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Filosofia della mente 2013-14 (parte istituzionale) Alfredo Paternoster

Filosofia della mente 2013-14 (parte istituzionale) · - Il suesso della teoria dellevoluzione (luomo è un organismo tra gli altri, con una natura biologica) - il successo delle

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Filosofia della mente 2013-14 (parte istituzionale)

Alfredo Paternoster

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Per cominciare…

La filosofia della mente ha per oggetto alcune questioni riguardanti la natura dei fenomeni mentali:

- Pensiero (ragionare, giudicare, decidere, comprendere…)

- Percezione (vedere, udire, toccare, …)

- Emozione (essere tristi, avere paura, arrabbiarsi, …)

- Memoria

- …

Alcune domande:

Qual è il posto dei fenomeni mentali nell’ordine naturale? Che relazione c’è tra i fenomeni mentali e i fenomeni fisici? Come facciamo a conoscere la nostra mente? È possibile avere accesso alla mente altrui? …

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Stati e processi mentali

Pensieri e credenze

Desideri

Intenzioni

Esperienze percettive (percezioni/sensazioni)

Emozioni

Stati d’animo

Da Descartes in poi la sfera mentale coincide con la sfera della soggettività. Non c’è una distinzione chiara tra “mente” e “anima” (la sfera del mentale comprende anche gli aspetti tradizionalmente relativi all’anima)

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Token/type (1)

Una cosa sono i concetti o proprietà mentali [= tipi, types], un’altra gli eventi o episodi mentali [= occorrenze o esemplificazioni, tokens].

I primi sono universali e astratti, i secondi sono particolari e parzialmente concreti, perché localizzati nel tempo.

Una cosa è, ad esempio, il desiderio, o il pensiero, di essere in spiaggia che nutro in questo istante; un’altra è il desiderio o pensiero di essere in spiaggia considerato in generale, che tutti noi possiamo nutrire in un momento o nell’altro.

A seconda di come si caratterizzano i concetti mentali, i loro tokens possono tuttavia avere natura diversa: eventi veri e propri o proprietà istanziate (= tropi)…

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Sortali/modi

Gli universali si dividono in due categorie: i sortali e i modi.

I sortali sono tipi di oggetto. Ad es. tipi naturali (leone) , artefatti (martello), ecc.

I modi (o aggettivali) sono proprietà di cui godono gli oggetti. Es. alto, saggio, veloce ecc.

Un token di un sortale è un oggetto di quel tipo (ad es. il cane Fido). Un token di un modo è una proprietà esemplificata da un oggetto, cioè un tropo. (ad es. la proprietà di Fido di avere una macchia bianca sul collo)

I concetti mentali possono essere caratterizzati sia come sortali (= tipi di evento) sia come modi (= proprietà di agenti).

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Token/type (2)

Attenzione! Non tutti gli stati mentali particolari (i tokens), anche se intesi come eventi, sono circoscritti temporalmente.

Le credenze e i desideri, ad esempio, sono tipicamente stati non “localizzabili” nel tempo. E’ molto raro (e comunque non è il caso tipico) che io nutra per qualche secondo un desiderio che poi scompare (e magari riappare il giorno dopo); e ciò è ancor meno verosimile nel caso della credenza…

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Credenze (beliefs)

Quando diciamo, ad es., che X crede che Bergamo sia a nord-est di Milano, non intendiamo che tale pensiero stia “attraversando la testa” di X. Intendiamo dire che X, se interrogato al riguardo, affermerebbe o assentirebbe all’enunciato corrispondente. È come se X avesse in memoria quell’informazione e sapesse “rievocarla” a piacere al momento opportuno.

In altre parole il concetto di credenza è spesso disposizionale. Le credenze non sono eventi bensì disposizioni.

Tuttavia ci sono anche eventi di credenza – ma più di sovente ci si riferisce ad essi con la parola “pensieri” (thoughts)

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Psicologia del senso comune (folk psychology)

“Teoria” ingenua della mente o autorappresentazione intuitiva dell’interiorità in base alla quale:

1) Gli stati mentali sono cause delle nostre azioni o comportamenti;

2) Gli stati mentali causano altri stati mentali;

3) Almeno alcuni tipi di stati mentali vertono su oggetti, eventi e stati di cose del mondo (= almeno alcuni stati mentali sono stati “rappresentazionali”) alcuni stati mentali sono veri o falsi (soddisfatti o meno dalle circostanze)

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Psicologia del senso comune (folk psychology)

Il cuore della psicologia del senso comune è l’idea secondo cui agiamo in base a certe ragioni o motivazioni che, in qualche modo, stanno “nella nostra testa”.

