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Fondazione Federico II edItore

Fondazione Federico II edItore - iris.unipa.it · fautrice della ricerca dei resti della Vergine sul Monte Pellegrino, dove si era stabilita dalla se - conda metà del XVI secolo

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Fondazione Federico II edItore

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MOSTRARosaliaEris in peste Patrona

Palermo Palazzo dei NormanniSale del duca di Montalto3 settembre 2018-5 maggio 2019a cura diVincenzo AbbateGaetano BongiovanniMaddalena de Luca

Comitato scientificoVincenzo AbbatePieralda AlbonicoGaetano BongiovanniMaddalena de LucaMarcello FagioloAldo GerbinoCarlo Pastena

Ricerche storico-iconograficheCiro d'Arpa, rossana Nicoletti

OrganizzazioneFondazione Federico II

PresidenteGianfranco Miccichè

Direttore GeneralePatrizia Monterosso

Direttore AmministrativoAntonella razete

Coordinamento tecnicoGianfranco Zanna

Graficarosy Ingrassia

Gruppo di lavoroCarmelo Antico, Costanza Caramazza,Giuseppe d’Ippolito, Claudio Picciurro,Giovan Battista Scaduto

Rapporti con la stampaCristina Lombardo, Sergio Capraro

RingraziamentiStefano Biondo, Progettazione e direzione lavori

Fabrizio Scimè, Segretario GeneraleAssemblea Regionale Siciliana

Consiglio di Presidenzadell’Assemblea regionale Siciliana

Consiglio di Amministrazionedella Fondazione Federico II

Curia Arcivescovile di Palermo

Enti prestatori

Prefettura di PalermoPrefetto S.e. dott.ssa Antonella De MiroPresidenza dell'Assemblea regionale SicilianaOn. Gianfranco MiccichèMuseo Nazionale di CapodimonteDirettore Sylvain BellengerFundation Casa de Alba, MadridPresidente Carlos Fitz-James StuartGalleria regionale di Palazzo Abatellis, Palermodirettore Evelina De CastroMuseo regionale Agostino Pepoli, trapanidirettore Luigi BiondoBiblioteca centraledella regione Siciliana A. Bombacedirettore Carlo PastenaCuria Arcivescovile di PalermoS.e. Mons. Corrado LoreficeUfficio Beni CulturaliGiuseppe BucaroCuria Arcivescovile di MaltaS.e. Mons. Gwann SultanaCuria vescovile di CefalùS.e. Mons. Giuseppe MarcianteUfficio beni CulturaliMatteo CastiglioneCuria Vescovile di PattiS.e. Mons. Gugliemo Giombanco Ufficio Beni CulturaliBasilio ScalisiCuria vescovile di ComoS.e. Mons. Oscar CantoniUfficio beni CulturaliAndrea StraffiCuria vescovile di MantovaS.e. Mons. Marco BuscaUfficio Beni CulturaliStefano SavoiaConfraternita del Porto e riportodi Maria SS. Immacolata, PalermoSuperiore Domenico MineoAntonello Governale, Palermo

Progettazione e direzione allestimentoStefano Biondo

FotografieGiuseppe Mineodipatimento dei Beni Culturalie dell’Identità Siciliana

Licia Settineri, Fabiola Saitta Centro regionale Progettazione e restauroGaetano Lo Giudice(Biblioteca Centrale della regione Siciliana)

RingraziamentiMario Sammartino, Ambasciata d'Italia a Malta, -Luca rinaldi, Soprintendenza archeologia, bellearti e paesaggio di Como - Gabriele Barucca, So-printendenza archeologia, belle arti e paesaggiodi Mantova - Lina Gabriella Bellanca, Soprinten-denza Beni Culturali di Palermo - orazio Micali,Soprintendenza Beni Culturali di Messina - Giu-seppe randazzo, Museo diocesano di Palermo -Patrizia Piscitello, Museo di Capodimonte - IlariaBruno, Soprintendenza di Como

CATAlOgO

CuratoriVincenzo AbbateGaetano BongiovanniMaddalena de Luca

Saggi diVincenzo AbbatePieralda AlbonicoGaetano BongiovanniMaddalena de LucaMarcello FagioloAldo GerbinoPierfrancesco Palazzottoorietta Sorgi

Schede diGiuseppe AbbateVincenzo AbbatePieralda AlbonicoCarmelo BajamonteGaetano BongiovanniAndrea Comalinielvira d'AmicoCiro d'ArpaAlexander debonoevelina de CastroMaddalena de LucaGiuseppe FazioLuigi GiacobbeSantina GrassoMarco LiberatoLuca MansuetoAngelo MazzaMaria reginellaGiovanni Scadutodaniela ScandariatoValeria SolaNorita SpelziniClaudio Strinati

Apparati bibliograficiGiuseppe Abbate

Progetto grafico e impaginazionerosy Ingrassia

StampaSeristampa, Palermo

FotografieGiuseppe Mineo

Ringraziamenti

Angela AnselmoBiblioteca Centrale della regione Siciliana

Gioacchino Barbera, Messina

Maria Grazia Bernardini, roma

Caterina Bon ValsassinaMinistero per i Beni Culturalidirezione generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio

