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Filosofia del linguaggio 2016-2017
UNITÀ DIDATTICA N. 5 PROF. STEFANO GENSINI
Livelli di analisi del significato: il morfema ( o monema)
La ‘parola’ non è la più piccola unità della lingua dotata di significato; essa è scomponibile (articolabile) in morfemi (o monemi).
Es. # Disoccupato #
Dis + occup + at + o
Ogni morfema è un segno, in quanto è bifacciale, ovvero portatore di significati
Il morfema costituisce la ‘prima articolazione’ del lv (come il fonema costituisce la ‘seconda’).
Due tipi di morfemi:
Morfemi lessicali (corrispondono ai temi lessicali e formano un insieme aperto: ad es. trov – bambin – ecc.
Morfemi grammaticali(corrispondono alle marche grammaticali e formano un insieme chiuso: ad es. desinenze verb., prefissi e suffissi, marche di numero o genere ecc.)
Livelli di analisi del significato: rapporti logici tra frasi
Date le seguenti relazioni logiche:
1. Inclusione
2. Esclusione
3. Intersezione
E’ possibile dimostrare che esse sottostanno ai significati linguistici.
Confrontate i seguenti esempi:
1.«Dammi il quaderno» e «Dammi il quaderno rosso»
2.«Dammi il quaderno» e «Dammi la penna»
3.«Dammi il quaderno» e «Dammi il rosso»
4.(da Prieto, Princìpi di noologia)
Livelli di analisi del significato: estensione e intensione (comprensione)La distinzione risale ai Logici di Port-Royal (1660): posta la differenza fra nomi di idee ‘singolari’ (cioè i nomi propri che rappresentano individui) e nomi di idee ‘generali’ (cioè i nomi comuni che rappresentano classi ci individui), risulta quanto segue:
‘Comprensione’ [oggi intensione] di un’idea sono gli attributi ch’essa raccoglie in sé e che non è possibile toglierle senza distruggerla. Ad es. all’idea di triangolo non si può togliere l’attributo della trilateralità;
‘Estensione’ dell’idea sono gli individui a cui questa idea conviene: ad es. tutti i possibili triangoli (retto, isoscele ecc.) formano l’estensione dell’idea di triangolo.
Livelli di analisi del significato: intensione e estensione ripensati da Rudolf Carnap (1947)
Estensione (extension) di un termine o di un enunciato
Ciò a cui quel termine si riferisce: ad es. “il pianeta Venere” in quanto entità astronomica
Il valore di verità di quell’enunciato: ad es. “Venere è un pianeta del sistema solare”
Ricordare la differenza fra riferimento e senso nella terminologia di Frege
Intensione (intension) di un termine o di un enunciato
E’ una funzione da mondi possibili a estensioni, ovvero è la funzione che, dato un mondo e un’espressione linguistica, ci dà l’estensione di quella espressione in quel mondo.
Ad es. il termine ‘Presidente della Repubblica’ ha un’estensione diversa a seconda del mondo di riferimento
L’enunciato ‘Mattarella è presidente della R.’ è vero solo in un certo mondo possibile.
‘Intensione’ o ‘significato’ nei termini del linguaggio ordinario Intensione o significato di una parola è l’insieme dei tratti semantici che la definiscono, depositati nella (e pertanto descrivibili in base alla) coscienza linguistica comune
Ad es. le caratteristiche definitorie di un’entrata lessicale nel vocabolario sono la sua intensione: queste caratteristiche
1. sono funzione della estensione della parola nel suo uso ordinario (ad es. ‘leone’ si riferisce a animali fatti così e così) ma anche
2. rappresentano circuiti di incrocio o tangenza fra intensioni di parole di diverso genere grazie agli usi traslati: ‘fa la parte del leone’; ‘Giorgio è stato un leone (coraggioso)’ e sim.
Significato/Intensione e ‘senso’ fregeanoIl ‘senso’ di Frege è il modo in cui un referente si dà nei soggetti: è una unità culturale condivisa, da non confondersi col pensiero individuale;
L’intensione condivide col senso fregeano la dimensione sociale (non psicologica) e corrisponde in generale al modo di darsi del referente nella coscienza collettiva;
Aggiunge alla nozione di Frege (nelle moderne declinazioni postsaussuriane) l’idea che il senso sia analizzabile in tratti distintivi, più o meno formalizzati a seconda dei livelli di uso linguistico (cfr. ad es. una definizione scientifica e una definizione comune del termine ‘pera’)
Livelli di ‘significato’ – il vocabolario registra la coscienza linguistica comune
leone
[le-ó-ne] s.m.
