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L’anno della morte di Pietro II di Alessandria di Federico Fatti Della data di morte di Pietro II di Alessandria conosciamo con certezza assoluta il giorno e il mese. Gli Excerpta latina Barbari – e, più tardi, la Storia dei patriarchi e il Sinassario arabo- giacobita della Chiesa copta – attestano infatti che egli obiit in Alexandria Mechir vicensimo, vale a dire il 14 di febbraio 1 . Molto meno certo è invece l’anno. Gli Excerpta rubricano l’episodio nel 378, cifra certamente erronea nonostante la testimonianza, apparentemente concorde, di Socrate 2 . Salvo rare eccezioni, tradizionalmente si pensa piuttosto al 380 3 . Io vorrei contribuire ad avvalorare l’affermazione di quanti sostengono che il vescovo morì nel 381. Per farlo, debbo introdurre un personaggio la cui vicenda, se non sbaglio, non è mai stata tenuta presente per chiarire la questione qui discussa: intendo dire Massimo il Cinico 4 . Emerso all’improvviso da un passato poco chiaro, Massimo entra di prepotenza nella storia allorché il suo cammino incrocia quello del ben più noto Gregorio Nazianzeno: il luogo è Costantinopoli; il tempo, il biennio successivo all’incoronazione di Teodosio ad Augusto d’Oriente, avvenuta a Sirmio il 19 gennaio 379. Subito prima o subito dopo questa nomina, si ritiene che il Nazianzeno si sia trasferito dalla Cappadocia a Costantinopoli, con lo scopo di prendere le redini della locale comunità di osservanza nicena e di concorrere al ruolo di preferito del nuovo principe per il posto, strategicamente cruciale, di vescovo della Nuova Roma 5 . Con 1 Cf. Excerpta ex Barbaro Scaligeri Frick nr. 313 (MGH IX, AA, p. 297): eo anno Petrus episcopus Alexandrinus obiit in Alexandria et sedit pro eo Timotheus frater eius annos V, Mechir vicensimo; R. BASSET (ed.), Synaxaire arabe jacobite (rédaction copte): Les mois de Toubeh et de Amchir [dic./gen., gen./feb.], PO 11/3, 835; R. EVETTS (ed.), History of the Patriarchs of the Coptic Church of Alexandria, PO 1, 424, con V. GRUMEL, La chronologie, Paris 1958, 167. 2 Lo storico (h.e. IV, 37, 3) sostiene in effetti che Pietro, esiliato dagli ariani immediatamente dopo la sua intronizzazione, seguita alla morte di Atanasio, sarebbe morto non molto più tardi il suo rientro ad Alessandria: ὀλίγον ἐπιβιοὺς χρόνον. Ora, il suo ritorno ebbe luogo poco prima che l’imperatore Valente lasciasse Antiochia per la Tracia, tra la fine di aprile e gli inizi di maggio del 378 (cf. T. BARNES, e Collapse of the Homoeans in the East , in E.A. LIVINGSTONE (ed.), Studia Patristica 29, Leuven 1997, 3-16, partic. pp. 4-5; e ora N. LENSKI, Failure of Empire: Valens and the Roman State in the Fourth Century A.D. , Berkeley – Los Angeles 2002, 261 e n. 294, con fonti); circostanza che parrebbe corroborare la notizia di Barbaro. Vd. tuttavia infra in fine. 3 Si veda. a titolo di esempio Storia del cristianesimo 2. La nascita di una cristianità (250-430), a c. di Ch. e L. PIETRI, edizione italiana a c. di A. DI BERARDINO, Roma 2000 (ed. orig. 1995), 926: «Pietro II 373 -380». 4 Su cui F. FATTI, Il cane e il poeta: Gregorio Nazianzeno e Massimo il Cinico (su Greg. Naz. carmm. II,1,39 e II,1,40), in Motivi e forme della poesia cristiana antica tra Scrittura e tradizione classica. XXXVI Incontro di studiosi dell’antichità cristiana, Roma, 3-5 maggio 2007, Roma 2008, 303 -317, cui va aggiunto almeno R.M. ERRINGTON, Church and State in the First Years of eodosius I, Chiron 27 (1997) 21-72, partic. pp. 38, 67-72. 5 In tal senso P. GALLAY, La vie de Saint Grégoire de Nazianze, Lyon 1943 , 133 -136. Ma la sola fonte che ci parli di questo trasferimento, Gregorio stesso, è avara di dettagli. Se fosse vero, come abitualmente si crede, che Basilio di Cesarea diede la sua approvazione all’iniziativa (così già X. HÜRTH, De Gregorii Nazianzeni orationibus funebribus , Argentorati 1907, 60 n. 1, sulla base di Gr. Naz. or. 43,2,22-24), potremmo forse anticipare l’episodio di qualche mese, sistemandolo poco prima o poco dopo la morte del