don Walter Bottaccio, rettore Casa Professa, Palermo

orsola Braides, Biblioteca Nazionale Marciana, Venezia

eliana Calandra direttrice del Museo etnografico SicilianoGiuseppe Pitrè

don Giuseppe Calderone, chiesa Madre, Caccamo

don Gaetano Ceravolo, Santuario di Santa rosalia, Palermo

diego Ciccarelli, Biblioteca Francescana, Palermo

roberta Civiletto, Soprintendenza di Palermo

don Giuseppe di Giovanni, chiesa Madre, Ciminna

don Calogero Falcone, chiesa Madre Petralia Soprana

rita Fioravanti, Biblioteca Casanatense, roma

Paola Giusti, Napoli

Sante Guido, Università di trento

Gabriella Lo PrestiBiblioteca Centrale della regione Siciliana

Cetta Lotà, Soprintendenza di Palermo

Linda Martino, Museo Nazionale di Capodimonte

Gaetano Martinez, di San Giacomo, Palermo

Giovanni Mendola, Palermo

fra Gaetano Morrealechiesa di s. Antonio da Padova, Palermo

don Carlo Musarra, chiesa Madre, Piraino

Salvatore PaganoGalleria regionale di Palazzo Abatellis

Patrizia PiscitelloMuseo Nazionale di Capodimonte

Alvaro romero Sànchez-Arjona,Fundation Casa de Alba, Madrid

Mario russoBiblioteca Museo Correale di terranova, Sorrento (NA)

Mercuria SalemiBiblioteca Centrale della regione Siciliana

don Giacomo Sarzichiesa dei SS. Nazario e Celso, Castiglione delle Stiviere

don Claudio Scaramellini, chiesa di S. Giacomo, Livo

don Cosimo Scordatochiesa di S. Francesco Saverio, Palermo

Mauro Sebastianelli, Museo diocesano, Palermo

Alfredo Sigillò, opera Pia card. ruffini, Palermo

don Giovanni Silvestri, chiesa Madre, Polizzi Generosa

don Lino Spiterichiesa dell'Immacolata di Sarria, Floriana, Malta

Maria elena Volpes, Palermo

Landesbibliothek, oldenburgMatthias BleyKlaus-Peter Müller

Biblioteca Casanatense, roma Sabina Fiorenzi Laura Giallombardo Maria Gabriella Mansi Barbara Mussetto

Biblioteca Universitaria di Genovaoriana CartaregiaClaudio risso

rosalia eris in peste patrona / a cura di Vincenzo Abbate, Gaetano Bongiovanni, Maddalena de Luca.– Palermo : Fondazione Federico 2., 2018.ISBN 978-88-96729-37-31. rosalia <santa> - Cataloghi di esposizioni.I. Abbate, Vincenzo <1949->.II. Bongiovanni, Gaetano <1962->.III. de Luca, Maddalena.282.092 Cdd-23 SBN PAL0311186

CIP - Biblioteca centrale della regione siciliana “Alberto Bombace”

Arcidiocesidi Palermo

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Palermo, Palazzo reale, Sale duca di Montalto3 settembre 2018 - 5 maggio 2019

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15 Peste, peccato e penitenza Vincenzo Abbate

31 Nel fervore della scienza, la “grazia del dire”. Giovanni Filippo Ingrassia: clima culturale, bioatmosfere Aldo Gerbino

49 dall’Alto Lario emigranti, artisti, committenze dal Cinquecento al Settecento Pieralda Albonico Comalini

61 La Patrona contesa. L’iconografia di Santa rosalia e le dispute della committenza religiosa a Palermo da Van dyck a de Matteis Pierfrancesco Palazzotto

73 Santa rosalia e la peste: osservazioni su alcune incisioni del Seicento Gaetano Bongiovanni, Maddalena De Luca

89 Splendori barocchi: dall’universo berniniano al teatro del Sole Marcello Fagiolo

99 Il culto di Santa rosalia a Palermo Orietta Sorgi

109 Le opere

235 Bibliografia a cura di Giuseppe Abbate

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Il rinvenimento delle ossa di S. rosalia segnòun momento epocale per la storia della città diPalermo, e non solo dal punto di vista devozio-nale. La ricerca, come è noto, impegnò inizial-mente soprattutto una comunità francescana1,ma una volta constatata la miracolosa scopertae, soprattutto, verificata la vasta eco che se neebbe nei confronti della cittadinanza, tutte lerealtà religiose della capitale vicereale si atti-varono per sondarne la portata e per valutarnele possibili conseguenze e gli auspicabili “van-taggi” che ne sarebbero scaturiti.

Non intendo avanzare un’ipotesi di cinicadisinvoltura, è certo che l’afflato devozionalefu sincero e crebbe a dismisura nel corso deltempo, anche in ragione delle testimonianzemiracolose e dell’imprimatur della chiesa uffi-ciale, governata a Palermo dal cardinale Gian-nettino doria2, ma è altrettanto indubbio cheproprio l’escalation dell’attenzione nei con-fronti di colei che si apprestava a divenire laPatrona principale della città non poteva la-sciare inerti le organizzazioni cattoliche sul ter-ritorio.

Il presente contributo intende fornire alcunispunti sulle avvisaglie di queste felici contesein ambito artistico e su come alcune delle piùnote immagini tradissero la volontà di taluniordini religiosi di inglobare ingegnosamente ilnascente culto di S. rosalia all’interno delleproprie devozioni e della propria tradizione.

Senza entrare nel merito del dibattito sto-rico e iconografico, si deve convenire sulla esi-stenza di un culto rivolto alla Santa, seppur de-bole, prima del 16243. d’altronde la ricercadelle ossa sul Monte Pellegrino non avrebbeavuto alcun senso in mancanza di una memoriache ne ispirasse le mosse.

Ciononostante, fino ad allora mancava unalegenda strutturata sulla vita della Santa cheservisse, come sempre, da orientamento e fon-damento della consequenziale realistica sem-bianza utile alla devozione4.