La psicologia del senso comune è quindi una cornice teorica in base alla quale interpretiamo il comportamento (nostro e altrui) per prevederlo oppure spiegarlo, razionalizzarlo .

Questioni: qual è la vera natura della psicologia del senso comune? Quanto essa è davvero importante?

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Il problema mente/corpo

Che relazione c’è tra gli stati mentali e gli stati fisici (cerebrali)?

Può esistere una mente senza un corpo?

Se sì, qual è la sua natura?

Se no, come fa il corpo a “produrre” i fenomeni mentali?

Come può la mente (se non è fisica) agire sul mondo fisico?

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Il problema mente-corpo

Ci sono esseri (organismi) che hanno una mente, cioè hanno capacità mentali, ma, verosimilmente, la mente non è una cosa

«The mind-body problem, properly understood, is the problem of how subjects of experience are related to their physical bodies.» (Lowe 2000, 8)

Nel concetto di esperienza sembra esserci qualche aspetto o carattere di immaterialità.

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Dualismo/monismo

Sono le due posizioni (molto generali) fondamentali sul problema mente/corpo.

MONISMO (fisicalistico): i fenomeni mentali dipendono ontologicamente dai fenomeni fisici (niente menti senza corpi)

DUALISMO: i fenomeni mentali non dipendono ontologicamente dai fenomeni fisici (le menti possono esistere senza corpi).

Ci sono in realtà diversi tipi di dualismo. Ma quello che abbiamo appena formulato è quello più “genuino” e, soprattutto, è quello che ha segnato il dibattito da Cartesio in poi.

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Il dualismo cartesiano

(Meditazioni Metafisiche, 1641)

La mente è una sostanza indipendente dal corpo.

La mente è una res cogitans: è una cosa che pensa, immateriale, inestesa.

Il corpo è una res extensa: è una cosa materiale, estesa, soggetta a leggi meccaniche.

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L’argomento di Descartes (I): il cogito

Posso dubitare di qualsiasi mia esperienza e conoscenza ma non posso dubitare di dubitare, dunque di pensare l’esistenza della (mia) mente mi è data come una conoscenza certa e infallibile. Nel Cogito siamo certi dell’esistenza della mente e del fatto che noi siamo la nostra mente. Tre punti cruciali: 1) Il referente del pronome “io” è il soggetto dell’attività

psichica; 2) Il pensiero è una proprietà essenziale (necessaria e

costitutiva) dell’io. 3) Il possesso di un corpo è una proprietà accidentale dell’io.

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L’argomento di Descartes (I): il cogito

Perché il possesso del corpo è una proprietà accidentale? E perché il corpo non potrebbe pensare?

In effetti Descartes ha soltanto dimostrato che non possiamo essere certi di possedere un corpo. Ma questo non prova che, di fatto, la mente sia indipendente dal corpo ( Arnauld, quarta obiezione)

(le premesse epistemologiche, in generale, non autorizzano conclusioni ontologiche)

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L’argomento di Descartes (II): premesse ulteriori

- Possiamo concepire in modo chiaro e distinto che la mente può sussistere indipendentemente dal corpo. (questo però non consente di sottrarsi all’obiezione di Arnauld)

- Il corpo è localizzato nello spazio e ha parti; la mente non è localizzabile nello spazio e non è scomponibile in parti.

- Il corpo è soggetto a leggi deterministiche ( meccanicismo); la mente è libera e creativa.

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Il problema più serio del dualismo

Come possono mente e corpo interagire in modo sistematico se sono due realtà indipendenti?

«una volta posta la distinzione tra res cogitans e res extensa, appare molto difficile parlare di una “commistione” o “unione sostanziale” tra di esse (…) La rigidità del dualismo sostanzialistico richiede che r.c. e r.e. possano sì interagire, ma appartengano a piani ontologici alternativi. Ciò rende il rifiuto della metafora del nocchiero molto meno convincente: una volta intese come sostanze radicalmente differenti si apre il difficile problema del rendere conto dell’interazione (…) di anima e corpo.» (Di Francesco 1998, p. 37).

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Il monismo fisicalista

La filosofia della mente contemporanea è in larga parte materialista. Ciò significa, innanzitutto, che è anti-dualista: c’è un unico tipo fondamentale di realtà, quella materiale (monismo).

