28
Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di annessione della Tuscia [A stampa in “Bullettino dell’Istituto storico italiano per il medioevo”, 112 (2010), pp. 477-501 © dell’autore - Distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”, www.retimedievali.it].

Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

  • Upload
    others

  • View
    4

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di annessione della Tuscia

[A stampa in “Bullettino dell’Istituto storico italiano per il medioevo”, 112 (2010), pp. 477-501 © dell’autore - Distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”, www.retimedievali.it].

Page 2: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

Bullettino

DELL’ISTITUTO STORICO ITALIANO

PER IL MEDIO EVO

112

ROMA

NELLA SEDE DELL’ISTITUTO

PALAZZO BORROMINI___

2010

DELL’ISTITUTO STORICO ITALIANO

PER IL MEDIO EVO

Page 3: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

Bonifacio VIII e il tentativo di annessione della Tuscia

Alcuni momenti della politica bonifaciana in Toscana, come la le-gazione di Matteo d’Acquasparta e il successivo intervento di Carlo diValois, sono ben conosciuti1. Quel che sinora è stato meno posto in evi-denza e che pure emerge con chiarezza da una generale lettura delle carte,è il disegno politico complessivo in cui tali episodi vanno collocati.

Scorrendo la quantità e la qualità della documentazione riguardan-te la Toscana prodotta dalla cancelleria di Bonifacio VIII, non si puòche rimanere colpiti. Sin dal primo anno di pontificato infatti papaCaetani si preoccupa di intrattenere rapporti assai fitti con varie auto-rità toscane. Rileggendo i documenti, si ha l’impressione che gli inter-venti di Bonifacio tendano a comporre un preciso disegno politico,quasi di respiro europeo. Un disegno, del resto, che era stato delineatoda alcuni teologi e canonisti già nel corso del XIII secolo. Tale proget-to non troverà però più lo spazio di attuazione: Bonifacio infatti simuove oramai in un’Italia e in un’Europa ben diverse da quelle diappena un cinquantennio prima. Se il caso toscano e le renitenze fio-rentine sono rimaste forse più in ombra, il ben più clamoroso conflit-to col re di Francia, Filippo il Bello, esemplifica bene quanto grande siail divario che separa la mentalità del controverso pontefice dal mondopolitico in cui si trova ad agire. In questo saggio cercherò di delineareil progetto di Bonifacio, sviluppando tre momenti distinti.

Il primo punto, introduttivo, riguarderà la pretesa pontificia diripartire l’Europa in diversi regna, uno dei quali, quello di Tuscia, daannettere al Patrimonio. I restanti punti invece riguarderanno la strate-gia delle alleanze e il dispiegarsi di questo progetto politico. Nel secon-

1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e sulla intera vicenda cfr. F. Canaccini,Matteo d’Acquasparta tra Dante e Bonifacio VIII, Roma 2008 (Medioevo, 16). Più datato,ma ancora assai valido, è il contributo di G. Levi, Bonifazio VIII e le sue relazioni col comu-ne di Firenze, «Archivio della Società Romana di storia patria», 5 (1882), pp. 365-474.

Page 4: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

do punto infatti si analizzeranno alcune figure toscane sollecitate efavorite dal papa, nel tentativo di conseguire questo obiettivo. Il terzoinfine riguarderà il ruolo svolto da Matteo d’Acquasparta in Firenze.

La partizione dell’Europa e l’annessione della Tuscia

«Quicquid honoris, preminentie, dignitatis et status Imperium seuRegnum Romanorum habet, ab ipsius Sedis gratia, benignitate et con-cessione manavit»2. Con queste parole, papa Caetani, nell’anno giubi-lare, chiariva quale fosse, o quale pretendeva che fosse, il ruolo del Pa-pa e quello del sovrano temporale. Nello specifico, la lettera era indi-rizzata al duca di Sassonia e in essa il papa avanzava la richiesta di favo-rire le sue pretese presso Alberto d’Asburgo, circa la cessione dei dirit-ti imperiali della Tuscia al papato.

Mi sembra opportuno il richiamo ad Alberto d’Asburgo parlandodegli interessi di Bonifacio riguardo alla Toscana3. Alla morte in batta-glia di Adolfo di Nassau, Bonifacio aveva reagito rimproverando Al-berto e il re di Francia allorché, nel dicembre del 1299, i due sovraniavevano stipulato un trattato a Vaucouleurs. All’ambasceria franco-tedesca, Bonifacio, dopo aver criticato l’elezione di Alberto, palesò ilsuo disegno: per placare la sua ira e per accettare la nuova mappa poli-tica, re Alberto avrebbe dovuto cedere la Toscana al papa e questiavrebbe allora acconsentito alla sua incoronazione imperiale a Roma4.In tale contesto la ratifica di Alberto poteva essere anche accessoria,giacché l’autorità imperiale derivava da quella pontificia, e, come si leg-gerà nella Ausculta fili rivolta a Filippo il Bello «scire te volumus quodin spiritualibus et in temporalibus nobis subes». Con lo stesso giocodelle parti, anni prima, il padre di Alberto, Rodolfo d’Asburgo, avevadovuto cedere la Romagna al papa5. Ora, non mi sembra che le miredi Bonifacio di assicurarsi anche la Toscana vadano intese come unanovità, o come un do ut des, congegnato da un Bonifacio adirato per il

2 Bonifacio VIII esorta il duca di Sassonia, elettore dell’Impero, a favorire, pres-so Alberto d’Austria, le sue trattative riguardanti la rinuncia a favore della Santa Sededei diritti imperiali sulla Toscana (13 maggio 1300). Cfr. Levi, Bonifazio VIII e le sue rela-zioni cit., pp. 449-451.

3 R. Davidsohn, Storia di Firenze, Firenze 1978, IV, pp. 119 ss.4 Cfr. nota 1.5 O. Redlich, Rudolf von Habsburg, Innsbruck 1903.

478 FEDERICO CANACCINI

Page 5: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

patto franco-tedesco6, bensì, come il recupero di un grandioso proget-to papale, in una sorta di prosecuzione dell’episodio relativo a Rodolfo.Già Nicolò III avrebbe accarezzato il progetto di ripartire l’Impero inquattro regni, tra i quali quelli di Lombardia e Tuscia. Il disegno, tra-mandato anche da Tolomeo da Lucca, si rifà al progetto presentato daUmberto de Romans a papa Gregorio X, in vista dell’eventuale discus-sione al Concilio di Lione aperta sul capitolo De corrigendis circa Impe-

rium7. Altre idee circolavano in merito alle prerogative e alle partizionida mettere in atto nell’Europa. Cito ad esempio due trattati, opera delcanonico Alessandro di Roes8: il Memoriale de proerogativa Imperii Romani,del 1281 e la Noticia speculi del 1288. In entrambi gli scritti si trovaespresso come fosse prerogativa teutonica il possesso del regno diGermania, e come l’Imperatore fosse di conseguenza sovrano sui re-gni di Provenza e di Italia. È mantenuta ancora la prospettiva di unadistribuzione di ruoli nell’Occidente: l’Impero alla Germania; il ponti-ficato all’Italia; lo Studium alla Francia. Bonifacio tentò in ogni caso distaccare la Toscana dal Regno d’Italia, nel corso delle trattative conAlberto, ricordando al duca di Sassonia, chiamato quale mediatore, lasupremazia pontificia9: col fine forse di annettere la Toscana al Patri-

monium Petri, sollecitando il consenso dei Comuni locali? Per consegui-re questo scopo, era naturalmente necessario avere dalla propria parte

6 Davidsohn, Storia cit., pp. 119 ss.7 «Circa imperium vacans videtur constituendus vicarius ad quem haberetur

recursus propter guerras et casus varios emergentes, vel addendo quod statuereturcum pace comitatus, quod rex Teutonie fieret non per electionem, sed per successio-nem, et esset deinceps contentus regno illo, et magis timeretur, et magis justitia inregno Teutonie servaretur. Item, quod in Italia provideretur de rege uno vel duobus,sub certis legibus et statutis, habito consensu communitatum et prelatorum, et persuccessionem regnarent in posterum, in certis casibus possent deponi per Aposto-licam Sedem. Aliquando enim Lumbardi regem habuerunt, vel quod rex in Lumbardiainstitutus esset vicarius Imperii in Tuscia, vacante Imperio, et Imperatori, confirmatoet coronato per Apostolicam Sedem, et non aliter, regnum recognosceret ut vassallus.Imperium enim quasi ad nihilum est redactum, et a pluribus, quotquot fuerunt electiad Imperium seu promoti, plura mala sub eorum dominio secuta sunt, et pax et uni-tas turbata, et strages hominum facte, et pauca bona secuta; et alia multa sunt que rea-liter persuadent, ut queratur modus aliquis conveniens ad providendum circa hoc, sivaleat inveniri». Cfr. G.A.L. Digard, Philippe le Bel et le Saint-Siège, Paris 1936, I, p. 4 nota1; II, pp. 21 ss.

8 H. Thomas, Alexander von Roes, in Lexicon des Mittelalters, I, München-Zürich1980, col. 379.

9 Cfr. nota 1.

BONIFACIO VIII E IL TENTATIVO DI ANNESSIONE 479

Page 6: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

Firenze. Alla luce di tale prospettiva, la documentazione emessa dalpapa e le missioni dell’Acquasparta assumono nuovi risvolti. E assie-me ad esse anche i vari titoli che Bonifacio sollecita in terra toscana edumbra, e che sino a quel momento erano stati assunti dai suoi prede-cessori in occasioni rarissime ed eccezionali10.