1 (f. leonessa) Grosso felino con arti robusti e dentatura potente, pelo fulvo e folta criniera intorno alla testa del maschio, diffuso soprattutto nelle savane africane; è simbolo della forza e del coraggio in similitudini e usi fig.: combattere come un l.; sentirsi un l. || l. marino, otaria | l. americano, puma || figg. fare la parte del l., prendere per sé il meglio ricorrendo alla forza; anche, eccellere in un campo, riscuotere il massimo dei consensi | essere nella fossa dei l., trovarsi in grave pericolo
2 astr. (iniziale maiusc., solo sing.) Costellazione zodiacale dell'emisfero boreale nella quale il sole transita dal 23 luglio al 23 agosto; segno dello zodiaco dominante tale periodo; estens. persona nata sotto questo segno
• dim. leoncino
• sec. XIII
Livelli di intensione: una voce ‘scientifica’ registra proprietà “tecniche”
Il leone (Panthera leo Linnaeus, 1758) è un mammifero carnivoro della famiglia dei felidi. Dopo la tigre, è il più grande dei cinque grandi felidi del genere Panthera, con alcuni maschi la cui massa corporea supera i 250 kg.[2] Il suo areale è nel 2011 ridotto quasi esclusivamente all'Africa subsahariana; il continuo impoverimento del suo habitat naturale e il protrarsi della caccia di frodo ai suoi danni ne fanno una specie vulnerabile secondo la IUCN. Questa definizione è giustificata da un declino stimato tra il 30 e il 50% nella zona africana nei vent'anni precedenti
Opposizioni semantiche all’interno del lessico
Le parole si distribuiscono lo spazio
semantico che una data lingua (o un
suo sottoinsieme specializzato) è
chiamato a coprire. Valgono quindi
per i significati lessicali regole di
‘opposizione’ (cioè di
differenziazione reciproca) analoghe
a quelle operanti al livello del
significante. In luogo dei tratti
distintivi fonematici operano qui
tratti semantici più o meno
formalizzabili.
E’ possibile una semantica per ‘tratti distintivi’? Ipotesi: ogni lessema è analizzabile come una combinazione di tratti (componenti) semantici di rango minore
Le differenze semantiche fra lessemi risalgono alla opposizione dei loro tratti semantici
I tratti semantici formano un inventario descrivibile, in teoria riducibile a un insieme chiuso di elementi
Parallelismo di questo modello con l’analisi fonologica (che si basa sulla individuazione di tratti minimi, pertinenti per individuare e differenziare i fonemi)
Un esempio di analisi in componenti semanticiUOMO = ANIMATO + UMANO + MASCHIO + ADULTO
DONNA = ANIMATO + UMANO + FEMMINA + ADULTO
BAMBINO = ANIMATO + UMANO + MASCHIO – ADULTO
BAMBINA = ANIMATO + UMANO + FEMMINA – ADULTO
Dove si suppone che i 4 lemmi siano la combinazione di 7 componenti semantici minimi
Un altro esempio (e le cose si complicano…) Animale Generico Maschio Femmina
Equino Cavallo Stallone Giumenta
Canide Cane Cane (maschio) Cagna
Felino Gatto Gatto Gatta
Suino Maiale Porco Scrofa
Bovino ----◦ (da lavoro) Bue Mucca
◦ ( + addetto alla riprod.) Toro Vacca
Le semantiche a tratti non sembrano funzionare perché…Non sono economiche: bisogna introdurre troppi tratti per poter ‘generare’ anche poche unità lessematiche
Non sono minime: ‘animato’ va a sua volta analizzato in (ad es.) ‘+/-vivente’, ‘+/- naturale’ e sim.
Non spiegano gli usi traslati e metaforici: ad es. ‘popolo bue’ o (spreg.) ‘vacca’
Non sono universali, in quanto i tratti sono espressi in una lingua data (cfr. it. ‘bambino’ masch. sing. e ingl. ‘child’, neutro sing.)
Paradossalità (ma ineliminabilità) della nozione di ‘tratto distintivo semantico’Non riusciamo a ridurre i TDS a un inventario finito (diversam. dai fonemi);
Non riusciamo a ‘chiudere’ il significato di una parola in un ‘calcolo’ combinatorio di tali tratti, anche provvisoriam. assunti (metaforicità);
Non riusciamo a isolare i TDS in una maniera tecnicamente soddisfacente perché non sono mai ‘neutri’ linguisticamente;
D’altra parte essi vengono intuitivamente presupposti dalla coscienza linguistica comune e funzionano pragmaticamente (una poltrona è altra cosa da una sedia, da uno sgabello, da un divano ecc.);
Il loro scambio, proiezione, intersezione è evidentemente operante in ogni enunciato linguistico (traslati, lapsus, giochi di parole…)
Indeterminatezza semantica (Wittgenstein 1953, De Mauro 1982)
Può essere espressa solo in termini negativi’
Non possiamo indicare a priori il modo e la direzione in cui un dato senso andrà a collocarsi nella rete dei possibili significati
Non esiste un numero finito di passi con cui la proiezione avviene né è determinabile la classe dei sensi che ciascun significato potrà accogliere.
