8
Comunità Pastorale “S. Gianna Beretta Molla e Beato Paolo VI” in Magenta DOMENICA 28 GENNAIO 2018 FESTA DELLA FAMIGLIA

Festa Famiglia 2018 - Comunità Pastorale Magenta · Il sale dà il meglio di sé trasformando la sua natura, perdendola, spendendo la sua energia a favore di un ... soffri di quello

Embed Size (px)

Citation preview

Comunità Pastorale “S. Gianna Beretta Molla e Beato Paolo VI” in Magenta

DOMENICA 28 GENNAIO 2018

FESTADELLA FAMIGLIA

FESTA DELLA FAMIGLIA 2018“Il sapore dei gesti, la luce della testimonianza”

Il nostro Arcivescovo nella lettera che ha consegnato alla Diocesi, come mandato per l’anno pastorale corrente, sollecita la comunità dei discepoli del Signore a vivere là dove è presente come il sale della terra e la luce del mondo. E indicando i luoghi nei quali far risuonare questo invito dice “gli ambiti di questa declinazione sono quelli della generazione (famiglia, figli, nonni) della solidarietà, dell’ecologia…”. Sappiamo di aver ricevuto tale invito anche da Papa Francesco attraverso le sue parole: “la famiglia aperta all’amore di Dio è sale della terra, luce del mondo…La famiglia che vive la gioia della fede la comunica spontaneamente, questa famiglia è sale della terra e luce del mondo”. Essere sale che dà sapore, luce che illumina non deve essere una richiesta troppo ambiziosa per la famiglia oggi. Essere famiglie “sale” o famiglie “luce” implica una capacità di ascolto e coinvolgimento, un essere immersi, sciolti come il sale, diffusi come luce.

Sale e luce hanno peculiarità e caratteristiche diverse. Il sale dà il meglio di sé trasformando la sua natura, perdendola, spendendo la sua energia a favore di un qualcosa che grazie alla sua presenza esalta il gusto, trasforma il sapore. La luce mette la sua forza a disposizione di un ambiente, di un oggetto perché questo possa apparire in tutti i suoi aspetti, forma, particolari. Le rivela per come sono, offre la possibilità di farli scoprire a chi si mette in osservazione.

Il nostro arcivescovo mons. Mario Delpini nel suo primo discorso alla città per la festa di sant’Ambrogio ci ha invitato, come singoli e come famiglie, a essere sale e luce attraverso l’arte e la pratica del “buon vicinato”.

dal Discorso di Sant’Ambrogio, 7 dicembre 2017Mons. Mario Delpini

I n questa festa del patrono della città e della diocesi mettiamo a tema il desiderio di praticare l’arte del buon vicinato. Il tema e la sua pratica ri-

sultano urgenti per chi si prende cura del bene comune di oggi e di domani: si tratta infatti di contrastare la tendenza individualistica di cui si è ammalata la nostra società. Le istituzioni possono e devono propiziare le condizioni, ma il buon vicinato è frutto di un’arte paziente e tenace, quotidiana e creativa.

L’arte del buon vicinato comincia con uno sguardo. Ecco: mi accorgo che esisti anche tu, mi rendo conto che abiti vicino. Mi accorgo che hai delle qualità e delle intenzioni buone: anche tu vorresti essere felice e rendere felici quelli che ami. Mi accorgo che hai bisogno, che sei ferito: anche tu soffri di quello che mi fa soffrire. Il buon vicinato inizia con uno sguardo e io invito tutti gli uomini e le donne a rivolgere ai vicini di casa, agli abitanti del quartiere uno sguardo “straordinario”, libero dal sospetto e dal pregiudizio, che dichiari disponibilità all’incontro, all’intesa, alla prossimità.

L’arte del buon vicinato pratica volentieri il saluto e l’augurio, il benvenuto e l’arrivederci. Il saluto si propone con discrezione, ma detesta l’indifferen-za; il saluto non chiede nulla, ma offre una possibilità di incontro; il saluto è un’attenzione semplice che può abbattere mura e offrire un appiglio per uscire dalla solitudine.

L’arte del buon vicinato si esprime in forme di rispetto e attenzione che non si accontentano delle regole della buona educazione, che in certi contesti sarebbe già un enorme progresso, ma si dispone a quelle piccole premure che sono provvidenziali per chi è solo, per chi è anziano, per chi soffre di particolari limiti di mobilità o di comunicazione.