Nel 1624, avvenuta l’inventiodelle sacre ossa, fu urgente co-niare un nuovo modello icono-grafico che rispondesse a para-metri adeguati, come richiestodalle prescrizioni controriformi-stiche. Il primo approccio risentìdel diffuso clima pauperistico,anche di ispirazione francescana,volto a magnificare la vita con-templativa ed eremitica, modellodi ascesi per avvicinarsi a dio, alquale rispondeva perfettamentel’anacoretismo della Santa sulmonte deserto, all’interno di unagrotta5. rosalia, novella Madda-lena, senza il suo passato ma perbellezza esteriore ed interiore (etalora anche iconograficamentecoincidente)6, aveva abbando-nato le gioie materiali e i cospicuibeni familiari per parteciparedelle sofferenze di Cristo e per unirsi a lui de-dicandosi esclusivamente alla preghiera. I sim-boli dei quali sarebbe stata circondata e tra ipiù diffusi nella sua iconografia, oltre al giglioe alle rose alludenti al suo nome, non potevanoessere che il teschio che ricorda la mortalitàumana, il crocifisso, il sacro testo e in qualchecaso la ciotola per lo scarno nutrimento e il fla-gello penitenziale7.

In tal senso era delineata quella che la tra-dizione identifica con l’immagine ufficiale chela ritrae, dipinta nel 1624 da Vincenzo La Bar-bera (FIG. 1), pare per la Cattedrale di Palermosu mandato del Senato, ed oggi esposta al Mu-seo diocesano di Palermo8. La Santa vi comparevestita di un semplice saio marrone legato dauna corda da cui pende un piccolo teschio, cherimanda alla vita solitaria praticata dalla ver-gine sul Monte Pellegrino pure rappresentatovi,segnato in alto da un tassello per ricordare ilruolo della montagna, culla delle sacre reliquie9.

1 Originale delli testimonij 1997, p.1; Fiume 2002, p. 138.

2 Cabibbo 2004, pp. 69-83; Travagliato2006.

3 Collura 1977, pp. 47 e seguenti;Fiume 2002, pp. 132-134; Cabibbo2004, p. 29.

4 Cfr. Amore (1968) 1998, pp. 427-434.

5 V. Abbate 1991a, p. 91.6 V. Abbate 1991a, p. 102; V. Abbate,

infra.7 Di Natale 1991b, pp. 153-176. Cfr.

anche V. Abbate, infra.8 Collura 1977, p. 96. La datazione e

la provenienza del dipinto sono co-munque problematici per la presenzadi alcuni elementi non del tutto con-gruenti; cfr. Palazzotto 2003, pp. 10,28 nota 5.

9 Palazzotto 2003, pp. 8-11.

La Patrona contesa. L’iconografia di Santa rosalia e le dispute della committenza religiosa a Palermo da Van dyck a de Matteis

Pierfrancesco Palazzotto

FIG. 1. V. La Barbera, Santa Rosalia inter-cede per la città di Palermo, 1624, Museodiocesano di Palermo

NeLLA PAGINA PreCedeNteV. La Barbera, Santa Rosalia intercede perla peste di Palermo (particolare), 1625,chiesa di S. Anna la Misericordia, Palermo

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Con uno schema molto simile, La Barbera ri-trasse rosalia l’anno seguente per la chiesa diS. Anna la Misericordia di Palermo, retta daiterziari francescani10.

Proprio una comunità dei minori era statafautrice della ricerca dei resti della Vergine sulMonte Pellegrino, dove si era stabilita dalla se-conda metà del XVI secolo11. La matrice fran-cescana, come nota Vincenzo Abbate12, par-rebbe allora fondante l’iconografia, sia perl’ispirazione pauperistica che per la veste, an-che in seguito sempre molto somigliante al saiodi quell’ordine mendicante. dunque è del tuttoragionevole ipotizzare, fin dalla versione ap-parentemente più antica del Museo diocesanodi Palermo (mentre è ovvio in quella di S. Anna),la netta influenza di quell’ordine.

Probabilmente indicativo del precoce coin-volgimento e della contesa in fieri anche il fattoche la compagnia di S. Francesco sotto il titolodei Bardigli e dei Cordigeri, il cui oratorio di S.Lorenzo è adiacente al convento francescano,il 7 gennaio 1626, evidentemente già inpossesso di una santa reliquia, inca-ricarono l’argentiere BartolomeoFerruccio di realizzare il busto an-tropomorfo della Santa in coppiacon quello del titolare dell’orato-rio, oggi entrambi esposti al Mu-seo diocesano di Palermo13 (FIG. 2).Intanto, nel novembre 1625 i bene-dettini di S. Martino delle scale,dotati di una reliquia auten-ticata il 10 maggio 1625,dunque di pochi mesidopo il riconoscimentodefinitivo avvenuto nelfebbraio precedente,avevano commissio-nato all’argentieretommaso Avagnali14

un busto nel quale la ver-gine palermitana porta unvelo (ma non chiuso sul davanti),elemento non presente nel reliquariodella compagnia di S. Francesco, suc-cessivo di soli due mesi. Forse non sitrattava di un innocuo dettaglio madi uno specifico orientamento15.

L’associazione Francescani-rosalia sarebbe stata definitaproprio in quelle circostanze,anche se non dobbiamo dimen-

ticare il maggiore interesse contestuale che glistessi provavano per l’affermazione del cultodell’Immacolata Concezione (già molto attivoin quei periodo nei territori spagnoli)16, allaquale era stata affidata la città per impetrarnela grazia durante la pestilenza. Proprio nell’ago-sto del 1624, inoltre, era stato pronunciato ilgiuramento di sangue in Cattedrale per volontàdel Cardinale doria, anche nella qualità di Pre-sidente del regno, preceduto il 27 luglio dal-l’intitolazione da parte del Senato cittadinodella cappella all’interno della chiesa conven-tuale di S. Francesco d’Assisi17. Parallelamente,il 15 agosto, doria elesse S. rosalia prima pro-tettrice della città18.