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L’anno della morte di Pietro II di Alessandria

di Federico Fatti

Della data di morte di Pietro II di Alessandria conosciamo con certezza assoluta il giorno e il mese. Gli Excerpta latina Barbari – e, più tardi, la Storia dei patriarchi e il Sinassario arabo-giacobita della Chiesa copta – attestano infatti che egli obiit in Alexandria Mechir vicensimo, vale a dire il 14 di febbraio1. Molto meno certo è invece l’anno. Gli Excerpta rubricano l’episodio nel 378, cifra certamente erronea nonostante la testimonianza, apparentemente concorde, di Socrate2. Salvo rare eccezioni, tradizionalmente si pensa piuttosto al 3803. Io vorrei contribuire ad avvalorare l’affermazione di quanti sostengono che il vescovo morì nel 381. Per farlo, debbo introdurre un personaggio la cui vicenda, se non sbaglio, non è mai stata tenuta presente per chiarire la questione qui discussa: intendo dire Massimo il Cinico4. Emerso all’improvviso da un passato poco chiaro, Massimo entra di prepotenza nella storia allorché il suo cammino incrocia quello del ben più noto Gregorio Nazianzeno: il luogo è Costantinopoli; il tempo, il biennio successivo all’incoronazione di Teodosio ad Augusto d’Oriente, avvenuta a Sirmio il 19 gennaio 379. Subito prima o subito dopo questa nomina, si ritiene che il Nazianzeno si sia trasferito dalla Cappadocia a Costantinopoli, con lo scopo di prendere le redini della locale comunità di osservanza nicena e di concorrere al ruolo di preferito del nuovo principe per il posto, strategicamente cruciale, di vescovo della Nuova Roma5. Con

1 Cf. Excerpta ex Barbaro Scaligeri Frick nr. 313 (MGH IX, AA, p. 297): eo anno Petrus episcopus Alexandrinus obiit in Alexandria et sedit pro eo Timotheus frater eius annos V, Mechir vicensimo; R. BASSET (ed.), Synaxaire arabe jacobite (rédaction copte): Les mois de Toubeh et de Amchir [dic./gen., gen./feb.], PO 11/3, 835; R. EVETTS (ed.), History of the Patriarchs of the Coptic Church of Alexandria, PO 1, 424, con V. GRUMEL, La chronologie, Paris 1958, 167. 2 Lo storico (h.e. IV, 37, 3) sostiene in effetti che Pietro, esiliato dagli ariani immediatamente dopo la sua intronizzazione, seguita alla morte di Atanasio, sarebbe morto non molto più tardi il suo rientro ad Alessandria: ὀλίγον ἐπιβιοὺς χρόνον. Ora, il suo ritorno ebbe luogo poco prima che l’imperatore Valente lasciasse Antiochia per la Tracia, tra la fine di aprile e gli inizi di maggio del 378 (cf. T. BARNES, e Collapse of the Homoeans in the East, in E.A. LIVINGSTONE (ed.), Studia Patristica 29, Leuven 1997, 3-16, partic. pp. 4-5; e ora N. LENSKI, Failure of Empire: Valens and the Roman State in the Fourth Century A.D., Berkeley – Los Angeles 2002, 261 e n. 294, con fonti); circostanza che parrebbe corroborare la notizia di Barbaro. Vd. tuttavia infra in fine. 3 Si veda. a titolo di esempio Storia del cristianesimo 2. La nascita di una cristianità (250-430), a c. di Ch. e L. PIETRI, edizione italiana a c. di A. DI BERARDINO, Roma 2000 (ed. orig. 1995), 926: «Pietro II 373-380». 4 Su cui F. FATTI, Il cane e il poeta: Gregorio Nazianzeno e Massimo il Cinico (su Greg. Naz. carmm. II,1,39 e II,1,40), in Motivi e forme della poesia cristiana antica tra Scrittura e tradizione classica. XXXVI Incontro di studiosi dell’antichità cristiana, Roma, 3-5 maggio 2007, Roma 2008, 303-317, cui va aggiunto almeno R.M. ERRINGTON, Church and State in the First Years of eodosius I, Chiron 27 (1997) 21-72, partic. pp. 38, 67-72. 5 In tal senso P. GALLAY, La vie de Saint Grégoire de Nazianze, Lyon 1943, 133-136. Ma la sola fonte che ci parli di questo trasferimento, Gregorio stesso, è avara di dettagli. Se fosse vero, come abitualmente si crede, che Basilio di Cesarea diede la sua approvazione all’iniziativa (così già X. HÜRTH, De Gregorii Nazianzeni orationibus funebribus, Argentorati 1907, 60 n. 1, sulla base di Gr. Naz. or. 43,2,22-24), potremmo forse anticipare l’episodio di qualche mese, sistemandolo poco prima o poco dopo la morte del