L’arte del buon vicinato esercita una spontanea vigilanza sull’ambiente in cui si vive e su quanto vi accade. Il “buon vicino” rifugge dalla curiosità invadente e pettegola, ma familiarizza con il contesto, ne custodisce l’ordi-ne, pone rimedio al disordine, non tollera lo squallore, provvede, se può ad abbellire e riparare.

L’arte del buon vicinato è fantasiosa nel creare occasioni per favorire

l’incontro, condividere la festa di chi si sposa, la gioia per la nascita di un figlio, il dolore e il lutto delle famiglie ferite dalla morte e dalle disgrazie.

Per il buon vicinato ci sono contributi da offrire che non si possono monetiz-zare. Vorrei allora riproporre a tutti l’antica regola delle decime che invita a mettere a disposizione della comunità in cui si vive la decima parte di quanto ciascuno dispone.

Ogni dieci parole che dici, ogni dieci discorsi che fai, dedica al vicino di casa una parola amica, una parola di speranza e di incoraggiamento.

Se sei uno studente o un’insegnante, ogni dieci ore dedicate allo studio, de-dica un’ora a chi fa fatica a studiare.

Se sei un ragazzo che ha tempo per praticare sport e divertirsi, ogni dieci ore di gioco dedica un’ora a chi non può giocare perché è un ragazzo come te ma troppo solo, troppo malato.

Se sei un cuoco affermato o una casalinga apprezzata per le tue ricette e per i tuoi dolci, ogni dieci torte preparate per casa tua, dedica una torta a chi non ha nessuno che si ricordi del suo compleanno.

Se tra gli impegni di lavoro e il tempo degli impegni irrinunciabili disponi di tempo, ogni dieci ore di tempo libero, metti un’ora a disposizione della comunità, per un’opera comune, per una iniziativa di bene.

Se disponi di una casa per te e la tua famiglia, ogni dieci accorgimenti per abbellire casa tua, dedica un gesto per abbellire l’ambiente intorno.

Naturalmente la regola delle decime potrebbe essere anche molto più im-pegnativa se si passa ad esempi più consistenti: ogni dieci case che affitti... ogni dieci euro che spendi... ogni dieci libri che compri... ogni dieci viaggi che fai... Ma non trascuriamo le cose minime e quotidiane che possiamo fare subito, mentre ci organizziamo e programmiamo per le decisioni più impegnative.

Il primo discorso di Delpini.La «decima» del Vescovo (rovinavacanze e cambiatutto)

Giacomo Poretti venerdì 8 dicembre 2017 (da “Avvenire”)

A volte i vescovi, se si mettono di impegno, sono capaci di rovinarti la vacanza meglio della mogli o della propria squadra di calcio. Sì, perché un milanese aspetta sant’Ambrogio come il resto d’Italia aspetta Ferragosto. Sant’Ambrogio arriva in un momento dell’an-no che si situa tre mesi dopo la fine delle vacanze (a questo punto dell’anno il milanese è già agonizzante) e a due settimane dal Natale (dove svariati milanesi in genere soccombono). Ecco che la festività di sant’Ambrogio, specie se il calendario come quest’anno favorisce un ponte di quattro giorni, è un vero è proprio toccasana da godersi tra sciate e polenta concia prima di affrontare le tanto temute festi-vità natalizie…

Potrebbe bastare per un milanese tutto ciò? No. Perché anche il Vescovo ci tiene a farsi sentire il giorno di sant’Ambrogio. Questo Vescovo, che si è insediato appena dopo le vacanze, proprio alla vigilia del 7 dicembre non gli è venuto in mente di sparare questa bomba del discorso sul buon vicinato e la decima? Ha cominciato con l’elogio e il ringraziamento praticamente di tutti quelli che lavo-rano a Milano, che di solito uno in quelle circostanze lì attacca coi soliti ringraziamenti dell’autorità, dello sponsor, di chi ha messo i fiori, di chi offre il salame e la fontina per l’aperitivo e poi finisce lì. E inve-ce questo Vescovo di Milano ha ringraziato tutti a uno a uno, tutte le categorie di lavoratori, anche i bidelli, le guardie carcerarie, quelli che ti danno il numerino al Tribunale per stare in coda, gli insegnanti di applicazioni tecniche, gli infermieri, gli stradini, e ha detto che tutti siamo utili, che se Milano funziona così bene è perché tanta gente che fa un lavoraccio (non ha detto così ma voleva dire così), si sve-glia tutte le mattine e va a fare quella roba lì, e la fa bene, che uno non ci crederebbe e invece è proprio così che ha detto il Vescovo.