Oggi si preferisce parlare di fisicalismo invece che di materialismo, perché quest’ultimo suggerisce che la realtà sia interamente composta di materia, laddove della realtà (fisica) fanno parte anche enti o proprietà non materiali, come le forze, le onde, i campi.

( da Newton in poi la fisica non è puramente meccanicistica nel senso più tradizionale del termine)

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Il monismo fisicalista

Tuttavia, proprio come il dualismo (più o meno cartesiano) era una visione così radicata da non poter essere messa in discussione, così il monismo fisicalistico odierno rischia di essere più un’ideologia dominante che l’esito di argomentazioni stringenti.

Due buone ragioni intuitive per il monismo fisicalistico:

- Il successo della teoria dell’evoluzione (l’uomo è un organismo tra gli altri, con una natura biologica)

- il successo delle scienze della natura e della fisica in particolare (la natura non sembra celare misteri e la scienza la spiega senza ricorrere a principi estranei a quelli fisici).

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Filosofia e scienza della mente nel Novecento

In psicologia domina, specialmente in USA, il comportamentismo, fin dagli anni Dieci.

In filosofia (prima in Europa poi in USA) il movimento di maggior rilievo (almeno per i nostri interessi) è il neopositivismo.

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Il comportamentismo psicologico

- Gli inosservabili non sono accettabili in una scienza empirica

- L’introspezione è inaffidabile

Ogni riferimento a stati mentali va bandito. Il comportamento va spiegato esclusivamente in termini di reazioni deterministiche a stimoli.

Lo psicologo deve limitarsi a registrare connessioni associative tra classi di input ambientali (o storie di esposizione agli input ambientali) e classi di output comportamentali. Quel che accade “dentro la testa”, fra l’input e l’output, è di competenza della fisiologia (immagine della “scatola nera”)

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Il comportamentismo psicologico

Il comportamentismo psicologico è una tesi metodologica; tuttavia, nella misura in cui la psicologia può spiegare i comportamenti senza ricorrere agli stati mentali, si suggerisce che gli stati mentali non esistono (se davvero si può spiegare il comportamento senza invocare stati mentali, perché dovremmo supporre che esistono stati mentali?).

Quel che accade dentro la testa non è mentale. Il dualismo è quindi falso.

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Comportamentismo logico (o filosofico)

- Gli enunciati contenenti termini psicologici devono essere “tradotti” in enunciati che contengono soltanto termini che fanno riferimento a comportamenti o altri enti fisici (Hempel 1949 e neopositivisti in genere)

- I termini mentali, lungi dal riferirsi a fantomatici stati interni, designano disposizioni al comportamento (Ryle 1949)

- Gli stati mentali del senso comune (credenze, desideri ecc.) sono concetti (“abstracta”) introdotti per spiegare il comportamento (Ryle nell’interpretazione di Dennett)

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Comportamentismo logico

- Diversi predicati mentali (paradigmaticamente: “credenza”) designano disposizioni e non eventi.

- La reificazione dei fenomeni mentali è un errore categoriale: «la teoria ufficiale rappresenta i fatti della vita mentale come se appartenessero a un determinato genere o categoria logica, quando in realtà essi appartengono a un altro tipo o categoria» (Ryle 1949, trad. it., p. 11)

La mente è un insieme di capacità e disposizioni, non di entità ineffabili.

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Comportamentismo logico

La posizione di Ryle non può essere considerata materialista in senso standard perché:

- Gli stati mentali non risultano in alcun modo proiettabili su stati cerebrali (pensare che lo siano è commettere un errore categoriale)

- La mente così come concepita dal senso comune non ha alcuna realtà materiale o psichica.

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Critica del comportamentismo psicologico

Anche il comportamento dei ratti nelle gabbie è mediato da rappresentazioni mentali (Tolman)

Il linguaggio è troppo complesso per poter essere spiegato in termini di reazioni a stimoli (Chomsky) Le nozioni di stimolo e risposta sono interdefinite all’interno di scarni contesti sperimentali (Chomsky)

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L’esperimento di Tolman

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Problemi del comportamentismo logico

a) Le analisi disposizionali non funzionano:

- sono circolari perché i predicati psicologici sono interdefiniti

- la lista di disposizioni pertinenti è indefinitamente aperta

b) Gli stati “fenomenici” (le sensazioni) sembrano sfuggire a una caratterizzazione in termini esclusivamente comportamentali.