‘Metaforicità’ permanente del linguaggio verbale Definizione di metaforicità: trasferimento di proprietà da un soggetto all’altro tramite un processo di predicazione
Esempi:
“Come carattere, Giovanni è proprio un orso”
“Ubi desertum fecerant, pacem appellaverunt”
“Like a rolling stone” (similitudine)
“L’economia tira”
“Mi sento proprio giù” / “I’m feeling down”
“Una vita in discesa….”
Approccio radicalmente pragmatico: i ‘giochi linguistici’ sono la forma normale di esistenza del lv. Essi sono socialmente standardizzabili, ma formano un insieme aperto.
Questa posizione fu sostenuta dal filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein (1889-1951) nelle sue postume Philosophische Untersuchungen (1953). Con esse W. rovesciava l’approccio logicista e verofunzionale del suo precedente libro, il Tractatus logico-philosophicus
Il senso, indeterminabile in via di principio, si determina nella comunicazione
Esempio 1. “Quel vigile è un angelo” (Metafora)
Quali sono i tratti semantici di ‘vigile’? E quali di ‘angelo’
1. Vigile – unità culturale determinata, con certe prerogative, funzioni ecc.
2. Angelo - unità culturale determinata, con certe funzioni ecc.
Abbiamo dunque uno scambio fra proprietà semantiche condivise: vigili come angeli; angeli come vigili (M. Black)
Interferenze fra campi dell’esperienzaEsempio 2. “Ecco, sono arrivata alla prova del nove!”
“prova del nove” è il procedimento con cui verifichiamo se un calcolo è corretto; la necessità di “fare i conti” (con le proprie scelte) è il tratto intermedio che consente di proiettare l’una sull’altra le due entità in gioco, con i rispettivi elementi caratteristici.
“Pressione” del co-testo sul senso Esempio 3. I test di tipo ‘cloze’
“Franchina ha detto che sarebbe ____________ a trovare la zia”
(venire / giungere / andare / soccorrere ….)
When I saw him, he _______________________ (do) his homework
(present perfect / past continuous)
Sono le regole di combinazione delle parole che condizionano la scelta.
Determinazione del senso tramite il con-testo circostanzialeEsempio 4. “Non ne posso proprio più” (che vorrà dire?)
“Ti voglio lasciare!”
“Basta con la filosofia del linguaggio!”
“Che fame!!!!”
Nelle costruzioni “ellittiche” il senso viene ricostruito dal riceventeEsempio 5. “Un bianco!”
K. Bühler (1934) chiama ‘empratiche’ questo genere di indicazioni
Sistema linguistico
Co-testo frasale (il ‘già detto’)
Contesto comunicativo-situazionale (standard sociali)
“Attese” del ricevente
Qualcosa del genere avviene anche nei primati non umani
Gli scimpanzé sono capaci di fare inferenze su quello che il conspecifico “pensa / vuole / crede…” (intenzionalità); hanno cioè una ‘teoria della mente’.
I babbuini dispongono di un set di espressioni limitato (14 segni per contatto/allarme/spostamento) ma suscettibile di assumere sensi diversi a seconda dell’individuo che le articola e del contesto di comunicazione.
Come rappresentare in termini semiotici la ‘metaforicità’ del linguaggio? Una prima istanza in tal senso viene dalla distinzione (affacciata già nella Logique de Port-Royal e poi ripresa da Condillac e dal sensismo) fra idee principali e idee ‘accessorie’.
Esempio: ‘mentire’ vs. ‘sapere il contrario di quel che si dice’ comporta un giudizio e potenzialm. un’offesa. Questo alone è l’idea ‘accessoria’ annessa al valore principale del termine.
Le idee accessorie possono dipendere “dal tono della voce, dall’aspetto del volto, dai gesti e dagli altri segni naturali che connettono alle nostre espressioni un’infinità di idee, le quali ne variano, mutano, riducono, ampliano la significazione …” (I parte, cap. XIV).