Anche le coeve e molto famose versioni diS. rosalia dipinte da Antoon van dyck duranteil soggiorno palermitano, reiterano i medesimicliché e influenza19, precedendo o seguendo ilLa Barbera del diocesano, con il quale vi sa-rebbero state comunque delle tangenze20.

Il “modello francescano” fu forse quello dimaggior successo nei secoli, cosa che non

poté lasciare indifferenti gli altri ordini,tra cui erano i benedettini, a cui ben siconfacevano i medesimi esempi ere-mitici. La contesa non tardò a inne-scarsi sulla base del presupposto cheS. rosalia fosse stata monaca di unodei due ordini affini (Benedettini e Ba-

sialiani), ipotesi che fu scientementecoltivata e diffusa con l’aiuto e per

volontà risoluta dei gesuiti.L’affaire S. rosalia fu, in-

fatti, sostanzialmente ge-stito da questi ultimi21

che, in assenza di unordine femminile, do-vettero appoggiare,se non inculcare e sti-

molare, nelle monachebenedettine il pensiero che

la principale Patrona della cittàpotesse illustrare le loro fila con lasua remota presenza22. Un piatto pre-

libato cui era difficile sottrarsi e chevenne preparato con cura dai gesuiti

proponendo una netta alternativaiconografica: rosalia in veste dimonaca basiliana.

Ulteriori approfondimenti inaltra sede potranno aggiungereelementi di riflessione, ma, riper-

10 Mendola 1999a, p. 65.11 Collura 1977, p. 64.12 V. Abbate 1991a, p. 92.13 Sul busto francescano cfr. Mendola

2001b.14 Sul busto benedettino cfr. Vadalà

2001, p. 39915 Si tratta solo di un’ipotesi di studio,

anche tenendo presente che nellatela di La Barbera per la chiesa di S.Anna la Santa è velata, come anchenella statua di Travaglia per la cap-pella di S. Rosalia in Cattedrale, mail velo non è chiuso sul davanti sulgenere dell’omaphorion.

16 Cfr. Intacta María 2017.17 Rotolo 1998, p. 74 e seguenti.18 Fiume 2002, p. 147.19 V. Abbate 1991a, p. 98; Salomon

2012, passim.20 Palazzotto 2012, p. 27. Sul dipinto

di La Barbera cfr. Palazzotto 2003,pp. 8-10; Salomon 2012, scheda n.11, p. 90.

21 Fiume 2002, p. 149; Cabibbo 2004,pp. 23, 102 e passim.

22 A dimostrazione della sintonia a Pa-lermo tra Benedettini e Gesuiti, al-meno fino ad un certo periodo, bastipensare al monastero della Conce-zione al Capo di Palermo, per ilquale alla fine del ‘500 la fondatriceLaura Barbera e Ventimiglia avevapensato all’ordine francescano, mafu convinta dal p. gesuita AntonioSardo di scegliere le monache di S.Benedetto provenienti dal monasterodell’Origlione. La chiesa, realizzatadal 1612, propone la singolare con-testuale presenza dei santi FrancescoSaverio, Ignazio di Loyola e altribenedettini. Non manca, inevitabil-mente, una statua marmorea con S.Rosalia nella cappella dedicata, conuna iconografia neutra; Palermo1858, pp. 542-545.

FIG. 2. Bartolomeo Ferruccio, Reliquiario abusto di S. Rosalia, 1626, Museo dioce-siano di Palermo

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correndo la documentazione e gli episodi arti-stici più noti, si ricava che la proposta sarebbestata affermata con decisione già nel 1625niente meno che da don Vincenzo domenichi,Beneficiale della chiesa di S. Antonio Abate, laparrocchia del Senato, e Protonotaro Aposto-lico, che in seguito sarebbe divenuto VicarioGenerale dell’Arcivescovo doria e che, soprat-tutto, era stato uno degli esperti nominati dalquel Cardinale per esaminare il miracoloso ri-trovamento, insieme al gesuita Giordano Ca-scini, al Vicario Generale, don Francesco riba,e ad altri due teologi gesuiti23.

Questi, in occasione del primo Festino, il 9giugno 1625, espose un quadro con S. rosaliain vesti monacali, ricavata da una antica pitturaconservata nel monastero femminile benedet-tino della Martorana24. Sarebbe la prima cita-zione della tavola di cui diremo meglio.

A seguire batté sullo stesso tema anche ilpadre Giordano Cascini (1565-1635), rettoredel Collegio Massimo dei Gesuiti, o forse perlui il confratello Pietro Salerno che si occupòdella stampa della versione agiografica po-stuma del 165125. Proprio quest’ultima è cor-redata da due incisioni, la prima è pubblicatacome secondo frontespizio (FIG. 3) e presenta laSanta ritta al di sopra di una veduta della cittàdi Palermo dominata dal Monte, con il capo co-perto dal maforion mentre regge libro, rosarioe, con la mano destra, la croce patriarcale. Laseconda (FIG. 4) illustra il testo in cui si parladella citata tabula antiquissima della chiesadella Martorana che riproduce, ricalcando cosìquella che veniva proposta come la prima sacraeffigie di S. rosalia, pure velata e con la croce adue braccia nella mano sinistra26.