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certezza, vi rimase fino al 31 maggio 381, data di redazione del suo Testamento6. Probabilmente, fino alla fine di giugno7. Al piano di Gregorio si sa che arrise il successo, ma non senza difficoltà. Entrato a Costantinopoli il 24 novembre 380, Teodosio in persona ne ordinò infatti l’intronizzazione, che tuttavia fu celebrata, tre giorni più tardi, nel corso di una cerimonia che per poco non fu un bagno di sangue. A costringere i soldati della guardia imperiale a sguainare le spade furono, nell’occasione, i fedeli del legittimo titolare del seggio della capitale Demofilo, il quale, declinato l’invito del principe ad accettare la nuova linea politico-dottrinale voluta dalla corte, era stato invitato a radunare i suoi fedeli fuori città8. Ma Demofilo non fu il solo a restare deluso dall’esito della competizione per la conquista del favore imperiale. Un altro ve ne fu, per il quale la sconfitta non fu meno cocente. Salpato da Alessandria – a quanto pare, in qualità di emissario proprio di Pietro – Massimo sbarcò a Costantinopoli in una data sconosciuta, ma che presuppone la presenza, nella capitale, del Nazianzeno, e che è certamente anteriore all’adventus costantinopolitano del nuovo imperatore9. Quindi si presentò a Gregorio, offrendo, dapprima, sostegno e collaborazione. Poi, però, lo tradì: anticipando il Cappadoce sul tempo, senza aspettare l’arrivo del principe si fece infatti consacrare lui, a sorpresa, vescovo di Costantinopoli, con la collaborazione di un drappello di vescovi egiziani inviati all’uopo da Pietro10, in modo che, al suo ingresso in città, Teodosio avesse un uomo di fiducia già pronto da sostituire a Demofilo. Il Cinico, però, aveva fatto male i suoi conti. Aggredito dai seguaci sia del Nazianzeno che di Demofilo già al momento della consacrazione, egli ebbe subito vita difficile nella Nuova Roma, che, perciò, si vide costretto ben presto ad abbandonare. A quel punto, fece due mosse di estrema importanza ai fini della questione che ci siamo posta: anzitutto, decise di recarsi dall’imperatore a Tessalonica, «per assicurarsi la cattedra con un decreto imperiale»11; fallito questo tentativo, si risolse allora a tornare là dove tutto era cominciato, cercando soddisfazione presso colui che il Nazianzeno considerava il vero regista di tutta l’operazione: appunto il vescovo di Alessandria12. È possibile stabilire quando Massimo compì questi spostamenti? Se riuscissimo a farlo, è infatti evidente che avremmo un sicuro terminus post quem per la morte di Pietro, che di certo era ancora vivo quando il Cinico si recò da lui per avere giustizia. Sfortunatamente, però, rispondere ad una simile domanda è meno facile di quanto possa sembrare. Nell’opaca cronologia