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Problemi del comportamentismo logico

Esempi di analisi disposizionali

“X crede che pioverà” = “se il cielo fosse nuvoloso X prenderà l’ombrello” posto che X non desideri bagnarsi.

“X ha mal di denti” = “X ha la disposizione a prendere un analgesico, andare dal dentista, lamentarsi, mettersi a letto ecc.

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La teoria dell’identità

Le sensazioni sono identiche a processi fisici (Place 1956; Smart 1958) E’ un identità in tipo: un tipo di stato mentale è identico a un tipo di stato fisico (abbiamo a disposizione due termini o descrizioni, uno mentale e uno fisico, che tuttavia si riferiscono alla stessa entità, il processo fisico). Ma attenzione, non nel senso che i concetti mentali sono identici ai concetti fisici, ma nel senso che l’insieme degli eventi sussunto sotto un concetto mentale è sussumibile sotto uno stesso concetto fisico. Identità estensionale empirica (a posteriori) e metafisicamente contingente (l’identità sarebbe anche potuta non valere).

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La teoria dell’identità

“Le sensazioni sono identiche a processi fisici”

significa:

“I predicati mentali hanno la stessa estensione (= si applicano agli stessi eventi) dei predicati cerebrali”

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Estensionale/intensionale

Si consideri la presunta identità:

Creature dotate di cuore = creature dotate di reni

A sinistra e a destra dell’uguale ci sono due concetti diversi ma equivalenti in estensione, in quanto si dà il caso che tutti gli esseri che hanno un cuore hanno anche i reni e viceversa.

Analogamente, in Credere che Q = Stato fisico P

potremmo avere due concetti diversi ma equivalenti in estensione (se la teoria dell’identità è vera).

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La teoria dell’identità

Esempio:

Avere un’immagine postuma di un’arancia (stato mentale M) è identico a un certo stato o processo fisico P.

significa:

Ogni volta che ha luogo l’evento mentale di avere un’immagine postuma di un’arancia, ha luogo il processo cerebrale P (ovvero: tutti gli eventi di tipo M sono eventi di tipo P –esemplificazioni del tipo fisico P).

M = P

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La teoria dell’identità

I primi identitisti (Place, Smart, Feigl) pensavano che l’identità mente-cervello fosse contingente perché la consideravano una tesi empirica, quindi a posteriori.

Inoltre essi erano ben consapevoli del fatto che la correlazione sistematica tra due eventi, uno di tipo cerebrale e uno di tipo mentale, non è necessariamente interpretabile come un’identità; in diversi casi essa indica l’esistenza di un nesso causale. E se A è causa di B, A non può essere identico a B. L’esistenza di una correlazione è compatibile anche col dualismo.

Dunque le correlazioni da sole non bastano; esse devono essere presenti sullo sfondo di una teoria.

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La teoria dell’identità

Sostenere che gli identitisti avessero una vera e propria teoria in grado di giustificare l’identità è un po’ esagerato; essi si basano semmai su un’analogia con identità teoriche come “acqua= H2O”, “calore=moto molecolare”, “geni=filamenti di DNA”, “fulmine=scarica elettrica”, …

L’idea è cioè che:

«trattiamo due insiemi di osservazioni come osservazioni dello stesso evento in quei casi in cui l’insieme delle osservazioni scientifiche … stabilite nel contesto di un appropriato corpo di teorie scientifiche ci fornisce una spiegazione immediata delle osservazioni che facciamo comunemente.» (Place 1956)

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Riduzionismo ontologico

La teoria dell’identità corrisponde a una versione di

riduzionismo ontologico.

L’idea è infatti che i fenomeni mentali “si riducono” a fenomeni fisici, cioè non sono nient’altro che fenomeni fisici sotto una diversa descrizione.

Trattandosi di un’identità, si potrebbe sostenere anche l’opposto, ma l’idea degli identitisti è di spiegare i fenomeni mentali in termini di fenomeni fisici, non viceversa.

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Riduzionismo ontologico

Una buona definizione di riduzionismo ontologico:

Una riduzione «identifica le entità di un dominio con una sottoclasse delle entità di un altro» (H. Price).

Se A si riduce a B, allora A=B, ma non viceversa.

Nondimeno asserire l’identità psico-fisica è il modo più forte e lineare di essere riduzionisti ontologici. Tuttavia il riduzionismo non è soltanto una faccenda ontologica…

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Riduzionismo esplicativo (riduzioni interteoriche)

Il senso delle riduzioni è quello di spiegare meglio certi fenomeni. Quando riusciamo a operare una riduzione abbiamo una comprensione più profonda di un fenomeno.