Si trattava dunque di un vero e proprio attodi forza dell’agiografia gesuitica, che innestavanella nascente passio della Santa un avveni-mento quantomeno dubbio, rendendo un belservizio alle monache che avrebbero potutoostentare l’appartenenza della stella più lumi-nosa della città di Palermo alle proprie fila.

d’altronde già al vertice dell’imponenteurna argentea realizzata nel 1631 fu posta unastatuina in cui la Santa mostrava quegli identicipaludamenti27 (FIG. 5), cosa che invece non eraavvenuta nella prima arca del 1625, ove la pic-cola statua argentea che vediamo (se quellaoriginale) mostra un’ampia veste poco carat-terizzata senza cocolla, che si vede somigliantenella statua marmorea invece velata ma nonchiusa sul collo, scolpita da Bartolomeo trava-glia nel 1638, per dominare l’ingresso dellacappella della patrona nella Cattedrale di Pa-lermo e oggi posta all’ingresso della sagrestia28

(FIG. 6).La chiave di tutto era l’antica pittura della

Martorana (FIG. 7) che, se riconosciuta in quellaoggi esposta al Museo diocesano di Palermo,confermerebbe quanto meno una manipola-zione dell’iconografia originale, in cui rosaliapotrebbe essere stata aggiunta in un secondomomento29. da lì in poi la controversia che neseguì è nota, e per brevità non mi ci soffermoin questa sede, rammento solo alcuni episodiemblematici, come la pittura eseguita da Gia-como d’Amato nel 1632 per la stanza dell’Abatenel Monastero di S. Martino delle Scale che fuprontamente acconciata con una «veste negra»dallo stesso pittore, evidentemente in manierada ricondurne l’aspetto a quello monacale del-l’ordine benedettino, solo un anno dopo il com-

23 La Rosa Celeste 1668, pp. 67, 82;Originale delli testimonij 1997, p. 4.

24 Vitella 1994, p. 102. Mi chiedo sela pittura avesse a che fare conquella «che era delli Patri del Collegiodei Gesuiti» portata in processioneil 15 luglio 1624 insieme alle reliquiedei Santi Cristina, Ninfa e Roccoper auspicare la remissione dal mor-bo del Viceré; cfr. Cabibbo 2004, p.90.

25 Le versioni agiografiche furono tre:Cascini 1627; Cascini 1631; Cascini1651. Sul ruolo del Cascini o delsuo confratello editor dell’opera cfr.Cabibbo 2004, pp. 127 e seguenti.

26 Una copia del volume del 1631 sitroverebbe all’interno dell’urna conle reliquie nella Cattedrale di Paler-mo; cfr. Di Natale 1994, p. 20.

27 Sull’urna del 1631 cfr. Di Natale1994, pp. 13-80; Mendola 2001a,pp. 646-647.

28 La statuina al sommo della primaarca manca del simbolo retto dallamano destra, non è dato sapere almomento se si trattasse di rose omagari anche in questo caso dellacroce a due braccia, o dei seni di S.Agata per la cui reliquia del bracciofu poi utilizzata. Sulle due operecfr. Cuccia 1991, p. 138; Palazzotto2003, pp. 11-15. Sulla prima urnacfr. Di Natale 1994, pp. 16-18.

29 Per la questione piuttosto complessasi cfr. Travagliato 2012, pp. 15-43.

dA SINIStrAFIGG. 3-4. S. Rosalia in veste di monaca Ba-siliana, da Giordano Cascini, 1651.

FIG. 5. Argentieri Palermitani, urna reli-quiaria di Santa Rosalia (part.), 1631, Cat-tedrale di Palermo.

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pletamento dell’urna che ne avallava la veridi-cità storica30.

d’altronde la disputa mise in campo molteautorevoli voci, tra le quali onofrio Paruta, cu-ratore della stampa del manoscritto paterno(Filippo) sul primo Festino del 1625, contem-

poraneamente alla Inventione di Cascini (1651),che si lanciò in una excusatio non petita: «restasolamente da dirti che tu non prenda a novitàveruna nell’esser qui la Santa in habito di Be-nedettina vestita», spiegandone la ragione nellapresenza di eremiti benedettini sul Monte Pel-legrino «prima di ogni altro religioso»31. Anchein questo caso la tesi appare quanto meno con-dizionata dalla collaborazione al testo del padreSimplicio Paruta, monaco cassinese, come in-dicato nel titolo della pubblicazione32.

Così, ecco che Pirri ricorda la “scoperta” nel1629 di una Santa rosalia in abito benedettinosu una delle travi del tetto ligneo del duomo diMonreale (monastero di quell’ordine), certifi-cata come autentica dai monaci nel 163433; edancora un’altra figura analoga viene individuatain una mensola della nona trave della Catte-drale di Palermo34.

Alle icone si aggiungevano gli apporti inter-pretativi e le testimoniane dei teologi e deglieruditi, così già nel 1652 il padre benedettinoPietro Antonio tornamira, decano, Consultoredell’Inquisizione e Antiquario del Monasterodi S. Martino delle Scale, pubblicava il primotesto dichiaratamente schierato per il pacificoe condivisibile riconoscimento, a suo dire, dellaprofessione benedettina di rosalia35, e nel 1668lo ribadiva allegandovi ad incipit una bella in-cisione dell’architetto crocifero Paolo Amato di«La rosalia Benedettina» con lo sfondo di Pa-lermo (FIG. 8)36. Il Pirri, d’altro canto, ricordavache, quando donna Margherita del Carretto deiconti di Gagliano aveva lasciato un legato te-stamentario per la fondazione della primachiesa conventuale cittadina intitolata a S. ro-salia, indicandone come rettori i domenicani,fu la sede apostolica a stabilire, invece, che ilnovello convento avrebbe dovuto osservare laregola di S. Benedetto, perché «si crede chequest’habito, e regola la Santa Verginella tuttoche romita e solitaria probabilmente osser-vasse»37.