Ben quarantuno sono le lettere emanate da Bonifacio tra il 1295 eil 1303, che concernono le cose di Tuscia. E, analizzando il contenutodi tali documenti, sembra emergere come, sin dai primi mesi di ponti-ficato, Bonifacio avesse intenzione di estendere la propria influenzaanche in Toscana. Scorrendo diacronicamente la documentazione rac-colta nei Registri pontifici tenterò di dimostrare questa ipotesi.Nell’impossibilità di coprire tutto il territorio toscano, presenterò inquesto breve saggio il caso di un vescovo – il presule aretino –, quello diun titolo – la diocesi pisana –, quello di una famiglia comitale – i Guidi –e quello di una importante città comunale – Firenze – e qua e là altripersonaggi o enti, sui quali il Caetani tentò di appoggiarsi.

Rapporti col potere spirituale: il vescovo aretino e la chiesa pisana

Ildebrandino Guidi11, o Bandino come spesso si trova citato12, si erainsediato come vescovo di Arezzo pochi mesi dopo la morte del suopredecessore, Guglielmino Ubertini, caduto in battaglia a Campaldino13.Ma le sacche di resistenza ghibelline e antifiorentine che permanevanonella diocesi aretina, e nella stessa città di Arezzo, impedirono al presu-le di insediarsi di fatto, costringendolo a vagare senza fissa dimora.

Il primo interessante contatto, che più tardi si rivelerà utile nei rap-porti che intercorreranno tra il Caetani e Bandino, avvenne nel 1290,con il cardinale d’Acquasparta. Esso riguarda il caso degli abitanti diSarna in Casentino, sottoposti all’abate di Santa Fiora, che proseguiva-no indefessi a guerreggiare ai danni del Guidi, tanto che il vescovodovette scomunicare gli abitanti e l’abate e poi far intervenire le pro-

FEDERICO CANACCINI

10 Davidsohn, Storia cit., pp. 224-226.11 M. Bicchierai, Guidi, Ildebrandino, in Dizionario Biografico degli Italiani, 61, Roma

2003, pp. 277-279.12 Da non confondere con l’omonimo Bandino dei conti Guidi di Modigliana,

autorevole esponente del ghibellinismo romagnolo, più volte nominato podestà e capi-tano del Popolo di Faenza e nel 1292 persino capitano della Lega antipapale di Romagna.

13 C. Lazzeri, Guglielmino Ubertini, Firenze 1920.

480

Page 7: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

prie milizie perché assediassero e radessero al suolo il castello di Sarna.Il 30 luglio Ildebrandino fece assolvere dalla scomunica l’abate, otte-nendo la dispensa proprio dall’Acquasparta14.

Nel 1295 sono attestati inequivocabilmente alcuni favori che Ilde-brandino riceve da papa Caetani, propiziati certo dalla mediazione di Mat-teo. Nel primo anno di pontificato è significativa la lettera inviata all’aba-te di Santa Fiora, accusato di aver abusivamente sottratto dei beni al mo-nastero di Prataglia, spettanti di diritto alla diocesi aretina15. Il ponteficeinvitava caldamente l’abate a restituire quanto spettava al vescovo. Poi, inrelazione alla crociata contro i Colonna16, si stabilì un nuovo contatto traRoma e il vescovo Bandino Guidi. Fu infatti inviato Matteo d’Acquaspar-ta per predicare la crociata e per rinforzare le milizie già reclutate dal suopredecessore, Roberto de’ Roberti. Matteo procacciò 400 nuovi cavalierisotto il comando di un Buondelmonti e a Siena ne reclutò altri 75. Ma loscorgiamo anche nella piazza di S. Gimignano, assieme al Guidi, intentoa comporre una pace tra Ardinghelli e Salvucci17. È quindi da legare a que-sti mesi l’inizio di stretti rapporti tra la Curia, nella persona dell’Acqua-sparta, e il vescovo aretino che avrà certo avuto modo di esporre la pro-pria difficile condizione al cardinale umbro.

Significativo è il caso di Soci, in Casentino, proprietà camaldolesealmeno dal 107218. Dal 1275 il castello era stato conquistato dal conteSimone Guidi19. Nel 1300 avanzavano pretese su di esso due famiglie,Tarlati e Ubertini, entrambe di tradizione ghibellina20. Quando queste

14 A.L. Grazini, Memorie dei vescovi aretini, conservato in Arezzo, ArchivioCapitolare, ad annum: XI kal. Nov. Pont. Domini Nicolai pp. IV, anno III.

15 A. Potthast, Regesta pontificum Romanorum inde ab a. post Christum natumMCXCVIII ad a. MCCCIV, Berolini 1875, doc. 24024, 13 feb. 1295: «Abbati mona-sterii S. Florae Aretini mandat, ut ea quae de bonis monasterii S. Mariae de Prataliaordinis s. Benedicti Aretine dyocesis per concessiones abbatum alienata invenerit illi-cite vel distracta, ad ius et proprietatem eiusdem legitime revocet».

16 Si tratta della lettera inviata da Matteo d’Acquasparta l’11 gennaio 1298 al mini-stro provinciale di Bologna. Per il testo completo cfr. B. Giordani, Acta franciscana etabulariis Bononiensibus deprompta, I, Ad Claras Aquas (Quaracchi)-Firenze 1927(Analecta franciscana, IX), pp. 395-396, n. 796.

17 R. Davidsohn, Forschungen zur älteren Geschichte von Florenz, Berlin 1896-1908: II,nn. 1900-02; P.D. Clarke, The interdict in the thirteen Century, New York 2007, pp. 204-218.

18 G. Vedovato, Camaldoli e la sua congregazione dalle origini al 1184, Cesena 1994, pp.41, 45, 67.

19 Documenti per la storia della città d’ Arezzo, ed. U. Pasqui, III, Firenze 1916, Annaliaretini, ad annum 1275: «Et fuit exercitus Soci, quod comes Simon ceperat».

20 Non saprei dire se le pretese tanto degli Ubertini quanto dei Tarlati si debbano

BONIFACIO VIII E IL TENTATIVO DI ANNESSIONE 481

Page 8: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

devastarono anche i possessi del vescovo21, che peraltro ricevette dannidagli stessi casentinesi, il presule richiese aiuti direttamente alla Curianella persona dell’Acquasparta, legatum tunc in Thuscia. Il cardinale inviòuna serie di lettere ai principali protagonisti della vicenda: al priore deiCamaldolesi, Frigdiano; a Biordo degli Ubertini e ai suoi compari; alpodestà di Arezzo, Ciappetino, richiedendo a tutti di levare l’assedio dalcastello di Soci. Matteo scrisse anche al preposto di Arezzo, l’unico nona caso definito “benevolmente amico”, il quale precedentemente, in oc-casione della crociata contro i Colonna, era stato il collector per la decimabonifaciana nella diocesi aretina22. Su sollecitazione del vescovo Guidi,il cardinale intimò inoltre al podestà di Soci, Gualterio, di desistere entrotre giorni dal perpetrare incursioni nel circondario, pena la scomunica el’interdetto sulla chiesa di Soci, quella dedicata a san Nicola23.

Il papa tolse quindi il castello a quanti potevano vantarvi diritti –il conte Simone Guidi, il vescovo Bandino Guidi, i Tarlati e gli Ubertini– per affidarlo a un suo protetto. Neppure Ildebrandino dunque fu nelcaso privilegiato. Ma la donazione finì per favorire il conte GuglielmoNovello, suo parente24. Come contropartita per la sottrazione, Bonifa-cio ricompensò i Camaldolesi, antichi proprietari del fortilizio di Soci,donando loro la chiesa di Modigliana, in Romagna, in territorio guidin-go, motivo per cui, il movimento di questi beni appare come un vero

FEDERICO CANACCINI

far risalire alla comproprietà del castello di Soci dei primi secoli del Basso Medioevo: lafortificazione infatti risultava per cinque porzioni dei filii Feralmi, famiglia nobile legataa vincoli di vassallaggio col vescovo aretino, per una porzione a tal Ianni de’ Talliaferri,per una ai conti Guidi, per una al Monastero di Prataglia. Solo attraverso successivedonazioni, tra XI e XII secolo, tutto il castello diventò possesso unicamente dei mona-ci di Camaldoli. Cfr. F. Bosman, I castelli del territorio casentinese, Firenze 1990, p. 46.

21 J.B. Mittarelli - A. Costadoni, Annales Camaldulenses ordinis Sancti Benedicti, voll.9, Venetiis 1754-1761, V, p. 221: «Milites nobilium de Ubertinis et filiorum Tarlati dePetramala procerum Arretinorum, qui hoc anno apud castrum Socium pro stationecommorabantur, terras et loca Ildebrandini episcopi Arretini depopolabantur».

22 Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, Tuscia, cur. P. Guidi, Città delVaticano 1932 (Studi e Testi, 58), II, p. XV.

23 Mittarelli, Annales cit., V, p. 221: «Alias post trinam admonitionem, exacto ter-tio die comminatus fuit subjecturum ipsos et eorum ecclesiam sancti Nicolai excom-municationis et interdicti sententiae».

24 Ibid., V, p. 194: «Guillelmo dicto Novello comiti Palatino in Thuscia familiarisuo castrum de Soci Aretine Diocesis cum muris, palatiis etc. donat eumque nihilomi-nus per anulum suum de eisdem praesentialiter investit, addit, se in recompensationemdicti castri pleno iure ad heremum camaldulensem pertinentis eidem eremo ecclesiamde Balneo Saxenatensis diocesis univisse et incorporasse».

482

Page 9: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

e proprio scambio tra le parti in gioco. Poi, a neppure un mese didistanza, Bonifacio scrisse nuovamente a Bandino richiedendogli dicontrollare a che i beni sottratti illecitamente all’Eremo tornassero didiritto alla pristina legittima proprietà25.

Bonifacio tentò di estendere la propria influenza anche sul Comu-ne di Pisa26. A rileggere la documentazione nota e riguardante gli inte-ressi di alcune famiglie sul controllo di importanti chiese pisane, primafra tutte quella di San Martino, può essere utile e interessante tentaredi fornire un’interpretazione correlata alle altre realtà qui proposte,connettendo alcuni episodi in questo più vasto disegno pontificio.