Dopo i ringraziamenti il Vescovo ha preso coraggio e deve essersi detto ‘chi se ne frega, io la sparo più grossa’ e ha tirato fuori la storia del buon vicinato, cioè ha detto ‘se noi ci impegniamo, riusciamo a dimostrare che il sommo poeta Montale quando ha scritto quel bel verso “Milano è un enorme conglomerato di eremiti” o aveva tre lineette di febbre oppure non era riuscito a trovare un idraulico che gli aggiustasse il lavandino che sgocciolava’. E così il Vescovo

ha insistito sul fatto che dobbiamo diventare dei buoni vicini e anche pensare a loro. Pensare ai vicini? Ma non abbiamo già tante cose a cui pensare? E come?

E qui il Vescovo ha pensato ‘o la va o la spacca’, tanto ormai, deve essersi detto, ‘al massimo mi tagliano le gomme della bicicletta’. Ha detto che bisogna ripristinare la decima! Ma non quella in denaro, che al limite uno può sempre millantare di essere più povero di un clochard, no: il Vescovo intende la decima del proprio tempo da mettere a disposizione degli altri: «Ogni dieci parole che dici, ogni dieci discorsi che fai…, ogni dieci ore dedicate allo studio… ogni dieci ore di gioco o di sport…, ogni dieci torte preparate per casa tua...ogni dieci accorgimenti per abbellire casa tua.

Adesso capite perché il Vescovo ci ha rovinato il ponte di sant’Am-brogio? Perché noi milanesi non riusciamo a tirarci indietro quando c’è da fare qualche cosa di buono, non a caso si dice della nostra cit-tà «Milan con el cöer in man»: infatti è da mercoledì pomeriggio che stiamo pensando a come dedicare una decima del nostro shopping compulsivo; in cosa commutare una decima di happy hour; cosa potrà diventare una decima del nostro ozio televisivo; e una decima delle nostre arrabbiature in quale cosa si decanterà; si potrà modifi-care almeno di una decima la nostra superbia?; e il nostro orgoglio è intaccabile da una decima di umiltà? Soprattutto è da intendersi che dovremmo anche rinunciare alla decima dei nostri week-end, forse è anche un bene visto come è andato quest’ultimo.

PREGHIERA DELLA FAMIGLIAda recitare insieme tutta la famiglia

la sera della festa della famiglia

Signore, Padre Santo, Dio onnipotente ed eterno, noi ti benediciamo e ti ringraziamo per questa nostra famigliache vuol vivere unita nell’amore. Ti offriamo le gioie e i dolori della nostra vita,e ti presentiamo le nostre speranze per l’avvenire. O Dio, fonte di ogni bene,dona alla nostra mensa il cibo quotidiano, conservaci nella salute e nella pace,guida i nostri passi sulla via del bene. Fa’ che dopo aver vissuto felici in questa casa, ci ritroviamo ancora tutti uniti nella felicità del Paradiso. Amen

COMUNIONE DI DESIDERIOper tutti coloro che sono impossibilitati

ad accostarsi alla comunione sacramentale

Ti desidero Signore, con tutto il cuore. So che ti è cara questa mia povera vita, mi vuoi bene Signore e la mia anima anela a te ogni giorno. Sento i miei affetti più cari, sono preziosi e talvolta difficili,ti chiedo di custodirli e purificarli. Contemplo, Signore, il tuo corpo e il tuo sanguepresenti nei segni sacramentali del pane e del vino e che ora non posso accostare;so che l’unione con te è anche per mee ne sento il desiderio dalla profondità del mio essere. Vieni o Signore prendi posto nel mio cuore,rinvigorisci la mia anima,risveglia in me la gioia, purifica la mia fede.

www.comunitapastoralemagenta.it