Che il dibattito, però, non fosse per nulla ri-solto, come lasciavano intendere il tornamirae il Pirri, lo provò la dura opposizione dell’ar-civescovo di Palermo, mons. Ferdinando Bazane Manriquez (1626-1702) (FIG. 9) alle pretesedella potente badessa del convento del SS. Sal-vatore di Palermo, Suor Ippolita Lancellotta Ca-stelli, sorella del Vescovo di Mazara mons. Bar-tolomeo38. Nel 1699 si rese pubblico il“ritrovamento” in chiesa, risalente al 1644, di

30 V. Abbate 1991a, p. 103.31 V. Abbate 1991a, p. 103; Cabibbo

2004, p. 110.32 Paruta 1651.33 V. Abbate 1991a, p. 103.34 Tornamira 1668a, p. 10.35 Tornamira 1652; Tornamira 1668b;

cfr. Cabibbo 2004, p. 176.36 Tornamira 1668a. Per ribadire l’as-

sunto sarebbero seguiti: Tornamira1670; Tornamira 1671.

37 V. Abbate 1991a, p. 103. Sulla fon-dazione della chiesa cfr. Palermo1858, pp. 311-315.

38 Fu proprio Bartolomeo Castelli, Ve-scovo di Mazara, a consacrare nel1715 la nuova chiesa palermitanadi monache benedettine intitolata aS. Rosalia, cfr. Palermo 1858, p. 314.

FIG. 6. Bartolomeo travaglia, SantaRosalia, 1638, Cattedrale di Palermo

NeLLA PAGINA ACCANtoFIG. 7. Ignoto pittore, I Santi Oliva, Elia,Venera e Rosalia, metà XIII secolo, Museodiocesano di Palermo.

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una scatola con un testo supposto autografodella Santa che attestava di essere stata monacain quel luogo. Mons. Bazan non autenticò lapresunta reliquia della Croce che vi si accom-pagnava, il che avrebbe riconosciuto anche laveridicità dell’iscrizione, e la Badessa per tuttarisposta nel 1701 durante i festeggiamenti perla Patrona mostrò in chiesa due pitture in cuirosalia appariva rispettivamente quale monacae intenta a riporre nel muro la reliquia e l’iscri-zione ritrovate39. Il prelato era un fervente de-

voto della Santuzza, tant’è che la cappella del-l’Infermeria dei Sacerdoti da lui fondata fu prov-vista di una pittura ispirata alla S. rosalia van-dyckiana del Museo di Ponce40 e dopo ilterremoto del 1693 fece celebrare una messain suo onore per ringraziarla dei pochi dannisubiti in città41. Certamente non era ostile aiBenedettini, con i quali pose nel 1700 la primapietra dell’ampliamento della chiesa di S. ro-salia sopra citata42, ma stabilì nel 1701 il divietoche la vergine normanna venisse raffigurata e

39 Palermo 1858, pp. 485-486. Sullacronistoria cfr. Cabibbo 2004, pp.182 e seguenti.

40 Salomon 2012, scheda n. 12, pp.92-94.

41 Margiotta 2018, p. 10.42 Palermo 1858, p. 314.

FIG. 8. Paolo Amato, S. RosaliaBenedettina, da P. Antonio tornamira,1668.

FIG. 9. Ignoto pittore, Ritrattodell’arcivescovo Ferdinando Bazzan, fineXVII secolo, Museo diocesano diPalermo.

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tramandata come appartenente a qualsiasi or-dine religioso. L’intento era chiaro, ma nel 1703,appena defunto il presule, ecco che Suor Ippo-lita incaricò il pittore Giacinto Calandrucci direiterare l’iconografia della tavola della Mar-torana, esplicitandolo tramite apposita iscri-zione in un cartiglio alla base (FIG. 10) . Possiamoriconoscere che il rimando alla tavola del 1194,inteso come replica fedele, fosse un ottimo esca-motage per aggirare il decreto di Bazan, che de-cretava essere «di nessun peso e validità e dinessun effetto ai fini della verità, e essere e deb-bano apparire pregiudizievoli dell’antica tradi-zione» tutte le immagini successive al 162543.

Come si è visto, non si trattava certo di unfenomeno isolato, e che dietro vi fosse quantomeno la condivisione dei gesuiti è indicato dallapittura con il medesimo soggetto presente nellacappella di S. rosalia all’interno della chiesadel Gesù44 (FIG. 11) . In tale contesto colpisce chesuor Giovanna Caruso, monaca basiliana delSS. Salvatore, avesse donato ben 120 onze aiGesuiti per la decorazione di quella cappellanel 166945.

Ciononostante l’iconografia monacale dellaSantuzza non ebbe particolare divulgazione eanche i Gesuiti non si sottrassero dal diffonderepersino nelle proprie sedi la versione più co-mune con il saio eremitico, abito che compare,

per esempio, anche nella tela di Andrea Carrera,posta nella cappella di S. rosalia in S. domenicoa Palermo46.

e proprio i domenicani in questa vicendaebbero, a mio parere, un ruolo centrale finoraignorato dalla letteratura periegetica, che haridotto la questione ad una contesa tra Bene-dettini-Gesuiti e Francescani. All’interno di que-sto contesto, dobbiamo, quindi, prendere inconsiderazione la prestigiosa Madonna del Ro-sario di Van dyck per l’oratorio del rosario inS. domenico di Palermo (FIG. 12). Apparente-mente indifferente a quanto finora descritto,la grande pala fu un’astutissima mossa di poli-tica religiosa da parte dei Predicatori tramite iconfratelli del rosario ad essi collaterali. Lacompagnia del rosario in San domenico, fon-data nel 1568, quale principale pittura presbi-teriale del suo oratorio, sito alle spalle dellachiesa di San domenico, tenne almeno quattroversioni diverse della Madonna del rosario. Laprima, forse, fu realizzata su tavola copiandol’icona di Vincenzo da Pavia a San domenico efu dismessa nel 1616, la seconda non sarebbenota, la terza fu ideata nel 1621 da Mario Min-niti, in probabile competizione con il Caravag-gio di S. Lorenzo, e rispetto alle versioni prece-denti prevedeva l’aggiunta delle quattro santePatrone: Agata, oliva, Ninfa e Cristina. Per la