Esempi:

-riduzione della termodinamica alla meccanica statistica

- riduzione della teoria dell’ereditarietà alla genetica molecolare

Ma per conseguire questo obiettivo la riduzione ontologica non è né necessaria né sufficiente. Ciò che è richiesto è la riduzione interteorica.

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La riduzione interteorica

E’ una relazione tra teorie.

Il modello di E. Nagel (1961):

Una teoria T si riduce a una teoria T* sse ogni legge di T è deducibile da una o più leggi di T*.

Poiché tipicamente T e T* usano predicati almeno parzialmente diversi, affinché la riduzione sia possibile è necessario che esistano “leggi-ponte”, cioè enunciati della forma M↔P, dove M è un predicato di T e P è un predicato di T*

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La riduzione interteorica

Le leggi ponte sono identità estensionali: esse specificano le equivalenze fra i termini della teoria da ridurre e i termini della teoria riducente.

[Ci sono tuttavia altri modelli di riduzione interteorica, che non richiedono l’esistenza di leggi-ponte]

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Il pregio della teoria dell’identità

Se MENTE = CERVELLO (sia pure limitatamente ad alcuni stati mentali)

allora

è perfettamente comprensibile come mente e corpo possono interagire. L’interazione è un “normale” processo fisico.

(i fenomeni mentali non sollevano alcun mistero)

La teoria dell’identità è il modo più semplice e lineare di essere monisti fisicalisti.

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Obiezioni alla teoria dell’identità

- Argomento della realizzabilità multipla (Putnam 1967)

- Argomento dell’alterità delle proprietà

- Argomento dell’identità necessaria (Kripke 1970)

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L’argomento dell’alterità delle proprietà

Se due cose sono identiche, allora devono condividere tutte le proprietà (principio di indiscernibilità degli identici, Leibniz).

Ma uno stato mentale e uno stato fisico (qui intesi come tokens) non condividono tutte le proprietà.

Quindi il mentale non è identico al fisico.

E’ simile all’argomento cartesiano basato sull’opporre estensione spaziale e scomponibilità a non-estensione e unità non scomponibile.

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L’argomento dell’alterità delle proprietà

Replica

L’attribuzione di una proprietà può variare a seconda di come descrivo/concettualizzo un evento o stato: se descrivessi diversamente lo stato mentale, la proprietà di non essere localizzabile spazialmente potrebbe non essere più attribuita. Altrimenti detto, l’individuazione di un evento non è qualcosa che può farsi indipendentemente dalle proprietà che gli attribuiamo. Quindi non si può usare il principio di Leibniz contro la teoria dell’identità perché sarebbe un modo di pregiudicare la questione.

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L’argomento dell’alterità delle proprietà

Tuttavia, se si prende la fenomenologia dell’esperienza sul serio, è molto difficile sbarazzarsi dell’argomento, perché le proprietà esperienziali non sono predicabili di un evento cerebrale ( “incommensurabilità” tra descrizioni in prima persona e in terza persona).

È difficile applicare il principio di Leibniz nel caso in esame, perché non abbiamo a che fare con oggetti fisici; i criteri di individuazione nel caso mentale e nel caso fisico sono molto diversi.

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L’argomento dell’identità necessaria

1) Le identità teoriche sono (se vere) necessariamente vere (= vere in ogni mondo possibile)

2) Presunte identità come “dolore = stimolazione delle fibre-C” sono contingenti.

Quindi: le presunte identità psico-neurali non sono affatto identità.

(la forma logica dell’argomento è un modus tollens: PQ, non Q, quindi non P)

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L’argomento dell’identità necessaria

La premessa 1.

E’ una conseguenza della teoria della “designazione rigida”: i nomi si riferiscono alla stessa entità in ogni mondo possibile.

Es. “Acqua = H2O”

Nel nostro mondo la parola ‘acqua’ designa H2O; e tanto ‘acqua’ quanto ‘H2O’ designano la stessa sostanza in ogni mondo possibile.

Quindi: non è possibile che l’acqua non sia H2O (non c’è un mondo possibile in cui l’acqua non è H2O).

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L’argomento dell’identità necessaria

La premessa 2.

E’ perfettamente concepibile che una stimolazione delle fibre-C non dia luogo a una sensazione di dolore, o dia luogo a una sensazione diversa.