metropolita cappadoce, ora datata al settembre 378 (cf. P. MARAVAL, Retour sur quelques dates concernant Basile de Césarée et Grégoire de Nysse, RHE 99 (2004) 153-157; e inoltre BARNES, e Collapse, 6-13). 6 Cf. GALLAY, La vie, 136 n. 2; 205 e n. 1; e ora J. BEAUCAMP, Le testament de Grégoire de Nazianze, in L. BURGMANN (hrsg.), Forschungen zur Byzantinischen Rechtsgeschichte, Band 22. Fontes Minores X, Frankfurt am Main 1998, 1-100, partic. pp. 77-80. 7 Prima cioè del 9 luglio 381, data di conclusione del Concilio di Costantinopoli, nel corso del quale Gregorio diede le sue dimissioni da vescovo della capitale, facendo ritorno in patria: cf. GALLAY, La vie, 211 e n. 4. 8 Intronizzazione: Gr. Naz. carm. II,1,11 De vita sua, vv. 1278-80; 1305-95 Jungck. Dell’offerta fatta dal principe a Demofilo parla invece Socr. H.E. V,6,4-7. 9 La circostanza si deduce dal fatto che, quando Massimo si appellò a Teodosio per ottenerne l’appoggio, il principe si trovava ancora a Tessalonica: cf. infra n. 11. Sulle ragioni della presenza dell’alessandrino nella capitale, FATTI, Il cane e il poeta, 304-305 e nn. 4-6. 10 Così Gr. Naz. carm. II,1,11 De vita sua, vv. 844-847.851.858.887-895. 11 Gr. Naz. carm. II,1,11 De vita sua, vv. 1007-8. 12 Cf. Gr. Naz. carm. II,1,11 De vita sua, vv. 1013-24; Ambr. Ep. extra coll. 9 Zelzer [13 Maur.], 3.

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massimiana, l’unica certezza è rappresentata dal fatto che il suo appello al principe precedette il suo ritorno in Egitto. Ora, Teodosio è attestato a Tessalonica, la prima volta dopo la sua incoronazione, il 17 giugno 379. Il 6 luglio, però, ha già lasciato la città per Scopiae. Non vi farà ritorno prima del 15 gennaio 380, restandovi dopo di allora ininterrottamente fino al 14 di luglio, e poi di nuovo dal 20 settembre al 16 novembre13. Dunque delle due l’una: o Massimo tentò di far valere le sue ragioni a corte tra la metà di giugno e l’inizio di luglio 379, oppure l’anno dopo, tra il 15 gennaio e il 14 luglio ovvero tra il 20 settembre e il 16 novembre. Tra le due alternative, la prima ha pochissime probabilità. È vero infatti che, nel corso del suo primo soggiorno a Tessalonica, Teodosio ebbe il tempo di ascoltare una serie di postulanti14; ed è vero pure che, quando il Nazianzeno definisce la Tessalonica ove il Cinico si recò come la città che il principe aveva scelto «quale base da cui muovere, alle tribù dei barbari male arrecando»15, le sue parole – chiara allusione alla progettata compagna contro i Goti – possono riferirsi tanto al 379 che al 38016. È tuttavia scarsamente verosimile che Massimo sia riuscito a farsi consacrare nella prima metà del 379, avendo così il tempo di perorare la propria causa presso l’imperatore già nel giugno di quell’anno. Lasciando stare il resto17, una considerazione soprattutto si oppone ad una eventualità del genere, e cioè che non ha senso, un simile atto, a così breve distanza dall’elezione di Teodosio avvenuta in gennaio, quando nessun pronunciamento ufficiale della corte consentiva di sapere quali sarebbero stati i partners ecclesiastici che il principe avrebbe scelto come interlocutori. Tale indicazione, com’è noto, venne effettivamente, ma solo al principio del 380, col celebre Editto di Tessalonica, emanato il 28 febbraio di quell’anno. Orbene, questo editto è appena il caso di ricordare quali interlocutori indicò: coloro la cui fede fosse stata la stessa professata da Damaso di Roma e da Pietro di Alessandria: è perciò ragionevole credere che, il suo tentativo di scalata al trono della capitale imperiale, il Cinico l’abbia ritenuto praticabile e giustificabile solo dopo tale data, quando egli era nella condizione di spendere a proprio beneficio il nome, adesso autorevole, del suo mandante Pietro18. Anziché nel 379, dunque, è assai più probabile che Massimo, consacrato in una data calcolabile a partire dal marzo 380, abbia sottoposto il suo caso a Tessalonica più tardi nel corso dello stesso anno.