43 Il decreto è pubblicato da Cabibbo2004, pp. 144-145.

44 Sulle due tele cfr. Palazzotto 2003,pp. 17-23. Giordano Cascini (1651,p. 40) scrive che nel luglio del 1624si fece una processione con le reliquiedi S. Cristina per chiedere la guari-gione del Viceré Emanuele Filibertodi Savoia cui fu unita un’immaginedi S. Rosalia «la quale dentro laCasa Professa della Compagnia diGiesù da non molti anni era venera-ta», senza specificare se reiterassegià allora il tema monacale, ma èmolto probabile. L’attuale dipintosarebbe una copia di Vito D’Annadel 1745; cfr. Hills 1999, p. 232.

45 Hills 1999, p. 232.46 Collura 1977, p. 102.

FIG. 10. Giacinto Calandrucci, S. Rosalia investe di monaca Basiliana, 1703, Museodiocesano di Palermo.

FIG. 11. Ignoto pittore, Santa Rosalia investe di monaca Basiliana, ultimo quartoXVII secolo, Chiesa del Gesù a CasaProfessa, Palermo.

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quarta fu chiamato Van dyck, ancora dimorantea Palermo, il 22 agosto 162547. Le ossa nel frat-tempo erano state autenticate e si era svolto

anche il primo Festino. Il dipinto si incuneòperfettamente nel cuore delle diatribe relativeall’appropriazione dell’immagine di S. rosalia,

47 Palazzotto 2002, pp. 14-16, con bi-bliografia precedente; V. Abbate2011; Mendola 2015, pp. 23-33; V.Abbate, infra.

NeLLA PAGINA PreCedeNteFIG. 12. Anton van dyck, Madonna delRosario e i Santi Domenico, VincenzoFerrer, Caterina da Siena, Agata, Ninfa,Oliva, Cristina e Rosalia (1625-28)part., tela, Palermo, oratorio del SS.rosario in San domenico

FIG. 13. Carlo Maratta, Madonna delRosario e i Santi Domenico, Cristina,Tommaso D’Aquino, Oliva e Rosalia, 1689-1695, oratorio del rosario in S. Zita,Palermo.

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rappresentando la santa in maniera apparen-temente marginale (di spalle rispetto agliastanti), ma in realtà inglobandola nel cultodella Madonna del rosario verso la quale (unicatra le cinque patrone) si rivolgeva alla manieradi una sacra conversazione, così da impetrarela grazia e la salvezza per l’umanità inerme,rappresentata dal bambino che si tura il nasocosì da difendersi dai miasmi pestilenziali. Nonritengo fosse solo un ex voto per ricordare ilmiracoloso avvenimento, ma anche il frutto diuna raffinata teologia in cui il tema dominanteè quello della grazia celata nel rosario offertodalla Madonna a S. domenico e trasmessa allamano della vergine palermitana che salverà lacittà, dunque, non da sola, ma per intercessionedella Madonna del rosario verso il Gesù CristoSalvatore seduto sulle sue ginocchia, e per iltramite anche di S. domenico. Veniva così raf-forzata la validità della recita del rosario e siancorava la nuova devozione a quella tradizio-nalmente promossa dai domenicani48.

La composizione pittorica sarebbe dovutagiungere da Genova all’inizio del 1626, ma fucollocata nel nuovo presbiterio con molto ri-tardo, solo entro l’aprile del 1628, data delpagamento a saldo dell’opera, e non poté pas-sare inosservato49. dunque, i Predicatori nelfatidico 1625, a due mesi dalla diffusione delladirompente tavola della Martorana, erano en-trati in pieno nella contesa colpendo sullabase di un dato ben più solido degli ipoteticivoti monastici della Santa, infatti tra le sueossa erano stati identificati alcuni grani, ve-rosimilmente, di un rosario.

Si apriva una faccenda spinosa che indu-ceva sottilmente ad affermare che il nome ro-salia non derivasse dalle rose ma dal rosario,anche considerando la supposta nascita in ot-tobre, periodo dedicato a quella festività. diconseguenza per me si spiega il perché un in-tero capitolo nel volume di Cascini fu dedicatoall’argomento e alla necessaria confutazionedi quell’assunto e del legame con l’ordine do-menicano: «quest’ordine religiosissimo de’frati Predicatori fu confermato l’anno 1271da Papa Honorio III, che vuol dire poco mendi 100 anni dopo la natività di S. rosalia, equali 60 dopo la morte di lei, la qual fu primache questo Santo Patriarca [S. domenico] na-scesse al mondo, poiché egli nacque nel 1170,e rosalia 10 anni prima era in Cielo»50. e an-che il tornamira ci tornò su, avvalorando che

fosse un tema pregnante e vivo, anticipandonell’indice alcuni punti che avrebbe trattato,tra i quali: «della Corona del Santissimo ro-sario reperita involta nella mani, e sul pettodella Vergine rosalia, seco sepolta secondol’uso della religion Benedettina. delle gratie,che conseguisce secondo la tradizione, chetiene la religione di S. Benedetto, chi muorecon la sudetta corona nelle mani. dell’originedel Santissimo rosario, e dell’obbligo colquale dal P. S. Benedetto fosse stato dato àsuoi Monaci e monache»51.