Denotazione vs. ConnotazioneUn’altra via è offerta dalla tradizionale distinzione fra ‘denotazione’ e ‘connotazione’, introdotta da Gugliemo di Ockham e ripresa da John Stuart Mill nel suo System of Logic (1843)
“A non-connotative term is one which signifies a subject only, or an attribute only. A connotative term is one which denotes a subject, and implies an attribute. By a subject is here meant any thing which possesses attributes. Thus John, or London, or England, are names which signify a subject only. Whiteness, length, virtue, signify an attribute only. None of these names, therefore, are connotative. But white, long, virtuous, are connotative. The word white, denotes all white things, as snow, paper, the foam of the sea, etc., and implies, or in the language of the schoolmen, connotes the attribute whiteness. The word white is not predicated of the attribute, but of the subjects, snow, etc.; but when we predicate it of them, we convey the meaning that the attribute whiteness belongs to them”. (I ii, 5)
Connotare implica pertanto due passaggi
Ha in primo luogo un valore denotativo; si riferisce cioè a qualcosa (di reale o immaginario)
Ma insieme predica alcunché di questo qualcosa, attraverso un meccanismo attributivo
Cfr. ‘Bianco’ denota tutte le cose bianche, ma connota ‘bianchezza’
Così ‘Virile’ denota le persone di sesso maschile ma connota gli attributi convenzionalmente ritenuti propri dell’uomo-prototipo (forte, sicuro, ecc.)
Cavallo / destriero
Destriero è ‘cavallo’ + bello, forte, veloce, adatto ai cavalieri ecc.
Denotazione e ….
Denotazione (< lat. med. Denotatio)
E’ il processo mediante il quale una parola individua un referente all’interno di un possibile insieme:
Questo referente non dev’essere di necessità un’entità fisica o naturale;
Si può denotare una qualsiasi unità culturale riconosciuta socialm.
Esempi di uso denotativo delle parole:
Quello è il pianeta Venere
L’Ippogrifo di Ariosto è il cavallo alato che …
Un punteggio superiore a 90/100 denota le capacità cognitive ritenute necessarie per …
… connotazione
Connotazione (<lat. med. Connotatio)
E’ l’opposto della denotazione; mentre la prima individua, la c. «aggiunge» elementi caratteristici, «note» culturali o psico-affettive al termine utilizzato.
Ciò avviene modificando in modo contingente o codificato la struttura dell’intensione.
Esempi:
Cavallo vs. Destriero
Bambino vs. Piccolo vs. Pupetto vs. Infante vs. Monello ….
Giovanni quella volta è stato un leone (metafora codificata)
La lezione di Gensini è una tranvata (metafora contingente)
Un potente meccanismo di significazione
Valore denotativo: un ragazzo con una borsa della spesa davanti a una colonna di carri armati;
Valore connotativo: la resistenza del popolo cinese durante la grande protesta del 3-4 giugno 1989
Piazza Tien-an-men, Pechino
Scatti celebri che diventano ‘icone’
Olimpiadi Mexico, 1968 Roma, 1977, gli anni di piombo
Valore denotativo: un giovanotto e un cane dormono nello stesso letto.
Valore connotativo: il cane è il nostro amico per eccellenza; condivide tutto della nostra vita, è buono, affidabile ecc. ecc.
Esempi dalla pubblicità: fra sineddoche e metonimia
Tipica pubblicità Benetton, che connota valori anzirazzisti. Pubblicità Vodafone: connota “spiaggia”,
“vacanza”, “gente allegra”
Come tradurre questo tipo di processi nei termini dell’analisi del segno?
La classica schematizzazione di Saussure (1916) Nel caso della connotazione, il senso che si vuol rendere non è direttamente rappresentato dall’occorrenza di significante che istituzionalmente gli competerebbe. Si cfr.
[‘kane]
_______
‘cane’
Dove ‘cane’ è il senso peculiare con cui realizzo il significato “cane” della lingua italiana.
Ma se voglio intendere che un tizio, anziché parlare, dice cose insensate e dico pertanto che “raglia” (voce dell’asino) , che cosa sto mettendosul piano del significante?
[‘raʎa]_____
‘voce dell’asino’
_________________
‘Tizio + parla + è Insensato’
La scelta del segno raglia anziché dice o parlaproietta sul piano del significato le proprietà convenzionalmente (= culturalmente) attribuite all’asino, richiamato per metonimia dal verbo ragliare.
Nei termini di Louis Hjelmslev (1943) ho una semiotica il cui piano dell’espressione (significante) è un’altra semiotica. In tal modo posso dire di aver formalizzato in termini semiotici il processo della connotazione.
‘Connotatori’ sono pertanto…
Tutti quei dispositivi che possiamo usare per connotare. Ad esempio:
Un certo tono di voce (irritato, gioioso..)
Una forma colloquiale o dialettale (che spesso connota “autenticità”)
Uno specifico mezzo (ad es. mettere per iscrittouna promessa)
Una lingua, quando il suo uso sia di per sé rappresentativo (oggi, l’uso degli anglicismi)…
… e naturalmente tutte le risorse linguistiche che in una lingua data realizzino uno scarto rispetto alla norma o al sistema di attese del ricevente.
Louis
Hjelmslev
(m. 1965)