Dopo un lungo protettorato della famiglia degli Scornigiani, patro-ni della chiesa di S. Martino già dal XII secolo, successe loro nell’am-ministrazione, forse a motivo di alcuni debiti contratti, la famiglia deiRoncioni, di simpatie guelfe. Gottifredi Roncioni, nominato il 28 no-vembre 1295 dominus gubernator et yconomus di S. Martino, titolo ceduto-gli dal priore Guido da Rivalto, deterrà tale carica fino al 4 dicembre1301, per poi trasmetterla al parente Tommaso, figlio di MarcoRoncioni. Gottifredi ottenne quest’incarico in attesa di una nominaepiscopale che non tardò ad arrivare. Il Roncioni fu infatti scelto qualevescovo della diocesi siciliana di Mazzara, nel corso del 1302, da papaCaetani27. L’appoggio che Bonifacio accreditò ai nobili guelfi Roncioniin Pisa fa eco a quello elargito alle famiglie di tradizione cavallerescanell’aretino o nel fiorentino. E anche a Pisa, come in Firenze, esploseben presto una rivalità interna – fenomeno spesso correlato – sia trapopulares e magnates sia tra fazioni di segno politico opposto. Così, comenella città del Giglio si riversarono nelle strade Cerchi e Donati, anchea Pisa si trovarono gruppi familiari con plurimi motivi di antagonismo.Con l’elevazione a vescovo del Roncioni, la guelfa famiglia magnatizia

25 Ibid., V, p. 200: «Episcopo aretino mandat, ut ea quae de bonis eremiCamaldulensis ordinis aretine diocesis alienata invenerit illecite vel distracta, ad ius etproprietatem eiusdem legitime revocet».

26 M. Ronzani, Famiglie nobili e famiglie di “Popolo” nella lotta per l’egemonia sulla chiesacittadina a Pisa fra Due e Trecento, in I ceti dirigenti nella Toscana tardo comunale. Atti del terzoConvegno (Firenze 5-7 dicembre 1980), Monte Oriolo (Firenze) 1983, pp. 117-134.

27 Il 24 settembre 1302 Gottifredi fu «electus Maçariensis» e appena tre giorni piùtardi il canonico Bartolomeo Roncioni, fido braccio destro del neo vescovo, nominavaLemmo del fu Puccello Roncioni, e un altro chierico, in qualità di procuratori «inRomana Curia ad licteras apostolicas impetrandum et contradicendum, tam justitiamquam gratiam continentes et ad iudicem et iudices eligendum et ricusandum» (Pisa,Archivio di Stato, Spedali Riuniti di S. Chiara, reg. 2070, c. 204).

BONIFACIO VIII E IL TENTATIVO DI ANNESSIONE 483

Page 10: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

perdette il controllo della canonica, che passò invece al priore Ugolino,parente del giurista e più volte Anziano Sigieri, di origini popolari e diorientamento politico opposto, avendo appoggiato anni prima la fami-glia dei Donoratico28. Sigieri verrà assassinato nel 1304 da LemmoRoncioni, procuratore presso il Papa, innescando così una «guerra etinimicitia capitalis» che si sarebbe protratta per oltre un quindicennio29.

Altre lotte tra famiglie magnatizie e popolari dividevano la città pisa-na: negli anni a cavallo fra XIII e XIV secolo, infatti, i Gaetani rivaleg-giavano coi Cavallozari. I primi30, che detenevano la societas Benedicta,diretta da Oddone Gaetani, grazie alla parentela col papa31, avevano unalarga e sicura influenza presso la Curia32. I Cavallozari, banchieri e mer-canti, si segnalavano per aver concesso grandi prestiti, agli inizi del 1299,sia al domenicano Giovanni di Polo, appena eletto arcivescovo di Pisa daBonifacio, sia al priore della canonica secolare pisana di S. Sisto, Tedice,nominato dal papa, il 3 ottobre del 1298, arcivescovo di Torres33. Se nel

FEDERICO CANACCINI

28 Un altro membro della famiglia dei Donoratico fu largamente beneficiato dalpapa: Bonifacio di Janni di Donoratico, entrato nell’Ordine dei Domenicani nel 1280,fu eletto nel 1297 vescovo di Sagona, in Corsica, proprio da papa Caetani. Il pontefi-ce si trovò, già nel 1301, a doverlo aspramente riprendere per il comportamento tenu-to nei confronti del monastero di S. Maria del Masio a Bibbona, che aveva abusiva-mente occupato e di cui dilapidava «fructus, redditus et proventus» favorendo i mem-bri della propria famiglia che, in quell’area della Maremma, detenevano la gran partedei propri domini. Cfr. Les Registres de Boniface VIII (1294-1303), edd. A. Thomas - M.Faucon - G. Digard - R. Fawtier, Paris 1884-1939, III, n. 3960, 1 marzo 1301.

29 Pisa, Archivio di Stato, Diplomatico Roncioni, 24 dic. 1320: la famiglia di Sigieririchiede il porto d’armi agli Anziani, per tutelarsi da eventuali assalti dei Roncioni ericorda come Lemmo del fu Puccello Roncioni «interfecit [...] dominum Sigerium,popularem et de popularibus Pisani Populi, et qui dominus Sigerius, tempore sue vite,pluries et pluries fuit Anthianus et prior Anthianorum Pisani Populi».

30 C. Sturmann, La “domus” dei Dodi, Gaetani e Gusmari, in Pisa nei secoli XI e XII:formazione e caratteri di una classe di governo, con introduzione di G. Rossetti, Pisa 1979,pp. 328-333.

31 Quando nel 1297 papa Caetani concesse un beneficium a Jacopo di GiovanniMaccaione, dispensandolo «in etate et ordinibus», motivò tale intervento «considera-tione Oddonis Gaietani de Pisis, cuius erat consanguineus».

32 Un figlio di Oddone, Benedetto Gaetani, chierico, fu largamente beneficiato dapapa Bonifacio VIII: già canonico della Cattedrale ottenne infatti la prepositura dellacanonica di S. Piero a Grado, che solitamente era di pertinenza della libera collazionedell’Ordinario.

33 La simpatia di Bonifacio per i Cavallozari è poi confermata dalla collazioneapostolica di S. Sisto al chierico Pietro Cavallozari, concessagli da papa Caetani, puressendo essa tradizionalmente soggetta al giuspatronato del Comune di Pisa, che avevaeletto S. Sisto a propria chiesa ufficiale. Cfr. Pisa, Archivio di Stato, Diplomatico

484

Page 11: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

1297 i Gaetani e i Cavallozari collaboravano assieme34, la loro comuneattività nei traffici con il Laterano avrebbe condotto ad una rapida frat-tura. Gli attriti, sfociati – come spesso accade in questi anni – in un fattodi sangue35, dovettero nascere quindi anche a Pisa, come a Firenze, perconseguire il primato in Curia. Non ci si deve stupire allora più di tantose, tra gli intermediari presso gli Anziani per far togliere il bando suiGaetani e sui Gaddubbi omicidi, fosse presente anche Pietro da Piperno,cardinal-diacono di S. Maria Nuova, e già mediatore dei Cavallozari perla collazione del priorato di S. Sisto.

Nel generale progetto di Bonifacio, dunque, le collazioni da luielargite sembrano essere indirizzate a minare il già precario equilibriocomunale. Pare infatti di intravedere una sorta di volontaria partizionedi beni tra antagonisti, che non poteva che acuire le tensioni già pre-senti in città. I favori elargiti alle famiglie filobonifaciane non poteva-no infatti che scatenare le latenti rivalità interfamiliari che covavano aPisa, non certo placarle. Anche le concessioni indirizzate ai discenden-ti di Alberto Pelavicino Gualandi, detto Maccaione, dovettero dare vitaad alcuni disordini. Già nel 1297 due giovani chierici della famigliaGualandi, legati da vincoli coi Gaetani, avevano ottenuto dal papa unbeneficio «in quavis ecclesia civitatis vel diocesis pisanae»36 e uno deidue era stato ben presto investito da Gottifredi Roncioni del titolo direttore dell’ospedale della canonica. Jacopo, figlio di Giovanni, anchelui detto Maccaione, dopo il beneficium del 129737 fu addirittura nomi-nato arciprete appena qualche anno più tardi38. Alla luce di quantodetto sinora per Pisa, si va dunque meglio delineando quello che pos-siamo definire un vero e proprio schieramento guelfo e filobonifacia-no vincolato al papa dal suo favore e da prebende e benefici, nonchédalle ben più significative nomine episcopali.

Alla luce del disegno di “conquista” della Tuscia, andranno ancheinterpretati i vari altri titoli sollecitati in Toscana e assunti in precedenza

Primaziale, 11 mar. 1299: «consideratione [...] Petri s. Mariae Diaconi Cardinalis, proipso nobis cum instantia supplicantis gratiam facere specialem».

34 Ibid., 1 mag. 1297.35 Nell’aprile 1299 infatti un gruppo di Gaetani, quasi tutti appartenenti al ramo dei

Gaddubbi, uccise Baciameo Cavallozari. Cfr. Ronzani, Famiglie nobili cit., p. 121 nota 16.36 Les Registres de Boniface VIII cit., I, 1662 (29 gen. 1297) e 2168 (31 ott. 1297).37 Grazie a questo beneficio il papa lo aveva anche dispensato «in etate et ordinibus».38 Era già arciprete il 27 febbraio 1302 (Pisa, Archivio del Capitolo, Acta Capituli,

reg. A/9, c. 41v).

