallire l'iniziativa, è nel rapporto del prefetto del 13 aprile,riferito alla nota n. 34.

    40 Valente, sul quotidiano nazionalista, scrisse che "i combattenti di tendenzerepubblicane non avrebbero dovuto costringere i loro compagni di tendenze cattolichead allontanarsi affermando 'la necessità di rimediare all'attuale crisi politica con unsocialismo non bolscevico'. Tutti i combattenti pei quali la difesa e la riconquistadell'integrità nazionale è un diritto e un dovere egualmente assoluti e imprescrittibili, de-vono sentire un vincolo di attiva ed intensa fratellanza spirituale contro il comune nemicointerno. Senza questo vincolo il fascio dei combattenti non può vivere né atteggiarsi inconcreto: ove il vincolo nazionale sia indebolito, disconosciuto o infranto, gli stessi varigruppi sono individualmente diminuiti". Concludendo, ammoniva che "i combattentidi tutti i partiti sono necessari. I repubblicani, escludendo dal Fascio i cattolici, sipalesano elementi di discordia e di debolezza nazionale" ("L'Idea nazionale", 13 aprile1919).

    41 A Bologna, l'Associazione arditi aveva un giornale: "Il Gagliardetto, degli arditi",diretto da Farina. Aveva per sottotitolo "Ardisco e non ordisco", che sarà poi ripreso dalperiodico del Fascio "L'Assalto". Il giornale, che traboccava di vuota retorica, fuferocemente antisocialista, ma non antiproletario. Del giornale uscirono pochi numeri.

    42 "Il Popolo d'Italia", 11 aprile 1919.43 Alla fondazione del primo Fascio era sicuramente presente Calabri ("Giornale del

    Mattino", 10 aprile) e forse anche Ghiselli. A questo appartenne, ma non è certo chesia stato tra i fondatori, anche Romolo Trauzzi (Chiurco lo indica erroneamente comeTarozzi Romolo) che divenne uno dei massimi dirigenti della Resistenza a Bologna.

    44 "Giornale del Mattino", 11 aprile 1919.45 "L'Avvenire d'Italia", 11 aprile 1919.46 "Giornale del Mattino", 13 aprile 1919.47 Il 10 aprile a Milano era stata costituita l'Unione popolare antibolscevica.48 Le cifre sono desunte dai rapporti di polizia in data 18 aprile e 8 maggio

    (ASB, Cart. ris. pref., Cat. 7, Fas. I, 1919).49 ASB, Cart. ris. pref., Cat. 7, Fas. 1, 1919.50 ASB, Cart. ris. pref., Cat. 7, Fas. 1, 1919.51 ASB, Cart. ris. pref., Cat. 7, Fas. 1, 1919.52 "Giornale del Mattino", 19 aprile 1919.53 C. Rossi, Mussolini..., cit., p. 241. Petti era un famoso maratoneta.54 D. ZANETTI, L'anima..., cit., pp. 251 e 273.53 G.A. CHIURCO, La rivoluzione..., vol. I I , p. 441. La dizione "che non appar-

    tengono più al Fascio" è equivoca, perché molti furono espulsi per motivi politici, mentrealtri per motivi morali. Nel 1939 furono pubblicati altri due elenchi, ma i nomi eranoquasi tutti nuovi. Nell'elenco pubblicato su "L'Assalto", supplemento n. 18 del 4marzo 1939, solo dieci nomi figurano anche in quello del 1919. Lo stesso dicasi per ilRuolino degli squadristi del Fascio di Bologna che parteciperanno all'adunata delle squa-dre d'azione (23 marzo XVII - Roma), pubblicato su "L'Assalto", n. 12 del 21 no-vembre 1939. In entrambi gli elenchi mancavano sia il nome di Nenni che quello diArpinati.

    56 "L'Assalto", n. 16, 1923.57 "L'Assalto", n. 46, 1924.58 "L'Ordine Nuovo" del 13 gennaio 1922 rimproverò a Serrati, direttore del-

    1'"Avanti!", di avere dimenticato i trascorsi di Nenni.59 Da una dichiarazione rilasciataci da Nenni.60 Cfr.: C. MATTEINI, Ordini alla stampa, EPI, Roma 1945, p. 246.

  • Il primo Fascio bolognese

    61 "Avanti!", 9 novembre 1945.62 "Italia nuova", 8 novembre 1945.63 "Italia nuova", 11 novembre 1945.64 "Il Borghese", 6 marzo 1961. In quegli anni anche alcuni esponenti del Psdi

    rivangarono nel passato di Nenni, cfr.: R. MARMIROLI, Storia amara del socialismo ita-liano, La Nazionale, Parma 1964, p. 348.

    65 Da una dichiarazione rilasciataci da Pini.66 Atti parlamentari, Legislatura XXV, sessione 1919-1921, Commissione parlamentare

    per l'accertamento dei fatti avvenuti a Bologna, Roma 1921, p. 155.67 D. SUSMEL, Nenni e Mussolini..., cit., p. 95.68 Il primo Fascio è sempre ignorato nella storiografia fascista. Nel saggio Il

    fascismo bolognese, Pini ha scritto: "Nel periodo che va dalla fine del 1919 alla metàdel 1920 l'attività del Fascio Bolognese fu vivace ma limitata" ("L'Assalto", n. 19, 1928).Sul periodo precedente non una parola. Lo stesso dicasi per gli scritti di Ghinellidedicati al Decennale del Fascio: M. GHINELLI, Il fascismo bolognese all'Alba dell'annoX, in "L'Assalto", Bologna 1932; M. GHINELLI, L'assemblea decennale del Fascismobolognese, in "Comune di Bologna", n. 10, 1932. Il primo Fascio è ignorato da: B.BIANCINI, Il fascismo bolognese, in "Comune di Bologna", n. 9, 1926. Angelo Manaresifa addirittura iniziare il fascismo nel novembre del 1920 (A. MANARESI, Giulio Giordanie l'eccidio di Palazzo d'Accursio. Ricordi di battaglie, in "Italia Augustea", n. 6, 1928,ripubblicato in "Comune di Bologna", n. 6, 1928).

    69 P. NENNI, Pagine..., cit., p. 49.70 Da una dichiarazione rilasciataci da Nenni.71 ASB, Cart. ris. pref., Cat. 6, Fas. 1, 1919.72 "Giornale del Mattino", 19 aprile 1919.73 "Giornale del Mattino", 16 aprile 1919.74 "Giornale del Mattino", 18 aprile