13 Cf. O. SEECK, Regesten der Kaiser und Päpste für die Jahre 311 bis 476 n.Chr. Vorarbeit zu einer Prosopographie der christlichen Kaiserzeit, Stuttgart 1919, 251, 253, 255. 14 Cf. H. LEPPIN, Teodosio il Grande, Roma 2008 (ed. orig. 2003), 49-50. 15 Gr. Naz. carm. II,1,11 De vita sua, vv. 1001-3. 16 Ma sicuramente al 380 secondo Ch. JUNGCK, Gregor von Nazianz, De vita sua. Einleitung, Text, Übersetzung, Kommentar, Heidelberg 1974, 193 ad vv. 1001ss. Vd. pure LEPPIN, Teodosio, 50-53. 17 Per esempio, il fatto che la presenza del Cinico a Costantinopoli sin dal 379 non è per nulla certa, e che, pure ammettendola, essa coincise con un periodo caratterizzato da relazioni cordiali col Nazianzeno, cosa che esclude che Massimo si sia fatto eleggere in quell’anno (cf. FATTI, Il cane e il poeta, 304 e n. 4). 18 Cf. FATTI, Il cane e il poeta, 304-305 e n. 5, con bibliografia. La circostanza per cui Pietro, nell’Editto, è menzionato come se fosse ancora in vita non basta, da sola, per dubitare che il vescovo sia morto il 14 febbraio 380. In effetti, se può sembrare strano che lo si nomini in un documento della cancelleria imperiale emanato quindici giorni dopo la sua scomparsa, non è da escludersi che la notizia di quella scomparsa il 28 di febbraio non fosse ancora giunta a Tessalonica (così recentemente R. DELMAIRE (intr. et notes), Les lois religieuses des empereurs romains de Constantin à éodose II (312-438), I: Code éodosien, Livre XVI, SCh 497, Paris 2005, 115 n. 2), e che l’Editto ufficializzasse accordi stipulati in precedenza. L’affaire di Massimo mostra invece in tutta la sua evidenza che quel dubbio è affatto ragionevole.

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Quando esattamente, se prima del 14 luglio o, come credo più probabile, durante il bimestre 20 settembre-16 novembre19, non è importante, qui. Ciò che conta, infatti, è che, siccome, dopo aver fallito a corte, Massimo fece ritorno ad Alessandria con l’intenzione di costringere Pietro ad ascoltare le sue recriminazioni, sia che il Cinico si sia incontrato con Teodosio nell’estate 380 sia che l’abbia fatto in autunno, una medesima conclusione ne consegue, e cioè che, nell’estate o nell’autunno di quell’anno, Pietro era ancora vivo. E poiché sappiamo che Pietro morì il 14 di febbraio, si sarà trattato del 14 febbraio 381. Tale ipotesi, del resto, combacia con quanto ci viene detto dei primi mesi di attività del successore di Pietro, suo fratello Timoteo. La data esatta in cui costui prese possesso del trono alessandrino non la conosciamo. Sappiamo tuttavia che fu lui a presenziare per conto della metropoli egiziana al Concilio di Costantinopoli, apertosi verso la fine di maggio del 38120. Ora, quando ciò accadde, Sozomeno sostiene che Pietro era morto «da poco»21: un’indicazione senza dubbio generica, ma che si comprende meglio se riferita ad un lasso di tempo di tre mesi – quale risulterebbe contando da febbraio a maggio 381 – piuttosto che di quindici – come sarebbe contando a partire dal febbraio 38022. Ma su che cosa si basa la data vulgata del 380? Si basa su un argomento assai forte, almeno in apparenza. Secondo Barbaro il vescovo sedit ... annos VII23. Poiché la Storia acefala attesta che egli fu ordinato da Atanasio cinque giorni prima della dormitio di costui24, datata dall’Indice delle lettere festali – e dallo stesso Barbaro – al 7 di pachôn, ovvero al 2 maggio, del 37325, in considerazione del fatto che l’anno egiziano inizia il 29 agosto e termina il 28 dello stesso mese26, contando secondo il metodo antico sette anni a partire dal 28 aprile 373 otteniamo che Pietro morì nel corso del 380.