BONIFACIO VIII E IL TENTATIVO DI ANNESSIONE 485

Page 12: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

in casi solo eccezionali39. L’atteggiamento che, abbiamo visto, il papadimostra verso le diocesi aretina e pisana, si ritrova infatti analogo neiriguardi di altri vescovi toscani. La concessione della pieve di S. Inno-cenza, «cum omnibus bonis et iuribus», alla mensa episcopale senese,avvenuta per volontà di Bonifacio, passerebbe forse inosservata, se nonvenisse inserita nella prospettiva ora elaborata40. Inoltre Bonifacio avocòa sé la nomina del vescovo di Volterra e, scegliendo nel 1296 un Belforti,suo partigiano41, diede inizio da Volterra alla soggezione della Toscana,possibile solo grazie al controllo sulle città e al riconoscimento di questasoggezione42. Se ne preoccupò a tal punto che scrisse due volte al clerovolterrano affinché «humiliter intendant» il Belforti, in qualità di «admi-nistrator et procurator»43. Il 1° agosto del 1300 poi Bonifacio nominò ve-scovo di Lucca il francescano Enrico Del Carretto44. In realtà il capitololucchese aveva già scelto Rainerio da Montemagno ma, annullata talenomina, Bonifacio ordinò a Niccolò da Prato di consacrare, quale nuovovescovo, il fidato Del Carretto. Era costui un giovane francescano, cheaveva appena ottenuto il titolo di «baccalarius in sacra pagina» a Pariginello stesso anno del primo Giubileo. Il clero lucchese non oppose resi-stenza e l’ingresso del nuovo vescovo dovette essere di poco posteriorealla consacrazione, giacché il 12 luglio 1301 è già attestata la sua presen-za in città. Risulta almeno di interesse che, il 13 agosto 1300, dopo unadecina di giorni dalla nomina papale, con autorizzazione di Bonifacio, ilneovescovo prendesse in prestito la notevole somma di 3.000 fiorini peragevolare il buon esito di alcune transazioni finanziarie tra il vescovado ela Chiesa di Lucca da un lato e la Sede apostolica dall’altro. Quale fosse

FEDERICO CANACCINI

39 Davidsohn, Storia cit., pp. 224-226.40 Potthast, Regesta pontificum Romanorum cit., n. 24293: 27 feb. 1296: «Mensae epi-

scopali Senensi plebem S. Innocentiae Senensis Dyocesis cum omnibus bonis et iuri-bus de novo concedit et totaliter applicat».

41 Scipione Ammirato, Vescovi di Fiesole, di Volterra e d’Arezzo, Bologna 1976 (rist.anast.), p. 136.

42 Histoire du Christianisme, sous la direction de J.-M. Mayeur - Ch. Pietri - A.Vauchez - M. Venard, VI: Un temps d’épreuves (1274-1449), Paris 1990, p. 585: «Songeait-il à l’annexer à ses États en s’en faisant reconnaître la seigneurie par les villes?»

43 Potthast, Regesta pontificum Romanorum cit., n. 24402: 28 set. 1296: «Clerum civi-tatis et diocesis Volaterranae monet et hortatur, ut Raynerio nato Belfortis deBelfortibus civitatis Volaterrensis canonico tamquam legitimo administratori et procu-ratori ecclesie Vulterranae humiliter intendant».

44 C. E. Meek, Del Carretto, Enrico, in Dizionario Biografico degli Italiani, 36, Roma1988, pp. 404-408.

486

Page 13: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

l’oggetto di queste transazioni, però, non è dato sapere. Nella diocesi luc-chese balza infine all’occhio il caso del chierico, appena quindicenne,«Franciscus Corteveccle Lambertutii Baldizonis», che il 29 marzo 1301ricevette, da papa Caetani, un beneficio «in civitate, diocesi seu comitatolucano ... patris pro eo supplicantis consideratione»45. Era costui membrodella nobile famiglia, filoguelfa, dei Casalberti e, poco più tardi, sarebbeentrato a far parte del Capitolo della Cattedrale lucchese.

Un breve accenno all’anno del primo giubileo. Se un documentotuttora inedito dell’Archivio Capitolare fiorentino, ci informa del viag-gio giubilare intrapreso dal vescovo di Firenze46, nulla invece sappiamodell’eventuale partecipazione di Ildebrandino. Viceversa consta da unabolla prodotta da Bonifacio il 17 marzo del 1300 in Laterano, come lamagnanimità pontificia certamente raggiunse anche il comune diArezzo47. La città si trovava ancora sotto scomunica e interdetto e ilvescovo, Ildebrandino, in esilio. Bonifacio tuttavia non lo dimenticò. Surichiesta del podestà, del Consiglio e del Comune aretini, concesse alguardiano dei Frati Minori, non senza la quiescenza del presule esiliato,la speciale facoltà di sospendere le due misure ecclesiastiche48. Ancora,nel 1301 Bonifacio scrisse una nuova lettera al guardiano dei FratiMinori di Arezzo sospendendo le misure «a festo dedicationis S.Michaelis usque ad festum nativitatis Domini»49. Data non casuale,quella di S. Michele, giacché da un altro documento, conservatoall’Archivio Capitolare Aretino, datato al 1300, ma ridatabile al 129550,

45 Les Registres de Boniface VIII cit., III, n. 4630.46 Firenze, Archivio Capitolare, 1300G: 11 nov. 1300 «In expensis quas facere nos

oportet in eundo Romam pro indulgentia obtinenda».47 Documenti per la storia della città d’Arezzo cit., p. 689. Bonifacio VIII si rivolge al

Guardiano dei Frati Minori di Arezzo, dandogli facoltà di sospendere temporanea-mente la scomunica che gravava sopra il popolo Aretino.

48 Ibid. «Resurrectionis dominice proxime futuras quaslibet sententias interdicti inpredictum Commune ac civitatem Aretii, nec non excommunicationis generaliter inofficiales et singulares personas civitatis eiusdem olim auctoritate sedis apostolice pro-mulgatas, liberam tibi concessimus per nostras litteras facultatem».

49 J.H. Sbaralea, Bullarium Franciscanum, Romae 1769, IV, pp. 502 e 533.50 Solo sfruttando la immagine digitale del documento sono stato in grado di leg-

gere più di quanto non avessero potuto i miei predecessori, giacché il documento nonè in buono stato di conservazione. Dall’elenco dei personaggi citati, e dall’incrociodelle loro date di morte, ricavate dall’opera dell’Eubel, si propone qui la nuova data-zione dell’atto. Cfr. K. Eubel, Hierarchia catholica medii aevi, sive Summorum pontificum S.R. E., cardinalium, ecclesiarum antistitum series ab anno 1198 usque ad annum perducta 1431 edocumentis tabularii praesertim Vaticani, collecta, digesta, edita, I, Monasterii 19132.

BONIFACIO VIII E IL TENTATIVO DI ANNESSIONE 487

Page 14: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

consta come Bandino, accompagnato da ventitre vescovi e tre arcive-scovi, avesse già indetto un’indulgenza per quanti avessero visitato eprofuso elemosine per la chiesa di S. Michele, in ricostruzione51.

Per conseguire l’obiettivo che Bonifacio sembra essersi prefissato,era quindi necessario avere dalla propria Firenze e le principali cittàtoscane. Dal canto suo Ildebrandino non era certo restio ad appoggia-re il pontefice in questo progetto, giacché parteggiava per la Parte guel-fa e non era ben visto dagli Aretini, suoi fedeli, di posizione però anco-ra in buona parte antifiorentina, più che ghibellina. Il tutto sarebbe cer-tamente risultato più semplice, per le mire di Bonifacio, se avesse potu-to contare anche sulla nobiltà locale. E Bandino, oltre che vescovo, eraun Guidi, membro di una delle più antiche e potenti famiglie comitalitoscane. Vediamo dunque come Bonifacio tentò di accattivarsi le sim-patie di una schiatta radicata in territorio extraurbano, forse col dise-gno di poggiare proprio su elementi non troppo implicati nella politi-ca cittadina, nella eventuale futura gestione della Tuscia.

Rapporti con una famiglia comitale: i Guidi

Nell’anno giubilare i rapporti tra Bonifacio e i Guidi si intensificaro-no52. Guglielmo Novello, già beneficiato dal papa con la donazione diSoci, ricevette in quel momento il castello di Montevecchio, pertinentealla diocesi di Fossombrone53 e facente parte dei cosiddetti Quattro-castella. Appena dieci giorni dopo, il 14 febbraio 1300, il pontefice risol-se una difficile questione che coinvolgeva diversi membri della famigliaguidinga. Il conte Tegrimo di Modigliana desiderava impalmare Gio-vanna, sua cugina di quarto grado54. Ma proprio a motivo di questaparentela, era impossibilitato a contrarre le nozze, peraltro osteggiate daicugini ghibellini, Manfredi e Guglielmo55 e dal loro nipote, Guido No-

FEDERICO CANACCINI

51 Il documento è edito in F. Canaccini, I Guidi e Bonifacio VIII, in I conti Guidi, traRomagna e Toscana. Atti del convegno, Modigliana-Poppi, 28-31 agosto 2003, cur. F.Canaccini, Firenze 2009, pp. 139-156.

52 Ibid.53 Potthast, Regesta pontificum Romanorum cit., II, n. 24906: «Guillelmo Novello

comiti palatino in Tuscia, familiari suo, castrum Montisvecli Forosinfroviensis dioce-sis committit. Datum Laterano, 4 feb. 1300».

54 Firenze, Archivio di Stato, Protocolli di Giovanni di Buto, II, f. 8r-v.55 Potthast, Regesta pontificum Romanorum cit., II, n. 24911. «Tegrino comiti in Tuscia

488

Page 15: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

vello56. Ebbene Bonifacio VIII risolse di infrangere tale proibizione. Ilmatrimonio venne infatti celebrato il 27 luglio del 1300 proprio nellachiesa di S. Nicola di Soci, recente acquisizione, come abbiamo visto,della famiglia comitale57. La scelta della chiesa di S. Nicola non sarà statamaturata dalla volontà del conte di far rimarcare agli occhi dei sociani,rivelatisi ostili nel 1297, il passaggio di proprietà del borgo casentinese.Per arricchire il quadro, ricordo che in questi stessi mesi un altro matri-monio venne contratto tra membri della nobile casata, col favore e l’ac-comodamento del pontefice: Galetto Guidi, figlio di Guglielmo No-vello, sposò infatti Albencia dei Guidi da Romena58.