Questa concepibilità corrisponde a una genuina possibilità, a differenza che nel caso di acqua/H2O. Quando concepiamo l’idea che l’acqua non sia H2O, ciò che concepiamo non è possibile; in effetti ciò che concepiamo è che qualcosa che sembra acqua in realtà non è acqua –non è H2O.

Ma qualcosa che sembra dolore è dolore, perché il dolore è una proprietà intrinsecamente fenomenica.

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L’argomento dell’identità necessaria

Repliche Più facile respingere la premessa 2, provando a sostenere

che concepire l’idea che il dolore non sia la stimolazione delle fibre-C non corrisponde a un’autentica possibilità.

Se le fibre-C sono state selezionate per il dolore, questa è una necessità naturale.

Una volta che l’evoluzione – o, se preferite, Dio – ha

selezionato le fibre per il dolore, istituendo in tal modo una connessione tra un certo tipo di sensazione e un danno ai tessuti, non si vede proprio come tale nesso possa essere (nomologicamente) contingente (…)

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L’argomento dell’identità necessaria

(…) Certo, l’evoluzione (o Dio) avrebbe potuto, per assurdo, farci sentire un danno come solletico, ma questo non muterebbe la specificità della sensazione, la sua funzione di informarci su una condizione di danno dell’organismo; soltanto, sarebbe il solletico a portarci quelle informazioni. Date le cose come sono in realtà, e cioè che è la fenomenologia del dolore ad essere associata alla condizione di danno, non sembra essere naturalmente possibile che, in presenza di un certo pattern stimolatorio delle fibre per il dolore, la sensazione sia di solletico o magari di piacere.

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L’argomento dell’identità necessaria

Insomma, la seconda premessa dell’argomento di Kripke si fonda su una discutibile distinzione tra necessità fisica (o nomologica) e necessità metafisica.

Tuttavia altri autori (es. Chalmers 1996; 2003) hanno insistito sul fatto che una spiegazione dei fenomeni mentali in termini fisici richiede proprio la necessità metafisica.

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L’argomento della realizzabilità multipla ( Putnam 1967)

Se M = P, p. es. dolore = stimolazione fibre-C, allora ogni evento di dolore deve essere un evento di stimolazione delle fibre-C .

Ma creature molto diverse l’una dall’altra, con sistemi nervosi diversi, possono provare dolore: uomini, topi, uccelli, polpi, …

Quindi non è possibile che la base fisica del dolore sia unica.

Un certo tipo di stato mentale deve ammettere realizzazioni fisiche differenti

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L’argomento della realizzabilità multipla

Replica 1: Potremmo porre M=(P1 v P2 v … Pn) dove P1, P2, … Pn sono i vari stati fisici che realizzano lo stato mentale M. Questa risposta è poco soddisfacente, perché implica che ogni evento di tipo M appartiene a un insieme di eventi fisici eterogeneo (in quanto costituito da eventi fisici differenti). In altre parole, il problema è che una disgiunzione di stati (fisici) è un’astrazione concettuale, non una categoria plausibile.

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L’argomento della realizzabilità multipla

Replica 2:

Non è corretto scegliere predicati mentali così generali come “dolore”. Gli stati mentali candidati alla riduzione devono essere più specifici, come minimo relativi a una specie:

Dolore nell’uomo = P1

Dolore nel topo = P2

Dolore nel polpo = P3

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L’argomento della realizzabilità multipla

La replica 2 ha certamente una sua plausibilità. Tuttavia resta il fatto che c’è qualcosa che il dolore nell’uomo e il dolore nel polpo hanno in comune. La teoria dell’identità non è in grado di catturare queste generalizzazioni (Crane 2001). [Ma dovrebbe?]

Inoltre l’obiezione della multirealizzabilità potrebbe essere reiterata all’interno di una data specie: che ragioni abbiamo di supporre, ad es., che quando desidero di essere in spiaggia oggi mi trovo nello stesso stato cerebrale di quando ho desiderato di essere in spiaggia ieri?

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Conclusioni sulla teoria dell’identità

La teoria dell’identità deve far fronte a forti obiezioni. Ci sono risposte a queste obiezioni, ma la verità della teoria dell’identità dipende comunque in modo cruciale dall’esistenza di correlazioni empiriche sistematiche che siamo ben lontani dall’aver attestato.

Nei limiti in cui ha senso parlare di identità psico-fisica, si tratta di un’ipotesi che allo stato attuale ha scarso riscontro empirico.

La teoria dell’identità è una sorta di scommessa (non troppo azzardata?) sui futuri sviluppi della ricerca.