19 Sul punto FATTI, Il cane e il poeta, 316-317; analogamente ERRINGTON, Church and State, 38 e n. 90; 67 e nn. 217-219. 20 Cf. Socr. H.E. V,8,3; Soz. H.E. VII,7,3; dr. H.E. V,8,3 (che per errore attribuisce a Timoteo l’elezione di Massimo nel corso dello stesso Concilio). 21 Così Soz. H.E. VII,7,3: οὐ πρὸ πολλοῦ τετελευτηκότα Πέτρον. 22 Cf. in effetti A. MARTIN, Athanase d’Alexandrie et l’Église d’Égypte au IVe siècle (328-373), Rome 1996, 810 n. 72, la quale – stranamente ignorando, qui, la notizia di Barbaro – sulla base di questo luogo dello storico data la morte di Pietro tra la fine di marzo e gli inizi di aprile, ma appunto del 381, sistemando l’intronizzazione di Timoteo in maggio (similmente ERRINGTON, Church and State, 67 n. 220: «Petros died in spring 381»; e P. MARAVAL, Alessandria e l’Egitto, in Storia del cristianesimo 2, 832: «Pietro [governò la sua chiesa] fino al 381, anno della sua morte», in contraddizione con quanto asserito nel medesimo volume, cf. supra n. 3). Un’elezione di Timoteo nella primavera 381 – che contribuisce ad escludere la possibilità di datare la scomparsa di Pietro a più di un anno prima – può forse piegare come mai la delegazione alessandrina arrivò a Costantinopoli a Concilio già iniziato, come sostiene Gr. Naz. carm. II,1,11 De vita sua, vv. 1796-97 (sulla cui corretta interpretazione ERRINGTON, Church and State, 69 n. 230). 23 Excerpta ex Barbaro Scaligeri Frick nr. 300 (MGH IX, AA, p. 296): eo anno Athanasius episcopus obiit in Alexandri [sic] Pachon VII et sedit pro eo Petrus archipresbiter annos VII. 24 Cf. Hist. aceph. 5,14 [109] Martin: ante diem V domitionis suae. 25 Cf. Index. Fest. Epist. a. 373 Martin, p. 277; Excerpta ex Barbaro Scaligeri cit. supra n. precedente; e inoltre R. BASSET (ed.) Synaxaire arabe jacobite (rédaction copte) IV: Les mois de Barmahat, de Barmoudah et de Bachon [feb./mar., mar./apr., apr./mag.], PO 16/2, 360. Diversamente Hist. aceph. 5,14 [108] Martin, che fa morire Atanasio VIII pachom mensis, vale a dire il 3 di maggio. 26 Cf. GRUMEL, La chronologie, 167.

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Tale calcolo pecca tuttavia di poca precisione. Il suo risultato esatto porta infatti ad un episcopato di sei anni e quattro mesi27. E benché una cifra del genere possa apparire adatta a giustificare l’espressione degli Excerpta – giacché ne risulterebbe che, al momento della sua morte, il vescovo era effettivamente entrato nel suo settimo anno di esercizio –, essa lo è di certo molto meno di quella che ricaviamo ammettendo l’ipotesi qui prospettata: perché, se accettiamo che Pietro sia morto il 14 febbraio 381, avremo un episcopato di durata pari a sei anni e dieci mesi, dunque quasi sette anni pieni. Intronizzato il 28 aprile 373, e morto il 14 febbraio 381, davvero Pietro sedit ... annos VII.

Federico Fatti Università di Perugia –

Via del Toppo 11, 06128 Perugia <[email protected]>

27 Dal momento che quattro mesi esatti corrono tra il 28 aprile e il 29 agosto.