Inoltre Bonifacio faceva affidamento sull’aiuto di un altro Guidi, ilconte Guido di Battifolle, per tentare la conquista di Firenze. In rela-zione a tale progetto si potrebbe perciò leggere la concessione di unaprebenda annessa alla cattedrale di Cambrai e poi di un canonicatonella chiesa fiorentina di S. Apollinare al figlio del conte, Roberto,peraltro ancora bambino.

Ad altre famiglie nobiliari furono concessi, o prospettati, numero-si vantaggi. Se si deve prestar fede alle parole di Dino Compagni, testi-mone oculare e attore in prima persona delle vicende di cui si sta par-lando, anche Uguccione della Faggiola, ghibellino podestà d’Arezzonel 1302, era stato «corrotto da vana speranza datali da papa Bonifazio,di fare uno suo figliolo cardinale»59. E di rapporti tra il Faggiolano e ilpapa si ha riscontro anche negli scarni Annali aretini, in cui si legge deisuccessi che il podestà conseguì nella città aretina, proprio grazie alcontributo di papa Caetani60. Furono inoltre sollecitate le principali fa-miglie nobiliari di Firenze e del suo contado, con l’assegnazione di tito-li e ruoli non certo di secondaria importanza. E tutti appartenenti a fa-

palatino ad sedandas discordias inter se ex parte una et Manfredum ac Guiglielmum fra-tres et Guidonem Novellum, nepotem ipsorum, comites in Tuscia palatinos ex alteraortas, concedit ut ducere possit uxorem Johannam sororem Guidonis praedicti, nonobstante quod quarto consanguineitatis gradu invicem se attingant».

56 M. Bicchierai, Il castello di Raggiolo e i Conti Guidi, Arezzo 1994, pp. 26-28.57 Firenze, Archivio di Stato, Protocolli di Giovanni di Buto, II, ff. 23 ss.58 Davidsohn, Forschungen cit., III, pp. 283 ss.; IV, pp. 265 ss.59 D. Compagni, Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi, introduzione e note di G.

Luzzatto, Torino 1968, c. XXVIII.60 Annales Arretini, in L.A. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, XXIV, Mediolani

1738, coll. 855-882. All’anno 1302 si legge infatti: «Uguccio Faggiolanus ivit adBonifacium Papam honorabiliter, ut Potestas Arretii, et facta est pax per DominumBonifacium inter Guibellinos et Guelfos Arretinos».

BONIFACIO VIII E IL TENTATIVO DI ANNESSIONE 489

Page 16: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

miglie di parte Nera e vicine al papa: come i Buondelmonti, già impe-gnati contro i Colonna; e altri benefici furono concessi a un Cavalcanti,peraltro privo dei più banali requisiti per poterli ottenere, quali la mag-giore età e gli ordini ecclesiastici. E ancora favori furono elargiti agliAlberti di Mangona, tra cui una prebenda nella lontana Cambrai61.

Matteo d’Acquasparta e le legazioni fiorentine

Come annotava Levi62, per ottenere la sottomissione della Tusciaera necessaria la sottomissione delle città e, in primo luogo, quella diFirenze. Lo scontro tra la città toscana e il Caetani ebbe inizio nell’apri-le del 1300 quando il Comune condannò i banchieri Simone GherardiSpini, Noffo Quintavalle e Ser Cambio alla pena di 2000 libbre ciascu-no o, altrimenti, al taglio della lingua. I tre banchieri, da sempre legatialla Sede Apostolica, erano accusati di lavorare nell’ombra ai danni delgoverno popolare, a favore dei Magnati, o meglio contro i Cerchi e avantaggio dei Donati. Di fatto il Banco Spini aveva tutto l’interesse afavorire i disegni del suo protettore, il quale contava sull’aiuto dei Nerie, in special modo, su quello dell’estrema fazione dei Donateschi. IlPapa ingiunse al Governo e al Consiglio di ritirare la condanna cheaveva colpito anche il consigliere finanziario del Pontefice, una dellefigure più importanti del mondo degli affari63, facendo pressione suisuoi fiduciari a Firenze64. Alla richiesta del Papa però corrispose ilrifiuto di Firenze. Bonifacio comunque motivava – e questa insubordi-nazione ne era divenuta il pretesto – la rivendicazione sulla Tuscia, ad-ducendo, a detta della Curia, ragioni concrete e legittime65. La vacanzadell’Impero rendeva il Papa, colui che aveva eletto l’Angioino anniprima come Vicario Generale di Toscana, unico signore di questo ter-

FEDERICO CANACCINI

61 Davidsohn, Storia cit., p. 124.62 Levi, Bonifazio VIII e Firenze cit., p. 472.63 Si tratta di Jacopo Caetani, un personaggio che viene invece descritto dai con-

temporanei come un sordido profittatore. Cfr. Davidsohn, Storia cit., pp. 25-26.64 Levi, Bonifazio VIII e Firenze cit., p. 450.65 Misure del genere vanno ovviamente inquadrate nel contesto giurisdizionale

del momento. Esse sembrano addirittura condivise da quanti intendono, nonostantetutto, discuterle. Si veda, ad esempio, il caso di Guglielmo di Nogaret in occasione delprocesso contro la memoria di Bonifacio VIII. Cfr. Digard, Philippe le Bel et le Saint-Siègecit., II, pp. 25-26 e nota 5.

490

Page 17: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

ritorio. Così Bonifacio si espresse, a proposito della Toscana, il 13maggio 1300, in una lettera indirizzata al duca di Sassonia: «revocaread ius et proprietatem Ecclesie memorate, cuius auctoritate, ut premit-titur, in Romanum Imperium noscitur fuisse traslata»66. E poi, da unpunto di vista spirituale, chi, se non il Pontefice, poteva soccorrere laToscana, in preda alla tempesta che, come lui stesso aveva scritto nel1296, attanagliava l’Italia? Toscana che ancora definiva come una terra,nella quale «comites, barones et nobiles, civitates, castra, terre, loca,universitates, cives et incole multum inter se dissident». Nella letterasuccessiva, quella del 15 maggio, Bonifacio forniva, tacitamente, la suarisposta: «Quis eorum peccata corrigeret? Quis malefacta puniret»?

I fatti della sera di Calendimaggio del 1300 concorsero probabil-mente alla nomina a Legato di Matteo d’Acquasparta67. Gli scontri pro-vocati dai Neri, il ferimento di Ricoverino de’ Cerchi e le successiveespulsioni dalla città stabilite dall’allora Consiglio vigente68 furono tra leprincipali motivazioni addotte per la venuta del Legato. Sarebbe interes-sante sapere però quanta unitarietà di intenti vi fosse tra il Papa, i Neri,Matteo e il Valois. Si può supporre che i Neri stessi, incitati da Bo-nifacio, provocassero i disordini in città col fine di creare un clima taleda necessitare l’intervento di un Legato? Magari dietro la promessa diampi spazi nell’amministrazione del Comune, una volta che il Papaavesse preso possesso della città? L’eventuale detronizzazione dei Bian-chi mi sembra in realtà una ricompensa troppo esigua per i Donateschi.

Bonifacio, che mirava sì alla conquista di Firenze, però con un am-pio consenso, alla luce di questi episodi tentò la via della riappacifica-zione tra Cerchi e Donati, convocando in Laterano i due capifazione:Corso e Vieri. Quest’ultimo, secondo il Compagni69, avrebbe rifiutato

66 Cfr. nota 1.67 T. Boespflug, La curie au temps de Boniface VIII, Roma 2005 (Bonifaciana, 1).

Vedi la voce Matheus de Aquasparta, pp. 285-286.68 Stando alla narrazione del Compagni che si dice «uno di quelli» che proposero

il confino, per la parte dei Donati furono confinati a Castel della Pieve, nella MassaTrabaria, Corso e Sinibaldo dei Donati, Rosso e Rossellino della Tosa, Giachinotto ePazzino dei Pazzi, Geri Spini e Porco Ranieri; per i Cerchi furono confinati a SarzanaGentile, Torrigiano e Carbone dei Cerchi, Guido Cavalcanti, Baschiera della Tosa,Baldinaccio Adimari e Naldo Gherardini. A questo fine risulta fondamentale il recen-te contributo di M. Campanelli, Le sentenze contro i Bianchi fiorentini del 1302. Edizione cri-tica, «Bullettino dell’Istituto storico italiano per il medioevo», 108 (2006), pp. 187-377;Compagni, Cronica cit., cap. XXI.

69 «Il Papa […] lo (Vieri) richiese facesse pace con messer Corso; il che non volle

BONIFACIO VIII E IL TENTATIVO DI ANNESSIONE 491

Page 18: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

l’accordo, timoroso dell’ascendente del Donati, che fra l’altro da pocoaveva infranto l’ordine di restare confinato alla Massa Trabaria e si eraportato a Roma. A questo tentativo sembra far seguito la via diploma-tica spettante a Matteo; fallita la quale, sarebbe stato il momento delValois, già comunque allertato in anticipo, considerata la delicatezzadelle operazioni diplomatiche. Il 23 maggio si giunse così alla nominaa Legato del Cardinale d’Acquasparta70, il quale già il 26 si mise in viag-gio, con una fretta inusuale, se paragonata ad esempio alla Legazionedi Pietro da Piperno al momento dei fatti ben più gravi occorsi inFirenze tra il 1295 e il 1296. Subito dopo l’arrivo del Legato in città71,il Governo si premunì di frenare qualsiasi tentativo di intromissionepontificia nella Giustizia, convocando il Consiglio il 13 giugno72. Lareazione dei Bianchi fu infatti consona a quella che non doveva loroapparire come una missione imparziale. Lo stesso Compagni, in quel-l’anno Priore, così scrive nella sua Cronica: «Molto si palesò allora lavolontà del Cardinale, che la pace, che egli cercava, era per abbassarela parte de’ Cerchi e innalzare la parte de’ Donati»73.