Per Cascini il nome derivava dalle rose cherosalia offriva in dono alla Vergine come nellapittura nel tetto della chiesa dell’olivella52,«ov’ella ginocchione ma su le nuvole dal suoloal quanto sollevata, offerisce uno canestrucciodi fiori, ma un Angelo pur ginocchione conambe le mani l’aggiuta a sollevarlo, per di-mostrarli, credo io, quanto gradite al Cielofussero quelle rose»53. Proseguendo, il teologogesuita spiegava che le rose erano anche sim-bolicamente intese come come orazioni, pre-ghiere e invocazioni di cui la Vergine si cingeil capo, e continuava: «Hor (…) sia bene con-siderare quante gratie ella [rosalia] con talmezzo s’ottenesse, e come altrettanti orna-menti per mano dello stesso bambino Gesù,non che della Santissima Madre, e de’ S. An-gioli ella ne riportasse»54.

La risposta dei domenicani non si fece at-tendere troppo e trovo che la si possa leggerenella Madonna del Rosario di Carlo Maratti,commissionata per l’oratorio del SS. rosarioin S. Zita (adiacente alla seconda chiesa do-menicana per importanza a Palermo) ufficial-mente nel 1689 e giunta a Palermo nel 169555

(FIG. 13). Per quanto il contratto sembri gene-rico e senza specifiche richieste da parte deicommittenti, non si può non notare come ilmodello vandyckiano (pare ricalcato da undisegno di Antonino Grano e spedito a roma)fosse amplificato, chiarendo in maniera esem-plare il senso del precedente fiammingo. LaSanta è ancora di spalle con le braccia questavolta manifestatamente protese verso la Ver-gine, nell’atto di ricevere il rosario diretta-mente dalle mani di S. domenico. Il resto èun vero e proprio florilegio di rose e rosarî,offerti da angeli e putti, quasi a voler plasti-camente rappresentare e ribaltare a propriofavore i brani citati dal Cascini; difatti il sensodella grazia e della gloria investe e trapassa i

48 Palazzotto 2005, p. 40.49 Palazzotto 2002, p. 18.50 Cascini 1651, p. 256. Cascini, nel

capitolo XVI, Della divotione di S.Rosalia verso di Maria Vergine, edell’antico uso della Corona, con-ferma, dunque, il ritrovamento dellacorona (come spiegherà, non rosa-rio), episodio cui aveva personal-mente assistito, e immediatamentespazza via il campo dalle congetturesul nome di Rosalia fissando i terminitemporali della questione; cfr. Ivi,pp. 253-259.

51 Tornamira 1668a, p. 36.52 Cascini 1651, p. 264. Collura 1977,

fig. 17, pubblica l’incisione del di-pinto presente nel volume del Ca-scini.

53 Cascini 1651, p. 260.54 Ivi, p. 263.55 Palazzotto 1999, pp. 32, 45 nota

51; Palazzotto 2005, p. 50.

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santi domenicani e ne rende partecipi, soloin seconda istanza, la Santuzza e Sant’oliva,l’unica presente delle altre quattro patrone.

Il decreto di Bazan non aveva chiuso il«tempo delle congetture», come ipotizza SaraCabibbo56, difatti ecco che le benedettine dellaMartorana parteciparono al contraddittorio, ap-parentemente in maniera debole, se si osservasolamente la scena centrale nella volta del corocon la Gloria di S. Benedetto, dipinta da Gu-glielmo Borremans nel 1717, nella quale tra lesante sorelle monache è compresa rosalia57.

In realtà penso che, sempre nell’ambito diquesta accesa dialettica, l’iconografia più si-gnificativa sia quella laterale con la Madonnadel Rosario, S. Benedetto e sante benedettine.La Vergine col bambino offre una corona dirose alle sante monache e S. Benedetto stessoporge il rosario ad una di loro. Si tratta di unaripresa in immagini del tornamira, per riaf-fermare la diffusione precoce tra i benedettininell’uso del salterio, dunque prima dei do-menicani, con S. Benedetto al posto di S. do-menico. Anche l’iscrizione «QUI SUo IrrIGA-VIt SANGUINe roSAS HAS dePArA UrBIdeFeUNdeNdAS ACCePIt» rafforza il rap-porto con la città e la plausibile allusione allapatrona, con la mediazione di S. Benedetto.

Ulteriormente eloquente, a mio parere, ilcontributo offerto dal dipinto di Paolo de Mat-teis nel 1727 per il Monastero di S. Martinodelle Scale (FIG. 14). La descrizione negli in-ventari con il titolo «divae rosaliae ac SS.maeQuinque Virginibus Panormitanis»58 sembre-rebbe associare la Vergine, già protettricedella città, alle altre quattro meno illustri,inoltre la tela è chiaramente ispirata, secondola mia opinione, alla pala palermitana di Vandyck della quale riprende l’impostazione e inparte la collocazione delle sante. Ciò che ri-tengo rimarchevole è che vi si sostituisca laMadonna del rosario con l’Immacolata (le cuivicende positive sul dogma, come abbiamodetto, si concretizzarono a Palermo durantela peste), orientando rosalia verso chi guardae vestendola da monaca benedettina. Questaiconografia avrebbe potuto mettere final-mente d’accordo Gesuiti, Benedettini e Fran-cescani, isolando i domenicani.

Insomma la Santuzza, che domò la peste,innescò per troppo amore e devozione unabattaglia secolare di cui, però, oggi possiamoraccogliere i preziosi ed artistici frutti.

56 Cabibbo 2004, p. 247.57 Mazzola 1992, p. 230.58 Guttilla 1997.

FIG. 14. Paolo de Matteis, l’Immacolatacon le sante Ninfa, Agata, Cristina, Oliva eRosalia, 1727, Monastero di S. Martinodelle Scale

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Finito di stamparenel mese di novembre 2018

pressoSeristampa - Palermo