Col ricambio dei Priori, tra i quali figurava anche l’Alighieri, siapprovò di concedere la balìa a Matteo. Il potere effettivo concessogliera poca cosa, giacché per l’esecuzione di ogni provvedimento avreb-be dovuto ripassare dai Priori e dai Consigli che avrebbero dovutoriapprovare ciascuna mozione. L’uso delle parole nel documento è na-turalmente quanto mai attento e calibrato. Il notaio Bonsegnore ripor-ta la petitio del Cardinal Legato, il quale, «pro bono statu civitatis Flo-rentie et partis ecclesie», richiese al Comune e al Popolo «potestatem,auctoritatem et bailiam adque auxilium bracchii secularis», poteri cheresteranno al Legato fin quando egli dimorerà a Firenze. L’obiettivodichiarato era quello di concludere riappacificazioni in prima istanzatra magnati, ma anche tra magnati e popolari. L’uso della forza fu con-

FEDERICO CANACCINI

consentire, mostrando non facea contro a Parte Guelfa; il perché da lui fu licenziato epartissi». Compagni, Cronica cit., cap. XXIII.

70 Anagni, 1300 maggio 23. Sbaralea, Bullarium Franciscanum cit., IV, Romae 1765,p. 503; Les Registres de Boniface VIII cit., n. 3892.

71 G. Villani, Nuova Cronica, ed. G. Porta, Parma 1990-1991, IX, cap. 40: «Vi giun-se del seguente mese di Giugno del detto anno 1300». Se è vero che partì il 26, il suoarrivo è da fissarsi entro la prima settimana del mese, escludendo, considerata l’urgen-za del caso, lunghe soste durante il suo percorso.

72 Davidsohn, Forschungen cit., IV, p. 262.73 Compagni, Cronica cit., cap. XXI.

492

Page 19: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

cesso, ma «ubi necessarius fuerit usus potestatis prefate, utetur pote-state ipsa temperate, modeste adque discrete». La puntualità e l’inequi-vocabilità di un testo ufficiale, lasciano qui spazio ad interpretazioni, lepiù svariate. Chi avrebbe stabilito infatti se e quanto fosse temperato ediscreto l’usus potestatis? Qualora la pace non fosse stata praticabile, sisarebbe optato per una tregua con scadenza da fissarsi dopo i tre anni.Esclusi gli assenti, appena sette, a testimoniare l’importanza dellamateria discussa, i novantatre chiamati al voto espressero ottantunovoti favorevoli e dodici contrari, testimonianza comunque di un qual-che screzio interno e di una situazione non del tutto pacifica. Lo stes-so giorno seguì la votazione degli altri consigli, quello Speciale delCapitano, del Popolo e delle Arti, che votarono esprimendo settanta-due voti favorevoli ed uno solo contrario.

Si potrebbe allora supporre che la richiesta della balìa da parte diMatteo sia stata originata al solito da scontri armati che scoppiarono lavigilia del giorno dedicato a san Giovanni. Non si può escludere l’ipote-si che tali reazioni fossero volute dall’Acquasparta, per creare un climadi tensione tale da richiedere il suo intervento. Anche se ciò che ho ipo-tizzato potrebbe apparire antieconomico o improbabile, certo è che ilCardinale seppe subito approfittare della situazione. Dalle urla si passòalle mani e la processione in onore del Battista, divenne una rissa, cuil’Acquasparta dovette assistere in prima persona, trovando in essa il pre-testo per radunare, quattro giorni più tardi, i Consigli e per richiedereloro la Balia e l’uso del braccio secolare per sedare i tumulti. È databilea questi giorni un’ambasciata bolognese per richiedere il rientro deiGuelfi in Gubbio74. Ai messi fece seguito una legazione composta ancheda quattro doctores legis, che si fermarono a Firenze, tentando di aiutare ifiorentini a parare i colpi del Legato. La proposta fatta dal Francescanoal Comune, infatti, non poteva trovare che opposizione. Quasi certa-mente su consiglio dei magnati, egli aveva sostanzialmente proposto dimutare il sistema di votazione ed elezione dei Priori, affermando di volercosì portare una qualche pacificazione75. Ma i membri sarebbero dovutiappartenere ad entrambe le fazioni e certo i Bianchi non avevano alcun

74 Davidsohn, Forschungen cit., III, p. 280. Villani invece la riferisce, postdatando-la al 1301, al «24 di giugno vegnente». Cfr. Villani, Nuova Cronica cit., IX, cap. 44.

75 Riguardo al ruolo dei magnati nella vita politica comunale, in particolar modofiorentina, si legga il lavoro di C. Bertazzo, I magnati nella legislazione comunale.Stratificazione sociale e commisurazione delle pene nell’Italia comunale, Pisa 2010.

BONIFACIO VIII E IL TENTATIVO DI ANNESSIONE 493

Page 20: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

interesse ad accettare una simile spartizione, che li avrebbe privati delprimato cittadino. I Bianchi rifiutarono di presentare tale mozione aiConsigli, impedendo così l’esercizio di quel potere, che era stato da lorostessi affidato al cardinal legato76. Non era infatti pensabile che i Bianchiaccettassero simili condizioni, permettendo così il ritorno dei Neri algoverno. E non è da escludere, ancora una volta, che il Legato voluta-mente inducesse la fazione cerchiesca ad una reazione violenta, ad unasommossa tale da richiedere un intervento più deciso. Così facendo,però, rischiò anche egli in prima persona. In quei giorni, forse il 18 luglio130077, infatti va fatto risalire un attentato fallito contro Matteo chescampò ad un tiro di balestra. Dino Compagni accredita il gesto ad «unodi non molto senno», forse perché disapprovava il metodo da costuiscelto per perseguire la libertà; forse anche per le conseguenze che ciòavrebbe provocato, scatenando lo sdegno del Papa e quello dei Neri, cheavrebbero subito accusato i Bianchi, prendendo le difese del Legato, tra-sferitosi in gran fretta in casa Mozzi, Oltrarno. Non saprei dire se la scel-ta di risiedere presso i Mozzi fosse a questo punto dettata dalla volontàdi sminuire le voci che volevano l’Acquasparta colluso coi Neri, essen-do i Mozzi Bianchi, o, della maggiore sicurezza che le fortificazioni, dicui era dotata la loro dimora, potevano garantire.

I Priori tentarono allora di placare il Legato con denaro. Fu il Com-pagni a porgergli il calice con dentro 2000 fiorini, dicendogli umilmente:«Messere, non li disdegnate perché siano pochi, perché senza i Consiglipalesi non si può dare più moneta». La reazione del francescano, che do-po aver detto che «gli avea cari», li rifiutò, pare dettata da un disegno piùgrande che obbligava e costringeva le passioni di Matteo, impedito quidalla probabile volontà pontificia a non compromettersi coi Bianchi.

Il giorno stesso in cui probabilmente egli si trasferiva dai Mozzi,riceveva anche la Rettoria della Romagna78. Il tono utilizzato nella let-

FEDERICO CANACCINI

76 Abbiamo notizia di tale proposta da una lettera inviata da Bonifacio VIII il 22luglio 1300. Cfr. nota 1.

77 La data non è certa. La si desume però dal fatto che il Legato si trovava il 17 aS. Gimignano (G. V. Coppi, Annali, memorie ed uomini illustri di S. Gimignano, Firenze1695, pp. 69-171). E l’attentato, cui seguì il trasferimento in casa Mozzi, avvenne primadel 19. Cfr. Davidsohn, Forschungen cit., III, p. 282. Si può comunque anche pensareche, visto il clima cittadino, Matteo sia uscito di città e che il suo trasferimento a S.Gimignano sia posteriore all’attentato. Si noti che, come diciamo più avanti, la rispo-sta del Papa partì dalla Curia il 22, una data ovviamente troppo ravvicinata.

78 Les Registres de Boniface VIII cit., doc. 3900, Anagni, 19 luglio 1300: «Committit

494

Page 21: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

tera pontificia contrasta fortemente con la pazienza ed il contegnotenuti fino a quel momento da Matteo79. Le parole, asperrime, controi fiorentini ribelli e contro la loro «inobedientiam, contumeliam et pro-terviam» chiariscono il disegno del papa, contrariato nel suo progetto,offeso personalmente dai rifiuti mostrati al suo Vicario, e quindi a luiin persona, indignato per l’attentato occorso a Matteo, che equivalevaad un attentato alla sua persona. Non aveva dunque tutti i torti ilCompagni ad assegnare «ad uno di poco senno», quel tiro di balestra.La lettera è di quelle senza appello e mira a colpire tutta la classe diri-gente fiorentina, «potestatem, capitaneum, priores, rectores et officia-les», dando a Matteo facoltà di privarli di tutti i poteri. Bonifacio ordi-nava in sostanza di arrestare i dirigenti politici del Comune, servendo-si di tutti i mezzi possibili. Matteo dovette allora appoggiarsi a Lucca,vicina alla Lega, ma ostile a Firenze per la supremazia che questa avevaimposto a Pistoia. I Bianchi, dopo aver valutato l’impossibilità di un’al-leanza con una città toscana, si risolsero di chiedere ausilio a Bologna,assicuratisi l’appoggio di Pistoia e del passo verso l’Appennino. Sienainfatti era fedele a Bonifacio ed impegnata nella guerra Aldobrandesca;colludersi con Pisa e Arezzo, ghibelline, sarebbe stato fin troppo facil-mente strumentalizzabile dai Neri contro di loro80.

Matteo fece al solito perno sulle debolezze dei Bianchi, impegnatia gestire i difficili rapporti coi Neri. Non sembri troppo azzardato allo-ra ipotizzare che quei prigionieri pistoiesi che furono liberati dai Bian-chi per la festa di san Giovanni e che poi si ribellarono a Vinci, sianoforse stati istigati dall’Acquasparta, il quale richiederà aiuti militari pro-prio a Lucca per sedare i disordini che andavano estendendosi. Il Com-pagni lascia intendere addirittura che i Lucchesi avrebbero aperto leporte di Firenze alle milizie del Vicario papale. Sventato tale rischio, ilComune si affrettò a stipulare un’alleanza con Bologna, dichiarandola,sfrontatamente, sottoscritta «ad honorem, laudem et reverentiam pape[…] ad bonum et pacificum statum civitatum Bononiae et Florentiae».Si sperava forse di placare il Papa e il suo Legato con simili blandiziedopo aver sperimentato la durezza di Bonifacio nella lettera del 22

rectoriam Romaniolae, civitatis et diocesis Bononiensium, atque comitatusBrittenorii».

79 Ibid., doc. 3899, Anagni, 22 luglio 1300: «Ut possit procedere contraFlorentinos sibi et Apostolicae Sedi rebelles».

80 Davidsohn, Storia cit., pp. 181-182.

BONIFACIO VIII E IL TENTATIVO DI ANNESSIONE 495

Page 22: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

luglio Era chiaro che l’alleanza con Bologna serviva ad ostacolare i pro-getti pontifici, considerato anche il fatto che Matteo aveva ottenuto larettoria di Bologna e della Romagna.

Matteo in agosto tentò forse di far dimenticare l’infelice tentativodi usare la forza, occupandosi di questioni di altro genere, specie diambito religioso. Tra tutte, ai fini di questa ipotesi, segnalo quella con-cernente la conferma della tesoreria del Duomo, questione trascinata-si per anni al punto che «in Romana curia litigatum [est] et adhuc liti-gium pendet ibidem»81. Mi sembra di poter affermare che Bonifacio eMatteo avessero tutto l’interesse a confermare quale tesoriere il Ma-chiavelli, un partigiano Nero, anche se, a leggere le pesanti accuse mos-segli dai restanti membri del Capitolo, non ne fosse proprio meritevo-le82. Ciononostante Matteo, con la ratifica di altri prestigiosi testes, con-fermò Angelus de Malcalvellis quale tesoriere del Duomo, come constada tre documenti conservati all’Archivio Capitolare di Firenze83.

Matteo avrà atteso certamente il ricambio dei Priori il 15 agosto,sperando di ottenere qualcosa in più dai nuovi nominati. Ma cederealle richieste dell’Acquasparta a riguardo della condanna di Lapo Salte-relli e di quanti avevano condannato i banchieri pontifici, corrisponde-va in sostanza a cedere la libertà del Comune nelle mani di Bonifacio.Svanita anche questa possibilità, Matteo scomunicò la città fiorentina,facendo leva su alcune voci che si erano diffuse, a detta del Comune,«per malivolos quosdam», relative ad alcuni statuti che avrebbero osta-colato l’esercizio di Matteo quale inquisitore84. Resterebbe da verifica-re, se ve ne fosse la possibilità, l’esistenza, negata dai Fiorentini e stru-

FEDERICO CANACCINI

81 Firenze, Archivio Capitolare, Doc. Lomb. 649: Firenze, 7 agosto 1300.82 Giovanni de’ Machiavelli «qui fingit se thesaurarium in ecclesia fiorentina»

viene accusato dai restanti membri del Capitolo quale «publice diffamatus de vitio for-nicationis», in primo luogo in quanto intratteneva connivenza con «Sibilia quondamfamula sua, quam pro amasia sua publice retinebat, ex qua per coitum fornicariumhabuerat et haduc habet filiam nomine Andreolam». Inoltre gli venivano contestatenumerose violenze perpetrate ai danni di «pluribus sanctis monialibus femininis», mail Machiavelli era anche accusato di peccati «contra naturam». Oltre a peccati legatiall’incontinentia carnis, gli veniva mossa l’accusa di omicidio in quanto, stando alle testi-monianze contro di lui, avrebbe partecipato assieme ad altri all’omicidio di tal Iunta,detto Imbracta.

83 I documenti sono ora pubblicati uno in Canaccini, I Guidi e Bonifacio VIII cit.,p. 155 e i restanti in Canaccini, Matteo d’Acquasparta tra Dante e Bonifacio VIII cit.,docc. 7, 11.

84 Firenze, Archivio di Stato, Provvisioni: Firenze, 3 ottobre 1300.

496

Page 23: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

mentalizzata dall’Acquasparta, di simili rubriche negli Statuti, motivodella scomunica, fulminata il 28 o il 29 di settembre. Dopo di ciò ilVicario uscì dalla città per recarsi a Bologna85.

Tolomeo da Lucca sembra motivare la venuta di Carlo di Valoisper ascendenti celesti, riferendo di una cometa che avrebbe appuntosignificato la discesa del fratello del re di Francia86. La realtà dei fattinon è certamente vincolata ai moti celesti: fosse solo per il fatto che ladiscesa del Valois era stata prevista da Bonifacio già per il febbraio del130187. È interessante segnalare come Bonifacio, mentre Matteo rag-giungeva Bologna88, alludesse in un suo breve ad una spedizione in aiu-to del re Carlo di Napoli. Se ciò sia da mettere in relazione con il falli-mento della spedizione dell’Acquasparta, non è dato sapere, ma pos-siamo supporre che Matteo avrà informato il pontefice degli insucces-si fiorentini. La strategia sembra quindi iniziare a seguire l’extrema ratio.Non essendo riuscito per via diplomatica, il Caetani non aveva certoscartato l’ipotesi di prendere la Tuscia con la forza.

In una Provvisione si legge come i Fiorentini si affrettarono a por-re rimedio alla scomunica motivata, come abbiamo visto, da una og-gettiva difficoltà del Cardinale nella sua funzione di inquisitore. Il Co-mune fiorentino propose di cancellare qualsiasi articolo che andassecontro il potere dell’inquisizione, o ledesse in alcun modo la libertà ec-clesiastica, per non favorire la diffusione di scismi o eresie. E per sotto-lineare la propria estraneità a quello che sembrava essere stato un com-plotto, offrì la totale disponibilità a far riesaminare gli Statuti e a far cas-sare qualsivoglia articolo considerato, o considerabile, contrario all’au-torità della Sede Apostolica. Noi non abbiamo più la possibilità di esa-minare questa documentazione che è andata, purtroppo, perduta.

L’Acquasparta frattanto si trattenne a Bologna ed assegnò al fidatoIldebrandino Guidi il compito di sistemare la Badia fiorentina affidan-done a frati, scelti e nominati da Matteo stesso, la sua amministrazione:

85 Davidsohn, Storia cit., p. 186; Davidsohn, Forschungen cit., IV, pp. 542-544.86 Ptolomei Lucensis Annales, in L.A. Muratori, R.I.S., XI, Mediolani 1727, pp. 1243-

1306: «Eodem anno, in Septembri, apparuit Cometa in Occidente, in signo Scorpionis,quae est domus Martis, qui aliquando emittebat comam ad Orientem. Et hoc fuit postadventum Domini Caroli Fratris Regis Franciae in Thusciam, et duravit per mensem».

87 Davidsohn, Storia cit., IV, p. 192.88 Annales Forolivienses ab origine usque ad annum MCCCCLXXIII, ed. G. Mazzatinti,

in R.I.S.2, 22/2, Città di Castello 1902, p. 58: «Venit ad civitatem Bononiae, ubi stetitpluribus diebus».

BONIFACIO VIII E IL TENTATIVO DI ANNESSIONE 497

Page 24: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

un altro «insediamento di coloni bonifaciani» nella Firenze Bianca. Con-temporaneamente partiva per Roma una nutrita legazione di ambasciatoritoscani e bolognesi per chiedere udienza al pontefice. Il papa li ricevettel’11 settembre. Ci è giunta la dettagliata descrizione di Dino Compagnidell’udienza loro data presso gli appartamenti del Laterano89. Al lororitorno i messi fiorentini sembravano speranzosi, anche perchè Bonifacioaveva sospeso temporaneamente l’interdetto, per poter far riprendere lefunzioni religiose90. La larga magnanimità di papa Caetani nascondevainvece la ferma intenzione di acquisire la Toscana e ciò fu dichiarato,ormai palesemente, pochi giorni dopo, allorché il 30 novembre il papaemanò dal Laterano il manifesto che riguardava, oltre alla conquista dellaSicilia, anche la sottomissione della Tuscia. E per conseguire l’obiettivo,Bonifacio aggiunse ad hoc una decima in modo da raggiungere la cifra di100.000 marchi d’argento per favorire il Valois91. Nelle settimane succes-sive Matteo si comportò nei confronti della Romagna in maniera quantomai benevola e condiscendente, quasi a dimostrare ai fiorentini come, incondizioni di serenità e collaborazione reciproca, fosse possibile con-seguire risultati apprezzabili. E come, non per sua volontà, ma a causadella renitenza di Firenze, fosse stata necessaria la scomunica. Insomma,Matteo riusciva a stipulare pacem et concordiam presso i ghibellini romagno-li e non riusciva ad ottenere ciò che avrebbe desiderato presso i guelfifiorentini, fedeli e zelanti alleati pontifici? Tutto ciò doveva dimostrareancor più come fosse volontà di questi ultimi non ottemperare ai voleridel papa e dei suoi legati, dinnanzi ai quali si erano chinati persino i ghi-bellini. Sui mesi seguenti, quelli in cui Carlo di Valois entrò in Firenze sca-tenando la violenza dei Neri e dei Donati, mi soffermo appena. Infatti,nonostante si tratti dell’epigono di questo percorso, si tratta di unepigono in parte scontato. L’ingresso del Valois era stato concertato epreventivato assai prima da Bonifacio, nella (forse ovvia) eventualità di unrifiuto fiorentino alle richieste pontificie.

Mi sembra singolare che dal momento in cui il Valois entrò inFirenze (1 novembre 1301) alla nuova nomina dell’Acquasparta (2 di-cembre 1301), stavolta trascorra un mese, nonostante la celerità auspi-cata da Bonifacio. E come dopo tale nomina passino altre due settima-ne prima che Matteo rientri in Firenze (15 dicembre 1301), oramai

FEDERICO CANACCINI

89 Compagni, Cronica cit., I, cap. 22.90 Davidsohn, Forschungen cit., II, reg. 1937.91 H. Finke, Aus den Tagen Bonifaz VIII., Münster 1902, docc. XXI e XXXI.

498

Page 25: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

dilaniata dalle lotte di fazione, come riassume il Villani: «E durò que-sta pestilenza in città per cinque dì continui, con grande ruina dellaterra»92. Benché il Valois avesse riordinato la cosa pubblica, dopo averlasciato ampio spazio alle vendette dei Neri, la situazione non era affat-to pacificata. Forse per questo Matteo procrastinò la sua partenza. Mail progetto di soggezione procedette comunque e la nomina del nuovopresule fiorentino, Lottieri della Tosa, già presule faentino e natural-mente Nero, conferma questo progetto. Nonostante lo stato di poliziaimposto dal Paciaro francese, la città fu macchiata da altri omicidi poli-tici, tra cui spicca quello perpetrato da Simone Donati, figlio di Corso,ai danni di Nicolò Cerchi. Entrambi morirono nella zuffa e Matteotentò una nuova pacificazione tramite alcuni matrimoni, verso la finedell’anno. Erra quindi il Villani ad ascrivere la partenza di Matteo daFirenze prima di questi fatti che, a mio parere, motivarono proprio lasua definitiva partenza da Firenze da porre verso la fine del dicembre.Stavolta però l’impossibilità di «racconciar le parti» fu motivata non daiBianchi, bensì dai Neri, affatto interessati a spartire il potere appenariacquistato con l’odiata fazione rivale. A questo si aggiunga la reniten-za di Pistoia, intimorita dal nuovo regime fiorentino e dalle trame delfrancescano: pur convocati, i Pistoiesi, già colpiti da una multa pecu-niaria imposta dal Valois, non si presentarono al Vicario, venendo per-ciò stesso scomunicati. Pistoia, secondo il Davidsohn, fu dunque unmezzo di cui si servirono i Neri per impedire la pace che avrebbe limi-tato il potere da loro recentemente conquistato93. Su di essa, infatti,puntarono entrambe le parti in causa: il Valois che si era presentatocome novello pacificatore di Firenze e che tentò di far rientrare inPistoia i Neri; Matteo, che, dal canto suo, dovette prospettare a questiil ritorno in Pistoia, in cambio della cessione di parte del governo aiBianchi. In entrambi i casi i progetti fallirono e l’Acquasparta rimasein Toscana sino al 28 febbraio, più per accompagnare il nuovo presulefiorentino all’insediamento che per sperare di ottenere qualche impro-babile successo diplomatico. Il 26 febbraio infatti ottenne ben 1100fiorini come ringraziamento da parte di quei Neri, che gli avevanoimpedito di ratificare la Pace che lui, forse, avrebbe voluto.

92 Villani, Nuova Cronica cit., IX, cap. 49.93 Davidsohn, Storia cit., p. 270.

BONIFACIO VIII E IL TENTATIVO DI ANNESSIONE 499

Page 26: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

Dall’analisi dei documenti utilizzati è emerso un quadro che confer-ma le mire espansionistiche di Bonifacio in Tuscia. Come aveva già nota-to Levi, «Bonifazio VIII non potrà mai apparire diverso da quello che icontemporanei, anche i meno ostili a lui e alle sue idee, l’hanno giudica-to»94. Egli prosegue affermando che, dai documenti conservati, la suafigura, proprio in relazione a Firenze, assumerà «contorni più dignitosi;se chi è mosso da un’alta ambizione, sia pure immoderata, val meglio, oalmanco merita minor biasimo, di chi opera per sentimento di odio o divendetta o, peggio, si fa istrumento dell’odio e della vendetta altrui». Dicerto il progetto di annettere Firenze e di conseguenza la Toscana, nonera una vendetta, ma rientrava in un grandioso disegno di respiro euro-peo, in linea con quanto avevano tracciato i pontefici suoi predecessorie che solo ora, Bonifacio ritenne di poter tentare: questo però senza dareforse il peso necessario alle mutate condizioni politiche del momento. Diqueste nuove condizioni, Firenze sembra incarnare il simbolo. La risolu-tezza che spinse la città toscana a emanciparsi dalle intromissioni del pa-pa, in ambito giurisdizionale, mi è sembrata, nonostante la sconfitta deiBianchi, in sintonia con un clima di indipendenza civile e politica chesfocerà, qualche anno più tardi, nel confronto tra il re di Francia e papaCaetani. Se vogliamo accreditare a Benedetto Caetani l’ardimento dipuntare a progetti ambiziosi, certo quello di annettere la Toscana alloStato della Chiesa non può non rientrare in questa linea. E le modalitàcon cui tentò di conseguire tale disegno sembrano essere state, da quan-to emerso, anche spregiudicate. Ma il suo progetto, «cioè la costituzionedi uno Stato regionale territorialmente omogeneo, andava nella direzio-ne, allora del tutto “moderna”, che avrebbe condotto, di lì ad alcuni de-cenni, alla formazione delle Signorie in Italia»95. L’intervento di Matteod’Acquasparta resta sì di primaria importanza, ma, considerato il fattoche il papa aveva per un verso tentato di indurre a buoni consigli leinsofferenze fiorentine e per l’altro aveva preso comunque contatto conCarlo di Valois, lusingandone le ambizioni, non è del tutto improvvidopensare che Bonifacio finisse per confidare più su queste ultime che nonsull’opera, peraltro impervia, del Cardinale96.

94 Levi, Bonifazio VIII e Firenze cit., p. 371.95 Così Marco Bartoli nella sua prefazione a Canaccini, Matteo d’Acquasparta cit., p. 10.96 Digard, Philippe le Bel cit., p. 376: «Ainsi que nous l’avons vu, dès 1296, après le

depart de Jean de Chalon-Arlay, Boniface VIII avait demandé à Philippe le Bel d’en-voyer Charles de Valois en Italie ».

FEDERICO CANACCINI500

Page 27: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e

La mia ricostruzione si è potuta appoggiare su tutta una serie dicongiunture stranamente legate agli scopi ultimi che ho ipoteticamen-te attribuito al Caetani. Si rifletta sulla scelta dei personaggi beneficia-ti dal papa e su quelli vicini a Matteo, tutti legati al patriziato locale, cheo per un verso o l’altro avevano ricevuto benefici dal papa, cui per ne-cessità di cose dovevano perciò restare conniventi. Si ripensi alla seriedi ingiunzioni improponibili rivolte, quasi impudentemente, da Matteoai Bianchi e alle ovvie renitenze dei destinatari, perciò stesso facilmen-te imputabili di insofferenza nei confronti dell’autorità pontificia. Siconcluda col rammentare la serie di incidenti occorsi lungo il periododi Legazione, non ultima la diffusione «per malivolos quosdam» delladiceria circa il controllo anomalo dei poteri inquisitoriali: motivazioneaddotta in definitiva dall’Acquasparta per lanciare la scomunica. Nondovrebbe essere allora del tutto fuor di luogo supporre che Bonifaciodesse già per buona l’impossibilità di ridurre all’obbedienza la turbo-lenta Firenze. Se tentava la via diplomatica, affidandone le minute stra-tegie a Matteo, era forse proprio perché contava di strumentalizzarequelle stesse turbolenze che il suo Legato era stato chiamato a com-porre97.

(Univ. Telematica Internazionale Uninettuno) FEDERICO CANACCINI

97 Non ci si dovrà stupire di un Bonifacio tratteggiato quasi come un precursoredel Machiavelli. Leggendo il brano di Pierre du Bois, qui di seguito trascritto, non sem-bra infatti un azzardo il supporlo: «Si quis opponat Lombardos tantum habere populumcum fortaliciis quod jam pridem imperatores et reges Alemannie non potuerunt eos sibisubjugare nisi per modum talem: quidam subtilis imperator, desiderans eos in brevi tem-pore subjugare, videns quod in qualibet civitate erant due partes sibi invicem adversan-tes, mandavit successive et secrete alteram, quam magis noverat seu quam forciorem essecredebat, cujuslibet civitatis partem, faciens cum ea confederacionem ob destruendampartem in eis adversam, simulans et tacens suum propositum super utraque parte impe-rio suo subjuganda; et sic, cum magno exercitu veniens ad terram illam, sine obsidionelonga habuit facilem ingressum per partem suam, quam guibelinorum appellavit, in qua-libet civitate pars altera, pape convocans auxilium, se partem Ecclesie fovere dicebat,cujus partis actores guerphas appellavit, dicens adversarios, qui domino et principi suoadversabantur peccando mortaliter, Ecclesie fore filios, et per hanc occasionem impera-tor utramque partem sibi subjugavit». (Pierre Dubois, Summaria brevis et compendiosa doctri-na felicis expedicionis et abreviationis guerrarum ac litium regni Francorum, Paris, Bibl. Nat., Lat.6222 c., f. 8v). Cfr. Digard, Philippe le Bel cit., I, p. 5 nota 1.

BONIFACIO VIII E IL TENTATIVO DI ANNESSIONE 501

Page 28: Federico Canaccini Bonifacio VIII e il tentativo di ...rm.univr.it/biblioteca/scaffale/Download/Autori_C/RM-Canaccini-Bonifacio.pdf · 1 Per i documenti citati, ora pubblicati, e